Le piramidi e l'economia dell'antico...

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Le piramidi e l'economia dell'antico Egitto Un esame econometrico con l'ausilio del calcolatore, sollecitato da una notazione di Erodoto, ha reso possibili alcuni nomo grammi economici e sociopolitici, leggibili attraverso la struttura della piramide di Cheope di Lidia Pedrini, Brunetto Pedrini e Massimo Actis Dato L a storia dell'Egitto faraonico è comin- ciata poco meno di 5000 anni fa ed è durata circa 3000 anni. I pri- mi a raccontarcela sono stati due grandi storici: il greco Erodoto, che visitò l'Egit- to nel V secolo a.C. e Manetone, sacerdo- te egiziano, vissuto all'inizio del III secolo a.C. L'opera di Erodoto, arrivata sino a noi completa, è un gustoso «servizio giornalistico» di ciò che egli vide e ascoltò durante il suo viaggio. Pur essendo una fonte inestimabile di informazioni per gli egittologi, in diversi passaggi li lascia per- plessi sulla loro veridicità. Quella di Ma- netone sarebbe certo una migliore fonte di documentazione se ci fosse pervenuta per intero. Invece non abbiamo che rias- sunti rimaneggiati e frammenti trascritti da storiografi ebrei e cristiani. Importanti sono la lista dei Re, la durata della loro permanenza al trono, il raggruppamento dei regni in 30 dinastie. Gli egittologi hanno adottato il raggruppamento in di- nastie; hanno poi ulteriormente raggrup- pato i cicli storici che vanno dalla I dina- stia (3000 a.C.) alla XXX (332 a.C., anno in cui Alessandro Magno conquistò l'E- gitto) in Antico, Medio, Nuovo «Regno» e in I. II e III «Periodo Intermedio». Que- sti ultimi intervallano i Regni. I Regni sono caratterizzati da governi centralizza- ti, ordine all'interno, prestigio all'estero, benessere economico, grandi costruzioni e opere pubbliche, raffinatezza nell'arte. I Periodi Intermedi sono contraddistinti da poteri politici decentrati, infiltrazioni di popoli stranieri e, nel II e III, da econo- mia stagnante e da modesti livelli culturali e artistici. L'Antico Regno si suddivide in 6 dina- stie che durano all'incirca 850 anni. Le prime due sono dette thinite da Thinis, città nel sud del paese. Le rimanenti quat- tro sono dette menfite da Menfi, capitale localizzata nei pressi de il Cairo di oggi. Il periodo storico da noi studiato si riferisce alla III e IV dinastia: all'incirca agli anni che vanno dal 2700 a.C. al 2480 a.C. Su questo arco di tempo non tutti gli egitto- logi (fra cui Sergio Donadoni dell'Uni- versità di Roma, nel suo La civiltà egizia- na, Milano, 1940) sono d'accordo, poiché alcuni lo riducono o aumentano di circa 50 anni. Le fonti scritte risalenti a quel periodo sono qualche papiro e numerose incisioni e dipinti murali nelle tombe. Al- tre fonti, seppur vistose come le piramidi, sono mute in quanto a notizie specifiche, ma sono proprio quelle che hanno suscita- to il problema. Durante i 220 anni da noi considerati, furono costruite dieci piramidi. I faraoni che regnarono furono 13 (con qualche incertezza). A partire da Djoser, primo faraone della III dinastia, il movimento dei massi di calcare necessari all'edifica- zione delle piramidi assunse un andamen- to crescente negli anni, sino alla realizza- zione della piramide di Cheope, secondo faraone della IV dinastia, per poi dimi- nuire a poco a poco e infine cessare del tutto con Shepseskaf, ultimo faraone del- la IV dinastia. Nel momento di punta, il volume dei massi spostati all'anno fu in media di circa 120 000 metri cubi. Molto probabilmente fu anche maggiore per opere edili oggi andate perdute. Erodoto dice che alla piramide di Cheope, detta anche «la Grande», lavorarono 100 000 persone per 20 anni, alternandosi ogni tre mesi. Poiché le piramidi sono una delle «sette meraviglie del mondo», nessun stupore che decine di tecnici e studiosi si siano dedicati, e più intensamente dopo la spedizione di Napoleone in Egitto (1798), a verificare l'affermazione di Erodoto. Nel 1977 egittologi dell'Uni- versità di Osaka in Giappone hanno ripe- tuto la costruzione di una piramide (os- servata da uno di noi, Lidia Pedrini) per sperimentarne le tecniche e i tempi di la- vorazione. Anche noi, a nostra volta, ab- biamo voluto fare una verifica sul numero di lavoratori necessari a edificare la pira- mide di Cheope. Ci siamo inoltre chiesti quali evoluzioni tecniche, economiche. sociali possano aver reso possibile la rea- lizzazione di opere come le piramidi in un preciso momento della storia egiziana. Per rispondere alla nostra curiosità abbiamo preso in esame fonti storiche e congetture diverse sulla popolazione e sulle risorse della terra all'«alba della ci- viltà» in Egitto e nella «Mezzaluna ferti- le» (il Medio Oriente odierno). Via via che approfondivamo l'indagine sull'orga- nizzazione del lavoro, sulla nascita delle città, sulla formazione dello stato e di un altro fattore di produzione: il capitale, alcune ipotesi si venivano formando. Suggestive com'erano, abbiamo unito le nostre rispettive competenze e, fidando nel «sinergismo» del lavoro interdiscipli- nare, abbiamo costruito un «modello econometrico» e utilizzato un calcolatore elettronico per sottoporre a verifica la coerenza delle deduzioni tratte dalla eco- nomia e dalla struttura sociale dell'antico Egitto. Esse sono alcune fra le diverse possibili, e le relazioni da noi ipotizzate sono di conseguenza opinabili. Il modello econometrico è da prendersi ugualmente con riserva perché si tratta di un calcolo applicato sperimentalmente a una docu- mentazione di grande importanza ma in- certa e quindi passibile di miglior lettura e ampliamento. ualsiasi stima della manodopera im- piegata nella costruzione delle pi- ramidi presuppone la conoscenza delle tecniche di ingegneria e delle macchine impiegate. Ricordiamo che a quell'epoca gli egizi conoscevano solo l'uso della leva e del piano inclinato. Ci siamo riferiti, come detto, alla piramide di Cheope, alla descrizione fattane da C. Rinaldi e Vito Maragioglio nel loro L'architettura delle piramidi men file (8 volumi, Torino 1963 - Rapallo 1975) e a una delle due ipotesi Nella pagina accanto, in alto, un canale di irriga- zione in Egitto, come si presenta oggi. In basso, una bella veduta della Sfinge, con le piramidi di Micerino (a sinistra) e Chefren (a destra). 24 25

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Le piramidie l'economia dell'antico Egitto

Un esame econometrico con l'ausilio del calcolatore, sollecitato da unanotazione di Erodoto, ha reso possibili alcuni nomo grammi economici esociopolitici, leggibili attraverso la struttura della piramide di Cheope

di Lidia Pedrini, Brunetto Pedrini e Massimo Actis Dato

L

a storia dell'Egitto faraonico è comin-ciata poco meno di 5000 anni faed è durata circa 3000 anni. I pri-

mi a raccontarcela sono stati due grandistorici: il greco Erodoto, che visitò l'Egit-to nel V secolo a.C. e Manetone, sacerdo-te egiziano, vissuto all'inizio del III secoloa.C. L'opera di Erodoto, arrivata sinoa noi completa, è un gustoso «serviziogiornalistico» di ciò che egli vide e ascoltòdurante il suo viaggio. Pur essendo unafonte inestimabile di informazioni per gliegittologi, in diversi passaggi li lascia per-plessi sulla loro veridicità. Quella di Ma-netone sarebbe certo una migliore fontedi documentazione se ci fosse pervenutaper intero. Invece non abbiamo che rias-sunti rimaneggiati e frammenti trascrittida storiografi ebrei e cristiani. Importantisono la lista dei Re, la durata della loropermanenza al trono, il raggruppamentodei regni in 30 dinastie. Gli egittologihanno adottato il raggruppamento in di-nastie; hanno poi ulteriormente raggrup-pato i cicli storici che vanno dalla I dina-stia (3000 a.C.) alla XXX (332 a.C., annoin cui Alessandro Magno conquistò l'E-gitto) in Antico, Medio, Nuovo «Regno»e in I. II e III «Periodo Intermedio». Que-sti ultimi intervallano i Regni. I Regnisono caratterizzati da governi centralizza-ti, ordine all'interno, prestigio all'estero,benessere economico, grandi costruzionie opere pubbliche, raffinatezza nell'arte. IPeriodi Intermedi sono contraddistinti dapoteri politici decentrati, infiltrazioni dipopoli stranieri e, nel II e III, da econo-mia stagnante e da modesti livelli culturalie artistici.

