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IZSLER LE INTOSSICAZIONI ALIMENTARI DA TOSSINE NATURALI: GUIDA AL RICONOSCIMENTO E ALLA PREVENZIONE Amanita muscaria Amanita phalloides Cytisus scoparius Tonno Barracuda Botulino a cura di Francesca Assisi Ministero della Salute

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IZSLER

LE INTOSSICAZIONI ALIMENTARI DA TOSSINE NATURALI:

GUIDA AL RICONOSCIMENTO E ALLA PREVENZIONE

Amanita muscaria Amanita phalloides Cytisus scoparius

Tonno Barracuda Botulino

a cura di Francesca Assisi

Ministero della Salute

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Finito di stampare nel mese di agosto 2016, Milano Copyright di testi e fotografie dei rispettivi Autori

[email protected]

Testi di Dr.ssa F. Assisi (Centro Antiveleni di Milano) Dr. S. Balestreri (ATS della Brianza) Dr. G. Finazzi (IZSLER)Dr.ssa P. A. Moro (Centro Antiveleni di Milano) Con la collaborazione di Dr. M. Ianniello (Ministero della Salute) Dr. D. Monteleone (Ministero della Salute) Dr. G. Plutino (Ministero della Salute) Si ringraziano: Ministero della Salute e IZSLER Per i contributi iconografici, si ringraziano:

V. Avola, A. Baglivo, S. Balestreri, M. Balma, M. Becker, P. Bigoni, A. Boffelli, L. Brivio, F. Caledda, S. Costa, M. Floriani, D. Gioffi, F. Golzio, A. Lentinu, J. Malý, G. Materozzi, O. Muzzi, S. Perego, E. Pini, L. Ponzoni, D. Rocconi, S. Vianello, M. Verzolla

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più informazione, maggior sicurezza

Le intossicazioni dovute all’ingestione di alimenti contaminati o contenenti tossine naturali possono essere molto pericolose:

non sempre ciò che è naturale è salutare!La conoscenza e l’applicazione di pochi e semplici consigli

consentirà il consumo “sicuro” di questi doni offerti dalla natura.

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GUIDA AL RICONOSCIMENTO E ALLA PREVENZIONE

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“Numerose sono le allerta notificate a seguito di intossicazioni alimentari.Spesso, all’origine di tali episodi, sono tossine naturali presenti nei prodottivegetali o che si formano, nel caso di prodotti composti e di conserve di originevegetale o animale, a causa di processi di produzione e conservazione noncorretti.La presente guida descrive le tossine di origine vegetale, contenute

principalmente nelle piante e nei funghi, e quelle di origine animale, chepossono essere contenute nei pesci e nei molluschi, evidenziando i potenzialipericoli che il mondo “naturale” possiede e avvalendosi – a corredo diun’interessante e ricca documentazione fotografica.Non sempre infatti piante, funghi, alghe ecc. hanno effetti benefici, come si

potrebbe pensare collegando i concetti di “naturale” e “innocuo”; possonoinvece manifestarsi, a seguito del loro consumo effetti tossici e nocivi.Inoltre, può succedere di confondere una specie di pianta tossica con una

commestibile o, ancora più spesso, di consumare un fungo tossico o velenosofino a costituire un pericolo mortale.E’ poi da considerare la presenza nel pesce, ma soprattutto nei molluschi, di

biotossine allorquando provengono da acque le cui caratteristiche chimiche,microbiologiche e del fitoplancton non sono controllate.È necessario pertanto informare il consumatore, ma anche gli operatori

sanitari, su materie quali botanica, erboristeria, fitoterapia, micologia, maanche sulla fitotossicologia, micotossicologia e sulle biotossine.L’opuscolo informativo che avete tra le mani riporta utili consigli per

conservare bene gli alimenti, evitando i pericoli correlati alla proliferazionemicrobica, con particolare riferimento a Salmonella, Listeria monocytogenes eClostridium botulinum.Il capitolo concernente la “sicurezza degli alimenti” fornisce un quadro

generale della normativa alimentare in materia di igiene e sicurezza esull’attività di controllo ufficiale sugli alimenti.L’auspicio è di un’ampia diffusione e lettura della presente guida, anche

attraverso i canali delle scuole, delle Aziende Sanitarie locali, delle altrestrutture che rendono servizi sanitari ai cittadini, per aumentare laconsapevolezza del pubblico su tematiche di grande importanza per la nostrasalute.”

Il Direttore Generale(DGISAN Ministero della Salute)

Dr Giuseppe Ruocco

Ministero della Salute

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“Riconoscere quali possono essere in natura gli alimenti dannosi per la salute èmolto importante, per questo la presente guida, con le indicazioni alriconoscimento delle tossine naturali e alla prevenzione è davvero moltopreziosa.Apprezzabile è lo sforzo di divulgare concetti importanti anche dal punto di vistascientifico in maniera molto semplice e diretta in modo da rendere la guida adattasia a un pubblico più specifico di addetti ai lavori, sia a un pubblico più ampio,soprattutto se si tiene conto che circa un terzo degli episodi di intossicazionialimentari si verifica in ambiente domestico, per la scarsa conoscenza dei rischi.Molto importanti i consigli sui comportamenti da assumere per prevenire le

intossicazioni (uno su tutti l’indicazione di insegnare ai bambini a non strappare ea mettere in bocca fiori, foglie o frutti delle piante che trovano nei parchi e neigiardini), e le indicazioni su come comportarsi in caso di intossicazione.Da questo lavoro emerge chiaramente che le molte intossicazioni registrate nei

Centri Antiveleni sono dovute non solo all’ingestione per errore di alimenti nocivi,come nel caso dei funghi che ogni anno purtroppo fanno registrare numerosi casidi avvelenamento con esiti anche gravissimi, ma anche all’ingestione di alimenticonservati in maniera errata.Per questo è molto importante fornire informazioni precise e puntuali sulla

corretta gestione degli alimenti in ambiente domestico.Altra questione è l’igiene. Purtroppo dalla letteratura scientifica emerge anche

che solo il 10% delle persone conosce i rischi connessi all'igiene degli alimenti.Dunque informare i cittadini sui rischi in ambito alimentare, aiutarli a

riconoscere ciò che è dannoso in natura e informarli sulla sicurezza alimentare,credo sia molto importante per la tutela della salute in generale e soprattutto insoggetti in età pediatrica e anziani.Della sicurezza alimentare in Lombardia si occupano le Aziende di Tutela della

Salute (ATS ex ASL) che svolgono attività finalizzata proprio alla prevenzione ealla tutela della salute. Sono loro che si occupano di vigilare e controllare iprodotti alimentari in tutte le fasi, dalla produzione alla trasformazione, daldeposito al trasporto alla somministrazione e vendita.È a loro che i cittadini, sia privati che propriamente addetti del settore

alimentare, possono e devono rivolgersi in caso di dubbi o per chiedereinformazioni”.

Assessore al Welfare di Regione Lombardia

Sanità

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PREFAZIONE Questa pubblicazione è stata ideata come continuazione di un progetto di prevenzione, nato nel 2012 e rivolto al cittadino, che ha già illustrato come riconoscere e evitare le intossicazioni da funghi spontanei. In questo secondo capitolo verranno trattate le problematiche tossicologiche determinate da altre tossine di origine naturale, sia contenute nelle piante e nei funghi, sia negli alimenti (prodotti ittici e conserve). L’obiettivo è dare al cittadino gli strumenti per conoscere e quindi evitare, i pericoli per la salute determinati dal consumo incauto di prodotti naturali: questo opuscolo riporta alcune indicazioni semplici, chiare e dirette, su come evitare pericolose intossicazioni, sfatando la credenza che ciò che è naturale non fa male. Anche per questo lavoro ci siamo avvalsi della collaborazione di professionisti con alto grado di conoscenza per gli argomenti trattati. Oltre ai medici tossicologi Francesca Assisi e Paola Moro, del CAV di Milano, ha partecipato il Dr. Stefano Balestreri, Ispettore Micologo (ATS della Brianza) e il Dr Giuseppe Finazzi dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia ed Emilia Romagna. Infine è stata preziosa la collaborazione dei dottori Marco Ianniello, Domenico Monteleone e Giuseppe Plutino del Ministero della Salute. Le immagini di piante e funghi pericolosi, confrontate con specie non tossiche e/o commestibili, aiutano a meglio comprendere il rischio per la salute determinato dallo scambio tra specie simili tra loro. A causa dell’ingestione di funghi velenosi, ogni anno ci sono casi di intossicazioni con esito infausto, sia per decesso sia per trapianto di organi vitali: questo opuscolo è essenziale per informare e quindi prevenire danni anche irreparabili alla salute. La conoscenza di possibili intossicazioni determinate da biotossine contenute in prodotti ittici, mette in guardia sul consumo di prodotti di pesca non controllati e incautamente consumati. Infatti, il capillare controllo delle ASL sia nelle acque, sia presso i mercati ittici, garantisce la qualità del pescato venduto, riducendo ogni rischio. Inoltre non va trascurato il botulismo, infatti, nella preparazione di conserve domestiche è possibile che si sviluppi la pericolosissima tossina, prodotta da Clostridium botulinum, responsabile di gravi intossicazioni, che portano a prolungate terapie di tipo rianimatorio. Infine la parte relativa alla “sicurezza alimentare”, fornisce un quadro d’insieme sulle normative nazionali e comunitarie nel settore dell’igiene, degli alimenti in particolare, sull’attività dei controlli ufficiali, del sistema dei controlli in Italia, dei soggetti o Enti preposti al controllo ufficiale, in generale sulla salvaguardia della salute dei cittadini. Il tutto si conclude con le raccomandazioni su cosa fare per prevenire un’intossicazione e i presidi da attuare per la relativa cura. I box riassuntivi, infine completano i vari quadri clinici e relative sindromi, causati dal consumo di specie vegetali e fungine tossiche.

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TOSSINE NATURALI

INTRODUZIONE L’intossicazione che si verifica per l’ingestione di vegetali come alimento è, il più delle volte, dovuta allo scambio di specie tossiche con quelle commestibili, ad esempio la mandragora per borragine o il colchico per aglio selvatico. In alcuni casi, però, le intossicazioni sono causate da informazioni diffuse in modo errato dai mass media, per esempio, l’uso dei fiori di ginestra come ingrediente in diverse ricette (frittate…). Spesso anche i funghi commestibili sono scambiati con quelli velenosi, come il Cantharellus cibarius (il noto gallinaccio o finferlo) con l’Omphalotus olearius (fungo dell’ulivo), oppure la Macrolepiota procera con l’Amanita pantherina e tanti altri… Ma più pericoloso, in quanto mortale, è lo scambio della Amanita phalloides con i comuni prataioli. Alcuni microrganismi formano tossine che si accumulano nei tessuti di alcuni pesci e il consumo di questi alimenti, determina la comparsa di intossicazioni, anche severe. Le tossine più importanti

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sono le tossine della sindrome sgombroide, la tetrodoxina, la saxitossina e le ciguatossine. Queste tossine determinano quadri clinici diversi in rapporto al tipo di tossina: le manifestazioni cliniche variano dai disturbi gastrointestinali, alle vertigini, ai deficit sensoriali e motori. L’intossicazione dovuta al consumo di pesce sia fresco sia conservato sott’olio, come tonno, acciughe, aringhe, è più frequente di quanto si pensi. Infatti, se il pescato non è adeguatamente refrigerato, può essere contaminato da notevoli quantità d’istamina e, appena ingerito, scatenare una reazione cutanea con rossore molto intenso, nausea, vomito e mal di testa (Sindrome sgombroide). Anche l’ingestione di prodotti ittici contaminati da biotossine può determinare problemi per la salute, a volte molto pericolosi. Infatti, i molluschi bivalve (cozze, vongole, ostriche) possono accumulare significative quantità di tossine prodotte da alghe tossiche, che passano all’uomo dopo la loro ingestione. Anche il consumo di pesce di grossa taglia, per esempio il barracuda, nei paesi tropicali, può portare all’ingestione di una tossina (ciguatossina), accumulata nella carne del pesce. Questa tossina contamina il barracuda, che si nutre di pesci più piccoli, erbivori, a loro volta infestati da plancton tossico. Sostanzialmente l’aspetto e il sapore del pescato contaminato non si modifica, perciò l’unico modo per prevenire il pericolo di gravi intossicazioni è consumare solo prodotti ittici controllati e certificati.

Anche la conservazione domestica di verdure e altri alimenti sott’olio può essere pericolosa per la possibile formazione di tossina botulinica che, se ingerita, può causare intossicazioni tanto severe da richiedere ricovero in rianimazione.

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TOSSINE VEGETALI

Molte delle tossine di origine naturale sono oggetto di studio sin dai tempi più remoti, ma solo di alcune si conoscono la struttura chimica e il meccanismo d’azione.

Le manifestazioni cliniche causate dall’esposizione a una specie velenosa dipendono dal tipo di tossina contenuto e dalla sua concentrazione, che può variare in modo significativo in rapporto al tipo di habitat, coltivazione, al momento della raccolta e alla parte del vegetale coinvolto. Le varie specie vegetali contengono diverse sostanze in grado di svolgere un’attività biologica nell’uomo, con effetti benefici (azione terapeutica) o dannosi (azione tossica), dovuti alla caratteristica e alla quantità dei principi attivi presenti. In caso di esposizione a una pianta velenosa, la valutazione del grado di tossicità e delle relative manifestazioni cliniche

è resa difficoltosa sia dalla variabilità del contenuto in principi attivi, che è differente nelle varie parti della pianta, sia dallo stato di maturazione. Inoltre, l’attività farmacologica della pianta può variare a secondo del grado di assorbimento attraverso il tratto gastroenterico ed essere modificata dal trattamento fisico effettuato dopo la raccolta come la cottura, l’essicazione o la macerazione. Molte delle informazioni sulle proprietà sia curative, sia tossicologiche delle piante sono aneddotiche e legate a un uso tradizionale; è per questo motivo che le notizie diffuse da riviste, libri o siti internet possono essere discordanti e non corrispondere ai reali effetti clinici conseguenti al loro consumo nell’uomo. Il medico viene più frequentemente interpellato per ingestioni pediatriche di specie ornamentali, ma le intossicazioni più gravi coinvolgono generalmente gli adulti e sono dovute all’uso di piante

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selvatiche a scopo alimentare o di automedicazione: le specie officinali sono utilizzate in modo improprio, oppure avviene uno scambio con specie simili, ma velenose, al momento della raccolta.

