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1 Convegno di studi L’ISTRUZIONE SECONDARIA NELL’ITALIA UNITA (1861-1901)

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Convegno di studi

L’ISTRUZIONE

SECONDARIA

NELL’ITALIA

UNITA (1861-1901)

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La Fisica e la Chimica nelle

Scuole Secondarie

adriano paolo morando,

Dipartimento di Elettrotecnica,

POLITECNICO DI MILANO,

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Prima di iniziare,

urgono, da parte mia,

due premesse indispensabili:

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La prima mi serve come biglietto di

presentazione:

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"Voglio capire come Dio ha creato il mondo.

Non mi interessa questo o quel fenomeno in

particolare, voglio penetrare a fondo il Suo

pensiero.

Il resto sono solo minuzie [...]

L'esperienza più bella che possiamo avere è il senso

del mistero, l'emozione fondamentale che

accompagna la nascita dell'arte autentica e della

vera scienza.

Colui che non la conosce, colui non può più

provare meraviglia e stupore, è già come morto ed i

suoi occhi sono incapaci di vedere"

A. Einstein

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La seconda è un atto dovuto:

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Un sentito “Grazie!”

per avermi coinvolto…

a tutti Voi

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Ed ora, finalmente…, iniziamo!

Storici

e

Filosofi della Scienza

Ingegneri

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Con la scorta di alcune

osservazioni preliminari,

le riflessioni nel seguito proposte:

Partono dalla nascita del Regno d’Italia,

Si spingono fino alla fine del secolo XIX.

{qua e là,

del tutto marginalmente e con scopi comparativi,

lambiscono sia il successivo periodo giolittiano

che, fino allo scoppio della II GM,

il ventennio fascista}.

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Il percorso indagato

Inizia con una legge:

La legge Casati del 1859, promulgata mentre, attorno al Piemonte ed alla Lombardia, si vanno progressivamente aggregando le terre dell’intera penisola;

E si protrae verso due riforme:

La riforma Gentile del 1923, promulgata durante il I governo Mussolini;

Una “riforma” Bottai precedente la II GM.

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L’obiettivo dell’analisi è il seguente:

porre in luce e correlare

l’impostazione dell’Insegnamento Secondario

della Fisica e della Chimica

con:

Le condizioni sociali, economiche e politiche;

I vincoli culturali;

La parallela evoluzione, a livello di ricerca e di

didattica universitaria, della Fisica e della Chimica,

Le simultanee richieste di una Tecnologia e di

un’Industria in fase di espansione.

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Lo studio sarà articolato in tre fasi

successive:

Una prima parte nella quale, sommariamente, si

analizzeranno le problematiche socio - politico-

economiche sottese alla creazione della Scuola

Secondaria;

Una seconda parte nella quale se ne riassumeranno

gli aspetti organizzativi ed istituzionali;

Una terza parte, la più “importante”, nella quale, nel

dettaglio, si indagherà la didattica in senso stretto

della Fisica e della Chimica.

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Ci si servirà a questo scopo:

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Degli Orari Scolastici, degli Insegnamenti

e delle eventuali Indicazioni Ministeriali

desunti dalle Gazzette Ufficiali dell’epoca;

Degli Schemi Didattici ricostruiti dalla

lettura dei Manuali dell’epoca.

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Sulla “valutazione” dei manuali

giocheranno un ruolo essenziale:

le caratteristiche grafiche,

il livello matematico,

l’utilizzo degli esempi numerici,

l’indicazione degli ordini di grandezza,

Il riferimento ad apparati, strumenti ed attività di laboratorio,

la presenza di considerazioni storiche ed epistemologiche.

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Si analizzerà dapprima,

cogliendola anche nei suoi legami

con la Matematica,

la Fisica

e successivamente,

sottolineandone le connessioni con

la Fisica,

la Chimica.

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Parte prima:

un rapido accenno agli aspetti

sociali e politici.

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ha due obiettivi dichiarati:

Debellare l’analfabetismo e creare una lingua comune;

Formare la classe dirigente dello Stato;

Corrispondentemente, essa dà vita:

Ad una Scuola Primaria;

Ad una Scuola Secondaria e Superiore.

