Le Nature Morte in Dipinto Di Giorgio Mo

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ARTE - Le nature morte in dipinto di Giorgio Morandi. Il contesto e la rappresentazione del reale Samuele Elisei Nulla è più astrattodel mondo visibile Giorgio Morandi Introduzione Cos’è la realtà per Morandi? Potremmo cercarla nella fisicità dei suoi cari oggetti?Oppure nell’occhio che li guarda, nel cervello che li elabora o nell’animo che li interpreta? Tutto questo insieme oppure niente di tutto ciò? A queste domande, per quanto le mie possibilità di studente lo consentano, cercherò di rispondere con il seguente lavoro. Certa critica e certo pubblico hanno parlato di ‘monotonia’ e ‘ripetitività’ nella produzione artistica di Giorgio Morandi, non riuscendo a comprendere (o facendolo di rado e in ritardo) la freschezza e la novità del messaggio dell’artista bolognese. Francesco Arcangeli, riguardo alla mostra all’hotel Baglioni di Bologna del 21 e 22 marzo1914 cui partecipò anche un giovane Morandi, ha scritto della totale lontananza e indifferenza dei visitatori bolognesi, probabilmente troppo lontani dalla‘pittura pura’ del nostro[1]. Certo dopo la prolusione di Longhi per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bologna[2] cominciarono ad accorgersi del valore di quell’artista taciturno e riservato. In effetti,come scrive Arcangeli: Morandi […] ha pagato con questa particolare rinomanza, lenta a venire e di impronta sostanzialmente aristocratica, la sua stessa concezione dell’arte come ‘pittura pura’, che volutamente escludeva icontatti non necessari e allontanava i ‘non addetti ai lavori’ e non amava il rapporto con il gran pubblico[3]. Piovene[4],Bloch[5] e Vitali[6] ci hanno dato argomentata testimonianza che effettivamente l’arte di Morandi è tutto fuorchè ripetitiva. Le nature morte in dipinto, mi riferisco a quell’ampissima produzione che segue il periodo cosiddetto ‘metafisico’ e arriva fino all’ultimo periodo di vita dell’artista, andrebbero osservate attentamente una alla volta: non ne esisteuna uguale all’altra, mai, o per valori tonali o per composizione o per taglio. Ognuna racchiude un messaggio che va letto con gli strumenti propri della poetica morandiana.

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L'arte di Giorgio Morandi

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ARTE - Le nature morte in dipinto di Giorgio Morandi. Il contesto e la rappresentazione del reale

Samuele Elisei

Nulla è più astrattodel mondo visibileGiorgio Morandi  Introduzione Cos’è la realtà per Morandi? Potremmo cercarla nella fisicità dei suoi cari oggetti?Oppure nell’occhio che li guarda, nel cervello che li elabora o  nell’animo che li interpreta? Tutto questo insieme oppure niente di tutto ciò? A queste domande, per quanto le mie possibilità di studente lo consentano, cercherò di rispondere con il seguente lavoro.Certa critica e certo pubblico hanno parlato di ‘monotonia’ e ‘ripetitività’ nella produzione artistica di Giorgio Morandi, non riuscendo a comprendere (o facendolo di rado e in ritardo) la freschezza e la novità del messaggio dell’artista bolognese.Francesco Arcangeli, riguardo alla mostra all’hotel Baglioni di Bologna del 21 e 22 marzo1914 cui partecipò anche un giovane Morandi, ha scritto della totale lontananza e indifferenza dei visitatori bolognesi, probabilmente troppo lontani dalla‘pittura pura’ del nostro[1]. Certo dopo la prolusione di Longhi per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bologna[2] cominciarono ad accorgersi del valore di quell’artista taciturno e riservato.In effetti,come scrive Arcangeli:

Morandi […] ha pagato con questa particolare rinomanza, lenta a venire e di impronta sostanzialmente aristocratica, la sua stessa concezione dell’arte come ‘pittura pura’, che volutamente escludeva icontatti non necessari e allontanava i ‘non addetti ai lavori’ e non amava il rapporto con il gran pubblico[3].