L'Antico Regno si suddivide in 6 dina-stie che durano all'incirca 850 anni. Leprime due sono dette thinite da Thinis,città nel sud del paese. Le rimanenti quat-tro sono dette menfite da Menfi, capitalelocalizzata nei pressi de il Cairo di oggi. Ilperiodo storico da noi studiato si riferiscealla III e IV dinastia: all'incirca agli anniche vanno dal 2700 a.C. al 2480 a.C. Suquesto arco di tempo non tutti gli egitto-

logi (fra cui Sergio Donadoni dell'Uni-versità di Roma, nel suo La civiltà egizia-na, Milano, 1940) sono d'accordo, poichéalcuni lo riducono o aumentano di circa50 anni. Le fonti scritte risalenti a quelperiodo sono qualche papiro e numeroseincisioni e dipinti murali nelle tombe. Al-tre fonti, seppur vistose come le piramidi,sono mute in quanto a notizie specifiche,ma sono proprio quelle che hanno suscita-to il problema.

Durante i 220 anni da noi considerati,furono costruite dieci piramidi. I faraoniche regnarono furono 13 (con qualcheincertezza). A partire da Djoser, primofaraone della III dinastia, il movimentodei massi di calcare necessari all'edifica-zione delle piramidi assunse un andamen-to crescente negli anni, sino alla realizza-zione della piramide di Cheope, secondofaraone della IV dinastia, per poi dimi-nuire a poco a poco e infine cessare deltutto con Shepseskaf, ultimo faraone del-la IV dinastia. Nel momento di punta, ilvolume dei massi spostati all'anno fu inmedia di circa 120 000 metri cubi. Moltoprobabilmente fu anche maggiore peropere edili oggi andate perdute. Erodotodice che alla piramide di Cheope, dettaanche «la Grande», lavorarono 100 000persone per 20 anni, alternandosi ogni tremesi. Poiché le piramidi sono una delle«sette meraviglie del mondo», nessunstupore che decine di tecnici e studiosi sisiano dedicati, e più intensamente dopo laspedizione di Napoleone in Egitto(1798), a verificare l'affermazione diErodoto. Nel 1977 egittologi dell'Uni-versità di Osaka in Giappone hanno ripe-tuto la costruzione di una piramide (os-servata da uno di noi, Lidia Pedrini) persperimentarne le tecniche e i tempi di la-vorazione. Anche noi, a nostra volta, ab-biamo voluto fare una verifica sul numerodi lavoratori necessari a edificare la pira-mide di Cheope. Ci siamo inoltre chiestiquali evoluzioni tecniche, economiche.sociali possano aver reso possibile la rea-lizzazione di opere come le piramidi in un

preciso momento della storia egiziana.Per rispondere alla nostra curiosità

abbiamo preso in esame fonti storiche econgetture diverse sulla popolazione esulle risorse della terra all'«alba della ci-viltà» in Egitto e nella «Mezzaluna ferti-le» (il Medio Oriente odierno). Via viache approfondivamo l'indagine sull'orga-nizzazione del lavoro, sulla nascita dellecittà, sulla formazione dello stato e di unaltro fattore di produzione: il capitale,alcune ipotesi si venivano formando.Suggestive com'erano, abbiamo unito lenostre rispettive competenze e, fidandonel «sinergismo» del lavoro interdiscipli-nare, abbiamo costruito un «modelloeconometrico» e utilizzato un calcolatoreelettronico per sottoporre a verifica lacoerenza delle deduzioni tratte dalla eco-nomia e dalla struttura sociale dell'anticoEgitto. Esse sono alcune fra le diversepossibili, e le relazioni da noi ipotizzatesono di conseguenza opinabili. Il modelloeconometrico è da prendersi ugualmentecon riserva perché si tratta di un calcoloapplicato sperimentalmente a una docu-mentazione di grande importanza ma in-certa e quindi passibile di miglior letturae ampliamento.

ualsiasi stima della manodopera im-piegata nella costruzione delle pi-

ramidi presuppone la conoscenza delletecniche di ingegneria e delle macchineimpiegate. Ricordiamo che a quell'epocagli egizi conoscevano solo l'uso della levae del piano inclinato. Ci siamo riferiti,come detto, alla piramide di Cheope, alladescrizione fattane da C. Rinaldi e VitoMaragioglio nel loro L'architettura dellepiramidi men file (8 volumi, Torino 1963 -Rapallo 1975) e a una delle due ipotesi

Nella pagina accanto, in alto, un canale di irriga-zione in Egitto, come si presenta oggi. In basso,una bella veduta della Sfinge, con le piramididi Micerino (a sinistra) e Chefren (a destra).

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Sono raffigurate, nella tavola, le dieci piramidi della III e IV dinastia, in forma schematica, con lerelative misure. La piramide a gradoni di Djoser (visibile anche nella fotografia a destra in alto) sideve all'architetto Imhotep, che fu poi divinizzato. Fu ideata in origine come una mastaba (tipo ditomba usato dai funzionari e dai faraoni delle prime due dinastie) a pianta quadrata di 63 metri dilato e 8 metri di altezza. Raggiunse poi, in cinque fasi diverse, l'aspetto odierno, ed è la primacostruzione interamente in pietra della storia di cui si abbia notizia. La piramide di Sekhemkhet èincompiuta nell'altezza (è rimasta a 7 metri), a causa, sembra, della brevità del regno di questofaraone. La piramide di Khaba è a gradoni, non terminata e più piccola delle precedenti. La pira-mide di Meidum (foto a destra al centro) sorge ai margini della zona coltivata, in mezzo alle sabbiedel deserto. Ora ha l'aspetto di una immensa torre degradante che si eleva da enormi cumuli dipietrisco. Fu costruita in tre stadi. Nel primo ebbe l'aspetto di una piramide a gradoni (presumibil-mente in numero di sette) innalzantesi fino a circa 60 metri. Nel secondo stadio (forse di ottogradon i) raggiunse un'altezza di circa 80 metri. Nel terzo, infine, l'intera struttura venne dotata di un

rivestimento, che però non appoggiava su roccia, ma su materiale cede-vole (sabbia mista a calcare). F probabile che per questo motivo e peraltre deficienze di progettazione il rivestimento sia crollato trascinandocon sé parte del primo e del secondo stadio, ti stato di devastazione daaltri viene invece attribuito a successivi furti di pietre. Fu probabilmentecostruita per il faraone Snofru, e il nome deriva dalla località in cui sorge.La piramide «romboidale» di Snofru prende il nome dalle facce a doppiapendenza.11profilo romboidale è dovuto quasi certamente al fatto che lapendenza progettata si rivelò, durante la costruzione, pericolosa per lastatica e fu quindi corretta. La piramide «rossa» ancora di Snofru. prendeil nome dalla malta impiegatavi. È la prima piramide vera e propria. Lacorrezione dell'errore precedente è qui riportata nella interezza della pi-ramide, dando però come risultato una costruzione non slanciata. L'au-

tore delle piramidi di Snofru è probabilmente Nofermaat, tiglio di Snofru«architetto capo del re». Hemiunu, figlio di Nofermaat, è invece quasisicuramente l'autore della piramide di Cheope, la più maestosa, con unapendenza di 51'52• La piramide di Didufri è stata usata come cava sinoin tempi moderni: è quindi impossibile determinare con certezza se siastata mai condotta a termine. La piramide di Chefren (è quella al centronella fotografia a destra in basso) sorge nei pressi di quella di Cheope, allaquale è di poco inferiore nelle dimensioni. Conserva. in alto, parte delrivestimento di calcare e. in basso, parte dello zoccolo in granito rosso.La piramide di Micerino (a sinistra nella foto a destra in basso), a partele dimensioni ridotte, non differisce strutturalmente dalle precedenti. Lesedici file più basse del rivestimento sono di granito rosa. I residui bloc-chi di rivestimento della parte alta sono di finissimo calcare di Tura.

SNOFRU(LA ROSSA)

CHEOPE

KHABA

M 83 x 83 x 9M 3 — 115 000

MICERINO

DJOSER

M 198 x188 x 97M 3 1 500 000

M 100 x 100 x?M 3 200 000

M 211 x 211 x 137M 3 2 000 000

DIDUFRI

/\

SEKHEMKHET

M 120 x 120 x ?M 3 340 000

(IN PARTE CROLLATA)

SNOFRU(LA ROMBOIDALE)

M 150 x 150 x 100M 3 750 000

(IN PARTE CROLLATA)

M 213 x 213 x 99M 3 1 500 000

M 233 x 233 x 146M 3 2 640 000

M 108 x 108 x 66M 3 260 000

M 121 x 109 x 60M 3 265 000

costruttive accolte da Jean Philippe Lauerin Le mystère des Pyramides (Parigi,1976). Non a quella che egli predilige eche prevede rampe perpendicolari allefacce delle piramidi, costruite in mattonicrudi, di lunghezza intorno ai trecentometri, con base larga, al punto di incontrocon la piramide, quasi quanto il suo lato dibase, con pareti che si restringono (amano a mano che la sua altezza cresce incorrispondenza all'elevarsi della pirami-de) in modo da presentare una sezionetrapezoidale; tale ipotesi infatti, secondo inostri calcoli, presenta un fattore di sicu-rezza costruttiva (definibile come il rap-porto tra il massimo carico sopportabiledal materiale impiegato nella costruzio-ne, e il carico effettivo che su di esso gra-va) di 1,5, troppo basso rispetto a quelloattuale, che è di 10. L'ipotesi da noi accol-ta è quella secondo cui i massi di calcaresono messi in opera per mezzo di rampea spirale poste parallelamente alle fac-ce della piramide e con pendenza del 20per cento.