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La Scuola Primaria non è argomento delle

presenti riflessioni.

Non ne parleremo dunque.

Semplicemente, al fine di collocare le

presenti riflessioni in una lettura generale,

ci limiteremo, salvaguardando comunque

sintesi e rapidità, a ricordare che

preliminarmente che:

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Il 74,7% della popolazione

(con punte del 90% nel

meridione), oltre 14 milioni, è

analfabeta

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Il compito di superare questa difficoltà

viene assunto dagli stessi uomini che

hanno appena fatto l’Italia.

Ma, nella politica scolastica, essi non

sanno rivelare tutta l’energia e tutta la

risolutezza necessarie.

Il principio della obbligatorietà e della

gratuità dell’istruzione primaria, sancito già

nel 1859, in Piemonte e Lombardia, dalla

legge Casati, non diviene effettivo e

rimane sulla carta.

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In sintesi:

7807 comuni su 8789 non dispongono delle necessarie risorse finanziarie;

L’assegnazione del diritto di voto ad una “elite” privilegiata costituita solo da 4% della popolazione non favorisce certo la soluzione del problema.

Ma anche con l’avvento al potere, nel 1876, della Sinistra le cose non cambiano: nel 1883, 1.351.490 di fanciulli non possono usufruire dell’insegnamento elementare…

L’analfabetismo scende comunque dal 74% al 61%.

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Ed ora,

con queste necessarie premesse,

passiamo alla

Scuola Secondaria.

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Al riguardo è immediato

riconoscere che: Se il problema della scuola primaria fu

certamente il più grosso ed oneroso,

quello della scuola secondaria risultò senza ombra di dubbio il più complesso ed aggrovigliato

in quanto:

Vi era implicata una molteplicità di questioni di natura sociale, culturale, economica e politica;

Vi erano inoltre coinvolti a pieno titolo il concetto stesso di cultura, quello della sua funzione nello sviluppo del paese e quello del suo ruolo nello sviluppo economico del paese.

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La prima questione riguardò il

rapporto tra:

l’istruzione classica: conducente alle

scuole superiori scientifiche e letterarie

destinate «ad educar l’intelletto, alla

manifestazione del bello od alla

investigazione del vero»;

l’istruzione tecnica destinata invece a chi

voleva dedicarsi alla produzione materiale.

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E pose i seguenti quesiti:

La distinzione tra i due percorsi formativi doveva essere posta in atto subito dopo la scuola primaria?

Tale distinzione doveva essere netta e completa?

L’istruzione tecnica doveva subito sfociare sull’ “arte specifica” oppure deve avere una fase preparatoria?

Quali dovevano essere i rapporti tra i vari ordini, elementare, medio e superiore?

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L’analisi di quella fase postrisorgimentale,

contrassegnata dalla netta contrapposizione :

tra le forze economiche più dinamiche e quelle

assenteiste;

tra i ceti intellettuali arretrati e quelli progressisti;

tra i politici vincolati ai loro miopi interessi di

classe e quelli che si sforzavano di adeguare le

istituzioni all’evolversi delle strutture economiche

ed alle esigenze emergenti della società civile;

è troppo complessa per poter trovare qui,

malgrado la sua importanza, anche solo un

breve accenno.

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Limitiamoci ad osservare che la

cosa veniva da lontano e che si

sarebbe confermata, se non

addirittura consolidata, nel

tempo…

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Vi erano gli uomini più illuminati del Risorgimento, i quali:

intendevano il problema italiano come il problema dell’inserimento del paese nella grande competizione delle nazioni «più avvedute, e più ubbidienti all’esigenza dei tempi»;

insistevano sull’estensione dell’istruzione a tutte le classi della popolazione;

rivolgevano la loro attenzione agli insegnamenti scientifici e tecnici di vario livello;

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Anche senza

citare per alcuni

aspetti lo stesso

Cavour, e

comunque

sorvolando

frettolosamente

sui molti altri

autori, basterà

citare il

Cattaneo.