Parte di pianta ingerita Sintomi

Si sono rivelate mortali, ad esempio, le ingestioni accidentali di colchico (Colchicum autumnalis) scambiato per aglio ursino (Alliumursinum) e di aconito (Aconitum spp) scambiato per radicchio selvatico (Lactuca alpina o Cicerbita alpina). Sono molto gravi anche le ingestioni di veratro (Veratrum album) scambiato per genziana (Gentiana lutea), di mandragora (Mandragoraofficinarum) scambiata per borraggine (Borago officinalis) e di belladonna (Atropa belladonna) scambiata per mirtillo (Vacciniummyrtillus) (tabella 1). Altri tipi di esposizione sono l’uso a scopo voluttuario delle specie ad azione stimolante o allucinogena da parte degli adolescenti e, più raramente, l’uso intenzionale delle specie velenose a scopo abortivo, suicidario o criminale. Le tossine contenute nelle piante velenose possono svolgere la loro azione lesiva solo nella zona di contatto (specie ad azione locale), oppure, dopo assorbimento dalla via di esposizione, colpire uno o più organi specifici (specie ad azione sistemica) causando delle intossicazioni anche molto gravi e potenzialmente mortali.

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SPECIE A TOSSICITÀ LOCALE

Alcune piante svolgono essenzialmente un’azione irritante locale, determinata dal loro contenuto in ossalati di calcio, lattici, olii o altre sostanze che provocano un dolore urente delle mucose con possibile edema locale e sintomi gastrointestinali per ingestione. Nel caso di specie fototossiche, la reazione locale è scatenata dall’esposizione alla luce solare.

Alocasia spp. Philodendron spp Anthurium.

Spathiphyllum Dieffenbachia spp Zantedeschia spp.(calla)

Contengono ossalati di calcio insolubili: causano un dolore urente delle mucose con infiammazione e possibile edema locale, sintomi gastrointestinali per ingestione.

Anemone Alpina Euphorbiacee spp Ficus elastica

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Ficus benjamina Ficus carica Daphne spp. (beniamino) (fico)

Daphne mezereum Ranunculus spp, Iris germanica

Hedera helix Pyracantha Ligustrum vulgare

Contengono oli, lattici e altre sostanze irritanti che causano dolore locale, eritema, formazione di vescicole per contatto cutaneo, sintomi gastrointestinali per ingestione. N.B. il lattice del fico così come gli infusi o i decotti preparati con le foglie (talvolta usati impropriamente come “abbronzante naturale”), può causare delle gravi ustioni, aggravate dall’esposizione alla luce.

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SPECIE A TOSSICITÀ GASTROINTESTINALE

Altre, come le piante che contengono toxoalbumine o saponine, determinano prevalentemente sintomi gastrointestinali, che si possono presentare anche dopo alcune ore dall’ingestione e che possono essere, però, così severi da richiedere cure intensive in ospedale.

Abrus precatorius* Ricinus communis Robinia pseudoacacia

Contengono toxoalbumine, delle proteine presenti all’interno dei semi che resistono agli enzimi proteolitici dello stomaco e causano severe gastroenteriti, anche emorragiche. Se assorbite possono danneggiare fegato e rene. N.B.: l’olio di ricino contiene solo l’essenza oleosa e non la componente proteica tossica! * I semi, dei grani rossi con una macchia nera, sono usati per preparare rosari e collane ornamentali.

Cyclamen (ciclamino, bulbo) Fagus sylvatica

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Phytolacca americana Aesculus hippocastanum (ippocastano)

Contengono, in particolare all’interno dei semi, delle saponine, sostanze che hanno un effetto irritativo, provocando vomito e diarrea in rapporto alla quantità ingerita. Queste tossine possono causare anche rottura dei globuli rossi (emolisi), ma dato che sono scarsamente assorbite dal tratto gastrointestinale, questa complicanza si può difficilmente verificare per ingestioni accidentali.

SPECIE A TOSSICITÀ D’ORGANO In altri casi, invece, l’azione tossica si manifesta su organi vitali, come il cuore, il sistema nervoso e il fegato, con effetti clinici molto gravi; i sintomi delle intossicazioni delle specie ad azione sistemica dipendono dal tipo di tossina coinvolto e dall’organo principalmente colpito. Ad esempio: - la digitale, il mughetto e l’oleandro contengono dei glicosidi cardioattivi che causano rallentamento del battito cardiaco fino all’arresto. - la belladonna, la mandragora, lo stramonio contengono degli alcaloidi con azione anticolinergica, che causano agitazione, allucinazioni e, nei casi più gravi, convulsioni e coma. - la cicuta determina paralisi della muscolatura con insufficienza respiratoria, ipossia e morte.

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Alcuni esempi di specie a tossicità sistemica

Colchicum Autumnale

Il nome deriva dal greco kolchikòn riferito alla Colchide, nome greco dell’attuale Georgia, patria di Medea, che secondo la leggenda usò questa pianta per avvelenare i suoi figli. È una pianta erbacea perenne, bulbosa che fiorisce in autunno (settembre-ottobre) quando tutte le foglie sono scomparse. I fiori, ermafroditi, sono formati da sei petali oblunghi, lanceolati di color roseo-violaceo; sono scambiati, a volte, da raccoglitori inesperti, per fiori di zafferano da cui il nome volgare di zafferano matto. In primavera presenta 3-4 foglie lanceolate lunghe 30-40 cm, di colore verde intenso e margine regolare. Dopo la loro emissione, si sviluppa il frutto, costituito da una capsula ovale, contenente molti semi rugosi. In questo periodo dell’anno è confondibile con l’Allium ursinum, con cui condivide l’habitat e da cui si distingue per l’assenza totale di odore agliaceo e per il sapore acre e amaro; anche le foglie sono diverse, quelle dell’Allium hanno uno pseudo picciolo. Sia il Colchicum autumnale, sia la Gloriosa superba, contengono l’alcaloide colchicina, presente in tutte le parti, ma particolarmente concentrato nel bulbo. La colchicina ha un’azione antinfiammatoria che è usata per curare la gotta e le poliartriti.

Gloriosa superba Colchicum autumnale (colchico)

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Anche per ingestioni accidentali di piccole quantità, oltre agli iniziali sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, dolori addominali e diarrea), dopo circa 24 ore compare anemia, con riduzione dei globuli bianchi e dei fattori della coagulazione dovuta all’azione di depressione sul midollo osseo, perdita dei capelli e alterazioni a carico di tutti gli organi vitali. In relazione alla dose ingerita, l’intossicazione può portare al decesso nel giro di pochi giorni.

Colchico in autunno

Allium ursinum Colchicum in primavera

Allium ursinum

Allium ursinum

Colchicum autumnalis

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Alcuni esempi di specie ad azione cardiotossica

La digitale, il mughetto e l’oleandro contengono dei glicosidi cardioattivi che causano rallentamento del battito cardiaco fino all’arresto cardiaco. Contengono dei glicosidi cardioattivi in concentrazione variabile. Ai primi sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, dolori addominali) seguono il sopore, la bradicardia (caratteristico è il blocco atrioventricolare, di vario grado sino all’arresto cardiaco), l’ipotensione e un marcato aumento del potassio nel sangue. In caso di intossicazione severa da piante contenenti digitale può essere necessario usare sostanze con azione antidotica.

Convallaria majalis Digitalis spp.

Thevetia peruviana (oleandro giallo) Urginea maritima (cipolla di mare)

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Nerium oleander Rododendro

AconitoIl nome del genere “Aconitum” deriva dal greco akòniton (pianta velenosa). La sua pericolosità è nota sin dall’antichità, infatti, era usato per avvelenare le punte delle frecce e cacciare i lupi con carne avvelenata. Plinio la definisce "arsenico vegetale". Diverse specie, appartenenti al genere Aconitum, crescono nei boschi e nei prati delle Alpi e degli Appennini, sono piante perenni. L’Aconito contiene, in ogni sua parte ma soprattutto nelle radici, delle tossine (alcaloidi terpenici, norditerpenici), come l’aconitina. L’ingestione (spesso scambiato per Lactuca alpina), determina pericolose intossicazioni che si

presentano con formicolii (parestesie), che partono dall’orofaringe e si diffondono agli arti superiori e al tronco, senso di malessere generale,

Aconitum napellus

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con senso di angoscia accompagnato da vomito, dolori addominali e diarrea. Inoltre compaiono varie alterazioni del ritmo cardiaco (generalmente tachiaritmie) e paralisi muscolare con insufficienza respiratoria.

Veratro Il nome del genere “Veratro” deriva dal latino “verum = veritiero”; si credeva che, se ingerito, fosse in grado di controllare gli stati di agitazione presenti nelle malattie mentali e nell’epilessia. La polvere del rizoma era prescritta dai medici (fino al 1500) per curare anche la paralisi, la sciatica, come emetico e catartico. Ne fu abbandonato l’uso per la sua pericolosa azione tossica. Ha un sapore acre, amaro e irritante, inoltre contiene diverse sostanze alcaloidi: protoveratrina germerina, protoveratridina. Nei nostri Veratrum non c’è la veratrina, presente nelle specie messicane. Tutta la pianta è tossica, in

particolare il rizoma e le radici che, quando la pianta non è fiorita, possono essere scambiati per Genziana. L’ingestione provoca sensazione di bruciore in bocca con perdita di sensibilità, salivazione abbondante, difficoltà alla deglutizione accompagnati da nausea, vomito e diarrea. Possono comparire anche fenomeni neurologici con agitazione e contrazioni muscolari, inoltre causa riduzione della pressione arteriosa (ipotensione), della frequenza cardiaca (bradiaritmie) e possibile arresto cardiaco. In queste intossicazioni la terapia è sintomatica con supporto della funzionalità cardio-circolatoria e respiratoria.

Veratrum

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Alcuni esempi di specie ad azione cianogenica

Hydrangea spp (ortensia) Prunus laurocerasus

Prunus spp. (semi del mandorlo amaro, albicocco, prugno, pesco, ci l iegio)

Contengono dei glicosidi (soprattutto amigdalina) che, per idrolisi a livello intestinale, liberano acido cianidrico, che si lega ai citocromi impedendo la respirazione cellulare. I primi sintomi dell’intossicazione sono gastrointestinali (vomito, severo e improvviso), seguiti da depressione del sensorio, acidosi metabolica con aumento della frequenza respiratoria (tachipnea), possibili convulsioni. N.B. Ingestioni accidentali di pochi semi o foglie non sono da considerarsi pericolosi, perché sono necessarie quantità molto elevate per causare intossicazione.Non sottovalutare, però, i pazienti nei quali si manifestano i sintomi gastrointestinali dopo l’ingestione, specie se si tratta di bambini.

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Alcuni esempi di specie ad azione anticolinergica La belladonna, la mandragora, lo stramonio contengono degli alcaloidi con azione anticolinergica, che causano agitazione, allucinazioni e, nei casi più gravi, convulsioni e coma.

Atropa belladonna Datura stramonio

Hyosciamus spp Mandragora officinarum In tutte le loro parti sono presenti, principalmente scopolamina, iosciamina e atropina e l’intossicazione è caratterizzata da arrossamento della cute, specie del viso, ipertermia, dilatazione della pupilla (midriasi), secchezza delle fauci (xerostomia), allucinazioni, agitazione/sopore, coma, convulsioni, tachicardia, ritenzione urinaria. Diversi casi di intossicazione sono dovuti al loro consumo come sostanze d’abuso da parte degli adolescenti.

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ATTENTI AI SOSIA

TOSSICO/MORTALE COMMESTIBILE

Aconitum spp Lactuca alpina

Colchicum autumnalis Allium ursinum

Veratrum album Gentiana lutea

Phytolacca americana Armoracia rusticana

Mandragora officinarum Borago officinalis

Atropa belladonna Vaccinium myrtillus

Spartium junceum Asparagus

Tab. 1 specie di piante tossiche scambiate per specie commestibili

Lactuca alpina Aconitum spp.

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Colchicum autumnalis Allium ursinum

Veratrum album Gentiana lutea

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Mandragora officinalis Borago officinalis

Phytolacca americana Armoracia rusticana

Atropa belladonna Vaccinium myrtillus

AsparagusSpartium junceum

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Primo intervento L’identificazione con il nome botanico della specie ingerita è indispensabile per valutare correttamente il rischio tossicologico in ogni caso di esposizione a una specie vegetale. I floricoltori, i giardinieri e gli operatori dei consorzi agrari sono generalmente in grado di aiutare i privati cittadini nel riconoscimento. Le piante commercializzate sono di più facile identificazione da parte di un fioraio, di solito hanno un cartellino identificativo con il nome scientifico; per le piante selvatiche è più complicato, occorre far valutare la pianta completa a un esperto botanico.

