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ARACNE Le nuove frontiere del sociale Dalla legge 328/00 alla legge regionale della Campania per la dignità sociale Salvatore Gargiulo

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ARACNE

Le nuove frontiere del sociale

Dalla legge 328/00 alla legge regionale della Campania per la dignità sociale

Salvatore Gargiulo

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00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1652–7

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I edizione: marzo 2008

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A mia moglie

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Indice

CAPITOLO PRIMO 13Dalla legge Crispi alla legge 328/00: scenari di grandi trasformazioni nel campo dell’assistenza sociale

1. Gli anni cinquanta 172. Gli anni Sessanta 203. Gli anni Settanta 224. Gli anni Ottanta 275. Gli anni Novanta 30

CAPITOLO SECONDO 37La legge quadro n. 328/00 e il sistema integrato dei servizi sociali 1. L’ossatura della legge 402. Il sistema dei servizi sociali 43 2.1Ilprofilooggettivo 44 2.2Ilprofilosoggettivo 463.LemodifichealtitoloV della Costituzione 48 3.1 Autonomia e competizione tra territori 51

CAPITOLO III 53L’attuazione della legge 328/00 in Campania

1.Leprocedureperladefinizione di un piano di zona. Le linee guida. 54 2. Il consolidamento delle procedure 61

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2.1. Redazione del Piano di Zona per il 2007-2009 61 2.2. Il percorso metodologico 633.Lerisorsefinanziarie 644. La valutazione del Piano di Zona 65

CAPITOLOIV 67La legge regionale per la dignità e la cittadinanza sociale

1. La sequenza degli articoli 682. Le conferme della legge 328/00 743. I rafforzamenti strutturali 804. Gli aspetti innovativi 835. L’aggancio con l’Europa 88

CAPITOLOV 91Le aree di intervento 1. Responsabilità familiari e minori 912.Disabilitàfisicaesalutementale 943. Anziani 97 3.1 Azioni per la valorizzazione di una visione positiva dell’anziano 98 3.2 Interventi e servizi 984. Contrasto alle povertà 99 4.1 La legge sul reddito di cittadinanza 995. Immigrati 1026. Dipendenze 1037. Persone detenute o, comunque, prive della libertà personale 1048. I livelli essenziali 104

CAPITOLOVI 107L’integrazione socio-sanitaria

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tra Enti locali e Asl

1. Soggetti e strumenti in campo 1072. L’impianto normativo 1093. Le competenze Istituzionali efinanziarie 1104. Competenze e responsabilità 1135. Il ruolo della Regione 1156. Le linee guida e i loro punti centrali 115 6.1 Il coordinamento degli atti 116 6.2 La effettiva partecipazione 117 6.3 L’integrazione istituzionale 117 6.4 L’integrazione gestionale 118 6.5L’integrazionefinanziaria 118

CAPITOLOVII 121Le forme di governo del Piano sociale di zona

1. Le forme associative 121 1.1 La Convenzione 121 1.2 Il Consorzio 123 1.3 L’Unione dei Comuni 1252. Le forme di gestione dei servizi 126 2.1 In economia 126 2.2 In concessione a terzi 1273.Acquisizioneeaffidamentodei servizi. Le procedure 131 3.1 L’evidenza pubblica 131 3.2 L’accreditamento e l’autorizzazione 133 3.3 La procedura di accreditamento 135 3.4Ilricorsoafigure professionali esterne 1384. Gli elementi portanti nella legge regionale 140 4.1 L’elemento oggettivo 140 4.2 L’elemento soggettivo 144

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5.Ilbilanciosociale:primeriflessioni 146