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Nella sua concezione democratica

l’espansione dell’istruzione e di

quella tecnico-professionale

assumeva la funzione di elevare a

nuova dignità civile le “umili fatiche

dell’officina” e di liberare gli operai

dalla “condizione di semoventi

ordigni d’un’arte non intesa”.

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A proposito dell’importanza dello sviluppo da

imprimere all’istruzione, il Cattaneo,

prendendo le distanze da qualsivoglia

generica ed astratta perorazione sociale,

svolge una ben fondata analisi economico-

civile e:

Nel 1839 calcola il costo dell’istruzione elementare dei

fanciulli lombardi in età scolare e mostra che il paese

«nel contribuire per tre o quattro anni all’istruzione di un

fanciullo del popolo, colloca a frutto circa una trentina di

lire , ossia investe una rendita perpetua di forse mezzo

centesimo al giorno».

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Dovremo ora accennare, per

completezza, all’ostilità delle forze

reazionarie e della sempre più

palese insufficienza delle

università. Scienza e tecnica non godevano buona fama

presso le forze sociali privilegiate che, desiderose di ripristinare l’antico ordine sociale,

ne vedevano una delle principali cause dell’empietà, del materialismo, della

spregiudicatezza critica di cui il secolo dei “lumi” già aveva dato riprovevole prova.

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Per ragioni di brevità limitiamoci a

due veloci citazioni: Monaldo Leopardi:

«[…] forse I nostri padri, da sessanta secoli in qua, non sono andati calzati e vestiti perché sarti e calzolai non conoscevano le regole della meccanica? […]».

Luigi Lambruschini:

«Quanto avreste fatto meglio se invece di aprire una scuola di Geometria per li poveri […] li aveste invece raccolti per udire in tali giorni pie e sode istruzioni che insegnasser loro ad essere buoni e perfetti cristiani»

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Gravava dunque una dicotomia tra

le culture scientifica ed umanistica

che avrebbe gettato per decenni la

propria ombra sulla cultura italiana.

Valga per tutti, nel nuovo secolo, la

squalificante esperienza della rivista

“Scientia” di Enriques e Rignano.

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Federigo Enriques Eugenio Rignano

Scientia (1907-

1988) :

il brutto

anatroccolo

della cultura

italiana

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Per percepire la portata

dell’iniziativa culturale basterà

osservare che il Comitato di

Redazione era così costituito:

I matematici V. Volterra, G. Peano, G.

Vailati, G. Castelnuovo, S. Pincherle; i

fisici E. Amaldi, E. Fermi ed E. Persico; il

biologo C. Golgi.

In tempi più recenti G. Loria, R.

Marcolongo V. Ronchi , L. Geymonat.

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Tra gli stranieri:

S. Arrhenius, W. Ostwald, B. Russell, P.

Langevin, H. Becquerel, J.J. Thompson,

E. Rutherford, H. Lorentz, S. Freud, H.

Poincarè, E. Borel, E. Picard, E. Mach, A.

Einstein, M. Debroglie, A. Eddington, C.

Fabry, W. Heisenberg.

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Nonché i fondatori stessi del

Circolo di Vienna

R. Carnap, O. Neurath, P. Frank.

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Croce scrisse del "volenteroso

professor Enriques che con

zelo ma scarsa preparazione si

diletta di filosofia".

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Quanto a Gentile, egli, parlando di

Enriques, non mancò di osservare

che «volendosi orientare nella

scienza cercano il centro, per dirla

con Bruno, discorrendo per la

circonferenza. E però è naturale

cerchino e non trovino nulla; e

facendo la filosofia scientifica, non si

scontrino mai con la filosofia».

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Non ne parleremo e ci

limiteremo

a citare De Sanctis e il grande

Ludovico.

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In tempi recenti si è manifestata una diffusa tendenza a relegare la filosofia entro i problemi dell’anima lasciando alla scienza la responsabilità di far progredire la nostra conoscenza del mondo, quasi che i due compiti siano separabili l’uno dall’altro.

Noi siamo fermamente convinti che questo modo di procedere sia in aperto contrasto con lo sviluppo più significativo del pensiero antico e moderno, e stia proprio alla radice della grave crisi da tutti denunciata nella cultura odierna: tanto in quella cosiddetta umanistica (che in pratica ignora Maxwell, Einstein, Plank, come fino a qualche tempo fa ignorava Newton se non Galileo), quanto in quella specificamente scientifica (che spesso si trova ad adoperare i risultati delle scienze senza sapere e senza chiedersi da quali travagli culturali siano nati).