Trattamento In caso di esposizione a una pianta potenzialmente velenosa, il trattamento dipende dalle caratteristiche della specie coinvolta, dall’età e dai sintomi presentati dal paziente, dalla via e dalle circostanze e dal tempo trascorso dall’esposizione stessa. Immediatamente dopo l’esposizione, l’intervento mira ad allontanare la sostanza potenzialmente tossica dalla via di contatto (decontaminazione) e alla prevenzione dell’assorbimento: il trattamento sarà tanto più efficace quanto più sarà precoce e corretto. Un intervento scorretto o ritardato sarà inefficace; un intervento inappropriato (ad esempio: provocare il vomito o somministrare latte o rimedi “casalinghi”) potrebbe essere addirittura più pericoloso dell’esposizione alla sostanza tossica stessa, causando inutilmente dei danni al paziente. Le manovre di “primo soccorso” che possono essere effettuate al di fuori dell’Ospedale sono poche e semplici: - in caso di contatto oculare: lavare abbondantemente con soluzione fisiologica o acqua fresca; non applicare colliri; se sono presenti sintomi irritativi persistenti (dolore, arrossamento, lacrimazione), sottoporsi a una visita oculistica; - in caso di contatto cutaneo: lavare abbondantemente con acqua fresca e sapone neutro, non applicare pomate; - in caso di ingestione: togliere delicatamente eventuali residui dalla bocca; non indurre il vomito; non somministrare bevande o alimenti. In alcuni casi, se il paziente è sveglio e su indicazione di un medico o di un Centro Antiveleni, può essere utile somministrare per bocca del

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carbone vegetale attivo in polvere sospeso in acqua (bambini da 1 a 12 anni: circa 1 grammo/Kg; ragazzi e adulti: da 20 a 50 grammi/ Kg). È importante non aspettare che insorgano sintomi, ma contattare al più presto un Centro Antiveleni, riferendo il nome botanico della pianta, per valutare i possibili rischi e il trattamento più adeguato. Se si è già a conoscenza della tossicità della pianta o sono già presenti delle manifestazioni cliniche, è opportuno portare immediatamente il paziente in Ospedale. Prevenzione

Attualmente non esistono norme legislative che regolino la vendita e la messa a dimora delle piante ornamentali in Italia; per questo motivo sia il privato cittadino o un ente pubblico, è poco tutelato rispetto ai potenziali rischi di un’esposizione accidentale a delle specie velenose. In attesa che anche nel nostro Paese sia introdotta una

normativa ad hoc, è importante che ogni specie presente in ambiente domestico o pubblico sia rapidamente e facilmente identificabile con il suo nome botanico e che, nel caso in cui si tratti di luoghi sicuramente frequentati da bambini o animali da compagnia (abitazioni, giardini

pubblici, scuole, ecc.), siano disponibili, preventivamente, le informazioni sulla loro tossicità. È, inoltre, buona norma insegnare ai bambini a non strappare e a mettere in bocca fiori, foglie o frutti delle piante che trovano nei parchi e nei giardini: oltre ad educarli a rispettare l’ambiente si tutelerà anche la loro salute! In caso di ingestione di una

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parte di pianta non nota, se non vi sono ancora sintomi, è prudente somministrare subito del carbone attivo in polvere sospeso in acqua, secondo consiglio medico. In caso di contatto cutaneo con specie irritanti è opportuno lavare la zona esposta con acqua e sapone neutro, mentre per l’ingestione può essere somministrato un protettore di mucosa per bocca, in attesa di un’eventuale valutazione medica.

USO CONSAPEVOLE Si deve sconsigliare la raccolta di piante medicinali spontanee per

uso salutistico o di automedicazione per l’elevato rischio di uno scambio accidentale con specie velenose. È’ utile conoscere nome botanico e tossicità delle piante d’appartamento che devono essere posizionate in luoghi difficilmente raggiungibili dai bambini. E’ prudente che specie a tossicità elevata e/o con parti che possono facilmente attrarre l’attenzione dei più piccoli (bacche o fiori colorati) non siano messe a dimora in parchi e giardini di scuole dell’infanzia e primarie e aree gioco.

Per saperne di più L’elenco delle piante ornamentali velenose è consultabile nell’opera in tre volumi elaborata con la collaborazione del Centro Antiveleni di Milano e pubblicata dall’ISPESL.http://ispesl-oeav.linkback.net/repo/dml/quaderni-tecnici/item.00028

Il riconoscimento botanico, da parte di un esperto, è sempre fondamentale e indispensabile per una corretta

valutazione del rischio tossicologico in ogni caso di ingestione di un vegetale.

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TOSSINE FUNGINE

Nei funghi sono presenti diverse sostanze chimiche alcune isolate e studiate, ma altre non ancora note. Inoltre, ogni specie fungina ha delle tossine specifiche che, se ingerite, causano disturbi diversi in rapporto al tipo di tossina. Nella maggior parte dei casi compaiono vomito, diarrea e dolori addominali

ma anche altri sintomi tipici per esempio agitazione, tremori, allucinazioni, sudorazione e altri ancora, che caratterizzano le così dette Sindromi fungine (vedi Box funghi) . Apprezzati in cucina, temuti come veleni, ammirati per le loro forme e per i loro colori, in realtà i funghi non sono altro che i "frutti" (chiamati carpofori), di forme di vita per lo più invisibili ai nostri occhi, perché nascoste, ma che formano una cortina di microscopici filamenti, le ife, che, disposti uno sull’altro, costituiscono il micelio, ossia il corpo vegetativo, il fungo in persona! I funghi che troviamo tra le erbe, nel sottobosco o sui ceppi, dalla forma più classica a quella che ricorda i coralli, le spugne o una

mensola, sono dunque dei frutti di una pianta che in realtà pianta non è... vivono come parassiti (cioè parzialmente o totalmente a spese di un altro individuo), come saprofiti (cioè a spese di sostanze in decomposizione) o in simbiosi (cioè con scambio reciprocamente vantaggioso con altri individui). I funghi hanno una funzione riproduttiva (tramite le spore), permettendo così la continuità

della specie; per noi hanno una funzione più utilitaristica: l’alimentazione e non solo… Che questi organismi non siano minerali o animali è intuibile, è meno evidente che non siano neppure vegetali.

Hymenochaete cruenta

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Per le numerose peculiarità, sono stati inquadrati in un regno "tutto loro", appunto: il Regno Fungi; i funghi sono organismi complessi e importantissimi per l’ecologia dei diversi habitat, si nutrono di sostanze organiche già elaborate da altri esseri viventi. Grazie alla loro grande biodiversità, alla loro capacità di adattamento e alla produzione di enzimi diversi, i funghi possono colonizzare un’infinita gamma di ambienti. Sono un vero e proprio tesoro rappresentato non solo dalle specie più appariscenti, ma anche da forme microscopiche, invisibili e apparentemente “insignificanti”.

Calocera viscosa, Favolaschia calocera, Hydnellum peckii, Delicatula integrella

Tra le tante forme di vita che garantiscono la sopravvivenza del Pianeta, i funghi, sia quelli commestibili sia quelli velenosi per l’uomo, hanno un ruolo da veri protagonisti. I funghi non controllati e incautamente consumati, se appartenenti a specie tossiche, possono provocare disturbi come vomito, diarrea, nausea, dolori addominali e/o allucinazioni, già pochi minuti dopo l’ingestione; per alcune specie, invece, i sintomi gastroenterici e i danni ad organi vitali, possono comparire anche dopo 6-8 ore fino ad alcuni giorni dopo il consumo. Questi episodi possono risolversi rapidamente, ma in altri casi possono portare patologie più severe e potenzialmente letali. Al minimo sintomo, dopo ingestione di funghi non controllati, non resta

che recarsi al Pronto Soccorso più vicino....

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La gravità dell’avvelenamento dipende dalla specie e dalla quantità di funghi ingeriti, anche il tempo di comparsa dei sintomi è importante:

In rapporto al tempo di comparsa dei sintomi, le Sindromi possono essere a Breve (da 30 minuti a 5 ore) e a Lungalatenza (dopo 6-24 ore); questa divisione non è applicabile alle ingestioni di più specie contemporaneamente. - Sindromi a Breve latenza, di solito, si risolvono entro 24/48 ore dall’ ingestione. - Sindromi a Lunga latenza: falloidea o da amatossine (da Amanita phalloides), gyromitriana (da Gyromitra esculenta) e orellanica (da Cortinarius orellanus). I l quadro clinico compare con tempi diversi, superiori alle 6 ed anche oltre le 24 ore dall’ ingestione con danni a carico di organi vitali, come fegato e rene, con possibile decesso del paziente. (vedi Box funghi)

Amanita phalloidesAmanita muscaria

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SINDROMI A LUNGA LATENZA

SINDROME FALLOIDEA: dovuta all’ingestione di Amanita phalloides, Amanita verna, Amanita virosa, Galerina autumnalis e Lepiotine di piccola taglia, tutte contengono amanitine, tossine molto pericolose, potenzialmente mortali per i danni che provocano al fegato (vedi Box funghi).

Amanita phalloides Molto diffusa nel periodo autunnale in vari tipi di boschi con presenza di latifoglie, questa specie, come del resto tutte quelle del genere Amanita, ha portamento elegante. È un fungo, il cui cappello è facilmente separabile dal gambo (eterogeneo). Pur presentandosi sempre con tonalità verde/ambrato fino al brunastro dell’apice, la variabilità di colorazione del

cappello nella stessa specie può essere notevole; presenta fibrille innate con un effetto molto simile a una spazzolatura, in cui si evidenziano dei leggeri segni longitudinali. Il gambo, slanciato e bianco, presenta zonature o bande cangianti con le tonalità del cappello, ma più pallide.

Amanita phalloides f.ma alba

Amanita phalloides

A. phalloides: esempi di variabilità nella colorazione del cappello

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La base bulbosa è accolta in una volva (parte inferiore dei resti del velo generale) membranosa, ampia e libera all’orlo, in altre parole non aderente al gambo, come per altre amanita. Nei ¾ superiori è presente un anello ricadente, ciò che resta del velo parziale che protegge l’imenio durante la maturazione delle spore; ha lamelle bianche e fitte e le spore in massa sono bianche. Negli esemplari giovani, la carne non ha quasi odore (leggermente di miele), ma in breve emana componenti ammoniacali tipici della putrefazione. A complicare ulteriormente le cose è la presenza di una Amanitaphalloides f.ma alba, completamente bianca, ma con le stesse caratteriste morfologiche delle altre.

L’Amanita verna (dal latino vernus=primaverile) è tipico, appunto di questa stagione e si presenta negli stessi habitat degli Agaricus (prataioli): come questi cresce interrata e ha lo stesso colore per cui è facile confonderla. E’ un fungo eterogeneo (cappello e gambo si separano facilmente). Ha cappello emisferico che si appiana con la crescita, di color bianco e di aspetto setoso con una leggera sfumatura centrale

paglierina; il margine è liscio. Il gambo è bianco e slanciato, ricoperto da fine patina, bulboso alla base e avvolto in una volva bianca e membranosa. In alto, prossimo alle lamelle, vi è un anello fine e membranoso che alla crescita ricade sul gambo. La carne è tenera, priva di odore nei giovani esemplari, che diventa sgradevole con l’invecchiamento. Predilige habitat con terreni sabbiosi, dove vivono Querce e Pioppi, ma anche Castagno e Pino; cresce solitaria o in piccoli gruppi, dalla primavera all’inizio dell’estate. Non va dimenticata la mortale Amanita virosa, tipicamente autunnale, questa cresce di solito tra abeti e faggi e emana un fastidioso odore viroso, per questo motivo desta poca attrazione ai cercatori di porcini.

Amanita verna

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Lepiote (L. helveola, L. brunneoincarnata, L. josserandii e altre) Definite di piccola taglia, sono rappresentate da circa un’ottantina di specie: sono tutte da scartare, perché molte sono tossiche ma alcune addirittura mortali! Sono funghi eterogenei, di dimensioni piccole (massimo cm.12 Ø x 12 h) o molto piccole che non raggiungono l’altezza di 3-4 cm. Alcune di queste sono molto ornamentate (squame e verruche) sul gambo e sul

cappello e, in alcune specie, è presente un anello più o meno sviluppato. Sono funghi terricoli di difficile classificazione, a volte ciò è possibile solo dopo l’utilizzo del microscopio e di reazioni colorimetriche con reagenti chimici.

L’Amanita phalloides, contiene tossine molto pericolose (amatossine) queste sono presenti anche nell ’Amanita verna, nell’Amanita virosa, in alcune specie di Galerina e nelleLepiota di piccola taglia. La tossicità si manifesta sul fegato (Sindrome falloidea) ed è preceduta da dolori addominali, vomito e diarrea profusa che compaiono dopo 8-20 ore dall’ ingestione. Dopo circa 2 giorni dall’ ingestione compare un gravissimo danno epatico che può evolvere rapidamente verso il decesso, se non disponibile un fegato per il trapianto. Nelle intossicazioni meno severe, dopo 5-6 giorni dall’ ingestione, si ha una progressiva guarigione. La terapia si basa essenzialmente sulla rimozione del tossico con la lavanda gastrica e la somministrazione ripetuta di carbone vegetale attivato, ma soprattutto, è essenziale la somministrazione di molti l iquidi per flebo.

Purtroppo al momento, non ci sono sostanze (antidoti) che si siano dimostrate in grado di contrastare le tossine

presenti in questi funghi.

Lepiota brunneoincarnata

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SINDROME ORELLANICA: dovuta all’ingestione di Cortinarius orellanus e Cortinarius speciosissimus: contengono orellanina, tossina che provoca danni irreparabili al rene (vedi Box funghi).

Cortinarius orellanus Raro, ma fedele alle proprie stazioni di crescita, si presenta fino al tardo autunno in pochi esemplari sotto quercia, castagno e nocciolo. È di taglia medio piccola, carnoso, con il cappello che inizialmente è emisferico-campanulato poi, nei soggetti più maturi, è appianato; può presentare, ma non è la

norma, un largo umbone. Il cappello risulta asciutto, leggermente feltrato, con fini squamosità, di colore solitamente bruno-ruggine uniforme, ma può tendere all’arancio-mattone; la parte sottostante il cappello è formata da lamelle attaccate al gambo, larghe e ventricose, spaziate e dello stesso colore del cappello, così come le spore in massa. Il gambo è slanciato, cilindrico, attenuato alla base, color giallo-rugginoso in prossimità del cappello, mentre il resto è bruno-ruggine.

Nelle fasi iniziali della crescita del fungo, leggere fibre giallastre formano una specie di ragnatela (cortina) a protezione delle lamelle, fibre che successivamente si ritrovano sul gambo: è una caratteristica comune a tutto il genere ma che, in questa specie, una volta cresciuto, spesso è poco visibile. Al taglio la carne risulta giallastra, esigua e flaccida, con leggero odore di radice.

