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LE LINGUE DEI SEGNI Marco Svolacchia

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LE LINGUE DEI SEGNI

Marco Svolacchia

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Che cos’è una lingua dei segni?

Esiste molta disinformazione riguardo alle lingue dei segni, confuse con altri sistemi

di comunicazione con altre proprietà strutturali o di uso. Quella che segue è una

tipologia essenziale:

1. Gesti “prosodici” degli udenti: gesti automatici e inconsci che accompagnano il

parlato, semanticamente “vuoti”. ‘Prosodico’ allude al fatto che spesso hanno una

funzione ritmica, di sottolineatura di unità del testo. La semantica che li caratterizza

è chiaramente funzionale, i.e. non referenziale, più precisamente intenzionale-

discorsiva; in questa funzione si accompagnano o si alternano a espressioni del viso

(per negare, affermare, interrogare, focalizzare, ecc.).

2. Gesti di contenuto degli udenti: gesti isolati dotati di contenuto referenziale che

sostituiscono il parlato in condizioni particolari o che lo rinforzano.

3. Pidgin di segni: sistemi di comunicazione di espressività molto limitata utilizzati

per comunicare in circostanze particolari, quando la lingua madre non è utilizzabile.

Consistono in genere di poche centinaia di parole e sono privi di grammatica; la loro

interpretazione si basa in gran parte sul contesto.

4. Lingue manuali: sono lingue dei segni artificiali calcate a qualche livello su una

lingua parlata. Possono essere:

• CALCHI COMPLETI, la cui grammatica è quella della lingua parlata di riferimento;

eventualmente, le desinenze della lingua parlata vengono codificate mediante

l’alfabeto manuale. Hanno prevalentemente un uso didattico: con questa tecnica i

bambini sordi riescono ad apprendere la morfologia flessiva della lingua parlata,

l’aspetto che presenta per loro la maggiore difficoltà.

• CALCHI PARZIALI, la cui grammatica è quella della lingua parlata di riferimento ma

molto semplificata: mancando di categorie funzionali, si può parlare di lingue

pidgin. In genere vengono utilizzate simultaneamente alla lingua parlata, per

permettere la comunicazione bimodale.

5. Alfabeti manuali: detti anche dattilologie, sono sistemi gestuali che calcano

l’ortografia della lingua di riferimento. Possono essere realizzate con entrambe le

mani (come quello britannico) o con una sola mano (come quello italiano o

americano). Si usa in genere per codificare i nomi propri e in lingua straniera. Si

ricorre alla dattilologia anche per i tecnicismi assenti nella lingua dei segni. La

dattilologia più diffusa è quella internazionale. Questo sistema ha dei limiti:

comporta un notevole dispendio di tempo e non è fruibile da chi non ha

dimestichezza con l’ortografia della lingua di riferimento, i bambini in particolare.

6. Lingue dei segni: vere lingue naturali, dotate di grammatica propria e di capacità

espressiva illimitata.

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Quante sono le lingue dei segni?

L’edizione 2017 di Ethnologue, la “Bibbia” della geolinguistica (consultabile on-line),

conta 142 lingue dei segni. La stima è però ritenuta da altri riduttiva.

Secondo Glottolog, altra organizzazione specializzata in informazioni geolinguistiche

(consultabile on-line), le lingue dei segni sarebbero 168.

L’American Sign Language (ASL) è la lingua dei segni più parlata al mondo, con 100–

500 mila parlanti stimati (l’enorme divario dipende dalla difficoltà di discriminare tra

parlanti madrelingua, parlanti L2 e parlanti LS).

In linea di principio, esiste una lingua dei segni internazionale, l’International Sign

Language, che però è pochissimo conosciuta, apprezzata e utilizzata. Di fatto, la

lingua più utilizzata per la comunicazione internazionale è l’ASL, la lingua dei segni

col maggior grado di diffusione e, soprattutto, elaborazione (dizionari, grammatiche,

libri, stampa, siti web, risorse multimediali, ecc.). Per questa ragione, diversi paesi

emergenti che non disponevano di una lingua dei segni autoctona (o di una lingua

dei segni autoctona dominante), quando decisero di avviare un programma di

istruzione in lingua dei segni scelsero l’ASL come lingua di istituto, destinata a

diventare in prospettiva la lingua dei segni standard del paese, nonostante che le

lingue dei segni di quel paese non avessero alcuna relazione storica con l’ASL.

Due tipi di lingue dei segni

Dal punto di vista della trasmissione, esistono due tipi di lingue dei segni:

1. Locali (‘village’)

Si tratta di lingue di piccole comunità, spesso legate da consanguineità, in cui per

l’eccezionale incidenza di membri sordi, la lingua dei segni viene trasmessa

naturalmente di generazione in generazione. Normalmente, anche i membri udenti

la utilizzano a qualche livello. Un caso ben conosciuto è quello della lingua dei segni

di Martha’s Vineyard, un’isola al largo delle coste del Massachusetts.

2. Di istituto (‘community’)

Si tratta di lingue di istituti per sordi, attorno ai quali si creano comunità di sordi che

le apprendono e le utilizzano tra loro. Si tratta di lingue relativamente recenti, che

possono anche arrivare a una notevole diffusione, come per l’ASL. Il caso prototipico

è la Lingua dei Segni Francese dell’Abate de l’Épée, da cui derivano le lingue di

istituto oggi utilizzate in molti paesi.

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Differenze tra lingue dei segni vs. parlate

1. Numero di parlanti

Le comunità linguistiche delle lingue dei segni sono molto più piccole di quelle delle

lingue parlate e coesistono quasi sempre con le comunità delle lingue parlate.

2. Storia

Essendo lingue solo orali, non si sa quasi nulla della storia delle lingue dei segni. Sono

ritenute lingue giovani in quanto ci sono scarsissimi indizi di qualcuna che sia più

vecchia di due/trecento anni. Nuove lingue dei segni, in condizioni adatte, possono

nascere senza nessuna influenza sostanziale da parte di lingue parlate o altre lingue dei

segni.

3. Diffusione

A differenza delle lingue parlate, le lingue dei segni possono diffondersi non solo per

ragioni politiche o culturali, ma anche linguistiche, vale a dire per scelte di politica

linguistica dettate dai vantaggi che offre una lingua dei segni ad alto grado di

elaborazione. Un esempio è dato da quei paesi africani che hanno adottato l’ASL come

lingua dei segni di istituto in sostituzione delle lingue dei segni autoctone o anche della

stessa lingua dei segni britannica, già adottata in precedenza come lingua di istituto,

nonostante siano ex-domini britannici.

