Le opposizioni esecutive...L’opera, aggiornata alle più recenti riforme del processo civile,...

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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Simone ® , /,%5, ',*,7$/, L16/ DG Le opposizioni esecutive Le opposizioni esecutive di opposizioni esecutive 2012 L. 12-11-2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012) Estratto della pubblicazione

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  • EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Simone

    ®

    L16/ DG

    Le opposizioniesecutive

    Le opposizioniesecutive

    di opposizioni esecutive

    2012

    L. 12-11-2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012)

    Estratto della pubblicazione

  • Le opposizioniesecutive

    Estratto della pubblicazione

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    Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

    Revisione redazionale a cura della dott.ssa Carla Buffolano

    Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

    Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

    Estratto della pubblicazione

  • PREMESSA

    Ogni domanda di accertamento di un diritto o di condanna ad un dare o ad un «facere» ne-cessita di una fase di attuazione del diritto accertato e dell’eventuale conseguente condan-na: il processo esecutivo realizza in concreto la tutela giurisdizionale richiesta e rende ef-fettiva la giustizia.L’opera, aggiornata alle più recenti riforme del processo civile, risponde in maniera dutti-le, rapida ed efficace ai dubbi applicativi processuali, fornendo la soluzione pratica per la definizione delle problematiche ricorrenti nelle aule dei Tribunali italiani con continuo rife-rimento ai più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.

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    Le opposizioni esecutive in generale

    SOMMARIO1.1 Nozione e natura giuridica delle opposizioni esecutive. - 1.2 I tipi di opposizione. - 1.3 I caratteri delle opposizioni.

    1.1 Nozione e natura giuridica delle opposizioni esecutive

    Il titolo V del libro terzo del codice di procedura civile dedica un autono-mo gruppo di norme (artt. 615-622) alle opposizioni esecutive (1) (2).

    Queste sono strumenti posti dal legislatore a disposizione dei sogget-ti coinvolti nel procedimento esecutivo, ed eventualmente dei terzi, per contestare la legittimità dell’azione esecutiva e del suo svolgimen-

    to attraverso il processo.

    (1) La letteratura sulle opposizioni esecutive è assai vasta. Senza alcuna pretesa di esaustività, si rammentano tra le trattazioni più re-centi: CORSARO-BOZZI, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 1996; DE SANTIS, L’opposizione all’esecuzione, relazione all’incontro di studi sul tema Esecuzione forzata ed opposizioni, organizzato dal CSM (Roma, 10-12-2003); LUISO, Diritto processuale Civile, III, Il pro-cesso esecutivo, Milano, 2000, 15; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2005, 161 ss.; MANDRIOLI, Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 431 ss.; MONTESANO-ARIETA, Diritto processuale civile, III, L’esecuzione forzata, Tori-no, 1995; Olivieri, L’opposizione all’esecuzione, in Riv. esec. forz., 2003, 237 ss.; Onniboni, Opposizione a precetto e opposizione a pigno-ramento: relazioni strutturali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 474 ss.; ORIANI, Opposizione all’esecuzione, in Digesto IV, vol. XIII Civile, Torino. 1996, 585; SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, Le opposizioni esecutive, Padova, 2009; VACCARELLA, voce Opposizioni all’ese-cuzione, in Enc. giur. Treccani, Roma; VERDE-CAPPONI, Profili del processo civile, III, Processo di esecuzione e procedimenti speciali, Na-poli, 1998.(2) Il codice di rito del 1865 non conteneva un titolo dedicato alle opposizioni nel processo esecutivo, anche se numerose norme inserite nella disciplina dell’esecuzione mobiliare ed immobiliare consentivano al debitore di contestare l’esecuzione sotto il profilo dell’esistenza ed entità del credito ovvero della nullità del processo. Mancava, però, una sistemazione complessiva della materia, nonché l’elaborazione di un sistema che distinguesse i rimedi oppositori in base al contenuto delle contestazioni proponibili. Un tentativo in questo senso ven-ne posto in essere dalla dottrina e dalla giurisprudenza dell’epoca, e gli esiti vennero poi recepiti dal legislatore nel 1940. Per un esame del panorama normativo precedente, cfr. ORIANI, L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987, 3 ss.

    Artt. 615-622 c.p.c.

    Nozione e funzione delle op-posizioni esecutive

    CA

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    Estratto della pubblicazione

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    Le opposizioni esecutive in generale

    Esse determinano l’instaurazione di un giudizio di cognizione, con fun-zione cioè di accertamento, tendenzialmente destinato a concludersi con una sentenza idonea al giudicato; trattasi, inoltre, di processo au-tonomo rispetto al processo esecutivo in cui si inserisce, in quanto esi-ge un autonomo atto introduttivo del giudizio, e si svolge in modo au-tonomo rispetto a questo, pur essendovi funzionalmente coordinato, ad iniziativa della par-te che deduce la pretesa illegittimità (in senso lato) dell’azione esecutiva intrapresa, o di sin-goli atti emessi dal giudice dell’esecuzione nel corso di svolgimento del processo esecuti-vo. Tale autonomia si esplica fino al punto che, come meglio si vedrà in seguito, il credi-tore, in sede di opposizione, può addirittura chiedere la condanna del debitore per un ti-tolo diverso da quello posto a base dell’esecuzione intrapresa (es.: passaggio dall’azione cambiaria a quella fondata sul rapporto causale).Il rapporto che lega, dunque, il giudizio di opposizione ed il processo esecutivo è di auto-nomia strutturale e di coordinamento funzionale ad un tempo. Da un lato, infatti, il giudi-zio di opposizione è occasionato da un processo esecutivo iniziato o almeno preannuncia-to con la notificazione del titolo esecutivo e del precetto, e si svolge, in sede di cognizio-ne, in modo separato dal processo esecutivo; dall’altro, l’eventuale accoglimento dell’op-posizione impedisce la proseguibilità dell’azione esecutiva ed influisce, dunque, sullo stes-so processo esecutivo.

    Il concetto di opposizione è, pertanto, più ampio del concetto di im-pugnazione in senso tecnico, in quanto, mentre quest’ultima ha per oggetto il solo provvedimento del giudice contro il quale si dirige, l’op-posizione non è legata a questo limite oggettivo, potendo, indifferentemente, dirigersi con-tro qualunque titolo esecutivo, contro gli atti dell’ufficio e gli atti di parte (3).

    Invero, il fondamento delle opposizioni esecutive è da ravvisare nel fatto che, poiché l’azione esecutiva si realizza mediante un procedi-mento (appunto il processo esecutivo), anche quest’ultimo pone l’esi-genza di controllo della regolarità dei relativi atti. Ecco allora la necessità (correlata agli artt. 24 e 111, co. 2, Cost.) di apprestare un sistema di tutela — non solo per il debitore, ma anche per il creditore e per qualsiasi terzo che possa essere coinvolto nell’esecuzione — volto a stabilire se l’azione esecutiva sia esercitata: a) a tutela di un diritto esistente e dai (e contro i) soggetti legittimati; b) secondo le regole che ne disciplinano lo svolgimento; c) sui beni del debitore (ovvero dei terzi assoggettati all’esecuzione).

    (3) Come precisato dalla costante giurisprudenza, nel processo di esecuzione le opposizioni non tendono, come nelle impugnazioni, alla sostituzione di una pronunzia ritenuta non conforme al diritto nel caso concreto con la nuova pronunzia che si chiede al giudice dell’im-pugnazione, ma consistono in un esame diretto a stabilire, secondo le due previsioni degli artt. 615 e 617 c.p.c., la sussistenza del dirit-to della parte istante a procedere ad esecuzione forzata in virtù di un titolo sostanzialmente efficiente, ovvero la regolarità formale dello stesso titolo, del precetto o dei singoli atti di esecuzione; pertanto, come il giudice dell’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’art. 615 c.p.c., non può che emettere una decisione che puramente e semplicemente accolga o rigetti l’opposizione, a seconda che riconosca o meno, come in qualsiasi giudizio di cognizione, il diritto di chi agisce in executivis, del pari, l’opposizione agli atti esecutivi, disciplina-ta dagli artt. 617 e 618 stesso codice, consiste in una vera querela nullitatis che non consente al giudice adito di sostituire con un proprio provvedimento l’atto contro il quale è rivolta l’opposizione (Cass. 20-9-1961 n. 2040; Cass. 9-3-1967 n. 565).

    Rapporto tra giudizio di co-gnizione e giudizio esecuti-vo: coordinamento funziona-le e autonomia strutturale

    Opposizione e impugnazio-ne in senso tecnico

    Fondamento delle opposi-zioni esecutive

    Estratto della pubblicazione

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    Capitolo 1

    1.2 I tipi di opposizione

    Sotto il titolo V del libro III, rubricato «Delle opposizioni», il codice di rito disciplina istituti che hanno fondamento e giustificazione diversi.Si distinguono, in linea di principio, sulla base dell’individuazione dei soggetti muniti della legittimazione attiva (4), due tipi di opposizione.

    La prima categoria è costituita dalle opposizioni proponibili dall’esecutato (debitore o terzo assoggettato all’esecuzione) e com-prende tre sezioni:

    1) l’opposizione all’esecuzione (artt. 615 e 616 c.p.c.);2) l’opposizione agli atti esecutivi (artt. 617 e 618 c.p.c.);3) le opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza (art. 618bis c.p.c.).

    Per distinguere l’opposizione all’esecuzione da quella agli atti esecuti-vi, bisogna considerare che la prima investe l’an delle esecuzioni, cioè il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o

    della pignorabilità dei beni. L’opposizione agli atti esecutivi, invece, consiste nella con-testazione della legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo: in questa, la parte fa valere vizi formali degli atti e dei provvedimenti svolti o adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva, come il titolo esecutivo e il precetto, nonché della notifica di essi (5).

    La legge 11-8-1973, n. 533, ha poi inserito, con la tecnica della «no-vellazione», l’art. 618bis (modificato dalla L. 24-2-2006, n. 52), che regola il procedimento delle opposizioni all’esecuzione ed agli atti ese-cutivi nelle materie soggette al rito speciale (artt. 409 e 442 c.p.c.), e

    che vengono pertanto comunemente indicate con l’espressione di opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza.