Cortinarius orellanus

Cortinarius speciosissimus

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Gyromitra gigas

L’orellanina è presente anche in altre specie del gruppo: Cortinariusspeciosissimus (=rubellus) e specie vicine, tutte da considerarsi molto velenose, infatti l’ingestione di questi funghi provoca la SindromeOrellanica, caratterizzata da gravissimi danni a carico del rene che possono portare i pazienti a terapia con emodialisi e/o trapianto.

Quando la sindrome si manifesta, anche dopo dieci giorni e più dal consumo, la situazione è ormai tragica per il paziente e del fungo non è rimasta più traccia, nemmeno nella memoria del consumatore!

E’ per questo motivo, che il Cortinarius orellanus deve essere perfettamente conosciuto e memorizzato: anche se non si rinviene spesso, i suoi caratteri determinanti, non vanno dimenticati.

SINDROME GIROMITRICA: dovuta all’ingestione di Gyromitra esculenta e Gyromitra gigas, la tossina responsabile è la giromitrina, che determina sintomi neurologici e anemia (vedi Box funghi).

Gyromitra esculenta Ha il “cappello” strano,

subgloboso, molto irregolare, ricco di anse con un aspetto “cerebriforme” e con variazioni di colore dal rosso ruggine al bruno e più ocraceo nella sorella Gyromitra gigas. Il margine del cappello (per questi funghi si chiama mitra o mitria) aderisce al gambo in maniera irregolare e in diversi punti. Il gambo, biancastro avorio, con focature color ruggine, è solitamente breve e ingrossato alla base, qualche volta è completamente nascosto dalle volute del cappello; presenta longitudinalmente costolature ed è cavo. Ha dimensioni mediamente nell’ordine di 10 x 15 cm, ma

Gyromitra esculenta

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anche oltre; la carne è fragile, di consistenza cerosa, sembra inzuppata d’acqua; l’odore è leggermente aromatico (spermatico). Cresce nella stagione primaverile, in boschi di conifere, in prossimità di residui legnosi e radici. Questi funghi, dal glorioso passato culinario, possono dare gravi avvelenamenti, dovuti alla giromitrina, una tossina presente in tutte le specie appartenenti al Genere. Anche se il nome della specie esculenta sembra essere una garanzia per il consumo, come le altre rappresentanti del genere non deve essere assolutamente consumata!

SINDROMI A BREVE LATENZA

SINDROME PANTERINICA: dovuta all’ingestione di Amanita pantherina, A.muscaria, le tossine responsabili sono l’acido ibotenico, il muscimolo e il muscazone che causano segni neurologici (anticolinergici) di agitazione, fino alle convulsioni (vedi Box funghi).

Amanita pantherina Questo fungo velenoso è

così chiamato per l’aspetto del cappello che ricorda il manto di una pantera. Per alcune caratteristiche comuni, potrebbe essere scambiato con altre amanite come la spissa e la rubescens; oppure, i più inesperti, con la Macrolepiota procera. Il tratto distintivo di questa specie è il cappello brunastro-marrone con piccoli fiocchi bianco puro, simili a goccioline di latte, sulla superficie.

L’orlo è sempre striato, ma nella varietà abietum, questa caratteristica si evidenzia a tarda maturazione ed è meno marcata. Il gambo è bianco e bulboso alla base, presenta una volva aderente che, all’orlo, è “arrotolata” e, più sopra, è sormontata come da

Amanita pantherina

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braccialetti elicoidali, mentre ancora più su si trova un anello ricadente, ampio, sfrangiato e membranoso. Sotto il cappello vi sono lamelle bianche, fitte e libere al gambo; non ha grandi dimensioni e cresce in gruppi, dall’estate all’autunno, sia sotto le latifoglie, sia sotto le conifere.

Amanita muscaria Chiamata così già nel XIII sec. non tanto per la presenza della muscarina, presente in piccolissime quantità (<0.0003% nel fungo secco), ma per la capacità di attrarre e uccidere le mosche. Infatti contiene acido ibotenico, sostanza con azione insetticida. Fin dai primordi dello sviluppo si rinviene sotto forma di ovolo,

con base allargata-obesa e con il cappello più piccolo rispetto alla base; in questa fase è ricoperto completamente dal velo generale che, durante la crescita, si frantuma in verruche, le quali rimarranno sul cappello: i famosi “puntini” bianchi. Parte di questi, invece, rimarranno attaccati alla volva aderente alla base, friabile e dissociata in placche squamose bianche. Sotto il cappello sono presenti lamelle fitte, bianche; il cappello effettivamente non passa inosservato con i suoi “pallini”, attenzione però, una pioggia potrebbe farli sparire! Il gambo, bulboso alla base, è completamente bianco, presenta un anello nella parte alta, residuo del velo parziale, ricadente, sfrangiato e talvolta con orlo di colore giallo. E’ presente la varietà aureola di Amanita muscaria in cui sono completamente assenti le verruche sul cappello e che può confondere gli sprovveduti raccoglitori con la ricercatissima Amanita caesarea. Più di tutto è il colore rosso della cuticola che ci affascina e si fa notare, pur con le diverse variazioni di tonalità rosso-aranciate, è presente in molti habitat, perciò è abbastanza comune.

Amanita muscaria

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SINDROME MUSCARINICA: dovuta all’ingestione di Clitocybe bianche e Inocybe che contengono quantità considerevoli di muscarina, tossina che provoca profusa sudorazione (vedi Box funghi).

Clitocybe sez candicates o Clitocybe bianche Questo è un gruppo di funghi molto simili tra loro e che comprende diverse specie inquadrate nella sezione candicantes. Hanno dimensioni da medie a piccole (cappelli da 3 a 10 cm di diametro), tutte con colori pallidi tendenti al bianco. I cappelli presentano, sulla superficie, effetti marmorizzati,

glassati, ceracei; sono inizialmente emisferici, poi piani o depressi alla maturazione, con orli leggermente lobati. Le lamelle sono bianche, generalmente decorrenti sul gambo (tipica caratteristica del genere) e, secondo le specie, più o meno fitte; anche i gambi sono bianchi, leggermente ingrossati alla base. All’olfatto ricordano leggeri odori farinosi o quasi nulli.

Specie autunnali, vivono al bordo dei boschi, nei prati e su fogliame marcescente; si presentano in gruppi, cerchi o lunghe file. Le specie rappresentative e più comuni di questa sezione sono: la C. phyllophila, la C. cerussata, la C. dealbata, la C. candicans e la C. velenovsky. Va fatta molta attenzione alle possibili confusioni con esemplari pallidi di Clitocybe gibba e simili (il comune

imbutino), ma soprattutto con Clitopilus prunulus, buon commestibile, non sempre di facile determinazione.

Clitocybe dealbata

Inocybe rimosa

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SINDROME GASTROINTESTINALE: dovuta all’ingestione di diverse specie di funghi tra cui Omphalotusolearius, Boletus satanas, Entoloma lividum, Agaricus xanthoderma, Hypholoma fasciculare, e molti altri. Le tossine responsabili sono numerose e non tutte note, provocano essenzialmente disturbi gastrointestinali (vedi Box funghi).

Omphalotus olearius Il Fungo dell’Olivo ha cappello

imbutiforme, ombelicato da cui il nome ( =omfalòs cioè ombelico), dall’aspetto asciutto, di color arancio rugginoso fino al bruno tabacco e può misurare fino a 15 cm di diametro. Sotto il cappello sono presenti delle lamelle di color giallo arancio decorrenti lungo il gambo, quest’ultimo è spesso eccentrico, raggiunge anche i 10 cm di altezza e può essere affusolato alla base. Al taglio la carne appare dello stesso colore ed ha odore fungino. E’ stato confuso diverse volte con il commestibile e ricercato Cantharellus cibarius, ma l’habitat di crescita di questo fungo, a differenza del cibarius, sono i tronchi e le radici alla base di alberi, spesso su tronchi d’ulivo. E’ un fungo “mediterraneo” se ingerito provoca Sindromi gastro intestinali violente e, a volte, anche tardive (dopo le classiche 6 ore).

Omphalotus olearius

Omphalotus olearius

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Boletus satanas

Boletus satanas Questo fungo non è poi così pericoloso come il nome può evocare, ma è una specie velenosa che dà origine in breve tempo, già mentre si consuma, a sindromi gastrointestinali… veramente diaboliche! È un boleto di grandi dimensioni e di notevole peso specifico! Il cappello di color crema, ma a volte con tonalità grigiastre, può raggiungere e superare tranquillamente i

30cm di diametro; la parte sottostante il cappello è composta da tubuli che, con la crescita, variano la colorazione dal giallastro all’arancio-rossastro, viranti nettamente al bluastro al tocco. Questi funghi hanno gambo obeso, di altezza inferiore al diametro del cappello, di colore giallo-rossastro, rivestito nella parte superiore da un fitto reticolo, anch’esso, virante al blu al tocco. La carne di questo fungo, risulta biancastra, giallo pallida e vira leggermente all’azzurro in modo disomogeneo; ha odore inizialmente gradevole, poi nauseante, fino a cadaverico, con la maturazione. Non molto diffuso, questo fungo si trova dalla tarda primavera

all’inizio dell’autunno, fedele alle sue stazioni di crescita: boschi di latifoglia (Quercia), asciutti ed esposti a sud. Spesso e volentieri i raccoglitori poco esperti tendono a confondere e determinare altre specie con alcune caratteristiche di colore e tonalità comuni con il B. satanas: citiamo Boletus calopus (non commestibile),Boletus luridus e Boletuserythropus (commestibili se ben cotti). Boletus luridus

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Entoloma lividum

Entoloma lividum Le perfide! E’ così che lo chiamano i Francesi. Perfido, dunque, cioè malvagio, crudele, maligno, infido… Mai come in questo caso l’appellativo è perfetto, perché non perdona quei raccoglitori poco attenti, che lo consumano. Scatena, a volte anche dopo le sei ore dall’ingestione, episodi di vomito, diarrea e dolori addominali, anche violenti. È un fungo dal bel portamento, è facilmente confondibile con altri funghi commestibili. Inizialmente ha un buon odore di farina, ma questo particolare, come ben sappiamo, non basta a renderlo commestibile. Infatti, per evitare guai è importante la conoscenza e la valutazione di alcuni caratteri o meglio ancora,

bisogna conoscere con precisione le variazioni di alcuni di questi che avvengono nell’arco di breve tempo. La più evidente di queste variazioni è il colore delle lamelle, inizialmente giallo avorio, ma durante la maturazione delle spore, che in massa sono di color rosa, assumono una colorazione rosa salmone, fino all’ocraceo negli esemplari più maturi. Altro carattere variabile cui prestare attenzione, ma qui un minimo di esperienza ci vuole, è l’odore che varia da un delicato profumo di farina a uno più intenso, fino a diventare rancido nauseante. La “frittata” per niente piacevole la fa il raccoglitore poco attento e magari presuntuoso che consuma questo fungo senza l’opportuno controllo preventivo. Un consiglio sui perfidi? Se li conosci... li eviti!

Entoloma lividum

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Agaricus gruppo xanthodermatei Attenzione agli Agaricus sezione Xanthodermatei, dalla carne ingiallente e dal forte odore di fenolo simile all’odore dell’inchiostro dei calamai). I prataioli vantano specie molto gustose e apprezzate in cucina, si pensi al’A.arvensis, l’A. silvestris e il bisporus (Champignon coltivato); il consumo

dello xantoderma, invece, provoca gastroenteriti.I prataioli sono generalmente carnosi e di taglia medio-grande; in

alcune specie, si presentano sia piccoli o molto grandi. I cappelli sono convessi in diverse specie, mentre in altre la parte discale è appianata. Per alcuni di questi funghi la cuticola è ornamentata da leggere squamettature.

Tutte le specie hanno lamelle inizialmente rosate, poi porpora-brunastro fino a color cioccolato, a completa maturazione. I gambi di questi funghi sono tutti dotati di anello, che può essere più o meno persistente, ma sempre privi di volva!!! In alcune specie diAgaricus la carne, allo strofinamento, ha viraggio al giallo (sez. Arvenses,Xanthodermatei e Minores).

Interessante e importante è l’odore, distintivo delle diverse specie: anice, mandorle, fenolo... Sono funghi terricoli o umicoli che prediligono habitat umidi.

Agaricus xanthoderma

Agaricus campestris

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Hypholoma sublateritium

Hypholoma fascicolare Zolfino o falso chiodino sono gli appellativi più noti per questo fungo, perché il colore richiama in qualche modo quello dello zolfo. Questi funghi hanno una colorazione che spazia dal giallo zolfo iniziale fino al color mattone a maturità. Ritroviamo queste tinte su tutto il corpo fruttifero con qualche tonalità aranciata. Anche le lamelle sono color zolfo, ma con la maturazione delle spore, le potremo ritrovare verdognole e infine bruno-olivastre. Ha crescita fascicolata alla base di tronchi e per questo motivo spesso è confuso con l’Armillaria mellea (chiodino), fungo commestibile che però va consumato giovane, previa eliminazione dei gambi e dopo accurata cottura (prebollitura). L’incauto consumo di Hypholoma fasciculare, che può avvenire nonostante il sapore amaro della carne, è causa di una Sindrome gastroenterica. Prossimo al fasciculare e di commestibilità dubbia (pertanto se ne sconsiglia il consumo), è l’Hypholoma sublateritium, si presenta di maggiori dimensioni e robustezza, con colorazione mattone e con carne meno amara.