4. Trasmissione

Le lingue dei segni non sono normalmente trasmesse in famiglia, eccetto che per una

piccola percentuale di bambini sordi nati da genitori sordi. Circa 1/1.000 neonati è

affetto da sordità. Meno del 10% di questi (le stime vanno dal 2% al 10%), i.e. meno di

un bambino su 10.000, nasce in una famiglia di sordi, in cui la lingua dei segni è

utilizzata regolarmente e a cui può venire esposto precocemente.

5. Simultaneità

Rispetto alle lingue parlate, le lingue dei segni sono caratterizzate da una maggiore

simultaneità articolatoria. Qualcuno ritiene che ciò sia dovuto alla differente modalità:

In generale, il sistema visivo sarebbe più efficiente nel processare informazioni

simultanee, mentre il sistema uditivo a processare informazioni sequenziali.

Un fatto evidente è che l’apparato fonatorio consente un grado limitato di simultaneità:

solo le corde vocali, quando producono le differenze di tono, sono utilizzate

costantemente in parallelo al resto degli articolatori con indipendenza semantica. Gli

altri articolatori raramente veicolano contenuti in modo autonomo. Viceversa, nelle

lingue dei segni i diversi articolatori hanno un alto grado autonomia:

le mani, in parte indipendenti; il viso; la labializzazione; la postura.

6. Iconicità

Utilizzando il canale visivo, le lingue dei segni hanno un grado di iconicità molto

superiore a quello delle lingue parlate.

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Famiglie di lingue dei segni

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Famiglia ‘langue des signes française’

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Lingue dei segni locali ‘village sign languages’

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Lingue dei segni ‘accessorie’/’secondarie’

Esistono lingue dei segni utilizzate da udenti come lingua alternativa a quella parlata

per circostante particolari, che variano da gruppo a gruppo.

1. Lingue degli indiani nordamericani (p.e., Lingua dei segni delle Grandi Praterie,

tuttora parlata da qualche amerindiano). Venivano usate principalmente quando

non era conveniente parlare (durante le battute di caccia o scorrerie contro tribù

nemiche) o quando si comunicava con altri gruppi con cui non era possibile

comprendersi con le lingue parlate (p.e., durante le trattative di pace). Vennero

utilizzate anche dai coloni europei per comunicare con gli amerindiani. Si

trattava di pidgin, per quanto espansi, con capacità espressiva limitata a poche

situazioni codificate. Più che di una lingua uniforme, si trattava di un continuum

dialettale, tale che permetteva una comunicazione elementare tra gruppi etnici

limitrofi. Tuttavia, come sostiene Davis (2010: 182), quando era appresa e

utilizzata dai sordi, diventava una lingua naturale in piena regola. Si pensa che

originarono proprio nelle famiglie in cui erano presenti bambini sordi.

2. Lingua dei segni degli aborigeni australiani . Sono distribuite in tutto il

Continente. Un esempio ben studiato è la Warlpiri Sign Language, una lingua

vera e propria utilizzata per lo più dalle donne in lutto, periodo che può durare

mesi o anni. Tra le anziane, che spesso formano comunità a parte, si usa anche al

di fuori del periodo di lutto. Questa lingua è però compresa da tutti e viene

utilizzata anche dagli uomini e dalle altre donne per occasioni speciali, quando è

più conveniente (o è così ritenuto dai membri della comunità) segnare che

parlare.

3. Lingue dei segni monacali (p.e., Benedettini: Abbazia di Cluny, Borgogna, 900-

1200). Si tratta di pidgin, senza grammatica e di espressività limitata: il lessico

consiste di poche centinaia di parole appartenenti all’ambito liturgico-religioso. I

segni venivano utilizzati dagli ordini religiosi che avevano nella loro regola il voto

del silenzio, o della sobrietà di parola, per non incorrere nel tabù evangelico (‘Sia

il vostro parlare: sì, sì, no, no, poiché il più viene dal maligno’; Matteo 5:37).

4. Lingue dei segni per comunicare con parenti sordi. In una comunità in cui per

ragioni storiche esiste una forte incidenza di membri sordi, la lingua dei segni

viene appresa anche dai membri udenti per comunicare con i membri sordi.

Pertanto, la lingua si mantiene e si sviluppa in modo naturale per molte

generazioni. Tipicamente, tutti i membri di questa comunità sviluppano un buon

grado di bilinguismo e trovano del tutto naturale alternare la lingua parlata alla

lingua dei segni. Un caso ben conosciuto è quello di Martha’s Vineyard, un’isola

al largo delle coste del Massachusetts, o delle lingue dei segni del mondo arabo

(per v. sotto). È altamente probabile che tutte le lingue dei segni accessorie, a

parte quelle monastiche, abbiano questa origine.

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2. Distribution of sign languages in Australia (Kendon 1988: 32)

Davis, J.E. (2010), Hand Talk. Sign Language among American Indian Nations, Cambridge: Cambridge University . Kendon, A. (1988). Sign Languages of Aboriginal Australia: Cultural, Semiotic, and Communicative Perspective.

Cambridge University Press.

1. PISL (Praire Indian Sign Language; Davis 2010: 182)

PISL has been transmitted from one generation to the next and acquired as the primary

and secondary sign language by deaf and hearing members of these communities. PISL

most likely developed from the emergent signed language of trial members who were

deaf or with deaf family members; and, over time, members of the larger hearing

community acquired it as an alternative to spoken language. As PISL was transmitted

from one generation to the next, and acquired by both deaf and hearing Indian

participants, it was linguistically expanded with greater lexical and grammatical

complexity.

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3. Il lessico della lingua dei segni dell’Abbazia di Cluny (Bruce 2007: 74-76)

Bruce, S.G. (2007), Silence and Sign Language in Medieval Monasticism, Cambridge: Cambridge University Press.

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Tre fattori rendono queste comunità quasi uniche:

1. L’alto livello di isolamento e l’assetto clanico, che determina la presenza nella

comunità di molti individui che interagiscono tra loro abitualmente.