Piovene[4],Bloch[5] e Vitali[6] ci hanno dato argomentata testimonianza che effettivamente l’arte di Morandi è tutto fuorchè ripetitiva.Le nature morte in dipinto, mi riferisco a quell’ampissima produzione che segue il periodo cosiddetto ‘metafisico’ e arriva fino all’ultimo periodo di vita dell’artista, andrebbero osservate attentamente una alla volta: non ne esisteuna uguale all’altra, mai, o per valori tonali o per composizione o per taglio. Ognuna racchiude un messaggio che va letto con gli strumenti propri della poetica morandiana.Ma prima ancora di questa disamina, seppur grossolana, il discorso andrebbe  approfondito analizzando il contesto in cuio però Giorgio Morandi, l’uomo e l’artista, o sarebbe meglio dire l’uomo-artista[7]: dove visse, quanto viaggiò, quali furono (se ce ne furono) i suoi modelli artistici,quali le sue amicizie e i suoi affetti, dove e quanto espose, cosa disse e cosa dissero di lui.Lo studio del contesto, a cui è dedicata la prima parte di questo lavoro, permetterà di inquadrare a grandi linee (non certo di incasellare perfettamente!) la figura artistica di Morandi nella dimensione umana propria della sua epoca.Nella seconda parte, ma forti della prima, si tenterà di rispondere alle domande posteci a inizio lavoro.

1 Il contesto  1.1    Note biografiche[8]

Nato a Bologna nel 1890, Giorgio Morandi trascorse gran parte della sua esistenza con la madre e le tre sorelle, venendo nel 1909 a mancare il padre. La prima parte della sua vita trascorse, come afferma Bacchelli, nella [9].Negli anni ’10 frequentò L’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove strinse amicizia con Mario Bacchelli, Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani.Del 1910 fu ilsuo primo viaggio a Firenze, dove ha la possibilità di vedere gli affreschi diGiotto, Paolo Uccello e Masaccio, e Venezia alla Biennale dove scopre Renoir[10].Nel 1914 entròin contatto con l’ambiente futurista; sempre nello stesso anno espose con altriquattro giovani artisti all’Hotel Baglioni di Bologna e a Roma per laSecessione Romana (le opere di quest’ultima mostra, forse le più vicine alfuturismo-cubismo, sono purtroppo perdute).Nel 1915 vennechiamato alle armi in vista della Grande Guerra come granatiere, ma la suastatura non era supportata da un fisico robusto: si ammalò gravemente(Bacchelli parla di «condizioni pressoché disperate»[11]) evenne rinviato a casa, dove le amorevoli cure dei familiari lo rimisero insesto.Fu insegnantedi disegno alle elementari fino a quando, per chiara fama, non divenneprofessore di incisione (a quarant’anni!) presso L’Accademia di Belle Arti diBologna.Suacaratteristica peculiare fu la dignità e la costanza con cui svolse il suolavoro quotidiano: rari furono i momenti di stasi, esclusivamente dettati damotivi di salute.Nel 1918 si avvicinò allametafisica e al movimento che seguiva “Valori Plastici”, rivista internazionaledi Mario Broglio, il quale in più di un’occasione acquisterà e esporrà dipintidi Morandi, oltre ad organizzare una mostra itinerante in Germania (1920) conpezzi di Carrà, De Chirico e lo stesso Morandi[12].Nel 1919 fu a Roma per un viaggiodi studio, dove conobbe personalmente Giorgio De Chirico. L’anno successivoandò alla Biennale di Venezia, dove finalmente poté ammirare, dal vivo e non inriproduzione come aveva sempre fatto fino ad allora, 28 Cezanne. Tornò spessonella città lagunare esponendo in diverse biennali.Ancora piùrilevante della sua presenza alle Biennali veneziane, è quella alleQuadriennali romane: nel 1931 e nel 1935 Morandi fa parte della commissione diaccettazione ed è presente anche come espositore. Ma il “caso Morandi” esplodenel 1939, alla terza edizione della mostra romana: Morandi ha un'intera salapersonale con 42 oli, 2 disegni e 12 acqueforti e ottiene il secondo premio perla pittura, alle spalle del più giovane Bruno Saetti.Pur essendovicino ad alcuni modelli d’oltralpe (Corot, Courbet, Cezanne) stranamente nonsi recò mai a Parigi, forse perché, come afferma Cesare Brandi «Parigi,Morandi, l’ha sorbito a distanza»[13], lasua cultura era già in lui senza bisogno di andarci, come per metempsicosi.Nel 1926partecipò con tre dipinti alla prima mostra del Novecento italiano.L’organizzatrice Margherita Sarfatti scrisse di lui nel 1930 due sole righe[14] chenon rendono merito ad entrambi, ma quelli erano tempi di eroismo e valorinazionali retoricamente condivisi e per il dimesso e solitario Morandi nonc’era veramente spazio.Il 1930 è anchel’anno cruciale in cui, con l’ultimo autoritratto, si conclude per sempre lalunga e magra stagione dei quadri di figura[15].Morandi esponefrequentemente all'estero: oltre alle già ricordate mostre del Novecentoitaliano, nel 1929 viene invitato al Premio Carnegie di Pittsburgh (viritornerà l'anno successivo e ancora nel 1933 e nel 1936 e altre tre volte nelsecondo dopoguerra); nel 1931 invia una sua Natura morta alla SettimanaItaliana di Atene; nel 1933 un'altraNatura morta è esposta alKunstlerhaus di Vienna per la