Hypholoma fasciculare

Armillaria mellea

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SINDROME COPRINICA dovuta all’ingestione di Coprinus atramentarius, che contiene coprina, questa interferisce con il metabolismo dell’alcool, quando ingerito insieme al fungo. (vedi Box funghi)

Coprinus atramentariusÈ un fungo saprofita

e lignicolo, cresce spesso cespitoso ai bordi dei ceppi di alberi isolati; ha un cappello fino a 6 cm di diametro. A seconda delle fasi di crescita è iniziamente ovoidale e tronco all'apice, ma nella fase successiva è aperto, di un colore

grigio-brunastro, più scuro verso il centro, con piccole scaglie appressate, tipicamente scanalato, con orlo ondulato irregolare. Il cappello durante la maturazione ha la caratteristica di liquefarsi e non seccare; ha lamelle ventricose e pruinose, larghe 7–15 mm, prima molto fitte e bianche, poi larghe brune e infine nerastre e anch’esse deliquescenti. Gambo 8-18 x 0,8-1,5 cm, cilindrico e attenuato verso l'alto, sericeo, anch’esso grigio brunastro con scaglie nella parte inferiore. La carne è bruno-grigiastra negli esemplari giovani, poi diventa biancastra e fibrosa nel gambo, in quelli adulti. L’ingestione di Coprinus atramentarius, ma anche altri funghi come Clitocybe clavipes o Pholiota squarrosa, associata all’alcool, determina la Sindrome Coprinica, dovuta alla presenza di una tossina, la coprina che ha caratteristiche simili a un farmaco (Disulfiram) utilizzato per produrre repulsione verso le bevande alcoliche nei forti bevitori e, come il farmaco, interferisce con il normale metabolismo epatico dell'alcool. Compaiono rapidamente, anche meno di 10 minuti, vomito, mal di testa, arrossamento al volto alterazioni della pressione e stordimento. I disturbi persistono fino all'eliminazione dell'alcool e possono comparire anche se l’alcool è ingerito dopo 72 ore dall’ingestione del fungo, perché la coprina rimane in circolo a lungo (vedi Box funghi).

Coprinus atramentarius

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Paxillus involutus

SINDROME PAXILLICAdovuta all’ingestione ripetuta di Paxillus involutus e Paxillus rubicundulus: contengono tossine non note che provocano una reazione immuno-allergica, forse l’involutina ha una parte rilevante

Paxillus involutus Questo fungo ha il cappello di 5–12 cm o più di diametro, da prima convesso, poi spianato e leggermente imbutiforme, con margine fortemente involuto. Quando c’è umidità diventa vischioso e al tatto si macchia facilmente; ha una colorazione che va dall’olivastro o ocraceo, al ruggine e al nocciola o tabacco, dovuta all’abitat

di crescita e alla maturazione. Ha lamelle fitte, ondulate, decorrenti sul gambo; color ocra chiaro, poi brunastre al tocco. Il gambo è cilindrico, quasi sempre curvo, pieno, concolore al cappello, diventa color castano al tocco e con l'età. Cresce, da giugno a novembre, nei boschi di latifoglie e conifere, nelle zone umide e tra l’erba. Questo fungo provoca la Sindrome Paxillica, di tipo immunitario, che colpisce dopo l’ingestione ripetuta di Paxillus rubicundulus o di Paxillus involutus. Il tempo di latenza è variabile e difficilmente si verifica alla prima ingestione, i disturbi gastrointestinali possono anche essere sfumati, ma la caratteristica della sindrome è la comparsa di anemia. A scatenarla è un antigene poco conosciuto, presente nel fungo, che provoca la formazione di specifici anticorpi, contro i globuli rossi. Se consumato di nuovo, specie dopo un tempo ravvicinato, si può scatenare in brevissimo tempo una grave reazione immuno-emolitica con conseguente distruzione dei globuli rossi (emolisi). L’emolisi, può essere così grave da richiedere trasfusioni di sangue, oltre alla terapia sintomatica; i prodotti della distruzione dei globuli rossi, causano danni al fegato e al rene.

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SINDROME NEFROTOSSICAdovuta all’ingestione di Amanita proxima: contiene norleucina, che, con un meccanismo d’azione non noto, determina insufficienza renale transitoria. (vedi Box funghi)

Amanita proxima Deve il suo nome al fatto che la specie è “prossima”, cioè simile all’Amanita ovoidea (Bull; Fr.). Per lungo tempo è passata quasi inosservata e spesso ritenuta da numerosi micologi come unica entità o, al limite, elevata a varietà di Amanita ovoidea (A. ovoidea var. proxima).

L'Amanita proxima è un fungo simbionte che cresce nella macchia mediterranea con latifoglie e conifere, su terreno sabbioso e calcareo. In Italia è diffuso in regioni come la Toscana, la Sardegna e la Puglia, condivide l’habitat, con l’Amanita ovoidea. Ha cappello da 7 a 15 cm, emisferico con cuticola bianca le lamelle sono fitte, bianche e finemente seghettate; il gambo è cilindrico, sottile e slanciato.

La carne è bianca, come le spore in massa e la volva è ocracea. Le caratteristiche fondamentali che consentono una facile differenziazione dell’Amanita proxima sono la volva ocracea e l'anello evidente e duraturo che ricade a gonnella sul gambo. L'ingestione di Amanita proxima può essere causa di insufficienza renale acuta e determina la Sindrome norleucinica o nefrotossica, descritta per la prima volta nel 1994 in Francia, in cinque pazienti che avevano ingerito questo fungo. Anche in Italia ci sono stati recentemente, casi d’intossicazione con seri problemi renali che hanno richiesto trattamento con dialisi.

Amanita proxima

Amanita ovoidea

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Non è ancora ben chiaro il meccanismo d’azione della tossina, che, a differenza dell’orellanina presente nel Cortinarius orellanus, determina un danno renale transitorio, accompagnato da alterazioni a carico di altri organi.

Possibili confusioni La scarsa conoscenza, spesso determina confusione tra specie di funghi commestibili e i loro sosia velenosi. Possono trarci in inganno un Boletus satanas, sosia del Porcino o un’Amanita muscaria sosia di Amanita caesarea, o un Cortinariusorellanus sosia del chiodino, per non parlare di Cantharellus cibarius, sosia del fungo dell’ulivo (Omphalotus olearius). Tra le diverse specie di funghi esistono caratteristiche comuni: il colore, il portamento, la presenza di un anello e altro ancora, questi elementi li ritroviamo simili in tantissime specie, ma difficilmente sono sosia perfetti. L’osservazione frettolosa e parziale, di questi caratteri distintivi dei funghi, da parte di improvvisati raccoglitori, può creare grossi problemi. Per evitare sviste pericolose per la salute, il raccoglitore dovrebbe avere un minimo di conoscenza e formazione micologica. Soprattutto è bene non fidarsi troppo delle proprie conoscenze, ma far riferimento ad un vero esperto, il Micologo, che certamente ne sa molto di più di chi va a funghi per sola passione. L’esperto verificherà non solo la tossicità del raccolto ma anche la commestibilità, infatti va verificato lo stato di maturazione, la presenza di parassiti e per alcune specie è importantissimo anche il tipo di cottura. Il servizio è gratuito ed è fornito dalle ASL di zona!

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ATTENTI AI SOSIA

TOSSICI / MORTALI COMMESTIBILI

Agaricus xanthoderma e specie simili (tossico)Amanita verna (mortale) Amanita phalloides f.ma alba (mortale) Amanita virosa (mortale)

PRATAIOLI: Agaricus arvensis e specie simili commestibili

Amanita muscaria var. aureola (tossico) OVOLO:Amanita caesarea

Amanita pantherina (tossico) MAZZA DI TAMBURO: Macrolepiota procera

Omphalotus olearius (tossico) FINFERLO GALLINACCIO: Cantharellus cibarius

Boletus satanas (tossico) e altri Boletus a pori rossi

PORCINI: Boleti del gruppo edulis(Boletus aestivalis, aereus, edulis, pinophilus)

Inocybe (specie), Clitocybe bianche (tossico)Lepiota helveola e altre (mortale)

GAMBESECCHE: Marasmius oreades

Lactarius torminosus e altri a lattice bianco (specie tossiche e non commestibili)

SANGUINELLI: Lactarius gruppo deliciosus (lattice rosso)

Hypholoma fasciculare (tosico) Cortinarius orellanus (mortale)

CHIODINI: Armillaria mellea

Entoloma sinuatum (tossico) Lepista panaeola e alcuni Tricholomi e Clitocybenebularis (tossico se non ben cotto!)

Giromitra esculenta (tossico) Morchella o Spugnole (tutte commestibili, ma sempre dopo prolungata cottura)

Amanita proxima Amanita ovoidea

Tab. 2 specie di funghi tossici scambiati per specie commestibili

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POSSIBILI SOSIA

Amanita pantherina Macrolepiota procera

Amanita verna

Amanita muscaria f.ma aureola Amanita caesarea

Agaricus arvensis

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Marasmius oreades

Cantarellus cibarius Omphalotus olearius

Entoloma sinuatum Lepista panaeola

Lepiota josserandii

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Boletus pinophilus

Morchella

Amanita proxima Amanita ovoidea

Boletus satanas

Gyromitra esculenta

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Quanto riportato sin qui non può certo essere sufficiente per portare il raccoglitore alla piena conoscenza delle specie dei funghi commestibili e di quelle più pericolose. Anzi si vuole in tutti modi far percepire e rendere conto di quali sono i rischi che si possono correre a ingerire funghi poco conosciuti e senza avere certezze sulle specie e quali siano le conseguenze sulla salute. Per non incorrere in errori è sufficiente, dopo la raccolta di funghi, rivolgersi alla propria ASL di zona, troverete un Micologo professionista che certificherà la commestibilità del raccolto e, per alcuni funghi (es. chiodini), consiglierà il modo più corretto di cucinarli: il servizio è gratuito. Per approfondire e conoscere meglio il mondo dei funghi, i gruppi micologici vi aiuteranno a capire e memorizzare le caratteristiche che differenziano le diverse specie fungine.

CONSIGLI PER I RACCOGLITORI

- Solo poche specie di funghi sono commestibili: la loro raccolta indiscriminata, oltre che pericolosa se ingerita senza controllo micologico, provoca un danno all’ecosistema!

- I funghi vanno raccolti interi e non in stato d’alterazione. - I funghi raccolti si trasportano in contenitori rigidi e aerati (ad es.

cestini di vimini), che consentono l’ulteriore disseminazione delle spore. Si eviteranno, così fenomeni di compressione, di fermentazione e di decomposizione che potrebbero provocare gravi intossicazioni.

- Non raccogliere i funghi in aree sospette d’inquinamento (come per es.: discariche, lungo arterie stradali ecc.).

- Non fidarsi di presunti “esperti”, ma far controllare tutti i funghi raccolti solo dagli Ispettori Micologi delle ASL di zona.

- Il servizio è gratuito!

Non si ripeterà mai abbastanza, bisogna fare molta attenzione nel consumare funghi non controllati

perché: DI FUNGHI SI PUO’ MORIRE!

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CONSIGLI PER IL CONSUMO - Non esistono metodi empirici (quali le prove con l’aglio, monete d’argento ecc.) per verificare se un fungo sia commestibile o velenoso. - La cottura, l’essicazione o altri sistemi non rendono meno tossici i funghi mortali (Amanita phalloides e altri). - Tutti i funghi vanno mangiati ben cotti, da crudi sono scarsamente digeribili, se non addirittura velenosi: il comune “chiodino” Armillaria mellea, per esempio, è tossico se, prima di essere consumato, non è prebollito per almeno 15-20 minuti. L’acqua di questa bollitura deve poi essere eliminata prima della preparazione definitiva. - Per una condizione di vulnerabilità, è meglio che non mangino funghi: bambini, donne in stato di gravidanza, persone che presentano intolleranza a particolari farmaci o persone affette da particolari patologie. - Consumatene pochi, i funghi non vanno considerati un pasto ma un semplice ingrediente dal sapore unico.

CONSIGLI PER CHI ACQUISTA I FUNGHI FRESCHI SPONTANEI PRESSO ESERCIZI DI VENDITA

Prima dell’acquisto, verificare sempre che la cassetta o l’involucro contenente i funghi siano muniti di un’etichetta attestante l’avvenuto controllo micologico da parte degli Ispettorati Micologici delle ASL. Nel caso non sia presente il cartellino di controllo, si consiglia di non acquistare il prodotto e di segnalare il fatto agli organi preposti al controllo degli alimenti (Ispettori sanitari, Tecnici della Prevenzione delle ASL, N.A.S. , ecc)

Per saperne di più· Centro Antiveleni di Milano tel. 02/66101029 (www.centroantiveleni.org)· Ministero della Salute: funghi (www.salute.gov.it) · Ispettorati Micologici: (www.salute.gov.it) - · Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (S.I.A.N.) delle ASL · SIAN Milano: 02/85789768 - 02/85789764 . www.appuntidimicologia.com

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TOSSINE ANIMALI

TOSSINE DA BIODECOMPOSIZIONE:SINDROME SGOMBROIDE

Il consumo di prodotti ittici, non correttamente trattati, può essere causa di manifestazioni cliniche anche gravi. Alle nostre latitudini, i casi di intossicazione più rilevanti dal punto di vista statistico, sono determinati dal consumo di tonno (per lo più sott’olio). Anche sgombri, sarde e acciughe possono scatenare la Sindrome sgombroide. Al Centro Antiveleni di Milano, sono stati segnalati, ogni anno,

una cinquantina di casi, con più commensali coinvolti, ma la maggior parte delle intossicazioni sfugge alla rilevazione del Centro. Questa sindrome è caratterizzata da un accentuato rossore al volto (come per le allergie), che compare dopo circa 10-30 minuti dall’ingestione di pesce contaminato da sostanze di degradazione, sviluppatesi per una cattiva refrigerazione e conservazione al momento della pesca. Si tratta di un’intossicazione (ittiosarcotossicosi) dovuta all’istidina, contenuta in notevoli quantità nella muscolatura di questi pesci, che viene trasformata in istamina e saurina dall’enzima istidina-decarbossilasi.

Questo enzima è prodotto dalla microflora batterica di superficie (Echerichia Coli, Proteus Morganii, Salmonelle, Shigella dysenteriae, Clostridium perfrigens), quando il pesce non è prontamente pulito e conservato ad una temperatura

ottimale.

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Infatti, la trasformazione (decarbossilazione) dell’istidina avviene a una temperatura di 20-30 gradi centigradi. Nell’intossicazione sono coinvolte anche la sgombrotossina e la saurina che facilitano l’assorbimento dell’istamina, oltre alla putresceina e alla cadaverina. Per impedire questo processo di accumulo dell’istamina è consigliata la rapida pulitura e l’immagazzinamento a basse temperature (catena del freddo) del pescato.