CAPITOLOVIII 149LepolitichesocialinelPORCampania2007 - 2013

1.Politichesocialiesviluppolocale 155

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Capitolo primo Dalla legge Crispi alla legge 328/00: scenari di grandi

trasformazioni nel campo dell’assistenza sociale

La legge 328 di riforma dei servizi sociali, approvata nel novembredel2000,hacostituito,senz’altro,unasvoltaradi-cale nel lungo percorso compiuto dai servizi sociali nel nostro Paese.Essa, infatti,hamessofineauna seriedi tentennamenti e

ambiguitàchesitrascinavano,pernonandaretroppoindietro,dagli anni cinquanta. Già allora, infatti, la nostra Costituzione, nel rispetto dei diritti di uguaglianza da garantire a ogni citta-dino, aveva cominciato a mettere in discussione l’ispirazione difondocheeraallabasedellalegislazionesocialevigenteaquell’epoca, la famosa leggeCrispi sull’assistenza ebenefi-cenza datata 18901. Unaleggequest’ultimache,asuavolta,rispecchiavalamen-

talità e la cultura dominante nella società del tempo: una classe aristocratica consolidata nei secoli, attenta a conservare i pri-vilegiaccumulati,eunaclasseborghese,sospintadallarivolu-zioneindustrialeeprontaancheinItalia,nonostanteilritardorispettoanazionicomel’InghilterraelaGermania,acogliernela portata innovativa. Insieme avevano cominciato ad intrave-dere scenari di grandi trasformazioni, seppure a cavallo di un processodiunificazionepoliticaancoradeboleeprivodellacapacità di procedere a profonde riforme strutturali2.NonsecondariasierarivelatalapresenzadellaChiesa,da

semprededitaadazionidibeneficenzatramiteproprieorga-nizzazioni, ma lontana dall’esigenza di un riassetto organico del settore.

Prevaleva un tipo di attività assistenziale privata, volontaria, caritativa,senzacheessaderivassedaundovereofacesseori-ginare un diritto. Nella sostanza, i termini attorno ai quali ruo-tavailsignificatodiassistenzaeranocarità,elemosina,benefi-cenza,filantropia,operedimisericordia.Dobbiamoaspettare

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l’inizio del XX secolo per sentire parlare di mutuo soccorso o di previdenza sociale.

E la prevenzione e la cura di persone in stato di svantaggio, fossero esse bambini, anziani, poveri o malati, era un compito chenaturalmentesidiluivanelloscorreredelviverequotidia-no,affidatoalgrupposocialediappartenenza.Unaquestioneda affrontare e probabilmente risolvere dentro la sfera privata dei rapporti tra famiglie e organizzazioni di solidarietà spon-tanee(inprimisleparrocchie)operantinelcontestoordinariodella vita sociale.

In tale contesto il povero, il mendicante non avevano diritti, non erano riconosciuti soggetti politici né sociali. Al contrario, percolorochefacevanopartediunacategoriasocialeattiva(lecorporazioniole“arti”diunavolta)scattavaundirittodiaiutolegato non tanto al bisogno riconosciuto, bensì all’appartenen-zaaungruppoinqualchemodoprotetto.Fuoridaiconfinidiquelsingologruppofinivaogniobbligodisolidarietà.

E su questo concetto di corporativismo si sarebbe innesta-to, per i decenni a seguire, il cammino dell’assistenza e della previdenza.Indefinitivanonc’era,aquell’epoca,un’istituzionepubbli-

ca a cui rivolgersi per vedere risolto un problema sociale, ma tutto si circoscriveva all’interno di rapporti interpersonali o di gruppi sociali contigui.

La legge Crispi del 1890 determinò un fatto nuovo. Consa-crò, per così dire, l’assistenza come funzione autonoma pub-blicachemiravaaprevenireo eliminare situazionidi svan-taggioocondizioniproblematiche,comelapovertà,chenontrovavano protezione spontanea.Nondimentichiamo che parliamodi un’epoca, la seconda

metà dell’Ottocento, in cui cominciava a svegliarsi la coscien-za di classe, a crescere il movimento operaio, e nasceva quello contadino.

In particolare il primo avrebbe preso il nome di proletariato e, nonostante fosse sempre più numeroso, non sarebbe riuscito asvincolarsidallacondizionediestremadebolezzaerischio

Capitolo primo

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difronteaipericolidellemalattie,dellavecchiaia,dellainsi-curezza.

Da qui la necessità di attrezzarsi con forme di mutuo aiuto, masemprechiuseneiconfinidiquellacategoria.

