Le Problematiche Interpretative e La Conduzione Dei Procedimenti Nel Contenzioso Nunciatorio e...

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Le problematiche contenzioso nunciatorio e Corso Corso Corso Corso – Cod. Cod. Cod. Cod. P13009 P13009 P13009 P13009 – della della della della 2013 2013 2013 2013 Sommario : 1. Cautela anticipa 2. Considerazioni 3. La gestione dei 4. Segue. La pro nunciatoria e di d 5. Una question procedimenti di n 6. Profili generali 7. La struttura de 8. Il problema del 9. La clausola di c 10. La gestione de 11. Il reclamo 12. La fase a cogn 13. Il divieto di pr 14. La domanda d 1. 1. 1. 1. Cautela anticipa Cautela anticipa Cautela anticipa Cautela anticipa Il D.L. n.35/05, conve funzione cautelare a strumen (art. 669-octies, 6° comma c lunga evoluzione. La crisi st esclusivo del caso italiano) e approdo della tutela appront 1 Secondo Buoncristiani (Cecchella 2006, pp. 104-105, poiché la strume scelte di opportunità legislativa, anc il “provvedimento cautelare nasce diritto controverso”, per cui è imp ipotetica non è stata minimamente tutela cautelare e tutela di merito. 1 interpretative e la conduzione dei pr e possessorio a Scuola superiore della magistratura tenutosi d a Scuola superiore della magistratura tenutosi d a Scuola superiore della magistratura tenutosi d a Scuola superiore della magistratura tenutosi d atoria e cognizione sommaria di carattere generale sui procedimenti nunciator i procedimenti di nuova opera e di danno temuto oposizione cumulativa in un unico procedime domanda possessoria ne di carattere sostanziale: il problema dell’ nuova opera e danno temuto a tutela del diritto a sulla giurisdizione e competenza in materia di a el procedimento possessorio e le novità introdotte lla stabilità dei provvedimenti interinali possessor compatibilità ella fase sommaria nizione piena roporre la domanda petitoria pendente il giudizio di provvedimento possessorio nel corso del giudiz atoria e cognizione sommaria atoria e cognizione sommaria atoria e cognizione sommaria atoria e cognizione sommaria ertito con modificazioni in legge n.80/05, che ntalità attenuata 1 relativamente alle misure a carat c.p.c.) non è un punto di partenza, ma il punt torica del processo civile (problema tutt’altro e del giudicato come unica aspirazione delle p tata dall’ordinamento, a partire dagli anni ’70 d a – Amadei), Il nuovo processo ordinario e sommario d entalità è una caratteristica essenziale della tutela cautelare che nei casi in cui l’instaurazione del giudizio di merito de non in attesa del provvedimento di merito, ma pur sem preciso parlare di strumentalità attenuata o allentata, dato intaccata, sicché è preferibile parlare di assenza di strume rocedimenti nel dal dal dal dal 18 18 18 18-20 febbraio 20 febbraio 20 febbraio 20 febbraio ri o ento di domanda ’ammissibilità dei alla salute azioni possessorie e nel 2005 ri o possessorio zio petitorio ha introdotto la ttere anticipatorio to d’arrivo di una che precipuo ed parti e come solo del secolo appena di cognizione, Milano, e, non subordinabile a egrada a mera facoltà mpre in funzione del o che la strumentalità entalità necessaria tra

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Le problematiche interpretative e la conduzione dei procedimenti nel

contenzioso nunciatorio e possessorio

CorsoCorsoCorsoCorso –––– Cod.Cod.Cod.Cod. P13009P13009P13009P13009 –––– della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal

2013201320132013

Sommario:

1. Cautela anticipatoria e cognizione

2. Considerazioni di carattere generale sui procedimenti nunciatori

3. La gestione dei procedimenti di nuova opera e di danno temuto

4. Segue. La proposizione cumulativa in un unico procedimento di domanda

nunciatoria e di domanda possessoria

5. Una questione di carattere sostanziale: il problema dell’ammissibilità dei

procedimenti di nuova opera e danno temuto a tutela del diritto alla salute

6. Profili generali sulla giurisdizione e competenza in materia di azioni possessorie

7. La struttura del

8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori

9. La clausola di compatibilità

10. La gestione della fase sommaria

11. Il reclamo

12. La fase a cognizione piena

13. Il divieto di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio

14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio

1. 1. 1. 1. Cautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommaria

Il D.L. n.35/05, convertito con modificazioni in legge n.80/05, che ha introdotto

funzione cautelare a strumentalità attenuata

(art. 669-octies, 6° comma c.p.c.)

lunga evoluzione. La crisi storica del processo civile (problema tutt’altro che precipuo

esclusivo del caso italiano) e del giudicato come unica aspirazione delle parti e

approdo della tutela approntata dall’ordinamento, a partir

1 Secondo Buoncristiani (Cecchella

2006, pp. 104-105, poiché la strumental

scelte di opportunità legislativa, anche nei casi in cui l’instaurazione del giudizio di merito degrada a mera facoltà

il “provvedimento cautelare nasce non

diritto controverso”, per cui è impreciso parlare di strumentalità attenuata o allentata, dato che la strumentalità

ipotetica non è stata minimamente intaccata, sicché è preferibile parlare di assenza di st

tutela cautelare e tutela di merito.

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e problematiche interpretative e la conduzione dei procedimenti nel

contenzioso nunciatorio e possessorio

della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal

1. Cautela anticipatoria e cognizione sommaria

2. Considerazioni di carattere generale sui procedimenti nunciatori

3. La gestione dei procedimenti di nuova opera e di danno temuto

4. Segue. La proposizione cumulativa in un unico procedimento di domanda

nunciatoria e di domanda possessoria

na questione di carattere sostanziale: il problema dell’ammissibilità dei

procedimenti di nuova opera e danno temuto a tutela del diritto alla salute

6. Profili generali sulla giurisdizione e competenza in materia di azioni possessorie

7. La struttura del procedimento possessorio e le novità introdotte nel 2005

8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori

9. La clausola di compatibilità

10. La gestione della fase sommaria

12. La fase a cognizione piena

di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio

14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio

Cautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommariaCautela anticipatoria e cognizione sommaria

35/05, convertito con modificazioni in legge n.80/05, che ha introdotto

funzione cautelare a strumentalità attenuata1 relativamente alle misure a carattere anticipatorio

, 6° comma c.p.c.) non è un punto di partenza, ma il punto d’

. La crisi storica del processo civile (problema tutt’altro che precipuo

e del giudicato come unica aspirazione delle parti e

approdo della tutela approntata dall’ordinamento, a partire dagli anni ’70 del secolo appena

Secondo Buoncristiani (Cecchella – Amadei), Il nuovo processo ordinario e sommario di cognizione

105, poiché la strumentalità è una caratteristica essenziale della tutela cautelare, non subordinabile a

scelte di opportunità legislativa, anche nei casi in cui l’instaurazione del giudizio di merito degrada a mera facoltà

il “provvedimento cautelare nasce non in attesa del provvedimento di merito, ma pur sempre

”, per cui è impreciso parlare di strumentalità attenuata o allentata, dato che la strumentalità

ipotetica non è stata minimamente intaccata, sicché è preferibile parlare di assenza di strumentalità necessaria tra

e problematiche interpretative e la conduzione dei procedimenti nel

della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal della Scuola superiore della magistratura tenutosi dal 18181818----20 febbraio 20 febbraio 20 febbraio 20 febbraio

2. Considerazioni di carattere generale sui procedimenti nunciatori

3. La gestione dei procedimenti di nuova opera e di danno temuto

4. Segue. La proposizione cumulativa in un unico procedimento di domanda

na questione di carattere sostanziale: il problema dell’ammissibilità dei

procedimenti di nuova opera e danno temuto a tutela del diritto alla salute

6. Profili generali sulla giurisdizione e competenza in materia di azioni possessorie

procedimento possessorio e le novità introdotte nel 2005

8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori

di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio

14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio

35/05, convertito con modificazioni in legge n.80/05, che ha introdotto la

misure a carattere anticipatorio

unto d’arrivo di una

. La crisi storica del processo civile (problema tutt’altro che precipuo ed

e del giudicato come unica aspirazione delle parti e come solo

e dagli anni ’70 del secolo appena

Il nuovo processo ordinario e sommario di cognizione, Milano,

ità è una caratteristica essenziale della tutela cautelare, non subordinabile a

scelte di opportunità legislativa, anche nei casi in cui l’instaurazione del giudizio di merito degrada a mera facoltà

, ma pur sempre in funzione del

”, per cui è impreciso parlare di strumentalità attenuata o allentata, dato che la strumentalità

rumentalità necessaria tra

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trascorso aveva condotto, soprattutto grazie all’impiego pretorio (e in allora anche pretorile)

della cautela innominata ex art.700 c.p.c., ad una progressiva omologazione della funzione

cautelare a quella cognitiva, nel senso che l’ipertrofia del rimedio cautelare era stata l’occasione

per sperimentare forme di tutela sommaria e meta-cautelare, destinate a mettere capo a

provvedimenti di fatto idonei ad esaudire l’interesse della parte ricorrente, pur senza attingere

agli effetti del giudicato. La trasformazione della tutela cautelare in cognizione sommaria si

rivela appieno anche e soprattutto nella recente formulazione normativa del procedimento

sommario di cognizione, di cui agli artt. da 702-bis a 702-quater c.p.c., preceduto dall’art. 19

del D.Lgs. n.5/03 sul rito societario, oggi abrogato. Pur nella diversità dei rispettivi esiti finali

(mera anticipazione di effetti nel caso dei provvedimenti cautelari a strumentalità non

necessaria, giudicato nelle ipotesi di procedimento sommario di cognizione), il rapporto di

filiazione tra cautela (atipica e anticipatoria) e cognizione sommaria (generalizzata e non

cautelare) è evidente2. A testimoniarne è sia la localizzazione delle norme sul procedimento

sommario di cognizione, inserite subito dopo l’art. 700 c.p.c. sui provvedimenti d’urgenza e

immediatamente prima delle disposizioni sui procedimenti possessori – che partecipano delle

forme del processo cautelare uniforme in quanto compatibili (art. 703, 2° comma c.p.c.), pur

senza essere misure cautelari –, sia dall’art. 702-ter, 5° comma c.p.c., che con disposizione

pressoché identica a quella dell’art. 669-sexies, 1° comma c.p.c. prevede che il giudice, sentite le

parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio provvede agli atti di istruzione

indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, emettendo

all’esito ordinanza.

Dunque, è senz’altro necessario un approccio di studio consapevole della comunanza di

molteplici problematiche interpretative, che tenga conto della circolarità tra l’una e l’altra

esperienza processuale.

