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    Giovani Scrittori IULM

    prefazione di Tim Parks

    TROPPOBUIO PER

    GRIDARE

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    Troppo buioper gridare

    AntologiA di rAcconti

    a cura di

    AlessANdRO BONgIORNI, lAuRA CONTI,

    MARCO FeRRARINI

    Prefazione di

    TIM PARks

    Milano

    2012

    GIOVANI SCRITTORI Iulm

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    Per la presente edizione 2012 Arcipelago edizioni

    Via Carlo DAdda, 2120143 Milano

    [email protected]

    Prima edizione, marzo 2012

    ISBN 978-88-7695-468-9

    Ha collaborato alla cura editoriale Fabio Ferrarini

    Finito di stampare nel mese di marzo 2012presso Digital Print Service s.r.l.Via E. Torricelli, 9

    20090 Segrate - Milano

    Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 0

    2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

    vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

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    Troppo buio per gridare

    Prefazione di Tim Parks . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

    GiudiTTadallerba

    Formula per la contaminazione del bianco . . . . 15

    Chiaradi sanTe

    Nuvole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

    FranCesCaGiordano

    Nel buio di lontane cassette . . . . . . . . . . . . . . . 37

    marCo Ferrarini

    Le gambe della trapezista . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

    danilo serGioCharles, Lewis, Madeleine:

    quando dormo ho gli occhi aperti . . . . . . . . . . . 53

    alessandro ParoTTi

    Il fantasma di marmo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

    FederiCaGerardi

    Buonanotte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

    elenaCasTellini

    Frammenti di vita e di dolore . . . . . . . . . . . . . . . 91

    beaTriCe lorenzini

    Il coinquilino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

    elenamurGolo

    La solita sera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

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    maTTiaConTi

    La rapina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

    ChiaraCasTelli

    La lunga notte di Smilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

    serenadi ViTo

    Mi pare di aver sentito

    Buddy Bolden che diceva . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

    sTeFano Plebani

    Estasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

    raChele rebuGhini

    Lenti viola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

    riCCardo dujany

    Los Angeles Skank . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171

    alFonso Casalini

    Inedia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189

    leonardo anGelini

    Flap, flap . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195

    ilariaPadoVan

    Andiamo a mettere il salesulla coda delle stelle comete . . . . . . . . . . . . . . . 205

    GlendaGiussani

    Nero corvino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217

    Vaniabarozzi

    Camminare sul sapone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

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    Prefazione

    Troppo buio per gridare: il nostro titolo, o tema, hasubito del paradossale. Non proprio dal buio profondoche scaturiscono le grida raggelanti in tutti i film dellor-

    rore? Sappiamo benissimo che la mancanza di luce nonchiude la bocca a nessuno. Siamo davanti a una metafo-ra allora, allevocazione di una situazione estrema cheva di l del solito melodramma; un luogo oltre, forse dinon ritorno, dal quale non ha pi senso chiedere aiuto oesprimere il proprio sconforto. Sar senzaltro un luogomentale.

    Ecco le prime considerazioni di chi pensa di costruireun racconto su un tema del genere. E ci si rende contoche sono due i compiti richiesti, uno tecnico e uno, percos dire, umano: ipotizzare una concatenazione di cir-costanze che ci porti in questo luogo arduo, una vicendache renda convincente questa disperazione; e capire, ela-

    borare, che senso possa avere pernoi un tale stato men-

    tale; fa o non fa parte del nostro immaginario? Ben pre-sto diventa evidente che i due compiti non vanno gerar-chizzati, n sar possibile risolvere luno prima di fare iconti con laltro. questa la creativit: lastuzia tecnicache opera in sincronia con unautentica ricerca personale.Non facile; anche ai pi bravi, i Maupassant, i echove i Carver, non riesce sempre.

    E i giovani scrittori che hanno contribuito a questaraccolta come se la cavano? Colpisce il loro tentativo, ea volte anche la loro difficolt (in qualche caso aperta-mente dichiarata), di descrivere un disagio che non sem-

    bra subito scontato e banale. InFormula per la contami--

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    nazione del bianco, Giuditta Dallerba comincia congrande energia e uno stile decisamente telegrafico.

    un racconto drammatico? Potrebbe. un horror? Di sicuro no. Beh, sicuro, un po prestoper dirlo. una commedia? No, troppo difficile strappare unsorriso.Ma banale intravedere una trama noir in un titolo delgenere.

    Trovata la protagonista, Pauline, lo stile del raccontorimane rabbiosamente sbrigativo:

    Non ha figli e non ne vuole avere. Lavora in banca, manon soddisfatta, voleva diventare una donna in carrie-ra libera ed emancipata, ma non c riuscita. Soffocanella sua mediocrit, conduce una vita che le sta stret-ta, come le magliette di cotone dopo un lavaggio sba-gliato...