2. L’alto livello di consanguineità, che determina un’incidenza dei tratti genetici

recessivi molto più alta del normale. Ad esempio, tra i Beduini Al-Sayyid si

contano 130 sordi su 3.500, vale a dire il 3,71% della popolazione (Meir et al.

2010)1, a fronte dello 0,1% della media mondiale.

3. La scuola gioca un ruolo marginale nella trasmissione e la lingua dei segni è

molto utilizzata nella famiglia e nell’area di residenza della comunità.

Pertanto, in questa regione della Terra ci sono molte più possibilità di apprendere una

lingua dei segni e molte più probabilità che la lingua dei segni venga trasmessa

all’interno della famiglia e del clan per molte generazioni.

Lingua dei segni pan-araba?

Nonostante l’alto grado di diversità linguistica in questa area, il Consiglio dei Ministri

Arabi per gli Affari Sociali, una commissione della Lega Araba, ha proposto la

creazione di una lingua dei segni pan-araba. Questa proposta ha incontrato molte

resistenze, dovute in gran parte al fatto che, quando questa lingua dei segni artificiale

viene utilizzata per l’interpretazione del telegiornale, i sordi affermano di non capirla.

L’assunto che le lingue dei segni della regione siano abbastanza simili da essere

unificate in una lingua comune può essere errato, data la difficoltà di creare uno

standard comune tra lingue poco o nulla imparentate tra loro.

1 Meir, I. et alii (2010), Emerging Sign Languages, in M. Marschark ̶ P.E. Spencer (eds.), Oxford Handbook of Deaf Studies, Language, and Education, volume 2 (pp. 267–281), Oxford: Oxford University Press.

Lingue dei segni del mondo arabo

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Miti riguardanti le lingue dei segni

MITO 1: Le lingue dei segni non sono vere lingue (‘Sono fatte di gesti iconici come

nella mimica’)

Come le lingue verbali, le lingue dei segni hanno una natura componenziale, anche

sotto il livello del morfema. Hanno un lessico ricco, paragonabile a quello di una

lingua parlata e, soprattutto, sono dotate di sintassi, che permette un’espressività

illimitata. Nella mimica non c’è nulla di simile.

MITO 2: Le lingue dei segni sono le lingue parlate in forma di gesti

L’American Sign Language e la British Sign Language non sono imparentate,

nonostante Regno Unito e Stati Uniti di America abbiano in comune lingua e buona

parte della storia culturale e politica.

La LIS ha una sintassi molto diversa da quella dell’italiano; si confronti come viene

realizzata una frase interrogativa parziale (‘Wh’) nelle due lingue:

1. (it.) Che cosa dirai a Luca?

2. (LIS) Luca dirai che cosa?

MITO 3: ‘Esiste un’unica lingua dei segni universale’ (ovvero ‘Le lingue dei segni

sono tutte molto simili’)

Questo mito origina probabilmente dal mito relativo all’iconicità (per cui v. sotto).

Se si divide il numero dei parlanti per il numero delle lingue, ne risulta che la

diversificazione tra le lingue dei segni è molto maggiore rispetto alle lingue parlate.

Questo fa sì che anche in aree molto ristrette si utilizzano lingue dei segni tra loro

incomprensibili. Questa situazione è tutt’altro che sorprendente alla luce del modo

in cui le lingue dei segni nascono e si diffondono. L’esistenza di lingue dei segni a

grande diffusione, come l’ASL, non deve trarre in inganno: è un fenomeno recente

che riguarda alcune lingue di comunità, frutto di politiche linguistiche

programmate. Tuttavia, va notato che anche per lingue di questo tipo si assiste a

una rapida dialettizzazione, dovuta al fatto che ogni singola comunità fa un po’ a sé

linguisticamente. Il fatto che le LS manchino di scrittura, almeno di uso comune,

non favorisce la formazione di standard veri e propri. È plausibile, però, che l’utilizzo

sempre più diffuso di Internet possa ovviare alla mancanza di scrittura.

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MITO 4: Le lingue dei segni sono facilmente comprensibili perché iconiche

È vero che le lingue dei segni sono molto più iconiche delle lingue parlate, ma

questo non significa che siano trasparenti per chi non le conosce. L’iconicità può al

massimo giocare un ruolo nell’apprendimento di un segno favorendone la

memorizzazione, ma il riconoscimento della motivazione di un segno è quasi

sempre un processo a posteriori, come nelle lingue parlate: è assolutamente

inverosimile, ad esempio, che un bambino italiano, sentendo la parola ‘cuculo’,

capisca che denota l’uccello che emette quel verso caratteristico.

Esiste ormai una ricca letteratura (e aneddotica) che mostra come anche i gesti

referenziali usati occasionalmente dagli udenti non sono affatto universali.

Una buona analogia è offerta dalle scritture pittografiche come il proto-geroglifico

egiziano: il fatto che i segni siano altamente iconici non toglie che per interpretare i

testi in antico egiziano servano anni di studio.

MITO 5: Per insegnare ai sordi a qualsiasi livello basta un interprete

Essendo dotate di sintassi, le lingue dei segni sono lingue a tutti gli effetti, con le

stesse potenzialità illimitate di qualunque lingua umana parlata.

Tuttavia, se tutte le lingue sono fatte della stessa stoffa e hanno le stesse

potenzialità, esse possono differire per gli usi che se ne fanno, ovvero per il livello

di elaborazione. Una prima differenza evidente tra le lingue dei segni e le lingue

parlate è la scrittura: mentre tutte le lingue parlate nazionali dispongono di

scrittura, le lingue dei segni non utilizzano la scrittura per gli usi normali (esistono

dei sistemi di trascrizione, che vengono però utilizzati in genere solo per scopi

scientifici); in altre parole, si tratta di lingue esclusivamente orali, come del resto

moltissime delle lingue parlate (secondo la XX edizione di Ethnologue, delle 7.099

lingue oggi parlate nel mondo, 3.866 avrebbero un sistema di scrittura; tuttavia, in

molti casi si tratta più di potenzialità che di uso reale).

La differenza è che studiare un sistema di scrittura che si adatti a una lingua parlata

è un compito relativamente facile rispetto a quello di escogitare un sistema di

scrittura di una lingua dei segni che sia adatto a tutti gli utenti, anche quelli

monolingui.

La mancanza di una pratica comune di scrittura nelle lingue dei segni ne limita

attualmente l’uso per tutti quegli ambiti che richiedono la conservazione e

trasmissione a distanza delle informazioni linguistiche.