2222. . . . Considerazioni di carattere generaleConsiderazioni di carattere generaleConsiderazioni di carattere generaleConsiderazioni di carattere generale sui procedimenti sui procedimenti sui procedimenti sui procedimenti nunciatorinunciatorinunciatorinunciatori

Sostituita la struttura bifasica (v. gli abrogati artt. 689 e 690 c.p.c.), precedente alle

modifiche introdotte dal processo cautelare uniforme, con quella monofasica degli artt. 669-bis

e ss. c.p.c., resta comunque nevralgica l’individuazione dell’azione di cognizione da esercitare

nell’eventuale e successivo giudizio di merito.

Com’è noto, infatti, le azioni di nunciazione (artt. 1171 e 1172 c.c.) sono preordinate alla

tutela della proprietà o di altro diritto reale, ovvero del possesso. Di qui la necessità di

individuare correttamente l’ordinario giudizio di merito successivo alla fase cautelare, che può

avere natura diversa a seconda che la domanda, identificata attraverso i suoi elementi oggettivi

(petitum e causa petendi), configuri l’esercizio di un’azione petitoria o possessoria, secondo un

apprezzamento che è rimesso alla “motivata valutazione”3 del giudice di merito4, che a

2 Per un confronto fra la tutela sommaria non cautelare e il modello del référé provvisionale e ingiuntivo

dell’ordinamento francese, v. Cecchella, Il nuovo processo civile, Milano, 2009, 109 ss.

3 Cfr. Cass. n. 1519/06, emessa in esito a un regolamento di competenza, che richiama un principio espresso da

Cass. n. 11027/03, pronunciata in relazione ad un procedimento di nuova opera ante lege n.353/90.

4 Vale richiamare Cass. S.U. n. 8077/12, secondo cui quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio

che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un'attività

deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente

alla nullità dell'atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste

a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e

logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di

esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta

dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in

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differenza del passato (in cui il ricorso di nuova opera e di danno temuto originavano anche il

relativo giudizio di merito) non sembra più controllabile innanzi alla Corte di cassazione.

Ed infatti, è stato affermato che In materia di procedimenti cautelari, è inammissibile la

proposizione del regolamento di competenza, anche nell'ipotesi di duplice declaratoria

d'incompetenza formulata in sede di giudizio di reclamo, sia in ragione della natura giuridica

dei provvedimenti declinatori della competenza - che, in sede cautelare, non possono assurgere

al genus della sentenza e sono, pertanto, inidonei ad instaurare la procedura di regolamento in

quanto caratterizzati dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata - sia perché l'eventuale

decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall'art. 47 c.p.c., sarebbe priva del

requisito della definitività, in ragione del peculiare regime giuridico del procedimento cautelare

nel quale andrebbe ad inserirsi. (Nella fattispecie, e a seguito di reclamo contro un'ordinanza

emessa in sede cautelare, il Tribunale del lavoro in composizione collegiale aveva declinato la

propria competenza a favore della Corte d'appello, che, a sua volta, si era dichiarata

incompetente ed aveva richiesto, d'ufficio, il regolamento di competenza)5.

Ulteriore questione – peraltro comune ad ogni procedimento cautelare – riguarda i

limiti entro cui è esigibile che la domanda di merito sia specificata già nel ricorso. Se prima

della riforma introdotta con la legge n.353/90 poteva trattarsi di un falso problema, perché la

struttura bifasica dei procedimenti nunciatori implicava che tanto la domanda cautelare,

quanto la domanda di merito erano introdotte col medesimo ricorso, e dunque anche le

conclusioni di merito dovevano essere adeguatamente formulate in esso, l’interrogativo si pone

più chiaramente nel sistema vigente, che non solo crea una cesura netta tra i due momenti di

tutela, ma altresì conduce all’adozione di un provvedimento cautelare dotato di una stabilità

che è tutta da indagare nelle sue implicazioni, cioè che permane efficace anche se inidoneo al

giudicato e non provvisto dell’autorità della sentenza, che per esplicarsi necessita di un proprio

chiaro ambito di riferimento.

Le norme che sovvengono al riguardo sono gli artt. 125 e 156 c.p.c. Il primo, dettato sul

contenuto in generale degli atti di parti, richiede la formulazione, tra l’altro, delle conclusioni o

dell’istanza, il secondo pone il principio dei requisiti di forma-contenuto indispensabili perché

l’atto raggiunga il suo scopo. Si tratta di norme contenute nel libro primo del codice, e che

pertanto hanno una tendenziale e potenziale applicabilità ad ogni tipo di procedimento.

Coordinando fra loro le due disposizioni in rapporto alle esigenze del procedimento cautelare,

sembra doversi preferire la soluzione che considera sufficiente una generale enunciazione della

tutela di merito cui la misura richiesta è strumentale, che consenta al giudice e all’altra parte

di individuare l’azione che il ricorrente intende proporre nella sede di merito, senza la necessità

di specificare le conclusioni in maniera formalistica6.

conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.). Tale

sentenza in motivazione avverte che la questione potrebbe riproporsi in una molteplicità di casi, accomunati dalla

natura processuale del vizio denunciato dal ricorrente e dalla sua interdipendenza con l’interpretazione da dare ad

una domanda o ad un’eccezione di parte, e per ciò ha espressamente preferito limitare la questione al sindacato di

legittimità sulla nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza del petitum o della causa petendi, e alla

possibilità dell’esame diretto dei dati processuali rilevanti al fine di ravvisare la nullità o meno dell’atto di

citazione, a prescindere dalla valutazione fattane dal giudice di merito e dalla motivazione svolta.

5 Cass. S.U. n. 16091/09.

6 Così, Salvaneschi, in Il processo cautelare, a cura di Tarzia e Saletti, Milano, 2008, 383.

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La giurisprudenza di merito appare per lo più orientata in tal senso7, con variegate

soluzioni per quanto concerne, invece, le possibilità di sanatoria dell’eventuale vizio di nullità

inerente all’editio actionis8. Sanatoria di cui, in realtà, non sembra potersi dubitare, in virtù

dell’applicazione analogica dell’art. 164 c.p.c., che altro non è se non un’applicazione della

regola generale dell’art. 162 c.p.c. che impone al giudice di disporre la rinnovazione degli atti

nulli.

3. La gestione dei procedimenti di nuova oper3. La gestione dei procedimenti di nuova oper3. La gestione dei procedimenti di nuova oper3. La gestione dei procedimenti di nuova opera e di danno temutoa e di danno temutoa e di danno temutoa e di danno temuto

L’autonomia processuale tra rimedio cautelare e pronuncia cognitiva impone coerenza

nel valutare, altrettanto autonomamente, i requisiti delle rispettive azioni.

Al riguardo, è stato osservato dalla S.C. che nell'azione nunciatoria, i requisiti che

condizionano la proponibilità dell'azione nella fase cautelare (l'infrannualità dall'inizio dell'opera

e la sua incompletezza) e la concessione della misura richiesta (pericolo di danno) non rilevano

nella successiva fase di merito, nella quale l'attore è tenuto solo a dimostrare la sussistenza

della denunciata lesione alla situazione di fatto o al diritto fatti valere9.

Va da sé che quale che sia stato l’esito del procedimento cautelare, nel successivo ed

eventuale giudizio di merito non v’è più spazio per discutere, a nessun effetto, delle condizioni

di quella azione, e dunque sono del tutto errate (come le richieste, così) le pronunce che (per

lo più a causa della mancata previa verifica della natura possessoria o petitoria della domanda

di merito) si limitano a confermare, con formule varie, la misura cautelare già adottata.

Quanto ai profili d’integrità del contraddittorio, è stato di recente ribadito che qualora

l'azione nunciatoria non abbia ad oggetto la richiesta di demolizione di un'opera, bensì il

ripristino dello stato dei luoghi, la domanda può essere interpretata come richiesta di

risarcimento del danno in forma specifica e, pertanto, quando essa sia avanzata contro l'autore

del fatto dannoso, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra lo stesso ed il

proprietario o comproprietario del fondo sul quale l'opera illegittima è stata eseguita10.

Tale orientamento fa espresso riferimento ad una risalente11 giurisprudenza della stessa

Corte di cassazione che riconosce alla differenza tra domanda di demolizione e domanda di

ripristino dello stato dei luoghi una potenziale ricaduta sull’interpretazione della pretesa, nel

senso che soltanto nel secondo caso si sarebbe in presenza di un’azione di carattere personale.

Siffatta conclusione, a nostro avviso, merita qualche puntualizzazione, per un corretto uso delle

tecniche di qualificazione dell’azione esercitata tramite la domanda, e, conseguentemente, di

gestione del procedimento.

7 Cfr. Trib. Nola, 4.11.2008, in De Jure, che ritiene necessario un esame complessivo dell’atto introduttivo del

giudizio, esteso alla parte espositiva, da cui possano oggettivamente evincersi le doglianze sollevate e le richieste

conseguentemente avanzate.

8 In senso affermativo circa la sanabilità, v. Trib. Palmi 28.3.2007, in Juris data on line; in senso contrario, Trib.

Isernia, che ritiene incompatibile la possibilità di sanatoria in applicazione dell’art. 164 c.p.c. con le esigenze di

celerità del rito cautelare e con il ritenuto carattere eccezionale di tale norma, che ne escluderebbe l’applicabilità

analogica; una posizione intermedia è espressa da Trib. Ivrea, 16.10.2007, in Giur merito, 2008, 131, secondo cui

l’indicazione del petitum e della causa petendi della causa di merito è necessaria a pena di nullità, anche se essa è

desumibile implicitamente dal contenuto del ricorso, restandone comunque esclusa la possibilità di sanatoria; per

l’inammissibilità del ricorso cautelare in cui manchino le conclusioni di merito, v. Trib. Torino, 7.5.2007, in DG.

9 Cass. n. 2756/11; conforme Cass. n. 12511/01.

10 Cass. n. 6480/10; conformi Cass. nn. 4343/84 e 2306/76.

11 Cass. nn. 4343/84 e 2306/76.

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Premesso che l’interpretazione della domanda è prodromica alla qualificazione

dell’azione, la prima essendo diretta a delimitare la pretesa dal punto di vista contenutistico, la

seconda avendo lo scopo di individuare le norme applicabili, identificare i themata decidenda et

probanda e ripartire gli oneri probatori, sicché è la seconda a dipendere dalla prima, va detto

che tale indirizzo è sorto anteriormente a Corte cost. n. 25/92, che (sebbene occasionata da un

incidente di costituzionalità sorto in una controversia avente ad oggetto un bene mobile, si è

espressamente riferita alla tutela possessoria anche degli immobili) nel dichiarare illegittimo

l’art. 705, 1° comma c.p.c. nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla

definizione della controversia possessoria e all’esecuzione della decisione nel caso in cui ne

possa derivare un pregiudizio irreparabile al convenuto, ha confermato la possibilità che la

demolizione un opus possa essere domandata a tutela del possesso.