    Anche se Dallerba prosegue poi a costruire una nar-razione tradizionale, quasi una biografia, che spieghe-r la disperazione di Pauline, ormai muta in un buio sof-focante, rimane limpressione che il vero disagio del-lautrice stia proprio nel fatto che questo stile rapidoquanto squalificante assolutamente adeguato: il mondo stato vissuto e raccontato troppe volte perch si possatrovare qualcosa di nuovo da dire.

    Inedia di Alfonso Casalini riprende le stesse idee: ungiovane che si suicida incatenato davanti a uno specchiolascia una lettera nella quale si dichiara vittima dellim-

    possibilit di attirare anche un minimo di attenzione su

    se stesso:io qui in questa mansarda di paesino di provincia come

    potrei mai urlare?Urlare a chi? Chi vuoi che senta?

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    In un mondo ormai troppo pieno di messaggi e urla,il suicidio viene ipotizzato come estremo gesto estetico,

    la sola opera darte capace di richiamare un po diinteresse. Casalini per prende le distanze dallestremi-smo di questa posizione, facendoci capire che la storia raccontata da uno studente che, fuggito in camera dalsalotto dove i suoi guardano la TV, non ne pu pi dici che sta leggendo e dopo un rigo sfoglia le pagine dellibro a partire dalla fine, come per considerare quanto

    tempo gli occorra per liberarsi da questa scia di parole.La disperazione e la genialit del suicidio inscenato sipresentano come sogno evasivo prodotto da una noiache di melodrammatico non ha proprio nulla.

    Anche Vania Barozzi in Camminare sul sapone ela-bora la psicologia di chi racconta storie le pi strambe,incongruenti e drammatiche piuttosto che raccontarneuna e basta. Una giovane perde i genitori in circostanze

    bizzarre: il padre colpito in moto da un piccione mentresi reca a visitare il feretro della moglie morta di cancro.La figlia disperata prospetta il proprio suicidio. Ecco ilracconto che unaspirante scrittrice fa leggere allamamma la quale, arrabbiata, non capisce come la lorovita privilegiata e apparentemente felice posa aver datovoce a una tale cupezza. Invece proprio questambien-te chiuso e ultraprotetto, riflette la scrittrice, ad averlaindotta a fantasticare catastrofi.

    La protagonista di Barozzi ambienta la sua storia disuicidio non in Italia ma a Londra, come per allontanar-la ancora di pi dalla realt di chi scrive. Ed curiosoquanti di questi racconti siano ambientati allestero,spesso con protagonisti stranieri e anche stili che evoca-no modelli decisamente non italiani. Abbiamo una fami-glia in Giappone distrutta dallo tsunami del 2011; duedisoccupati britannici, uno anziano e uno giovane, chesopravvivono con i sussidi di stato; un jazzista a NewOrleans negli anni 40; un poliziotto del Texas condan-

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    nato a morte per aver ucciso lo stupratore di sua figlia.La strategia di allontanare lazione sembra rendere pos-

    sibile il racconto di un melodramma che potrebbe risul-tare imbarazzante se avesse luogo a casa nostra, ma arischio di estraniarlo dalla propria esperienza o di ren-derlo meramente ironico.

    Francesca Giordano trova una soluzione elegante: ungiovane, firmando una petizione in strada, obbligato alasciare nome e indirizzo. Poco dopo comincia a riceve-

    re lettere enigmatiche e sempre pi inquietanti dallaragazza che ha raccolto la sua firma, finch, temendo ilpeggio, si precipita allindirizzo della ragazza per scopri-re dalla portinaia che nella notte sia lei che la madre sonostate portate via dallappartamento incendiato in ambu-lanza. La sofferenza appartiene a qualcun altro e vienericonosciuta troppo tardi; rimaniamo spettatori condan-nati ad assaporare un vago senso di colpevolezza.

    Anche Alessandro Parotti cerca una soluzione similein quello che senzaltro il pi tradizionale di questiracconti. Lorenz, studente di clarinetto in un conservato-rio tedesco, o forse austriaco o svizzero, non sa reagireal disagio di un compagno italiano e orfano di madre,che allet di nove anni morir di sconforto appena

    prima del concerto annuale al quale suo padre non inten-de assistere. Di nuovo la distanza dallItalia e il tonodecisamente antiquato della narrazione aiutano a dareforma e credibilit a un melodramma che altrimentirischia di sembrare scontato.

    In questo sforzo di posizionamento verso il dolore,al quale, per rendere giustizia al tema, i nostri scrittori sisentono in dovere di arrivare, si intuisce il loro senso dimestiere e qualche volta anche di ironia, la loro volontdi trovare una mescolanza di contenuto e stile che siainsieme efficace e onesta.

