dipinto di J. Serreqi - Collegio Mondragone

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Associazione ex Alunni Nobile Collegio Mondragone Fondata il 2 febbraio 1922 _______________________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________ Primo numero redatto il 14 luglio 1866 - Nuova edizione semestrale dal 2001 On-line, a colori, sul sito www.collegiomondragone.com N° 15 GIUGNO 2008 dipinto di J. Serreqi

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Associazione ex Alunni Nobile Collegio Mondragone

Fondata il 2 febbraio 1922 _______________________________________________________________________________________________________________________

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Primo numero redatto il 14 luglio 1866 - Nuova edizione semestrale dal 2001 On-line, a colori, sul sito www.collegiomondragone.com

N° 15 GIUGNO 2008

dipinto di J. Serreqi

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Il Mondragone ______________________________________________________________________________________________

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.2 di 38

INDICE Il nuovo Rev.Padre Provinciale d’Italia……………………………………………………………………pag. 3 Caro, caro Giorgio – In memoria di Giorgio Trombetti…………………………………………………pagg. 4-5 Dipinto di Jack Serreqi donato dal pittore alla nostra Associazione………..………………………...pag. 6 Dipinti di Gianni Salaroli donati dal pittore alla nostra Associazione…………………………….…pagg. 7-8 I tanti perché sulla chiusura del Collegio – di Giuseppe Moroni………………………………………pagg .9-10 Napoli contro – di Franco Puca…………………………………………………………………………….pagg. 11-17 Il calzino della Santa…………………………………………………………………………………………pag.18 La sindrome di Gerusalemme- di Francesco Morelli…………………………………………………….pag. 19 Memorie di un ostaggio della guerra del Golfo – di Oreste Turilli………………………………..… pagg. 20-28 Ricordi - di Claudio Sabatini…………………………………………………………………………….….pagg..29-30 Tesi di Laurea in Scienze della Formazione – di Vezzosi Alessandra…………………………………pagg.31-32 La fisica dell’inferno- di Fabio Valerj………………………………………………………………-…….pag. 33 Mio padre Matteo - di Fabrizio Maciocco………………………………………………………………..pagg. 34-35 Mio padre Antonio, cuoco a Mondragone – di Fabrizio Castellucci……………………………….…pag. 36 Circolo Parioli – Presenti alla cena per gli auguri di fine anno 2007………………………………..pag..37

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_____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 15 – giugno’08 pag.3 di 38

Il Padre Provinciale d’Italia M. Rev. P. Carlo Casalone S.I. ( in carica da settembre 2008)

P. Carlo Casalone nasce a La Spezia il 22 novembre 1956 ed è battezzato il 2 dicembre dello stesso anno nella parrocchia dei SS. Giovanni e Agostino. Conosce la Compagnia a Milano, dove nel frattempo la sua famiglia si è trasferita dopo una breve parentesi genovese, al Centro Religioso del Collegio Leone XIII. Durante gli studi di Medicina e Chirurgia frequenta anche la comunità di Villapizzone, dove, dopo la Laurea e l'inizio della scuola di specializzazione in Cardiologia, svolge il servizio civile come obiettore di coscienza. Proprio in quel periodo, grazie all'esperienza del mese di Esercizi Spirituali nella vita ordinaria, matura la decisione di entrare nella Compagnia di Gesù. Il 19 dicembre 1984 entra in noviziato a Genova. Compie gli studi di Filosofia a Napoli e di Teologia a Bruxelles, e continua gli studi in Teologia morale a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, dove consegue il dottorato, risiedendo prima al Collegio Bellarmino (1990-1992) e poi alla Civiltà Cattolica (1992-1994). Viene ordinato sacerdote nella chiesa del Gesù, il 27 giugno 1992. Alla fine del 1994 viene destinato a San Fedele (Milano) dove si occupa della rivista "Aggiornamenti Sociali", scrivendo in

particolare su temi di bioetica. Nel 1999 è a Boston (USA) per il Terzo Anno di probazione. Il 29 settembre 2001 pronuncia a San Fedele gli ultimi voti nelle mani dell'allora Provinciale, P. Vittorio Liberti. Negli anni che seguono continua la sua attività di redattore della rivista "Aggiornamenti Sociali" e nel frattempo assume l'incarico di delegato dell'apostolato intellettuale della Provincia d'Italia e di consultore del Provinciale (fino al 2004). Nel 2001, considerato il suo impegno e interesse nel campo della bioetica, riceve dalla Santa Sede la nomina a consultore del Pontificio Consiglio per gli Operatori sanitari. Il 15 luglio 2004, viene nominato Superiore della Residenza e Parrocchia "San Fedele" di Milano dal P. Generale ed entra in carica il 14 settembre dello stesso anno. A questo impegno si aggiungono la Presidenza della Fondazione culturale S. Fedele, la Vicedirezione del periodico "Aggiornamenti Sociali" e l'insegnamento all'Istituto "Arrupe" di Palermo. Accompagniamo P. Carlo Casalone con la nostra preghiera e collaborazione, perché il compito cui è stato chiamato per il bene della Provincia possa essere un servizio autenticamente evangelico.

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.4 di 38

Caro, caro Giorgio

Giorgio Trombetti in collegio dal 1947 al 1951

Sappiamo che tu sei fra noi, in Chiesa con noi. Ci abbracci tutti ed il Signore benedica questo dolce e forte abbraccio. Così si fa con gli amici: ci si guarda e poi ci si abbraccia. E’ la Fede che ci fa trovare qui. La Fede che ci dà la forza di reagire al dolore che ci opprime ed alle paure che ci sovrastano. Perché la Fede ci assicura che questa nostra vita non ci cancella, non si estingue ma si trasforma in immagini tangibili di luce e di amore e va oltre i nostri orizzonti. Giorgio sarai sempre con noi e con dolce prepotenza sarai fluttuante nei ricordi dolci e nel profumo dei giorni sereni. Piccolo passo indietro. Qui alcuni dei tuoi amici, come anch’io, sono stati nel collegio Mondragone con te. Poco più che adolescenti. Ragazzetti: dal 1946 al 1951. Ginnasio e Liceo: anni di formazione con i Gesuiti che ci hanno dato il senso dell’amicizia come cardine portante e poi la solidarietà e ci hanno, non per ultimo, insegnato che la sacralità della cultura va sempre custodita. Giorgio tu hai ben fatto lievitare questi elementi e così hai potuto interpretare via via, in modo saggio, il senso della vita. Ti abbiamo ammirato, già allora, bravo nei banchi di scuola, fantasioso nello sport, capitano indimenticabile della squadra di pallone, con le tue giocate e i tuoi numeri…

Ora sei in un cielo sereno sopra un mare di nuvole bianche che però non t’impediscono di guardare i nostri occhi gonfi di lacrime e di porgerti la mano per farci una carezza e confortarci. Poi dopo Mondragone ti ricordiamo nel periodo universitario come studente e poi come docente. Per noi sempre modello di equilibrio e di saggezza nell’analisi arguta dei fatti tumultuosi (a volte) della vita. Così ci dimostravi come con la riflessione, la conoscenza, con la cultura e l’esperienza si riesca a sorridere e a dare slancio e serenità, aspettando le inesorabili tornate della clessidra. Ci hai indicato la via per la serenità: un gran dono ci hai fatto e te ne siamo grati. Tante cose ti vorremo dire, ma sono chiuse nel nostro cuore e tu sai leggerle: le ricorrenze, i calendari, le cose, i fatti nel tempo che scorre. Ma siamo qui adesso per pregare il Signore perché ti accolga nella Sua gloria. Giorgio ti siamo ancora grati e rispondiamo al tuo abbraccio con tanto affetto che il nostro stato terreno ci permette. Ringraziamo Caterina per quanto ti ha dato prodigandosi per te, nostro fratello. Ti abbracciamo forte ed il Signore benedica quest’abbraccio.

(testo letto nella Chiesa di Santa Chiara a Roma Piazza dei Giochi Delfini il 6 maggio2008, in occasione del suo

funerale)

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_____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 15 – giugno’08 pag.5 di 38

PER CONOSCERCI E RICONOSCERCI di Giuseppe Moroni Fiori (in collegio dal 1948 al 1953)

Dopo alcuni incontri del tutto occasionali, capitati a oltre vent’anni di distanza dalla chiusura di Mondragone, avevamo ripreso a frequentarci. Ex compagni di Collegio, appartenenti a classi scolastiche diverse, ancora nel pieno della maturità e del vigore fisico. Ci imbucavamo in qualche bettola, tra le tante sparse attorno al quartiere Flaminio di Roma, per liete e spensierate serate “conviviali!”. Felici di esserci rivisti, ma anche desiderosi di riscoprire e riprendere antiche amicizie, interrottesi bruscamente tanti anni prima. Si formò così, a circa la metà degli anni ’70, un gruppo di ex-Alunni che poco alla volta riscoprì l’interesse quasi svanito per il vecchio collegio, ma soprattutto ritrovò, come d’incanto, l’antico spirito di Mondragone rimasto per lungo tempo in letargo. Ma da quel gruppo di amici si staccò presto una “cellula”, solo apparentemente “impazzita”. Era un vero e proprio “manipolo di irriducibili”, molto assidui e determinati, fautori e promotori di idee spesso bellicose. Ci eravamo resi conto che il declino dell’Associazione Ex Alunni era ormai un arrestabile. Ogni anno perdeva sempre più consensi. Le ultime generazioni di alunni, quelle del dopoguerra, del tutto all’oscuro o prive di interesse che fossero, latitavano. I vuoti lasciati dai “fuorusciti”, non venivano rimpiazzati. L’Associazione sembrava destinata ad estinguersi. Questo “manipolo di ribelli” allora si ammutinò, ordendo un vero e proprio “golpe”. Il disegno era quello di staccarci dall’Associazione originaria e dar vita ad un nuovo sodalizio sotto il nome di “Amici di Mondragone”, nelle cui fila avremmo “arruolato” gli ex-alunni delle ultime generazioni sparsi per il mondo. Ma tra di noi c’era un personaggio al di sopra di tutti che godeva di un prestigio indiscusso per la sua saggezza, la chiarezza delle sue vedute, il grnde intuito di cui era dotato. Questi si chiamava Giorgio Trombetti, da noi tutti considerato “il Padre Nobile” della “compagnia”. Fu lui ad intervenire per dissuaderci da quell’idea “secessionista” e ci convinse, invece, ad impegnarci per il rilancio della storica Associazione Ex Alunni di Mondragone. Sotto la sua illuminata guida ebbe così inizio quel lungo percorso che condusse alla rinascita, passando prima dalla paziente ricerca dei numerosi “desaparecidos” secondo il principio che egli stesso tradusse nello slogan per conoscerci e riconoscerci”, alla diversificazione delle iniziative,

all’incremento degli incontri annuali, alla riproduzione e diffusione dei simboli della nostra identità, all’avvio di più stretti rapporti, nel comune interesse, con l’Università di Tor Vergata (quale proprietaria di villa Mondragone dal 1983), per finire, negli ultimi tempi, con la ripresa delle pubblicazioni del giornale “Il Mondragone”, l’apertura del sito su Internet, la prossima apertura della Sede dell’Associazione a Mondragone. Dei tanti risultati conseguiti, sin qui ricordati, va innanzi tutto dato atto a Vittorio rivelatosi da subito un infaticabile esecutore, vero braccio operativo dell’Associazione. Ma tutto si materializzava e si concretizzava all’ombra di Giorgio, a cui Vittorio faceva costantemente riferimento. Egli non ci fece mai mancare il suo apporto, neanche durante i prolungati soggiorni oltreoceano. Quasi quotidianamente, via internet, si collegava con Vittorio, sia dall’Argentina che dal Brasile, per informarsi degli sviluppi delle nostre attività e dare i suoi suggerimenti. L’affetto e l’interesse per Mondragone, per la sua Associazione, di cui ormai era uno dei consiglieri più anziani, per noi tutti, lo hanno accompagnato per tutta la vita. Ora questo caro nostro amico non c’è più. Lo abbiamo perduto. Per noi è come se si fosse spenta una luce. Ora dobbiamo fare da soli. Ci mancherà molto. Ci mancherà il suo spirito arguto, brillante, talora quasi goliardico. Ci mancheranno la sua innata capacità di rendersi gradito agli altri, l’allegria che sapeva trasmettere. Noi lo ricorderemo per tutte queste sue qualità. Ma oltre l’uomo va ricordato, tornando ancora più in dietro con la memoria, anche il suo passato di sportivo bravo ed eclettico. Un vero talento naturale nel gioco del calcio. Emergeva su tutti in virtù della sua classe superiore trapiantata in un fisico possente. Capitano della San Giorgio, la gloriosa (finché ci fu lui!) squadra del collegio, ci deliziava con i suoi spunti irresistibili. Campione di vaglia anche nell’atletica leggera. Nelle sfide del collegio contro altri istituti eccelleva contemporaneamente nelle prove più diverse. Tutti questi meriti sportivi si assommavano a quelli altrettanto eccellenti conseguiti come studente e come convittore. Ora penso che il modo migliore per onorare la sua memoria sia quello di tenere viva ed unita l’Associazione a cui ha dato il meglio di sé.