In secondo luogo tale indirizzo non si coordina con l’altro, affatto consolidato, in base

al quale sebbene nei giudizi possessori – e lo stesso vale per quelli nunciatori – non ricorra

tendenzialmente una situazione di litisconsorzio necessario, essendo spoglio e turbativa atti

illeciti di cui ciascun autore risponde in solido con gli altri ai sensi dell’art.2055 c.c., il

litisconsorzio necessario dal lato passivo s’impone allorché la reintegrazione o la manutenzione

del possesso comportino il ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione di un’opera di

proprietà o nel possesso di più persone12.

Da ultimo, ma non per ultimo, va detto che l’azione di nuova opera o di danno temuto

è essa stessa una qualificazione giuridica che non richiede aggettivazioni ulteriori (al di là di

quella, generica, di azione cautelare), sicché la soluzione dei problemi riguardanti l’integrità del

contraddittorio dipende essenzialmente dalla tipologia della misura richiesto, che essendo

assimilabile quoad effectum ad una condanna (anche se ovviamente non è qualificabile come

tale) richiede la partecipazione di tutti i soggetti interessati solo in quanto si concreti in una

demolizione o in qualsivoglia altra mutazione di carattere definitivo.

4444.... Segue. La proposiziSegue. La proposiziSegue. La proposiziSegue. La proposizione cumulativa one cumulativa one cumulativa one cumulativa in un unico procedimento in un unico procedimento in un unico procedimento in un unico procedimento di domanda di domanda di domanda di domanda

nunciatoria e nunciatoria e nunciatoria e nunciatoria e di domanda di domanda di domanda di domanda possessoriapossessoriapossessoriapossessoria

La pratica insegna che talvolta il ricorso, occasionato ad un tempo da un pregiudizio

paventato e da uno già prodotto, sia proposto ai sensi tanto degli artt. 1171-1172 c.c. quanto in

base agli artt. 1168-1170 c.c.; o che, nel dubbio, la parte attrice proponga, in via cumulativa o

alternativa, un’intitolazione nunciatoria e/o possessoria; o, più semplicemente, che sorga

questione tra le parti sulla qualificazione della domanda nell’un senso piuttosto che nell’altro.

Fermo restando che in nessun caso è lecito per il giudice desistere da un procedere

ordinato, che muovendo dall’interpretazione della o delle domande pervenga alla relativa

qualificazione giuridica, e che tale attività se ben condotta risolve generalmente una

molteplicità di problemi, va precisato che tra le due tipologie di azioni non intercede alcun

nesso di specialità, che ne inibisca la proposizione congiunta.

Per convincersene basta considerare che mentre le azioni di nuova opera e di danno

temuto nascono e permangono, anche dopo le riforme degli ultimi vent’anni, come azioni

cautelari, le azioni possessorie, nonostante le profonde modificazioni strutturali subite a partire

dalla legge n.353/90, sono pur sempre azioni di cognizione, sommaria o piena a seconda della

fase che si consideri. Accomunate dalle forme del procedimento di cui agli artt. 669-bis e ss.

c.p.c. e dalla pari attitudine a mettere capo ad un provvedimento dotato di stabilità (con le

12 Cass. nn. 3933/10, 921/10, 22833/05, 7412/03, 4312/86, 4137/83, 4382/82, 1441/78, 2348/75 e 1511/74.

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precisazioni che seguiranno in ordine ai procedimenti possessori), le due categorie di azioni si

discostano tra loro sotto il profilo funzionale, tradotto dalla diversità dei rispettivi presupposti

di proponibilità. In più, la possibilità che l’azione di nuova opera o di danno temuto sia diretta

ad assicurare gli effetti di un’azione (petitoria o) possessoria, demarca ulteriormente i confini

tra quelle, strumentali e serventi, e questa, così come il mezzo si distingue dal fine.

Non sorprende, pertanto, che la giurisprudenza del S.C. affermi che l'azione di

denunzia di nuova opera (che è diretta ad ottenere le misure più immediate per evitare danni

alla cosa posseduta mediante un procedimento sommario che si esaurisce con l'emanazione del

provvedimento di rigetto o di accoglimento della pretesa cautelare) e quella di spoglio (che è

destinata a tutelare nel merito, anche se preceduta da una fase interdittale, il possessore nei

confronti dell'autore dello spoglio medesimo) hanno finalità e presupposti diversi, e la loro

autonomia esclude che in virtù di un principio di specialità possa ravvisarsi l'esperibilità

soltanto della prima in caso di contestuale esistenza delle condizioni legittimanti l'esercizio di

entrambe13.

Piuttosto, la proposizione congiunta ed effettiva (che cioè sia declinabile come tale

all’esito di un corretto esercizio della potestà di interpretazione della domanda e di

qualificazione dell’azione) pone qualche problema processuale di coordinamento.

Al riguardo, e in larga approssimazione, si possono formulare due distinte ipotesi.

La prima è che l’azione ex artt. 1171-1172 c.c. sia volta ad assicurare gli effetti di

un’azione petitoria, e che la domanda possessoria sia diretta a tutelare il possesso

corrispondente a un diritto reale ulteriore e diverso (ad es. costruzione in corso d’opera di un

edificio che, ad un tempo, invada la proprietà del ricorrente e sopprima o renda incomodo il

possesso della servitù di passo esercitata sul fondo del convenuto). In tal caso si verifica una

fattispecie di cumulo c.d. qualificato, cioè derivante da connessione sia oggettiva che soggettiva,

se la nuova opera è anche fonte di lesione possessoria; diversamente si tratta di un normale

cumulo oggettivo per connessione soggettiva ai sensi dell’art. 104, 1° comma c.p.c. In entrambe

le ipotesi, esaurita la fase cautelare/sommaria, governata dalle medesime disposizioni

processuali, la causa di merito petitorio e la fase di cognizione piena del procedimento

possessorio seguono regole diverse, rispettivamente dettate dall’art. 669-octies, 6° comma c.p.c.

e dall’art. 703, 4° comma c.p.c. Percorse entrambe le vie, nulla si oppone alla riunione delle due

cause ex art. 274 c.p.c.

La seconda ipotesi è quella di un’azione cautelare e di un’azione possessoria intese a

tutelare un medesimo possesso sottoposto a pregiudizi diversi, ad es. pericolo di crollo di un

edificio fatiscente e chiusura di un cancello, l’uno e l’altra in danno del possesso di un passo. In

tal caso ci sembra che la situazione finale non sia dissimile da quella che si configura nel caso

della coeva introduzione della domanda cautelare e di quella di merito, di guisa che esaurita la

fase cautelare/sommaria, il giudizio di merito possessorio proseguito ai sensi dell’art. 703, 4°

comma c.p.c. includa necessariamente entrambe le questioni. Unico il possesso a tutela del

quale provvedere con sentenza, è unica la causa petendi che su di esso si basa. Il duplice

petitum formale che si articola nella richiesta di condanna a demolire (o a munire di opere

provvisionali) l’edificio pericolante (ove il relativo interesse non sia già stato soddisfatto

interamente nella fase cautelare/sommaria) e a riaprire e mantenere aperto il cancello, non

rende per ciò solo duplice anche la domanda.

13 Così, Cass. n. 24026/04.

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5555. . . . Una questione di carattere sostanziale: iUna questione di carattere sostanziale: iUna questione di carattere sostanziale: iUna questione di carattere sostanziale: il problema dell’ammissibilità deil problema dell’ammissibilità deil problema dell’ammissibilità deil problema dell’ammissibilità dei

procedimenti di nuova opera e danno temuto procedimenti di nuova opera e danno temuto procedimenti di nuova opera e danno temuto procedimenti di nuova opera e danno temuto a tutela del diritto alla salutea tutela del diritto alla salutea tutela del diritto alla salutea tutela del diritto alla salute

Il nesso di strumentalità necessaria tra azioni nunciatorie e tutela della proprietà o del

possesso sembra escludere prima facie che attraverso le prime possa farsi valere un diritto

tipicamente personale come quello alla salute. Tuttavia la facoltà di godimento che il

possessore e il titolare di un diritto reale esercitano su di un bene immobile rimanda

necessariamente anche ad aspetti non patrimoniali che danno senso e contenuto effettivo alla

facoltà stessa, e che è arduo pensare di poter separare nei fatti come nelle relative

concettualizzazioni.

Il tema, a ben vedere, è tutt’altro che nuovo, ove si consideri la vicenda

dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 844 c.c., in tema di immissioni

eccedenti la normale tollerabilità, ai fini della tutela della salute (nel senso della salubrità

dell’ambiente). Nata anch’essa per la protezione di diritti patrimoniali, la norma dell’art. 844

c.c. si è mostrata particolarmente duttile per la tutela di interessi affatto diversi, fino a

diventarne strumento privilegiato e a consentire una rilettura del bilanciamento fra proprietà

ed esigenze della produzione in chiave non più soltanto indennitaria14.

La reciproca estraneità fra azioni nunciatorie e diritto alla salute è affermata (in realtà

solo implicitamente, nonostante quanto emerga dalla massima) da una pronuncia della Corte di

cassazione15, la quale ha tuttavia ha affermato che il pericolo di danno alla salute, ai fini

dell'ammissibilità dell'istanza cautelare ex art. 1172 c.c., non assume rilievo caratterizzante ed

esclusivo ove tale pericolo costituisca conseguenza della menomazione delle facoltà di

godimento pieno ed esclusivo della cosa in proprietà.

In senso meno possibilista sembrava muoversi, invece, la giurisprudenza

amministrativa, in materia di discariche ed azioni di nuova opera, vigente l’art. 4 del D.L.

n.90/08, convertito con modificazioni in legge n. 123/08 (norma abrogata dal nuovo processo

amministrativo), che attribuiva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le

controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di

gestione dei rifiuti. E’ stato, infatti, affermato16 che l’azione di nuova opera, preordinata alla

tutela della proprietà o del possesso, non può essere esercitata allorché la posizione finale

sottesa alla domanda dei ricorrenti sia non già il diritto dominicale vantato su immobili siti in

14 V. Cass. n. 5564/10, secondo cui in tema di immissioni, l'art. 844, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui

prevede la valutazione, da parte del giudice, del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni

della proprietà, considerando eventualmente la priorità di un determinato uso, deve essere letto, tenendo conto

che il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei

rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo considerarsi prevalente

rispetto alle esigenze della produzione il soddisfacimento ad una normale qualità della vita. Ne consegue che le

immissioni acustiche determinate da un'attività produttiva che superino i normali limiti di tollerabilità fissati, nel

pubblico interesse, da leggi o regolamenti, e da verificarsi in riferimento alle condizioni del fondo che le subisce,

sono da reputarsi illecite, sicché il giudice, dovendo riconoscerle come tali, può addivenire ad un

contemperamento delle esigenze della produzione soltanto al fine di adottare quei rimedi tecnici che consentano

l'esercizio della attività produttiva nel rispetto del diritto dei vicini a non subire immissioni superiori alla normale

tollerabilità. (Fattispecie relativa ad immissioni rumorose al di sopra della normale tollerabilità determinate da

attività di ristorazione, caratterizzata principalmente dallo svolgimento di banchetti nuziali, con notevole afflusso

di persone).