Per poter permettere il transito deimassi e delle persone le rampe hanno unalarghezza di 4 metri e il dislivello tra duecontigue è di 5 metri. Il numero di rampeè massimo alla base della piramide. Manmano che essa cresce, diminuisce lo spa-zio disponibile e, per mantenere la distan-za specifica, alcune rampe vengono inter-rotte. Dalle 32 rampe presenti all'inizio,si passa così a 16, 8, 4 nelle fasi successivedella costruzione.

I massi di calcare provengono da caveposte ai piedi della piramide che, all'iniziodella costruzione, hanno addirittura for-mato la base della piramide stessa. Il per-corso seguito dai massi (con tempi e me-todi predefiniti, così come per una attualecatena di montaggio) è in media di 7-800metri poiché man mano che la piramideprogredisce il punto di estrazione deimassi si allontana dal centro della pirami-de e le rampe che avvolgono quest'ultimasi allungano. (Dalle cave di Tura, poste acirca 15 chilometri di distanza dalla pira-mide di Cheope, sull'altra ,sponda delNilo, provenivano invece i massi di calca-re più fine usati per il rivestimento dellacostruzione. Per questi abbiamo previstoche il luogo di sbarco fosse a circa 1500metri di distanza dalla piramide e abbia-mo considerato solamente la manodope-ra necessaria a questo ultimo trasporto.)

Il coefficiente di attrito tra le slitte dilegno, impiegate per trascinare i massi, eil terreno è di 0,5. Ciò rende necessarioche in piano un masso (del peso medio di2500 chilogrammi circa) sia trascinato da60 persone e da 100 sulle rampe. Questedue cifre potranno apparire esagerate. Sitenga però conto che gli operai sembralavorassero in condizioni che oggi giudi-cheremmo disagiate, con un giorno solodi riposo ogni 10 giorni e, secondo noi,per tutto l'anno. In ogni fase lavora ilmassimo numero di operai che lo spaziodisponibile permette.

L'intero sistema risulta pertanto condi-zionato dalle rampe che sono ugualmenteaffollate in ogni istante della costruzione.La distanza tra due massi successivi sulle

rampe è di 50 metri. Per il trasporto deimassi dalla cava alla base della piramide èutilizzato un numero di operai sufficientea rifornire coloro che li sollevano per met-terli in opera. Quando una rampa vieneinterrotta per mancanza di spazio, è im-

mediatamente demolita e si provvede arivestire la superficie rimasta libera. Imassi sono tagliati e rifiniti da cavatori escalpellini alla velocità di 0,025 metriquadrati all'ora. Le ipotesi sopra espostenon comprendono la velocità di trasporto

dei massi, non permettono di calcolare ladurata in anni di ogni fase, ma solamentela durata relativa. Permettono però dicalcolare il numero di operai presenti inogni fase della costruzione. Esso oscillafra i 33 000 e i 52 000.

A titolo di verifica dei risultati ottenutiè possibile ripetere la stima della mano-dopera trascurando alcune delle ipotesifatte e introducendone di nuove. Se non siimpone che in ogni fase lavori il massimonumero possibile di operai e che i massi

sulle rampe siano a una distanza di 50metri; se si ipotizza che i massi siano tra-scinati a una velocità di 500 metri al gior-no e che la costruzione sia durata 23 annie che i giorni lavorativi annuali siano 290per operaio (abbiamo considerato un as-

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CHILOMETRI

Carta schematica dell'Egitto moderno (a sinistra). In Egitto si pos-sono oggi ammirare una trentina di piramidi principali, tutte poste aovest del Nilo là dove la valle finisce e inizia l'altipiano libico. Le

piramidi la cui collocazione è indicata nella cartina di destra, con quel-la di Meidum, furono costruite dai faraoni della III e IV dinastia, cioèdel periodo storico dell'Antico Egitto esaminato in questo articolo.

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19 665 24 24 23 8 21

ANNI DI REGNO

195 22036 60 84 107 136

ANNI PROGRESSIVI

Per la costruzione delle piramidi e per le limitrofe altre opere edili, inpoco più di due secoli furono spostati oltre dieci milioni di metri cubidi massi di calcare e granito e di mattoni crudi. Il massimo di movi-mentazione avvenne con Cheope, il minimo (con la riserva dei 37 anniin cui non è stato possibile attribuire con certezza opere edili) con

Shepseskaf. Gli istogrammi, anche senza ricorrere alla loro interpola-zione con una curva continua, dimostrano un andamento che ha fattoriflettere a lungo gli autori e che poi li ha indotti a proseguire nelleloro ricerche. E non è certo un caso, se i nomogrammi economici e so-ciopolitici riportati in altre tavole presentano un analogo andamento.

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SNOFRU(2890)

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(280) SHEPSESKAF(150)

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METRI 233

Si suppone che per la costruzione della piramide di Cheope i massi di calcare furono messi in operautilizzando rampe (di mattoni crudi) a spirale poste parallelamente alle sue facce e con pendenzadel 20 per cento. Per chiarezza sono state disegnate solo le rampe che iniziano da un lato. Perpermettere il transito di massi e persone, le rampe sono state previste larghe 4 metri e con undislivello, tra rampe contigue, di 5 metri. Il numero di rampe è massimo alla base della piramide.Man mano che essa cresce, diminuisce lo spazio disponibile e, per mantenere la distanza speci-ficata, alcune rampe devono essere interrotte. Dalle 32 rampe iniziali, si passa così a 16, 8, 4.

senteismo di circa il 10 per cento), si ot-tengono risultati che confermano il nu-mero massimo degli operai «diretti», cioèoltre 51 000.

Questi addetti alla produzione presup-pongono l'esistenza di operai «indiretti»,per esempio per la manutenzione dellerampe, per l'affilatura degli utensili, perla riparazione delle corde; inoltre di «in-termedi», cioè di addetti alla programma-zione e al controllo del lavoro. Fonti po-steriori al periodo delle piramidi indicanoun rapporto di 10 a 2 fra gli operai direttie gli altri. Pertanto, facendo nostro questorapporto, si può supporre la presenza dialtri 10 000 operai. Inoltre vi è da consi-derare il problema logistico, dei servizi divettovagliamento e igienici. In base anchequi a fonti posteriori che, per esempio,per il solo trasporto dell'acqua indicanoun addetto ogni 7 operai (non si dimenti-chi il caldo dell'Egitto), si può stimarel'esistenza di altre 10 000 persone. Infinesi deve tener conto degli operai adibitialla costruzione e alla successiva distru-zione delle rampe (che ha comporta-to, secondo Lauer, uno spostamento di700 000 metri cubi di materiale, perlop-più di mattoni essiccati al sole) e dell'« in-dotto», cioè degli artigiani, commercian-ti, burocrati che sono sorti in conseguenzadella costruzione della piramide. In totalequindi, intorno alla piramide di Cheope,hanno lavorato per 23 anni certamentepiù di 90 000 persone. Erodoto, in que-sto caso, aveva quindi riferito in modoattendibile.

Diodoro Siculo (I secolo a.C.) riporta

che i Tolomei (o altri di tempi piùantichi: la questione non è chiusa) aveva-no fatto un censimento dal quale risultavache la popolazione dell'Egitto ai tempidel loro dominio era di 7 000 000 di abi-tanti. Se il tasso annuo di incremento del-la popolazione egizia fosse stato pari aquello della popolazione mondiale dellostesso periodo, che Ansley J. Coale del-l'Università di Princeton stima intornoallo 0,36 per mille (si veda l'articolo Lastoria delle popolazioni umane di AnsleyJ. Coale su «Le Scienze» n. 79, marzo1975) risulterebbe che verso il 2700 a.C.nell'Egitto vivevano circa 3 000 000 diabitanti. Per calcolare la distribuzionedella popolazione per classi di età, è statoutilizzato un polinomio di 3° grado chesoddisfa le seguenti condizioni: stabilitàdella popolazione nei 220 anni considera-ti (anche se è probabile che le miglioratecondizioni di vita abbiano fatto registrareun aumento superiore alla media percen-tuale dianzi indicata); tasso di natalitàannuo (nascite per mille abitanti) dell'or-dine di 40 (simile a quello attuale deipaesi in via di sviluppo); percentuale dipersone che supera i 75 anni, trascurabile.Se si accetta l'ipotesi che per ogni età vi èun egual numero di uomini e di donne,considerato che Coale afferma anche che,per un tasso di natalità pari a 40 per mille,il numero di donne che superano l'etàmedia feconda è del 40 per cento, si ricavache gli uomini si distribuivano così:461 000 aventi età inferiore ai 9 anni,

984 000 aventi età compresa tra i 9 ei 60 anni, 55 000 aventi età superiore ai60 anni.