Nei periodi caldi, anche il pesce acquistato al mercato ittico e trasportato per lunghi tragitti, senza sacchetto termico, può accumulare una quantità d’istamina sufficiente a scatenare l’intossicazione. Dal punto di vista organolettico il pesce contaminato può presentarsi normale o avere un sapore lievemente pepato o piccante; rimane tossico anche dopo la cottura, perché l’istamina non è distrutta dal calore (termostabile). L’istamina, per se stessa, non è tossica, ma è la sua concentrazione a essere pericolosa: di norma il pesce fresco contiene 1mg d’istamina per ogni 100 gr di carne e diviene tossica quando supera i 100 mg per 100 gr di pesce. Tuttavia, anche valori maggiori di 20 mg/100 gr possono scatenare la reazione istamino-simile in soggetti predisposti.

I sintomi compaiono in un tempo variabile da pochi minuti a 1-2 ore dall’ingestione del pesce contaminato, con rossore cutaneo, prurito, mal di testa, difficoltà alla deglutizione, nausea, vomito e diarrea; raramente, possono comparire difficoltà respiratorie (broncospasmo) e ipotensione. La diagnosi si basa sul quadro clinico e sul dato anamnestico di consumo di pesce. I disturbi di questa sindrome sono molto simili alla crisi allergica, con cui spesso è confusa (diagnosi

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differenziale). La presenza di vomito entro la prima ora rende teoricamente inutile la decontaminazione con lavanda gastrica, mentre viene consigliato l’uso del carbone vegetale attivato ed eventuale catartico. Di solito, se la quantità ingerita è modesta, dopo circa 6 ore dall’ingestione il malessere passa senza terapia, il più delle volte però, è necessaria la somministrazione di antistatici, cortisonici e farmaci sintomatici. Per prevenire questo tipo d’intossicazione, spesso collettiva, per il consumo di tonno inscatolato in confezioni da chilo, è necessario mantenere una corretta catena del freddo, dal momento della pesca fino al consumatore. BIOTOSSINE DA ALGHE MARINE:

Alcune alghe unicellulari presenti nel plancton, (Dinoflagellati, diatomee), producono delle biotossine che, tramite il consumo di molluschi o di pesci contaminati, possono entrare nella catena alimentare umana. La proliferazione di queste alghe produttrici di tossine (presenti anche nei nostri mari), determinata da eventi

naturali o dall’inquinamento, è responsabile delle così dette “mareerosse”, anche se, quest’ultime, non sempre sono pericolose. La presenza delle maree rosse determina un aumento delle intossicazioni da biotossine algali, eccetto la ciguatera che ha bisogno di tempi più lunghi per entrare nella catena alimentare.

Queste tossine si concentrano nell’apparato digestivo dei molluschi bivalve, senza danneggiarli, a causa del fenomeno di accumulo, dovuto alla filtrazione di notevoli quantità di acqua, che è alla base della loro alimentazione. Possono passare all’uomo attraverso

il consumo di molluschi contaminati, di pesci erbivori che si nutrono di fitoplancton tossico e attraverso l’ingestione di pesci carnivori, contaminati dall’ingestione di quelli erbivori .

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Sono tossine sia solubili in acqua (idrosolubili), sia solubili nei grassi (liposolubili): quelle idrosolubili possono provocare paralisi, amnesia o morte, come per esempio la Tetradotossina presente nel Pesce palla. Quelle liposolubili provocano la sindrome diarroica, alterazioni neurologiche e l’intossicazione da Ciguatera. Le biotossine algali sono resistenti al calore (termostabili), ma anche al congelamento, per cui la sicurezza nel consumo di prodotti ittici è data dal controllo preposto dalle autorità sanitarie. - TOSSINE NEI MOLLUSCHI Il consumo da parte dell’uomo dei molluschi inquinati, soprattutto Mytilus edulis (cozza), ma anche pettini, vongole e capesante, possono determinare gravi quadri tossici come:

- Sindrome diarroica (D iarrhetic Shellfish Poisoning) - Sindrome paralitica (Paralytic Shellfish Poisoning) - Sindrome neurotossica (Neurotoxic Shellfish Poisoning) - Sindrome amnesica (Amnesic Shellfish Poisoning).

Di queste sindromi, quelle che si possono sviluppare alle nostre latitudini, sono la diarroica e la paralitica. - Il primo episodio di Sindrome diarroica (DSP), è stato rilevato in Italia nel Giugno del 1989, il successivo nel 2010, con circa 300 intossicati (Piemonte e Valle d’Aosta).

- Tossine dei molluschi (PSP, DSP, NSP, ASP) - Tetrodossina (Pesce palla) - Ciguatera

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Pesce palla

L’ingestione di mitili, contaminati da tossine prodotte da dinoflagellati marini, appartenenti ai generi Dinophysis e Prorocentrum, provoca disturbi gastro-intestinali (diarrea, nausea, vomito e dolori addominali). I sintomi compaiono con una latenza da 1 a circa 7 ore dall’ingestione e possono durare da 2 a 3 giorni, senza grosse complicazioni. - La Sindrome Paralitica è data dalla saxitossina, una tossina che agisce sulle cellule nervose e muscolari: quasi subito dopo l’ingestione di molluschi contaminati, compaiono formicolii e bruciore alle labbra, senso di pesantezza e stanchezza agli arti e, nei casi più gravi, paralisi respiratoria e morte. Per quanto riguarda questa sindrome neurologica da molluschi, nel nostro paese si sono verificate fioriture di alghe tossiche, con produzione di saxitossina, lungo la costa adriatica dell'Emilia-Romagna (maggio 1994) e in alcune aree marine della Sardegna (maggio 2002 e aprile 2003 e 2006). I controlli sanitari effettuati hanno determinato il tempestivo divieto di pesca e di commercializzazione di mitili, impedendo di fatto la contaminazione umana. - TETRODOTOSSINA (Pesce palla)

Questa potente tossina è presente nel pesce palla, ma anche in alcune rane e salamandre dell’America centrale.

Ne sono intrisi il fegato, le gonadi, gli intestini, ma sono contaminate, se pur in quantità inferiori, anche la pelle e la carne del pesce; la concentrazione è maggiore nel momento della deposizione delle uova.

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Fugu Sashimi

Il pesce palla, in Giappone, è utilizzato per la preparazione del FuguSashimi, un piatto tradizionale in cui il pesce è affettato sottilmente, con un particolare coltello e decorato in modo da sembrare un crisantemo.

La non corretta preparazione di questo piatto, può causare gravissime intossicazioni, che possono portare al decesso. Infatti, per questo motivo, è necessario che il procedimento di estrazione del veleno sia fatto da personale con elevata specializzazione. Molto probabilmente questa tossina è prodotta nei pesci da alcuni batteri (Vibrio sp.,

Pseudomonas sp., Photobacterium fosforeum) o da alghe; è inodore, insapore, resistente al calore e al congelamento. Agisce bloccando la trasmissione nervosa nei muscoli, attraverso il blocco dei canali del sodio. I sintomi insorgono molto precocemente e la progressione può essere molto rapida, come nel caso dell'avvelenamento paralitico da molluschi. I tempi di comparsa dipendono dalla quantità, qualità e dalla provenienza del pesce; la quantità potenzialmente letale è molto piccola, infatti è sufficiente l’ingestione di soli 2-3 mg. Dopo circa 30 minuti o 1 ora dall’ingestione compaiono formicolii (parestesie) alle labbra, alla lingua e alla gola, in seguito alle mani e ai piedi con, a volte, vomito, salivazione abbondante e sudorazione. Compaiono contratture muscolari, vertigini, senso di oppressione e costrizione alla gola, convulsioni, riduzione della frequenza cardiaca (bradicardia) e della pressione con arresto cardiaco. La paralisi ha carattere discendente e nei casi letali si arriva all'arresto respiratorio entro 6-24 ore. Le vittime possono apparire in stato comatoso e con le pupille dilatate, sono cioè in uno stato di morte apparente, ma, in realtà, restano completamente coscienti fino a che riescono a respirare. Per questa intossicazione non esistono antidoti e la terapia, da applicare tempestivamente, è di supporto delle funzioni vitali con assistenza respiratoria, controllo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, oltre alla terapia sintomatica.

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- CIGUATERA L’intossicazione da Ciguatera deve il suo nome ai conquistatori spagnoli del XVI secolo che chiamarono “ciguatera” l’avvelenamento causato dall’ingestione di molluschi (gasteropodi marini), chiamati “cigua” dagli indigeni caraibici. L’intossicazione è determinata dall’ingestione di pesci delle barriere coralline contaminati da una serie di tossine, tra cui la ciguatossina. E’ largamente diffusa ai Caraibi, Atlantico tropicale e Golfo del Messico, Sud Pacifico e Indiano, ma a causa del commercio internazionale e dei viaggi, sono stati segnalati casi anche in zone lontane da queste regioni, dovuti all’ingestione di pesce tossico importato o consumato durante il viaggio. Anche in Italia ci sono stati diversi casi di intossicazione, con i caratteristici sintomi, dovuti all’ingestione di pesce contaminato, durante i viaggi in questi paradisi. Negli scorsi anni sono stati segnalati al Cav di Milano, due gruppi composti da una cinquantina di persone, tra turisti e personale di una compagnia aerea, con seri disturbi neurologici dovuti al consumo di pesce tossico, a Santo Domingo.

Pesca caraibica Barracuda

L’intossicazione è probabilmente dovuta a una o più tossine (lipidiche, di basso peso molecolare, acido e termostabili) che sono prodotte da alghe unicellulari e dinoflagellati associati al rife corallino, come il Gambierdiscus toxicus, l’Amphidinium carteri, il Coolia monotis, il Procentrum lima e altri.

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Questi dinoflagellati vivono nei coralli morti e vi proliferano con alghe, funghi e batteri. Fattori ambientali quali il pH, la temperatura e la salinità dell’acqua sono molto importanti per la proliferazione dei dinoflagellati e ne condizionano la tossicità, infatti, le ciguatossine del Pacifico sono 10 volte più tossiche di quelle dell’Atlantico e dei Caraibi. Sono coinvolte circa 400 specie di pesci, la stessa specie può essere tossica solo in alcune zone e, nella stessa zona, solo per alcuni periodi dell’anno, quelli più caldi.

Normalmente i pesci che trasmettono la ciguatera sono quelli predatori (barracuda, pesce-chirurgo, delfino, tonno, ecc.) contaminati per l’ingestione casuale di pesci erbivori che si sono nutriti di plancton tossico (dinoflagellati). La tossina passa lungo la catena alimentare e si accumula nel cervello, nei visceri, nelle uova e nella carne del pesce predatore. I pesci più grossi e vecchi, probabilmente per un fenomeno d’accumulo, sono più tossici, tanto che nelle aree nelle quali

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l’intossicazione è endemica, si sconsiglia o si vieta il consumo di pesce con peso superiore ai 2 Kg. E’ vivamente sconsigliato il consumo di frattaglie, perché ricche di tossina.

Catena alimentare marina La presenza di queste tossine, nel pesce predatore contaminato, non si può identificare perché non determina alcuna alterazione evidente, di colore, sapore o odore del pesce stesso. Le ciguatossine sono resistenti alla cottura (termostabili), alla salamoia e al congelamento. L’ingestione di pesce contaminato, nel 70-90% dei casi, dopo circa 1-6 ore, determina diarrea e vomito che, di solito, scompaiono entro tre giorni. Sono inoltre presenti dolori addominali, sapore metallico e di acqua frizzante in bocca. Queste tossine agiscono sull’uomo alterando direttamene le membrane delle fibre nervose, il che spiega i disturbi neurologici caratteristici, che sono i più fastidiosi e protratti: consistono in sensazione sgradevole di pizzicore (parestesie), che più spesso si manifesta al palmo delle mani e alla pianta dei piedi, alla cavità orale e in faringe. Sono presenti anche prurito e sensazione di bruciore sulla pelle; questi disturbi della sensibilità (disestesie) possono essere così dolorosi da rendere fastidioso anche il contatto con l’acqua o il vento.

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A distanza di 2-5 giorni compare il fenomeno dell’inversione della temperatura, cioè si percepisce come caldo un oggetto freddo e viceversa. Sono presenti anche ipotensione, bradicardia, vertigini, difficoltà respiratorie, dolori alle articolazioni e muscolari che limitano i movimenti, il tutto accompagnato da problemi ad addormentarsi. Maggiore è la quantità di pesce ingerito, più gravi sono i sintomi, che di solito durano per diverse settimane, ma, nei casi più gravi, possono persistere per mesi. La ciguatossina è pericolosa in gravidanza perché passa la barriera placentare inducendo alterazioni a carico del feto. Non esistono antidoti e la terapia è solo sintomatica, si guarisce, ma dopo molto tempo. I Controlli sanitari e la prevenzione:

Nei paesi industrializzati, sono effettuati controlli accurati delle fioriture algali, sia nelle zone marine, sia negli allevamenti di mitili, in questo modo si riduce moltissimo il rischio per la salute dovuto all’eventuale consumo di prodotti ittici contaminati. Specifiche normative nazionali (DL.vo 30 dicembre 1992 n. 530

recepisce la Direttiva Comunitaria 91/492/CEE del 15 luglio 1991) consentono il monitoraggio del fitoplancton per la produzione e la commercializzazione dei molluschi bivalve, con particolare attenzione per la produzione di biotossine responsabili delle sindromi diarroica e paralitica. I controlli sulle acque, sui molluschi in essa allevati e gli ulteriori accertamenti eseguiti in tutte le fasi dalla produzione alla vendita, sono certificati dall’etichettatura e garantiscono la massima sicurezza nel consumo dei mitili.