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Un altro problema, in parte correlato, è rappresentato dai tecnicismi: nelle lingue

dei segni (quale più, quale meno come la ASL, la lingua dei segni più elaborata

attualmente) mancano moltissime parole di ambito settoriale, specialmente a

livello universitario.

Di conseguenza, la presenza di un interprete all’università può non essere

sufficiente a far comprendere una lezione o un testo agli studenti sordi (tra l’altro,

anche nel caso in cui esista un traducente nella LS, non è detto che l’interprete lo

conosca, esattamente come non esiste l’interprete/traduttore universale per le

lingue parlate: un libro di medicina è bene che sia tradotto da qualcuno con buone

conoscenze di base di medicina).

Si noti che questo problema non ha nulla a che fare con la diversa modalità, ma

riguarda anche moltissime lingue parlate del mondo (e, in certa misura, tutte le

lingue del mondo, eccetto l’inglese, che è attualmente la lingua con il più alto

grado di elaborazione del mondo).

Ovviamente, nulla vieta che una lingua dei segni accolga tutti i tecnicismi di cui ha

bisogno: in tutte le lingue umane, parlate o segnate, esiste la morfologia

derivazionale, un componente del lessico che deriva nuove parole da parole già

esistenti. Tuttavia, questo processo non si attua dall’oggi al domani, ma richiede,

oltre a una precisa volontà e consapevolezza dello stato delle cose, tempo e mezzi

per diffondere i neologismi nella propria comunità linguistica, insieme a lavoro

costante, in quanto di tecnicismi ne vengono creati di continuo.

Per queste ragioni ̶ come si evince quasi universalmente dalla letteratura del

settore, a prescindere dalla specifica lingua dei segni e dal paese ̶ la forma

migliore di istruzione per i sordi (e sordastri) è il bilinguismo, lingua dei segni e

lingua parlata nazionale, che assicura la migliore educazione linguistica possibile:

una lingua vernacolare perfettamente posseduta, adatta all’uso quotidiano e

identitaria, e una lingua parlata (e scritta) di più larga comunicazione, adatta allo

studio e a tutti quegli usi sociali per cui la LS non è utilizzabile. Investire

unicamente su una lingua parlata che il sordo (e sordastro) non può apprendere

come un parlante nativo può portare a problemi cognitivi e di rendimento

scolastico e lavorativo, oltre a problemi di identità; d’altra parte, investire solo sulla

LS può portare a limiti culturali e a ghettizzazione sociale.

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LIS (Italia e Ticino)

• Parlanti madrelingua

• c. 40.000 (60% dei sordi in Italia) su 70.000 sordi profondi, inclusi 9.000 in età

scolastica

• Parlanti LIS in generale

Non esistono statistiche ufficiali riguardo al numero di segnanti in generale, perché

nessuna domanda a questo proposito è stata inserita nel censimento nazionale.

• Dialetti

Esiste della variazione tra regioni settentrionali, centrali e meridionali, forse sufficienti a

essere considerate lingue diverse.

Ci sono due varietà, pure denominate LIS, che si differenziano sensibilmente dalle altre:

1. quella del comune di Torino;

2. ancora di più quella del comune di Trieste (per influenze austriache).

Intercomprensibilità

I sordi italiani dichiarano che la comunicazione tra segnanti di regioni diverse richiede

qualche negoziazione.

Standardizzare?

Esistono opinioni diverse nella comunità sorda riguardo all’opportunità della

standardizzazione della LIS.

• Grado di elaborazione

Dattilologia (alfabeto manuale) a una sola mano (< LS francese)

Interpreti: 300 (2014 EUD). Grazie al sostegno scientifico del CNR , il primo corso di

formazione per interpreti LIS fu tenuto a Roma negli anni Ottanta. Successivamente, si

sono avute diverse iniziative di formazione di interpreti LIS (da parte di istituti privati,

associazioni per sordi o università), ma senza un programma comune. Esistono due

associazioni nazionali di interpreti di LIS, entrambe fondate nel 1987, che hanno lo

scopo di fornire corsi di formazione e sostegno professionale agli interpreti LIS.

Attualmente non esiste un’abilitazione ufficiale per insegnare la LIS.

Classi in LIS per udenti

Enti: Agenzia Nazionale per la protezione e assistenza dei Sordi (ENS)

Applicazioni: teatro, video, dizionari, grammatiche.

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Sistemi segnati

Esistono altri sistemi usati dai sordi nella comunicazione, chiamati sistemi segnati.

Si tratta di codici gestuali artificiali “misti” tra lingua parlata e lingua dei segni,

utilizzati in modo autonomo o simultaneamente all’italiano parlato.

Italiano segnato (IS)

L’italiano segnato utilizza il lessico LIS ma la sintassi è quella dell’italiano parlato in

forma semplificata, i.e. senza categorie funzionali (determinanti, preposizioni,

ausiliari, ecc.) e morfologia flessiva; in effetti, non è una vera lingua ma un pidgin.

Il suo utilizzo principe è nella comunicazione bilingue-bimodale simultanea, resa

possibile dal fatto che calca l’ordine dei costituenti delle frasi dell’italiano.

Italiano segnato esatto (ISE)

I sordi italiani dispongono di un’altra lingua dei segni più espressiva e più prossima

all’italiano parlato, l’italiano segnato esatto. A differenza dell’IS, sono presenti le

categorie funzionali e la morfologia flessiva dell’italiano, per codificare le quali si

ricorre all’alfabeto manuale (per cui v. sotto). Il suo uso principe è didattico: serve

a far apprendere gli elementi grammaticali al bambino sordo che ha optato per

un’educazione bilingue. È adoperata anche dai logopedisti nella comunicazione

quotidiana con i sordi. Si tratta quindi, più che di una lingua d’uso, di una lingua

ponte.

Alfabeto manuale

L’alfabeto manuale, detto anche dattilologia, è uno strumento gestuale che calca

l’ortografia dell’italiano. È realizzato con una sola mano, come quello francese, da

cui discende. Si usa in genere per codificare i nomi propri, in lingua straniera e i

tecnicismi assenti nella LIS. Richiede qualche livello di dimestichezza con

l’ortografia dell’italiano, non appannaggio di tutti i sordi, specie i più giovani.