rassegna “ Moderne Italienische Kunst”; nel 1934sue opere partecipano alla Mostra d'Arte Italiana organizzata dalla Biennale diVenezia negli Stati Uniti; nel 1935 due Nature morte recentissimevengono esposte alla grande mostra d'arte italiana contemporanea allestita alJeu de Paume di Parigi; nel 1937 suoi dipinti figurano all'EsposizioneUniversale di Parigi; nello stesso anno la Biennale di Venezia organizza unagrande mostra a Berlino e Morandi è tra gli invitati.Questo accadeanche per la rassegna alla Kunsthalle di Berna, ove Morandi presenta quattroopere (1938).E' noto chefino al 1956 Morandi non compie viaggi all'estero, ma egli si dimostra sempremolto attento alle occasioni internazionali di rilievo: nel 1939 invia ungruppo di opere particolarmente importanti alla “Golden Gate Exhibition “ chesi apre a San Francisco; l'anno seguente è alla mostra d'arte italianaallestita a Zurigo.Mentre siriaccendono le polemiche sull' “impegno” in arte, non è un caso se allarinnovata Biennale del 1948, dove esplode il Fronte Nuovo delle Arti, il primopremio per la pittura venga assegnato a Morandi che presenta undici tele deglianni 1916-1920 nelle sale dedicate a “Tre pittori italiani dal 1910 al 1920” , ove figurano ancheopere di Carrà e di de Chirico con la presentazione di Francesco Arcangeli.Nello stesso anno, a sottolineare l'importanza della produzione graficadell'artista, Carlo Alberto Petrucci allestisce alla Calcografia Nazionale diRoma una sua rassegna antologica di acqueforti, che rinnova l'interesse dellastampa e del pubblico nei confronti di quello che una cerchia di estimatori,selezionata ma sempre più ampia, considera ormai come uno dei maestri delsecolo.Morandi infattigode del favore dei più esclusivi ambienti internazionali e alcune sue operevengono ospitate in prestigiose rassegne nel Nord Europa e negli Stati Uniti. Aconsacrazione di tale stima critica, giunge nel 1957 il primo premio per lapittura conferitogli alla quarta Biennale di San Paolo del Brasile, dove nel1953 aveva ottenuto il primo premio per l'incisione. E' d'altronde sufficientescorrere l'elenco delle esposizioni all'estero per rendersi conto di quanto siaconsiderata l'opera del maestro bolognese, con mostre personali di rilievo alPalais des Beaux-Arts di Bruxelles nel 1949 (grafica), al Gemeentemuseumdell'Aja e alle New Burlington Galleries di Londra nel 1954, al Kunstmuseum diWinterthur nel 1956, alla World House Gallery di New York nel 1957 e nel 1960, a Siegen nel 1962dove gli viene assegnato il Premio Rubens, al Badischer Kunstverein diKarlsruhe nel 1964.Dopo circa unanno di malattia, Giorgio Morandi si spegne a Bologna il 18 giugno del 1964.Volendotracciare una sorta di biografia artistica di Morandi, seppur per grandi lineee non dimenticando mai la sostanziale indipendenza dell’artista bolognese dalleprincipali correnti succedutesi nel ‘900, si potrebbe schematizzare come segue:-  Anni’10: formazione accademica, contatti con Futurismo e Metafisica (ValoriPlastici);-  Anni’20: abbandono Valori Plastici, Strapaese con Maccari e Longanesi;-  1931-1932:abbandono definitivo quadri di figura (autoritratto del 1930), toni cupi;-  1933-1937:ritorno alla pittura “calma”, composizioni centrate;-  1940-1945:la ‘grande stagione’ di paesaggi e nature morte degli anni di guerra;-  1950-1957:ossessive variazioni sullo stesso tema, luce frontale, quadro bidimensionale,oggetti fanno quadrato, senza emozione;-  Dal1957: oggetti rientrano nell’emozione, composizione rettangolare e alta;-  1963-1964Nature morte a forma di croce.