15 Cass. n. 1778/07, la quale, emessa in una fattispecie in cui la domanda cautelare riguardava un servizio igienico

di un’abitazione invaso da rigurgiti di fognatura, ha escluso che fosse stata richiesta la tutela del solo diritto alla

salute.

16 T.A.R. Lazio, 9.2.2009, in Foro it., 2009, parte III, 565 ss.

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prossimità della discarica, ma il diritto alla salute, declinato anche in termini di pretesa a un

ambiente salubre, le cui modalità di protezione esulano dalla sfera operativa tipicamente

riconnessa alle azioni petitorie.

6. Profili generali sulla6. Profili generali sulla6. Profili generali sulla6. Profili generali sulla giurisdizione egiurisdizione egiurisdizione egiurisdizione e competenza in materia di azioni possessoriecompetenza in materia di azioni possessoriecompetenza in materia di azioni possessoriecompetenza in materia di azioni possessorie

L’ammissibilità sia delle azioni di nuova opera e di danno temuto sia delle azioni

possessorie nei confronti della P.A. costituisce un esito ormai acquisito, a partire da ormai

risalenti pronunce delle S.U. della Corte di cassazione17, ogni qual volta la domanda investa non

già un atto o un provvedimento amministrativo, bensì una mera attività materiale della P.A.,

fermo restando che costituisce limite interno alla giurisdizione ordinaria l’emissione di

provvedimenti che incidano in maniera diretta sui provvedimenti amministrativi posti a base

della condotta denunciata.

Tale giurisdizione, che era stata posta in discussione a seguito dell’entrata in vigore

dell’art. 34 del D.Lgs. n.80/98, è ora pacificamente riaffermata a seguito della dichiarazione di

illegittimità di tale norma18.

Permane, dunque, sostanzialmente immutato il principio per cui le azioni possessorie

sono esperibili davanti al giudice ordinario nei confronti della P.A. quando il comportamento

della medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso

nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, ed avente

contenuto, in senso lato, ablativo, ma si concreti e si risolva in una mera attività materiale

lesiva di beni, dei quali il privato vanti il possesso; ove risulti, invece, sulla base del criterio del

petitum sostanziale, che oggetto della tutela invocata non è una situazione possessoria, ma il

controllo di legittimità dell'esercizio del potere, va dichiarato il difetto di giurisdizione del

giudice ordinario, competente essendo il giudice amministrativo19.

Per quanto concerne il tema delle azioni possessorie verso un’amministrazione dello

Stato, va segnalato che secondo una (allo stato unica) sentenza della S.C. la norma di cui

all'art. 7 del R.D. 1611/1933 (a mente della quale l'appello delle sentenze dei pretori pronunciate

nei giudizi nei quali è parte un'amministrazione dello Stato è proposto dinanzi al tribunale del

luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto le sentenze stesse furono

17 Cass. S.U. nn. 2322/80 e 2921/80. Da ultimo, cfr. Cass. S.U. n. 4633/07.

18 V. Corte cost. n. 281/04. Per Cass. S.U. n. 4632/07, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale

parziale dell'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione

all'azione possessoria promossa dal privato nei confronti della P.A. in conseguenza della mera attività materiale,

non sorretta da alcun formale provvedimento amministrativo, da questa posta in essere in ambito urbanistico.

Non costituiscono atti d'imperio della P.A., idonei ad affievolire a interesse legittimo la posizione soggettiva del

privato, né una variante di piano regolatore generale, inidonea a produrre l'effetto implicito di dichiarazione di

pubblica utilità, né l'acquisizione di un fondo con atto, che, in assenza dei caratteri della cessione amichevole, deve

qualificarsi come atto di vendita di diritto privato. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la giurisdizione dell'AGO

sull'azione di manutenzione esercitata dal proprietario di terreno a cui favore era costituita una servitù avente ad

oggetto il divieto di destinare il fondo servente ad uso diverso da quello agrario, a seguito di acquisizione e

trasformazione in parcheggio da parte del Comune).

19 Così, Cass. S.U. n. 10285/12, che ha affermato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in cui un caso in

cui il ricorrente, assumendo di essere stato molestato nel possesso di un terreno e di un'adiacente strada di sua

proprietà, aveva richiesto la sospensione o l'eliminazione del provvedimento con cui l'amministrazione comunale

aveva disposto la rimozione della recinzione e lo sgombero dell'area, al fine di ripristinare il libero transito dei

mezzi agricoli usati da altri cittadini per raggiungere i propri fondi, non potendosi ravvisare nell'attività del

Comune un disturbo di fatto del possesso del bene vantato dal privato, quanto l'esercizio di una potestà

pubblicistica rientrante nelle competenze municipali in materia di urbanistica e di circolazione stradale.

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pronunciate) si applica anche al reclamo proposto avverso le misure cautelari ex artt. 669 ss.

c.p.c., pur non essendo il reclamo un mezzo d'impugnazione in senso tecnico20. Alla base di tale

orientamento vi sono due considerazioni, svolte nella motivazione di detta sentenza. La prima è

che la ragione che ha determinato il legislatore a prevedere il foro erariale, consistente nella

facilitazione per la P.A. di difendersi nel luogo ove ha sede l’Avvocatura dello Stato, permane

inalterata anche nell’ipotesi di reclamo possessorio, che costituisce pur sempre un rimedio

impugnatorio. La seconda risiede in ciò, che il principio contenuto nell’art. 669-terdecies c.p.c.,

in base al quale prima della causa di merito la domanda cautelare si propone al giudice

competente a conoscere il merito, deve intendersi riferita anche al giudice del reclamo, essendo

diretto tale rimedio alla revoca o modifica dell’ordinanza impugnata. Pertanto, se il reclamo

fosse proponibile innanzi ad un giudice diverso da quello del foro erariale, la causa di merito e

quella cautelare potrebbero essere proposte innanzi a giudici diversi, in contrasto con la

previsione dell’art. 669-ter, 1° comma c.p.c.

V’è da considerare, però, a) che le azioni possessorie non sono cautelari e la loro

sottoposizione al processo cautelare uniforme è soggetta alla clausola di compatibilità di cui

all’art. 703, 2° comma c.p.c.; b) che detta pronuncia è stata resa in una fattispecie in cui la

domanda possessoria era stata proposta innanzi al pretore, rispetto al quale lo stesso art. 7,

primo comma R.D. 1611/1933 prevedeva la deroga alla regola del foro erariale; c) che tale

deroga, a sua volta, era giustificata dalla natura del pretore, quale giudice c.d. di prossimità, in

considerazione di quelle che erano le sue competenze per materia; e d) che, pertanto, sostituito

al pretore il tribunale quale unico giudice togato di prossimità, non si vede la ragione per cui

debba diversificarsi la competenza tra procedimento possessorio davanti al giudice monocratico

e fase di reclamo innanzi al collegio del medesimo ufficio giudiziario.

Da ricordare che secondo la giurisprudenza della Cassazione formatasi anteriormente

alle modifiche del procedimento possessorio apportate dal D.L. n. 35/05, il provvedimento con

il quale il giudice adito dichiari, nei limiti della cognizione sommaria della fase cautelare, la

propria incompetenza sull'istanza di reintegrazione nel possesso, non è soggetto ad

impugnazione con regolamento di competenza, esperibile unicamente nei confronti di quei

provvedimenti che - ancorché privi della forma di sentenza - abbiano effetti sostanziali di

carattere definitivo, bensì a reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., richiamato dal nuovo testo

dell'art. 703, secondo comma, c.p.c.21.

Tale indirizzo non sembra destinato a mutare con le modifiche apportate dal

legislatore del 2005, poiché, come si avrà modo di vedere, la definitività del provvedimento

interinale possessorio è un esito eventuale e successivo alla scadenza del termine (30 gg. dalla

comunicazione dell’ordinanza: art. 47, 2° comma c.p.c.) per proporre il regolamento di

competenza.

20 Cass. n. 1722/00.

21 V. Cass. n. 5316/05, cui adde Cass. n. 11164/08, secondo cui Quando il giudice - adito con la prospettazione della

idoneità di determinati fatti ad integrare la fattispecie costitutiva di una domanda di tutela del possesso - ritiene

che essi integrerebbero invece, astrattamente, i fatti costitutivi di una domanda diversa e, anziché limitarsi a

rigettare la domanda possessoria, si considera investito della diversa domanda che i fatti prospettati sarebbero

stati idonei a integrare e si dichiara incompetente sulla medesima, la decisione così assunta deve ritenersi

erroneamente dichiarativa di incompetenza, poiché quella che il giudice ha considerato come qualificazione della

domanda non è tale, essendo egli chiamato a decidere solo sulla domanda possessoria. (In applicazione di tale

principio, la S.C. ha dichiarato la competenza del tribunale che, investito di una domanda possessoria, ritenendo

che la medesima fosse fondata sull'esistenza di un titolo contrattuale agrario, aveva invece dichiarato la propria

incompetenza per essere competente la sezione specializzata agraria).

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7. La struttura del procedimento possessorio7. La struttura del procedimento possessorio7. La struttura del procedimento possessorio7. La struttura del procedimento possessorio e le novità introdotte e le novità introdotte e le novità introdotte e le novità introdotte nel 2005nel 2005nel 2005nel 2005

Com’è noto, la novità fondamentale apportata al procedimento di cui agli artt. 703-705

c.p.c. dal legislatore del 2005 consiste nell’aver sostituito alla struttura necessariamente bifasica

(affermata, com’è altrettanto noto, dopo la novella di cui alla legge n.353/90 da Cass. S.U.

n.1984/98) una struttura solo eventualmente bifasica. Il 4° comma dell’art. 703 c.p.c., infatti,

rimette all’iniziativa di una delle parti, entro il termine perentorio di 60 gg. decorrente dalla

comunicazione del provvedimento interdittale (recte, che conclude la fase sommaria diretta

all’emissione dell’interdetto possessorio), la prosecuzione del giudizio per il c.d. merito

possessorio con le forme delle cognizione piena.

Tale possibilità, e non necessità, del c.d. merito possessorio, non risolve chiaramente a

favore dell’una o dell’altra opzione il contrasto fra chi, già all’indomani della legge n.353/90

configurava l’azione possessoria come procedimento sommario-semplificato-esecutivo22, e chi,

invece, la collocava e la colloca tuttora saldamente all’interno della funzione giurisdizionale

dichiarativa23, atteso che la riforma del 2005-2006 riedita, a ben vedere, la struttura originaria

del procedimento possessorio articolato in due fasi, quella sommaria (necessaria) e quella a

cognizione piena (eventuale), l’una e l’altra introdotte dal medesimo ed unico ricorso.