    In conclusione, per, vale forse la pena osservare chein tutti questi racconti la politica spicca per la sua assen-

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    za, idem la guerra. Nessuno di questi giovani vuoleusare il tema della disperazione per entrare in un dibat-

    tito italiano o ideologico. Se c una denuncia quelladi un degrado culturale, e questo degrado viene percepi-to come universale, la conseguenza di un martellamentotelematico e informatico che avvilisce tutto; non unacosa squisitamente italiana, e soprattutto non unasituazione che si potrebbe mai sperare di rettificare.

    Tim Parks

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    Troppo buioper gridare

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    Marco Ferrarini

    Le gambe della trapezista

    Non devi stare ad arrovellarti su quello che sarai, pic-cola Sylvain, non lo puoi scegliere: una volta nella pan-cia colorata del tendone devi piegarti alla volont del suospettacolo, e sarai una splendida amazzone con le trec-cine, o un algido bersaglio per Achilles, il gigante lan-ciatore di coltelli con il quale ti senti al sicuro; una volta

    danzerai con le ragazze, unaltra accompagnerai in pistagli attrezzi di Claude con un sorriso.

    Sono troppo piccola per tenere tutto sotto controllo etroppo distratta per gestire tutto quello che mi faccio pas-sare tra le mani ogni secondo; mi fa venire lansia doverstare attenta che nulla cada e che nessuno si faccia male:la giocoliera non roba per me.

    Cambierai personaggio a seconda delle capacit acro-batiche che avrai sviluppato negli anni, e a volte dovraisostituire le tue sorelle malate o perdute. Come Ross, timanca Ross, non vero?

    Non sono capace di fare quello che faceva lei. Il suocorpo era bellissimo e le obbediva sempre. Gli facevafare tutto quello che voleva. Il mio goffo e inaffidabile.

    Non si piega se non per le cose che piacciono a lui, nonsi adatta agli spazi stretti, non vuole sacrificarsi al dolorenecessario. Non lo sopporto.

    C sempre la fune, tesoro. Ti ricordi quanti piantiprima di capire che invece ti piaceva e che eravate fatteluna per laltra?

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    Lass, finalmente sola, lo sguardo libero nelloscurit,il terrore del vuoto incatenato alle dita dei piedi mutate in

    artigli. Il coraggio di affrontarlo ogni volta, come fossisul mio vialetto di casa, anche se sospeso a trenta metrida una rete che non mi ha mai trasmesso sicurezza.

    Sei sempre arrivata alla fine.Senza mai cadere. Ma mi sento addosso gli sguardi di

    tutti come se fossi nuda, faccio la mia sfilata oscena chie-dendomi se qualcuno laggi, in fondo, si augura che cada

    di sotto.Non dire sciocchezze amore mio, sperano tutti che tuce la faccia per poterti applaudire. Ora spegni la luce.

    Per non giusto che nessuno si ricordi mai dei funam-boli. Nemmeno se sono piccoli come me. Un tempo nelcarrozzone regnava il mago con la sua corte di pagliacci.Ora tutti vogliono Achilles e gli acrobati. Anche il nanoHans si innamorava della trapezista, bellissima e crudele.

    Tutti mi dicono che le mie gambe non sono abbastanzabelle per fare la trapezista, non sono abbastanza lunghe,non stringono come dovrebbero. Mi guardano pieni difinta comprensione e dicono che forse un giorno..

    Credono di essere gentili con me i forzuti, i mimi etutti gli altri. Ma sono tutti ladri alla loro maniera.

    Cosa non darei per essere come la bella Cleopatra, maio non voglio uccidere nessuno so solo che se scopris-sero che anchio sogno verrei punita.

    Le sarebbero mozzate le gambe e trasformata in un fe-nomeno da baraccone come quelli che le fanno paura,senza un occhio, le mani schiacciate e la lingua mutacome quella di una gallina.

    tanto tempo che non si fa una festa.Sylvain non riesce a dormire, ci sono troppi rumori

    che vengono da fuori e da vicino. E nel buio della roulottenon esistono ombre con cui giocare.

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    TROPPO BUIO PER GRIDARE

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    Ricorda un suo compleanno: le avevano messo unacorona in testa e il mantello rosso di Mordecai tutto in-

    torno e la portavano sulle spalle gridando canzoni e fa-cendola sentire una di loro, accolta nella sua nuovafamiglia variopinta.

    Ma ora grande e ha capito che la Corte dei Miracoli uninvenzione, e che come la normalit: non pu esi-stere.

    Ma io lo so che sono una trapezista.Domani salir quando il tendone dorme. Mi lancernel buio stringendo forte la barra bianca tra le mani: ba-ster un momento e non avr nemmeno bisogno di gri-dare.