    La seconda categoria comprende, invece, le opposizioni di ter-zi, estranei all’esecuzione, ma che vantano diritti sui beni esecu-

    tati (artt. 619-622 c.p.c.).

    Il fondamento della prima categoria è dato dal fatto che il proces-so esecutivo è senza contraddittorio ed il debitore è il soggetto passivo dell’esecuzione senza alcun potere di iniziativa. La presenza

    di un titolo esecutivo, infatti, che costituisce presupposto indefettibile della tutela giudi-ziaria esecutiva, esprime, già di per sé, una sufficiente certezza circa la sussistenza del di-ritto del creditore procedente, idonea all’indisturbato progredire del procedimento verso il concreto soddisfacimento dell’interesse sotteso, in assenza di un vero e proprio contrad-

    (4) Si consideri, comunque, che la distinzione che il codice compie tra le opposizioni esecutive, facendo leva sul criterio della legittima-zione attiva, ha un carattere puramente programmatico ed orientativo, nel senso cioè che non impedisce il riconoscimento della legittima-zione a soggetti diversi da quelli individuati dal legislatore come «opponenti tipici». In tal senso, MANDRIOLI, Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 433.(5) Cass. civ. 6-4-2006, n. 8112; Cass. civ. 3-8-2005, n. 16262; Cass. civ. 10-12-2001, n. 15561.

    Opposizioni proponibili dal-l’esecutato

    …. differenza tra opposi-zione all’esecuzione e op-posizione agli atti esecutivi

    … opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza

    Opposizioni di terzi

    Fondamento delle opposizio-ni proponibili dall’esecutato

  • 7

    Le opposizioni esecutive in generale

    dittorio, reso inutile dalla tendenziale incontrovertibilità della situazione giuridica consacra-ta nel titolo. Pertanto, nel caso di esecuzione ingiustamente iniziata, se non ci fosse alcun rimedio, dato il carattere unilaterale del processo, il debitore sarebbe alla completa mercé del creditore. Per evitare ciò, il legislatore, mediante «le opposizioni», ha offerto appunto i rimedi per contrastare la pretesa che si ritiene ingiusta o illegittimamente esercitata.

    La seconda categoria si spiega, invece, con la necessità di salva-guardare coloro che vantino sulle cose pignorate diritti che la legge ritiene prevalenti rispetto a quelli del creditore.In linea di principio, non è configurabile un tertium genus rispetto ai rimedi dell’opposi-zione all’esecuzione e dell’opposizione agli atti esecutivi, essendo gli stessi da considerarsi tipici e completi per il sistema processuale della tutela oppositiva in executivis (6).

    Nella sola espropriazione forzata è regolata una particolare forma di opposizione, la cd. opposizione distributiva (artt. 512 e 511, co. 2, c.p.c.), destinata specificamente alla risoluzione delle contestazioni che possono insorgere nella fase di distribuzione del ricavato, e che riguardano tanto la collo-cazione privilegiata dei creditori, quanto la misura e l’entità dei crediti di cui si invoca la concreta soddisfazione nel processo. In particolare, prima delle riforme del biennio 2005-2006, si riteneva che anche la controversia distributiva rientrasse nella categoria delle op-posizioni esecutive, sebbene l’art. 512 c.p.c. fosse inserito tra le norme dedicate all’espro-priazione forzata in generale (7). Era, infatti, orientamento consolidato che le controver-sie sorte in sede di distribuzione fossero disciplinate con le forme di un ordinario giudizio di cognizione (8), deciso con sentenza impugnabile con appello (9). Tuttavia, per effetto della riforma introdotta dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005, l’art. 512 c.p.c. è stato profondamente modificato, in quanto la controversia distributiva non si tradu-ce più necessariamente in un incidente cognitivo: la nuova formulazione della norma de-volve, infatti, al giudice dell’esecuzione il potere di risolvere le controversie, insorte in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita, con ordinanza (priva di effetti al di fuo-ri del procedimento cognitivo), avverso la quale è esperibile dagli interessati il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, di cui all’art. 617 c.p.c.

    (6) In tal senso, Cass. civ. 11-6-2003, n. 9394.(7) MANDRIOLI, op. cit., 433.(8) Cass. civ. 17-1-1998, n. 378. Secondo parte della giurisprudenza (Cass. civ. 2-11-1993, n. 10818), le controversie distributive sono circoscritte alla fondatezza ed ai limiti della pretesa fatta valere con il precetto o con l’atto di intervento nel loro oggettivo contenuto e nel-la interpretazione che ne dia una delle parti, e si differenziano perciò sia dalla opposizione all’esecuzione che dalla opposizione agli atti esecutivi. Inoltre, La Cassazione (sent. 23-4-2001, n. 5961), sul presupposto della proponibilità dell’opposizione all’esecuzione anche nel-la fase della distribuzione del ricavato, ha precisato che l’ambito oggettivo ed i limiti di applicazione dell’art. 512 c.p.c. vanno ricercati nel fatto che non può formare oggetto di controversia in detta sede di distribuzione né la opposizione relativa alla pignorabilità dei beni, né la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. La diversità tra opposizione ex art. 615 c.p.c. ed op-posizione ex art. 512 c.p.c. è data, quindi, dal differente oggetto delle due impugnazioni, l’uno concernente il diritto a partecipare alla di-stribuzione (art. 512 c.p.c.) e l’altro il diritto di procedere all’esecuzione forzata (art. 615 c.p.c.), con la conseguenza che, mentre il primo è finalizzato ad escludere un creditore dalla distribuzione del ricavato, il secondo, invece, ha conseguenze più radicali, comportando, in caso di accoglimento dell’opposizione, la caducazione dell’intero processo esecutivo (Cfr., in merito alla possibile concorrenza tra le oppo-sizioni di cui agli artt. 512 e 615 c.p.c., Cass. civ. 28-9-2009, n. 20733. Per quanto attiene ai rapporti tra opposizione distributiva ed op-posizione agli atti esecutivi, cfr. Cass. civ. 14-3-2008, n. 6885, nonchè Cass. civ., Sez. Un. 5-2-1997, n. 1082).(9) Cass. civ. 13-5-2009, n. 11052; Cass. civ. 29-12-1993, n. 12946.

    Fondamento delle opposi-zioni di terzi

    Opposizione distributiva

    Estratto della pubblicazione

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    Capitolo 1

    Ne consegue che la controversia distributiva può essere ricon-dotta al genus delle opposizioni esecutive solo nel caso in

    cui le parti non prestino acquiescenza al provvedimento giudiziale a carattere esecutivo che dirime la lite, ma ne contestino il contenuto ai sensi del medesimo art. 617. In tale ultima ipotesi, l’opposizione distributiva non costituisce, come si riteneva in precedenza, un terzo tipo di opposizione, bensì rientra nell’ambito dell’opposizione agli atti esecutivi (10), la quale è tuttavia prevista, nel nuovo testo dell’art. 512 c.p.c., per la decisione di questioni di natura sostanziale, relative al merito dell’espropriazione (esisten-za ed ammontare dei crediti, sussistenza di cause di prelazione).Non rientrano, invece, nella categoria delle opposizioni esecutive alcuni procedimen-ti a carattere incidentale che si innestano nel processo e che comportano accertamenti a ca-rattere cognitivo, e precisamente: l’istituto della limitazione dei mezzi espropriativi previ-sto dall’art. 483 c.p.c., nonché gli istituti della conversione e della riduzione del pignora-mento, disciplinati rispettivamente dagli artt. 495 e 496 del codice di rito (11). Non è assimi-labile alle opposizioni esecutive neppure il giudizio di accertamento dell’obbligo del ter-zo regolato dall’art. 548 c.p.c., trattandosi di incidente cognitivo che, a differenza delle oppo-sizioni, non concerne il «se» ed il «come» dell’esecuzione, ma consiste in un accertamento pre-giudiziale alla proseguibilità dell’espropriazione presso terzi della quale definisce l’oggetto.

    1.3 I caratteri delle opposizioni

    Le opposizioni, a qualunque categoria appartengano, presentano delle caratteristiche co-muni che possono così sintetizzarsi:

    — si fondano sulla pretesa illegittimità dell’esecuzione nella sostanza o nella forma: nel primo caso, operano contro l’esecu-zione nel suo complesso (artt. 615 e 619 c.p.c.); nel secondo, contro

    singoli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) (12);

    — operano solo su istanza di parte e non di ufficio;

    (10) In tal senso, SOLDI, op. cit., 1043.(11) In tal senso, in dottrina, MANDRIOLI, op. cit., 433; in giurisprudenza, Cass. civ. 3-9-2007, n. 18533; Cass. civ. 14-7-2003, n. 10998; nonchè Cass. civ. 16-1-2003, n. 563, da cui si desume che l’istanza di riduzione del pignoramento è inammissibile se proposta in sede di opposizioni ex artt. 615 e 617 c.p.c.(12) Secondo VERDE-CAPPONI, op. cit., 214-215, la vera opposizione con la quale si contesta l’an dell’esecuzione (se cioè l’esecuzione debba esserci o non esserci) è soltanto l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., proponibile dall’esecutato o comunque dal soggetto passivo dell’esecuzione. Invero, con l’opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c., il terzo non contesta la legittimità dell’esecu-zione in quanto tale (essa si svolge in danno dell’esecutato, e non del terzo), ma unicamente il fatto che l’esecuzione abbia in concreto col-pito beni non appartenenti al debitore, e quindi estranei alla responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.; per tale ragione, si è parlato in dottrina di un’opposizione assai più prossima a quella regolata nel secondo comma dell’art. 615 (pignorabilità dei beni) che non a quella prevista dal primo comma dello stesso articolo (contestazione del diritto di procedere all’esecuzione forzata). Dal canto suo, l’opposizione distributiva, per chi ritiene che possa rientrare sempre nelle opposizioni esecutive, ha un ambito di applicazione, da un lato più ridotto e specializzato, dall’altro lato più ampio di quello dell’opposizione all’esecuzione: la contestazione del singolo credito o della singola collo-cazione in riparto può prescindere dalla contestazione del diritto stesso di procedere ad esecuzione forzata, e d’altra parte l’opposizione distributiva può essere proposta non soltanto dal soggetto che subisce l’esecuzione, ma anche da ognuno dei creditori concorrenti, ed in particolare anche dal creditore che ha assunto l’iniziativa del processo, nei confronti di altro creditore il cui convergente diritto sul rica-vato limita la concreta possibilità di soddisfazione dell’opponente.