Certo, col movimento operaio per la prima volta ci si rivol-geva a tutti i lavoratori. Ma per quanto vasto, esso comun-que non comprendeva quella fascia di cittadini emarginata o esclusa dal circuito ordinario della società. Pensiamo ai tanti anziani,disabili,disoccupati,chepurevivevanonellediversecomunità locali.Undualismochesisarebbeprotrattofinoainostriannipiù

recenti e avrebbe connotato, con provvedimenti di differente valenza, i relativi apparati, quello assistenziale e quello previ-denziale, con evidente sbilanciamento a favore del secondo. E con la tendenza sempre più marcata a proteggere il “particola-re” con le risorse della collettività.

Su un altro versante il ceto industriale, frutto della media borghesia, chiedeva un governo, oltre che efficiente, anchegarante di una legislazione più moderna, aperta alle nuove questionisocialichesiaffacciavanoechenonpotevanoresta-reaffidateall’estemporaneosuccedersidellevicendediognigiorno.Risultatodiquestaleggesulle“Istituzionipubblichedias-

sistenza e beneficenza”, (legge n. 6972del 17.07.18903) fu,tral’altro,laparzialelaicizzazionedelleoperedibeneficenza,con amministratori nominati da Enti pubblici, l’istituzione, in ogni comune, di un Ente addetto all’assistenza (le Congrega-zioni di carità, trasformate successivamente, nel 1937, in Enti comunalidiassistenza(ECA),ilcontrollodapartedelloStatosui bilanci preventivi e consuntivi. Come si vede, un’ingeren-za pesante dello Stato in cose che fino a poco prima eranocampod’azioneesclusivodiprivatiodellaChiesa.Questana-turalmente, già colpita dalla fresca espropriazione dei beni av-venutaaseguitodellapresadiPortaPia(1870),maltolleraval’interventostataleinunsettorechecontrollavadasecoli.

Resta, comunque, da sottolineare un dato. La questione so-

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ciale, come ebbe a dire lo stesso Crispi, «batteva alle porte del mondo nuovo» e la sua legge l’avrebbe avviata a soluzione, in chiavemoderna.Sull’ondadellaleggeCrispi,lalegislazionesociale ricevette, anche nell’epoca successiva, governata daGiovanniGiolitti,finoalventenniofascista,unaaccelerazioneconsiderevole.

Un’epoca nella quale si evidenziò la divaricazione, appena abbozzata negli anni precedenti, tra previdenza e assistenza.Dalleprimeleggisuimanicomi(trail1904eil1909)fino

all’estensione al settore agrario della tutela da infortuni sul la-voro(1917)andòarticolandosiunafasedelcamminodelleri-forme sociali, contrassegnata da una garanzia sempre maggio-redeilavoratoridarischiedaunagradualespintaaestenderele procedure assicurative e previdenziali a un numero sempre maggiore di dipendenti.

I poveri, d’altro canto, o le persone private di una propria autonomia restavano nel loro stato di emarginazione, acclarato dalla legislazione vigente, e, soprattutto, da una mentalità do-minante. Considerare, cioè, queste persone (indigenti, anziani malati,minoriarischio,malatidimenteo“pazzi”)piuttostoun peso o, a volte, un pericolo da cui difendersi e non, invece, destinatarie di interventi sociali volti a recuperarle nel tessuto vivo della comunità civile.Versodi loro, tuttavia,erafiorenteunanuovaseriedi isti-

tuzioni private e, grazie alla leggeCrispi, anche pubbliche,dibeneficenza,finalizzatea«prestareassistenzaeprocurarnel’educazione, l’istruzione e, comunque, il miglioramento mo-raleedeconomico(art.1).».

Il fascismo accentua, se così possiamo dire, la forbice tra previdenzaeassistenzapiegandoaiproprischemiideologici(soprattuttocorporativismoenazionalismo)lerispostesociali,potenziando le forme previdenziali e settorializzando quelle assistenziali.VaintaledirezionelaistituzionedidiversiEntiprevidenziali, come l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI 1925), l’Istituto Nazionale Fascista AssicurazioniInfortuni sul Lavoro (1933), che ha dato origine all’attuale

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INAIL, l’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale(1935),dalqualeènatol’attualeINPS,l’EnteperlaMutualitàFascista (1943)dacuièsorto l’INAM,mentresiestende lagamma degli interventi assicurativi, volti a privilegiare, co-munque, gli occupati.Significativa, tra l’altro, sul versante dell’assistenza, è la

sottoscrizione dei Patti Lateranensi4(1929)cherestituisconoallaChiesaunruolosociale,giuridicamentericonosciutoperessere “accanto ai poveri”5.