L. Geymonat

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Promulgata nel 1859, la legge Casati non aveva

mancato di suscitare profonde riserve…

Già nel 1861, da parte dei più illuminati, ci si

domandava infatti come superare il distacco tra

scuole classiche e scuole tecniche che essa, con

il suo dettato, esplicitamente codificava;

In effetti la legge era espressione diretta dei

vecchi gruppi borghesi – aristocratici, più che

mai decisi a conferire al moto liberale -

risorgimentale un’involuzione moderata e

conservatrice disponibile a compromessi con il

vecchio mondo.

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Come tale, essa non accolse le

principali istanze delle forze sociali

e culturali più avanzate e moderne

e stabilì invece una netta

distinzione tra:

Istruzione classica: disinteressata e varia;

Istruzione tecnica: utilitaria e parziale;

e finì con lo stabilire la netta superiorità

della prima sulla seconda.

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La prima era riservata all’élite dirigente e a

tutti coloro che intendevano dedicarsi ad

attività intellettuali e alle professioni

liberali;

La seconda doveva invece soddisfare le

esigenze di coloro che intendevano

avviarsi alle attività manifatturiere ed ai

traffici.

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La conseguenza fu immediata:

L’insegnamento tecnico fu considerato “scuola speciale”, nel senso di particolare, limitato, di grado inferiore e perciò meno degno;

E nessun impegno concreto fu preso dallo stato:

Gli istituti tecnici «potranno essere aperti a misura che il bisogno se ne farà sentire, nelle città che sono centro di una più intensa attività industriale e commerciale».

Ma, mentre per le scuole tecniche, a carico parziale dello stato, non si affermava l’obbligo di tenerle in vita, per i licei si sanciva l’obbligo dello Stato di mantenerle in vita di «almeno uno per cadauna provincia».

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Che si trattasse di una precisa

scelta politico - culturale di classe

apparve subito chiaro.

La sua impostazione fu nel seguito ampiamente

confermata e ribadita dalle forze conservatrici;

I fautori di una scuola media più democratica ed

aperta furono zittiti;

Le conseguenze negative di una simile

partizione di indirizzi non sfuggì agli intellettuali

ed ai tecnici più avanzati e maturi.

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Ma ormai era cosa fatta.

Riflettendo sui risultati,

Cesare Correnti, nel 1870,

avrebbe osservato che:

«Ci pare che la divisione fra le discipline letterarie e le tecniche sia degenerata ormai, con infelice progresso, in opposizione e contraddizione manifesta. Ci pare che le scuole dell’adolescenza, ove veramente si edificano le anime e onde esce l’uomo e il cittadino, non abbiano a contrapporsi duramente le une alle altre, quasichè siano destinate a preparare due casta diverse, a crescere da una parte i fuchi aristocratici e dall’altra le api operaie».

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La posizione dell’indirizzo classico fu

subito,e definitivamente, di netta ed

indiscussa superiorità in quanto tale scuola:

«Personificava le tradizioni e l’ideale di cultura

nazionale»;

«Era sgombra di qualsiasi intento

immediatamente utilitario e professionale»;

«Svolgeva un’azione educativa e selettiva;era

regolatrice e promotrice dell’alta cultura

disinteressata e ideale».

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L’analisi dell’insegnamento della

fisica e della chimica nella

scuola secondaria non può che

partire proprio da qui, da questi

dati preliminari e dalle precise

consapevolezze che ne

derivano…

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Parte seconda: l’organizzazione

della scuola secondaria

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In un contesto di questo tipo il

canale del Ginnasio e del Liceo

Classico rappresentò

la corsia preferenziale per la

formazione dei figli della nuova

borghesia italiana.

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Questo indirizzo di studi era

articolato in un Ginnasio

inferiore (di tre anni), in

un Ginnasio superiore (di due

anni) e in un Liceo Classico (di

tre anni).