    … natura giuridica

    Illegittimità dell’esecuzione nella sostanza o nella forma

    Necessità di istanza di parte

    Estratto della pubblicazione

  • 9

    Le opposizioni esecutive in generale

    — danno luogo a giudizi di cognizione, che possono provocare la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo o del pro-cesso esecutivo fino alla decisione sull’opposizione.

    Le opposizioni sono ammissibili a decorrere dal momento in cui l’ese-cuzione viene preannunciata con la notificazione del precetto (non assolvendo ad analoga funzione la notificazione del titolo in forma esecutiva) e sino alla definizione del procedi-mento esecutivo.

    Si distingue, pertanto, tra opposizioni preventive, proponibili dal-la data di notificazione del precetto fino all’avvio del processo esecu-tivo, ed opposizioni successive, proponibili a partire dal compi-mento del primo atto di esecuzione (13).

    Colui che assume l’iniziativa, proponendo l’opposizione, sia esso de-bitore o terzo, assume la veste di opponente e, come tale, ha la qua-lità di vero e proprio attore; convenuto è, invece, il creditore o colui che ha assunto l’ini-ziativa di cominciare o preannunciare il processo esecutivo.

    Per quanto riguarda, poi, il giudice competente, in seguito alla riforma introdotta dal D.Lgs. 51/1998, istitutivo del giudice unico di primo gra-do, che ha soppresso l’ufficio del pretore, per tutta la materia esecutiva la competenza spet-ta al tribunale (art. 9 c.p.c.). Tuttavia, nel caso di opposizione all’esecuzione e di terzo si deve ritenere che, nonostante la vis attractiva citata, riaprendosi una parentesi di cognizione, non sia esclusa la competenza del giudice di pace, in quanto ai sensi degli artt. 616 e 619 c.p.c., in questo caso, la decisione è demandata al giudice competente ratione valoris (14). Il pro-blema non si pone per quanto riguarda l’opposizione degli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), va-lendo, in tal caso, la competenza funzionale del giudice dell’esecuzione, cioè il tribunale.Infine, occorre rilevare che le recenti leggi di riforma (L. 80 e 263 del 2005, 52/2006 e 69/2009), pur senza modificare la collocazione sistematica delle norme, che resta quella sin qui ricostruita, hanno introdotto importanti innovazioni in materia di opposizioni ese-cutive e di sospensione del processo esecutivo. Le modifiche sono state di portata tale da mutare sia la disciplina dei provvedimenti di sospensione — di cui risultano profondamen-te ridelineati natura e presupposti, con il riconoscimento, tra l’altro, nel caso di opposizio-ne pre-esecutiva, di un potere di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo — sia il pro-cedimento incidentale di sospensione davanti al giudice dell’esecuzione ed il giudizio di me-rito davanti al giudice dell’opposizione.

    In particolare, in relazione a tale ultimo profilo, è stata recepita dal le-gislatore la cosiddetta concezione «bifasica» delle opposizioni elabora-ta in via interpretativa dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Il procedi-mento, infatti, in caso di opposizione ad esecuzione già iniziata, si articola in una prima fase, che si svolge dinanzi al giudice dell’esecuzione ed è finalizzata solo alla decisione

    (13) Cfr. MANDRIOLI, op. cit., 445, secondo cui, nel caso delle esecuzioni dirette o in forma specifica, lo spazio temporale che intercorre tra il momento dell’avvio e quello della conclusione del procedimento è così ravvicinato da rendere anche dubbia la concreta proponibili-tà dell’opposizione all’esecuzione, la quale presuppone che vi sia uno spazio tra l’inizio e la fine del processo.(14) Cass. civ. 16-11-1994, n. 9687; Cass. civ. 18-1-1988, n. 336.

    Giudizio di cognizione ed eventuale sospensione del-l’efficacia esecutiva del tito-lo o del processo esecutivo

    Opposizioni preventive e op-posizioni successive

    Attore e convenuto

    Competenza

    Concezione «bifasica» del-le opposizioni

    Estratto della pubblicazione

  • 10

    Capitolo 1

    sull’istanza di sospensione ed all’adozione dei provvedimenti sulla competenza, ed in una seconda fase, a carattere eventuale, che determina l’instaurazione del giudizio di cognizio-ne vero e proprio (cd. giudizio di merito).

    Da ultimo, l’art. 5, co. 4, lett. d), D.Lgs. 4-3-2010, n. 28 (Attuazio-ne dell’art. 60 della L. 69/2009, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), esclude i pro-cedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecu-

    zione forzata (opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, controversie in sede di distri-buzione, accertamento dell’obbligo del terzo) dal campo di applicazione della condizione di procedibilità costituita dall’esperimento del preventivo procedimento di mediazione. In-vero, consentire o imporre la dilazione nella fase processuale in cui la soddisfazione del singolo diritto è più prossima significherebbe aprire la strada a manovre dilatorie da parte dei debitori esecutati.

    Non necessità del preventi-vo procedimento di media-zione ex D.Lgs. 28/2010

  • L’opposizione all’esecuzione in generale

    SOMMARIO2.1 Natura giuridica ed ambito applicativo dell’opposizione all’esecuzione. - 2.2 La contestazione dell’azione esecutiva per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo. - 2.3 La contestazione inerente l’estinzione del diritto di credito incorporato nel titolo esecutivo. - 2.4 La contestazione della legittimazione all’esecuzione. - 2.5 La contestazione circa la pignorabilità dei beni. - 2.6 La legittimazione attiva e passiva. - 2.7 Onere della prova e proponibilità delle domande riconvenzionali.

    2.1 Natura giuridica ed ambito applicativo dell’opposizione all’esecuzione

    L’opposizione all’esecuzione — disciplinata dagli artt. 615 e 616 c.p.c., nonché dagli artt. 184-186 disp. att. c.p.c. — consiste nella conte-stazione, da parte del debitore, del diritto della parte istan-te a procedere ad esecuzione forzata.

    Trattasi di una parentesi cognitiva nel processo esecutivo, autonoma rispetto a quest’ultimo, ma pur sempre ad esso funzionalmente colle-gata, con la quale si esercita un’azione di mero accertamento ne-gativo, sostenendosi l’inesistenza originaria del titolo esecutivo o la sua inefficacia soprav-venuta prima dell’inizio del processo esecutivo o durante il suo svolgimento (1). Essa con-siste, cioè, nell’impugnare l’azione esecutiva per una questione di merito, deducendo l’ingiustizia dell’esecuzione perché senza titolo esecutivo ovvero in contrasto con esso, e quindi, in generale, per difetto di titolo, oppure perché relativa a determinati beni dei quali il debitore affermi la impignorabilità.

    (1) Cass. civ. 25-5-2007, n. 12239; Cass. civ. 19-7-2005, n. 15190. In dottrina, MANDRIOLI, Opposizione all’esecuzione e agli atti esecu-tivi, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 439. Nel senso, invece, che si tratterebbe di azione avente natura costitutiva, LIEBMAN, Le opposizio-ni di merito nel processo di esecuzione, Milano, 1936, 188. In ogni caso, a prescindere dalla tesi cui si voglia aderire, gli autori concorda-no nel ritenere che l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione comporti l’invalidazione degli atti esecutivi sino a quel momento com-piuti e la dichiarazione di insussistenza dei poteri processuali in cui si era espresso l’esercizio dell’azione.

    Nozione di opposizione al-l’esecuzione

    Azione di mero accertamen-to negativo

    CA

    PIT

    OL

    O

    2

    Estratto della pubblicazione

  • 12

    Capitolo 2

    Sulla base di ciò, come già accennato nel capitolo precedente, si è pervenuti in giurisprudenza, con orientamento costante, a sostenere che il criterio distintivo fra l’opposizione all’esecuzione (art.

    615 c.p.c.) e l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) si individua consideran-do che con la prima si contesta l’an dell’esecuzione, cioè il diritto della parte istante di pro-cedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ov-vero — nell’esecuzione per espropriazione — della pignorabilità dei beni, mentre con la seconda si contesta il quomodo dell’azione esecutiva, ossia soltanto la legittimità dello svol-gimento dell’azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l’esistenza di vizi forma-li degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quel-li preliminari all’azione esecutiva (come il precetto, il titolo esecutivo e le relative notifica-zioni) (2).

    Con l’opposizione alla esecuzione, in sostanza, si contesta che, nel caso concreto, sussistano le condizioni dell’azione esecutiva.

    Tali condizioni possono riguardare:

    — a) il fondamento dell’azione esecutiva, cioè l’esistenza ed il contenuto del titolo esecutivo, dal quale risulti il diritto da realizzare esecutivamente;

    — b) le persone, cioè la legittimazione attiva e passiva all’esecuzione; — c) l’oggetto, ossia il bene sul quale verte l’esecuzione, il quale, in linea di principio, non deve rientrare tra quelli sottratti all’esecuzione in favore dell’escusso (cd. impigno-rabilità) e non deve essere di pertinenza di un terzo.