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.6 di 38

“La partita di pallone”

Dipinto ad olio donato alla Associazione Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone da Jak Serreqi (in collegio dal 1938 al 1948)

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Squadre di Calcio del Collegio Mondragone:

Dragoncina: Piccolissimi (Maglia: giallo-rossa)

Primula: Piccoli (Maglia: bianco-celeste)

S. Claudio: Mezzanelli (Maglia: Rosso-blu)

Quintilia: Mezzani (Maglia: Azzurra)

San Giorgio: (Maglia: Nero-azzurra) “La Nazionale del Collegio”

formata soprattutto dai Grandi

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Dipinti di Gianni Salaroli

(in collegio dal 1941 al 1945) donati alla nostra Associazione

I L P I A Z Z A L E

Gianni ricordi il profumo dei tigli

i richiami dei prefetti nel piazzale la doppia fila dei convittori che rientravano negli studi

stanchi i volti sudati il metallico rimbalzo del pallone Ancora si odono le voci di allora

Hai dipinto con l’animo tutto questo forse soffrendo Chi chiamava

Chi ancora chiama Claudio Sabatini (in collegio dal 1936 al 1946)

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.8 di 38

I L V I A L E

Padroni del tempo e dello spazio eravamo in corsa

sotto lo sguardo sognante della Madonna lungo il viale alberato meta dei nostri giochi

mentre indifferenti le Parche filavano i nostri destini

Claudio Sabatini (in collegio dal 1936 al 1946)

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_____________________________________________________________________________________________ Edizione n° 15 – giugno’08 pag.9 di 38

I TANTI PERCHE’ SULLA CHIUSURA DI MONDRAGONE

La verità non la conosceremo mai

di Giuseppe Moroni Fiori (in collegio dal 1948 al 1953)

Premessa - La decisione della chiusura di Mondragone venne comunicata dal Padre Prov.le Emanuele Porta con una lettera inviata il 23.3.1953 al Padre Rettore De Giudici Albergotti che l’indomani provvide ad informarne le famiglie dei convittori. Quell’annuncio, tanto fulmineo quanto inatteso, pervenuto a meno di tre mesi dalla fine dell’anno scolastico, non consentì che tardivi e frettolosi tentativi di esercitare ogni pressione nei confronti della S.J. per indurla ad un ripensamento o quantomeno ad una maggiore ponderazione prima di prendere quella drastica decisione. Domanda: E’ possibile che almeno nei mesi, se non negli anni, immediatamente precedenti a quell’annuncio non fosse mai trapelato il benchè minimo “segnale” che in seno alla S.J. stesse maturando quell’estrema decisione? Premessa - Gli appelli (e le suppliche!) rivolti alla S.J. per un ripensamento si susseguirono numerosi e pervennero oltre che, naturalmente, dall’Associazione degli Ex-Alunni, da diverse personalità civili ed anche ecclesiastiche come l’Arcivescovo di Frascati, Cardinale Todeschini, ed il Cardinale Micara, nativo del luogo, che mossero dei passi sin dentro le alte Gerarchie Vaticane. In quei giorni si mormorava anche che la concomitanza di due circostanze sfavorevoli vanificasse quegli autorevoli appelli: la recente sostituzione dello scomparso Padre Generale della S.J., il polacco Lodokoski (considerato sincero amico di Mondragone!) con il belga Janssens (ritenuto ancora privo della necessaria esperienza) e l’affidamento a quest’ultimo (per la prima volta dall’esistenza dell’Ordine!) dei pieni poteri da parte del collegio dei Gesuiti che lo avevano eletto. Senza contare, poi, le numerose e fantasiose congetture sulle ragioni della chiusura che all’epoca si rincorrevano.

Domanda: La decisione della chiusura, svincolata (per così dire) dall’obbligo di “concertazione” con il collegio, fu presa autonomamente dal vertice gerarchico della S.J. (pur regnando un Papa aristocratico e conservatore come Eugenio Pacelli) oppure venne ispirata da ambienti esterni o da altri centri di potere? Premessa - La Compagnia di Gesù ha posseduto a lungo, per universale riconoscimento, il primato della tradizione scolastica ed insieme pedagogico-educativa. L’élite di innumerevoli generazioni di alunni (anche se non sempre “rampolli” di casate nobiliari!) provenienti da ogni parte del mondo è passato per i suoi prestigiosi collegi oltre che per seguire un corso di studi anche per essere avviata alla vita civile e formata ai principi della morale e della religione cattolica. Con le varie “chiusure”, intervenute in rapida successione nel corso di pochi anni (come appunto Mondragone e poi l’Istituto di Livorno, etc.etc.) i Gesuiti abdicarono ad una componente primaria della loro identità confessionale, ovvero ripudiarono la loro vocazione più virtuosa, così tradendo anche la “ratio studiorum” ignaziana. Domanda: perché sopprimere, e per primo, proprio Mondragone che poteva invece restare e rappresentare, da solo, il simbolo della tradizione educativa della S.J.? Premessa - Le “spiegazioni ufficiali” della chiusura fornite con rammarico ma anche con malcelato imbarazzo dal Padre Prov.le Porta in quella “storica missiva”, apparvero da subito piuttosto “deboli”. Si parlava di “carenza di personale religioso” in relazione alla necessità di altre “attività ritenute più urgenti”. Che, tradotto in chiaro, venne all’epoca interpretato come la necessità di concentrare tutte le forze disponibili

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.10 di 38

(comprese le esigue ed anziane unità presenti all’epoca a Mondragone!?) nell’opera di penetrazione tra gli strati più larghi della popolazione piuttosto che limitarsi a preparare un’élite. Domanda: Queste ragioni (in sintesi, precedenza assoluta al “sociale”) erano le “vere spiegazioni” oppure si celavano motivazioni non (ancora) rivelabili? E ancora: i nuovi compiti e le nuove finalità, ritenute più importanti ed urgenti, arrecarono nel tempo i previsti (o sperati) maggiori frutti, o quantomeno compensarono sufficientemente il sacrificio delle tante benemerenze che la S.J. si era conquistata in tanti anni in campo pedagogico? *** Erano queste, cari Amici e Compagni di Mondragone, alcune delle domande che in tempi diversi ho ripetutamente tentato di rivolgere a tanti Rev.di Padri gesuiti. Sia a quanti furono testimoni diretti di quella vicenda, sia a studiosi e storici della S.J. Ma tutte le mie richieste di avviare un dialogo sull’argomento venivano, purtroppo, sempre eluse o disattese. Alimentando e perpetuando, tra l’altro, quel clima di mistero su un evento che non avrebbe dovuto avere nulla di misterioso. Comunque, le ragioni della chiusura, non quelle ufficiali, ma quelle “vere”, assai probabilmente non si conosceranno mai. Gli effetti dannosi che quella decisione produsse (in verità un po’ frettolosa e anche un po’ superficiale) apparvero invece subito evidenti. Le nostre famiglie, consapevoli dei rigorosi metodi didattici ed educativi che venivano applicati a Mondragone ci affidavano con piena fiducia ai Padri Gesuiti di quel Collegio. Ma improvvisamente io, ed insieme a me tutti gli altri miei compagni venimmo informati che, da un giorno all’altro, non avremmo più potuto seguitare a ricevere la nostra formazione e completare i nostri studi come sino ad allora avvenuto. Il nostro percorso scolastico ed educativo subiva quindi una brusca interruzione. Quel trattamento preferenziale, privilegiato, destinato solo ai cosiddetti “figli di papà”, “meritevoli” solo per ragioni di casta, di censo, di appartenenza a classi sociali elevate, non poteva, non doveva più

essere goduto. E un valore primario come quello dell’istruzione, da un giorno all’altro scadette in un inutile disvalore, in un impegno improduttivo del quale potersi, doversi finalmente disfare. Mentre proprio una generazione di studenti come la nostra, venuta al mondo e cresciuta in un’epoca segnata e provata dallo scadimento dei valori morali e spirituali, conseguente ai devastanti eventi bellici e post-bellici, a maggior ragione andava seguita e protetta e non privata di una guida non facilmente sostituibile. La futura classe dirigente del Paese, che sino ad allora era uscita anche a Mondragone, ora andava preparata e ricercata altrove!! Ma la S.J., con quelle sue scelte strategiche che condussero prima alla chiusura di Mondragone e poi, in seguito, alla eliminazione di altri illustri istituti, contribuì anche e non poco a far scemare nel Paese la frequenza negli Istituti di educazione cattolica, dando così inizio a quel massiccio e per molti aspetti radicale processo di secolarizzazione che investì la Penisola negli anni successivi. Poi naturalmente i tempi sono cambiati, la società si è evoluta, subendo rapide e profonde trasformazioni. Oggi, infatti, una comunità scolastica strutturata ed organizzata nell’ambito di un convitto come era Mondragone apparirebbe anacronistica ed impraticabile. Ciò nonostante riaffiora di tanto in tanto tra alcuni di noi un certo rammarico per quel “torto” subito oltre mezzo secolo fa che però, sia chiaro, non ha scalfito minimamente la nostra stima per la S.J. né l’affetto e la gratitudine che serbiamo per i tanti Padri conosciuti in Collegio. A chi invece in quel “rammarico” dovesse trovarvi la solita “insana” vena nostalgica che da più parti viene spesso addebitata e rimproverata con un distorto criterio di valutazione!, vorrei limitarmi a rispondere con il pensiero di chi (non ricordo più il nome) sosteneva che “la nostalgia non è un piagnucoloso struggimento né un rimpianto melanconico di quanto è trascorso. La nostalgia, la vera nostalgia è la riscoperta di quel che siamo stati e la consapevolezza che niente di noi è andato perduto perché tutto ci è rimasto dentro. La nostalgia è vita. La nostalgia è gioia. La nostalgia è ricchezza. La nostalgia è il ricupero commosso di un patrimonio inestimabile”.

W La Nostalgia! W Mondragone!

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NAPOLI CONTRO

articolo di Franco Puca ( in collegio dal 1950 al 1953)

Stemma dei Borbone di Napoli (al centro i gigli d’oro in campo azzurro dei Borbone di Francia)

L’ABORTO DI FRANCESCO II DI BORBONE (il parto negato a un’idea)

Se a S.A.R Francesco II, napoletano d.o.c., discendente del “Re Sole” Luis XIV de Borbòn (per le origini francesi del trisavolo CarloVII di Napoli poi Carlo III di Spagna), fosse balenata l’idea di dotarsi del cognome della madre Maria Cristina di Savoia, come successivamente fece Giorgio V d’Inghilterra diventando “Windsor” dopo aver scaricato il cognome tedesco “Sassonia-Coburgo”, suo cugino Vittorio Emanuele II, don Camillo (Cavour) e l’onorevole Peppone (Garibaldi) avrebbero lamentato forti dolori alla “schiena”! Un Savoia, infatti, si sarebbe già trovato sul trono di Napoli per cui una confederazione e non una invasione sarebbe stato l’unico obiettivo possibile!

E il nonno di mio nonno, Carlo Puca I, giovane trombettiere nel Real Esercito Borbonico a difesa della fortezza di Gaeta (1861), non avrebbe visto ammainare per l’ultima volta la gloriosa bandiera delle “Due Sicilie” né sentito scorrere una lacrima che avrebbe travolto, inconsapevole, la nostra città allora seconda solo a Parigi e oggi pompeianamente sommersa sotto una coltre di ben altra natura!

E’ la fine immeritata della capitale di un Regno glorioso, oggi derisa e canzonata, quasi incredula delle sue origini che la videro legata alla “Madre Patria” da un comune linguaggio!

Dopo le due ultime “liberazioni” si conclude, così, “int’a munnezza”, la catabasi della “Magna Grecia” (900 a.c.) alla “Magna Magna” (2008)!

ARCHIVIO DEL BANCO DI NAPOLI Dall’archivio storico del Banco di Napoli, inesauribile fucina di testimonianze presso il quale ho accesso per meriti pregressi, risulta:

-Maggio 1895- Tra i visitatori della fabbrica napoletana “De Luca-Daimler” prima produttrice italiana di automobili, in partecipazione con la inportante società di Stoccarda, oggi “Mercedes”, figura il sig. Agnelli Giovanni di Torino!

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Cinque catene di montaggio

producevano altrettanti modelli. La FIAT nascerà quattro anni più tardi ma solo dopo dieci potrà disporre della medesima tecnologia! (Vedi “Il Brigante” febbraio 2008).

TOPONOMASTICA ANTI-NAPOLETANA

A) = Dicembre 1860 – Al Sig. Garibaldi Giuseppe viene concesso dall’Istituto Napoletano un credito in “ducati”

corrispondente a circa centomila euro che, dopo la scadenza e numerosi solleciti non sono stati mai restituiti. Per non dimenticare questo “credito inesigibile”, così come si usa fare nei bilanci contabilizzando una posta attiva di un euro, i napoletani, alla spagnola, hanno costruito una piazza con relativo monumento equestre di notevoli dimensioni che, al confronto, Marco Aurelio al Campidoglio sembra cavalcare un pony!

Marco Aurelio

B) = Aprile 1860 – A nome dell’ammiraglio Acton, (comandante della Marina da Guerra Borbonica) risultano accreditate, presso lo stesso Istituto, in più operazioni, sterline corrispondenti ad un totale di circa trecentocinquantamila euro! Il mese successivo la Reale Marina incrociava con più di quaranta navi l’intero mar Tirreno essendo stata allertata da una prevista possibile invasione della Sicilia. Il 5 maggio 1860 da Quarto salpano il “Piemonte” e il “Lombardo” che, in rotta per Marsala, attraversano indisturbati l’intero percorso! Oggi una importante strada attigua alla darsena militare è dedicata all’ammiraglio Acton!

Ammiraglio Acton

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.13 di 38

La propaganda piemontese, dedicava nel contempo il “facite ammuina!” al resto della Marineria Napoletana, quella valorosa, a suo tempo elogiata da Nelson e qualificava “briganti” gli appartenenti alle nostre truppe partigiane! Le case editrici, testimoni storiche delle nostre ragioni (vedi “Il Giglio” con “Entrèe des Francais dans Naples 1799”) non hanno ancora libero accesso alle nostre scuole. Qualche anno fa venni invitato a presentarmi al Liceo “Umberto I°” di Napoli presso il quale avevo iscritto il mio ultimo figlio, una prima volta per fornire spiegazioni sulle sue strane idee sul risorgimento e una seconda per essere informato che aveva svolto in napoletano il tema: Commentate la frase del Cavour:”L’Italia è fatta! Ora facciamo gli italiani”! = Maggio 2008 – Se il principe ereditario, che non ci legge in copia per non avere potuto frequentare il nostro collegio, a causa della sua giovane età, dove sarebbe stato preceduto negli anni cinquanta da due principi Torlonia

legati per parte di madre, alla medesima famiglia reale spagnola, in quanto già zia dell’attuale Sovrano S.A.R. Jauan Carlos, tutti discendenti di Carlo VII, primo sovrano Borbone(di Napoli e Sicilia) poi Carlo III (di Spagna), avesse preso parte ai cocktails presso l’archivio storico del Banco di Napoli

dove gli avrei fatto volentieri da “Virgilio” sulla scoperta delle verità storiche, chissà se sarebbe nata ugualmente tanta amicizia espressa nel necrologio per una discendente di colui che è considerato il primo colpitore della caduta “a domino” del più importante regno d’Italia in una impari lotta finale di uno stato contro un Popolo! (un popolo di briganti).