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Il quadro orario approvato con Regio Decreto

22 Settembre 1860 prevedeva per le

classi 4a e 5a ginnasiale e per le tre classi

liceali 28 ore di Italiano, 19 ore di Latino,

14 ore di Greco, corrispondenti

rispettivamente al 24%, 17%, 12% del totale

delle ore

di insegnamento relativo alle cinque classi

indicate.

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Per contro, all’insegnamento della Matematica

venivano assegnate 17 ore nei cinque

anni e all’insegnamento della Fisica un totale

di 9 ore distribuite nelle due classi

terminali del liceo con un peso percentuale

delle due materie pari rispettivamente

al 15% e al 8% del monte ore totale.

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Per la Fisica, questo peso percentuale

risulta

superiore a quello dell’ordinamento attuale

(5 ore in seconda e terza Liceo, pari al

3,4% del monte ore complessivo valutato

per il Liceo Classico tradizionale) ma va

tenuto presente che la materia di

insegnamento allora denominata Fisica

includeva

argomenti che oggi vengono attribuiti

all’insegnamento di Chimica.

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Per quanto il Liceo Classico fosse dominato

dalle materie umanistiche, le 9 ore

di Fisica e Chimica (che, in base alla

struttura dei manuali più diffusi all’epoca,

dovevano essere dedicate prevalentemente

alla Fisica) distribuite su due o su un solo

anno, dovevano conferire una certa dignità

all’insegnamento, anche agli occhi degli

allievi.

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Nel 1888, tuttavia, il quadro orario del

Ginnasio - Liceo introduce una modifica

che porta da 9 a 7 le ore dedicate

all’insegnamento ora denominato

“Fisica ed elementi di Chimica”.

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Questa riduzione del numero di ore per

l’insegnamento di Fisica ed elementi di

Chimica non è accompagnata da una

esplicita riduzione dei programmi ma da una

sorta di declassamento del livello

dell’insegnamento stesso che, secondo le

“Avvertenze” che compaiono nel Regio

Decreto del 1888, deve essere proposto

«con la minor estensione possibile,

omessi tutti i particolari superflui e tutti i

dati numerici che non siano

indispensabili.»

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Il quadro orario del 1888 rimarrà in vigore fino

alla Riforma Gentile, nel cui

ambito si avrà una ulteriore marginalizzazione

dell’insegnamento della Fisica, sia per

la riduzione del numero di ore ad esso

assegnate, che passano da 7 a 5, sia per il

suo abbinamento all’insegnamento di

Matematica.

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Per quanto riguarda i programmi di insegnamento,

non si rilevano novità sostanziali rispetto a quelli

del 1860. L’esposizione dei contenuti mantiene il

suo carattere descrittivo ed enciclopedico che non

intende avvalersi del laboratorio, che ignora i

riferimenti agli ordini di grandezza e il valore

formativo della risoluzione di un problema. Le

uniche variazioni riguardano quindi i contenuti; in

particolare, nei programmi di insegnamento

trovano un maggior rilievo il concetto di energia, i

principi della termodinamica, le onde

elettromagnetiche e le radiazioni .

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Ulteriori, ma limitate, modifiche al quadro orario del

Liceo Classico saranno apportate nel 1936 dal

ministro Bottai. Nonostante le proteste dei fisici,

questo quadro orario confermava l’attribuzione

dell’insegnamento della Matematica e della Fisica

ad un unico insegnante, limitandosi a precisare il

numero di ore da utilizzarsi

per ciascuna materia (7 per la Matematica e 5 per

la Fisica).

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Decisamente limitata, per le ragioni ricordate, è l’attenzione

che la Legge Casati rivolge all’Istruzione Tecnica.

Questo indirizzo di studi era articolato in più sezioni, distinte

per i loro obiettivi specifici e dotate di uno specifico quadro

orario.

Nel suo ambito, la sezione di maggior rilievo era quella Fisico

- Matematica, caratterizzata da contenuti più generali e

orientata in modo spiccato verso gli studi matematici e

scientifici.