    2.2 La contestazione dell’azione esecutiva per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo

    La contestazione dell’an dell’azione esecutiva può essere articolata se-condo una griglia di motivi, che delimitano il perimetro della co-gnizione del giudice dell’opposizione. In particolare, l’opposizio-ne può fondarsi sulla negazione dell’esistenza originaria o sopravve-

    nuta del titolo esecutivo, oppure sul venir meno, per fatti sopravvenuti, del diritto di credi-to in esso incorporato, ovvero ancora su questioni attinenti alla legittimazione delle parti o alla pignorabilità dei beni.Poiché l’azione del creditore si fonda sul titolo esecutivo, l’opposizione può essere in pri-mo luogo diretta contro il titolo, in quanto contestando il titolo si contesta nel contempo

    (2) Cass. civ. 6-4-2006, n. 8112; Cass. civ. 3-8-2005, n. 16262. Non è sempre agevole, tuttavia, distinguere tra i due rimedi oppositori, stante le possibili interferenze tra gli stessi. Invero, ogniqualvolta il giudice dell’esecuzione adotti un provvedimento assumendo una po-sizione sulla legittimità o meno dell’azione esecutiva (ad es., rilevando d’ufficio l’impignorabilità di un credito o l’inesistenza del titolo), la parte interessata alla prosecuzione del processo avrà l’onere di impugnare quest’ultimo ai sensi dell’art. 617 c.p.c. per far sì che l’ese-cuzione possa proseguire. Ne deriva la possibilità che la questione relativa al «se» dell’esecuzione, ove risolta esplicitamente dal giudice dell’esecuzione, possa tradursi nel vizio di legittimità-opportunità di un atto esecutivo (Cfr., in proposito, Cass. civ. 23-2-2009, n. 4334, che ha confermato come il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari la sopravvenuta inefficacia del titolo esecutivo debba essere impugnato con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio esperibile contro il provvedimento di «blocco» dell’esecu-zione. In dottrina, VITTORIA, Il controllo sugli atti del processo di esecuzione: l’opposizione agli atti esecutivi e i reclami, in Riv. esec. forz., 2006, 358 ss.

    Contestazione dell’an e del quomodo dell’esecuzione

    Opposizione all’esecuzione e contestazione delle condi-zioni dell’azione esecutiva

    Motivi di opposizione e de-limitazione della cognizione del giudice dell’esecuzione

  • 13

    L’opposizione all’esecuzione in generale

    il diritto di procedere ad esecuzione forzata. In particolare, l’opponente può dedurre l’ine-sistenza dell’azione esecutiva per la mancanza, l’invalidità o l’inefficacia del ti-tolo esecutivo, che può essere originaria o sopravvenuta.

    Il difetto originario del titolo esecutivo può verificarsi nel caso di titoli esecutivi giudiziali, qualora si assuma la sua inesistenza per un vizio genetico ovvero quando il documento che incorpora il diritto non ha valenza esecutiva ai sensi dell’art. 474 c.p.c. e, nel caso di titoli esecutivi stragiu-diziali, qualora la cambiale sia sprovvista del regolare bollo (3), l’assegno sia postdatato (4), il protesto cambiario non sia stato compiuto o diretto personalmente dal notaio che lo ha sottoscritto (nel caso in cui la questione sia rilevante dovendosi esercitare l’azione di re-gresso nei confronti del girante (5)), il titolo di credito sia stato oggetto di un sequestro pe-nale (non essendo possibile procedere esecutivamente in forza della sola copia autentica di quest’ultimo se non nel caso eccezionale in cui la copia sia stata rilasciata ai sensi dell’art. 258 c.p.p. (6)), l’atto pubblico sia stato formato da un soggetto che non riveste la qualità di pubblico ufficiale ovvero che, pur essendo pubblico ufficiale, sia incompetente o incapa-ce (art. 2701 c.c.) (7).

    Particolare rilevanza assume la distinzione tra titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali in relazione ai limiti di proponibilità dell’opposi-zione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

    Invero, per quanto riguarda i titoli giudiziali, l’opposizione non può riguardare la nullità (sanabile) degli stessi, ma soltanto la loro inesistenza. Ciò significa — come si desume dal principio di con-versione delle nullità in motivi di gravame di cui all’art. 161, co. 1, c.p.c. — che quando la legge stabilisce un particolare mezzo di impugnazione contro il titolo giudiziale (sentenza, ordinanza o decreto che sia), non si può contestare lo stesso, per presunti vizi di rito o di merito della decisione, con l’opposizione in esame. Così, ad esempio, quando è possibile l’appello contro una sentenza, non si può far valere in sede di opposizione un motivo che andrebbe fatto valere in sede di gravame (8). Nè è ammesso dedurre con l’op-posizione motivi di contestazione che avrebbero potuto proporsi nel processo in cui si è formato il titolo giudiziale (9).La violazione di tale regola da parte dell’opponente costituisce causa di inammissibilità, e non di infondatezza, dell’opposizione, e come tale è rilevabile d’ufficio dal giudice an-che in grado d’appello (10).

    Tale principio, secondo cui i motivi di nullità del titolo esecutivo giu-diziale si convertono in motivi di gravame e non possono essere fatti

    (3) Cass. civ. 28-10-1995, n. 11333.(4) Cass. civ. 30-8-1996, n. 7985; Cass. civ. 21-1-1985, n. 191.(5) Cass. civ. 19-1-1977, n. 263.(6) Cass. civ. 18-7-1980, n. 4696, che fa riferimento all’art. 343 del vecchio codice di procedura penale.(7) MANDRIOLI, op. cit., 435.(8) Cass. civ. 7-10-2008, n. 24752; Cass. civ. 29-11-2006, n. 10650.(9) Cass. civ. 23-3-1999, n. 2742.(10) Cass. civ. 5-9-2008, n. 22402.

    Difetto originario del titolo esecutivo

    Limiti di proponibilità del-l’opposizione ex art. 615 c.p.c

    … titoli giudiziali: opposizio-ne limitata all’inesistenza

    Inesistenza del titolo

    Estratto della pubblicazione

  • 14

    Capitolo 2

    valere in sede di opposizione all’esecuzione, non opera, tuttavia, qualora si tratti non di nullità bensì di inesistenza del titolo, come, ad esempio, nel caso di sentenza priva del-la sottoscrizione del giudice ex art. 161, co. 2, c.p.c. (11) osi al riguardo solo precisare che il vizio sussiste solo allorquando vi sia assoluta incertezza sulla persona del giudice che ha emesso la sentenza, poiché in caso contrario il vizio dell’atto processuale può essere cor-retto con il procedimento di cui agli artt. 287 ss. c.p.c., ovvero quando denoti la mancata partecipazione del giudice alla decisione (12).Invero, i vizi cd. d’inesistenza, non restando assorbiti dai mezzi di impugnazione, pos-sono venire in rilievo mediante opposizione all’esecuzione (purché ovviamente questa sia iniziata o sia stata preannunciata), oltre che con l’impugnazione del provvedimento giuri-sdizionale nei termini di legge ovvero mediante la cd. actio nullitatis.

    La distinzione tra nullità ed inesistenza viene richiamata dalla giuri-sprudenza anche allorquando il titolo sia costituito da un decreto

    ingiuntivo, al fine di regolare i rapporti fra opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., essendosi affermato che la nul-lità della notificazione del provvedimento monitorio può costituire materia di opposizio-ne tardiva, e non di opposizione all’esecuzione.Si è, altresì, ritenuto, in giurisprudenza, che il principio secondo il quale la parte minac-ciata con il precetto di esecuzione forzata in base a decreto di ingiunzione provviso-riamente esecutivo, avendo promosso giudizio di opposizione alla ingiunzione, non può proporre anche opposizione all’esecuzione per le medesime ragioni, non si applica alla diversa ipotesi di esecuzione già iniziata con il pignoramento presso terzi, quando il titolo esecutivo posto a base del precetto, nonostante la sua sopravvenuta inefficacia, an-cora non sia venuto meno (a seguito dell’eventuale provvedimento di sospensione dell’op-posto decreto ingiuntivo ex art. 649 c.p.c.), risultando, in tal caso, per converso, eviden-te l’interesse (concreto ed attuale) del debitore — cui il giudice dell’esecuzione abbia rifiu-tato la sospensione della procedura espropriativa — all’accertamento, con l’opposizione ex art. 615 c.p.c., da un canto, dell’impossibilità, per il creditore procedente, di promuo-vere ulteriori atti di esecuzione, e, dall’altro, della perdita di efficacia di tutti gli atti ante-riormente compiuti (13).

    Deve, inoltre, escludersi che l’opposizione all’esecuzione possa esse-re utilizzata in ordine a tutte le questioni proponibili in sede di oppo-sizione tardiva alla convalida di sfratto (14).

    (11) Cass. civ. 21-1-1998, n. 502. Per quanto riguarda il potere-dovere del giudice di verificare d’ufficio l’esistenza del titolo esecutivo, deve registrarsi un contrasto giurisprudenziale, atteso che, mentre secondo un orientamento (Cass. civ. 29-11-2004, n. 22430 e Cass. civ. 7-2-2000, n. 1337), il giudice dell’opposizione può procedere d’ufficio a tale verifica, in quanto il titolo esecutivo è condizione necessaria per l’esercizio dell’azione esecutiva, opinione contraria è stata espressa da Cass. civ. 7-3-2002, n. 3316. (12) Cass. civ. 15-10-1980, n. 5540. La giurisprudenza ha esteso l’ipotesi di inesistenza della sentenza anche al caso in cui questa non sia stata pubblicata (cfr. Cass. civ. 4-1-1977, n. 9), ovvero sia stata emessa nei confronti di soggetto inesistente, ad esempio perché de-ceduto prima della proposizione della domanda (cfr. Cass. civ. 11-2-1977, n. 610); al contrario, non è inesistente la sentenza deliberata nonostante il potere di decidere fosse sospeso in pendenza del regolamento di giurisdizione (cfr. Cass. civ. 25-5-1979, n. 301).(13) Cass. civ. 19-6-2001, n. 8331.(14) Cass. civ. 21-3-1985, n. 2067, che esclude l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di convalida di sfratto pronunciata nell’assenza dell’intimato, nel caso in cui si denuncino irregolarità del relativo procedimento.

    Decreto ingiuntivo

    Questioni proponibili in sede di opposizione tardiva alla convalida di sfratto

  • 15

    L’opposizione all’esecuzione in generale

    Stesso discorso vale per i provvedimenti d’urgenza (non reclama-ti, o confermati o emessi in sede di reclamo), stante il disposto di cui all’art. 669decies c.p.c.Più in generale, si è ritenuto in dottrina che, con l’opposizione all’esecuzione, può essere ri-levata qualunque ragione di invalidità di un provvedimento giurisdizionale, anche non assi-milabile all’inesistenza, quando, a causa della fase processuale in cui detto provvedimento sia stato emesso, il vizio non possa essere rilevato con gli ordinari strumenti di gravame (15).