C) =Gennaio 1799 – L’ammiraglio Francesco Caracciolo, comandante della Marina da Guerra Borbonica al servizio di S.A.R. Ferdinando I, si consegna, alla Totò (come sempre regista di sé stesso, in divisa di maresciallo della “Fedelissima” (!) agli ufficiali Tedeschi “incondizionatamente”) con l’intera flotta all’invasore francese guadagnandosi la conferma all’alto incarico rigiurando fedeltà ma questa volta alla repubblica !

Ferdinando I

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.14 di 38

Nello stesso anno il cardinale Ruffo di Calabria alla testa della contro-rivoluzione sanfedista libera la capitale e il Caracciolo viene condannato all’impiccagione per alto tradimento. Oggi, una delle più rinomate strade del mondo porta il suo nome. La potenza della comunicazione! D) = 1766 – Il Regno di Napoli vive “L’età di Fernando e le sue virtù” cantata dalla poetessa di corte e favorita del Re, Eleonora Pimentel, rivale in amore dell’arciduchessa d’Austria Maria Carolina moglie del Sovrano.

Eleonora De Fonseca Pimentel

Maria Carolina d’Asburgo-Lorena (Regina di Napoli)

I continui appannaggi del Re a favore della cortigiana e documentati come “spese di stato”, nell’archivio segretato dal Banco, insospettivano la Regina che riuscì a sorprendere la rivale in atteggiamento “stagista” e quindi subito espulsa dalla corte e, per mera sopravvivenza, la profuga fu poi facile preda delle cospirazioni francesi aderendo nel ’99 alla repubblica partenopea. Il non previsto successo della contro-rivoluzione sanfedista consentì al Sovrano di firmare, al suo ritorno, la condanna alla pena capitale della predetta per cospirazione e non prima di averla privata del titolo nobiliare concessole dietro ripetute insistenti richieste. Oggi, questa figura è ricordata dalla via Pimentel Fonseca!

All’ultima Regina di Napoli Maria Sofia di Baviera Wittelsbach, (cognata dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo-Lorena) ispiratrice di Prust e D’Annunzio con “La prisonnière” e “Le Vergini delle rocce”, ammirata dalla stampa dell’Europa intera come “l’eroina di Gaeta”, non è stato dedicato un benchè minimo vicoletto!

Maria Sofia Wittelsbach (ultima Regina di Napoli)

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.15 di 38

Francesco Giuseppe d’Asburgo-Lorena (cognato di

Francesco II di Borbone) E) = 1946 – Il consiglio comunale di Napoli dedica agli imperatori romani le strade del nuovo quartiere di Fuorigrotta e, la più importante, a Diocleziano!....ma non era quello che ha fatto decapitare San Gennaro?! (Vedi le persecuzioni del 304 d.c.) o si riteneva che il Santo fosse stato giustiziato nel 304 a.c. da una pregressa persecuzione repubblicana?! In linea con gli ultimi accadimenti cittadini sarebbe proponibile dedicare questa strada, invece, all’imperatore “Vespasiano”,

L’imperatore Vespasiano

Estendendo la dedica alla maestosa piazza del “Municipio”, il nostro Campidoglio, ristabilendo una par-condicio a favore del meno gettonato degli imperatori, dotandola di

un monumento “vespasianestre”, comodamente sormontato dallo stesso, a parziale imitazione di quello di Marco Aurelio! F) = Piazza del Plebiscito (già piazza “Reale”): è la piazza dove si svolse il primo plebiscito post-garibaldino a dimostrazione che il popolo intero si sarebbe dichiarato a favore della nuova monarchia! Le schede elettorali, recanti un pre-stampato accondiscendimento come primo dei tanti aiuti ricevuti dal nuovo sovrano sabaudo a favore della popolazione non dotata di penna stilografica, vennero fatte introdurre nell’urna personalmente da ognuno dei votanti, per evitare brogli elettorali. La ben nota assenza di analfabetismo rese possibile la plebiscitaria vittoria del “SI” e come primo provvedimento del nuovo governo piemontese a favore della popolazione, la discarica di Torino, contrariamente agli attuali rifiuti del nord Italia si rese subito disponibile ad accogliere tutti gli esuberi della Campania ripulendo, a sue spese, fabbriche, musei, banche e biblioteche consentendoci di disporre così di nuovi siti di stoccaggio, allo scopo svuotati, addebitandoci soltanto le spese di trasporto Napoli-Torino.

Pzza del Plebiscito

Il secondo e ben più popolare provvedimento, riservato esclusivamente ai non abbienti, sottoforma della rottamazione

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.16 di 38

delle carrozze, consentiva di riceverne gratuitamente una nuova per ogni vecchia rottamata.

P.zza Carlo III

G) = Piazza Carlo III. Questa piazza si sarebbe dovuta chiamare “Carlo VII” (di Napoli e Sicilia); sei infatti erano i “Carlo” che lo avevano preceduto sul trono nel corso delle dinastie. Il Re in questione infatti già Duca di Parma divenne solo successivamente Carlo III, (ma di Spagna) allorquando venne chiamato a sostituire su quel trono il defunto fratellastro Ferdinando VI (di Spagna) anch’esso figlio di Filippo V, perché preceduto da Carlo I e Carlo II (entrambi di Spagna).

Carlo III di Borbone

La madre del già nostro sovrano, la duchessa di Parma Elisabetta Farnese seconda moglie e vedova di Filippo V potè così riabbracciare

Elisabetta Farnese (Regina di Spagna)

dopo ventiquattro anni il figlio Carlo, che, a sua volta, ebbe a lasciare sul trono di Napoli il suo erede Ferdinando IV (di Napoli e Sicilia) divenuto poi Ferdinando I (delle Due Sicilie),

Ferdinando I ed il ministro Tanucci

di appena otto anni di età e “nu poco scostumatiello” perché cresciuto senza “i paccheri” dei genitori lontani e affidato al povero reggente ministro Tanucci, sovente minacciato di “asportazione cranica”; inizio non male per la sua futura attività contro-rivoluzionaria.

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.17 di 38

DISCORSO DELLA “SOGLIOLA” – (1954)

Il vecchio comandante (Lauro) in tale occasione comunicava al popolo napoletano in una gremita piazza del Plebiscito, che secondo i suoi piani si sarebbe dovuta richiamare piazza “Reale”, di aver varcato la sogliola di Montecitorio ricevendo scroscianti applausi dalla straripante folla che gli aveva conferito il “pass” parlamentare perché unico semi-monarca solvibile e quindi in grado di reperire disinteressate truppe mercenarie per restaurare l’ultima dinastia. Anch’io ero tra la folla e ricordo che a fine manifestazione raggiunsi la vicina “zì Teresa” dove, ispirato dal discorso, gustai una fragrante “frittur’ e pesce”!

DAL DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA “Le Monniér”:

= sanfedista = “componente delle bande legittimiste e reazionarie che osteggiavano la repubblica napoletana del 1799 e restauratrici del clericalismo più gretto e reazionario” (!) = brigante = “malvivente che attenta a mano armata alla vita e alla proprietà altrui” (!) = partigiano = “appartenente all’ambito dell’azione condotta da formazioni irregolari armate nel territorio invaso dal nemico” (!)

= borbonico = “se riferito ai Borboni di Napoli (sic!), sistema di governo retrogrado, retrivo, poliziesco, malfunzionante e corrotto” (!)

“ STU PRESEPE NUMME PIACE !” AI VINCITORI LA SCRITTURA DELLA

STORIA ! AI VINTI SOLO GUAI !

GUAI AI VINTI !

Il mio caro saluto a tutti gli Ex!

1935 XIII E.F. Carlo Puca III,

13 anni prima del suo ingresso al “Mondragone”

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.18 di 38

IL CALZINO DELLA SANTA

Ovvero breve storia di una preziosa reliquia

dI Massimo Carafa Jacobini (a Mondragone dal 1952 al 1953) II Carlo Troja; questi, o dal re medesimo o da qualche servitore di corte ebbe a possedere una calza della sua prima moglie ovvero della Venerabile Maria Cristina di Savoia sfortunatamente deceduta di febbri puerperali pochi giorni dopo aver partorito Francesco, ultimo dei Borboni sul trono di Napoli. La regina era morta in odore di santità e la sua tomba in S. Chiara era ed è a tutt’oggi oggetto di grande devozione specie da parte di gestanti, puerpere e comunque di donne bisognose d’un ala protettrice sulla loro gestazione e gravidanza.

Questa calza rimase in casa del ministro fino al 1879 quando venne donata accompagnata dalla seguente autentica: “Calza del corredo della Santa Augusta Maestà della Regina Delle Due Sicilie la Ven.le Maria Augusta di Savoia. Che sia stata indossata dalla Santa Maestà Sua si scorge da varie rammendature. Porta le cifre in seta azzurra F.M.C. con la Real Corona ne fo fede. Napoli 18 settembre 1879. Io Giovanna D’Urso vidua di Don Carlo Troja”. Colui che la ricevette in dono circa nel 1925 credette opportuno di lasciare una memoria ai posteri e pertanto scrive: “Nell’anno 1879, in occasione del mio fidanzamento con la contessa Francesca Ferrari di Sant’Elia (che fu poi mia consorte) la Sig.ra Giovanna D’Urso, abitante allora a via Roma, nel palazzo Sambiase, angolo della Pignasecca, mi fece dono di questa preziosa reliquia. La detta Signora, vedova del ministro borbonico Carlo Troja, era sorella deo ministri Pietro e Michele D’UUrso. Conte Ruggiero Buonocore Widman”. Mancato il povero conte Ruggiero ed ereditata la calza dal figlio Alfonso, questi provvide ad arricchire la reliquia di una teca con scritto ricamata e sormontata dei reali

stemmi Borboni e Savoia quindi per qualche sua ragione nel 1936 la lasciò in custodia al Monastero di S. Chiara il di cui Superiore rilasciava il seguente attestato: “Ricevo dal Sig. Conte Buonocore un quadro con cristallo contenente cimeli della Ven.le Maria Cristina Regina di Napoli.In fede ecc. 15 marzo 936 P. Bernardino Cirino Superiore O.F.M.”. Ritirata che fu la teca nel dopoguerra, o forse prima, viste le numerose bombe che avevano colpito il Monastero nonché le reali tombe Borboniche; la reliquia tornò nella famiglia Buonocore Widmann. Alla morte del conte Alfonso la consorte, evidentemente senza discendenti, invia la teca alla Casa dello Scugnizzo di Napoli accompagnandola con queste parole: “Napoli12 dicembre 1957 - Gent.mo Rev. Don Mario Borrelli - Le mando questa calza reliquia della Ven.le Maria Cristina di savoia, che il mio defunto e caro marito, ebbe in eredità dal padre. Non so pur lei cosa potrà farne; ma gliela mando prima che, in caso di mia eventuale morte, vada persa. Mio suocero le attribuiva grande importanza e virtù miracolose. Nell’augurarle un buon Natale con i suoi piccoli ricoverati, la saluto cordialmente pregandola di ricordarsi di mio marito nelle sue preghiere. Dev.nte Fulvia Buonocore Windmann”.

Il Padre Borrelli interpretò questo dono come uno dei tanti segni che la Divina Provvidenza gli inviava a sostegno dei suoi scugnizzi sempre più numerosi e sempre più bisognosi. Ed è così che entrata che fu la calza nella cerchia dei collezionisti di memorabilia Borboniche percorse la sua strada per arrivare fino a me.

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.19 di 38

LA SINDROME DI GERUSALEMME

di Francesco Morelli (in collegio dal 1946 al 1950)

Alcuni pensieri che attraversavano la mia mente di ragazzo durante gli anni della scuola, insieme al ricordo delle mie esperienze, sono rimasti presenti nella mia memoria fino alla maturità. Quasi fossero degli attrezzi da portarsi dietro quando si va a fare un servizio fuori della bottega. Sono certo che mi sono sempre serviti nella vita, per misurare le nuove esperienze, i nuovi incontri, le nascenti amicizie con chi non era seduto tra i banchi della mia stessa scuola, non aveva avuto gli stessi insegnanti e si era formato altrove. Non è semplice convivere con certi ricordi perché, mantenendo il paragone fatto prima, spesso è come andare ad aggiustare un mobile con gli utensili da meccanico o riparare un'auto con la pialla e la sgorbia. Questo, nel tempo mi ha fatto capire i meccanismi e l’importanza della formazione della personalità che avviene nella scuola; perché mentre si è lì a diventare grandi, s’intravede soltanto l’aspetto coercitivo dell’educazione e non la ricchezza della crescita culturale che comporta, che sì, è lenta, ma pur sempre l’unica che ci fa godere delle cose che abbiamo e che avremo. Com'esempio io porto l’amicizia con Giancarlo Zagni, cresciuta non a scuola ma che del collante del compagno di scuola sembra essere intrisa. Nata oltre trenta anni fa al di fuori d’ogni contesto utilitaristico e speculativo, è rimasta tuttora immutata tanto da diventare un’abitudine familiare dalle infinite implicazioni. Potrei raccontare dai molteplici viaggi alle avventure progettuali, dalle mutazioni di pensiero a quelle di vita, dalle conversazioni girovagando per la città alle condivisioni affettive fatte di gioie e di lutti attraverso quello che ognuno di noi ha offrire oppure necessita. Io ho imparato che il pensare ai ricordi di vita di un amico caro è utile per confrontare la mia capacità di vivere. Ma voglio parlare di Zagni perché la sua vita è per me come un paradigma e leggere il suo romanzo, che non è autobiografico ancorché scritto nella conclamata maturità, può essere di qualche utilità per capire meglio ciò che io intendo dire: “La sindrome di Gerusalemme”, 283 pagine ben stampate, è offerto al lettore come la storia di Giulio, un fotografo romano che si ritrova per ragioni di lavoro a Gerusalemme e che affascinato dai profumi, dai sapori, dai colori di una terra millenaria, è coinvolto dall’amore, dall’intrigo, dalla paura fino ad essere testimone d’avvenimenti misteriosi e insidiato dal torpore di una malattia insolita. Il personaggio moderno vive la sindrome come un riflesso speculare del biblico personaggio di Sansone, costringendo i moderni filistei a cercare un alibi, forse già spezzato.