Resta di indubbio interesse il fatto che la struttura del procedimento possessorio, che

può arrestarsi alla sola fase sommaria, confermi quella circolarità, ormai conclamata, tra

procedimenti cautelari e procedimenti sommari cui si è accennato all’inizio. Ma, come si dirà

ora, permane una differenza fondamentale.

8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori8. Il problema della stabilità dei provvedimenti interinali possessori

Al pari dei cautelari anticipatori, anche i procedimenti possessori possono dar vita a

provvedimenti dotati di stabilità, cioè efficaci anche se non seguiti dal c.d. giudizio di merito

(come si ricava dall’art.669-novies, 3° comma c.p.c., richiamato dall’ultimo comma dell’art. 703

c.p.c.).

Stabilità sulla quale, però, occorre soffermarsi. Mentre anche i provvedimenti cautelari

a strumentalità attenuata sono tuttavia soggetti alla revoca/modifica ai sensi dell’art.669-decies

c.p.c., e il diritto in essi affermato può essere rimesso in discussione in un giudizio dichiarativo,

come si ricava dall’assenza del requisito di autorità (art. 669-octies, ultimo comma c.p.c.), è

tutt’altro che certo che analogamente accada per i provvedimenti possessori. E ciò per la

ragione che a differenza dei cautelari nei procedimenti possessori la domanda di merito è già

proposta con lo stesso ricorso, e di conseguenza i provvedimenti interdittali a differenza di

quelli cautelari non possono essere pronunciati ante causam24. In altri termini, occorre evitare

l’equivoco di istituire impropri parallelismi tra due diverse dicotomie, quella cautela/merito, da

un lato, e quella possessorio/petitorio, dall’altro.

22 Proto Piani, Lezioni di diritto processuale amministrativo, Napoli, 1994, 738.

23 Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2011, IV, 275, il quale ritiene che la ricostruzione della tutela

possessoria come giurisdizione sommario-esecutiva è soprattutto contraddetta dalla funzione che in concreto ha

assunto nella giurisprudenza della Corte di cassazione l’azione di spoglio, essendone stato inteso il requisito della

violenza o clandestinità come privazione del possesso senza il consenso del possessore, di modo che attualmente

l’azione di spoglio copre tutta l’area lasciata libera dalla perdita del possesso dovuta ad una dismissione volontaria

del possessore.

24 Luiso, op. cit., 277.

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Mentre secondo una parte della dottrina25 la stabilità dei provvedimenti possessori

sarebbe in tutto ricalcata su quella dei provvedimenti anticipatori, con gli effetti di permanenza

del provvedimento nei termini di ciò che accade per il provvedimento cautelare, altri26 ritiene

che la mancata richiesta di prosecuzione comporti un effetto parificabile a quello del decreto

ingiuntivo non opposto, e cioè una preclusione pro iudicato (i cui effetti sostanziali, com’è

noto, non sono dissimili da quelli di un giudicato vero e proprio27).

Il problema sembra potersi risolvere in quest’ultimo senso, portando alle sue logiche

conseguenze una recente pronuncia del S.C., il quale ha affermato che il procedimento

possessorio, così come risultante dalle modifiche apportate all'art. 703 c.p.c. dal D.L. n. 35 del

2005 (convertito dalla legge n. 80 del 2005), pur essendo diviso in due fasi, conserva una

struttura unitaria, nel senso che la fase eventuale di merito non è che la prosecuzione della

fase sommaria. Da ciò consegue che la procura, conferita al difensore per l'introduzione di un

giudizio possessorio, legittima l'avvocato, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della

parte, a depositare altresì l'istanza di fissazione della trattazione del merito28.

Sebbene rappresenti un obiter dictum (non essendo a rigori né implicata, né

implicante rispetto alla soluzione della diversa questione ivi esaminata, ossia la necessità o

meno di una nuova procura alla lite per introdurre la fase a cognizione piena), l’affermazione

contenuta nella motivazione di detta sentenza, per cui in caso di mancata prosecuzione del

giudizio, mediante l’istanza di cui all’ultimo comma dell’art. 703 c.p.c., l’ordinanza interinale

costituisce il provvedimento definitivo sulla controversia possessoria, costituisce il dato saliente

dell’intera impostazione della sentenza e, in particolare, della valorizzazione del fatto che il

ricorso introduce entrambe le fasi dell’unico procedimento. Ed allora l’arresto definitivo del

processo – o, se si preferisce, la sua estinzione, che è l’effetto di ogni mancata prosecuzione –

non può mutare gli effetti dell’unica domanda giudiziale, degradandola a semplice richiesta di

emissione dei provvedimenti interinali. Con il corollario che l’estinzione produce il giudicato e

non la semplice stabilità esecutiva propria delle misure cautelari a strumentalità attenuata.

Può obiettarsi che in materia di estinzione il sistema ammette entrambe le ipotesi,

dandosi casi in cui questa lascia in vita soltanto l’efficacia esecutiva dei provvedimenti

anticipatori emessi (ad esempio l’art. 186-bis c.p.c.), ovvero ne determina il passaggio in

giudicato (ad esempio l’art. 186-ter c.p.c.). Tuttavia, se si tiene conto della finalità deflattiva

perseguita dal legislatore del 2006, ossia limitare i casi di contenzioso da definire con sentenza,

può osservarsi che la riforma non mira a degradare la tutela piena a tutela cadetta, sul

presupposto indimostrato e indimostrabile (data la tradizione in materia e il rilievo che assume

a vari fini il giudicato possessorio) che non valga la pena assicurare al possesso la medesima

protezione che si garantisce ai diritti, ma ad offrire alle parti – ad entrambe le parti – la

possibilità di prestare acquiescenza ad una cognizione soltanto sommaria, rafforzata dalle

garanzie proprie del processo cautelare uniforme, e che (come insegna la pratica) spesso non è

meno approfondita di quella ottenibile con le forme della cognizione piena.

Del resto, i casi di giudicato all’esito di una cognizione sommaria si sono ormai

moltiplicati, sia mediante l’introduzione generalizzata del modulo di procedimento sommario di

25 Menchini, Nuove forme di tutela e nuovi modi di risoluzione delle controversie: verso il superamento della

necessità dell’accertamento con autorità di giudicato, in Rivista di Diritto Processuale, 2007, 868 ss.

26 Bove, Evitare il processo? in w.w.w. Judicium.it, 12 ss.

27 Cfr. Cass. n. 4799/99.

28 Cass. n.4845/12.

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cognizione ex artt. 702-bis e ss. c.p.c., sia attraverso l’estensione di tali norme a svariate ipotesi

di contenzioso, come previsto dal D.Lgs. n.150/1129.

9999. La clausola di compatibilità. La clausola di compatibilità. La clausola di compatibilità. La clausola di compatibilità

Anche qui innovando rispetto alla legge n.353/90, la riforma entrata in vigore nel 2006

ha previsto che gli artt. 669-bis e ss. c.p.c. si applichino ai procedimenti possessori “in quanto

compatibili” (art. 703, cpv. c.p.c.). Innovazione a ben vedere apparente, poiché anche prima

delle modifiche del 2005 la giurisprudenza, sia di legittimità30, sia costituzionale31, aveva

evidenziato che molte disposizioni del processo cautelare uniforme non potevano trovare

applicazione al giudizio possessorio, sicché la nuova disposizione non fa che rimarcare una

differenza già esistente.

Nulla quaestio sulla compatibilità dell’art. 669-bis c.p.c., visto che anche l’art. 703,

primo comma c.p.c. prevede l’introduzione della domanda con ricorso. La differenza risiede

invece nel giudice competente, che per le azioni possessorie è il foro del luogo in cui è

avvenuto il fatto denunciato (art. 21, cpv. c.p.c.)32.

Sono invece incompatibili gli artt. 669-ter c.p.c., ad eccezione del 4° comma, e 669-

quater c.p.c., non configurandosi un procedimento possessorio ante causam, né potendovi

essere una dicotomia tra procedimento possessorio e causa di merito possessorio. L’ipotesi, per

così dire, speculare è semmai quella prevista dall’art. 705 c.p.c., che disciplina la proposizione

della domanda possessoria nel corso della causa petitoria.

L’art. 669-quinquies c.p.c. è applicabile nel senso che si ritiene esclusa la

compromettibilità dell’intera controversia possessoria, sulla base del comune rilievo che gli

arbitri non possono esercitare poteri d’imperio. Si potrebbe discutere, in ipotesi di pura scuola,

della sola possibilità di rimettere agli arbitri la fase a cognizione piena, ma l’unicità del

procedimento di cui agli artt. 703 e ss. c.p.c. sembra tale da non consentire una simile

frattura33.

Senz’altro compatibile è l’art. 669-sexies c.p.c., che anzi segna la più netta

sovrapposizione del modulo cautelare a quello sommario non cautelare.

29 Ciò non pone problemi di legittimità costituzionale, salvo forse che per i casi di procedimento sommario di

cognizione previsto in unico grado di merito. Accertamento sommario e giudicato sono di regola fra loro

compatibili in quanto la cognizione piena ed esaustiva non si sia svolta non perché non consentita, ma perché le

parti abbiano lasciato cadere la relativa opzione. Si pensi, ad esempio, al decreto ingiuntivo, che può passare in

giudicato nel caso in cui l’ingiunto non raccolga la provocatio ad opponendum, che gli avrebbe consentito

l’accesso ad una cognizione ordinaria. Quanto al giudizio sommario di cognizione, che mette capo ad un’ordinanza

che, se non appellata, passa in giudicato, va osservato, a conferma di quanto detto, che in appello vi è una

possibilità di recupero della cognizione piena, più ampia nella formulazione originaria dell’art. 702-quater c.p.c.,

meno in quella attuale risultante a seguito della modifica introdotta dal D.L. n.83/12, convertito in legge n.134/12.

30 Cass. S.U. n. 1984/98.

31 Corte cost. n. 220/00, che aveva rilevato come le norme innovative della legge n.353/90 si applicassero ai

procedimenti possessori soltanto se compatibili con le caratteristiche di questo. (come desumibile dal carattere

selettivo del richiamo al procedimento cautelare uniforme contenuto nell’art. 703 c.p.c.

32 Sulla competenza territoriale per le lesioni possessorie poste in essere mediante emissioni di onde

elettromagnetiche, v. Cass. nn. 5317/05, 3798/05 e 9511/91.

33 Vale al riguardo, mutatis mutandis, quanto osservato da Cass. n. 9909/09, secondo cui la denuncia di nuova

opera, quando sia rivolta in via urgente alla sospensione immediata dei lavori e, successivamente, al ripristino della

situazione antecedente alla lesione del diritto reale di cui si invoca la tutela possessoria o petitoria, non può essere

oggetto della cognizione arbitrale, né in fase cautelare né in ordine al giudizio a cognizione piena, richiedendo

necessariamente l'esercizio giudiziale di poteri coercitivi.