1.2    Contesto sociale

Nei primidecenni del Novecento Bologna, civilissima sotto tutti gli aspetti, presentaperò alcune lacune per quel che riguarda il mondo dell’arte: inesistenza di unacritica d’arte specializzata, scarso il mercato

dell’arte, poche e di scarsaimportanza le mostre[16]. Unastrada dunque in salita per chi, come Morandi, ha in Bologna il suo centrogravitazionale, la sua vita, la famiglia, il lavoro.L’artista nonha bisogno di girare per il mondo alla ricerca di qualcosa, ha già tutto lì,negli oggetti dello studio di via Fondazza e nei paesaggi estivi di Grizzanasull’Appennino tosco-emiliano.Giorgio Morandipuò essere definito, senza che questo termine implichi giudizi etici, come unesponente della piccola borghesia bolognese, una borghesia onesta e laboriosa,forse con orizzonti limitati ma che ha grande rispetto (e in alcuni casi fortenostalgia) per la tradizione.Arcangeli,prendendo velleitariamente le difese di questa condizione del nostro, scrive:

Forse è una condizione piccolo-borghese, perchénasconderlo? Ma la polemica anti-piccoloborghese, così straripante intorno al1910, che conseguenze ha portate? Due guerre mondiali, un nazionalismo folle,un marxismo fanatico, un capitalismo involuto e tirannico […][17].

Ladefinizione di Morandi ‘piccolo-borghese’ è da ricordare, non già in sensolimitativo. Ma in senso di qualificazione storico-sociale. […] Tale egli eranato, tale è, rettamente inteso, uno dei titoli maggiori di grandezza e diserietà, chè egli ebbe implicita, fin dall’inizio, la visione di una vitamodesta, ma ricca di implicazioni di costume, di pensiero, di dignità morale[18].

«Nella suavecchia Bologna, Giorgio Morandi canta così, italianamente, il canto dei buoniartefici d’Europa»[19];forse la dimensione sociale del nostro sta proprio in questa frase asciutta maricca di implicazioni, che Giorgio De Chirico scrisse per presentare l’artistaalla Fiorentina Primaverile del 1922.Un pittore conil baricentro nella provincia, ma profondamente italiano per il legame con latradizione, è un artefice nel senso medievale del termine, l’artigiano che haappreso l’arte dal padre e la tramanderà al figlio, ma allo stesso tempo è unuomo di valore internazionale (qui sta il grande merito di De Chirico nell’averdistinto il talento di Morandi quando questi era ancora uno sconosciuto).Per l’artistabolognese «la tradizione è un’eredità morale, un esempio, un invito a durare»[20]. Ilsuo è un canto nostalgico per quanto di buono c’era prima e ora rischia diessere travolto e cancellato dalla modernità.Poche eselezionate sono le amicizie di Morandi: lui non le cerca (per naturaleritrosia e riservatezza , non per misantropia), arrivano naturalmente comecorollario del suo mestiere. Mario Bacchelli, Osvaldo Licini, GiacomoVespignani dai tempi dell’Accademia, Maccari e Longanesi ai tempi di Strapaese, con una certa predilezioneper il poliedrico artista toscano[21], icritici e ammiratori Cesare Brandi, Francesco Arcangeli, Roberto Longhi,Lamberto Vitali, Carlo Ludovico Ragghianti.

1.3     Iluoghi Se per certi versi bisognerebbesfatare il mito di un Morandi che non viaggia per motivi economici o di saluteo per semplice inedia[22], èchiaro che nel corso della sua vita i ‘luoghi del cuore’ rimangono sempre due:la casa di via Fondazza a Bologna e quella di Grizzana sull’Appennino (Bo) ovetrascorreva le estati[23](oggi ribattezzata Grizzana Morandi in onore del maestro bolognese).Morandiconvinse la famiglia a trasferirsi in un nuovo appartamento, sempre in viaFondazza, quando nuove costruzioni rovinarono la luce che entrava nel suostudio. Cesare Brandi ricorda così questa nuova sistemazione: «In questa casad’affitto tutto è modesto, ma tutto è lindo, tutto è lucido di quellalucentezza che ha una storia come la buona educazione, una storia di attenzionie di rinunzie»[24].