Da questa sezione si poteva accedere alle facoltà

universitarie di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, al

corso di laurea in Chimica e Farmacia, alla Scuola Superiore

di Medicina Veterinaria, agli Istituti e Scuole Superiori di

Commercio, alle Scuole Superiori di Agricoltura, alla Scuola

Superiore di Architettura di Roma.

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Le esigenze del processo di

industrializzazione che si sviluppa in Italia

alla fine dell’Ottocento, determina un

successivo progressivo interesse per gli

studi di carattere tecnico - scientifico cui

corrisponde un deciso incremento del

numero di iscritti in questo canale di

istruzione.

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Se nel 1861 gli alunni iscritti nelle scuole

classiche sono circa 30.000 e solo 11.000

quelli iscritti negli istituti di tipo tecnico, nel

1901 il numero degli iscritti è rispettivamente

88.000 e 61.000, con un notevole riequilibrio

fra i due settori.

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La Fisica viene insegnata:

Nel biennio comune (con 3 + 3 ore

settimanali);

Nel biennio a indirizzo industriale (3 ore di

Fisica Generale in classe III e 4 ore di Fisica

Applicata in classe IV);

Nel biennio a indirizzo fisico - matematico (3

ore di Fisica in classe III e 3 ore di Meccanica

in classe IV).

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L’insegnamento della Fisica nei due indirizzi ora

ricordati poteva avvalersi di un bagaglio

matematico acquisito in 6 + 5 ore settimanali nel

biennio comune, 5 + 5 ore settimanali di

Matematica elementare e 4 + 4 ore di Geometria

descrittiva e disegno nell’indirizzo fisico -

matematico, 5 ore settimanali di Matematica e 4 +

4 ore di geometria descrittiva nell’indirizzo

industriale.

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Nonostante il maggior numero

di ore a disposizione

dell’insegnamento di Fisica,

l’indice dei contenuti ricalcava

sostanzialmente quello del

Liceo Classico, con qualche

insistenza in più sugli aspetti

applicativi e pratici.

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La situazione subisce una drastica modifica

nel 1876, con il ritorno della gestione degli

Istituti Tecnici al Ministero della Pubblica

Istruzione. Il quadro orario dei corsi viene

drasticamente ridotto a circa 30 ore

settimanali e l’insegnamento della Fisica

concentrato in classe terza per tutti gli

indirizzi con la dotazione di 5 ore

settimanali.

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L’indirizzo fisico - matematico può avvalersi di altre

3 ore di Fisica Complementare in classe IV, quello

industriale di altre 4 ore di Fisica Applicata in

classe IV. Nell’indirizzo fisico - matematico si

prevede quindi la distinzione specifica fra Fisica

(più teorica) e Meccanica (piùu applicativa) a

favore di un insegnamento finalizzato a

fornire agli alunni gli strumenti teorici necessari per

la prosecuzione dei “loro studi nelle università e

nelle scuole di applicazione per gli ingegneri.”

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Non risultano invece rilevabili ulteriori variazioni di quadro

orario e di programmi per l’Istituto Tecnico fino alla riforma

Gentile.

Questa ne certifica sostanzialmente la fine, cancellando gli

indirizzi più prestigiosi (fisico - matematico e industriale) e

togliendo a questo indirizzo di studi ogni accesso

all’Università.

Secondo questa riforma l’Istituto Tecnico segue

immediatamente la Scuola Elementare (che si completa in

cinque anni) e si articola in un corso inferiore comune di

quattro anni e in due soli corsi superiori di quattro anni

(denominati Sezione Commerciale e Sezione Agrimensura).

In entrambe le sezioni, l’insegnamento della Fisica viene

abbinato a quello della Matematica con un monte ore

complessivo di 6 ore in classe I e 5 ore in classe II.

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Fin dagli anni Trenta l’assetto dato da

Gentile agli Istituti Tecnici viene duramente

criticato in quanto giudicato non coerente

con gli obiettivi del Fascismo. Al volgere

degli anni trenta, infatti, il Ministro Bottai

progetta un riordino complessivo che.

Questo, a causa dell’esplodere della

seconda guerra mondiale, non ha tuttavia

seguito.

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Nel 1911 la necessità di elevare il livello dell’insegnamento

scientifico in ambito liceale conduce all’istituzione del

Liceo Moderno.