Ho voluto riportare per intero questa nota perché descrive meglio di quanto possa fare io, questa specie di trasposizione fantastica, ma emblematica, della vita del mio amico Giancarlo che attraverso tutt’altre esperienze penso sia giunto elle stesse conclusioni del suo personaggio in un contesto totalmente differente del quale io sono stato però spesso testimone, dal suo impegno politico ai suoi matrimoni, dal suo mestiere di uomo di spettacolo alle sue avventure letterarie, dal mestiere di padre a quello di amico inseparabile, insomma della sua vita che da vicino e da lontano in qualche modo si è più volte confusa sentimentalmente con la mia. Fu emblematica una serata passata a Roma, nei dintorni di Piazza del Popolo dove, dopo bar e ristoranti visitati con amici vari ed occasionali, ci raggiunse un’amica di entrambi che passava di là e si sedette sull’alto gradino sotto l’enorme obelisco al centro della piazza. Ma chiacchierando rimanemmo soli in piena notte mentre Giancarlo mi raccontava della sua emigrazione negli Stati Uniti e poi nel Messico: i suoi ricordi spaziavano dal lavoro all’Actor’s Studio con Lee Strasberg ed attori famosi come Eli Wallach, Maryline Monroe e Albert Finney fino a come riuscì a svincolarsi dall’interrogatorio della FBI oppure all’esperienze di docente all’Università di Messico, all’amicizia con Gabriel Garcia Marquez, Alvaro Mutis, Carlos Fuentes e Luis Bunuel e poi della sua progressiva conversione all’ebraismo e delle visite fatte in medioriente. In questo scambio di ricordi, mentre contrapponevo a quelle di Giancarlo le mie avventure sudamericane, le mie esperienze di pilota ufficiale Lancia di auto da corsa e di manager industriale e commerciale, riuscivo a rendermi conto della straordinaria capacità evocativa e dell’enorme vastità della memoria degli uomini. Poi, poco dopo, il cielo e la luna furono oscurati dalla nuvolaglia nera di un temporale estivo che ci mise al buio: le prime gocce di pioggia ci costrinsero a cercare riparo sotto gli archi di Porta Flaminia. Subito dopo il rumore secco di un fulmine che si schiantava sulla croce di ferro piantata in cima all’obelisco per andarsi a spegnere là dove eravamo seduti noi a parlar di Vaticano e Gerusalemme. Era un avvertimento? Oppure un segnale benevolo? o il sigillo di un nuovo segreto?

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.20 di 38

MEDIO ORIENTE – IRAK – LA PRIMA CRISI DEL GOLFO- MEMORIE DI UN OSTAGGIO .

(del Dr.Oreste Turilli in collegio dal 1947 al 1951)

DIPLOMAZIA : Correva l’anno 1990. Ero andato in ferie in anticipo per permettere a un collega di andarvi a sua volta nel mese di Agosto. Tornai a Baghdad il 22 Luglio, da solo, mia moglie mi avrebbe raggiunto il due di Agosto. Un paio di giorni dopo sono a cena dall’amico Nunzio Apostolico, appena nominato decano del corpo diplomatico dopo il ritiro per limiti di età dell’ambasciatore Russo. Mi aggiorna sugli ultimi pettegolezzi dell’area diplomatica, in prima linea ci sono le perplessità sull’incontro recente fra l’ambasciatrice USA e il “ nostro leader “ Saddam. Sì, la rappresentante degli Stati Uniti, matura signorina nota per la sua fama di grande esperta di lingua e di affari arabi ma, a giudizio dei colleghi, non

altrettanto esperta delle sottigliezze del mondo medio orientale, al termine del suo primo anno di mandato in Irak, aveva avuto un lungo incontro col presidente Saddam , uscendone del tutto rassicurata delle intenzioni pacifiche del raìs nonostante le voci che da mesi circolavano e sempre più insistenti, su una possibile aggressione del Kuwait da parte Irakena per rivendicazioni su aree di confine ricche di greggio, rivendicazioni datate a prima dell’inizio del da poco conclusosi, tremendo conflitto con l’Iran. Mai come nei primi sei mesi del 99 le relazioni e la cooperazione commerciale Irak - USA erano state così cordiali e fattive, si stavano costruendo impianti di assemblaggio di autovetture americane pre-fabbricate negli Stati Uniti per il mercato Medio Orientale, finanziando le operazioni anche con i fondi Italiani

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.21 di 38

della Banca Nazionale del Lavoro ( famoso scandalo finanziario BNL di Atlanta ). La ambasciatrice USA era uscita dall’incontro rassicurata delle intenzioni pacifiche del raìs concludendo che tutto era a indicare trattarsi di situazione della massima tranquillità, tanto da permetterle di fruire subito delle sue ferie in patria.. Le valutazioni del corpo diplomatico sulle reali intenzioni di Saddam erano del tutto diverse ed aimè corrette, personalmente ero al corrente della serietà delle intenzioni di Saddam sin dalla metà di Giugno, i miei collegamenti Irakeni sapevano leggere bene la mente del loro capo. Non altrettanto correttamente l’ambasciatrice USA aveva interpretato l’arabo del Rais. In effetti, come purtroppo si capì chiaramente il 2 di agosto, si trattò di un clamoroso misunderstanding da parte della ambasciatrice. Nell’incontro, Saddam aveva di fatto sondato le intenzioni di reazione del governo USA a una sua possibile azione di forza contro il Kuwait, traendo, dall’atteggiamento della sua rappresentante , la conclusione che non si sarebbe trattato di una posizione di intransigenza ad oltranza, e sentendosi in conseguenza in certo qual modo libero di agire. Come dire ..le sottigliezze e le sfumature della lingua araba.!! L’ operato della ambasciatrice sarà a breve oggetto di inchiesta in patria con conseguente destituzione dall’incarico, a Baghdad resterà per tutto il periodo di crisi, con funzione di ambasciatore, il numero due dello staff USA. INVASIONE: Il 2 Agosto al mio arrivo in ufficio di buon ora, trovo ad attendermi Mr. Jamal, l’egiziano addetto all’ufficio viaggi e passaporti, una delle funzioni più delicate e critiche di una filiale estera in un paese medio orientale quando si amministrano e si muovono un paio di migliaia di uomini in sei o sette grandi cantieri sparsi in un vasto territorio. E’in compagnia di un nostro tecnico in forza al cantiere di Mosul nel Nord dell’Irak di ritorno dall’aeroporto internazionale di Baghdad . Il connazionale mi apostrofa aspramente ritenendomi responsabile della cancellazione del volo Iraqi Airways delle ore 6 della stessa mattina, volo che lo avrebbe dovuto portare in Italia per il suo periodo di riposo; in quanto responsabile della Società nel Paese, sono, a suo giudizio tenuto a risolvere immediatamente il contrattempo che gli impedisce di godersi il programmato riposo alle Maldive in compagnia della sua ragazza. Mentre cerco di calmarlo spiegandogli che anche i capi qualche volta, raramente, ma nel caso specifico certamente, potevano non essere colpevoli dell’accaduto, arriva una chiamata telefonica dall’Ambasciata Italiana che mi convoca per una riunione di emergenza. Il governo Irakeno ha dichiarato lo stato di guerra con conseguente chiusura delle

frontiere nazionali, dobbiamo riunirci per valutare la situazione. Neanche il tempo di chiudere il telefono che la segretaria mi passa una chiamata dall’Italia, è mia moglie che da Fiumicino dove stava per prendere il volo per raggiungermi a Baghdad mi dice che la Swiss Air non le garantisce il prosieguo del viaggio oltre lo scalo di Zurigo in quanto l’Irak nella notte, ha dichiarato lo stato di guerra e chiuse le frontiere. Si decide per restare a Roma in attesa di notizie più definite.

In effetti, più definite non avrebbero potuto essere, Saddam , il “ nostro leader”, aveva deciso di annettere all’Irak la diciannovesima provincia, alias“ il Kuwait “. I carri armati Irakeni nella notte del primo Agosto percorrendo l’ autostrada fra Baghdad e Kuwait City e letteralmente travolgendo ogni e qualsiasi veicolo lungo il percorso, lasciano sull’asfalto alcune centinaia di morti fra gli ignari malcapitati automobilisti incontrati, i primi, ignorati morti della prima crisi del Golfo. Le forze Irakene sono entrate, alle prime luci dell’alba, in Kuwait. Tutti gli Hotel internazionali e le residenze degli espatriati sono circondate e gli occidentali espatriati, businessmen e giornalisti, sotto la minaccia delle armi, molti addirittura in pigiama, sequestrati, e subito deportati su autocarri dell’esercito a Baghdad, dove vengono consegnati alla responsabilità delle rispettive Ambasciate di appartenenza, che alla luce dei fatti, ignorano al momento il particolare non trascurabile di doverne aver cura anche logistica per i futuri 6 mesi. Gli stranieri deportati vengono confinati negli alberghi della città sotto controllo della polizia. Naturalmente, sulla popolazione locale e sulle migliaia di espatriati asiatici presenti, le truppe Irakene esercitano il diritto di preda e stupro. Il ricco Kuwait appena occupato ha una popolazione di alcune centinaia di migliaia di lavoratori stranieri di tutte le nazionalità dai Filippini ai Tailandesi a Pakistani, Indiani, Egiziani, Bangladeshi e via dicendo impiegati in tutte le attività dagli Ospedali ai servizi più essenziali che vengono interrotti dallo stato di caos determinatosi a seguito della occupazione militare Irakena, le centrali elettriche vengono

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.22 di 38

danneggiate e il paese resta al buio, senza acqua e soprattutto al caldo con i suoi 50 gradi di temperatura estiva. Per gli asiatici terrorizzati e sotto il controllo dell’esercito Irakeno, inizia un vero esodo di proporzioni impreviste, con ogni mezzo di trasporto disponibile, dal Kuwait verso Baghdad nella speranza di poter poi raggiungere il confine Giordano. Nel frattempo, inizia il saccheggio di Kuwait city, ogni ben di Dio immaginabile dai gioielli di Cartier alle scarpe di Gucci e gli abiti di Valentino, elettrodomestici, elettronica, automobili di lusso, Ferrari , Rolls etc… tutto viene prelevato e trasportato a Baghdad , dove nel giro di due settimane esplode un mercato di proporzioni incredibili, diecine di milioni di dollari di valore, finiscono nelle tasche dei figli di Saddam e dei pochi fedelissimi ammessi alla spartizione del bottino. Il dinaro Irakeno che al cambio ufficiale rimarrà al valore di 3,28 US dollari per un Dinaro, crolla al mercato nero a valori che superano i 100 dinari per US dollaro. Una manna per chi ha, come noi e gli espatriati sequestrati in Kuwait e deportati come ostaggi negli alberghi di Baghdad, disponibilità di valuta USA. ESODO: Dopo la metà di agosto Baghdad è invasa dalle migliaia di profughi che si accampano nelle strade senza altra protezione che l’ombra degli sparuti alberi presenti, in prossimità delle rispettive ambasciate di appartenenza. Le temperature si avvicinano ai 45 gradi di giorno e la mancanza di acqua e di facilities rendono la situazione igienico sanitaria indescrivibile. Il nostro ufficio e i nostri alloggi sono contigui alle ambasciate delle Filippine e del Pakistan e confinano col complesso dell’ambasciata di Francia, unica nazione a godere del privilegio di possedere un immobile di proprietà per ospitare la più grande rappresentanza straniera in Baghdad. Non a caso i Mirage Francesi equipaggiavano l’aeronautica Irakena a fianco dei Sukoi Russi. I cori dei rifugiati Francesi accampati nel parco della loro Ambasciata ci faranno compagnia, Marseillaise compresa, per molti dei sei mesi di permanenza forzata in Baghdad. Allons enfants de la patrie………..!!! Per raggiungere la mia abitazione devo attendere che vengano rimossi i giacigli improvvisati dei Filippini arrivati dal Kuwait accampati davanti al cancello del giardino, l’unico bagno della villa attigua alla mia, di proprietà di un ufficiale della guardia Repubblicana di Saddam, allevia in parte il problema sanitario di una moltitudine di tre o quattrocento Filippini, molti con famiglie e bambini di tutte le età. Nel pomeriggio quando la temperatura si abbassa di qualche grado inizia la processione degli Irakeni di Baghdad che vengono ad acquistare dai profughi automobili, articoli elettronici e quanto altro

immaginabile i fuggiaschi hanno portato con se e debbono monetizzare per proseguire il viaggio. Il Souk degli sventurati. I nostri tailandesi del cantiere di Daura, in Baghdad, ospitano nel loro campo un centinaio di giovani donne connazionali, infermiere e domestiche in fuga dalle truppe di occupazione Irakene che non vanno certo per il sottile con le donne che incontrano sulla loro strada. Anche per noi ci sono grossi problemi di logistica in questo campo di Daura, in parte alleviati dalla omogeneità di popolazione, fra connazionali la coabitazione, come dire, diviene presto non spiacevole per certi aspetti, considerando poi l’emergenza…ci si adatta con un certo piacere e si superano i disagi. Il Nunzio mi convoca urgentemente un pomeriggio ed insieme ci ritroviamo dall’ambasciatore Filippino che disperato, ci mostra il corpicino senza vita di un neonato Filippino che ha trovato abbandonato sulla sua scrivania !! L’intervento del Nunzio riesce a far riaprire l’unico cimitero Cristiano di Baghdad per accogliere nella notte il piccolo sconosciuto. La situazione perdura per settimane fino a quando le ambasciate riescono a organizzare ponti aerei con i rispettivi paesi e ad evacuare gradualmente per via di terra parte dei profughi rimasti in Baghdad con l’ottenimento dei visti di uscita che il governo di Saddam rilascia molto lentamente. La maggior parte ha preferito dirigersi senza visto di uscita e senza assistenza con i propri mezzi verso la Giordania. Si determina in pochi giorni, lungo i circa 1000 Km del percorso, una situazione di emergenza che verrà risolta con interventi internazionali per la creazione di campi di assistenza per le migliaia di profughi affamati e senza riparo. I resti di questo tragico esodo che si protrae per oltre 40 giorni saranno ancora evidenti dopo sei mesi, al nostro passaggio in pullman il 14 dicembre 90 diretti al confine Giordano, ultimi di tutti gli espatriati ostaggi a lasciare il paese. PROBLEMI: Nel frattempo abbiamo il nostro bel da fare con i nostri dipendenti Italiani. Abbiamo nel paese al momento della chiusura delle frontiere un ventina di famiglie Italiane che passano le vacanze con i loro uomini nei vari cantieri, abbiamo signore, giovani ragazze, alcuni ragazzi e qualche bambino che, sono sparsi nei campi dei cantieri del Nord e del Sud Irak. Li concentriamo tutti in Baghdad, dobbiamo affittare alloggi, sistemarli, soddisfare le mille esigenze delle varie famiglie, assicurare il vitto, l’assistenza sanitaria, rassicurarle sull’evolversi della situazione. Il timore del primo momento di essere tutti rinchiusi in campi di concentramento è per fortuna subito dissipato, il governo non intende assumere misure restrittive della nostra libertà di movimento all’interno del paese, intende solamente sfruttare la nostra presenza per fare pressione sulla comunità Internazionale.