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Storia della LIS

A parte la parentela con il gruppo di lingue dei segni europee che discendono

dalla lingua dei segni francese, si sa molto poco dello sviluppo storico della LIS.

L’istruzione dei sordi rimase limitata alla famiglie benestanti fino al 1784.

Prima scuola per sordi in Italia

Padre Tommaso Silvestri, formato alla scuola de L’Épée di Parigi, aprì la prima

scuola per sordi a Roma grazie al contributo finanziario dell’avv. Pasquale Di

Pietro

La LIS è una lingua!

Giacomo Carbonieri (1814–1879) fu il primo a capire che la facoltà del

linguaggio è neutrale rispetto alla modalità, molto prima di W. Stokoe, che è

considerato, soprattutto negli Stati Uniti, il pioniere della concezione moderna

delle lingue dei segni,

Denominò il sistema dei segni usato dai sordi Lingua italiana dei segni. In

seguito, la denominazione è stata modificata in Lingua dei segni italiana per

evitare il diffuso fraintendimento che si trattasse dell’italiano tradotto in segni.

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LIS e media

• RAI

Nessun programma in LIS viene trasmesso alla RAI. Solo qualche breve

telegiornale con interpretazione simultanea LIS viene trasmesso ogni giorno.

Dal 1994 il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica viene

interpretato in LIS, ma senza sottotitoli.

Molti programmi sono sottotitolati in italiano.

RAI 3 ha prodotto 2 documentari sulla sordità:

1. ‘Il cervello umano. La lingua dei segni’ (1990) [The Man’s Brain. The Sign

Language]

2. ‘Il computer al servizio dei bambini sordi’ (1992) [The Computer in the Service of

Deaf Children].

• Internet

Sono ancora pochi i siti web dedicati alla sordità. Il primo è stato quello dell’ENS

(www.ens.it) in cui dal 2004 è possibile vedere filmati in LIS.

Altri portali di grande successo sono i seguenti:

1. la rete Dizlis (www.dizlis.it)

2. Eurosordi (www.eurosordi.it)

• Stampa

Esistono diversi periodici dedicati ai sordi, alcuni dei quali diretti da sordi. Il più

letto è il mensile di attualità, cultura e politica dei sordi italiani Parole e segni, a

cura dell’ENS.

Esistono diversi periodici dedicati ai sordi, alcuni dei quali diretti da sordi. Il più

letto è il mensile di attualità, cultura e politica dei sordi italiani Parole e segni, a

cura dell’ENS.

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L’ENS ha fondato un dipartimento per la didattica della LIS denominato FALiCSEU

(Formazione e Aggiornamento sulla Lingua e Cultura dei Sordi - Scuola Educazione

Università), la cui principale attività consiste nella formazione degli insegnanti e nella

definizione dei programmi dei corsi LIS.

In questi corsi l’insegnamento è in genere affidato a istruttori sordi, mentre

l’insegnamento degli aspetti teorici è a volte affidato a istruttori udenti.

Attualmente, è possibile trovare corsi organizzati dalle sedi madre provinciali dell’ENS

in molte città italiane.

ISISS

Nel 2000 alcune scuole speciali ancora attive si fusero in un istituto denominato ISISS

(Istituto Statale d'Istruzione Specializzata per Sordi).

Impianti cocleari e LIS

La diffusione degli impianti cocleari in età precoce sta riducendo il numero dei

bambini che accedono all’istruzione speciale per sordi in quanto è del tutto

minoritaria l’opinione che i bambini ipo-udenti possano essere esposti anche a una

lingua dei segni.

CONSEGUENZE: alcuni di questi individui entrano a far parte della comunità sorda solo

dopo l’adolescenza, diventando così segnanti tardivi, con un’identità sorda non ben

definita.

Didattica oralista alternativa: ‘logogenia’

Logogenia è un metodo sviluppato da Bruna Radelli per valutare e migliorare

l’apprendimento delle lingue verbali da parte dei bambini senza un’istruzione formale.

La linea guida è di fornire al bambino sordo gli stimoli sintattici in forma scritta.

Prosodia a parte, è l’unico modo di cui i sordi dispongono senza correre il rischio di

perdere informazioni.

Didattica della LIS

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Esperimenti di bilinguismo

Nonostante il ritardo culturale e legislativo (per quest’ultimo v. avanti) che caratterizza

il Paese riguardo alla linguistica sorda, si contano in Italia diverse interessantissime

iniziative individuali di valorizzazione della LIS, non solo a beneficio dei sordi, ma

anche dei bambini/ragazzi udenti, che vengono esposti alla LIS per l’educazione

bilingue (L2) ai fini dell’educazione linguistica e dell’educazione interculturale. Queste

scuole sperimentali, pur rappresentando delle nicchie insignificanti dal punto di vista

quantitativo, forniscono delle sperimentazioni di integrazione scolastica dal valore

inestimabile, che potrebbero essere paradigmatiche anche per altre situazioni simili.

L’Istituto per Sordi di Roma

Nel 1989, con la collaborazione di alcuni ricercatori del CNR, venne inaugurata la prima

scuola elementare sperimentale di bilinguismo bimodale, con il coinvolgimento di

insegnanti sordi. Poco dopo il programma venne esteso all’infanzia e aperto a bambini

udenti.

La scuola di Cossato (Biella)

Un secondo esperimento di bilinguismo cominciò nel 1994 nella scuola dell’infanzia

statale di Cossato, presso Biella.

Il programma prevede l’insegnamento di alcune materie in italiano e LIS, sebbene gli

alunni sordi siano c. il 10% del totale.

Oggi il programma va dall’infanzia alla medie e prevede insegnanti sordi, interpreti,

assistenti alla comunicazione e diversi insegnanti che hanno appreso la LIS ed è

principalmente finanziato da istituzioni pubbliche locali e dalla ‘Fondazione Cassa di

Risparmio di Biella’.

La scuola di Noventa Padovana (PD)

Il progetto è finanziato da una fondazione privata locale, ‘Fondazione Valmarana’, con

la collaborazione della sezione locale dell’ENS e di alcune istituzioni pubbliche locali.

La scuola era un istituto femminile per sorde tenuto dalle Suore Canossiane di

Sant’Alvise e divenne una scuola pubblica dopo che l’istituto chiuse negli anni Ottanta.

Il programma, per infanzia e primaria, prevede un insegnante sordo, interpreti LIS e

assistenti alla comunicazione; gli altri insegnanti stanno apprendendo la LIS.