Tale nuovo indirizzo di studi ha in comune con l’indirizzo

classico tradizionale le prime tre classi ginnasiali ma si

diversifica poi nettamente nelle successive.

Esso prevede l’eliminazione dell’insegnamento del

Greco, una significativa riduzione delle ore dedicate

all’Italiano e del Latino, l’inserimento (per un totale di 10

e 17 ore) dell’insegnamento di due lingue moderne.

Prevede infine il passaggio da 7 a 10 ore per

l’insegnamento della Fisica e degli elementi di Chimica e

Geografia fisica ed astronomica.

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È previsto nel contempo un netto aumento dei contenuti

del programma di Matematica, fino ad includere i tipici

argomenti dell’analisi infinitesimale.

Per gli insegnamenti di Fisica e Chimica (affidati allo

stesso insegnante) è prevista l’introduzione delle

esercitazioni pratiche, da svolgersi con strumentazione

semplice e senza preoccuparsi eccessivamente della

precisione dei suoi esiti.

Questo nuovo strumento didattico, unitamente alla

richiesta specifica di integrare l’esposizione dei principi

con la risoluzione di problemi, appaiono come gli

elementi più innovativi del corso.

Anche se la vastità del programma di Chimica e Fisica,

da svolgersi nelle 10 ore previste dal quadro orario, crea

forti dubbi sulla loro reale attuazione.

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La Riforma Gentile abolisce gli indirizzi fisico –

matematico e industriale degli Istituti Tecnici e il

Liceo Moderno che, con i suoi cinque anni

ginnasiali e tre liceali, assumeva pari dignità del

Liceo Classico.

Assegna il compito della formazione scientifica

nell’ambito della Scuola Media Superiore a un

corso quadriennale denominato Liceo

Scientifico.

Ad esso si accede previo esame di ammissione

e il suo sbocco sono le facoltà universitarie ad

eccezione di Lettere e Filosofia e

Giurisprudenza.

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L’analisi del suo quadro orario indica

chiaramente che la sua denominazione non

rispecchia il reale contenuto delle materie

proposte.

Infatti, agli insegnamenti di Matematica, Fisica,

Scienze Naturali, Chimica e Geografia vengono

assegnate 32 ore, pari al 29% delle ore totali del

corso (112) mentre agli insegnamenti di Italiano,

Latino, Filosofia ed Economia Politica vengono

assegnate 38 ore, pari al 34% delle ore totali.

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Permane inoltre il deprecato abbinamento degli

insegnamenti di Matematica e Fisica.

In aggiunta, relativamente a questa materia,

vengono cancellate le innovazioni introdotte dal

Liceo Moderno riguardanti l’obbligo dell’uso del

laboratorio e della risoluzione dei problemi.

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Per contro, nelle classi IV e V Ginnasio e nelle tre

classi del Liceo Classico, agli insegnamenti di

Italiano, Latino, Greco, Filosofia vengono

assegnate 72 ore, pari al 58% delle ore totali dei

cinque anni (124) mentre agli insegnamenti di

Matematica, Fisica, Scienze Naturali, Chimica e

Geografia vengono assegnate 21 ore, pari al 17%

delle ore totali.

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Parte terza: l’approccio didattico

Sarà sviluppato in due successive parti

riguardanti separatamente la fisica e la

chimica.

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Per la Fisica, gli argomenti approfonditi in

termini comparativi saranno i seguenti:

Impiego del formalismo vettoriale nella rappresentazione

delle grandezze fisiche;

Legge della dinamica;

Concetti di lavoro e di energia;

Le leggi della Termodinamica;

L’ottica fisica;

Il concetto di campo e di potenziale;

La legge di Faraday;

Le onde elettromagnetiche;

La costituzione della materia.

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I manuali dovevano giocare un

ruolo importante dal momento che:

In modo abbastanza sistematico, le

“Avvertenze generali” che

accompagnavano i programmi ministeriali

raccomandavano in modo esplicito e

perentorio di «attenersi ai libri di testo e a

non dettare appunti in classe».