    In tema di arbitrato, prima della riforma di cui al D.Lgs. 2-2-2006, n. 40, si riteneva che, in caso di esecuzione promossa sulla base di un lodo arbitrale rituale, la violazione delle norme che avrebbero dovuto essere applicate dal giudice ai fini della dichiarazione di esecutività, dovesse essere fatta valere con l’oppo-sizione all’esecuzione; con il medesimo rimedio, doveva essere contestata la nullità del de-creto di esecutorietà del lodo arbitrale emesso sulla base del semplice deposito del lodo e senza espressa domanda di exequatur (16).

    Tale soluzione non è più attuale alla luce del nuovo testo dell’art. 825 c.p.c., che prevede oggi la reclamabilità dinanzi alla corte di appello del decreto che concede o nega l’esecutorietà del lodo arbitrale nel termine di trenta gior-ni dalla sua comunicazione. Nell’attuale sistema normativo sembra, quindi, che i vizi relativi al procedimento diretto alla dichiarazione di esecutorietà del tito-lo vadano denunciati solo nell’ambito del procedimento di reclamo a ciò pre-posto e non possano più essere rilevati con l’opposizione all’esecuzione (17).

    Per quanto attiene, invece, ai titoli esecutivi stragiudiziali, le conte-stazioni sono possibili anche in ordine alla formazione degli stes-si. Di fronte a tali titoli, infatti, il debitore può far valere tutte le eccezioni e difese che avrebbe potuto far valere in sede di cognizione, potendo il giudice rilevare d’ufficio non solo l’inesisten-za ma anche la nullità del titolo esecutivo nel suo complesso e nelle singole sue parti, e ciò pro-prio per l’assenza di un processo di cognizione già concluso o in fase di svolgimento.La peculiarità dell’opposizione, in questi casi, deriva dalla circostanza che il titolo esecu-tivo si è formato prescindendo da qualsiasi controllo giurisdizionale preventi-vo sull’effettiva sussistenza del diritto a procedere esecutivamente.È possibile, dunque, sollevare contestazioni sia di natura formale (ad es., il difetto di sottoscrizione della cambiale), sia relative alla formazione del titolo in quanto do-cumento (ad es., irregolarità del bollo della cambiale), sia relative al rapporto con-trattuale sottostante.

    Rientra nell’ipotesi di vizio genetico del titolo esecutivo la contesta-zione con cui si assuma che il documento-titolo, pur essendo venu-to ad esistenza, non ha valenza esecutiva in quanto non è ricondu-cibile all’elencazione contenuta nell’art. 474 c.p.c.

    (15) Sulla determinazione (nei vari gradi) dell’ultimo momento utile per l’inserimento del fatto nel processo, che identifica il momento sto-rico cui la cosa giudicata si riferisce, cfr. MENCHINI, Il giudicato civile, Torino, 2002, 235. (16) Cass. civ. 29-5-2001, n. 7268; Cass. civ. 11-2-1995, n. 1553.(17) In tal senso, ARIETA-DE SANTIS, L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile a cura di MONTESANO-ARIETA, Padova, 2007, 1701.

    … e provvedimenti d’urgenza

    Lodo arbitrale rituale

    ... art. 825 c.p.c.

    Titoli esecutivi stragiudiziali

    Ipotesi di non riconducibili-tà del titolo all’art. 474 c.p.c.

    Estratto della pubblicazione

  • 16

    Capitolo 2

    In particolare, occorre premettere che, per quanto attiene alle senten-ze, sono provvisoriamente esecutive ai sensi dell’art. 282 c.p.c., secondo l’ormai consolidato orientamento dottrinale e giuri-

    sprudenziale, solamente quelle di condanna, atteso che solo queste postulano il con-cetto di esecuzione intesa come adeguamento della realtà al decisum (18). Va, dunque, esclusa l’anticipazione provvisoria degli effetti delle sentenze di mero accerta-mento (positivo o negativo) o costitutive.

    Si ritiene, inoltre, che le statuizioni di condanna siano provvisoriamen-te esecutive anche se aventi carattere accessorio: si pensi alla statui-zione di condanna al pagamento delle spese processuali, la

    quale costituisce titolo esecutivo indipendentemente dalla natura — se di condanna, costi-tutiva o di mero accertamento — e dal contenuto (se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo) della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede (19).

    Di recente, la Corte di cassazione (20), superando un precedente con-trasto giurisprudenziale, ha statuito, in relazione alle sentenze costi-tutive, in particolare quelle pronunciate ai sensi dell’art. 2932 c.c.,

    che: 1) non è riconoscibile l’esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., del capo decisorio relativo al trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell’art. 2932 c.c., né è ravvisabile l’esecutività provvi-soria della condanna implicita al rilascio dell’immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell’immobile, producendosi l’effetto traslativo della proprietà del bene solo dal momento del passaggio in giudicato di detta sentenza con la contemporanea ac-quisizione al patrimonio del soggetto destinatario della pronuncia; 2) nel caso di condan-na del promissario acquirente al pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi a tale condanna, altrimenti si verrebbe a spez-zare il nesso sinallagmatico tra il trasferimento della proprietà derivante dal-la pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita (risulta così smentita la diversa tesi sostenuta dalla precedente giurisprudenza, che aveva invece rite-nuto immediatamente esecutiva la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo (21)) (diversamente opinando, si consentirebbe al promittente ven-ditore — ancora titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del preliminare — di in-cassare il prezzo prima ancora del verificarsi dell’effetto, verificabile solo con il giudicato, del trasferimento di proprietà; 3) in generale, la provvisoria esecutività si estende senz’altro alla condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda, ma non può riguardare quei capi condannatori che si collocano in un rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costituti-vi relativi alla modificazione giuridica sostanziale.

    (18) Cass. civ. 6-2-1999, n. 1037. In dottrina, CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1960, 219, nonché ANDRIO-LI, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1957, 274.(19) Cass. 20-4-2010, n. 9363; Cass. civ. 25-1-2010, n. 1283; Cass. civ. 19-11-2009, n. 24438; Cass. civ. 3-8-2005, n. 16262; Cass. civ. 10-11-2004, n. 21367.(20) Cass. civ., Sez. Un., 22-2-2010, n. 4059.(21) Cass. civ. 3-9-2007, n. 18512.

    Provvisoria esecutività del-le sentenze di condanna

    …. statuizioni di condanna aventi carattere accessorio

    Sentenze costitutive ex art. 2932 c.c.

  • 17

    L’opposizione all’esecuzione in generale

    La non esecutività del titolo giudiziale può anche avere ca-rattere temporaneo, come si verifica, ad esempio, nel caso in cui il giudice della cognizione abbia subordinato l’efficacia esecutiva del provvedimento giudiziale alla prestazione di una cauzione: in tale ipotesi, il soggetto pas-sivo del processo può contestare la legittimità dell’esecuzione per l’inefficacia del titolo (22).Con riferimento ai titoli esecutivi stragiudiziali, può contestarsi, ad esempio, che una scrittura privata autenticata sia riconducibile al novero di cui all’art. 474 c.p.c., assumen-do che la stessa sia stata formata in epoca antecedente all’entrata in vigore della riforma di cui al D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (23).

    Il difetto originario del titolo esecutivo è riscontrabile anche nel caso in cui lo stesso manchi di alcuni elementi essenziali, perché pri-vo di indicazioni inerenti la parte creditrice o quella debitrice (si pensi al decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico quando esso non indichi in modo specifico la parte onerata al pagamento), ovvero in quanto documenta l’esistenza di un credito non avente i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità (si pensi alla senten-za di condanna generica (24) o alla sentenza di condanna al pagamento di una somma il-liquida (25) o ancora alla sentenza condizionata (26)) ovvero perché non individua l’immo-bile oggetto dell’obbligo di rilascio (27).

    Trattasi di pronunce giudiziali che non consentono di pro-muovere o proseguire l’esecuzione, ma non impediscono di intervenire nel processo: invero, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., i re-quisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito sono condizione per prean-nunciare prima e promuovere poi l’esecuzione, ma non sono requisiti indispensabili per intervenire nel processo esecutivo al solo fine di partecipare alla distribu-zione. Ne consegue che è possibile contestare il diritto del creditore a procedere esecuti-vamente, nei casi in cui si assuma che il credito fatto valere non è certo, liquido ed esigi-bile, solo quando si debba contrastare l’esercizio dell’azione esecutiva del creditore proce-dente ovvero, e con riguardo al processo di espropriazione forzata, il diritto del creditore intervenuto che compia atti propulsivi. Una contestazione di tale tenore non è, invece, pro-ponibile quando abbia ad oggetto la posizione del creditore intervenuto con titolo o senza titolo che non abbia dato impulso allo svolgimento dell’espropriazione (28).

    (22) Cass. civ. 30-1-1995, n. 1099.(23) SOLDI, op. cit., 1056.(24) Cfr. Cass. civ. 18-7-1997, n. 6611, nonché, in particolare, Cass. civ., Sez. Un., 15-1-1987, n. 245, secondo cui la pronuncia di con-danna al ripristino di una preesistente situazione dei luoghi non richiede, perché possa considerarsi titolo esecutivo, l’individuazione e de-scrizione delle opere, essendo sufficiente che dal contesto complessivo della decisione sia evincibile la situazione pregressa che occorre ripristinare, implicando la condanna la rimozione di tutto ciò che altera quella situazione.(25) Cass. civ. 5-2-2011, n. 2816 e Cass. civ. 6-6-2003, n. 9132, secondo cui la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamen-to di un determinato numero di mensilità di retribuzione o di quanto dovuto al lavoratore a seguito del riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento costituisce valido titolo esecutivo solo se il credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza, e non allorquando sia necessario ricorrere ad elementi esterni, non desumibili dal titolo, ancorché presenti nel processo che ha condotto alla sentenza di condanna; Cass. civ. 9-3-1995, n. 2760.(26) Cass. civ. 27-11-1979, n. 6239.(27) Cass. civ. 4-5-1993, n. 5152.(28) In tal senso, SOLDI, op. cit., 1057.