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Contrariamente a quanto ritenuto da qualche autore34, non sembra che l’art. 669-

septies, primo comma c.p.c. sia applicabile quanto alla regola della riproponibilità della

domanda respinta, quando sopravvengano mutamenti delle circostanze o siano dedotte nuove

ragioni di fatto o di diritto, una volta che si ritenga che il giudicato possessorio si formi anche

sull’ordinanza cui non segua la fase di cognizione piena.

Quasi del tutto inapplicabile è l’art. 669-octies c.p.c. che presuppone la dicotomia

cautela/merito e la struttura essenzialmente monofasica del procedimento cautelare, l’una e

l’altra inconciliabili con la natura e la struttura delle azioni possessorie, che come s’è detto non

possono essere esercitate ante causam. Quanto all’ultimo comma, in base al quale l’autorità del

provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo, l’estensione ai provvedimenti

interinali possessori dipende da quanto si è sopra detto in ordine al riconoscere o meno ad essi

l’idoneità a formare il giudicato nell’ipotesi di mancata prosecuzione del giudizio.

Maggiormente problematica, invece, è la questione concernente il regime delle spese,

che riguarda, quindi, la compatibilità con il giudizio possessorio sia del 2° e 3° comma dell’art.

669-septies c.p.c., sia del 7° comma dell’art. 669-octies c.p.c.

Stricto iure, ponendosi nell’ottica del giudizio di cognizione, ordinario o sommario che

sia, non sembrerebbe agevole e piana l’ipotesi di una condanna alle spese che, emessi o non i

provvedimenti interinali richiesti, sia pronunciata all’esito della fase sommaria e dunque ancor

prima che l’una o l’altra parte abbia esercitato l’opzione per la prosecuzione del giudizio sul

merito possessorio, ai sensi del 4° comma dell’art. 703 c.p.c.

Tuttavia l’esigenza deflattiva sottostante alle modifiche apportate in materia negli

ultimi vent’anni rende effettiva l’esigenza di un regolamento anticipato delle spese, avvertita in

varie decisioni di merito35. In particolare, si ritiene che nel silenzio dell’art. 703 c.p.c. ed in

considerazione del fatto che nessuna delle parti potrebbe presentare l’istanza per la

prosecuzione del giudizio di merito, si deve ritenere applicabile anche al processo possessorio il

generale principio della soccombenza, sicché al termine del giudizio cautelare è necessaria la

pronuncia sulle spese del procedimento medesimo36.

A favore di tale soluzione interpretativa può invocarsi l’assimilazione dell’ordinanza

interinale possessoria e del successivo giudizio di merito possessorio al decreto ingiuntivo e alla

relativa opposizione; o meglio ancora il richiamo all’ordinanza d’ingiunzione incidentale ex art.

186-ter c.p.c., che pur non definendo il giudizio contiene la condanna alle spese.

Dell’art. 669-novies c.p.c. è applicabile solo il terzo comma, come si ricava dal fatto che

solo tale norma è espressamente richiamata dall’ultimo comma dell’art. 703 c.p.c., il quale

ultimo nel suo insieme è del resto chiaramente alternativo alle restanti disposizioni dell’art.

669-novies c.p.c.

Coerenza impone di escludere, altresì, che sia compatibile con le azioni possessorie

l’art. 669-decies c.p.c., beninteso se si accede alla soluzione per cui il provvedimento interinale

non seguito dal merito possessorio determina una preclusione pro iudicato che impedisce di

porre in discussione in un successivo giudizio dichiarativo il possesso così accertato.

34 Marinucci, Le nuove norme sul procedimento possessorio, in Riv. Dir. Proc., 2005, 838.

35 Secondo Tribunale di Benevento, 19.3.2009, inedita, l’art. 703 c.p.c. riconosce la facoltà per le parti di

continuare un giudizio possessorio di merito all’esito del provvedimento sommario che deve statuire anche sulle

spese di giudizio. A tale provvedimento, prosegue la sentenza, qualora non vi sia la richiesta di prosecuzione

ovvero non vi sia stata la riforma in sede di reclamo, deve essere riconosciuta una certa stabilità e definitività che,

sebbene non equiparabile ad un giudicato, tuttavia per taluni effetti è a questo assimilabile.

36 Tribunale Torino, 11.6.2008, in ilcaso.it.; Tribunale Napoli, 28.3.2006, inedita; Tribunale Torino, 5.6.2007, in

www.dirittoegiustizia.it;

Page 14: Le Problematiche Interpretative e La Conduzione Dei Procedimenti Nel Contenzioso Nunciatorio e Possessorio

14

Sembra inapplicabile l’art. 669-undecies c.p.c. (nonostante il rinvio ad esso tramite il 3°

comma dell’art. 669-novies c.p.c., a sua volta richiamato dal 4° comma dell’art. 703 c.p.c.),

perché la cauzione in esso prevista costituisce la controcautela per il caso che il successivo

giudizio di merito accerti l’inesistenza del diritto assicurato, e dunque è incompatibile con il

procedimento possessorio che, come si è detto più volte, non mira ad assicurare l’esistenza del

diritto corrispondente al possesso.

Del tutto compatibile, invece, è l’art. 669-duodecies c.p.c., in materia di esecuzione c.d.

processuale del provvedimento, diretta dallo stesso giudice che l’ha emesso. Infatti, secondo la

giurisprudenza di legittimità, l’esecuzione del provvedimento d'urgenza in materia possessoria,

secondo la previsione dell'art. 669-duodecies c.p.c., che, dettato per i sequestri, trova

applicazione, in virtù dell'art. 669-quaterdecies del codice di rito, anche ai provvedimenti

possessori immediati, non dà luogo ad un processo di esecuzione forzata, bensì ad una

ulteriore fase del procedimento possessorio, che è di competenza dello stesso giudice che ha

emesso il provvedimento. Ne consegue che la sede in cui si fa valere il diritto al rimborso delle

spese sostenute o anticipate per l'attuazione coattiva del provvedimento cautelare possessorio è

il giudizio possessorio, ed il provvedimento che statuisce su tale diritto è la sentenza che

definisce il merito possessorio. Pertanto, ove la parte, per la riscossione di dette spese, inizi un

autonomo processo esecutivo, il giudice dell'esecuzione può rilevare di ufficio la mancanza del

titolo esecutivo, con conseguente declaratoria di improcedibilità del processo, declaratoria che,

essendo da ricondurre ad un difetto dell'azione da lui intrapresa, non può comportare che al

creditore sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese del procedimento esecutivo37.

Non pone problemi, invece l’applicabilità dell’art. 669-terdecies c.p.c., in materia di

reclamo, espressamente richiamato dal 3° comma dell’art. 703 c.p.c. (si ricordi, per il pregresso,

che Corte cost. n. 501/95 ebbe a dichiarare infondata la questione di legittimità dell’art. 669-

terdecies c.p.c. nella parte in cui tale norma, come integrata da Corte cost. n. 253/9438, avrebbe

escluso la reclamabilità dell’ordinanza di rigetto della domanda di provvedimento possessorio).

10101010. La gestione della . La gestione della . La gestione della . La gestione della fase sommariafase sommariafase sommariafase sommaria

Prima conseguenza della struttura anche solo eventualmente bifasica del procedimento

possessorio è che il ricorso, essendo l’atto introduttivo dell’intero procedimento, inclusa la fase

eventuale a cognizione piena, deve avere i requisiti di cui all’art. 125 c.p.c. (norma che, essendo

contenuta nel libro primo del codice di rito, ha carattere generale e potenzialità applicativa in

ogni tipo di processo ove non diversamente previsto o altrimenti desumibile).

Richiamando quanto sopra detto in relazione al ricorso per nuova opera o per danno

temuto, è possibile una proposizione congiunta della cautela per nuova opera o danno temuto

e della domanda possessoria.

Altra conseguenza della concezione del ricorso ex art. 703, 1° comma c.p.c. come atto

propulsivo di un giudizio di cognizione sommaria proseguibile in via ordinaria, è che il

convenuto può introdurre una domanda riconvenzionale, in pieno accordo con la natura

dichiarativa del procedimento e salvo il divieto di cui all’art. 705 c.p.c., così come manipolato

dalla nota sentenza n.25/92 della Corte costituzionale.

Di particolare rilievo è l’attività di c.d. istruzione sommaria, ampiamente rimessa alle

valutazioni discrezionali del giudice.

37 Così, Cass. n. 481/03.

38 Con la quale il giudice delle leggi dichiarò illegittimo l’art. 669-terdecies c.p.c. nella parte in cui non ammette

il reclamo ivi previsto anche avverso l’ordinanza di rigetto della domanda cautelare.

Page 15: Le Problematiche Interpretative e La Conduzione Dei Procedimenti Nel Contenzioso Nunciatorio e Possessorio

15

Da Corte cost. n. 25/92 si apprende che l’art. 1168, 4° comma c.c., in base al quale la

reintegrazione deve essere ordinata dal giudice sulla base della semplice notorietà del fatto,

senza dilazione, è un relitto storico privo di fondamento positivo, essendo collegata a un

modus procedendi (il possessorium summariissimum degli antichi statuti piemontesi) non

previsto dal codice di rito.

L’abrogato art. 689, 1° comma c.p.c., dettato in tema di azioni nunciatorie e richiamato

dal vecchio art. 703, 2° comma c.p.c., prevedeva, la possibilità di utilizzare “sommarie

informazioni”, espressione, questa, che nella giurisprudenza della Cassazione riguarda tanto le

dichiarazioni di soggetti informati dei fatti, non sentiti con le forme proprie dell’audizione

testimoniale, sia le informazioni acquisite tramite l’autorità di polizia giudiziaria appositamente

incaricata39.

A quest’ultima modalità informativa, divenuta pressoché desueta, ma ancora prevista

dal 2° comma dell’art. 669-sexies c.p.c., per il caso di emissione della misura con decreto reso

inaudita altera parte, si giustappone il 1° comma di detta norma, in base al quale il giudice

procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili. Disposizione,

quest’ultima, che contemperando il principio del contraddittorio con il metodo acquisitivo,

consente al giudice una massima libertà di scelta dei mezzi e nell’utilizzo delle forme (con la

conseguente possibilità di dare ingresso a prove atipiche e di assumere prove tipiche senza il

rispetto delle relative forme), ma pur sempre nell’ambito delle allegazioni fattuali delle parti, e

ciò proprio in considerazione del rispetto del contraddittorio, che ha assunto un rilievo

centrale nel processo cautelare uniforme.