In entrambe leabitazioni è allo studio-camera che Morandi tiene particolarmente: quello è ilsancta sanctorum dove madre e sorelle hannoda tempo frenato l’impulso a ordinare e spolverare per non distruggere con lapolvere anche le idee del loro Giorgio. Lo studio è anche camera, il letto è vicinoa tele e modelli, affinché le intuizioni prodotte durante il  riposo possano essere subito fissate e non sidissolvano con le prime luci dell’alba.Tavoli,consolle, ripiani e persino il pavimento sono invasi da decine di oggetti in unapparente caos, ma la loro posizione non è casuale, risponde all’ordine mentaledel maestro.Lo studioso tedescoWerner Haftmann ha infatti scritto:

Là si trovava una consolle a tre ripiani. Nel settorepiù basso, che poteva comprendere anche il pavimento, giaceva una confusione diquegli oggetti che l’avevano colpito a un primo esame ma che poi gli si eranodimostrati insufficienti per un discorso prolungato. Al piano di sopra sitrovavano oggetti come comparse in attesa di una ancor possibile entrata inscena. Ma la scena, sulla quale comparivano io protagonisti scelti comeinterlocutori di un lungo dialogo, si trovava nell’ultimo piano, situatopressoché all’altezza degli occhi[25].

L’alto valoreetico che ha il lavoro per Morandi si esprime pienamente nei suoi luoghi delcuore: sono il posto degli affetti domestici e insieme dell’attività quotidianache si protrae, con piacere ma anche con ferrea volontà, per decenni.Per Morandi nonoccorre scomodarsi per le grandi capitali della cultura europea[26],tutto ciò che gli serve per la sua arte è già a casa, o meglio è già dentro disé: la piccola finestra sul reale che con pazienza e passione il maestroedifica nel suo studio altro non è che una proiezione del suo interiore, unvoler far vedere agli altri ciò che lui sente e quindi vede.

1.4    Modelli e movimenti artistici

Nel famoso“Questionario Scheiwiller” del 1929 Morandi scrive chiaramente quali sono isuoi artisti preferiti: Giotto, Masaccio per gli antichi, Corot, Courbet eCezanne per i moderni[27]. Sofficifra il 1909 e il 1911 su “La Voce” lo aveva già introdotto all’arte di Cezanne[28], forseil modello che più di tutti influenzerà la sua arte. Se Morandi infatti guardaa Braque e Picasso, lo fa per la loro fase proto-cubista, quella ancora legataa Cezanne.Due furono imovimenti dell’avanguardia italiana che più lo interessarono: il futurismo esoprattutto la metafisica. Non bisogna stupirsi se il giovane Morandi siavvicinò a correnti che con il senno di poi potremmo definire poco ortodosseper lui. In realtà queste nuove sperimentazioni sono sempre funzionali alla suaarte, la quale aveva caratteristiche ben definite, che lo accompagneranno pertutta la carriera, già dagli anni ’10.Morandi èinteressato alla ‘metafisica’ di Carrà, forse l’artista del movimento a lui piùvicino, nonostante stimasse le idee di De Chirico e del fratello Savinio[29].Il suo è come scrive Arcangeli: «[un]voluto approfondimento dei suoi ‘valori plastici’»[30]. Aribadire il concetto De Vecchi così si esprime: «Le splendide opere metafisichedi Giorgio Morandi, al di là del mistero che fingono di evocare, sonosoprattutto nitide speculazioni sullo spazio e sulla luce»[31].E ancora nelle sue operemetafisiche Il maestro bolognese «[dimostra] un interesse approfondito per laspazialità dell’immagine e le qualità pittoriche del colore, caratteristica cherimarrà immutabile costante della sua ricerca[32]».            Ilrigore spaziale e luministico di Morandi può assumere però anche un tonogiocoso, come ad esempio nella Naturamorta del 1918 (oggi al Civico Museo d’Arte contemporanea di Milano), doveuna