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Edizione n° 15 – giugno ‘08 pag.23 di 38

Fra noi responsabili delle società italiane e straniere operanti in Irak, nella previsione di dover assicurare la sussistenza dei nostri uomini e famiglie per molti mesi si instaura una collaborazione mercantile di tipo medioevale, non si usa moneta, si scambiano cose. Io do a te posto nelle mie celle frigorifere per le tue scorte alimentari, tu dai a me il gas Freon per i compressori delle celle frigorifere, io compro una partita di uova e le tengo a disposizione di chi ne avrà bisogno, tu approvvigioni qualche quintale di bistecche o di farina per tutti noi. Le rispettive amministrazioni delle Società in Italia vanno in coma, non è permesso dalla legge Italiana, la contabilità non si può più controllare, i ragionieri si agitano, vanno dagli amministratori delegati e denunciano le irregolarità amministrative delle quali noi responsabili delle filiali ci stiamo facendo carico. Gli AD intervengono e noi gli spieghiamo che siamo in prima linea noi, non i loro ragionieri che stanno in sede, che non vale più quello che si fa nella normalità perché questa è emergenza vera bella e buona, che quindi noi facciamo come riteniamo giusto e se non và bene che vengano loro al posto nostro che noi saremo ben contenti dello scambio. Di fatto alla fine della crisi tutte le nostre società lasceranno in Irak tutto l’equipaggiamento, i mezzi di cantiere, i fondi nelle banche, i crediti per i lavori eseguiti, nulla verrà recuperato o salvato, tutte le perdite verranno assorbite dalla fiscalità generale Italiana. Pagherà Pantalone come al solito. Nei primi giorni della crisi siamo stati invitati dalle rispettive società a rispettare le disposizioni di non collaborazione col governo Irakeno che il nostro presidente Cossiga ha emanato a seguito della decisione internazionale di applicare le sanzioni e il blocco commerciale al governo Saddam. A noi, responsabili in loco, arrivano invece dal governo Saddam e dai vari ministeri –clienti disposizioni di non interrompere i lavori nei vari cantieri in atto in tutto il paese. La “non collaborazione “, noi non possiamo neppure prenderla in considerazione, siamo in un paese in stato di guerra in condizione di stranieri ostaggi. I lavori continuano fino a esaurimento dei materiali di montaggio disponibili nei cantieri. Le nostre società vengono da noi responsabili invitate in modo perentorio a considerare la cruda realtà della situazione in cui si trovano i loro rappresentanti, noi, e della impossibilità di implementare le disposizioni che il nostro Presidente Cossiga, seduto nel suo ufficio del Quirinale candidamente ci chiede di ottemperare. Noi non abbiamo alcun desiderio di esporre la propria persona e gli uomini dei quali siamo responsabili, alle sicure rappresaglie del governo Saddam. In una conversazione telefonica con il mio Ad in Milano, monitorata come sempre dai servizi Irakeni e intercettata sicuramente dai nostri del SISMI propongo di suggerire al nostro presidente di scambiare i nostri uffici, lui a Baghdad al nostro posto a mettere in atto la

“non collaborazione“, noi al sicuro a casa nostra in Italia. Il suggerimento non viene accettato….! Noi collaboriamo e la facciamo finita con le fesserie di Stato. SCUDI UMANI: La Centrale Elettrica di Daura, alla periferia sud di Baghdad, fornisce energia a buona parte della Città. Costruita dalla nostra Società , la Ansaldo Energia, gruppo Finmeccanica, è appena stata commissionata e il sito di costruzione è ancora sotto la nostra responsabilità. Siamo nella seconda settimana dall’inizio della crisi, vengo convocato dal ministero dell’energia, il nostro cliente, per comunicazioni urgenti. Mi viene chiesto di approntare entro pochi giorni un numero di alloggi nel campo di costruzione all’interno del sito della centrale, per ospitare dieci famiglie di espatriati Inglesi deportati dal Kuwait e attualmente ospitati in un campo in Ramadi a Nord di Baghdad .

Una centrale elettrica dell’Ansaldo

Le famiglie sono fra le destinate al ruolo di scudi umani a protezione dei siti di importanza strategica dai bombardamenti della coalizione .Il più delle famiglie dovrà essere alloggiato a ridosso degli uffici di cantiere e un paio in posizione…privilegiata….. all’interno della casa macchine dove sono i generatori della centrale, nel cuore dell’impianto, dove i missili colpiranno certamente. Naturalmente, in considerazione della preoccupazione di Saddam di non causare …troppo disagio agli scudi umani Inglesi, mi viene chiesto di organizzare per gli ospiti del mio cantiere attività di intrattenimento e socializzazione fra le famiglie dei miei dipendenti e quelle Inglesi prescelte alla funzione di agnelli sacrificali. I bambini in special modo devono essere opportunamente intrattenuti, Saddam ama molto i bambini. Se poi un missile della coalizione dovesse polverizzarne una diecina questo sarebbe un vero crimine di guerra degli infedeli. E’ palese la vergogna che i funzionari Irakeni miei interlocutori manifestano nel corso dell’incontro dato il livello di amicizia e confidenza personale che intercorre fra noi, ma le istruzioni del nostro “leader“ non possono essere oggetto neanche del più vago accenno di disappunto o di commento alcuno, ne va

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della integrità del proprio collo e di quelli dei membri della propria famiglia. Approntiamo quanto richiesto e prepariamo le nostre famiglie al ruolo di intrattenitrici degli Inglesi con la segreta egoistica speranza di non venire anche noi aggiunti alla lista degli scudi umani dandosi il caso che anche le nostre forze armate facciano parte della coalizione, non sono affatto momenti piacevoli . La televisione Irakena manda in onda un servizio sulla visita di Saddam alle famiglie Inglesi destinate a garantire con le loro persone il mantenimento della Pace….il raìs si preoccupa del loro benessere e visita il campo che le ospita , entra nella baracca di una famiglia dove viene accolto dal silenzio ostile e dagli sguardi preoccupati degli adulti e molto paternamente accarezza un biondissimo bimbetto di 6-7 anni mentre gli rivolge un complimento in arabo, il bimbo inaspettatamente e spontaneamente lo affronta con sguardo di evidente odio e atteggiamento di inequivocabile aperta sfida, in pieno primo piano televisivo . Il gelo scende sulle espressioni dei genitori e su tutti i presenti ma Saddam finge di non raccogliere il messaggio e…per fortuna …sorvola sull’incidente. Un vero brivido per tutti noi che sappiamo a cosa possa portare la reazione del raìs. Per fortuna l ‘arrivo delle famiglie in centrale viene rimandato più volte. L’utilizzo degli scudi umani non verrà fortunatamente messo in atto in quanto tutti gli ostaggi verranno liberati prima dell’inizio delle ostilità. La centrale di Daura sarà di fatto il primo obiettivo colpito nel primo giorno di bombardamento e come ho potuto di persona verificare al mio ritorno in Baghdad un mese dopo la fine della crisi il primo missile che ha colpito la sala macchine è entrato esattamente dal locale dove avremmo dovuto sistemare le due famiglie predestinate. Terrificante solo l’idea. SADDAM LIBERA LE FAMIGLIE: I giorni passano lenti mentre i problemi per noi responsabili aumentano rapidamente. E’ incredibile come la sola coscienza di una restrizione della propria libertà influisca sui comportamenti delle persone interessate. Non possiamo uscire dal Paese ma non siamo sottoposti ad alcun disagio o restrizione fisica. Possiamo muoverci liberamente e in relativa sicurezza in tutto il Paese, viviamo in case con aria condizionata e ci intratteniamo allegramente con cene di buona cucina. Però il comportamento delle persone cambia, l’ansia, l’incertezza, il desiderio di vedere risolta la situazione, i dubbi sul domani della nostra condizione, i timori delle mogli e i figli che devono rientrare in Italia per la scuola, tanti sono i fattori che fanno emergere i lati meno noti e negativi della personalità di ogni individuo. Naturalmente sono i responsabili delle rispettive

Società a fare da punto di riferimento per tutti i problemi reali e immaginari della loro gente. Non è facile, non è leggero il carico psicologico che si deve sopportare in queste situazioni. Ogni mossa, ogni parola di noi responsabili viene interpretata, valutata, ci si muove in punta di piedi cercando di infondere fiducia e tranquillità col proprio comportamento, lo stress è notevole ma lo si deve sopportare. Per fortuna le comunicazioni non si sono mai interrotte e tutti possiamo comunicare giornalmente con le nostre famiglie in Italia tramite Italcable. Siamo al corrente degli sviluppi della crisi e in costante contatto con le sedi delle nostre Società dalle quali di fatto riceviamo la migliore collaborazione possibile. Non altrettanto possiamo dire per la nostra sede diplomatica in Baghdad. In Agosto si è avuto il cambio dell’ambasciatore. Il nuovo è in ferie al momento dell’apertura della crisi e l’ambasciata è nelle mani del primo Consigliere che del paese è di gran lunga più esperto conoscitore di quanto lo possa essere l’ambasciatore entrante, appena trasferito a Baghdad da Vienna . Questa situazione comporterà per noi responsabili di società ulteriori difficoltà nella gestione degli avvenimenti, in quanto non potremo fare affidamento alcuno sul supporto di chi non conosce il paese e non è introdotto nel sistema diplomatico Irakeno. Le riunioni con l’ambasciatore si riveleranno come pure perdite di tempo, chi dovrebbe aggiornarci con indicazioni sugli sviluppi internazionali della crisi per orientarci nelle nostre scelte di gestione dei problemi della nostra gente chiede a noi informazioni su quanto accade in Irak per informarne il nostro governo. Ben presto le riunioni vanno deserte, siamo soli con l’ aiuto che ci viene delle nostre sedi in Italia a decidere il da farsi. Agosto è ormai passato e inaspettatamente il 2 settembre Saddam decide di lasciare uscire le famiglie straniere. Il 4 settembre, su un autobus noleggiato dalla Saipem, non dalla nostra ambasciata che in una situazione di tale emergenza non dispone di fondi per l’assistenza dei propri connazionali ma interviene nella persona del primo consigliere che si arroga la prerogativa di manager scorta a garanzia della sicurezza della operazione, le famiglie partono per il confine Giordano che raggiungeranno senza problemi.. Nella calda serata di Baghdad, mentre le ruote del bus si muovono lentamente per la partenza, risuona la battuta salace di uno degli uomini che ha appena salutato la consorte, “ da ora in avanti tutti single….!! “ Il resto del mese vede trascorrere di giorno in giorno l’esodo attraverso Baghdad delle migliaia di uomini e donne che provengono dal Kuwait occupato e muovono con ogni mezzo verso il confine Giordano. I più fortunati come i Pakistani e gli Indiani vengono assistiti dalle loro ambasciate e rimpatriati per ponte aereo, la moltitudine si deve arrangiare con i propri mezzi per via di terra..

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INTERVENTI INTERNAZIONALI: Gli europei ex Kuwait confinati negli alberghi o accampati come Inglesi e Francesi nei compound delle rispettive ambasciate si industriano a passare il tempo come possono, sono tutti affidati dalle autorità Irakene alla responsabilità delle rispettive sedi diplomatiche. Gli Italiani sono ospitati in albergo a cura della nostra ambasciata e ricevono una diaria in dinari. Sono molto irrequieti e liberi di muoversi in città, si considerano diversi da noi residenti in Irak e . supportati dai vari gruppi pacifisti che in Italia si agitano come loro solito in ogni occasione internazionale che lo consenta, protestano col governo Italiano perché non li libera etcetera .etcetera. Inizia la fase delle interviste e delle visite delle delegazioni di Pace che vengono ammesse di buon grado dal rais in quanto tengono alta l’attenzione internazionale sulla situazione e gli permettono di utilizzare gli ostaggi a dimostrazione dei suoi sentimenti altamente umanitari. Saddam concede la sua prima intervista in diretta TV all’americano Jesse Jackson e al termine in segno di benevolenza lascia partire le famiglie americane. Il governo Austriaco invia il suo presidente Kurt Waldheim che viene ricevuto da Saddam che gli concede di riportarsi in Austria i suoi espatriati ostaggi. Seguono a breve l’inglese Edward Heath, il giapponese Nakasone, il tedesco Willy Brandt quindi la rappresentante del governo Spagnolo, delegazioni Danesi, della Nuova Zelanda e persino degli Stati Uniti. A tutti, in segno di benevolenza il raìs concede di portare a casa tutti o parte dei propri connazionali ostaggi. Ci chiediamo come mai nessun personaggio Italiano per il momento appaia sulla scena, la risposta ci viene spontanea, non abbiamo in Italia personaggi di risonanza mondiale sufficiente a giustificare l’interesse di Saddam all’effetto propagandistico sull’opinione internazionale; qualcuno ironicamente suggerisce di ricorrere ai buoni uffici di Maria Pia Fanfani. Arriva la RAI con Caprarica, inviato speciale, proviamo a trasmettere una nota congiunta di noi ostaggi residenti in Irak di rimostranza piuttosto dura al nostro governo per la mancanza di intervento ma ci viene spiegato che la nostra intervista deve dare solo un messaggio di rassicurazione sulle nostre condizioni alle nostre famiglie in Italia, altro non possiamo dire perché i tempi della TV sono al massimo di cinque secondi per ognuno di noi, incredibile ma molto in stile nostrano. Decidiamo di ricorrere alle agenzie di stampa e passiamo all’ANSA un messaggio sottoscritto da tutti i 264 connazionali ancora in Irak. Una diecina dei “ turisti “ catturati in Kuwait è stata misteriosamente liberata dal raìs in segno di benevolenza per la visita improvvisata e quasi furtiva di Mario Capanna.