Di primaria importanza è il problema concernente l’oggetto stesso di tale attività

istruttoria. Mentre nel caso delle misure cautelari esso è chiaramente identificabile nelle

condizioni dell’azione cautelare, ossia il fumus boni iuris e il periculum in mora, nel caso delle

azioni possessorie fase sommaria e fase a cognizione piena hanno il medesimo oggetto40.

Proprio per questo, e indipendentemente dal grado di maggiore o minore aderenza

formale dell’assunzione rispetto al modulo tipico dell’istruzione probatoria ordinaria, il

materiale probatorio raccolto è destinato ad avere un’incidenza nella fase a cognizione piena

maggiore e qualitativamente diversa rispetto alle prove raccolte nel procedimento cautelare.

In quest’ultimo, infatti, l’indagine è diretta a formulare un semplice giudizio di

verosimiglianza della fondatezza delle ragioni del ricorrente, e soprattutto, vi è un’alterità

strutturale tra procedimento cautelare ante causam e giudizio di merito, sicché in definitiva

quelle prove, essendo state raccolte in un giudizio diverso fra le stesse parti, nella causa di

merito possono valere come elementi indiziari o come semplici argomenti di prova41.

Invece, nel procedimento possessorio, la sentenza che definisce il giudizio a cognizione

piena, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, può basarsi esclusivamente sugli

elementi raccolti in fase di cognizione sommaria, allorché questi consentano al giudice di

decidere la causa senza escludere le sommarie informazioni fornite dai testimoni nella prima

fase del procedimento, in quanto idonee a fondare, in sede di decisione, il libero convincimento

39 V. fra le tante, Cass. nn. 1291/86, 3820/86 e 7684/95.

40 Cfr. Esposito, Azioni possessorie e petitorie, in iudicium.it, secondo cui l’oggetto dell’accertamento è lo stesso

diritto sostanziale protetto mediante le forme giudiziarie ordinarie, anche se attraverso il ricorso a strumenti

conoscitivi di più immediato e rapido espletamento, tendenzialmente dotati di un minor grado di efficacia

probatoria, ma certo non di minore attendibilità, i cui risultati vengono valutati sul piano delle probabilità e non

in termini di certezza giuridica.

41 Cfr. Cass. nn. 21417/04 e 10011/91.

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16

del giudice42. Per contro i provvedimenti adottati e le prove raccolte precedentemente in un

giudizio possessorio non sono utilizzabili nel giudizio petitorio, di seguito instaurato tra le

stesse parti, gli uni e gli altri non investendo il profilo del titolo discusso in quest’ultimo

giudizio43.

Se a ciò si aggiunge che quanto maggiore è la prognosi di resistenza degli elementi di

prova raccolti ai sensi dell’art. 669-sexies c.p.c., tanto minore è la probabilità che le parti,

eventualmente espletato il reclamo, propongano l’istanza di prosecuzione del giudizio, va da sé

che la controversia è destinata per lo più a risolversi proprio in fase sommaria. Questa,

pertanto, va condotta in maniera tale da trattare ciascuno dei temi rilevanti in ordine

all’accertamento del possesso e della relativa lesione, tralasciando, invece, di compiere gli atti di

istruzione relativi alle eventuali domande accessorie, come quella di risarcimento del danno, la

cui sede naturale è la fase a cognizione piena.

In conclusione e in definitiva, se è vero com’è vero che l’obiettivo da perseguire è

quello di emettere un provvedimento interinale concretamente idoneo a risolvere la

controversia e basato su elementi probatori comunque apprezzabili nella fase di merito

possessorio, economizzando le attività processuali, ciò che occorre in fase sommaria non è

l’impiego di forme istruttorie tipiche (ad esempio la previa capitolazione della prova

testimoniale), ma l’estensione dell’accertamento a tutti i temi su cui si basa il possesso e si

valuta la sua lesione.

11111111. Il reclamo. Il reclamo. Il reclamo. Il reclamo

Il reclamo è il rimedio avverso l’ordinanza che accoglie o rigetta l’istanza diretta

all’emissione del provvedimento interinale.

Uno sguardo sulla sua natura è prodromico all’impostazione e alla possibile soluzione

delle principali problematiche che vi sono connesse.

In primo luogo non è corretto qualificare il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. come

mezzo d’impugnazione in senso tecnico, poiché esso ha ad oggetto provvedimenti non

suscettibili di conseguire l’effetto di giudicato.

(La circostanza che, per le considerazioni già svolte, la mancata prosecuzione del

giudizio possessorio con le forme della cognizione piena produca effetti identici al giudicato,

non contraddice tale affermazione, sia perché il reclamo in oggetto è lo stesso rimedio

concepito per i provvedimenti cautelari, che idonei al giudicato non sono in nessun caso, sia e

soprattutto in quanto il giudicato possessorio sull’ordinanza interinale si forma in virtù della

mancata proposizione dell’istanza di cui al 4° comma dell’art. 703 c.p.c., non per la sua omessa

impugnazione con il reclamo).

Il reclamo è comunque un rimedio di tipo sostitutivo, e non già meramente

rescindente. Tale carattere, già evidente nella formulazione dell’art. 669-terdecies c.p.c.

contenuta nella legge n.353/90 (nella parte in cui consentiva la sospensione dell’esecuzione del

provvedimento reclamato anche per motivi sopravvenuti e richiamava gli artt. 737 e 738

c.p.c.), è stato ulteriormente rafforzato dal legislatore del 2005, mediante l’espressa previsione

42 Cass. nn. 1386/09, 21140/06, 5547/05, 21417/04 e 10450/02. Non è, quindi, condivisibile l’opinione di chi ritiene

che possano trovare ingresso nel giudizio di merito solo le prove acquisite in maniera tipica, e che ciò sia

maggiormente verificabile in considerazione dell’attitudine definitiva dell’ordinanza emessa all’esito della fase

sommaria. Come si è già detto, infatti, accertamento sommario e giudicato sono del tutto compatibili fra loro,

ogni qual volta il primo non escluda alle parti la possibilità della cognizione piena.

43 Cass. n. 9881/12.

Page 17: Le Problematiche Interpretative e La Conduzione Dei Procedimenti Nel Contenzioso Nunciatorio e Possessorio

17

della possibilità di addurre circostanze e motivi sopravvenuti e di acquisire nuovi documenti, e

l’esclusione della possibilità, invece, di rimettere gli atti al primo giudice (4° comma della

norma richiamata, che a sua volta non è che l’integrale trasposizione del 5° comma dell’art. 23

del D.Lgs. n.5/03 sul c.d. rito societario). Il che, ad un tempo, lo avvicina e lo distanzia

dall’omologo mezzo dell’appello, che pur essendo di regola sostitutivo prevede ipotesi tipiche di

rimessione della causa al primo giudice (artt. 353 e 354 c.p.c.).

La natura sostitutiva del reclamo e il consolidamento della scelta normativa sulla

struttura (anche se solo eventualmente) bifasica dei procedimenti possessori, pone una

questione che non è configurabile nel controllo delle misure propriamente cautelari, vale a dire

il possibile contrasto tra la decisione del reclamo e quella successiva sul merito possessorio.

Sebbene la prevalenza della seconda (pronunciata con sentenza) sulla prima (emessa con

ordinanza) sia fuor di discussione, e dunque escluda sostanzialmente il rilievo processuale del

problema, restano intatti i profili deontologici di una gestione per così dire antagonista della

controversia tra giudice monocratico e collegio (di cui quest’ultimo non può far parte: art.

669-terdecies, 2° comma c.p.c.). Tanto verticale e definitivo è il reclamo contro le misure di

assicurazione del diritto, quanto orizzontale e restitutorio, invece, è il reclamo possessorio, che

nel caso di istanza di prosecuzione del giudizio si presta ad essere rivalutato nei suoi contenuti

da quello stesso giudice che aveva emesso l’ordinanza reclamata. Il problema di una gestione

prolungata e antagonista rispetto a quella propria della fase a cognizione piena, appare, però,

in larga misura attenuato dalla previsione del termine di 20 gg. dal deposito del ricorso, entro

cui il procedimento di reclamo deve essere definito (5° comma art. in commento), che riduce

sensibilmente il pericolo che il reclamo si trasformi in una sorta di prosecuzione collegiale del

procedimento. Ciò significa che pur nell’ampiezza dei suoi poteri istruttori, il collegio incontra

dei limiti di natura sistemica ad un eccessivo approfondimento istruttorio, incompatibile con la

funzione del subprocedimento di reclamo.

Quanto alle preclusioni assertive, si tratta delle stesse che sono già maturate con gli

atti introduttivi del procedimento possessorio, mentre non sono ipotizzabili altre limitazioni

all’attività difensiva che suppongano l’esaurimento della fase di trattazione, anche probatoria, di

cui all’art. 183 c.p.c. Le quali ultime, a loro volta, possono essersi già verificatesi, ma solo nel

caso in cui la domanda di tutela del possesso sia proposta nel corso della causa petitoria, ai

sensi dell’art. 704 c.p.c., per i fatti che avvengono nella pendenza di questa.

Vigente la struttura necessariamente bifasica del procedimento possessorio, la

giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che il provvedimento con il quale il giudice

chiuda la fase sommaria senza fissare l’udienza di trattazione e liquidi le spese, avendo natura

sostanziale di sentenza è impugnabile non con il reclamo, ma con l’appello44. Con la nuova

disciplina dell’art. 703 c.p.c. la prosecuzione o non del giudizio con le forme della cognizione

piena dipende dall’istanza dell’una e/o dell’altra parte, e non più dal provvedimento interinale

del giudice, la cui assimilazione ad una sentenza non è più predicabile neppure nel caso in cui

il giudice provveda a liquidare le spese, a misura dell’adesione che s’intenda prestare alla tesi

che propugna tale possibilità. Sicché non è certo che l’indirizzo anzi detto mantenga la sua

validità anche nel nuovo sistema.

12121212. La fase a cognizione piena. La fase a cognizione piena. La fase a cognizione piena. La fase a cognizione piena

44 V. per tutte, Cass. n. 14281/07.

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Il passaggio alla fase a cognizione piena è mediato, come dispone il più volte citato 4°

comma dell’art. 703 c.p.c., dalla presentazione di un’apposita istanza di prosecuzione del

giudizio di merito.

Sulla natura endoprocessuale di tale istanza e sulla non necessità, pertanto, del rilascio

di una nuova procura al difensore, la Corte di cassazione si è espressa affermativamente con la

sentenza n. 4845/12 innanzi citata.

Ciò detto, si pongono essenzialmente due problemi: il raccordo tra l’una e l’altra fase e

l’oggetto della fase a cognizione piena.

Quest’ultimo aspetto rimanda al richiamo, contenuto nello stesso 4° comma dell’art.