Da immagini murali dell'epoca, si rile-va che le donne aiutavano gli uomini neilavori dei campi. Posto che il loro contri-buto fosse trascurabile e posto che tutti gliuomini fra i 9 e i 60 anni lavorassero, sipuò dedurre che la popolazione attiva

fosse in complesso pari a 1 000 000 dipersone.

'Egitto era chiamato dai suoi antichiabitanti «Le due terre» o «Basso e

Alto Egitto» perché formato da due partidistinte: il delta a nord, che si affaccia alMediterraneo, e la valle del Nilo a sud(più poche oasi sparse). La valle incomin-

OASI DIEL-KHARGA

EDFOU

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— 60 OPERAI PER IL PIANO100 OPERAI PER LE RAMPE

Rappresentazione schernatica dell'ipotesi assunta dagli autori, relati-vamente al processo produttivo ideato per la costruzione della pira-mide di Cheope. Dalla collina di calcare posta a ovest della piramide,originariamente forse non più alta di 55 metri rispetto all'attuale pia-n oro, i massi furono estratti per strati successivi dall'alto in basso e apartire dal punto più vicino alla piramide. Poi, perché le migliaiadi trasportatori potessero lavorare e muoversi, furono predisposte 32

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cia dove il delta finisce e si snoda versosud per più di 1000 chilometri sino all'at-tuale Aswan (che era il confine politicodell'Egitto di allora). Il territorio non abi-tato è formato a ovest dal deserto libico ea est dalle montagne arabiche. Di que-st'ultima parte, pur avendo anch'essaimportanza economica per via delle cavee delle miniere che consentono estrazionidi materiale da costruzione e di mineraliadatti alla trasformazione in metalli, nonsi è tenuto conto.

Il clima dell'antico Egitto doveva esse-re simile all'attuale: secco e caldo. Allamancanza di piovosità sopperiva, ai finidella vita animale e vegetale, l'acqua delNilo. Il Nilo allora, da giugno a settembre,inondava le terre della valle e del delta.Le sue acque contengono in sospensionee in soluzione elementi organici, ma so-prattutto inorganici. Ritirandosi, le acquelasciavano il terreno concimato e ferti-lizzato e quasi pronto alla semina. Da quiil continuo rinnovarsi della ricchezza del-la terra.

Per terra intendiamo tanto il suolo col-tivato quanto le savane, le acque di super-ficie, di sottosuolo, ecc., purché fonti diutilità economica. Gli antichi egizi distin-guevano diversi gradi di fertilità, a secon-da che la terra fosse «alta» o «bassa». Adiversa fertilità corrispondeva diversaresa. Attualmente la terra coltivata supe-

55 000

50 000

45 000

40 000

35 000

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20 000

15 000

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1186

ra la superficie agricola in quanto con l'ir-rigazione perenne si possono avere sullastessa superficie due o anche tre raccoltiall'anno. Anticamente la superficie colti-vata era certamente inferiore a quellabagnata. La differenza era data da savanee paludi che però, come già detto, da unpunto di vista economico erano anch'es-se utili, perché le prime potevano nutrireparte del bestiame addomesticato e tuttoil bestiame selvatico, e le seconde consen-tivano la vita a numerose specie di pesci.

L'opera dell'uomo aveva già alloraprovveduto a sfruttare meglio l'inonda-zione annuale del Nilo creando bacini dicontenimento e canali di irrigazione. Leopere idrauliche erano eseguite dal singo-lo contadino o dalla comunità del villag-gio. Alcuni studiosi (Silvio Curto dell'U-niversità di Torino, per esempio, nel suoL'antico Egitto, Torino, 1974) stimanoche allora la superficie coltivata fosse di1 000 000 di ettari e la superficie bagnatanon superasse 1 700 000 ettari. Abbiamoverificato questi dati su una vecchia cartageografica dell'Egitto edita subito dopola spedizione di Napoleone e conservataalla Biblioteca Nazionale di Parigi: sonoattendibili.

Il sistema produttivo prima della costru-zione delle piramidi era formato da

due sole variabili endogene, la terra e il

lavoro, e da poche variabili esogene. Leinterrelazioni fra le stesse nello spazio enel tempo erano trascurabili. È noto che ilsistema produttivo ha come obiettivoprimario la produzione di beni destinatialla soddisfazione dei bisogni. I beni era-no pochi e i bisogni semplici. Si producevafrumento (Triticum dicoccum), orzo di trespecie diverse, verdure, legumi, lino, ecc.I prodotti della trasformazione dei cerealierano il pane integrale per il frumento e labirra per l'orzo. La pastorizia coesistevacon l'allevamento del bestiame su terrenidi bassa resa e nelle savane. Il pesce erauna risorsa naturale del Nilo. Le aziendeagricole producevano per l'autoconsumo.Si risparmiavano le scorte per la seminadell'anno successivo e forse qualche cosadi più (fame permettendo) per gli even-tuali anni di carestia. La produzione agri-cola era sufficiente a fare sopravviveretutta la popolazione (seppur con fortemortalità infantile, non dovuta però adenutrizione).

Non vi erano atti di scambio attraversoil tempo perché tali non si possono consi-derare quelli che avvenivano nel mercatodel villaggio. Il baratto consisteva sempli-cemente nello scambio di prodotti di su-pero (per esempio, farina contro lino).Gli attrezzi erano perloppiù fatti daglistessi contadini che li usavano, anche se,con la divisione del lavoro, erano già sor-ti i primi specialisti artigiani. Si aveva pe-raltro una «produzione interna di benistrumentali» con la realizzazione di dighee canali.

La proprietà della terra poteva esserefamiliare o del villaggio, ma la distinzionenon aveva molta importanza, poiché ilvillaggio era formato da clan, cioè da fa-miglie legate fra loro da vincoli di pa-rentela.

Insomma, un'economia stazionaria au-toriproducentesi, il cui futuro era il co-stante riprodursi del presente. Una taleeconomia certamente non avrebbe con-sentito la costruzione delle piramidi. Ilperché è semplice: mancava una «riser-va» di lavoro e mancavano le «ecceden-ze» agricole per il suo nutrimento. Ma aun certo momento intervenne qualchecosa a modificarla: nacque lo stato.

Si suppone che lo stato in Egitto sia

sorto con il faraone Menes. Con luiiniziarono le dinastie e con lui si unificaro-no le due parti dell'Egitto. Dire come lostato nasce è sempre difficile. Nel casodell'antico Egitto, secondo l'interpreta-zione di una tavolozza per toletta risalentea quel periodo, nacque con la violenza.M enes conquistò i territori estromettendoi principi che ne dominavano grandi esten-sioni e sottomettendo gli abitanti dei vil-laggi. Da questi ottenne il mantenimentosuo e dei suoi uomini. In cambio offri loroprotezione dalle incursioni dei nomadi egaranzia di giustizia e ordine all'internodel paese. Regolò i nuovi rapporti socialicon un ordinamento giuridico. Si fece le-gittimare dal clero preesistente. Lo statodi fatto, diventò stato di diritto.

Da un punto di vista economico, lo sta-to, per le sue istituzioni legislative, esecu-

233 METRI

sue proprie attività estrattive, artigianali,commerciali: in questo caso lo stato siconfigurò come imprenditore (seppure insenso lato). A questo punto è interessanteesaminare se lo stato diventa anch'essouna variabile endogena del sistema, cioèun fattore della produzione che si aggiun-ge alla terra e al lavoro.

tive, giudiziarie, religiose e per le correla-tive imposte che esige, rimane una varia-bile esogena al sistema produttivo e, senon fossero intervenuti altri fattori, la vitaeconomica dell'antico Egitto, nonostantelo stato, sarebbe potuta continuare anco-ra così come sopra descritta. Durante leprime due dinastie, il decollo economico

iniziò. Permase tuttavia la primitiva eco-nomia agricola, forse perché lo stato eraancora instabile. Ma con la costruzionedella piramide di Djoser, cioè con il primofaraone della III dinastia, lo stato, ormaistabilizzato, dimostrò di aver già incisonel corpo sociale preesistente e di esseregià intervenuto nella produzione. Si sa di

PRIMA IPOTESI: DURATA RELATIVA DELLA FASE

329 91 35SECONDA POTESI

MEDIA ANNUA

Gli operai «diretti» addetti alla piramide di Cheope sono stati determinati secondo due ipotesidiverse. Con la prima, si è supposto che in ogni momento lavorasse il numero massimo dioperai compatibilmente con lo spazio disponibile; in tal modo sono state stabilite le duraterelative delle fasi di avanzamento del lavoro: esse corrispondono al diverso numero di rampe,decrescente da 32 a 16, a 8, a 4. È stata calcolata inoltre la distribuzione degli operai a se-conda della loro specializzazione. Con la seconda ipotesi, basata sulle ore lavorate da ciascunoperaio e sul suo rendimento (chilogrammetri/ora) si è verificata la distribuzione media deglistessi, suddivisi sempre per specializzazione. Dal grafico si nota che gli operai addetti al rive-stimento intervengono solo al termine della prima fase e aumentano al crescere della piramide.

linee, cioè tante quante le rampe ipotizzate per l'accesso alla piramide.Quando la costruzione raggiunse i 40 metri di altezza (come schematiz-zato qui) in ogni linea vi potevano essere dai 15 ai 20 gruppi di traino,composti da 60 uomini sul piano (trattini più brevi) e da 100 sullerampe (trattini lunghi), distanziati fra di loro di circa 50 metri. Presumi-bilmente, se tutto funzionava a dovere, i gruppi non procedevano affian-cati, su linee contigue. Cavatori, scalpellini e posatori non sono indicati.