PER SAPERNE DI PIU’

Organizzazone Mondiale della Sanità: http://www.who.int/fsf/fish/index.html

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TOSSINE NATURALI

Botulino Il botulismo è causato dalla contaminazione di alimenti con microrganismi produttori di tossine botuliniche, il Clostridium botulinum. Esistono 8 diversi sierotipi tutti potenzialmente tossici, ma solo i tipi A, B, E, F (peraltro in Italia molto raro) sono responsabili di problemi nell’uomo. Recentemente è stato segnalato un tipo H e in letteratura è riportata

l’esistenza anche di ceppi di Cl. butyricum e di Cl. baratii, in grado di produrre tossine simil botuliniche. Il Clostridium botulinum si sviluppa a circa 30-37°C, difficilmente a temperature inferiori ai 10°C e richiede assenza di ossigeno (è anaerobio). Gli ambienti acidi, con pH inferiore a 4.5, valori di acqua libera (aw) nell’alimento inferiori a 0,935, la presenza di sale (NaCl) in concentrazione dell’8% e di nitriti, impediscono alla spora di produrre la tossina. Se le condizioni microambientali non sono favorevoli, la spora può sopravvivere per lungo tempo, quando diventano favorevoli si ha lo sviluppo della forma vegetativa e la produzione della tossina. Nell’uomo si distinguono 6 forme di botulismo:

- Botulismo alimentare, determinato dall’ingestione di tossina preformata nell’alimento;

- Botulismo infantile, determinato dall’ingestione nel neonato di spore di clostridi in grado di produrre le tossine botuliniche in ambiente intestinale;

- Botulismo da ferita, determinato da contaminazione con spore presenti nell’ambiente;

- Botulismo iatrogeno, conseguente a un erroneo utilizzo di tossine botuliniche, a scopo terapeutico o cosmetico (CDC 1998).

- Botulismo intestinale nell’adulto, simile alla forma infantile e può verificarsi in particolari situazioni di dismicrobismo;

- Botulismo da bioterrorismo

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Il più frequente è il botulismo alimentare, che di solito, è dato dall’ingestione di conserve domestiche non acide, in cui il microrganismo ha sviluppato la forma vegetativa e ha prodotto la tossina. La tossina botulinica (non la spora!) è inattivata dal calore (termolabile) a 80°C per 10 minuti, oppure a

100°C per pochi minuti. La tossina, quando ingerita, è assorbita a livello intestinale e giunta nel circolo sanguigno si fissa in maniera indissolubile a livello di recettori presenti nelle terminazioni neuromuscolari, determinando una paralisi flaccida della muscolatura interessata. Dopo i primi sintomi, nausea, vomito e diarrea, che di solito compaiono dopo 24-36 ore dall’ingestione dell’alimento contaminato, si sviluppa una paralisi definita discendente, perché di solito interessa inizialmente i nervi cranici con disturbi della vista, difficoltà di parola, vertigini, secchezza della bocca. In seguito, la paralisi flaccida, può scendere e interessare i muscoli respiratori e, di conseguenza, può essere necessario supportare la respirazione con una ventilazione assistita. La terapia prevede la neutralizzazione della tossina in circolo, non ancora fissata alle terminazioni neuromuscolari, attraverso la somministrazione di antitossina specifica trivalente (anti ABE) o polivalente. Devono essere tenute costantemente sotto controllo le funzioni respiratorie. La guarigione, solitamente lenta, è funzione del quantitativo di tossina già fissato (la dose potenzialmente letale è molto bassa). Gli alimenti maggiormente coinvolti nella casistica del botulismo alimentare in Italia e più in generale nell’area mediterranea, sono per lo più conserve casalinghe, soprattutto di vegetali sott’olio (Daminelli P., et al 2011), ma anche di pesce, caratterizzate da scarsa acidità. Non bisogna trascurare nemmeno particolari preparazioni a base di carne conservata, tipiche dell’est Europa che, a causa anche dei flussi migratori delle popolazioni, hanno trovato una certa diffusione anche in Italia.

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Le produzioni industriali, proprio per prevenire tale rischio, sono in genere caratterizzate da valori di pH bassi (inferiori a 4.5), questa acidificazione non sempre si verifica nelle produzioni casalinghe. Sugli alimenti è possibile eseguire la ricerca diretta delle tossine botuliniche, oppure la ricerca dei clostridi produttori di tossine. Oltre che sugli alimenti, le due tipologie di analisi possono essere eseguite su campioni biologici (siero di sangue, feci, tamponi rettali, lavaggi intestinali, ecc.). Dal 2012 sono disponibili dei metodi di riferimento predisposti e validati dal Centro di referenza nazionale per il botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità. Tali metodi prevedono rispettivamente la ricerca diretta di tossina botulinica (risposta in 3 giorni) e la ricerca di clostridi produttori di tossine botuliniche mediante metodo colturale e mouse test (per l’esito negativo possono essere necessari fino a 12 giorni di arricchimento più eventuali 3 giorni di prova biologica) e la ricerca di clostridi produttori di tossine botuliniche con metodo genetico molecolare (Multiplex Real Time PCR). Quest’ultimo metodo permette di eseguire diagnosi senza avvalersi della prova biologica consentendo, nei campioni negativi, di evitare un inutile sacrificio di animali da laboratorio, nel rispetto delle recenti normative comunitarie che regolano l’utilizzo di animali a scopo diagnostico e di sperimentazione (DLGs 26/2014). Inoltre, consente di ottenere un risultato in tempi sicuramente più rapidi: in alcuni casi si può avere esito di positività già dopo 24 ore e comunque dopo 4 giorni, anche in caso di campioni negativi.

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PREPARAZIONI DOMESTICHE: Si sottolinea la necessità di porre la massima attenzione a ogni conserva alimentare preparata in casa, perché non si possono avere garanzie totali sulla non produzione di tossina. La spora del botulino può essere presente anche nel terreno e quindi contaminare verdure e ortaggi in genere, ma se ingerita non provoca disturbi e viene eliminata con le feci. Invece, diventa pericolosa quando dalla forma di spora passa a quella vegetativa, con la produzione della tossina, potenzialmente letale, ciò avviene nelle conserve sott’olio (per assenza di ossigeno) non adeguatamente acidificate con aceto.

Il botulino, in genere, non riesce a svilupparsi in tutte le conserve naturalmente acide o acidificabili, come per esempio nella salsa di pomodoro, nelle marmellate, come pure nelle varie confetture e nei sott’aceto. Questo è possibile per l’acidità intrinseca della frutta, ma più di tutto per la concentrazione elevata

di zucchero, naturalmente presente e aggiunto. Anche gli alimenti in salamoia sono in genere sicuri per l’elevata concentrazione di sale in cui sono conservati. Il processo di produzione applicato a livello industriale, combinando elevate temperature di trattamento termico e l’acidificazione delle conserve, fa si che la probabilità d’intossicazioni da botulino sia molto bassa sui prodotti industriali. Non è vero che basta bollire l’alimento per distruggere le spore e impedire la produzione della tossina, in realtà bisognerebbe bollire, far raffreddare e ribollire, ripetendo eventualmente il ciclo più volte, con evidente alterazione delle caratteristiche organolettiche delle conserve.

- Per gli alimenti in salamoia, bisogna usare una soluzione con almeno il 10% di NaCl (sale da cucina), di solito bastano 100 gr di sale per litro di acqua.

Per eliminare l’eccesso di sale dagli alimenti, si può procedere al lavaggio degli stessi prima del consumo.

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- I sott’aceti devono essere

preparati facendo bollire le verdure con una soluzione fatta al 50% da acqua e 50% da aceto di vino preferibilmente quelli di vino bianco perché, solitamente, hanno un livello di acidità pari o superiore al 6%.

Una volta raffreddati e asciugati vanno messi in un vasetto pulito e completamente coperti d’olio.

- Le marmellate, come anche le confetture, devono essere preparate “come ci hanno insegnato le nostre nonne”: la quantità di zucchero deve essere uguale al peso della frutta da conservare.

- Discorso a parte merita il pesto, sarebbe più sicuro consumarlo

fresco, appena fatto, oppure conservato in vasetti di piccole dimensioni messi in congelatore.

PRECAUZIONI

Le precauzioni da adottare per prevenire le forme di botulismo alimentare consistono nell’accurata pulizia delle materie prime e nell’assicurarsi che esse siano sempre fresche, nell’acidificazione e/o salatura della conserva e nell’applicazione, ove possibile, di temperature di 121°C per almeno 3 minuti.

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Per saperne di più

I.Z.S. della Lombardia e dell’Emilia Romagna: Presso la sede di Brescia è attivo un servizio di reperibilità 24 ore su 24 per la diagnosi di botulismo nell’uomo e per la ricerca di Clostridium botulinum e relative tossine negli alimenti. Tel. 030/22901 – www.izsler.it

Istituto Superiore di Sanità tel. 06/49901

Centro Antiveleni di Milano 02/66101029 www.centroantiveleni.org

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SICUREZZA ALIMENTARE La qualità globale di un alimento è data dalla combinazione inscindibile di vari aspetti:

- La Sicurezza alimentare, che è il controllo dei rischi correlati ad un alimento, al fine di perseguire un elevato livello di tutela della salute umana,

- La Sicurezza nutrizionale, cioè l’apporto di nutrienti coerenti con lo stato fisiologico di ciascun individuo,

- La Qualità organolettica che rappresenta la capacità di un alimento di soddisfare le aspettative di sapore, profumo, colore ed aspetto dei consumatori.

“La politica europea degli alimenti deve essere fondata su standard elevati di sicurezza alimentare onde tutelare e promuovere la salute dei consumatori. La produzione e il consumo di alimenti è un fatto centrale di ogni società e ha ripercussioni economiche, sociali e, in molti casi, ambientali” (da “Libro Bianco sulla sicurezza alimentare”, gennaio 2000). Questa strategia di intervento è resa celebre dallo slogan:

Sicurezza dai campi alla tavola.

Le prime valutazioni sul tema risalgono all’anno 1997 con il “Libro verde della Commissione sui principi generali della legislazione in materia alimentare dell’Unione Europea” e discendono dalle crisi che hanno profondamente scosso il mercato agroalimentare negli anni ’90, prime tra tutte la crisi del morbo della mucca pazza o

Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) e della diossina. Tali documenti hanno ispirato l’impianto normativo che, a partire dal Regolamento (CE) n. 178/2002 ("General Food Law") fino all’entrata in vigore dei restanti regolamenti del "Pacchetto Igiene" il 1° gennaio 2006, ha cambiato definitivamente le regole sull'igiene e il controllo ufficiale degli alimenti.

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Con il pacchetto igiene tutti gli Stati Membri hanno adottato gli stessi criteri riguardo l’igiene della produzione degli alimenti e quindi, i controlli di natura sanitaria sono effettuati secondo i medesimi standard, su tutto il territorio dell’Unione Europea. Uniformando le norme sanitarie, si rende possibile la libera circolazione di alimenti sicuri, contribuendo in maniera significativa al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici. Queste le linee ispiratrici: - la politica della sicurezza alimentare deve basarsi su un approccio completo e integrato; - i produttori di mangimi, gli agricoltori e gli operatori dell'alimentare hanno la responsabilità primaria per quanto concerne la sicurezza degli alimenti; - una politica alimentare efficace richiede la rintracciabilità dei percorsi dei mangimi e degli alimenti, nonché dei loro ingredienti; - l'analisi del rischio, scorporata nelle sue componenti di valutazione, gestione e comunicazione del rischio, deve costituire il fondamento su cui si basa la politica di sicurezza degli alimenti. Con la General Food Law si istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), organismo deputato alla valutazione del rischio, mentre la gestione del rischio e la responsabilità dei controlli ufficiali resta nelle mani delle autorità competenti, ovvero in Italia il

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Ministero della salute, le Regioni e province autonome e le Aziende sanitarie locali, come stabilito dal Decreto Legislativo 193 del 2007. Si applica il principio di precauzione nelle decisioni di gestione del rischio. Nel processo decisionale, all'interno dell'UE, si può tenere conto di altri fattori legittimamente pertinenti: considerazioni ambientali, benessere degli animali, agricoltura sostenibile, aspettative dei consumatori per la qualità dei prodotti, adeguata informazione e definizione delle caratteristiche essenziali dei prodotti, nonché dei loro metodi di lavorazione e produzione. A supporto dell’applicazione della “nuova” legislazione è stato istituito un sistema di laboratori di riferimento europei per fornire un sostegno analitico specializzato alla Commissione e ai laboratori negli Stati membri. Gli EURL si fanno promotori dello sviluppo di sistemi di diagnosi e assistono i laboratori, negli Stati membri, nell'applicazione di tali metodi.

(Decreto 8 aprile 2015: Individuazione uffici dirigenziali di livello non generale)

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Nell’ambito dei controlli ufficiali, al Ministero della Salute sono affidate prevalentemente le funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento. - Il Ministero opera sia a livello centrale, sia a livello territoriale con i gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) e gli Uffici Veterinari Periferici, che comprendono i Posti di Ispezione Frontaliera (PIF) e gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti Comunitari (UVAC). - Il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute opera, attraverso i Nuclei Antisofisticazione e Sanità (NAS), con competenza su tutto il territorio nazionale e con strutture articolate anche a livello periferico, soprattutto nell'ambito della repressione e della prevenzione. - I laboratori che effettuano le analisi del controllo ufficiale sono i laboratori pubblici: cioè i Laboratori di Sanità pubblica (Ex P.M.P), A.R.P.A e Istituti Zooprofilattici Sperimentali (I.Z.S.), questi ultimi, dal 2008 effettuano anche analisi su matrici di origini vegetale. Ad integrazione dei controlli ufficiali disposti dalle norme in vigore, le imprese del settore alimentare sono tenute ad attuare, programmi di autocontrollo secondo i principi dell'HACCP (Hazard Analysis Critical Control Points). Questi autocontrolli sono rivolti a documentare l’igienicità dei processi di lavorazione, a prevenire i rischi per la salute dei consumatori, a definire le procedure di intervento nei casi di non conformità e a monitorare l'efficacia del programma stesso. Pertanto, attraverso un approccio "One Health", il condividere le responsabilità nel controllo dei rischi sanitari nell’interfaccia animale – uomo – ecosistema, rappresenta la condizione imprescindibile per garantire lo sviluppo, su scala mondiale, di ordinamenti sanitari integrati ed efficienti.