Alla fine di ottobre si tiene a Baghdad la Conferenza dei vescovi cristiani del Medio Oriente, un evento di grande importanza per la partecipazione di tutte le chiese Cristiane d’Oriente. I pacifisti Italiani approfittano della circostanza, una loro folta delegazione arriva al seguito di monsignor Capucci. Nei locali dell’Istituto di Cultura si tiene una riunione dove le signore pacifiste italiane fra le quali spicca la Chiara Ingrao ci spiegano, loro appena arrivate per la prima volta in Irak, quanto importante sia la nostra missione di pace nella criticità del momento che stiamo vivendo. Dopo alcuni minuti di questa patetica situazione mentre i presenti “ospiti “ di Saddam da ormai 4 mesi cominciano a rumoreggiare, noi responsabili delle Ditte Italiane siamo costretti ad abbandonare l’aula in segno di protesta per questa sorta di festival delle assurdità. E’ incredibile la presunzione di questi patetici personaggi di poter sfruttare la situazione per enfatizzare i loro soliti slogan di pace al cospetto di una assemblea di uomini preoccupati solo di riottenere la loro libertà, esasperati dalla assenza internazionale del loro governo dal quale si aspettano interventi e non belle parole di conforto. Quasi in sovrapposizione temporale con la conferenza dei vescovi arriva anche una delegazione di parlamentari Europei guidata da Formigoni che viene ricevuta da Saddam ma non ottiene rilascio alcuno di “ospiti“ europei. Formigoni resta nel paese in posizione defilata e la sua presenza genera a breve voci di possibili rilasci di connazionali. . I NOSTRI OSTAGGI: Abbiamo alcuni casi di nostri dipendenti che hanno urgente necessità di rimpatrio per ragioni sanitarie certificate dagli stessi medici Irakeni, stabiliamo contatti con gli esponenti della OLP , venuti dall’Italia dove operano sotto la benevolente protezione.della politica pro Palestina-Arafat del nostro governo Andreotti, che si dicono in grado di ottenere visti di uscita grazie alla loro introduzione presso il capo dell’ufficio responsabile degli stranieri l’ex ambasciatore a Roma Al.Saaf, naturalmente dietro compenso monetario. Siamo costretti a tour de force notturni per incontri nei vari Hotel di Baghdad con questi furbi individui alla vana ricerca di soluzioni sempre prospettateci e mai concretizzate. Ci sentiamo umiliati e risentiti per essere costretti a trattare con questi spregevoli emissari di Arafat che sfruttano il nostro paese per le loro politiche di intrallazzo medio orientale. Naturalmente non raggiungiamo risultato alcuno. Una delegazione di tre medici della croce rossa italiana arriva a Baghdad per visitare i connazionali che accusino disturbi, la comunicazione della nostra ambasciata datata 10 novembre arriva al mio ufficio il

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15 e i medici rientrano in Italia il giorno dopo , nessuno dei miei uomini fa a tempo a vederli. La delegazione ha confermato quanto già diagnosticato dai medici Irakeni ma non è servita praticamente che a generare inopportune speranze fra gli interessati.

Operazione Desert Storm

Siamo ormai alla metà di novembre. La mancanza di un qualsiasi intervento da parte del nostro governo viene rilevata anche dal nostro cliente, la State Organization for Electricity, in altre parole il ministero per l’energia, che mi suggerisce di offrire come Società in gesto di attenzione umanitaria direttamente al governo Irakeno un quantitativo di vaccini e medicinali per la assistenza sanitaria dei bambini Irakeni divenuta critica a seguito dell’embargo imposto all’ Irak. In accordo con la mia Sede offro con una lettera che esprime i nostri sentimenti di simpatia per le sofferenze dei bimbi Irakeni al ministro dell’Industria e alla implicita benevolenza del “nostro leader“ un cargo aereo di medicinali. Nella lettera chiedo che venga considerato il rilascio di 19 nostri dipendenti sempre naturalmente per pure ragioni umanitarie. Il nostro cargo di medicinali e vaccini della SCLAVO raggiungerà Baghad il 10 dicembre mentre parallelamente un altro cargo di medicinali offerto dal governo Andreotti arriverà negli stessi giorni, finalmente un segno di vita e di attenzione alla situazione da parte delle nostre istituzioni.. Siamo ogni giorno di più in attesa di eventi, seguiamo da Radio Montecarlo l’evolversi della situazione, nel frattempo divampa in Italia la crisi della Gladio e l’ Irak passa in secondo piano. Improvvisamente, per vie misteriose, il gruppo ENI, in posizione di qualche privilegio come acquirente del greggio Irakeno, riesce a ottenere il rilascio di due suoi funzionari nostri omologhi che la stampa Italiana definirà come sempre in questi casi, come “ autorevoli rappresentanti “ di noi espatriati………per noi solo due responsabili che si squagliano vigliaccamente lasciando indietro i dipendenti dei quali dovrebbero invece avere piena responsabilità. Ancora una volta…Grande Italia. !! A differenza di quanto avvenuto per quasi tutte le altre nazionalità nessun altro Italiano sarà liberato fino

all’ultimo momento, quello della decisione di Saddam di lasciare andare tutti gli stranieri. ATTESA:

La situazione internazionale si evolve lentamente, l’operazione Desert Storm prende forma, sappiamo che i servizi USA stanno raccogliendo informazioni dettagliate sui siti strategici come le centrali elettriche e le raffinerie da noi costruite, per motivi del tutto evidenti nel caso sempre più probabile di attacco missilistico.

Pozzi in fiamme

Ci dilettiamo nella elaborazione delle più pessimistiche previsioni nel caso di dover essere costretti nostro malgrado a subire i bombardamenti in Baghdad, come proteggersi dalla ricaduta del fuoco della contro aerea Irakena ? Già, perché uno non ci pensa ma quando migliaia di proiettili vengono sparati in cielo dal fuoco di sbarramento, tonnellate di acciaio in frammenti incandescenti ricadono sul terreno sottostante, non svaniscono semplicemente nel cielo, in natura vale il principio per cui nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Noi che in Baghdad ci siamo subiti oltre ottanta missili SCUD Iraniani nel conflitto appena cessato fra Irak e Iran alcuni a non più di 300 metri dalla nostra residenza in città e un paio addirittura sul nostro campo espatriati di Daura, per miracolo senza vittime, una certa esperienza nel merito ce la siamo fatta nostro malgrado ... Unica nota positiva; queste nostre elaborazioni avvengono molto spesso nel corso di pranzi del Venerdì, la Domenica dei Paesi Islamici, preparati dal nostro Bashir, il cuoco Pakistano, che ha messo a punto ricette Italiane di ottima fattura. Famose rimarranno le sue paste e fagioli che hanno conquistato l’apprezzamento incondizionato del Nunzio nostro assiduo commensale e dei giornalisti Italiani catturati in Kuwait e degli altrettanto assidui nostri ospiti come Fabiani dell’Espresso e Mosca un veterano del giornalismo Italiano che ci diletta con racconti dei suoi trascorsi di gioventù giornalistica alle dipendenze del suo direttore e maestro Spadolini.

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I missili Scud

EVENTO INATTESO: Novembre è al termine e la delegazione di Formigoni , che si muove nell’ambiente governativo Irakeno genera la sensazione che qualcosa stia muovendosi anche per noi Italiani. Finalmente una delegazione partecipata da un esponente Italiano di un certo rilievo internazionale. Inizia subito, come immaginabile, la contesa sulla definizione delle liste degli espatriati ai quali si suppone verrà concessa la benevolente considerazione di Saddam, così come ormai di consuetudine al termine di ogni incontro accordato a tutte le delegazioni precedenti, il clima fra gli espatriati si surriscalda, prima i malati !!..., no prima noi turisti catturati in Kuwait !!...., attenti ai non aventi diritto ma raccomandati da qualche personaggio di casa nostra !!...., (per esempio il parrucchiere personale di Tina Anselmi sorpreso con altri amici e amiche Italiani nel nord dell’ Irak in gita turistica ai primi di Luglio e trattenuto come gli altri dalle autorità Irakene), e così via in un crescendo disgustante di egoistiche meschinità. Passano alcuni giorni e finalmente Saddam riceve la delegazione Formigoni. Iniziano a circolare notizie di possibili decisioni importanti che potrebbero scaturire dagli incontri che si susseguono a più riprese .con i massimi esponenti del Governo Irakeno. Le discussioni e le liti sulla composizione delle liste dei connazionali a i quali accordare la precedenza per il rimpatrio raggiungono il climax. Il 6 dicembre Saddam sorprende e stupisce l’attenzione mondiale con il suo messaggio al Parlamento Irakeno al quale chiede di considerare la decisione di liberare tutti gli stranieri trattenuti nel Paese. Il raìs chiede al suo Parlamento di liberare gli stranieri , naturalmente la decisione è sua ma trattandosi di un leader democratico …fa una richiesta …che non si può rifiutare…!!! Formigoni ottiene di poter rivolgere un suo appello al parlamento Irakeno.

Il Parlamento naturalmente approva e siamo liberi di lasciare il paese quando vogliamo. Lo stesso giorno l’ufficio competente inizia il rilascio dei visti di uscita, tutti i passaporti dei miei dipendenti sono pronti entro le successive 12 ore. FESTEGGIAMENTI: La situazione si è risolta inaspettatamente e l’avvenimento richiede un festeggiamento adeguato all’importanza. Decidiamo per una cena da tenersi alla mensa del nostro campo espatriati di Daura. Invitiamo la delegazione di Formigoni, tutti gli inviati RAI e i giornalisti Italiani, il Nunzio Apostolico celebrerà la santa messa di ringraziamento, invitiamo tutti i nostri dipendenti Irakeni e gli impiegati dell’ambasciata Italiana . In qualità di padrone di casa , il campo di Daura è della Ansaldo, esprimo il mio personale non gradimento alla presenza di sua eccellenza l’ambasciatore Italiano a significare quanto sia stato inconsistente e assente nell’espletamento delle sue funzioni di responsabile rappresentante del nostro paese. I miei omologhi delle maggiori società concordano e la decisione viene comunicata all’interessato. Partecipano alla cena anche alcuni personaggi di ventura che circolano in Baghdad da qualche tempo sotto varie etichette , intellettuali, intermediari, intrallazzatori di vario genere e marca , insomma come si direbbe oggi , anche nani e ballerine. Al termine della serata si canta tutti insieme l’inno nazionale. Non si verificano affatto gli episodi boccacceschi nei riguardi delle nostre impiegate Irakene presenti raccontati per “sentito dire“ nel libro “BAGDAD“ da Fabrizio Del Noce, non presente in Irak , a pagina 177. PARTENZA !!!: Inizia l’ultimo capitolo, quello che a posteriori si rivelerà di drammatica comicità pur nella affatto comica realtà della contingenza. Nella ottimistica previsione che Saddam conceda, come nei casi delle precedenti delegazioni straniere, la libertà a un certo numero di Italiani, la nostra ambasciata prenota con Iraqi Airways un 737 per 150 persone, e concede sullo stesso volo posti a altri espatriati europei ritenendo di non coprire tutta la capacità dell’aereo con i soli nostri connazionali. La decisione a sorpresa di lasciare liberi tutti gli stranieri porta il numero degli Italiani da rimpatriare a oltre le 370 unità. Serve un aeromobile più grande ma ahimè, la nostra ambasciata non ha i soldi per noleggiare un Jumbo e ovviamente Iraqi Airways senza soldi non vola …. incidentalmente, Andreotti è il nostro presidente del consiglio in carica nella circostanza e De Michelis il nostro ministro degli esteri…. Come si fa ?? L’impasse è terribile per l’ambasciatore che rischia il linciaggio da parte dei suoi concittadini che vogliono essere riportati subito a casa .