Milano

L’esperienza più recente, interamente finanziata da istituzioni pubbliche locali, è

cominciata a Milano nel 2008 ed è coordinata direttamente dalla sede locale dell’ENS.

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LIS e diritto

In Italia si è in attesa di un disegno di legge dal 2011, che ha portato alla nascita

di un movimento, ‘Movimento LIS Subito!’

A un riconoscimento indiretto della LIS si è arrivati nel 1982 con l’introduzione di

una legge speciale sulla disabilità (Legge di Stato 104/1982) che ha riconosciuto

ai sordi il diritto a interpreti LIS all’università e di tutor segnanti nella scuola

primaria e secondaria.

La legge del sostegno scolastico

L’istruzione dei sordi nell’ultimo quarto del secolo scorso si normalizzò, in base

all’assunto che tutti i bambini, a prescindere dalla disabilità, debbano essere

integrati nelle classi normali, col supporto necessario ai loro bisogni specifici.

Nel 1977 la Legge di Stato 517 diede delle indicazioni per l’integrazione

scolastica, lasciando alle famiglie la scelta di iscrivere i bambini sordi in una

scuola normale o speciale.

Questo favorì la chiusura delle scuole speciali dato che la maggior parte dei

genitori scelse di iscrivere i figli sordi alle scuole normali.

CONSEGUENZE

• Ritardo nello sviluppo linguistico (sia nella lingua dei segni sia nella lingua

parlata)

• Mancanza di modelli sordi

• Scarsi risultati scolastici e isolamento, che hanno portato a problemi sociali e

psicologici

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ENS

L’ENS (Ente Nazionale Sordi) è la principale istituzione italiana per la

rappresentanza dei diritti dei sordi. Fu fondata a Padova nel 1932 durante il primo

convegno dei sordi italiani da Antonio Margarotto.

Una battaglia politica recente ha portato a un'importante trasformazione giuridica

con l’approvazione della legge (20 febbraio 2006 n. 95) con la quale ‘sordomuto’ è

stato sostituito da ‘sordo’ in tutte le disposizioni legislative vigenti.

Un’altra battaglia politica in corso, ben più importante, riguarda il riconoscimento

giuridico della LIS. Malgrado l’Italia abbia ratificato nel 2009 la Convenzione ONU

sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (per cui v. sotto), che stabilisce il

provvedimento «a riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni» (art. 21

comma 1 lett. e), fino ad oggi nessuna proposta di legge per il riconoscimento della

LIS è arrivata alla promulgazione. L’ultima, del 2008, prima approvata in Senato (16

marzo 2011) e poi stravolta alla Camera dei Deputati, è stata la n. 4207.

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

L’Italia, con legge n° 18 del 3 marzo 2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo

2009) ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone

con disabilità, con Protocollo opzionale, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13

dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008. Con il medesimo provvedimento (art. 3)

istituisce l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. L’Osservatorio

svolgerà, tra gli altri, i seguenti compiti: 1. promuovere l’attuazione della Convenzione sui diritti

delle persone con disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui

all’articolo 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti

umani; 2. predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e

l’integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e

internazionale; 3. promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle

persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali; 4. promuovere la

realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui

indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Adottata

da 192 paesi, firmata da 126 e ratificata da 49, con i suoi 50 articoli la Convenzione ONU

rappresenta il primo grande trattato sui diritti umani del nuovo millennio. È un documento di

grandissima importanza per la promozione di una nuova cultura riguardo alla condizione delle

persone con disabilità e delle loro famiglie.

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Invece di riconoscere alla LIS lo status di lingua, sembra che il ddl sia propenso a

considerarla soltanto uno strumento di comunicazione tra sordi e udenti, un

linguaggio mimico gestuale (LMG). Per farsi un’idea personale del livello del

dibattito si veda il verbale della XII Commissione degli Affari Sociali.

In Italia si è in attesa di un disegno di legge dal 2011, che ha portato alla nascita di

un movimento, ‘Movimento LIS Subito!’

Secondo questo movimento, riconoscere la LIS significa:

• dare una dignità giuridica all’uso di questa lingua

• prevedere una normativa nazionale omogenea e uniforme;

• assicurare il diritto alla libertà di scelta e di espressione di ogni cittadino;

• favorire la piena accessibilità all’informazione, alla comunicazione, ai servizi;

• favorire la qualità e l’uniformità nei percorsi formativi di tutte quelle figure

professionali (assistenti alla comunicazione, interpreti, docenti) che operano

all’interno del mondo della sordità.

Legge speciale sulla disabilità

A un riconoscimento indiretto della LIS si è arrivati nel 1982 con l’introduzione di

una legge speciale sulla disabilità (Legge di Stato 104/1982) che ha riconosciuto ai

sordi il diritto a interpreti LIS all’università e di tutor segnanti nella scuola primaria

e secondaria.

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[Verbali della XII commissione degli affari sociali]

Terza Seduta – Documento

SEDE REFERENTE

Martedì 3 maggio 2011. – Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Sebastiano Musumeci.

La seduta comincia alle 14.40.

Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della lingua dei segni italiana.

C. 4207 approvato, in un testo unificato, dalla 1a Commissione permanente del Senato, C. 286 Sereni, C. 351 De Poli, C. 941 D’Ippolito Vitale, C. 1088 Romano, C. 2342 Lorenzin, C. 2528 Rampelli, C. 2734 Carlucci e C. 3490 Miglioli.

(Seguito dell’esame e rinvio).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 aprile 2010.

Giuseppe PALUMBO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l’attivazione dell’impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, dispone l’attivazione del circuito.

Rivolge, quindi, un saluto e un ringraziamento al nuovo sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali Sebastiano Musumeci.