In conclusione emerge da tale tipo di politica sociale la pre-occupazione di raggiungere consenso frazionando i provve-dimenti a favore delle singole categorie sociali più protette, e, insieme, esercitare un controllo più stringente sul sistema di “sicurezza sociale” abbozzato attraverso la costituzione e l’accentramento di grandi apparati burocratici.

Dopo lo sconquasso della seconda guerra mondiale la gio-vane repubblica conferma nella propria Costituzione questo dualismo tra previdenza e assistenza.

1. Gli anni cinquanta

Sembrapoterdireche,comeaffermaGiovanniSarpelloninun saggio sulla crisi dello Stato sociale6, la storia dell’assi-stenza e della previdenza è quella di una pluralità di gruppi che,perunaviaoperl’altra,sivedonomanmanoriconosciutii propri parziali diritti. Contestualmente si amplia progressi-vamenteanchel’areadeibisogniritenutimeritevoliditutelapubblica. Prende forma, così, un sistema di protezione sociale che, espandendosiper “stratificazione”, sancisce ladisugua-glianzanonsolotralepersonemaanchetraidiversidisagi.Ènell’articolo38dellaCartaCostituzionalelachiavedilet-

turaditaledualismoche,nellasostanza,ribadisceunimpiantoprevidenziale a tutela dei lavoratori a base categoriale e fram-mentaria e, dall’altro, un sistema assistenziale discrezionale e caratterizzato,prevalentemente,daattidibeneficenzaversoleclassi più indigenti.

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Esso, infatti, recita: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvistodeimezzinecessariperviverehadirittoalmante-nimentoeall’assistenzasociale.Ilavoratorihannodirittochesiano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze divitaincasodiinfortunio,malattia,invaliditàevecchiaia,di-soccupazione involontaria7». Assistenza, dunque, per i primi, previdenza per i secondi.

Entra in campo, inoltre, per la prima volta, un aspetto pecu-liare,finoadallorasoloparallelamentetrattato,quellosanita-rio. E si avvia, ante litteram, una prima forma embrionale di integrazione socio-sanitaria, che, però, vedrà riconosciuta lapropria legittimità soloallafinedegli anninovanta.Leggia-mo l’articolo 32: «La Repubblica tutela la salute come fon-damentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». È il primo, timido, affacciarsi sulla scena di un modello mutualistico universale, peraltroprontamenteaccantonato,vistiicostieccessivicheaquell’epoca avrebbe comportato.

Molteplici, per la verità, furono i provvedimenti legislativi assuntinelcampodell’assistenza,cheriflettevanounapiùge-nerale urgenza di garanzie da cui era pervaso tutto il tessuto sociale, e miravano a recuperare forme di tutela gravemente compromesse con la guerra.Mailpacchettodiquestiprovvedimenti,allafine,sirivelò

abbastanza deludente. Infatti la legge per la tutela della mater-nità(L.860del26.08.1950),lariformapensionistica(L.218del04.04.1952),l’istituzionedegliufficidellavoro(1949),lanascitadelMinisterodellaSanità(1958),ilriordinogestionaledi enti previdenziali primari come l’INPS, l’INAIL, l’INAM; il proliferare, infine, di organi assistenziali nuovi, come levarie “opere nazionali di assistenza”, restano indicatori di un fervido slancio di aiuto e di solidarietà verso le categorie più deboli.Categorie,appunto.Che,inquantotali,determinaronouna

frammentazione eccessiva e allontanarono i proponenti dalla finalitàoriginariadidarecompiutaeorganicarazionalizzazio-

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neamisuredisolidarietàtroppodiversificate.Numerose,in-fatti, furono le sollecitazioni corporative o di parte.