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Una delle più famose rappresentazioni egizie di un trasporto su slitta: il stia) da parte di 172 uomini in quattro file. L'uomo ai piedi de la '.tatuabassorilievo illustra il traino della statua di Djéhutihetep (XII dina- getta acqua per facilitare lo scorrere della slitta sul terreno arg'lloso.

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1

1

2DENSITÀ DI POPOLAZIONE (PER CENTO)

y =3 x 103 (-143 x 10 6 x 3 + 22,8 x 10 3 x 2 - 1,441 x + 40)

2

L'ipotetica composizione della dieta giornaliera della popolazioneall'inizio della III dinastia è stata calcolata utilizzando dati relativialla popolazione attuale di paesi fondamentalmente agricoli. allintida sane fonti, fra cui la FAO e vari articoli da «Le Scienze», aprile1977, e rielaborati con le informazioni desunte dalle relazioni di Lui-gi Saffirio (Razioni e salari in natura nell'Antico Egitto in «Aegn p-lus». 1-4, 1977). La popolazione è stata distribuita fra «inattiva»(tutte le donne, i vecchi superiori ai 60 anni e i bambini inferiori ai 9anni), e «attiva». Quest'ultima è stata suddivisa in contadini, addetti

alle opere pubbliche (uniti insieme), burocrati e altri funzionari. Lediete sono state elaborate in base ai consumi giornalieri, in grammi,di frumento, orzo, legumi, carne e latticini. (Il pesce non è entratonei calcoli perché risorsa naturale del Nilo; si è convertita la bir-ra in orzo con resa 112; per carne si intende miscellanea di animali.)Nelle diete, trasformate in calorie/giorno mediante le calorie fornitedai singoli alimenti, sono presenti, in giuste proporzioni, vitamine(esclusa la D nei bambini). minerali, amminoacidi, grassi e glucidi;si è tenuto conto di volume, palatabilità, digeribilità e disponibilità.

40-44

(—W 35-39

30-34

25-29

20-24

15-19

10-14

5-9

0-4

Lo stato come fattore di produzioneavrebbe dovuto porsi come obiettivil'aumento della produzione agricola, laconservazione o, meglio, l'incrementodella fertilità della terra, il miglioramentodelle condizioni di vita della popolazione.Avrebbe dovuto pianificare la distribu-zione delle scarse risorse fra i citati obiet-tivi, al fine di ottenere risultati soddisfa-centi per tutti i partecipanti al sistemaeconomico.

Lo stato in effetti intervenne, seppurautoritariamente, in economia. Soddisfe-ce i bisogni del faraone e degli altri suoiorgani religiosi e civili. Soddisfece pure ibisogni dei contadini anche se poi solo pergarantire il livello di sussistenza che con-sentisse loro di continuare a produrre neltempo in modo efficiente. Dal Nilo,dall'immagazzinamento e dalla distribu-zione delle sue acque, dipendeva alloratutta l'agricoltura. Lo stato formò un cor-po di «controllori delle acque», cioè diburocrati specializzati. Quindi migliorò eampliò i bacini e i canali preesistenti; necreò di nuovi. Drenò e livellò i terreni; neaggiornò il catasto ogni due anni. Intensi-ficò i sistemi di coltivazione in aree giàcoltivate; ridusse la savana. Realizzò

strade di collegamento tra i villaggi e icapoluoghi dei «nomi» (provincie). In-somma, effettuò opere idrauliche ed ediliche, mettendo in luce una notevole capa-cità organizzativa, gli garantissero la so-pravvivenza. Ma tutto ciò lo stato lo ot-tenne con la forza facendo lavorare i con-tadini coattivamente mediante corvée trail tempo della semina e quello della suc-cessiva raccolta (è stato calcolato che in20 anni potrebbero essere stati movimen-tati 300 000 metri cubi di terra, creaticanali per una lunghezza di 20 000 chilo-metri, con una sezione media di circa 5metri quadrati, dissodati e livellati terre-ni per 200 000 ettari, facendo lavorare100 000 uomini circa per cinquanta gior-ni l'anno).

Non solo, ma lo stato si appropriò delleopere idrauliche preesistenti e di quellefatte nuove: esse divennero proprietàdemaniale. Qui, forse per la prima voltanella storia, si presenta una nuova catego-ria economica: il capitale. Ma non giàcome denaro dato a prestito a un saggio diinteresse secondo l'ipotesi di Fritz M.Heichelheim (nella sua Storia economicadel mondo antico, Bari, 1972), bensìcome beni destinati non al consumo ma

alla produzione di altri beni. Infatti checosa sono i canali e i bacini per l'irrigazio-ne se non mezzi per ottenere il prodottoagricolo? Lo stato anticipa l'acqua ai con-tadini in attesa del profitto sperato. I con-tadini, alla raccolta, versano una quota-parte del loro prodotto allo stato a com-penso del capitale e dei servizi ricevuti. Il

compenso che Io stato riceve (per profittoe per tasse) è detto da taluni storici «ecce-denza»; da altri è definito «espropriazio-ne del pluslavoro».

Con le opere di irrigazione e di prepa-razione della terra, la produzione

per ettaro aumentò. Aumentò pure la ter-ra coltivata. In quel periodo storico si hala prima attestazione che il bue venneaggiogato all'aratro. L'innovazione tec-nologica è certamente importante, tutta-via la produzione del frumento e dell'orzonon ne beneficiò molto dato che non ri-chiede aratura profonda dopo il ritiro del-le acque del Nilo dai terreni. Ne trasserovantaggio invece le coltivazioni delle le-guminose, in special modo dell'erba me-dica che è un ottimo foraggio per gli ani-mali domestici di grossa taglia. La produt-tività della manodopera agricola ebbeincrementi notevoli. La popolazione sinutrì meglio e più abbondantemente(anche se poi per i contadini, tutte le calo-rie assorbite in più, erano consumate nellavoro ulteriore e supplementare cui era-no sottoposti). È indubitabile che non tut-ta la produzione agricola venisse consu-mata in un anno (al netto delle sementi,naturalmente). I «Doppi Granai» dellostato, silos per la conservazione di cerealie altri commestibili disposti nei distrettiagricoli del Delta e della Valle (Basso eAlto Egitto), si riempirono. Si ebbe l'ac-cumulazione delle eccedenze. I contadinicominciarono a essere in sovrappiù. Siverificò la prima disoccupazione tecnolo-gica, si formò il primo «esercito di riser-va» della storia.

I disoccupati avrebbero forse potutovivere alle spalle dei villaggi. Ma l'alacritàdi quelli rimasti a lavorare i campi, unitaal fervore religioso per il faraone, nonconsentiva spazio agli oziosi. Lo stato asua volta non poteva lasciare inoperosauna parte della popolazione, che prestosarebbe potuta diventare elemento diturbolenza nella società. I disoccupatifurono costretti a nuove occupazioni.Furono assunti dallo stato. Dapprimadivennero operai, poi un certo numero sitrasformò in artigiani, in commercianti, inreligiosi, in burocrati.

La società si articolò secondo i mestierie le professioni. La struttura sociale sitrasformò. Mutarono i rapporti di produ-zione. Lo stato si appropriò delle terre dinuova irrigazione e di quelle dei contadiniinsolventi verso il fisco. Queste terre ilfaraone le ridistribuì in buona parte con-cedendole al clero (che adesso comanda-va, ma dal quale purtuttavia riceveva lalegittimazione del potere), ai parenti, aiburocrati, a ricompensa dei loro meritioppure semplicemente al fine di tener-seli buoni.

La terra assunse un alto valore com-

merciale. È attestato che 50 ettari di terraerano sufficienti per fare del proprietarioun uomo ricco. I contadini seguivano ipassaggi di proprietà della terra. Da lavo-ratori autonomi si trasformarono in sala-riati. Alcuni conservarono parziale liber-tà come fittavoli delle aziende agricole deiburocrati. Il potere che prima derivavadalla posizione che ciascuno ricopriva nel-la società e che aumentava man mano chesi avvicinava al faraone sino a diventarne«amico», venne garantito dalla detenzio-ne delle terre e dal controllo dei mezzi diproduzione.

La circolazione dei beni avvenne in duecircuiti quasi mai intercomunicanti. Quel-lo già citato, con il baratto nel mercato delvillaggio riservato ai contadini: quellonuovo, formato dai dipendenti dello sta-to, in cui si scambiava il surplus delle re-tribuzioni. Sembra addirittura che in que-sti scambi partecipasse una premoneta

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FORNITE DA

che facilitava la compravendita fra arti-giani e commercianti da un lato, e clero,nobiltà e burocrazia dall'altro.