pallina sospesa nel vuoto sembra reggersi con l’ombra sottile di una lunga asticciola metallica[33],oppure nella  Natura morta sempre del 1918 della Fondazione Magnani-Rocca, dove un mezzo manichino di spalle sembra osservare una lunga pipa che ha la sua stessa altezza.Anche il ‘ritorno all’ordine’, movimento dell’arte occidentale che negli anni ’20 fa «appello a una tradizione da costruire su basi più pure»[34], lo vede distante, seppure ammiratore, non a caso, del giottismo di Carrà.Se c’è qualcosa cui Morandi possa essere accostato senza tema di smentita questo è forse Strapaese, il movimento di Leo Longanesi e Mino Maccari in cui è presente una vena, affine allo stesso maestro bolognese, di rimpianto per una dimensione italiana tradizionale e provinciale, contro il modernismo imperante che tutto cancella e dimentica. Tanto Longanesi con l’”Italiano” quanto Maccari con il“Selvaggio” seguono con amorevole attenzione e partecipazione l’arte del nostro, ospitando suoi disegni e incisioni e contribuendo per primi alla sua quotazione pubblica[35].

2     La rappresentazione del reale Osservando alla rinfusa le nature morte dipinte nel secondo dopoguerra non si può fare a meno di notare come Morandi sia rimasto fedele, seppur nella tortuosità del percorso, a una sua idea di realismo.Partendo dalsuo bagaglio culturale, cioè dai lavoratori di Courbet, dai paesaggi di Corot edalle nature morte di Cezanne, ma si potrebbero aggiungere anche le letture dialcuni grandi autori tra cui Leopardi, il maestro bolognese è riuscito a creare una sua cifra personalissima e moderna, dove «gli oggetti familiari perdono illoro senso d’uso, la patina e la funzione domestica e si tramutano in un mondodi forme assolute, pure»[36].Se Maffini eCalza scrivono «Vasi, bottiglie, oggetti del quotidiano si dispongono comesagome in uno spazio privo di prospettiva, depurati della loro fisicità permezzo di un colore contenuto e umile»[37],errando, sicuramente per la concisione brutale richiesta a un manuale, sia sullaprospettiva che sul colore, altri hanno saputo cogliere meglio questi aspettibasilari della pittura morandiana.Per la Pasqualiinfatti:

tale è la sua fedeltà alla geometria e al canone dellaproporzione, da fargli usare semplici strumenti ottici, artigianali quantoesatti, per tenere insieme nella scatola prospettica le sue costruzioni dioggetti […]: superfici quadrettate di celluloide semitrasparente (una a sezioniquadrate di tre centimetri di lato; un’altra a reticolato più fitto  con spazi di un centimetro di lato; unaterza, rettangolare, a fasce sovrapposte di ampiezza uniforme) […] anche ilpiano d’appoggio è squadrato per mezzo di segni a matita che incidono il bordoogni dieci centimetri[38].

«[…] Morandi non altera mainell’immagine le proporzioni e le relazioni spaziali fra gli oggetti […]»[39]Un Morandidunque sempre attento a prospettiva e proporzioni, ad un uso corretto dellospazio sulla tela. Riguardo al colore ‘contenuto e umile’ bastiricordare che l’impasto cromatico di Morandi è stato paragonato a quello diVermeer: per entrambi avvicinandosi al quadro si nota la ricchissima tessituradi vari pigmenti che da lontano formeranno il colore.Ad una pitturadi colore il nostro non manca di aggiungere luce, la sua famosa luminosità checrea quella fantastica atmosfera di ‘sospensione’ in quasi tutte le sue opere.Non la luce pierfrancescana, potentemente mediterranea, così tagliente chesembra ‘affettare’ gli oggetti che colpisce, ma una luce