Tali sollecitazioni impedirono, tra l’altro, un riordino equi-librato del sistema pensionistico, uscito fortemente compro-messodallaguerra.Ognipropostacherivedesselamateriainsensouniversalisticoo,insubordine,prefigurassel’adozionedi trattamenti base omogenei per tutti i lavoratori e famiglie, completato da disposizioni integrative per singole categorie, trovòpiena opposizione da parte di quelle che godevanodicondizioni assicurative più favorevoli e non erano disposti a comprometterne la tenuta. D’altra parte la straordinaria cre-scita economica in Italia, prodottasi nel dopoguerra, assunse i dati caratteriali della frammentazione e della disparità. Il dua-lismo tra agricoltura e industria e, all’interno di questa, tra grandi e piccole imprese, il divario tra Nord e Sud diedero luo-go a provvedimenti, sul versante previdenziale e assistenziale, altrettanto disorganici.Per contro, la pressione di alcune componenti politiche e

sindacali, aperte maggiormente alle questioni sociali, faceva emergere l’esigenza di immaginare, già allora, un sistema di “sicurezza sociale” in grado di perequare gli squilibri perpe-tuati. Pressione solo in piccola parte corrisposta con provvedi-menti concreti ma pur sempre utile per innestare, lungo tutto il decennio,igermidiunanuovaculturadellepolitichesociali8.

Sembra di intravedere già in quei provvedimenti i prodromi diunconflittotraduemanierediintercettareilconsenso.Unavisione, diciamo, individualistica, tesa a privilegiare i singoli, e una collettivistica, mirante a compiacere intere categorie di interessi, mediata da organismi di rappresentanza sempre più agguerriti e in contrasto tra di loro.

In ogni caso, come abbiamo detto, il traguardo dell’unitarietà e dell’universalismo, seppure abbozzato, era ancora lontano.

In effetti il decennio, pur così fervido di sviluppo, si contrad-distingue per la disomogeneità degli interventi e delle politi-che,che,insintesi,sicompendianoinalcunitrattipeculiari,dallo sviluppo discontinuo della previdenza alla dispersione

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dei mezzi, dall’inadeguatezza degli interventi rispetto ai cre-scenti bisogni agli alti costi di gestione, non proporzionati alle prestazioni, dalla molteplicità delle istituzioni preposte alla difficoltà degli operatori di orientarsi nel groviglio delle di-verse norme9.Inquestaconfusionesiaffermaunnuovoprofiloprofessio-

nale,l’assistentesocialeche,partendodalsettoredell’ediliziasovvenzionata e popolare, avvia un prezioso lavoro per af-fermare, dentro famiglie prevalentementedisadattate, un’idea nuova di diritti e doveri del vivere comunitario. Una funzione preziosa che anticipa i tempi soprattutto in quel campo cheera ancora solo un aggregato disorganico di prestazioni sociali e sanitarie, lontanodalle funzioni istituzionali che i comuniavrebbero assunto, in seguito, in materia di sanità e assisten-za10.

2. Gli anni Sessanta

Costituiscono una fase lunga di transizione tra il decennio precedente, del quale completano alcuni processi avviati, come il sistema previdenziale, conclusosi nel 1967 con l’istituzione dell’assicurazione obbligatoria di malattia degli artigiani, e gli anni Settanta, dei quali preparano le consistenti trasformazioni nel campo dell’assistenza.L’ottimismoelafiduciainunduraturomiracoloeconomico,

nella prima metà, e la successiva recessione, assieme alla spi-rale delle contestazioni, nella seconda metà del decennio trac-cianolecoordinatesocio–politiche temporalidentro lequalileggereglieventidiimpegnosocialepiùsignificativi.L’avventodelcentrosinistracolprimogovernoFanfaninel

1962 determinò certamente aspettative molto speranzose per lamessainattodipoliticheafavoredellecategoriepiùdebolidella popolazione. In effetti una spinta in tale direzione ci fu, incoraggiataanchedaunosviluppoeconomiconotevoledeiprimi anni.

Ma essa comportò un costo molto alto con sbilanciamenti

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