La città assunse una precisa ragioned'essere economica. Divenne luogo diprogrammazione e controllo della produ-zione e luogo di scambi commerciali. Lostato intanto accumulava altre ricchezze.Beneficiava dei profitti delle sue attivitàimprenditoriali (compresi quelli, comegià detto, di origine «idraulica», il cherendeva lo stato imprenditore strictu sen-su); godeva delle rendite delle sue pro-prietà fondiarie. Incamerava i bottini diguerra: si ha notizia che il solo faraoneSnofru (IV dinastia) con due spedizionimilitari in Nubia e in Libia fece 18 000prigionieri (schiavi destinati poi ai la-vori domestici o a quelli delle miniere) eraccolse 331 000 capi di bestiame grandie piccoli.

Lo stato, nonostante le spese per il

mantenimento del faraone, del clero, deinobili, dei burocrati, ecc., non riusciva aconsumare le eccedenze accumulate.Doveva poi tenere occupati i contadiniche via via venivano espulsi dalla terra.Ma le sue attività economiche non eranopiù in grado di assorbire ulteriore mano-dopera, per giunta impreparata tecnica-mente e culturalmente. Questa circostan-za cadde in felice coincidenza col fatto chel'esigenza funeraria e religiosa del tempo,profondamente innestata nella economiadel momento, comportasse nei faraonil'intento di costruirsi monumenti funerarie nel popolo, probabilmente, una concor-danza con l'intento medesimo. Da qui ladecisione dello stato di dare avvio a un'o-pera che consentisse di impegnare idisoccupati e, nel contempo, servisse aglorificare per l'eternità la divinità delfaraone figlio di Dio: le giganteschepiramidi.

OLTRE

70-74

65-69

60-64

55-59

50-54

45-49

La distribuzione della popolazione per classi di età è stata approssimata mediante un polinomi(di terzo grado che soddisfa le seguenti condizioni: stabilità della popolazione, tasso annuo dinatalità pari a 40 nascite per 1000 abitanti, percentuale della popolazione che supera i 75 annitrascurabile, popolazione totale pari a 3 milioni di individui. La curva «cubica» che rappresentala densità della popolazione (y) in funzione dell'età (x) è indicata algebricamente al di sotto delgrafico. Se si suppone che per ogni età vi sia un uguale numero di uomini e di donne, e siraggruppa la popolazione in classi di età, si ottengono le due curve «discretizzate» del grafico.

POPOLAZIONE INATTIVA (PI)CONTADINI

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33

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sto scopo è stato creato un modello eco-nometrico dinamico. Nel costruirlo ab-biamo tenuto presenti le indicazioni dialcuni economisti, e i modelli di Jay W.Forrester e W. I. Thisses del Massachu-setts Institute of Technology. Per modellosi intende una semplificazione della real-tà; per econometrico, una realtà econo-mica descritta con algoritmi: per dinami-

co, la diacronia dei fenomeni intervenutiin oltre due secoli di storia. Il modello èsemplicemente indicativo di una econo-mia agricola diretta dallo stato. Le altreattività dello stato che peraltro dovrebbe-ro entrare nel conto del «prodotto internonazionale» (computato, beninteso, con ilsistema del prodotto materiale) sono sta-te del tutto trascurate. Così pure sono

BLOCCO 1

C = PBF I FBF x KF + OBF x KO + LBF x KL + CBF x KC1+INPUT•

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ntorno al 2600 a.C., si ebbe dunque un«boom» economico. Esso consentì un

«investimento» quale le piramidi, chemantenne il pieno impiego, favorì la crea-zione di nuove aziende, garantì l'ordinesociale. Consentì pure l'affermarsi deinuovi strati sociali che da poco si eranoformati: i «manager», i tecnici, i burocra-ti. Essi formarono una nuova classe: laborghesia. Borghesia sì, ma di stato. In-fatti essa aveva acquisito potere, ma perdelega del faraone; aveva acquisito ric-chezza, ma come beneficiaria dei fruttidella terra. Le mancavano autonomiedecisionali nelle attività economiche e lerelative responsabilità. La borghesia cer-cò allora di trasformare lo stato da enteastratto al governo della collettività, inuno strumento concreto del proprio tor-naconto.

La situazione socio-economica, mal-grado le apparenze, era in equilibrio in-stabile. Lo stato era sempre forte. Il capi-tale era in sue mani. Deteneva pure l'im-prenditorialità. La terra era in parte sua.Il lavoro era libero, è vero (gli schiavierano un numero trascurabile), ma alme-no per un terzo era vincolato alle scelte dinatura non agricola dello stato. Che cosaquindi mancava allo stato per continuarenella sua espansione? Ci azzarderemo adire, tralasciando il discorso storico, chemancasse un'idea, una nuova idea eco-nomico-sociale. Il faraone poteva sceglie-re fra due politiche economiche: conce-dere alla borghesia l'accesso al capitale einvestirla di responsabilità imprenditoria-li, creando un liberismo economico, malasciando accentrato nella sua persona ilpotere politico e quello religioso (cheperaltro si confondevano). La borghesiaavrebbe dato libero sfogo alle sue capaci-tà, fors'anche al suo tornaconto, maavrebbe continuato a essere devota al fa-raone. Oppure, il faraone poteva ripren-dere la terra ai borghesi e ai nobili, resti-tuirla ai contadini e ritrasformare questiin lavoratori autonomi. I contadini («pro-letari» anche se proprietari) si sarebberomessi dalla parte del faraone e non solopiù per devozione religiosa. Lo avrebberodifeso dalle reazioni delle classi alte.

Il faraone lasciò che tutto andasse comeper il passato. Così non fa meraviglia ap-prendere che già con il faraone Chefrenavvennero conflitti fra il suo dispotismo el'oligarchia burocratico-mercantile. Intale situazione, richiedere al popolo egi-zio ulteriori «balzi in avanti» diventavadifficile. Mancava nei dirigenti una «vo-lontà politica» unitaria. Le piramidi, sim-bolo del potere faraonico, cominciarono aridursi di dimensione. L'accumulazionedella ricchezza da parte dello stato cessò.Le spese dello stato però non cessarono.Diminuirono soltanto di poco e cambia-rono destinazione: anziché piramidi per ifaraoni, nacquero i consumi opulenti del-la borghesia e degli alti strati sociali. Èpossibile che si sia avuta la prima inflazio-ne della storia ed è probabile che la buro-crazia si corrompesse. L'economia del-l'Antico Regno non consentiva altri spre-chi. L'ultimo faraone della IV dinastianon fu in grado o, probabilmente, non

volle farsi edificare la propria piramide.Al suo posto si fece erigere una «masta-ba» cioè una tomba di forma parallelepi-peda che richiese uno spostamento dimassi inferiore di circa 20 volte a quellorichiesto dalla piramide di Cheope. Conla V dinastia la costruzione delle piramidiriprese, ma in dimensioni ridotte e conmateriali meno pregiati. Già si avvertiva-

PRO(0)

no i sintomi di una nuova struttura politi-ca dello stato. Dopo la VI dinastia essaassumerà le forme tipiche del feudalesi-mo dando inizio al primo Periodo Inter-medio della storia dell'Antico Egitto.

I e trasformazioni economiche avvenute, durante la III e IV dinastia possonoessere rilevate quantitativamente. A que-

state trascurate le produzioni di lino edelle altre fibre vegetali destinate all'ab-bigliamento e alla casa. Nel modello ilsimbolo zero (0) indica il valore che levariabili assumono all'inizio della III di-nastia. Esse sono: la popolazione (P), l'a-rea coltivata (A), le diete (D), la produ-zione agricola (R), la produttività dellamanodopera agricola (PDR).

La popolazione, secondo l'ipotesi fattaprecedentemente, è di 3 000 000 di per-sone in totale. Quella inattiva, compostada donne, vecchi e bambini, è di2 000 000 di persone. Essa rimarrà co-stante nel tempo. La popolazione attiva ècomposta per il 90 per cento di conta-dini e per il 10 per cento di dipendentidello stato.

Per le diete (espresse in chilogrammi/giorno) abbiamo utilizzato tabelle che siriferiscono alla popolazione attuale dipaesi fondamentalmente agricoli. Pro-vengono da varie fonti (in particolare dalfascicolo n. 104 de «Le Scienze», aprile1977) e sono state rielaborate con le in-formazioni desunte dalle relazioni di Lui-gi Saffirio sull'alimentazione dell'anticoEgitto (Luigi Saffirio, Razioni e salari nel-l'amico Egitto, in «Aegyptus», 1-4,1977). Nell'elaborarle, il pesce è statotrascurato perché risorsa naturale delNilo; la birra è stata ritrasformata in orzo;per carne abbiamo inteso una miscellaneadi animali; lo stesso abbiamo fatto per illatte e i latticini; i grassi vegetali sono staticonvertiti in verdura e legumi. Le dietesono state quindi trasformate in calorie/giorno mediante le calorie (K) fornite daisingoli prodotti agricoli.