703 c.p.c., al 3° comma dell’art. 669-novies c.p.c., e dunque alla disposizione che prevede

l’inefficacia della misura nel caso di accertamento negativo del diritto cautelato. Cambiando ciò

che v’è da cambiare, e considerato a) che, come si è detto, il procedimento possessorio

permane bifasico, anche se solo eventualmente; e b) che vige inalterato l’art. 705 c.p.c. sul

divieto di proporre il giudizio petitorio finché il giudizio possessorio non sia stato definitivo e

la decisione eseguita; tutto ciò considerato, deve ritenersi che l’oggetto della fase a cognizione

piena è unicamente il possesso e la relativa lesione, per cui si deve rettamente parlare di

“merito possessorio”. Pertanto, nella fase a cognizione piena non vi è un mutamento d’indagine,

ma un approfondimento – se ritenuto necessario dal giudice – dei temi già affrontati e risolti

in fase sommaria, e un loro, altrettanto eventuale, ampliamento alle possibili tematiche

risarcitorie, che come detto sono senz’altro estranee ad una corretta gestione della fase

sommaria.

Il primo problema, invece, appare di meno intuitiva soluzione, essenzialmente per

quanto concerne le eventuali preclusioni. Uno sguardo al sistema individua come fattispecie

similari i nuovi artt. 616 e 709 c.p.c., che prevedono il compimento di un atto integrativo (anzi,

nel caso dell’art. 616 c.p.c. in realtà introduttivo) della domanda, che sposta in avanti,

risolvendolo, l’effetto delle preclusioni processuali.

Anche a tal riguardo un’utile indicazione si trae dalla citata Cass. n.4845/12, che in

motivazione chiarisce che la richiesta di prosecuzione del giudizio di merito consiste in

un’istanza di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti e per la trattazione della

causa ai sensi dell’art. 183 c.p.c., con valore solo endoprocessuale.

Ne deriva che la fase a cognizione piena finisce per identificarsi con la trattazione in

senso tecnico della causa, mediante la consueta cadenza delle memorie assertive e probatorie,

così come stabilito dal 6° comma di tale norma, e con quanto ne segue in base al giudizio

ordinario di cognizione.

13131313. Il divieto di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio. Il divieto di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio. Il divieto di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio. Il divieto di proporre la domanda petitoria pendente il giudizio possessorio

L’art. 705 c.p.c. è l’unico in materia a non aver subito modifiche testuali nella stagione

di riforme che da vent’anni non dà tregua al processo civile. Unica variante, com’è noto, la già

richiamata sentenza della Corte costituzionale n.25/92.

La norma in oggetto inibisce la proponibilità della domanda petitoria finché il giudizio

possessorio “non sia definito e la decisione non sia stata eseguita”. Il concetto di definizione

ovviamente dipende, in base alla nuova disciplina, dal livello cui si arresti il procedimento

possessorio, per cui ove alla fase sommaria non segua quella a cognizione piena, la definizione

del giudizio possessorio si realizza alla scadenza del termine di 60 gg. dalla comunicazione

dell’ordinanza (emessa in sede monocratica o collegiale in esito al reclamo); diversamente è la

sentenza sul merito possessorio a definire il procedimento.

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19

Una recente sentenza della Corte di cassazione chiarisce l’ambito soggettivo di

applicabilità della norma, affermando che il divieto di proporre giudizio petitorio, previsto

dall'art. 705 c.p.c., riguarda il solo convenuto nel giudizio possessorio, trovando la propria ratio

nell'esigenza di evitare che la tutela possessoria chiesta dall'attore possa essere paralizzata,

prima della sua completa attuazione, dall'opposizione diretta ad accertare l'inesistenza dello ius

possidendi. Ne consegue che l'attore in possessorio, diversamente dal convenuto, può, anche in

pendenza del medesimo giudizio possessorio, proporre autonoma azione petitoria, dovendosi

interpretare tale proposizione come finalizzata ad un rafforzamento della tutela giuridica, e

non già come rinuncia all'azione possessoria; detta facoltà, tuttavia, non può essere esercitata

nello stesso giudizio possessorio, ma soltanto con una separata iniziativa, introducendo la

domanda petitoria una causa petendi ed un petitum completamente diversi, dal che deriva

l'inammissibilità della stessa se proposta dall'attore nella fase di merito del procedimento

possessorio, la quale costituisce mera prosecuzione della fase sommaria45.

La netta diversità tra le due domande, quella petitoria e quella possessoria, costituisce

ius receptum nella giurisprudenza di legittimità, essendo stata affermata ripetutamente per

escludere che i provvedimenti possessori, le ragioni che li sottendono e le circostanze risultanti

dalla sentenza possessoria possano essere invocati per influire sulla decisione petitoria46. Come

pure non è nuova l’affermazione per cui il divieto sancito dall'art. 705 c.p.c. riguarda il solo

convenuto, sicché l'inizio del giudizio petitorio da parte dell'attore in pendenza di quello

possessorio non è che indice della volontà di quest'ultimo di rafforzare, e non già di limitare, la

difesa del diritto che si assume violato47.

Nel caso della sentenza appena richiamata la diversità tra giudizio possessorio e

giudizio petitorio ha condotto ad escludere la possibilità di una decisione congiunta delle due

cause non per un generale divieto di cumulo oggettivo delle due domande, ma perché la

domanda petitoria è nuova e in quanto tale non poteva essere proposta nella fase di merito

possessorio.

Il divieto di cui all’art. 705 c.p.c., la cui violazione è rilevabile d’ufficio48, ha una

potenzialità espansiva nei confronti del convenuto, tanto da inibirgli anche la proposizione del

riscatto agrario nei confronti del concedente che abbia agito in reintegrazione49.

Infine, in tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, il passaggio in

giudicato della sentenza di rigetto di separata domanda di accertamento della proprietà,

proposta da parte dell'attore in possessorio, non fa automaticamente venir meno la protezione

45 Cass. n. 10588/12.

46 Cfr. per tutte Cass. n. 7747/99.

47 Cfr. Cass. n. 13495/05, che dalla confermata diversità di causa petendi e di petitum fra domanda possessoria e

domanda petitoria ha tratto che la contemporanea pendenza delle relative cause non determina una questione di

litispendenza.

48 Cass. n. 4728/11, la quale aggiunge che il divieto per il convenuto in giudizio possessorio di proporre domanda

di natura petitoria, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita, produce effetti

già al momento del deposito del ricorso e non soltanto dalla successiva notificazione del provvedimento interinale

che fissa l'udienza di comparizione, essendo rilevante, al fine indicato, la formulazione della domanda possessoria e

l'individuazione della parte convenuta e non, invece la costituzione del contraddittorio. Ne consegue che, nel

giudizio possessorio, il convenuto resta tale a partire dal deposito del ricorso in cancelleria e da allora opera il

divieto del cumulo fino a che il giudizio possessorio non sia stato definito e la sentenza abbia avuto esecuzione.

49 V. Cass. n. 22628/12, secondo cui al convenuto nel giudizio possessorio, non potendo egli proporre nei

confronti dell'attore alcun giudizio petitorio, ai sensi dell'art. 705 c.p.c., finché il primo giudizio non sia definito e

la relativa decisione non sia stata eseguita è inibita la domanda di riscatto agrario nei confronti del concedente,

che abbia proposto azione di reintegrazione del possesso.

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giuridica del potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, né preclude al

giudice del procedimento possessorio, in ipotesi ancora pendente, di emettere una pronuncia di

reintegrazione, giacché la tutela del possesso è destinata a cedere non a fronte

dell'accertamento, nel giudizio petitorio, che il possessore non è proprietario, quanto del diritto

incompatibile spettante all'autore dello spoglio50.

14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio14. La domanda di provvedimento possessorio nel corso del giudizio petitorio

L’art. 704 c.p.c. è stato modificato dal legislatore del 2005 quanto al secondo comma,

relativo alla sola azione di reintegrazione, anche in tal caso seguendo la logica dell’eventualità

della fase di merito possessorio. Infatti, mentre in passato il giudice competente ex art. 703

c.p.c., emessi i provvedimenti temporanei indispensabili, rimetteva le parti al giudice del

petitorio, adesso sono le parti, vale a dire ciascuna di esse, a poter proseguire il giudizio

innanzi al giudice del petitorio.

Resta inalterato, invece, il 1° comma dell’art. 704 c.p.c., che consente di proporre al

giudice del petitorio le domande possessorie per i fatti che avvengano durante la pendenza del

giudizio petitorio. Ne deriva che se la lesione possessoria è stata posta in essere anteriormente

all’esercizio dell’azione petitoria, restano ferme le regole ordinarie di competenza.

Si esclude per lo più in dottrina che i provvedimenti possessori chiesti pendente il

giudizio petitorio svolgano una funzione cautelare del diritto reale corrispondente, di guisa che

al giudice del petitorio si propongono due diverse domande, tra loro cumulate, ossia quella

riguardante lo ius possidendi e quella concernente lo ius possessionis, oltre all’eventuale tutela

interdittale di quest’ultimo51.

Sembra di diverso avviso una recente sentenza della S.C.52, la quale ha affermato che In

tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, la riconosciuta titolarità in capo

al soggetto convenuto (cosiddetto spoliator) di un diritto reale incompatibile con il

comportamento che il ricorrente ha inteso tutelare con il ricorso possessorio, è idonea a

paralizzare la tutela della situazione di fatto inconciliabile con detta statuizione. Nello specifico,

la Corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva deciso di non prendere in esame la

domanda possessoria, in ragione della pronuncia, in essa adottata, con cui veniva riconosciuta

fondata la domanda del convenuto volta a far dichiarare l'inesistenza della servitù vantata dal

possessore ed il conseguente diritto di quest'ultimo di disporre liberamente del proprio bene.

Ciò in quanto ragioni di coerenza del sistema impediscono che in uno stesso provvedimento

possa essere affermata la tutela possessoria nei confronti di un soggetto, e nel contempo

riconosciuto a quest’ultimo lo ius possidendi sullo stesso bene, incompatibile con la tutela

possessoria, accertamento che tra l’altro comprende, per implicito, il divieto per gli altri di

utilizzarlo in contrapposizione al suo diritto.

Sostanzialmente in linea, ma in un caso in cui le due domande, quella possessoria e

quella petitoria, avevano dato origine a cause separate, è altra sentenza del S.C.53, la quale ha

ritenuto che in tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, il passaggio in

giudicato della sentenza di rigetto di separata domanda di accertamento della proprietà,

proposta da parte dell'attore in possessorio, non fa automaticamente venir meno la protezione

50 Cass. n. 2371/12.

51 Luiso, op. cit., 279-280.

52 Cass. n. 10588/12.

53 Cass. n. 2371/12

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giuridica del potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, né preclude al

giudice del procedimento possessorio, in ipotesi ancora pendente, di emettere una pronuncia di

reintegrazione, giacché la tutela del possesso è destinata a cedere non a fronte

dell'accertamento, nel giudizio petitorio, che il possessore non è proprietario, quanto del diritto

incompatibile spettante all'autore dello spoglio.