    Voler davvero, non ci saranno pi regole n turni;scomparsi insieme ai punti di riferimento della fune.

    Laltezza sar la stessa del mio vecchio esercizio, masentir una corrente nuova che dai piedi si arrampicherfino al viso, libera e felice.

    Prover anche a volteggiare a testa in gi, le miegambe si ancoreranno alla barra. Vedr il vuoto al con-trario e non mi far pi paura. E tutti mi applaudirannoguardandomi nella mia tutina rossa.

    La sera andr dal Direttore mentre sta bevendo e gliannuncer coi capelli sciolti che io sono la nuova trape-zista.

    La scena far ridere, lui trasalir. E il numero sulla fune chi lo fa? Non lo so; io mai pi.E gli altri trapezisti mi tratteranno come una princi-

    pessa, soprattutto Benjamin, il catcher.Sar geloso del fatto che mi fido pi degli altri e un

    giorno mi bender. Sar completamente in suo potere,suder sentendo la mancanza delle sue mani nel buio. Maobbedir al suo segnale, mi lancer e ci incontreremosopra tutte quelle facce silenziose.

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    MARCO FERRARINI LE GAMBE DELLA TRAPEZISTA

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    Non so per quanto tempo continuer a volteggiare sultrapezio, perch uno non pu scegliere quello che sar,

    ma una cosa certa: non mi infiler mai in un tubo scuroe stretto perch qualcun altro mi faccia volare, ora che soche posso farlo da sola.

    Aveva scelto la catacomba della metropolitana.Laria fredda di Milano viene soffiata dalle gallerie e

    raggiunge le ossa di ogni viaggiatore che laspetta e la

    sopporta come fanno le anime prave con i tormenti di Ca-ronte.Le rampe di scale vuote osservano silenziose la mesta

    processione che si consuma sulle scale mobili.Uomini e donne aspettano di essere trasportati in una

    stazione identica a quella di partenza, ma che profumaun po pi di casa.

    Hanno esaurito la fretta, si annoiano e guardano il cel-lulare senza usarlo.

    Qualcuno ha schiacciato il tasto || sulla loro storia, iloro abiti non comunicano pi, passioni e miserie conge-late: la loro giornata terminata ed troppo presto pervivere la notte. Il Meneghino con le carrozze unite li aiutaad assomigliarsi un altro po gli uni gli altri: un caleido-scopio in bianco e nero.

    Nessuno ha voglia di parlare; chi proprio non sopportail silenzio fa gridare le cuffie.

    Una ragazza cammina come una medusa in cima a tac-chi lucidi che le fanno risaltare le ginocchia sporgenti.

    I suoi abiti eleganti attraversano tutti i toni di grigio esi confondono con la citt, ma non sono adatti alle suetemperature; le labbra cianotiche serrate risaltano miste-riosamente nel volto incorniciato dai capelli di seta buia.

    Percorre tutta la banchina, inutilmente larga per quellastazione, con gli occhi fissi sulla lunga galleria che ri-gurgita echi di oscurit lontane, e si va a sedere contro ilmuro che ha di fronte.

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    TROPPO BUIO PER GRIDARE

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    Nessuno la guarda, ma lespressione dei suoi occhisvela un dolore intenso, come una fitta prolungata.

    Un dolore che ritorna, come il ricordo di ossa rotte conla nausea da primo mestruo.Seduta come il cane appoggia la schiena alla sua casa

    quando sa che sono i suoi ultimi giorni, pensa a quantosia assurdo che al cimitero la gente pianga i suoi mortichiamandoli povero Carlo, mentre il neon che ha soprala testa continua a fare le bizze.

    Nemmeno sotto il sole che c solo nei cimiteri le per-sone riescono a smettere di essere egoiste, stanno l a farsimale sulle ossa polverose dei mariti e dei figli, morti daanni e che stan meglio di loro.

    Ancora una folata, di quelle che fanno alzare il baverodella giacca con affascinante nonchalance a giovani uo-mini che si sforzano di vivere spettinati.

    Silvia maledice quellautore pigro e bastardo chestrimpella la sua vita davanti a uno schermo come il ta-stierista che non ha mai avuto la costanza di diventare.

    Non superare la linea gialla. Impediscimelo, ti prego.Baster un momento e non avr nemmeno bisogno di

    gridare.Voler davvero, non ci saranno pi regole n turni,

    sentir una corrente nuova che dai piedi si arrampicherfino al viso.

    Vedr il vuoto al contrario e non mi far pi paura:sono la donna cannone, sparata dentro un grande tuboscuro. Lunico modo che mi resta per volare via.

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    MARCO FERRARINI LE GAMBE DELLA TRAPEZISTA