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Nella notte il mio omologo responsabile della SAIPEM ottiene dalla società i fondi per il pagamento dell’affitto del Jumbo e salva la faccia dell’ambasciatore e del governo Italiano ; ancora e sempre Grande Italia !! Il giorno 9 dicembre accompagno i miei Italiani all’aeroporto e mi assicuro che le formalità di imbarco siano completate, saluto personalmente Formigoni che si unisce al volo di ritorno in Patria con la sua delegazione, raggiante per la svolta della situazione a seguito della improvvisa e inattesa decisione di Saddam. Per lui , Formigoni , è un trionfo il poter riportare in Italia tutti gli ostaggi. Lascio l’aeroporto che sono circa le 11 del mattino mentre i partenti defluiscono per l’imbarco, la partenza è prevista per le ore 14. Per noi responsabili con alcune decine di dipendenti asiatici ,nord africani e medio orientali ancora nel paese restano molte cose da sistemare . Rientreremo con calma per via di terra dal confine Giordano quando tutto sarà messo in stato di conservazione e senza lasciare indietro nessuno dei nostri dipendenti. Questa nostra decisione non sarà affatto compresa come nostro dovere professionale e morale di responsabili. Le nostre autorità diplomatiche ci martelleranno giornalmente con inviti pressanti a lasciare il paese per non creare problemi a loro medesimi. I responsabili diplomatici che non vogliono responsabilità, altro tipico caso italico, non assistono bensì ostacolano... L’ultimo scontro verbale lo avremo all’aeroporto di Amman con funzionari della nostra sede diplomatica in Giordania, ai quali significheremo in chiari termini il nostro risentimento di cittadini non assistiti e persino disturbati nell’adempimento dei propri doveri professionali. Ritorno a casa e comincio a rilassarmi , finalmente tutto si stà risolvendo nel migliore dei modi , pranzo e decido per una distensiva e rigenerante pennichella. Sono circa le ore 18 quando Bashir. il mio cuoco fac-totum pachistano mi sveglia per una telefonata da Milano. E’ il mio amministratore delegato che vuole sapere da me dove sia l‘aereo con gli ostaggi Italiani. “Li ho lasciati all’aeroporto questa mattina , stavano imbarcando sul volo per l’Italia“ è la mia risposta, “non abbiamo notizie di dove siano e le famiglie sono molto preoccupate e non sanno a quale aeroporto andare a riceverli “ mi dice l’AD. In breve , si scoprirà che il volo non ha potuto decollare da Baghdad per diverse ore in quanto non

era stato richiesto il permesso di sorvolo dello spazio aereo di Cipro da parte delle nostre autorità responsabili in Italia. I passeggeri imbarcati alle ore 11 erano rimasti intrappolati nell’aereo sotto un sole cocente per un paio di ore, poi erano sbarcati allo stremo delle loro forze e dopo altre ore di attesa in aeroporto erano finalmente riusciti a lasciare l’Irak dopo che le necessarie autorizzazioni al volo erano state finalmente ottenute da Roma.. Intorno alle 21 della notte una nuova telefonata mi informa del nuovo grande interrogativo che incombe sull’arrivo del volo in Italia, non si sa se arriverà a Fiumicino o sarà dirottato su Ciampino. Le famiglie sono in febbrile agitazione. Alla fine della storia l’ultimo colpo di scena , il volo viene dato in arrivo a Fiumicino , stampa, TV e famiglie si dirigono verso l’aeroporto Da Vinci ma il volo in extremis viene di fatto dirottato su Ciampino dove in effetti arriva. Il retroscena ? semplice , qualcuno non gradiva che Formigoni potesse attribuirsi il merito totale della liberazione di tutti gli stranieri e soprattutto dei connazionali a coronamento del suo intervento con Saddam. RITORNO A CASA : Il giorno 14 di dicembre con un pullman Giordano lasciamo Baghdad diretti ad Amman. Sul pullmann con noi abbiamo tutti i dipendenti occidentali, nord africani ed asiatici delle società Ansaldo , SAE Sadelmi e Fochi. Arriviamo nella capitale Giordana nella notte, dopo aver passato almeno 20 blocchi stradali con minuziosi controlli dell’esercito Giordano fra il confine Irakeno e la capitale. Il mattino seguente i gruppi della varie nazionalità si imbarcano sui voli che li riportano in patria e il nostro gruppetto di 5 italiani rientra in Italia con un volo Royal Jordan. All’imbarco ho il mio ultimo problema da risolvere insieme all’agente di viaggio Giordano. Rambo, il mio cagnolino pechinese, deve volare con noi ma non si trova una gabbia adatta al suo trasporto aereo . Nel mondo islamico il cane non è un animale gradito. Il nostro agente di viaggio ha alla fine una brillante idea , ottiene una gabbia da scimmie dallo zoo di Amman e in quella il mio frastornato cagnolino ricomparirà sul nastro bagagli dell’aeroporto di Fiumicino. Sono passati oltre 17 anni da quei momenti ma per chi come noi ha vissuto questa esperienza il ricordo è sempre vivo e le sensazioni che suscita il richiamare alla memoria gli eventi sono diverse e intense.

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R I C O R D I

Esistono dei ricordi che, nonostante le tante primavere trascorse, ritornano vivi e limpidi. Sono entrato a Mondragone alla età di nove anni, questi ricordi che andrò a narrare sono di qualche anno posteriori al mio ingresso in collegio. In quegli anni ebbi occasione di frequentare e ascoltare a lungo le storie di due anziane Signore mie lontane parenti. Ero affascinato da questi racconti del passato e, tutte le volte che potevo, le sollecitavo per farle parlare dei loro ricordi che ascoltavo con curiosità e molta attenzione. Le signore in questione erano: Elsa Fazzari-Canzio e Maria Phyffer d’Altischofen –Croci. Della prima la storia più interessante fu l’avventura del padre Achille Fazzari, giovane ufficiale garibaldino alla battaglia di Mentana

Battaglia di Mentana

nel 1867 della seconda il racconto personale della presa di Roma nel 1870. Due storie avvenute su fronti assai diversi. Come già accennato la prima storia è l’avventura di cui fu protagonista Achille Fazzari nella sfortunata impresa garibaldina del ’67 a Mentana. Era rimasto ferito sul campo dello scontro e i soldati Svizzeri che venivano avanti non avevano molti riguardi per i feriti garibaldini. Mentre era disteso mezzo svenuto gli si avvicinò uno Svizzero pontificio e nel vederlo così giovane e di aspetto distinto e quasi aristocratico,si impietosì e,di nascosto dagli altri soldati, lo trascinò sotto un pagliaio dicendogli all’orecchio sommessamente:mi chiamo Ignazio Cronvel. Passano gli anni e il giovane Achille Fazzari, oramai guarito, ma non dimentica, era diventato un ricco imprenditore proprietario tra l’altro, del vastissimo tenimento della Ferdinandea, già degli spodestati Borboni di Napoli. A questo punto il

Fazzari iniziò le ricerche del suo salvatore del lontano 1867, tanto fece che lo scovò in Svizzera. Cronvel viveva dignitosamente con una modesta pensione, ma alla soglia della indigenza. L’ex garibaldino, divenuto nel frattempo colonnello ed intimo della famiglia Garibaldi, gli propose di venire in Calabria e diventare l’amministratore della Ferdinandea. Tutti gli anni alla ricorrenza della famosa battaglia di Mentana il garibaldino e l’ex Zuavo pontificio si sedevano a tavola nelle rispettive divise e banchettavano ricordando i vecchi tempi. Quando purtroppo arrivò l’ultimo giorno della vita di Ignazio Cronvel, l’ex zuavo con la dignità e con la fermezza che distingueva il suo forte carattere disse in francese: “Bisogna morire. Il fato così ordina!” Ho sintetizzato al massimo questo racconto, però non posso tralasciare di informare che tra i tanti meriti di Achille Fazzari vi è anche quello di aver tentato in anteprima la Conciliazione tra il Vaticano e lo Stato Italiano. La seconda storia, quella scelta tra le tante, raccontate dalla signora Maria è il ricordo personale di quando, bambina di pochi anni, visse la giornata del 20 Settembre 1870.

A quell’epoca viveva dentro il Quirinale essendo il padre il comandante della Guardia Svizzera di Papa Pio IX°.

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Edizione n° 15– giugno ‘08 pag.30 di 38

La signora Maria ricordava perfettamente il padre Martino che la mattina della giornata nella quale i bersaglieri Italiani entrarono in Roma da Porta Pia, si vestiva indossando anche la corazza di rito per recarsi sui luoghi della battaglia.

Più tardi, cessati i colpi tremendi dell’artiglieria, che la facevano tremare come una foglia scossa dal vento, insieme ad alcuni inservienti si affacciò ad una delle tante finestre del Quirinale che davano sulla allora Via Pia, divenuta poi Via venti Settembre, e dovette assistere ad una manifestazione di scalmanati che dalla via, mostrando i pugni,gridavano a tutto spiano: Brutti figliacci di preti adesso veniamo su e vi ammazziamo tutti! Era ancora emozionata nel raccontare questa sua avventura da bambina, aveva avuto più paura della folla inferocita che delle palle di cannone che aveva visto correre per la Via Pia.

Claudio Sabatini

(in collegio dal 1936 al 1946) QUESTO E’ UN UOMO Claudio Sabatini è un mio amico e a volte l’amicizia fa velo sulla ragione. Ma nel suo caso non credo che sia così per le parole che mi appresto a scrivere in apertura alla sua raccolta di poesie. Le poesie di Claudio non sono l’opera di un poeta di professione, ammesso che ne esistano, ma sono la forma poetica che, in un arco assai lungo di tempo, egli ha voluto dare ad alcune esperienze cruciali della sua vita: una vita cominciata come quella di tanti giovani, all’insegna degli studi nelle aule di un nobile e antico collegio, e deviate bruscamente dagli avvenimenti che sconvolsero il nostro Paese quando, nel 1943, prese atto che la guerra malamente cominciata era ormai perduta. L’8 settembre raggiunge Claudio e il fratello maggiore, Fabio, nei castelli romani, dove vedono di persona il trattamento che i tedeschi riservano agli ex

alleati. Poi la notizia del trasferimento del governo Badoglio a Brindisi. Bastano queste notizie per indurre i due fratelli a partire per il Sud. E’ una scelta che molti giovani faranno in quei giorni e nei mesi successivi, schierandosi su fronti opposti ma mossi da un comune bisogno di reagire all’umiliazione di una Patria che era sembrata grande fino a poco tempo prima e che ora appariva in tutta la sua debolezza, se non addirittura perduta per sempre. Non è questa la sede per seguire le vicende dei due fratelli: il viaggio avventuroso verso il Sud, le difficoltà dell’arruolamento, le missioni con i servizi USA nell’OSS, le scelte diverse e la separazione, Fabio con gli americani, Claudio a risalire la penisola con i bersaglieri dell’esercito ricostituito, mentre il padre, ufficiale catturato in Sicilia, langue in un campo di prigionia alleata. Sono le vicende, apparentemente assurde, di un mondo che ha perso il suo baricentro. Claudio tornerà a Roma dopo un duro inverno in prima linea sui monti dell’Abruzzo, Fabio, catturato in missione da un gruppo di sedicenti partigiani nella zona di Ascoli Piceno morirà in circostanze oscure, ucciso, come si suol dire, da fuoco amico. Il padre tornerà dalla prigione soltanto alla fine del 1945 e insieme a Claudio cercherà invano di rintracciare il figlio perduto. Nella Roma del dopoguerra Claudio si farà nuovi amici, cercando di ritrovare il filo di un percorso spezzato. Amerà la letteratura, la poesia, l’arte. Conoscerà i sogni che i suoi vent’anni prescrivono a quanti hanno animo predisposto a volare oltre i problemi della quotidianità, problemi con i quali, come tutti, sarà chiamato ben presto a misurarsi. A quel punto i temi della sua poesia sono già delineati: la gioventù spezzata, la guerra, la perdita del fratello, l’amore come perdita irrimediabile, il dolore della memoria; e questi temi si ritrovano con sorprendente puntualità, anche se in forma più matura, in anni molto lontani tra loro. Questi temi Claudio non li ha trasfusi solo nelle sue poesie, ma li ha narrati in mille forme agli amici, ai figli, e a quanti hanno apprezzato e amato la sua natura più profonda di antico cantastorie di un tempo che sta scomparendo. E proprio perché non scompaia del tutto, gli amici hanno voluto raccogliere queste sue poesie e fargliene dono, come testimonianza di un uomo che ha vissuto tempi difficili conservando la pietas che contraddistingue quanti hanno provato il dolore della condizione umana e hanno imparato a conviverci con sofferta ma non rassegnata dignità. Aldo G. Ricci Soprintendente Archivio Centrale dello Stato

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

Corso di Laurea in Materie Letterarie

IPPOLITO DESIDERI IN TIBET: LA RELIGIONE POPOLARE TIBETANA SECONDO

L’INTERPRETAZIONE DI UN MISSIONARIO GESUITA PISTOIESE DEL SEC. XVIII

Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Elena ROTELLI Candidata Alessandra VEZZOSI

Anno Accademico 2002-2003

PREMESSA Con il presente allegato si intende fornire una sommaria nozione della materia di studio contenuta nella mia tesi di laurea che ha per oggetto la trascrizione commentata della religione tibetana descritta da un missionario gesuita pistoiese, vissuto tra la fine del sec. XVIII e la prima metà del sec. XIX: Ippolito Desideri. Nel tentativo di comprendere se l’argomento nella sua totalità, oppure anche solo parzialmente può esser d’interesse, nell’allegato vengono forniti i seguenti documenti: L’intestazione della tesi di laurea di Vezzosi Alessandra, Ippolito Desideri in Tibet: la religione tibetana secondo l’interpretazione di un missionario gesuita pistoiese del sec.XVIII, conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Scienze della Formazione, corso di laurea in Materie Letterarie, Firenze 2003 [Discussione marzo2004]

Alessandra Vezzosi è nata a Pistoia il 4 settembre 1970.

Compie gli studi classici e dopo il conseguimento del Diploma di Maturità Magistrale esplica la sua attività di insegnante nelle scuole elementari della città di Pistoia. Laureata in Materie Letterarie con indirizzo storico e appassionata di cultura orientale, ha elaborato la sua ricerca partendo dalla figura di un missionario gesuita pistoiese: Ippolito Desideri.

Dal 1989 lavora a Pistoia presso la scuola comunale dell’Infanzia “La Filastrocca” e continua i suoi studi nel mondo della civiltà orientale.

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Breve introduzione

La tesi nasce dalla volontà di fornire una sintesi rielaborata della religione tibetana, secondo l’interpretazione compiuta da Ippolito Desideri, missionario gesuita pistoiese vissuto fra i secoli XVII e XVIII, che raggiunse Lhasa nel 1716 e vi rimase fino al 1721 quando dovette, suo malgrado, abbandonarla perché richiamato a Roma.

Fonte di riferimento principale per le notizie sull’insigne missionario e la sua missione, è il testo di L. Petech, al quale va il merito, dopo la metà del sec. XX, di aver pubblicato quasi integralmente, in lingua italiana, la Relazione del viaggio che Desideri

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aveva lasciato attraverso interessanti codici manoscritti (Sono dedicate al Desideri le parti V, VI, VII della collana de «Il Nuovo Ramusio», I Missionari italiani in Tibet e nel Nepal, vol. II, a cura di Luciano Petech, pubblicata dall’Istituto Poligrafico dello Stato – Libreria dello Stato, Roma, dal 1954 al 1956).