Paola BINETTI (UdCpTP) ritiene che l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale delle persone sorde, aiutandole a comunicare, sia unanimemente condiviso. La proposta di legge approvata dal Senato, tuttavia, privilegia in modo unilaterale la cosiddetta lingua dei segni, che, a suo avviso, sarebbe più corretto definire come linguaggio o tecnica comunicativa mimico-gestuale. Molte associazioni del settore, pertanto, hanno manifestato la propria contrarietà al provvedimento, sottolineando come oggi sia possibile educare le persone sorde alla comunicazione orale, eventualmente anche con il supporto di apposita strumentazione tecnica. Alla luce di queste considerazioni, ritiene che sia senz’altro giusto tutelare e sostenere quanti scelgono di fare ricorso al linguaggio mimico-gestuale, senza tuttavia penalizzare altre tecniche di comunicazione, né quanti operano per favorirne lo sviluppo, come ad esempio i molti logopedisti specializzati in questo tipo di tecniche. Nel ribadire, infine, la propria contrarietà a interventi unilaterali, si dichiara favorevole a provvedimenti volti a tutelare tutte le forme di comunicazione da parte dei soggetti non udenti.

Laura MOLTENI (LNP) osserva come il provvedimento in esame si inserisca in un dibattito che dura ormai da molti anni sulla opportunità di riconoscere ufficialmente la lingua italiana dei segni. Peraltro, il progresso tecnologico rende oggi disponibili strumenti e dispositivi che possono rendere non più indispensabile il ricorso al linguaggio mimico-gestuale da parte dei soggetti non udenti. Anche alla luce di diverse filosofie di pensiero, molte associazioni hanno espresso la propria contrarietà al progetto di legge trasmesso dal Senato, il quale rischierebbe di accentuare gli elementi di diversità delle persone sorde, anziché favorirne la piena inclusione e integrazione come persone diversamente abili. Occorre anche tener conto della richiamata evoluzione scientifico-tecnologica. Inoltre, a fronte delle molteplici e diverse istanze provenienti nel mondo associativo in ordine al progetto di legge in esame, occorre contemperare le esigenze di quanti intendano o debbano necessariamente fare ricorso al linguaggio mimico-gestuale, con le istanze dei fautori di altre forme di comunicazione. Esprime, infine, il proprio apprezzamento per il dibattito sin qui svoltosi, che, a suo avviso, ha evidenziato lo sforzo della Commissione nella ricerca di una mediazione tra le diverse istanze testé richiamate.

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Maria Antonietta FARINA COSCIONI (PD) ritiene che il legislatore abbia il dovere di garantire alle persone sorde la possibilità di ricorrere a tutte le tecniche comunicative, al fine di favorirne l’integrazione e l’inclusione sociale. La proposta di legge trasmessa dal Senato, al contrario, produce una forma di discriminazione a scapito dei soggetti non udenti e finisce per dividere il mondo associativo tra quanti considerano quello uditivo un deficit e quanti lo considerano, invece, alla stregua di uno status. Osserva, inoltre, che se si accede alla logica della proposta di legge in esame bisognerebbe, per logica conseguenza, farsi carico delle difficoltà comunicative delle persone non sorde, che si trovino a dover interloquire con i soggetti non udenti. Dichiara, quindi, di condividere quanto osservato dalla collega Binetti, auspicando che esso si traduca in proposte di modifica concrete del provvedimento in esame, a cominciare dal titolo, nel quale sarebbe più corretto fare riferimento al linguaggio o alla tecnica dei segni, anziché alla lingua. Sottolinea, infine, la necessità di interventi volti a prevenire e curare la sordità nei neonati, come richiesto con forza dalle associazioni dei genitori.

Marco RONDINI (LNP) dichiara di condividere gli interventi svolti dai colleghi e, in particolare, la necessità di modificare l’impostazione del provvedimento trasmesso dal Senato, a cominciare dal riferimento alla lingua dei segni, che sarebbe più corretto definire altrimenti, come linguaggio o tecnica comunicativa.

Giuseppe PALUMBO, presidente, osserva che, naturalmente, il fatto che la proposta di legge n. 4207 sia stata approvata in sede deliberante e all’unanimità presso l’altro ramo del Parlamento non pregiudica in alcun modo la facoltà della Commissione di migliorarla ulteriormente.

Antonio PALAGIANO (IdV), intervenendo per un’integrazione di quanto dichiarato in precedenza, invita tutti i colleghi e, in particolare, il gruppo del Popolo della libertà a prendere atto dell’ampio consenso emerso nel corso del dibattito per una modifica del provvedimento trasmesso dal Senato e ad impegnarsi attivamente per giungere all’approvazione del provvedimento medesimo, opportunamente modificato e corretto.

Carla CASTELLANI (PdL), intervenendo per una precisazione e dopo aver rivolto al sottosegretario Musumeci un sincero augurio di buon lavoro, osserva che sul provvedimento in esame non vi sono divergenze reali tra i gruppi, né ragioni per spostare il dibattito sul piano del conflitto fra opposti schieramenti. Al Senato, come è stato ricordato, il progetto di legge è stato approvato all’unanimità, per venire incontro alle pressanti richieste di una parte consistente dell’associazionismo di settore. Tuttavia, nessuno può trarre da questo la conclusione che il testo non possa essere ulteriormente migliorato, con il contributo di tutti.

Anna Margherita MIOTTO (PD) rivolge, innanzitutto, un indirizzo di saluto al nuovo sottosegretario Musumeci, che auspica possa compensare la costante assenza del ministro Sacconi in Commissione. A integrazione di quanto dichiarato in precedenza, osserva, quindi, che anche il dibattito odierno, nel quale si riconosce pienamente, conferma l’esigenza di un approfondimento, evidenziata dal suo gruppo sin dall’inizio dell’esame e smentisca, al tempo stesso, l’invito pressante ad approvare in tempi rapidi il testo trasmesso dal Senato, senza procedere allo svolgimento di audizioni, rivolto agli altri gruppi dalcollega Barani nella seduta del 13 aprile scorso.

Gero GRASSI (PD), relatore, ritiene che dal dibattito sia emersa con estrema chiarezza la volontà della Commissione di recepire le istanze dei fautori di tecniche comunicative diverse dalla lingua dei segni, naturalmente equiparandole e non sovraordinandole a quelle espresse nel progetto di legge trasmesso dal Senato.

Il sottosegretario Sebastiano MUSUMECI ringrazia il presidente e i deputati intervenuti per l’accoglienza riservatagli. Osserva, quindi, che il Governo, anche alla luce dell’unanime consenso che ne aveva caratterizzato l’approvazione da parte del Senato, auspicava che il provvedimento in esame, lungamente atteso da tanti cittadini, potesse essere rapidamente approvato anche dalla Camera. Tuttavia, il dibattito svolto in Commissione ha fatto emergere con forza l’opportunità di considerare maggiormente tutte le istanze e le sensibilità espresse dai soggetti interessati e dalle loro associazioni, istanze e sensibilità per le quali il Governo tiene a ribadire massimo rispetto e considerazione.