nordica, morbida ecrepuscolare, che accarezza gli oggetti eppur li fa vibrare nei loro elaboratiimpasti cromatici.Le nature mortedell’ultimo quinquennio fanno pensare all’ultimo Tiziano: una mano sciolta evolutamente imprecisa traccia profili tremolanti, le forme si semplificanonella loro essenza più basilare, quasi a ricordare il richiamo di Picasso all’artedei bambini.In tale contesto sono compreseanche «[…] le nature morte quasi a forma di croce del 1963-1964, ove la polverefunge da semitono cromatico, da zona di passaggio fra una forma e l’altra […]»[40].Gli oggettiassumono contorni non definiti, contorni che a volte si immaginano solamenteperché aventi lo stesso colore dello sfondo, «[…] le forme si nascondono l’unadietro l’altra, fin quasi a fondersi in figure impreviste, di nuova, inventatageometria»[41], altri oggetti sembranoinvertire le loro posizioni all’interno di una stessa rappresentazione, altriancora paradossalmente in bilico sul ciglio di un piano sembrano cadere da unmomento all’altro.In alcune operesi avverte «[…] l’esigenza espressiva, così forte in Morandi, di eliminare icontorni, di aprire l’oggetto allo spazio che lo circonda e lo comprende»[42];  «In altre opere, al contrario, gli oggetti sicompattano al centro dello spazio e paiono volersi chiudere in difesa di fronteai pericoli di una realtà magmatica, in perenne trasformazione, che parevolerli travolgere»[43].Eppure ilcontrollo dell’opera c’è sempre, quel controllo ossessivo per cui Morandi nontollerava che altri vedessero nei suoi dipinti cose che lui non avevarappresentato[44]; quella era la sua realtàlungamente meditata e per certi versi sofferta, tale doveva essere anche pergli altri.E’ la stessapervicacia con cui Morandi si estenuava a scandagliare un oggetto, fino avederlo come forma pura, senza nessuna funzione, come quando da bambini sigioca a ripetere innumerevoli volte la stessa parola e questa perdecompletamente di significato, agglomerato di lettere senza senso.La percezioneche Morandi ha del reale viene ‘ripulita’ dalle facili seduzioni che un occhiopoco allenato rileva, come ad esempio i particolari che distolgono l’attenzione;questo è un lavoro interno che l’artista, in tempi variabili, compie dentro disé, per poi restituire quella frazione di realtà depurata da tutte le suescorie, ridotta all’essenziale.Rispondendoalla domanda dell’introduzione su cosa sia la realtà per Morandi, alla rispostaproblematica del Dorfles[45]opporrei un insieme di più componenti (rigore spaziale, complessità coloristicae luministica, purezza formale) mediati da una componente istintiva(intuizione) e una razionale (intelletto).Secondo Arnheimla percezione intuitiva e l’analisi intellettuale sono due procedure cognitive,egualmente valide e indispensabili e comuni a tutte le attività dell’uomo[46],prima fra tutte l’interpretazione della realtà che ci circonda.Nelle piùmature nature morte di Morandi (parlo, come ho sempre fatto per tutto illavoro, esclusivamente dei dipinti, non volendomi arrischiare in un campoaltrettanto vasto quanto periglioso quale quello delle incisioni) vediamoquanto in effetti ci sia bisogno della componente intuitiva e di quellaintellettuale, per poter far nostro uno scorcio di realtà morandiana.Parlando dellanatura morta n.767 (catalogo Vitali) la Pasquali evidenzia il lavoro intuitivoe intellettivo che si compie di fronte a un’opera di Morandi (ma il discorsopotrebbe essere allargato all’opera d’arte in sé):

Ciò che subito colpisce è la sua purezza, la sualimpidezza di forma e colore. E poi ci si accorge che alla saldissimaarchitettura formale, alla disciplina tutta logica e rigore della composizione,fa da contrappeso un senso quasi fantastico del dialogo-incontro fra i treoggetti, come se questi si trovassero in uno stato un po’ problematico diequilibrio e però perfettamente a proprio agio su una specie di tappetovolante, di piano sospeso che li isola (o forse li salva?) dalle sabbie mobilidel fondo[47].

A conclusionedel capitolo e dell’intero saggio penso sia quanto mai opportuna questaconsiderazione di Marilena Pasquali, che per certi versi esprime a parole leemozioni che provai durante una visita al Museo Morandi di Bologna qualche annofa:

Nel senso latente di sospensione sta uno dei segretidell’arte morandiana: l’immagine è sempre e comunque sotto il controllo dellamente, il nesso analogico, matematico tra le forme non viene meno e pur unbrivido di emozione, di potenzialità inespresse pervade l’immagine e la favibrare. E questa fusione di rigore e sentimento crea la poesia[48].

Bibliografia

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Alberto Martini, GiorgioMorandi, “I maestri del colore” n. 38, Fratelli Fabbri, Milano 1964.