    Non esecutività temporanea del titolo giudiziale

    Titolo esecutivo privo di ele-menti essenziali

    Certezza, liquidità ed esigi-bilità del credito

  • 18

    Capitolo 2

    È possibile, inoltre, contestare con l’opposizione all’esecuzione che il creditore abbia intimato con il precetto il pagamento di una somma superiore a quella che avrebbe potuto richiedere in base al titolo esecutivo (29): in tal caso, il giudice dell’opposizione può dichiarare l’illegittimità del precetto non nella sua interezza, ma li-mitatamente alle somme per le quali la pretesa si riveli illegittima, con

    la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria a segui-to dell’opposizione in ordine alla quantità del credito. Si è, tuttavia, precisato che il giudi-ce dell’opposizione all’esecuzione non può comunque pronunciare una senten-za di condanna del debitore al pagamento della minor somma così determina-ta, perché in questo caso si duplicherebbe il titolo esecutivo, ma deve limitar-si ad accertare quale sia l’esatto ambito oggettivo e soggettivo del suddetto ti-tolo e, conseguentemente, pronunciarsi sulla legittimità o meno dell’esecuzione già intra-presa, configurandosi, per l’appunto, siffatto giudizio come causa di accertamento negati-vo, totale o parziale, dell’azione esecutiva esercitata (30). Sotto tale profilo è possibile con-testare lo schema di calcolo seguito dall’intimante, ad esempio, con riguardo alla rivaluta-zione della somma capitale liquidata dal giudice (31) o al calcolo degli interessi perché non dovuti in tutto o in parte o per ciò che concerne il tasso applicabile o la loro decorrenza (32) ovvero la misura delle spese legali successive all’emanazione della sentenza (33).Oggetto di contestazione può essere anche l’inserimento, tra le somme precettate, dell’in-tero importo delle spese di registrazione del titolo, a fronte di una statuizione di compen-sazione totale o parziale delle spese di lite (34), ovvero la richiesta di rimborso delle spese e competenze relative ad un precedente precetto ove quest’ultimo sia divenuto inefficace ai sensi dell’art. 481 c.p.c. perché non posto a fondamento di un’esecuzione (35). Qualo-ra, invece, l’opposizione al precetto sia basata sulla mancata specificazione della somma dovuta, senza alcuna contestazione del diritto della parte istante a procedere ad esecuzio-ne forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo o per altra ragione di merito osta-tiva alla minacciata esecuzione, la stessa attiene alle modalità di redazione del precetto e, quindi, alla regolarità formale dell’atto, con la sua conseguente configurabilità come oppo-sizione agli atti esecutivi (36).

    È possibile, altresì, proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. allorquan-do con il precetto sia stato intimato il compimento di una prestazio-

    ne non suscettibile di esecuzione forzata perché incoercibile. La giurisprudenza ha ritenu-to, ad esempio, che l’atto di precetto deve ritenersi invalido quando con esso venga intima-ta la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato, atteso che l’esecuzione speci-

    (29) Cass. civ. 3-5-2011, n. 9698; Cass. civ. 29-2-2008, n. 5515; Cass. civ. 20-5-2003, n. 7886; Cass. civ. 25-11-2002, n. 16569; Cass. civ. 29-12-1993, n. 12950; Cass. civ. 7-1-1980, n. 94.(30) Cass. civ. 24-4-2008, n. 10676.(31) Cass. civ. 25-5-1981, n. 3443.(32) Cass. civ. 5-5-2009, n. 10295; Cass. civ. 14-12-1992, n. 13171, secondo cui, se un decreto ingiuntivo non specifica la decorrenza degli interessi sul capitale, essi non possono farsi decorrere da un momento antecedente a quello della notificazione della domanda giudiziale.(33) Cass. civ. 7-12-2000, n. 15533. Si veda, in ordine alle voci delle spese di precetto, la recente Cass. civ. 20-6-2011, n. 13482.(34) Cass. civ. 26-2-1998, n. 2123.(35) Cass. civ. 17-8-1965, n. 1963.(36) Cass. civ. 5-5-2009, n. 10296.

    Intimazione con precetto di somma superiore a quella che il creditore avrebbe po-tuto chiedere in base al ti-tolo esecutivo

    Prestazione incoercibile

    Estratto della pubblicazione

  • 19

    L’opposizione all’esecuzione in generale

    fica è possibile per le obbligazioni di fare di natura fungibile, mentre la reintegrazione sud-detta comporta non solo la riammissione del lavoratore in azienda (e cioè un comportamen-to riconducibile ad un pati), ma anche un indispensabile ed insostituibile comportamento attivo del datore di lavoro di carattere organizzativo-funzionale consistente nell’impartire al dipendente le opportune direttive nell’ambito di una relazione di necessaria collaborazione (37). Pertanto, l’effetto imperativo di una sentenza che accerta, ad esempio, il diritto del la-voratore ad una qualifica superiore, con condanna del datore di lavoro all’attribuzione di tale qualifica, si estrinseca nel legittimare il lavoratore ad offrire la propria prestazione lavorati-va esclusivamente con quelle modalità che la controparte è condannata ad accettare e con la conservazione del diritto alla retribuzione corrispondente alla qualifica superiore nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi alla condanna medesima.Non è, invece, di ostacolo all’esercizio dell’azione esecutiva il fatto che il titolo esecutivo utilizzato sia posto a fondamento di altra esecuzione. Tale contestazione, pur astratta-mente riconducibile al rimedio oppositorio di cui all’art. 615 c.p.c. (38), non è accoglibile in quanto il creditore può promuovere sulla base di un unico titolo esecutivo molteplici proces-si sino a che la sua pretesa non sia stata integralmente soddisfatta. Resta però salva, in que-sto caso, per il debitore la facoltà di chiedere la limitazione del mezzo di espropriazione, che, per quanto già detto, esula dall’ambito delle opposizioni esecutive.

    L’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. può poi fondarsi sul difetto sopravvenuto del titolo esecutivo, come, ad esempio, nel caso di sospensione dell’esecutorietà del titolo giudiziale ad opera del giudice del gravame (39), o del decreto ingiuntivo ad opera del giudice dell’opposizio-ne, ovvero di riforma in sede di appello della sentenza di primo grado per motivi di rito o di merito. Ciò in quanto l’esistenza di un valido titolo esecutivo deve accompagnare l’inte-ra esecuzione, e non soltanto legittimare il compimento del suo atto introduttivo (nulla ese-cutio sine titulo) (40).

    Tuttavia, è bene precisare, quanto agli effetti del difetto del tito-lo esecutivo, che, mentre nel caso di mera sospensione dell’effica-cia esecutiva di un titolo ab origine valido ed esistente, si determina una sospensione ex nunc del processo esecutivo, nel caso di inesistenza originaria del ti-tolo esecutivo o di sua sopravvenuta caducazione si verifica un’illegittimità dell’esecuzione forzata con effetto ex tunc, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudi-zio, anche per la prima volta nel giudizio di cassazione (41).

    Come sottolineato in dottrina, se è vero che il titolo esecutivo deve per-manere durante l’intero corso dell’esecuzione forzata, l’accertamen-to negativo relativo al titolo non deve, tuttavia, risultare neces-sariamente da sentenza passata in giudicato (42). In altri termi-

    (37) Cass. civ. 17-6-2004, n. 11364; Cass. civ. 6-5-1999, n. 4543; Cass. civ. 14-7-1997, n. 6381; Cass. civ. 19-11-1996, n. 10109.(38) Cass. civ. 9-4-1992, n. 4375.(39) Cass. civ. 23-4-2001, n. 5961.(40) Cass. civ. 9-1-2002, n. 210 e Cass. civ. 31-3-2007, n. 8061, secondo cui la successiva caducazione del titolo esecutivo non può ave-re valenza retroattiva per inferirne l’invalidità di una procedura legittimamente iniziata ed ormai esaurita.(41) Cass. civ. 19-5-2011, n. 11021; Cass. civ. 29-11-2004, n. 22430.(42) VERDE-CAPPONI, Profili del processo civile, III, Processo di esecuzione e procedimenti speciali, Napoli, 1998, 221-222.

    Difetto sopravvenuto del ti-tolo esecutivo

    … effetti del difetto del ti-tolo esecutivo

    Non necessità di sentenza passata in giudicato per l’accertamento negativo re-lativo al titolo

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    Capitolo 2

    ni, la caducazione della sentenza di primo grado comporta l’inefficacia di tutti gli atti esecu-tivi già compiuti anche se la sentenza di riforma non sia ancora passata in giudicato (43). Ciò lo si ricava dal fatto che la riforma o la cassazione della sentenza estende i suoi effetti, con efficacia immediata, agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, e dunque, in primo luogo, agli atti di esecuzione intrapresi sulla base della sentenza di primo grado (in caso di riforma), così come della sentenza d’appello (in caso di cassazione: cfr. art. 336, co. 2, c.p.c.); la medesima regola trova applicazione anche nel caso di revoca, nel corso del giudizio, dell’ordinanza esecutiva di condanna al pagamento di somme.Anche in caso di accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’effetto caducatorio è automatico e non subordinato al passaggio in giudicato della sentenza che decide sull’opposizione (44), restando cioè caducati gli atti di esecuzione già compiu-ti, analogamente a quanto accade nei casi di riforma o cassazione della sentenza impugna-ta (artt. 336, 353 e 354 c.p.c.) e di revoca del provvedimento cautelare a seguito di recla-mo (art. 669terdecies c.p.c.).Tale principio lo si desume dall’art. 653, co. 2, c.p.c., secondo cui, se l’opposizione è ac-colta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della som-ma o della quantità ridotta (45): ne deriva che se la somma o la quantità è azzerata, come avviene nel caso di accoglimento totale dell’opposizione, non può materialmente verificar-si alcuna conservazione, neanche ridotta, degli atti esecutivi già compiuti, con la conse-guenza che l’opponente può immediatamente chiedere la restituzione dell’intera somma (o quantità) già versata (oppure la restituzione della cosa mobile già consegnata) (46).