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Nel 1871,a proposito degli

inevitabili scollamenti tra obiettivi

didattici e programmi ministeriali,

Giovanni Cantoni osservava che:

«Stimo quindi inutile di notare che nell’ordinamento di

questo mio libro non presi a guida alcun programma

officiale, poiché credo che non la scienza debba

atteggiarsi secondo questo o quel programma

ministeriale, ma bensì i programmi dovrebbero ogni volta

attagliarsi alle peculiari condizioni di sviluppo della

scienza».

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Non tutti gli autori dei testi di fisica potevano vantare

l’autorità scientifica di Cantoni, professore di Fisica presso

l’Università di Pavia e membro del Regio Istituto

Lombardo di Scienze e Lettere.

Tuttavia Autori come Roiti e Murani, ed in seguito

Corbino, Fermi, Amaldi e Persico, nel trasferire in

un manuale le indicazioni ministeriali, potevano

senz’altro considerarsi vincolati solo dalla propria

concezione didattica, quasi sempre sperimentata

nell’insegnamento accademico.

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L’avvertenza ministeriale non può dunque che

condurre ad una conclusione oggettiva: se oggi il

quadernuccio degli appunti ha preso in qualche

modo il sopravvento, nella Scuola Secondaria

dell’Ottocento a dettare le “regole del gioco”

dovevano senz’altro essere i Manuali.

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In tutti i manuali esaminati,

la tematica presentata per prima (Cantoni è

preciso su questo punto) è la Meccanica.

Differenziata appare invece la sequenza con la quale sono successivamente esposti i vari argomenti.

Sul finire del secolo si converge però in modo uniforme e condiviso verso l’approccio classico attuale: cinematica, statica, dinamica, lavoro e energia, gravitazione.

I concetti di lavoro, potenza, energia vengono però trattati senza evidenziare, dell’energia, il ruolo paradigmatico.

In modo conseguente, il principio di conservazione dell’energia sembra giocare un ruolo marginale e viene trattato in termini per lo più discorsivi.

Tale inadeguatezza si riflette, in modo inevitabile, sul successivo concetto di equivalenza calore – energia.

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Si trattano liquidi ed areiformi, ma si

sorvola sull’idrodinamica…

La teoria cinetica conta solo su qualche

paginetta discorsiva…

La gravitazione, che pure potrebbe dar

spazio a tutte le fondamentali riflessioni

epistemologiche del caso, viene

riduttivamente presentata nel capitolo

della dinamica, quando addirittura non

nella Cosmografia, cui il ministero

assegnava invece un capitolo a sé stante.

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La trattazione delle onde meccaniche è inquadrata nell’ Acustica.

Pochissimi autori assegnano una priorità ed un’autonomia concettuale alle onde meccaniche e mostrano poi come le onde acustiche ne costituiscano un caso particolare.

Grande rilievo, Cantoni vi riserverà addirittura un intero volume, viene dato da tutti gli autori alla tematica del calore.

La termologia iniziava con la presentazione del concetto di temperatura, seguito dallo studio della dilatazione dei solidi e dei passaggi di stato.

Molto meno rilevanti i contenuti relativi al primo e al secondo principio della termodinamica.

Il primo argomento si riduce solitamente alla descrizione di esperimenti che evidenziano l’equivalenza fra calore e lavoro meccanico.

Non seguono enunciati generali sul principio di conservazione dell’energia.

Il secondo principio viene addirittura ignorato.

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Complessa è la trattazione dell’Elettromagnetismo perché ogni autore, per spazio riservato e per approccio adottato, fa a sé e non risulta dunque possibile ricostruire, almeno in prima lettura, una strategia didattica prevalente ed in qualche modo standardizzata.

Confermata una premessa preliminare comune sulla costituzione della materia, si avanza poi quasi in ordine sparso, concentrando l’attenzione sulle “magie” costituite dalle macchine elettriche e dalla radiotelegrafia.

Ohm e Joule compaiono, ma solo in regime stazionario e comunque secondo una lettura del tutto distinta da qualsivoglia approccio circuitale.

Di onde elettromagnetiche neanche parlarne: per vederle affiorare, occorrerà attendere, nel 1925, Oreste Murani.