1960

Cesare Brandi, Ritrattodi Morandi, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano 1960.

[1] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Einaudi, Torino 1981 [Ied. Milano 1964], p. 33,34.[2] << E finisco coltrovar non del tutto casuale che, uno dei migliori pittori viventi d’Italia,Giorgio Morandi, ancor oggi, pur navigando tra le secche più perigliose dellapittura moderna, abbia, però, saputo sempre orientare il suo viaggio con unalentezza meditata, con un’affettuosa studiosità, da parere quelle di un nuovo‘incamminato’>> Francesco Arcangeli,GiorgioMorandi, Ivi, p. 200.[3] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 212.[4] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 168.[5] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 241.[6] Marilena Pasquali, Morandi, “Art e Dossier” n. 50, Giunti,Firenze 1990, p. 34.[7] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 4, 236. Marilena Pasquali, Morandi, Ivi, p. 11.[8] La fonte principale usataè la biografia di Giorgio Morandi redatta da Marilena Pasquali sul sitoufficiale del Centro Studi Giorgio Morandi www.giorgiomorandi.it (10 dicembre2013).[9] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 41.[10] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 13.[11] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 48.[12] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 91, 95.[13] Cesare Brandi, Ritratto di Morandi, All’insegna delPesce d’Oro, Milano 1960, p. 12.[14] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p.178.[15] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 169.[16] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 6.[17] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 35.[18] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 115, 116.[19] Marilena Pasquali, Morandi, Cit., p. 31.[20] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 52.[21] «Non vorrei crear fastidia Morandi, dicendo che i soli pittori italiani di cui veramente e in ognimomento mi ha parlato bene, sono de Pisis e Maccari». Cesare Brandi, Ritratto di Morandi, Cit., p. 16.[22] Inutile e prolisso fareuna carrellata di tutti i luoghi visitati di persona dal maestro. A taleproposito si rimanda alla biografia di Giorgio Morandi redatta da MarilenaPasquali sul sito ufficiale del Centro Studi Giorgio Morandi www.giorgiomorandi.it(10 dicembre 2013).[23] Durante il secondoconflitto mondiale Morandi e la sua famiglia si rifugiarono a Grizzanadall’estate del 1943 per circa un anno di seguito. Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 217.[24] Cesare Brandi, Ritratto di Morandi, Cit., p. 9, 10.[25] Marilena Pasquali, Morandi, Cit., p. 6.

[26] In una rara intervistaMorandi dichiara che la sua evoluzione di pittore non sarebbe stata diversaanche se da giovane avesse studiato a Parigi, perché già in gioventù conoscevain maniera approfondita l’arte francese. Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Noedizioni, Firenze 2007, p. 34 (riprende l’intervista in Edouard Roditi, Dialogues on Art, Secker & Warburg,Londra 1960).[27] Marilena Pasquali, Daniela Simoni (acura di), Licini Morandi. Divergenze parallele, Gli Ori, Pistoia 2011, p.60.[28] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 11.[29] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 65, 70.[30] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 71.[31] Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, Arte nel tempo, vol. 3, Bompiani, Milano2000, p. 521,522.[32] Ester Coen (a cura di), Metafisica, Electa, Milano 2003,p.272.[33] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 75.[34] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 56.[35] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 171.[36] Gillo Dorfles, Angela Vettese, Arte. Artisti opere e temi, vol. 3,Atlas, Bergamo 2011, p. 239.[37] Luigi Maffini, Clara Calza (a cura di),Manuale di Storia dell’Arte, vol. 2, Electa/Bruno Mondadori, Milano 1988, p.256.[38] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Cit., p. 152.[39] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Ibidem.[40] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007, Cit., p. 106.[41] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Ibidem.[42] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Ibidem.[43] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Ibidem.[44] Francesco Arcangeli, Giorgio Morandi, Cit., p. 199.[45] «[Morandi] voleva trovareun modo per ritrarre le cose così come tendono a strutturarsi sulla retina intermini geometrici […]». Gillo Dorfles, Angela Vettese, Arte. Artisti opere e temi, Cit.,p. 240.[46] Rudolf Arnheim, Intuizione e intelletto. Nuovi saggi di psicologia dell’arte,Feltrinelli, Milano 1987, p. 45.[47] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Cit., p. 103.[48] Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Saggi e ricerche 1990-2007,Ibidem.