    In generale, prendendo spunto da tale ultima questione, è possibile che il titolo esecutivo non venga posto nel nulla, ma sia sempli-

    cemente modificato, come, ad esempio, nel caso di parziale accoglimento dell’appello cui segua la pronuncia di una condanna ad un importo ridotto rispetto a quello oggetto della sentenza di primo grado, ovvero nell’ipotesi, testè esaminata, di parziale accoglimen-to dell’opposizione a decreto ingiuntivo, cui segua la pronuncia di una condanna diversa nel quantum rispetto all’ingiunzione originaria. Ebbene, trattasi di fattispecie che non in-cidono sulla procedura esecutiva, la quale prosegue per la realizzazione del credito nei li-miti dell’importo riconosciuto in sede di gravame (47). Non può, tuttavia, escludersi che il soggetto passivo del processo possa contestare il diritto del creditore dal punto di vista quantitativo, assumendo che il credito si è ridotto, ma una tale contestazione può essere avanzata solo quando, ad esempio, sia stato pagato il residuo dovuto e, ciò nonostante, il creditore intenda proseguire oltre nell’espropriazione. Parimenti, la procedura esecutiva

    (43) La vicenda assume, tuttavia, connotazioni diverse se il processo esecutivo si svolge nelle forme dell’espropriazione forzata e l’oppo-sizione all’esecuzione non abbia ad oggetto la posizione del creditore pignorante, bensì quella di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. In tal caso, infatti, la caducazione del titolo esecutivo da quest’ultimo fatto valere non può determinare l’inefficacia del pigno-ramento e degli atti esecutivi compiuti ad istanza del pignorante, atteso che questi ultimi hanno una loro autonomia strutturale e funzio-nale che li rende indifferenti rispetto all’esito del giudizio.(44) Cass. civ. 28-5-1999, n. 5192.(45) Il precetto, ancorché non costituisca atto di esecuzione in senso proprio, rientra negli atti esecutivi che la norma in esame fa salvi nel caso di accoglimento parziale dell’opposizione all’ingiunzione (Cass. civ. 11-5-1991, n. 5274). Tra gli atti di esecuzione che conserva-no i loro effetti rientra anche l’ipoteca iscritta in base al decreto (Cass. civ. 17-10-1991, n. 10945).(46) Cass. civ. 20-5-2004, n. 9626.(47) Cass. civ. 30-7-1997, n. 7111; Cass. civ. 7-4-1986, n. 2406.

    Modifica del titolo esecutivo

    Estratto della pubblicazione

  • 21

    L’opposizione all’esecuzione in generale

    prosegue senza soluzione di continuità anche nell’ipotesi in cui il titolo esecutivo manten-ga sia pure in parte la sua efficacia esecutiva, ma mutino esclusivamente le ragioni giuridiche della sua esecutività. Si pensi, ad esempio, ad un’esecuzione forzata avviata in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva e proseguita, una volta venuta meno la sua provvisoria esecutività (ad es., perché sospesa dal giudice dell’appello), facendo valere l’efficacia di cosa giudicata di alcuni capi della originaria pronuncia non impugnati e, per-ciò, passati in giudicato (48).Può, inoltre, verificarsi che la procedura esecutiva avviata sulla base di una sentenza di pri-mo grado provvisoriamente esecutiva prosegua in forza di essa sebbene l’impugnazione proposta in appello sia stata rigettata nel merito e la sentenza di secondo grado costi-tuisca il nuovo titolo esecutivo (49).Non è invece possibile la prosecuzione della procedura esecutiva nel caso in cui l’opposizio-ne all’esecuzione sia stata accolta, ma la stessa sentenza abbia accolto anche la domanda ri-convenzionale del creditore. In tal caso, è necessario intraprendere una nuova esecu-zione per far valere il titolo di nuova formazione, il quale non può sostituire, con ef-ficacia sanante, quello invalido opposto con la domanda ex art. 615 del codice di rito (50).Anche il titolo esecutivo stragiudiziale poi può essere caducato successivamente al preannuncio o all’avvio del processo esecutivo, come nel caso in cui sia accolta la doman-da di annullamento, simulazione, risoluzione o rescissione del negozio stipulato nella for-ma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata ed azionato quale titolo esecuti-vo. In tale ipotesi, tuttavia, l’effetto caducatorio dell’atto negoziale non consegue all’emanazione della pronuncia che dichiari l’annullamento o accolga la do-manda di risoluzione, rescissione o simulazione, ma solo al suo passaggio in giudicato, poiché in tutti i predetti casi la sentenza non è di condanna, ma di accertamen-to o costitutiva.

    La mancanza sia originaria che sopravvenuta del titolo ese-cutivo non è sanabile. Il sopravvenuto difetto del titolo esecutivo comporta, infatti, che l’esecuzione deve arrestarsi e non può più pro-seguire (51). Allo stesso modo, se l’esecuzione è iniziata in mancanza del titolo, non vale a giustificarla la sua sopravvenienza, sicché gli atti compiuti saranno nulli e dovrà essere iniziata una nuova esecuzione: ciò in quanto un valido titolo esecutivo deve sussiste-re all’inizio dell’esecuzione, ed un’eventuale «sanatoria» del vizio in pendenza di ese-cuzione non fa venir meno l’originaria illegittimità della stessa (si pensi al caso del titolo che acquisti solo in pendenza di esecuzione l’efficacia esecutiva) (52).

    Del pari irrilevante è la circostanza che il titolo esecutivo caduca-to nel corso del giudizio riviva. Si pensi all’ipotesi in cui l’esecu-

    (48) In dottrina, cfr. CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare, Milano, 2006, p. 56. In giurisprudenza, cfr. Cass. civ. 4-8-1987, n. 6705; Cass. civ. 30-7-86, n. 4889.(49) In tal senso, SOLDI, op. cit., 1063; Cass. civ. 3-11-2010, n. 22423, secondo cui la sentenza di appello, anche se confermativa, si so-stituisce totalmente alla sentenza di primo grado.(50) Cass. civ. 20-4-2007, n. 9494.(51) Cass. civ. 9-1-2002, n. 210, in Foro it., Rep. 2002, v. Esecuzione in genere, n. 27.(52) Cass. civ. 16-9-2005, n. 18355, in relazione ad un precetto notificato in base ad una sentenza penale di condanna al pagamento di una provvisionale sprovvista di clausola di provvisoria esecutività, che assuma esecutività nel corso del giudizio di opposizione; Cass. civ. 6-8-2002, n. 11769.

    Effetti della mancanza del titolo esecutivo

    Reviviscenza del titolo ese-cutivo caducato

  • 22

    Capitolo 2

    zione forzata sia promossa in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva e che essa sia stata riformata in appello. La caducazione degli atti esecutivi per effetto della pronun-cia del giudice del gravame si produce automaticamente e resta irrilevante la possibilità che nell’eventuale giudizio per cassazione la sentenza di riforma pronunciata in appello sia sta-ta annullata con o senza rinvio (53).In pratica, ai fini della legittimità dell’esecuzione forzata, è necessario e suffi-ciente che il titolo esecutivo sussista quando l’azione esecutiva è minacciata o iniziata e che la sua validità ed efficacia permangano durante tutto il corso del-la fase esecutiva, sino al suo termine finale. Ne consegue che, così come è inam-missibile per tardività una opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dopo il materiale com-pimento dell’esecuzione forzata, allo stesso modo non è possibile travolgere gli atti di una procedura esecutiva assistiti sino al suo termine finale da valido titolo esecutivo e, rispetto alla quale, la successiva caducazione del titolo esecutivo non può avere valenza retroattiva per inferirne la invalidità di una procedura legittimamente iniziata e portata a definitivo compimento (54).

    2.3 La contestazione inerente l’estinzione del diritto di credito in-corporato nel titolo esecutivo

    Con l’opposizione all’esecuzione è possibile anche contestare la validità, l’esistenza e l’efficacia del diritto incorporato nel titolo esecutivo (cd. opposizione di merito), contrastando il contenuto sostanziale del titolo e mirando ad ottenere un accertamento ne-gativo circa l’esistenza del credito in esso consacrato.

    Anche in tal caso occorre, però, operare una distinzione tra titoli ese-cutivi giudiziali e stragiudiziali, atteso che, mentre per questi ultimi la contestazione non incontra limiti (non operando il principio dell’intan-

    gibilità del giudicato), nel caso di titoli giudiziali l’opposizione è possibile solo per fatti estintivi, modificativi o impeditivi (come, ad esempio, il pagamento, la compen-sazione (55), la novazione, la transazione, la remissione del debito etc., ossia fatti che, pur non inficiando il titolo esecutivo nella sua formazione, dimostrano la sua inefficacia in quan-to il diritto consacrato in esso è stato già soddisfatto o, comunque, estinto) posteriori alla formazione del titolo o, se successiva, al conseguimento della sua definitività (56): tanto si ricava, tradizionalmente, dall’applicazione dei principi della preclusione da

    (53) Cass. civ. 13-5-2002, n. 6911.(54) Cass. civ. 31-3-2007, n. 8061, in relazione ad una fattispecie in cui l’azione esecutiva era stata iniziata ed ultimata sulla base di un decreto ingiuntivo revocato dopo che l’esecuzione era stata completata.(55) Secondo Cass. civ. 12-4-2011, n. 8338, il credito opposto in compensazione deve essere certo e, pertanto, non è idoneo a produrre un effetto compensativo il credito la cui esistenza forma già oggetto di un separato giudizio in corso e prima che questo accertamento sia di-venuto definitivo. Non può, dunque, essere opposto in compensazione un credito derivante da una sentenza provvisoriamente esecutiva ma non ancora passata in giudicato.(56) Cass. civ. 24-2-2011, n. 4505; Cass. civ. 24-4-2007, n. 9912; Cass. civ. 18-4-2006, n. 8928, secondo cui qualora, a seguito della parziale riduzione della condanna emessa in primo grado, come effetto del giudicato emerga quale effetto impeditivo il diritto alla resti-tuzione di una parte di quanto pagato in esecuzione della prima pronunzia, la rilevanza di esso in sede di opposizione all’esecuzione non è esclusa, ancorché tale fatto non sia stato fatto valere mediante una domanda tesa alla ripetizione di quanto pagato oltre il dovuto; Cass. civ. 30-11-2005, n. 26089; Cass. civ. 28-8-1999, n. 9061. Tra le fattispecie di inesistenza sopravvenuta del diritto oggetto dell’azione ese-cutiva rientrano anche lo ius superveniens (che non ricomprende tuttavia il mutamento giurisprudenziale) e la dichiarazione di illegittimi-

    Titoli esecutivi giudiziali: li-miti dell’opposizione

    Estratto della pubblicazione

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    L’opposizione all’esecuzione in generale

    giudicato, in ipotesi di titolo esecutivo giudiziale definitivo, e della litispendenza, nel caso di titolo esecutivo giudiziale provvisorio.