L’elaborato approfondisce il tema della religione tibetana per come apparve al Desideri ben due secoli fa, attenendosi strettamente alla precisa descrizione che troviamo nel Libro Terzo dell’edizione critica del Petech, che ha per oggetto, appunto, la materia di contenuto religioso trascritta.

Durante lo svolgimento del lavoro ho avuto la grande opportunità di incontrare padre Augusto Luca, Missionario Saveriano attualmente residente a Parma, autore di una delle poche monografie attualmente esistenti su padre Ippolito Desideri, Nel Tibet ignoto: lo straordinario viaggio di Ippolito Desideri S. J. (1684-1733), che mi ha permesso di comprendere meglio la vicenda di Desideri e di reperire ulteriore materiale relativo all’argomento.

Non si può tacere, infatti, il fatto che padre Augusto Luca affiancò padre Giuseppe Toscano nell’ultimo periodo di scoperta, ricerca e traduzione integrale e commentata delle opere tibetane scritte dal Desideri durante la sua permanenza a Lhasa e in India [Toscano, G. M., Opere Tibetane di Ippolito Desideri S.J., Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Introduzione, traduzione e note di G.Toscano. Vol. I Il T’o - rans (L’Aurora), Roma, 1982; Vol. II Lo Snin – po (Essenza della dottrina cristiana), Roma, 1982; Vol. III Il Byun K’ uns (L’origine degli esseri viventi e di tutte le cose), Roma, 1984; Vol. IV Il Nes legs (Il sommo bene e il fine ultimo), Roma, 1989; l’ultima Skye ba sna ma, sulla trasmigrazione delle anime, giace ancora inedita presso l’Is.I.A.O. di Roma].

Non poteva esser oggetto specifico del mio studio il contenuto di carattere revalentemente filosofico-religioso delle opere tibetane e per la tesi mi sono limitata ad estrapolare da esse solo i concetti utili allo sviluppo del nucleo centrale del mio lavoro.

La tesi conta pp. 194 e si articola in quattro capitoli suddivisi in paragrafi.

Il primo capitolo consiste in un profilo essenziale del personaggio, contiene alcuni cenni di carattere biografico su Ippolito Desideri e una brevissima sintesi del viaggio in Tibet, con particolare riferimento al periodo di soggiorno a Lhasa.

Nel secondo capitolo vengono delineate in modo sintetico le caratteristiche del Buddhismo delle origini e la sua successiva evoluzione nelle correnti principali, poiché diversamente non sarebbe stata possibile la comprensione del Buddhismo tibetano né della descrizione e dell’interpretazione offertaci dal Desideri.

L’ argomento che occupa il capitolo terzo è lo sviluppo del Buddhismo in Tibet prima dell’arrivo del padre gesuita ed è motivato dalla pertinenza ad alcune tematiche religiose affrontate dal Desideri nella sua Relazione.

Nel capitolo quarto viene riportata in modo puntuale la descrizione della religione tibetana che incontrò il padre gesuita quando giunse in Tibet, analizzando e confrontando la sua interpretazione con quelle di opere affini più recenti.

Alcune brevi considerazioni concludono l’elaborato e mettono in rilievo l’importanza della figura del missionario secondo quanto emerge dalla lettura dei testi di coloro che ne hanno approfondito lo studio. Il materiale documentario (edito e inedito) raccolto, alcune significative illustrazioni e fotografie reperite durante la ricerca sono state riportate con precisione in una Appendice documentaria con la quale termina lo studio.

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LA FISICA DELL’INFERNO

OPPURE : “MA VA ALL’INFERNO!”

Durante l’esame scritto di fisica all’Università, il Professore, un po’ burlone, inserì la seguente domanda: “L’inferno è esotermico (emette calore) ovvero endotermico (assorbe calore)? Uno studente, non meno burlone, così rispose: - Per prima cosa si deve conoscere come varia la massa dell’inferno nel tempo; - Dobbiamo quindi conoscere il “tasso di entrata” e quello “di uscita” delle anime; - Si può ritenere nullo il “tasso di uscita”. Nessuno prevede che un’anima, una volta entrata all’inferno, ne possa uscire; - Si dovrà quindi prendere in considerazione il solo “tasso di entrata”; - I popoli della terra professano diverse religioni con una regola pressoché comune: chi è “infedele” (pratica religione diversa dalla propria) va all’inferno; - Pertanto, secondo questo assunto, bene o male tutti vanno all’inferno; non ci si deve preoccupare quindi di “buoni” e “cattivi”; - In base dunque al “tasso di mortalità” medio mondiale può essere calcolata la velocità di variazione del cambiamento di volume dell’inferno. - Circa il cambiamento del volume dell’inferno si può applicare la legge di Bojle “la pressione e la temperatura dell’inferno rimangono inalterate se il

volume si dilata proporzionalmente all’ingresso delle anime”. Pertanto si configurano due sole risposte possibili: 1) L’inferno si dilata ad una velocità minore rispetto al tasso d’ingresso delle anime. Conseguenza: temperatura e pressione aumentano indefinitivamente fino all’esplosione dell’Inferno stesso; 2) L’Inferno si dilata ad una velocità maggiore rispetto al tasso d’ingresso delle anime. La temperatura allora diminuirà fino al congelamento dell’inferno stesso. Si tratta ora di trovare un criterio di scelta tra le due opzioni! Se si accetta che Giovanna, durante il mio primo anno di Università, mi ha risposto: “:’inferno si gelerà prima che io venga a letto con te…”, ma che, poi, ho dormito con lei la notte scorsa, allora l’ipotesi deve essere vera e l’inferno è esotermico ed è già gelato! COROLLARIO ALLA TEORIA Se l’inferno è già gelato allora non accetterà più anime quindi l’inferno non esiste lasciando solo il Paradiso. Viene provata così l’esistenza di un essere divino che, tra le altre cose, è molto venerato da Giovanna che la notte scorsa non smetteva di gridare “oh mio dio”! Pisa – 1° anno della Scuola Normale di Fisica

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Mio padre Matteo Matteo Maciocco in collegio dal 1948 al 1953

Matteo Maciocco, nel 1948 e nel 1857 Buongiorno a tutti. Mi chiamo Fabrizio Maciocco, e sono figlio di un ex alunno del Nobile Collegio Mondragone, Matteo Maciocco (in collegio dal 1948 al 1953). Ho 44 anni, e sono il primo di 5 figli... Mio padre è morto nel 1990, ma ha spesso parlato con noi della sua esperienza in collegio...a casa abbiamo diverse fotografie che testimoniano quel quinquennio, e tante volte le abbiamo osservate (lui con nostalgia), cercando di immaginare come potesse essere la vita dei collegiali... Dico questo perchè, nonostante mio padre abbia spesso parlato di quel periodo, è stato sempre molto "restio" a spiegare e a raccontare... e quindi solo grazie ad un suo "camerata" (il simpaticissimo e cordialissimo Giuseppe Carafa, che ci ha onorato della sua presenza, in compagnia dell'altrettanto simpaticissima & cordialissima consorte Maura) che noi abbiamo conosciuto qualcosa in più... E oggi, grazie ai vostri 2 siti, nei quali navigo abbastanza spesso, scopriamo tante cose veramente interessanti, anche riguardo tante attività che nostro padre aveva "tenuto

nascoste"... come ad esempio la sua partecipazione come mezzala destra, se non sbaglio, nella squadra calcistica San Giorgio, fino ai premi di camerata, argomenti di cui lui ha sempre taciuto... probabilmente per timidezza. Ogni tanto, navigando, riesco a trovare notizie nuove, e a commuovermi letteralmente, scoprendo delle storie molto toccanti, e sentendomi come un viaggiatore nel tempo, a sbirciare in mezzo a tanti volti e storie del passato. E' molto bello vedere che a distanza di 55 anni dalla sua chiusura, il Collegio riesca ancora a tenere uniti i suoi ex alunni (e rispettivi familiari, discendenti, ecc.), in uno spirito di familiarità veramente invidiabile. Con grande affetto per ciò che il Nobile Collegio Mondragone ha rappresentato per mio padre, vi faccio i miei migliori auguri per il nuovo anno e soprattutto per la vostra opera, veramente encomiabile. I saluti più cordiali da parte mia e della mia famiglia, gennaio 2008

Fabrizio Maciocco

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Caro Fabrizio, sono uno dei compagni di "camerata" di tuo padre (sono entrato in collegio nel 1946 fino al 1953). Ho saputo che hai scritto alla Associazione ricordando papà Matteo con parole veramente affettuose che mi hanno commosso. Ti allego la foto scattata nel 1953 con la classe V° ginnasio. Nella prima fila da sinistra in alto: Giuseppe Carafa, Giulio Taticchi, Vittorio Spadorcia (quello che ti scrive), Alessandro Lante della Rovere, Kosro Pakrevan e Giuseppe Ruini. Nella seconda fila sempre da sinistra guardando la foto: Giuseppe Cannizzo, Gaetano Arciuli, Gianbernardo Benigni, Giuseppe Moroni Fiori, il Prof. Oscar Cupini, Gianalberto D'Ammassa, papà MatteoMaciocco, Alessandro Baicoianu, Alessio Rebecchini. In basso: Filippo Mazzonis. Se ti fa piacere ricevere le comunicazioni della nostra Associazione

mandami il tuo indirizzo e telefono. Un.caro.saluto. Vittorio Spadorcia Gentilissimo Vittorio, la ringrazio per la sollecita e cordialissima risposta. Ora sono io che mi sento commosso !!! Il giorno dopo aver inviato il mio messaggio, sono stato contattato da Giuseppe Carafa telefonicamente ( cosa che mi ha davvero gratificato ed emozionato), e poi ho subito trovato il suo messaggio, con la foto della classe in cui è presente mio padre... DAVVERO GRAZIE INFINITE!!! Sono sicuro che scriverò ancora, anche perchè mi fa piacere darvi notizie di quella che è stata la vita di babbo dopo il collegio... e cercherò di recuperare qualche foto che forse voi non avete... Giuseppe mi ha anche "invitato" a venirvi a trovare a Frascati !!! E mi ha anche detto che da quando è venuto a farci visita a casa nostra in Sardegna con sua moglie, ha conservato la foto ricordo di babbo (pensi che sfortuna per loro 2!!!! Giuseppe è arrivato ad Olbia pochissimi mesi dopo la morte di babbo!!!!!! e questo l'ha colpito negativamente...e di ciò siamo ancora tutti dispiaciuti!). Beh...cambiando discorso...lo sapevate che la promettente mezzala destra della San Giorgio si è anche cimentato nel cinema amatoriale, recitando in 3 cortometraggi ed un lungometraggio??? A questo proposito, se vi fa piacere, provate a collegarvi a questo sito e..fatemi sapere cosa ne pensate (anche se hanno sbagliato a scrivere il cognome??? (http://www.cortoweb.tv/scheda.asp?autore=Piero+Livi&titolo=Marco+del+mare) Come promesso, continuerò con piacere a scrivere...e quindi...ALLA PROSSIMA!!! Ciao dalla Sardegna... Fabrizio Maciocco

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Mio padre: Antonio Castellucci

La cucina: il regno di Fratel Giovanni Marras (detto Cuccumetta) dal 1930 al 1953

Mi sono imbattuto per caso nel vostro sito e a quel punto mi sono scattati tanti ricordi della mia infanzia. Non sono un ex alunno ma ho avuto il piacere di conoscere dei Padri gesuiti in quanto mio zio era Padre Osvaldo Castellucci, missionario nella lontana Taiwan e mio padre Antonio Castellucci negli anni 50 faceva il cuoco a Mondragone insieme al mitico Fratel Marras (cuccumetta), che ho avuto il piacere di conoscere e che ogni volta che mi vedeva mi riempiva di “gelato”. Mio padre dopo fece il bidello all’Istituto Massimo. Ho letto nel vostro sito i nomi dei padri gesuiti e mi sono ritornate davanti agli occhi le immagini di Padre Zaccari, Chianella,

Pallotta, Palisi, Parisi. Ho conosciuto nei miei 50 anni di vita tanti ex alunni dei Gesuiti che si sono fatti strada nella vita, dai fratelli di cui non ricordo il nome che sono arrivati ai vertici di AGIP e Banca Roma ai fratelli Luigi e Giancarlo Abete al mio attuale direttore generale Giovanni Lelli (Enea Centro Ricerche Casaccia), segno evidente che l’istruzione e l’educazione impartita dai Padri Gesuiti è stata e sarà sempre una delle migliori. Vi invio i miei più fervidi auguri di un felice 2008.

Distinti saluti

Fabrizio Castellucci

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CIRCOLO PARIOLI mercoledì 12 dicembre 2007

Pranzo degli auguri Natale 2007 e Capodanno 2008

Il presidente Ferdinando Massimo con il decano della Associazione

Ex Alunni Nobile Collegio Mondragone Francesco Paolo Pellicano in collegio dal 1925 al 1930

Hanno partecipato:

Padre Tiziano Repetto S.J. Maria Arnaldi Andrea Bianchi

Enrico ed Isabella Corsetti Antonini Domenico ed Annie di Paola Consolini

Lucio Curato Luciano e Marina Koch Vincenzo Falzacappa

Enrico e Maria Paola Fiorelli Gastone Fiorelli

Enrico Giacobazzi Fulcini Eros e Laura Leonzi

Piero ed Helène Marchetti Giuliano e Paola Mauro

Giorgio ed Augusta Melucco

Giuseppe Moroni Fiori Ferdinando Massimo

Francesco Paolo Pellicano e Signora Lionello Pio di Savoia

Paolo e Dirce Rebecchini Antonino ed Ada Rizzo Galimi

Luigi Rocchi Claudio Sabatini

Rodolfo Santovetti Emilio ed Ica Serrao

Mario Sonnino Vittorio e Nilla Spadorcia

Fabio Valerj Giuliano e Mimmi Zincone

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R e d a z i o n e e d e d i t i n g a c u r a d i V i t t o r i o S p a d o r c i a e R o l a n d o T o n a r e l l i