L'area coltivata è di I 000 000 di ettari,secondo la stima che abbiamo fatto più su.Per la produzione agricola (in chilo-grammi per ettaro al giorno) abbiamo uti-lizzato le rese del 1968 contenute nelloStatistica! Y earbook edito nell'ottobre1974 dalla Arab Republic of Egypt. Nel1968 la fertilizzazione del terreno conprodotti chimici era stata da poco iniziatae quindi le rese si presumono relative auna condizione «naturale» del terreno.La resa del frumento è stata tuttavia ri-dotta in quanto 5000 anni fa la speciecoltivata era il I riticum dicoccum cheaveva rese più basse di quelle attuali. Nelmodello, i simboli R e D rappresentanol'insieme delle variabili dei diversi pro-dotti della terra, e degli stessi consumatinelle diete.

La produttività della manodopera agri-cola (espressa in calorie prodotte al gior-no per contadino) è stata ottenuta divi-dendo la produzione per i contadini. In-vece della produzione avremmo dovutoconsiderare il «valore aggiunto» (produ-zione meno sementi impiegate), ma il ri-sultato non sarebbe stato diverso, inquanto l'impiego delle sementi si puòconsiderare costante nel tempo.

Il processo elaborato dal modello sisvolge mediante un primo blocco di 5equazioni, in cui vi sono 3 incognite dadeterminare. La soluzione indica come sidistribuisce la popolazione attiva fra con-tadini (PC), addetti alle opere pubbliche(POP), burocrati e altri funzionari dello

VARIABILI INTERMEDIE

raccolto immagazzinato (o prelevato)

percentualeC calorie consumate in un giorno dall'insieme

della popolazione calorie al giorno

OUTPUT

PBF burocrati e altri funzionari

numero

PC contadiniPOP addetti alle piramidi e alle opere pubbliche

VARIABILI DELLA RETE DI FEEDBACK

infrastrutture realizzate centinaia di migliaiadi anni uomo

E efficienza dello stato percentualeCSE condizioni socio-economiche centinaia di migliaia

di anni uomo

COSTANTI

P

popolazione totale numeroPI

popolazione inattivaKF

calorie fornite dal frumento calorie al giornoKO

calorie fornite dall'orzoKL

calorie fornite da legumi e fruttaKC

calorie fornite dalla carne

a costanti del modello

VARIABILI UTILIZZATE NEL MODELLO

area coltivata ettari

diete chilogrammi al giorno

frumento nella dieta di contadinie addetti alle opere pubbliche

frumento nella dieta di burocratie altri funzionari

frumento nella dieta degli inattiviorzo nella dieta di contadini

e addetti alle opere pubblicheorzo nella dieta di burocrati

e altri funzionariorzo nella dieta degli inattivilegumi e frutta nella dieta di contadini

e addetti alle opere pubblichelegumi e frutta nella dieta di burocrati

e altri funzionarilegumi e frutta nella dieta degli inattivicarne nella dieta di contadini

e addetti alle opere pubblichecarne nella dieta di burocrati

e altri funzionaricarne nella dieta degli inattivirese chilogrammi per ettaro al giorno

resa del terreno coltivato a frumentoresa del terreno coltivato a orzoresa del terreno coltivato a legumi e fruttaresa del terreno adibito a pascoloproduttività della mano d'opera agricola calorie prodotte per

contadino al giorno

+ CSE

Il modello econometrico della società agricola della III dinastia, preparato dagli autori. Nellapagina a fronte sono riportate le variabili in gioco. La suddivisione della popolazione attiva incontadini, burocrati e altri funzionari, addetti alle piramidi e alle altre opere pubbliche (infrastrut-ture) viene effettuata dal sistema di equazioni che costituisce il blocco 1. Oltre alle tre incognite dadeterminare, vi sono due variabili interne: il prodotto consumato e la percentuale di prodottoimmagazzinata (o prelevata da magazzino). Vediamo il significato delle cinque equazioni: laprima è la definizione del prodotto consumato, che va calcolato separatamente per le varie classidella popolazione, ed è pari al prodotto del consumo di una persona, determinato dalla dieta, e delcontenuto calorico di ogni cibo, per il numero di appartenenti al gruppo considerato. La secondaequazione è la definizione della produttività. La produttività è uguale alle calorie prodotte, diviseper il numero dei contadini. Il prodotto a sua volta è pari alla somma algebrica del prodottoconsumato e del prodotto immagazzinato o prelevato. La terza equazione rappresenta il vincoloimposto dalla popolazione totale. La somma di contadini, addetti alle piramidi e altre operepubbliche, burocrati e altri funzionari, è costante, ma varia al suo interno. È costante e fissa,invece, quella della popolazione inattiva. La quarta equazione è il vincolo imposto dall'areacoltivata. L'area coltivata è sufficiente a produrre la somma dei cibi consumati e immagazzinati (oprelevati). Il consumo è definito dalla popolazione e dalle diete. La quinta equazione dà ladefinizione della produzione immagazzinata, che è funzione lineare della efficienza dello stato.Dalla composizione della popolazione e della sua storia, mediante le tre equazioni del blocco 2, siricavano tre indici indicativi della situazione socio-economica. Le tre equazioni sono relative,rispettivamente, alle infrastrutture realizzate, alla efficienza dello stato e alle condizioni socio-economiche. Le infrastrutture realizzate sono proporzionali al numero di operai che nel corsodegli anni hanno svolto questo compito. Le piramidi sono assimilabili alle infrastrutture. Siccomesi suppone, per semplicità, che le infrastrutture si conservino nel tempo, esse sono proporzio-nali all'integrale nel tempo del numero degli addetti. L'efficienza dello stato è pari al rappor-to tra il numero di operai addetti alle piramidi e altre opere pubbliche e il numero di burocrati ealtri funzionari. Le condizioni socio-economiche sono date dal prodotto dei due indici sopraprecisati. I tre indici influiscono quindi in vario modo sui parametri utilizzati dalle equazionidel blocco 1. Il modello econometrico parte da una situazione iniziale (indicata con lo zero), de-finita dai valori di P, D, A, R, PDR; calcola, sempre per l'istante zero, la composizione dellapopolazione attiva PC, PBF, POP e gli indici I, E, CSE. Questi ultimi, influendo sui valoridi inizio, determinano i nuovi valori per il periodo «uno»; e così via per i periodi successivi.

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Page 7: Le piramidi e l'economia dell'antico Egittodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1979...te egiziano, vissuto all'inizio del III secolo a.C. L'opera di Erodoto, arrivata

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10TOTALE POPOLAZIONE ATTIVA

CONTADINI

TOTALE "DIPENDENTI»

D ELLO STATOADD ETTI OPERE ...................A

LLE PIRAMIDI

BUROCRATI.E ALTRI FUNZIONARI

36 60 84 107 136

195 220

ANNI

I quattro grafici in questa pagina presentano sinteticamente i risultati della simulazione alcalcolatore. Questo grafico è relativo alla composizione della popolazione. La popolazione attivaè stata ipotizzata costante nel tempo (l'ipotesi è certo una forzatura: è probabile infatti che, per lemigliorate condizioni di vita la popolazione sia aumentata, soprattutto durante la prima parte delperiodo storico esaminato), mentre la sua composizione varia. All'istante iniziale risultano circacentomila addetti alle opere pubbliche e alla burocrazia. Intorno all'ottantesimo anno essiammontano a oltre quattrocentomila, di cui più della metà burocrati. Col passare ancora deglianni, gli addetti alle opere pubbliche diminuiscono e ritornano alla terra soprattutto gli operaidelle piramidi; la burocrazia aumenta i suoi organici e supera le duecentocinquantamila unità.

.... ..

kl

CONSUMATA

PRODUZIONE

REALIZZATA

/TERRA PRELIEVO

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136

195

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ANNI

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TOTALE pop° , „ ,""410NE ATTIVA

_TOTALE

DIPENDENT1,, DELLO STATO

1...,.......................----------1ADDETTI

BUROCRATI

ALLE OPERE PUBBLICHE E ALLE PIRAMIDI

E ALTRI FUNZIONARI

I i

stato (PBF). Essa varia con il passar deltempo. Delle 5 equazioni che determina-no la soluzione, 2 rappresentano dei vin-coli: la popolazione totale (P) è costante;l'area coltivata (A, espressa in ettari) èsempre sufficiente a produrre la sommadei cibi consumati e immagazzinati (op-pure la somma dei cibi consumati al nettodi quelli prelevati dai magazzini). Le 3rimanenti equazioni sono definite così: laproduttività della manodopera agricola(PDR, espressa in calorie prodotte al

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zione risparmiata (M) o prelevata daigranai è funzione lineare dell'efficienzadello stato.

Dalle ultime due definizioni appareevidente che la produzione non è più con-siderata dal modello come la diretta con-seguenza dell'impiego variamente com-binato dei fattori della produzione. Ilmodello, in realtà, esamina il fenomenosuccessivo, cioè la sua «distribuzione»assegnabile ai diversi fattori quale com-penso del loro precedente contributo allaproduzione. Il modello prescinde dal giu-dicare se tale distribuzione è fatta secon-do giustizia sociale. Per esempio, nonindaga se a chi ha prestato il lavoro toccatutto quanto gli spetta oppure se di meno,in quanto il plusvalore è andato al capitaleo allo stato. Il modello si accontenta diverificare (dato che oltrettutto il compen-so dei fattori avviene sempre in natura)che la popolazione assorba le calorie ne-cessarie alla sua sopravvivenza, al suo ri-prodursi, ma sopràttutto alla produzio-ne dei beni che appunto le forniscono det-te calorie.