    Invero, il giudice dell’opposizione non può esercitare il suo controllo sul contenuto intrinseco del titolo esecutivo quale fonte del diritto già accer-tato, nel senso che gli è precluso il riesame della legittimità (sia re-lativa al merito che al rispetto delle regole processuali) della formazione del titolo, essen-do tali aspetti o già coperti dal giudicato o rimessi all’esclusiva valutazione del giudice dell’im-pugnazione del provvedimento giudiziale costituente titolo esecutivo (57) (si dice, infatti, che il giudicato copre sia il dedotto che il deducibile e sana i vizi processuali ex art. 161 c.p.c.). Se si tratta di titolo esecutivo giudiziale, la contemporanea pendenza del giudizio cognitivo impone, quindi, che ogni vizio di formazione del provvedimento sia fatto valere in quella sede, restando esclusa la possibilità che il giudice dell’opposizione sia chiamato a conoscere degli stessi vizi già dedotti o che avrebbero potuto essere dedotti davanti al giudice della cognizio-ne. E ciò in quanto vi può essere una sola sede di cognizione in cui far valere una questione e questa o è già in corso (litispendenza, in relazione ai titoli esecutivi giudiziali provvisori) o si è già conclusa (giudicato, in relazione ai titoli esecutivi giudiziali definitivi).Si ritiene, inoltre, che il giudice dell’opposizione all’esecuzione, allorché la senten-za fatta valere come titolo esecutivo sia appellata, non sia tenuto a disporre la sospen-sione del processo di opposizione, a norma dell’art. 295 c.p.c., in attesa della defini-zione della controversia cui la sentenza si riferisce (58).

    Può, dunque, ribadirsi che l’«autonomia strutturale» delle opposizioni esecutive rispetto al processo esecutivo non implica anche «autono-mia funzionale» delle medesime opposizioni rispetto al processo di co-gnizione all’esito del quale o nel cui corso è stato partorito il titolo giu-diziale su cui l’esecuzione si fonda. Il difetto di «autonomia funzio-nale», da un lato, esclude la possibilità di concorso tra il rimedio dell’opposizio-ne all’esecuzione e gli ordinari mezzi di impugnazione del titolo esecutivo giu-diziale (59) (tranne che nelle ipotesi di inesistenza del titolo (60)), dall’altro, implica che il riscontro dell’an e della misura del diritto di procedere all’esecuzione non può essere ope-rato sulla scorta di elementi estranei al titolo giudiziale, il cui contenuto, cioè, non può es-sere sovvertito in sede di opposizione.

    tà costituzionale della norma che sorreggeva la pretesa del creditore. Tuttavia, nel caso di titolo esecutivo giudiziale, la formazione del giu-dicato sostanziale, ovvero di una preclusione ad esso assimilabile, impedisce di far valere con l’opposizione anche tali motivi.(57) Cass. civ. 7-10-2008, n. 24752. In contrasto con il principio che si sta esaminando sembra, però, porsi Cass. civ. 27-7-2000, n. 9887, secondo cui nell’esecuzione forzata condotta su beni già sottoposti ad ipoteca dal dante causa a garanzia del debitore originario, il terzo acquirente nei confronti del quale si svolga l’esecuzione stessa può far valere, con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione, le ragioni che sarebbero spettate al proprio dante causa verso tutti gli altri fideiussori del debitore originario. In realtà, il contrasto è soltanto apparen-te, in quanto la posizione del terzo acquirente è da intendersi sopravvenuta rispetto a quanto già statuito nel titolo in forza del quale si procede. Nel caso, invece, di opposizione a precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, determinato in favore del coniuge e/o del figlio in sede di separazione dei coniugi, possono proporsi soltanto questioni relative alla validi-tà ed efficacia del titolo, mentre non possono dedursi fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni del-la separazione di cui all’art. 710 c.p.c. (Cass. civ. 16-6-2011, n. 13184; Cass. civ. 9-11-2001, n. 13872).(58) Cass. civ. 13-6-2008, n. 15909. Neppure sussiste tra i due giudizi litispendenza, Cass. civ. 3-9-2005, n. 17743.(59) Cass. civ. 29-11-1996, n. 10650.(60) Si pensi alle ipotesi di sentenza mai pubblicata o priva della sottoscrizione del giudice oppure resa nei confronti di un soggetto de-ceduto prima della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio.

    Poteri del giudice dell’oppo-sizione

    Rapporto tra opposizioni esecutive e processo ese-cutivo: autonomia «struttu-rale» ma non «funzionale»

    Estratto della pubblicazione

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    Capitolo 2

    In relazione a tale ultimo profilo, si suole precisare che il giudice dell’op-posizione può procedere ad interpretazione del titolo esecutivo, individuandone contenuto e portata precettiva, sulla base solo del di-

    spositivo e della motivazione e con esclusione del riferimento ad elementi a questo ester-ni o estranei all’azione esecutiva (61), e ciò a maggior ragione se il titolo sia costituito da una sentenza passata in giudicato. L’interpretazione del titolo dà, infatti, luogo ad un’in-terpretazione del giudicato esterno (rilevabile d’ufficio (62), che si risolve in un giudizio di fatto incensurabile in Cassazione ove non risultino violati i criteri giuridici che regolano l’estensione ed i limiti della cosa giudicata, ed il procedimento interpretativo sia immune da vizi logici o giuridici (63). In altri termini, il titolo esecutivo è normalmente intangibile in sede esecutiva quanto alla qualità e all’identità del creditore e del debitore, oltre che all’entità, all’oggetto ed alla struttura della prestazione invocata. Di recente, tuttavia, la giu-risprudenza di legittimità ha sostenuto che l’interpretazione può essere condotta anche alla stregua degli atti del giudizio in cui il provvedimento costituente titolo esecutivo è stato reso, purché tali atti siano già disponibili (64) ed espressamente desumibili dal titolo stes-so (65), mentre costituisce integrazione inammissibile un’attività di completamento di vere e proprie lacune nel comando contenuto nel titolo, che si volesse operare con l’impiego dell’attività tipica della cognizione.

    In definitiva, è sempre consentita al giudice dell’esecuzione, se cor-rettamente e congruamente motivata, la semplice integrazione del titolo esecutivo, all’imprescindibile condizione che non tra-

    smodi nella risoluzione di profili lasciati controversi nel titolo o che il titolo non abbia in alcun modo considerato o che investano la sussistenza del dirit-to del creditore; diversamente, neppure la peculiarità della materia potrebbe permette-re l’attività, che diverrebbe appunto sostitutiva, del giudice dell’esecuzione (66). Ad esem-pio, la sentenza non potrà mai essere integrata sotto il profilo della decorren-za degli interessi (67): qualora la pronuncia giudiziale non rechi specificazioni su questo

    (61) Cass. civ. 2-12-1992, n. 12584, secondo cui il giudice dell’opposizione all’esecuzione non ha il potere di accertare se la sentenza di primo grado non munita di clausola di provvisoria esecuzione e posta a fondamento dell’esecuzione forzata sia divenuta esecutiva per la inammissibilità dell’appello in quanto tardivamente proposto, trattandosi di un potere riservato al giudice di appello. Cfr. anche Cass. civ. 5-2-2011, n. 2816, in relazione alla sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme di denaro in favore del lavoratore.(62) Cass. civ., Sez. Un., 25-5-2001, n. 226, in Foro it., 2001, I, 2810.(63) Cass. civ. 17-2-2011, n. 3852; Cass. civ. 25-3-2003, n. 4382; Cass. civ. 5-9-2002, n. 12901. Ad esempio, in sede di esecuzione di una sentenza di condanna al pagamento di somme passata in giudicato, il giudice dell’opposizione non può integrare la pronuncia, ove carente o dubbia, facendo riferimento a regole di diritto o ad orientamenti giurisprudenziali ai quali il giudice del merito non abbia fatto cenno. Per casi applicativi, v. Cass. civ. 27-11-2001, n. 14986 e Cass. civ. 2-12-1992, n. 12854. L’interpretazione del titolo esecutivo può essere anche eseguita incidentalmente dal giudice dell’esecuzione nel momento in cui si accinge a compiere l’atto esecutivo, potendo egli, al fine di delibare l’esistenza ed idoneità del titolo ed accertarne la portata precettiva, avvalersi di atti del processo nel quale la sentenza sia stata pronunciata, ma a condizione che essi siano stati recepiti o richiamati nella stessa: si pensi, ad esempio, alla relazione del con-sulente tecnico d’ufficio cui sia stato affidato il compito di compiere indagini poste a base dell’accertamento dei fatti e del comando for-mulato nella decisione (Cass. civ. 14-3-2003, n. 3786). (64) Cass. civ. 22-2-2008, n. 4651.(65) Cass. civ. 21-11-2006, n. 24649; Cass. civ. 14-3-2003, n. 3786.(66) Cass. civ. 17-2-2011, n. 3852, secondo cui, tra l’altro, ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati non conciliabili, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, sempre che la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugna-zione questa che è consentita soltanto ove tale seconda sentenza non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato.(67) Cass. civ. 14-1-2003, n. 445.

    Interpretazione del titolo esecutivo

    … integrazione del titolo esecutivo

    Estratto della pubblicazione

    PremessaCapitolo 1 - Le opposizioni esecutive in generale1.1 Nozione e natura giuridica delle opposizioni esecutive1.2 I tipi di opposizione1.3 I caratteri delle opposizioni

    Capitolo 2 - L’opposizione all’esecuzione in generale2.1 Natura giuridica ed ambito applicativo dell’opposizione all’esecuzione2.2 La contestazione dell’azione esecutiva per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo2.3 La contestazione inerente l’estinzione del diritto di credito incorporato nel titolo esecutivo