Giuseppe PALUMBO, presidente, dichiara così concluso lo svolgimento dell’esame preliminare delle proposte di legge in titolo e ricorda che, nella riunione di domani, l’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, valuterà le richieste di audizione pervenute e, su questa base, predisporrà un calendario di audizioni informali. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.

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Cronistoria del Disegno Di Legge recante:

“Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della lingua dei segni italiana”

• 14 giugno 2011 → esame in Comitato Ristretto

• 7 giugno 2011 → seguito dell’esame e rinvio. Adozione del testo base e nomina di un Comitato Ristretto

• 1 giugno 2011 → Audizione di rappresentanti dell’European Society for Mental Health and Deafness (E.S.M.H.D), dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR, del Gruppo per lo studio e l’informazione sulla lingua italiana dei segni (S.I.L.I.S.) Onlus, della Società cooperativa sociale Il Treno Onlus e dell’Istituto statale per sordi

• 24 maggio 2011 → Audizione di rappresentati dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi (ENS), delle Famiglie italiane associate per la difesa dei diritti degli audiolesi (FIADDA), del Comitato nazionale di genitori, famigliari e giovani audiolesi, dell’Associazione sordi «Antonio Provolo» Onlus, dell’Associazione nazionale interpreti di lingua dei segni italiana (ANIMU), dell’Associazione interpreti di lingua dei segni italiana (ANIOS) e dell’Istituto statale di istruzione specializzata per sordi (ISISS)

• 18 maggio 2011 → Audizione dei rappresentanti di società scientifiche, docenti universitari e medici che operano nel settore, nonché esperti della materia

• 3 maggio 2011 → seguito dell’esame e rinvio

• 19 aprile 2011 → seguito dell’esame e rinvio

• 13 aprile 2011 → Esame in Commissione

• Passaggio In CAMERA: XII Commissione (Affari Sociali)

• 16 marzo 2011 → approvato in testo unificato all’unanimità. Il testo licenziato è il testo unificato dei seguenti disegni di legge:

• (37) PETERLINI ed altri. – Riconoscimento della lingua italiana dei segni

• (831) PICCIONI. – Riconoscimento della lingua dei segni italiana (LIS)

• (948) SACCOMANNO ed altri. – Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva

• (1344) BIANCHI. – Riconoscimento della lingua italiana dei segni

• (1354) ZANETTA ed altri. – Disposizioni per il riconoscimento della lingua italiana dei segni come mezzo per realizzare l’integrazione sociale delle persone sorde

• (1391) INCOSTANTE. – Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva

• 4 marzo 2009 → presentazione e discussione del DDL n. 37/S

• In SENATO: I Commissione Permanente (Affari Costituzionali)

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Epilogo: gli effetti delle politiche linguistiche

Sarà evidente da quanto discusso in precedenza che le politiche linguistiche, sia a livello di

sistema scolastico sia di riconoscimento giuridico, abbiano un fortissimo impatto sulle lingue

dei segni, oltre che sugli individui sordi, con particolare riferimento alla loro diffusione e, in

ultima analisi, sopravvivenza. La disinformazione riguardo alla lingua dei segni e ai problemi

linguistici dei bambini sordi o sordastri ha portato a una crisi della LIS, che conta attualmente

solo c. 40.000 madrelingua su 70.000 sordi profondi (i.e. solo il 60% dei sordi profondi in Italia)

e alla conseguente chiusura di molte scuole speciali per sordi. Può essere interessante

comparare la situazione italiana con quella svedese.

Lingua dei segni svedese

Nel sistema scolastico svedese la LS svedese può essere scelta come 2a lingua straniera da tutti

gli studenti, udenti o non udenti (per tutti, la 1a lingua straniera è l’inglese) ed è insegnata per

lo più da istruttori sordi. Risulta che la LS svedese è la terza lingua più selezionata tra quelle a

scelta, dopo francese e spagnolo. La conseguenza è che circa 100.000 udenti sono accreditati

di qualche grado di conoscenza della lingua dei segni. Se si compare questo dato della Svezia,

un paese di c. 10.000.000 di abitanti, con quelli dell’Italia, un paese con 6 volte più abitanti, si

capisce immediatamente la portata delle politiche linguistiche sulle lingue minoritarie come le

lingue dei segni.

Inoltre, le università di Malmö e Stoccolma offrono corsi di 2/3 semestri di Lingua dei Segni

Svedese come lingua straniera.

Alcune considerazioni non marginali

Risulta che in molti paesi l’incidenza del contagio dell’HIV/AIDS nelle comunità sorde è stato

significativamente superiore rispetto agli udenti dello stesso paese. Ad esempio, come riporta

Stevens (1998: 101), in Francia il ministero della salute non giudicò necessario fare

prevenzione sui pericoli connessi al contagio con mezzi specificatamente concepiti per i

sordi/sordastri. Il risultato fu che alla fine degli anni Novanta 26.000 sordi erano HIV-positivi,

inclusi 200 bambini, e più di 500 erano già deceduti. Una situazione analoga si è verificata negli

Stati Uniti ̶ sebbene le statistiche siano limitate a singoli stati ̶ dove negli anni Ottanta si fece

prevenzione solo in inglese e spagnolo. La maggiore incidenza del contagio nelle comunità

sorde non dipende da differenti abitudini ma da disinformazione: la gran parte dei

sordi/sordastri ha scarso accesso ai mass-media, sia per problemi linguistici (la loro

padronanza della lingua scritta è spesso insufficiente per leggere un articolo di giornale o un

opuscolo medico) sia per disabitudine a utilizzarli come fonte primaria.

La morale è che in quasi tutti i paesi ci si dimentica che ci sono cittadini a tutti gli effetti a cui

viene negato il diritto di ricevere comunicazioni fondamentali nella loro lingua madre: non si

tratta solo di aspetti legati all’identità culturale ma di accesso ai diritti fondamentali di ogni

cittadino.

Stevens, H. (1998), AIDS, Not Hearing Aids: Exploring the Link between the Deaf Community and HIV/AIDS, Health and Human Rights, Vol. 2, No. 4, HIV/AIDS and Human Rights. Part I: The Roots of Vulnerability, pp. 98-113 .