Il modello, per rilevare il mutare deirapporti esistenti fra i diversi fattori dellaproduzione e le loro reciproche influenze,impiega un secondo blocco di 3 equazio-ni. Dalla popolazione attiva non contadi-na e dal suo variare nel tempo, il modelloricava tre indici sul comportamento dellostato, cioè sulle infrastrutture realizzate,sulla sua efficienza, sulle condizioni so-cio-economiche del paese. Le infrastrut-ture realizzate«, espresse in centinaia dimigliaia di anni uomo) sono proporzionalial numero degli addetti alle opere pubbli-che nel corso degli anni. Ne deriva che leinfrastrutture sono proporzionali all'inte-grale nel tempo del numero di tali addetti.L'efficienza dello stato (E, espressa conun numero indice) è pari al rapporto fragli addetti alle opere pubbliche e i buro-crati e gli altri funzionari dello stato. Lecondizioni socio-economiche (CSE,espresse in centinaia di migliaia di anniuomo) sono date dal prodotto dei dueindici sopra descritti. I tre indici influisco-no in vario modo sui parametri utilizzatidalle equazioni del primo blocco. La pro-duzione, la produttività, i consumi, varia-no in modo proporzionale alle condizionisocio-economiche. La ricchezza rispar-miata o prelevata dallo stato è conseguen-te alla sua efficienza. L'area coltivataaumenta linearmente con la realizzazio-ne di infrastrutture. La popolazione ècostante.

Se si esaminano i dati elaborati dal

modello, si rileva che l'economia haavuto un notevole sviluppo nei primi 80anni del periodo da noi considerato. Conle infrastrutture aumentano la terra colti-vata e le sue rese; migliorano le condizio-ni socio-economiche. I contadini diminui-scono. Su di una popolazione attiva essirappresentano ormai poco più del 55 percento della popolazione attiva contro unvalore iniziale del 90 per cento. La lorodiminuzione è più che compensata dal-l'aumento considerevole della produttivi-tà. La produzione è incrementata molto

meno della produttività, ma quel tantoche basta a nutrire tutti e a consentire allostato di risparmiare. Gli addetti alle operepubbliche sono cresciuti di numero. Ladistinzione fra addetti alle piramidi e alleinfrastrutture vere e proprie è stata fattaal di fuori del modello. Si è tenuto contodel rapporto operai/massi spostati dellapiramide di Cheope, per calcolare gliaddetti alle piramidi nei diversi periodi inbase ai massi spostati negli stessi. Gli ad-detti alle infrastrutture, nel modello, sonoun terzo di quelli che probabilmente la-voravano alle corvée. Questo perché lecorvée duravano non più di quattro mesisu dodici.

I burocrati e gli altri funzionari dellostato, malgrado siano anch'essi notevol-mente cresciuti di numero, sono stati unvalido supporto all'economia del paesenei primi 80 anni. A questo punto il pro-cesso di sviluppo sembrerebbe poter con-tinuare all'infinito. A ben vedere potreb-be rassomigliare a quelli attuali di alcunipaesi del sud-est asiatico in cui stati dispo-tici agiscono con priorità agro-partitiche.

Ma dopo 8 decenni si ha una breve fasedi maturità. Essa si manifesta in conse-guenza dei vincoli introdotti nel modello,vincoli, si badi bene, non arbitrari madovuti a una delle possibili interpretazio-ni della storia dell'Antico Regno d'Egit-to. La terra è vincolata, più che dalla leggedei rendimenti decrescenti, dalle infra-strutture realizzate. Il fabbisogno di ciboè dato dalla popolazione, assunta costan-te, e dalle diete che presentano un massi-mo sufficientemente definito (più di tantonon si può mangiare). La produzione coltempo tende quindi a diventare una co-stante. È vero che vi erano i «Granai delfaraone» e che in Egitto dato il caldo sec-co i cereali si possono conservare per cen-tinaia di anni, ma è anche vero che il lororiempimento dipendeva dall'efficienzadello stato. L'efficienza, ripetiamo, di-pende dal rapporto fra addetti alle ope-re pubbliche e burocrati e altri funziona-ri dello stato. Quando questi ultimi supe-rano i primi, l'efficienza decresce.

Da qui si innesca la fase della stagna-zione. I dati del modello indicano che,superato l'ottantesimo anno, l'efficienzadello stato diminuisce (anche se per anco-ra una ventina d'anni non se ne vedo-no i riflessi negativi). Le infrastrutturequasi certamente non rappresentano piùulteriori opere di bonifica della terra masoltanto opere di manutenzione di quellepreesistenti. Gli operai che si rendonoliberi dalla «azienda piramidi» non ritor-nano alla terra. Vanno a ingrossare il cor-po della burocrazia. L'efficienza così peg-giora. Giunge a un livello di allarme. Lecondizioni socio-economiche anch'esse siabbassano, ma restano sufficientementebuone tanto da consentire alla V e alla VIdinastia di concludere il ciclo storico del-l'Antico Regno. La produttività si dimez-za rispetto al momento di massimo fulgo-re dello stato. La produzione globale di-venta insufficiente a nutrire tutti. Daigranai si attingono le eccedenze rispar-miate. La dieta del contadino è inferiore aquella di 200 anni prima. La dieta dei

110

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burocrati e degli altri funzionari dello sta-to non diminuisce: il parassitismo delleclassi dominanti interviene, classicamen-te, come fattore di disgregazione sia eco-nomico che sociale.

Aquesto punto rimarrebbe da prova-re se i fenomeni socio-economici si

sono sviluppati così come noi li abbiamoipotizzati; nell'impossibilità di farlo diret-

Ci

0,80 g0,70

0,60

0,50

0,40

0,30

tamente, non solo per la irripetibilità diogni evento storico ma anche per la scarsi-tà della documentazione a tutt'oggi per-venutaci, non resta che proseguire gli stu-di per controllare se almeno la metodolo-gia da noi adottata può essere utilizzataper altre analisi del genere sull'e Antico»,ove però vi siano più fonti scritte, notizie edati statistici, di quelli lasciatici dai farao-ni delle piramidi.

giorno per contadini) è rilevabile dallaproduzione netta globale rapportata alnumero dei contadini; il prodotto consu-mato globalmente (C, espresso in calorieconsumate in un giorno dall'insieme dellapopolazione) è calcolato separatamenteper i vari gruppi in cui la popolazione sisuddivide (età, sesso, mestiere) ed è parial prodotto del consumo di una persona(determinato dalla sua dieta e dal conte-nuto calorico di ogni cibo) per il numerodi appartenenti al suo gruppo; la produ-

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220ANNI

L'andamento delle diete nel tempo ricalca i fenomeni riguardanti la popolazione attiva: diminui-scono i consumi calorici di addetti alle opere pubbliche e contadini, ma non quelli dei burocrati.

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40 — f•S\r?,s‘4\00>9),9

20 —

La terra, quale risorsa economica, aumenta in 220 anni solo del 20 per cento circa. Ma chi conoscel'Egitto odierno accetterà senz'altro questo fatto, sapendo dei limiti invalicabili che esistono a unaestensione dei terreni coltivabili. Intorno all'ottantesimo anno, la produzione annua è aumentatadi oltre il 30 per cento rispetto all'anno «primo»; i consumi le sono inferiori; così nei «Doppigranai» si accumulano notevoli eccedenze. La produttività della mano d'opera ha invece unnotevolissimo incremento: è più che raddoppiata. Il fatto è spiegabile perché, a fronte di unamaggiore produzione per ettaro, si hanno meno addetti. Col passar degli anni, nonostante la piùampia superficie coltivata, la produzione diminuisce, ma ancora di più diminuisce la produttività.

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All'inizio della III dinastia l'efficienza dello stato ha un valore elevatissimo; al contrario leinfrastrutture, che pur preesistevano anche se frammentate. Questo perché si è assunto che sino adallora nessun operaio vi lavorasse stabilmente. Pertanto le condizioni socio-economiche, derivan-ti, secondo gli autori, dal prodotto della efficienza per le infrastrutture. presentano un valoremodesto. Il periodo di massimo fulgore si ha al termine della III dinastia. L'efficienza dello statosupera l'unità (il che è possibile solo per il modo con cui è stata definita) e le condizionisocio-economiche migliorano a ritmo elevato. Le piramidi colossali possono così iniziarsi. Dopol'ottantesimo anno il massimo dello sviluppo sembra non ancora raggiunto e Cheope progetta lapiù grande fra le piramidi. Ma l'efficienza dello stato comincia a calare. Dopo Chefren, forse ancheper rivolgimenti politici, la situazione generale degrada, a eccezione delle infrastrutture, che peròprobabilmente furono più di tipo conservativo che innovativo. Con l'ultimo faraone della IVdinastia l'economia e la società sono «stagnanti» e Shepseskaf non costruisce la propria piramide.

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