Per saperne di più

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_4.jsp?lingua=italiano&tema=Alimenti&area=sicurezzaAlimentare

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BOX TOSSINE NATURALI: INTOSSICAZIONE DA PIANTE

NOMESCIENTIFICO

PRINCIPIATTIVI

SINTOMI

SPECIE AD AZIONE IRRITANTE LOCALE

Alocasia spp (Orecchie di elefante) Colocasia spp Dieffenbachia spp Philodendron spp (Filodendro) Spathiphyllum spp (Spatifillo) Zantedeschia spp (Calla) Calla palustris L( Calla)

Ossalati di calcio

Ficus spp Daphne spp (Dafne) Euphorbiacee spp

Diverse tossine specialmente nel lattice.

Anemone spp (Anemone) Ranunculus spp.(Ranuncolo)

Protoanemonine

Irritazione e dolore locale, arrossamento e formazione di vescicole nelle zone di contatto. Possibile gonfiore della lingua e delle mucose con difficoltà alla deglutizione in caso di esposizione orale. Dolore, lacrimazione, irritazione corneale e congiuntivale in caso di contatto oculare. (Le varietà coltivate di Euphorbia pulcherrima (stella di Natale), a differenza di altre specie di Euphorbiacee, hanno un’azione irritante molto lieve o assente).

SPECIE AD AZIONE IRRITANTE GASTROINTESTINALE Ricinus communis L (Ricino) Robinia spp (Robinia)

Abrus precatorius(Semi del rosario)

Toxoalbumine, principalmente concentrate nei semi.

Vomito e diarrea profusi che possono causare grave disidratazione e squilibri elettrolitici. Nei casi più severi si possono verificare emorragie gastrointestinali, danno epatico, renale e gravi alterazioni ematologiche.

Cyclamen spp, bulbo (Ciclamino) Hedera helix Phytolacca americana L (Fitolacca)Aesculus hippocastanum L (ippocastano) Ilex aquifolium L(Agrifoglio)

Saponine, principalmente concentrate nei bulbi/rizomi e nei frutti

Vomito e diarrea di gravità variabile in relazione alla specie ed alle quantità assunte. (L’ingestione di piccolo quantità di parti aeree del ciclamino non causa intossicazione, perchè le tossine sono concentrate nel bulbo)

Viscum album L (Vischio)

Viscotossine ed altre tossine

Le bacche hanno una bassa tossicità (solo lievi gastroenteriti), ma per ingestione di grandi quantità o di estratti concentrati si possono verificare gravi alterazioni neurologiche e cardiache.

SPECIE AD AZIONE CIANOGENICA Hydrangea spp., (Ortensia) Prunus laurocerasus L (Lauroceraso) Prunus spp, (Semi di albicocco, mandorlo, prugno, pesco, ciliegio)

Sambucus ebulus L Cotoneaster spp. Cycas revolute (Cica)

Contengono dei glicosidi (amigdalina) che, per idrolisi a livello intestinale, liberano acido cianidrico che si lega ai citocromi impedendo la respirazione cellulare.

L’ingestione accidentale di piccole quantità non è da considerarsi pericolosa. Se vengono assunte quantità molto elevate, in particolare delle parti che contengono le maggior concentrazioni di alcaloidi, si possono verificare sintomi gastrointestinali), seguiti da depressione del sensorio, acidosi metabolica con tachipnea, possibili convulsioni. (I frutti del Sambucus nigra, se consumati maturi, sono commestibili, ma possono causare diarrea se ingeriti ancora verdi o in quantità elevate)

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SPECIE AD AZIONE NEUROTOSSICA Calycanthus spp., (Calicanto) Anamirta cocculus Cicuta spp., Strychnos nux-vomica L. (Stricnina)Oenanthe crocata L. Coriaria myrtifolia L. Aethusa cynapium L. (Cicuta minore, falso prezzemolo) Conium maculatum L.(Cicuta)

Varie tossine con azione stimolante sul Sistema Nervoso Centrale).

Sintomi neurologici di gravità variabile, convulsioni. Il Conium maculatum causa danno muscolare e rabdomiolisi

SPECIE AD AZIONE ANTICOLINERGICA Atropa belladonna L. (Belladonna) Datura spp.,(Stramonio, Trombone d’angelo) Hyosciamus spp., (Giusquiamo)Mandragora autumnalis Bertol.(Mandragora)

Alcaloidi tropanici (atropina, iosciamina, scopolamina)

Sindrome anticolinergica: iperemia e secchezza cutanea, dilatazione delle pupille, tachicardia ed aritmie cardiache, confusione, allucinazioni, stupor, coma, convulsioni .

(Intossicazioni molto gravi e mortali si sono verificate per l’uso di queste come “smart drugs”)

SPECIE CONTENENTI COLCHICINA Colchicum autumnale

Gloriosa superba L.

Colchicina, un alcaloide ad azione antimitotica che arresta la divisione cellulare in metaphase.

Sintomi gastrointestinali severi , seguiti da depressione midollare, insufficienza multiorgano e, nei casi più gravi, morte. (La tossicità di queste specie è così elevate che pochi grammi di vegetale possono causare intossicazioni gravissime).

SPECIE CONTENENTI CITISINA Laburnum anagyroides Medik (Maggiociondolo)Cytisus scoparius (Ginestra dei carbonai) Spartium junceum L (Ginestra odorosa)

Citisina ed altri alcaloidi chinolizidinici

Vomito, dolori addominali, ipotensione, tachicardia, sintomi neurologici (confusione, agitazione, rallentamento), debolezza muscolare

SPECIE AD AZIONE NEFROTOSSICA Averrhoa carambola (Carambola)Oxalis tuberosa (Oca) Rumex crispus (Romice) Rheum rhaponticum L (Rabarbaro)

Acido ossalico e sali di ossalato solubili

Danno renale, ipocalcemia, alterazioni cardiache convulsioni

(Sono da considerarsi pericolose solo se ingerite in grandi quantità o se assunte da persone con problemi renali)

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BOX TOSSINE NATURALI: INTOSSICAZIONE DA FUNGHI

SINDROMI LATENZA CLINICA TERAPIA

LATENZA BREVE < 6 ore

Sindrome gastroenterica o resinoide(Entoloma, Lactarius, Agaricus, Omphalotus, Tricholoma, ecc.)

30’ – 2 ore Durata: 24-48 h

Nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, alterazioni idro-elettrolitiche

Sintomatici, Gastrolusi, Carbone vegetale, reintegro delle perdite idro-saline

Sindrome neurotossica colinergica o Muscarinica (Inocybe, Clitocybe bianche)

30’–60 min Durata: 24-48 h

Nausea, vomito, dolori addominali,sudorazione, lacrimazione, scialorrea, broncorrea, dispnea, bradicardia

Sintomatici, Gastrolusi, Carbone vegetale, Antidoto: Atropina, dose Q.B. a ridurre le secrezioni

Sindrome neurotossica anticolinergica o panterinica(Amanita muscaria e phanterina)

30’ – 2 ore Durata: 4-8 h

Vomito, vertigine, euforia, atassia, eccitazione SNC (agitazione psicomotoria, alterazioni visive)Depressione SNC (confusione, sopore, convulsioni)

Gastrolusi, Carbone vegetale, Sedativi (Benzodiazepine)

Sindrome psicodisleptica (Psilocybe, Panaeolus, Stropharia)

30’ – 1 ora Durata: 6 ore

Allucinazioni, agitazione psicomotoria, alterazioni visive, della percezione spazio-temporale Depressione SNC (confusione, sopore)

Gastrolusi, Carbone vegetale, Sedativi (Benzodiazepine)

Sindrome coprinica (Coprinus atramentarius)

2 – 6 ore Durata: 24-72 h

Vomito, cefalea, iperemia cutanea, stordimento, palpitazioni, sudorazione, ipotensione

Sintomatici, Carbone vegetale

LATENZE INTERMEDIE

Sindrome paxillica o emolitica(Paxillus involutus)

1 – 9 ore Durata: giorni

Vomito, diarrea, dolori addominali, ipotensione, anemia emolitica, danno epatico e renale secondario all’anemia

Gastrolusi, carbone vegetale (se ingestione recente) sintomatici, plasma fresco, iperidratazione

Sindrome nefrotossica o Smithiana(A. smithiana, proxima)

30’ – 12 ore Durata: 4-6 gg

Nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, ansia, vertigini, alterazioni visive, Oligo-anuria, IRA

Gastrolusi, carbone vegetale, farmaci sintomatici, Iperidratazione, Dialisi

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LATENZE LUNGHE > 6 ORE

Sindrome falloidea o da amatossine(A. phalloides, virosa, verna, Galerina autumnalis, Lepiotine)

6-24 ore fase silente di 24-48 ore seguita da epatite

Nausea, vomito e diarrea profusa. Epatite acuta, coagulopatia, insufficienza cerebrale, possibile IRA (Insufficienza renale acuta)

Gastrolusi, carbone vegetale, Iperidratazione (1L/10 Kg), terapia di supporto. Eventuale trapianto di fegato

Sindrome orellanica (Cortinarius orellanus, C.speciosissimus)

24-48 ore fase silente di 3-17 gg seguita da IRA

Nausea, vomito e diarrea modesti. Danno renale, insufficienza renale cronica

Terapia di supporto, Dialisi,Trapianto di rene

Sindrome gyromitriana (Gyromitra esculenta, G. gigas)

6-48 ore

Vomito, diarrea, vertigini, contratture muscolari. Coma, Emolisi, rabdomiolisi e danno epato-renale secondario

Gastrolusi, carbone vegetale, Iperidratazione, Plasma fresco Terapia di supporto

Sindrome acromelalgica (Clitocybe amoenolens, Clitocybe acromelalga) (?)

> 24 ore

Parestesie, edema, cianosi estremità, astenia, dolore urente notturno, insonnia

Terapia sintomatica

Sindrome rabdomiolitica (Tricholoma equestre, Russula subnigricans)(?)

24-72 ore durata 8 o più giorni

Nausea, astenia, contratture muscolari, urine rosso scuro, IRA, aritmie o arresto cardiaco

Supporto funzioni vitali, diuresi forzata con bicarbonato di sodio (NAHCO3)

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Bibliografia

° Anniballi F. et al. (2014) Linee guida per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico. CNRB Centro Nazionale di Riferimento per i l Botulismo. Istituto Superiore di Sanità. Roma ° Ade P, Funari E, Poletti R: I l r ischio sanitario associato alle tossine di alghe marine. Ann Ist Super Sanità 2003; 39(1):53-68 ° F.Assisi, S. Balestreri, R. Galli: “Funghi velenosi”; Ed. Dalla Natura 2008 ° Assisi F. I FUNGHI: GUIDA ALLA PREVENZIONE DELLE INTOSSICAZIONI- Milano 2012 (F. Assisi Ed.) ww.salute.gov.it/sicurezzaAlimentare/pagina Interna Menu Sicurezza Alimentare. Funghi www.centroantiveleni.org ° CDC (1998): Botulism manual – Handbook for Epidemiologists, Clinicians and Laboratory workers. Atlanta GA. Centers for Diseases Control and Prevention pag: 15-21. ° Ciminello P, Fattorusso E, et al: Determination of PSP toxin in mussel from the Adriatic sea. Mar Pollut Bull 1995; 30:733-5 ° Daminelli P, De Nadai V, Bozzo G, Finazzi G, et al (2011) Two unlinked cases of foodborne botulism in Italy at the beginning of 2010 . New Microbiol. 34(3):287-290 ° Frohne D, Pfander H. J: Poinsous Plants. Manson Publishing Ltd 2005 ° 2011 Metodo per la ricerca di Clostridi produttori di tossine botuliniche e per la ricerca di tossine botuliniche (Metodo colturale e mouse Test). ISS-SPVA N-RL CNRB POMIAC 02.000 Rev. 0 ° 2011 - Metodo per la ricerca di Clostridi produttori di tossine botuliniche mediante Multiplex Real-Time PCR . ISS-SPVA N-RL CNRB POMIAC 03.000 Rev. 0. ° ISPESL : Le piante degli ort i e dei giardini. Quaderni tecnici per la salute e la sicurezza 11-2008 ° Mazza R : Funghi commestibi l i e velenosi a confronto. Fabbri Ed.06-2000° Nelson L S, Shih R, Balick M Handbook of poisonous and injurious plants – Springer 2007

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PREFAZIONE pag. 5 INTRODUZIONE pag. 7

TOSSINE VEGETALI (P. Moro) Pag. 9 Specie a tossicità locale pag. 11 Specie a tossicità gastrointestinale pag. 13 Specie a tossicità sistemica pag. 15 Specie a tossicità cardiaca pag. 17 Specie ad azione cianogenica pag. 20 Specie ad azione anticolinergica pag. 21 Attenti ai sosia pag. 22 Trattamento pag. 25

TOSSINE FUNGINE (S. Balestreri) pag. 28 Sindromi a lunga latenza pag. 31 Sindromi a breve latenza pag. 36 Attenti ai sosia pag. 48 Consigli pag. 52

TOSSINE ANIMALI (F. Assisi) pag. 54 Biotossine da alghe marine pag. 56 Tossine da molluschi pag. 57 Tetradotossina pag. 58 Ciguatera pag. 60 Controll i sanitari e la prevenzione pag. 63

TOSSINE NATURALI (G. Finazzi) Botulino

pag. 64

Preparazioni domestiche pag. 67 Precauzioni

pag. 68

SICUREZZA ALIMENTARE(D. Monteleone,G. Plutino)

pag. 70

BOX TOSSINE NATURALI: INTOSSICAZIONI DA PIANTE (P. Moro)

pag. 74

BOX TOSSINE NATURALI: INTOSSICAZIONI DA FUNGHI (F. Assisi)

pag. 76

BIBLIOGRAFIA pag. 78

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Gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo l’uomo intelligente sa mangiare.

(Jean Anthelme Brillat-Savarin: 1755 - 1826)