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Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale Intermediari e Mercati Finanziari Tesi di Laurea
LE FRODI NEL SETTORE DEGLI HEDGE FUNDS IL CASO MADOFF
Relatore Ch. Prof. Loriana Pelizzon Laureando Alessandro Melillo Matricola 821548 Anno Accademico 2012 / 2013
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INDICE PREMESSA
INTRODUZIONE v
CAPITOLO 1 – GLI HEDGE FUNDS: ASPETTI OPERATIVI E PROFILO GIURIDICO 1
1.1 – Breve excursus storico: da Alfred Winslow Jones al LTCM 1.2 – Caratteristiche operative e funzionali
1.2.1 Strutture d’investimento 1.2.2 Service providers 1.2.3 Strategie di gestione
1.3 – La regolamentazione finanziaria 1.3.1 – Il regime legale degli hedge funds negli Usa 1.3.2 – Il regime legale degli hedge funds in Europa
CAPITOLO 2 – LA MISURAZIONE DEL RENDIMENTO E DEL RISCHIO
E LA COSTRUZIONE DI UN PORTAFOGLIO D’INVESTIMENTO 19
2.1 – La misurazione del rendimento tramite benchmark e database 2.1.1 Il calcolo del Nav e del rendimento netto 2.1.2 La costruzione dei database e degli indici 2.1.3 Le distorsioni (biases) presenti negli indici
2.2 – Il controllo del rischio degli hedge funds 2.2.1 Il VaR e l’espansione Cornish-Fisher 2.2.2 Il rischio operativo degli hedge funds
2.3 – Aspetti teorici e metodologici d’investimento 2.3.1 Le diverse strategie d’investimento 2.3.2 Ottimizzazione di portafoglio: analisi qualitativa e quantitativa 2.3.3 Investimento diretto o Fondo di fondi hedge
CAPITOLO 3 – LE FRODI NEL SETTORE DEGLI HEDGE FUNDS 35
3.1 – Aspetti introduttivi, significato, classificazione e tipologie delle frodi nel settore degli hedge fund 3.1.1 – Significato e classificazione delle frodi 3.1.2 – Tipologia di frodi più comuni nel settore degli hedge funds
3.2 – La copertura delle perdite di gestione 3.2.1 Il caso Princeton/Armstrong
3.3 – La Misappropriation degli hedge funds 3.3.1 Misappropriation of investor funds e misrepresentation of fund investments 3.3.2 Il caso ChateauForte/Busch
3.4 – Gli “schemi di Ponzi” 3.4.1 Charles Ponzi: dall’Italia agli Usa 3.4.2 Lo schema di Ponzi 3.4.3 I primi sospetti e il crollo dello schema di Ponzi
CAPITOLO 4 – IL CASO MADOFF: DA MARKOPOLOS ALLA CRISI DEL 2008 51
4.1 – Bernard Madoff 4.2 – I soggetti attivi nella frode 4.3 – La strategia “split strike conversion” 4.4 – Il conto corrente 703 e gli strumenti a copertura della frode 4.5 – La scoperta della frode CONCLUSIONI 63
BIBLIOGRAFIA 66
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INTRODUZIONE
Nell’ultimo decennio, il mercato finanziario ha registrato un notevole incremento degli investimenti nel
settore degli Hedge Funds, una particolare categoria di fondi comuni d’investimento. Questa tipologia
di strumenti finanziari era inizialmente caratterizzata dal perseguimento di una strategia d’investimento
di tipo “hedge” (copertura), una tipologia di protezione che ha portato questi strumenti a distinguersi
appunto dai classici fondi d’investimento. Oggi, sotto questa denominazione, si trovano tipi di Hedge
Funds molto diversi tra loro, risulta quindi difficile riuscire a trattarli come un gruppo unico.
La caratteristica principale di questi strumenti finanziari è quella di presentare un ottimo rapporto tra
rendimento e rischio, con conseguente possibilità di ridurre l’aleatorietà incrementando in parte il
profitto, e la relativa indipendenza del fondo rispetto alla performance del mercato. Gli investitori
spesso ricorrono a questo tipo d’investimento guidati dalla volontà di ottenere ritorni molto alti,
tuttavia proprio questa eccessiva ricerca di alti rendimenti potrebbe portare il gestore del fondo a
compiere attività illecite al fine di compiacere gli investitori quando invece il risultato di gestione
ottenuto è mediocre o addirittura negativo. La persecuzione di reati in questo settore è poi
incentivata dalla scarsa trasparenza degli stessi strumenti e dalla frammentaria disponibilità di
documenti in termini due diligence richiesta dalle autorità di Vigilanza.
La tesi in questione ha dunque lo scopo di focalizzarsi sulle frodi compiute nell’ambito degli Hedge
Funds. Nei primi due capitoli verrà fatta un’analisi di questi strumenti di investimento alternativo sia dal
punto di vista storico, descrivendo la loro nascita ed evoluzione, sia dal punto di vista tecnico,
esaminando gli aspetti fondamentali che lo caratterizzano. Il terzo capitolo invece introdurrà il
fenomeno delle frodi in generale e nel settore degli hedge funds, analizzando per ciascuna tipologia un
caso. L’ultimo capitolo si focalizza su Bernard Madoff, ideatore di una delle frodi più grandi negli ultimi
anni.
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CAPITOLO 1 – GLI HEDGE FUNDS: ASPETTI OPERATIVI E PROFILO GIURIDICO
1.1 BREVE EXCURSUS STORICO: DA ALFRED WINSLOW JONES AL LTCM Il primo gennaio del 1949 Alfred Winslow Jones1creò, attraverso una private partnership, uno
strumento d’investimento molto flessibile che verrà successivamente riconosciuto come il primo
hedge fund della storia. Il fondo costituito da Jones era concepito in modo tale da risultare un
portafoglio dalla massima flessibilità sia nella gamma dei settori in cui investire sia nelle operazioni che
avrebbe dovuto effettuare. L’idea innovativa che caratterizzava questo fondo consisteva nell’applicare
due differenti tecniche: egli utilizzava la leva finanziaria in modo tale da eseguire gli acquisti con il
minimo esborso di cassa consentito, e allo stesso tempo sfruttava la possibilità di vendere allo
scoperto cercando di coprire le posizioni lunghe presenti nel portafoglio2. Ciascuna di queste tecniche,
se utilizzata singolarmente, comportava l’assunzione di elevati rischi ma, come dimostrava l’esperienza
di Jones, se opportunamente combinate consentivano di realizzare una gestione più aggressiva
assumendo un rischio relativamente contenuto. Inoltre lo stesso Jones, per aumentare le proprie
aspettative di guadagno, assumeva le proprie posizioni utilizzando risorse finanziarie prese a prestito,
garantite dal suo capitale (leverage). Il processo decisionale adottato era al quanto particolare poiché
ciascun manager di portafoglio era libero di gestire una certa percentuale del capitale della società. In
questo modo le posizioni erano assunte o liquidate istantaneamente, senza dover rispettare gerarchie
decisionali che avrebbero potuto impedire investimenti profittevoli.
Il successo di Jones fu reso pubblico solamente nel 1966, in seguito a un articolo apparso sulla rivista
Fortune che elogiava l’abilità dell’operatore utilizzando per la prima volta il termine hedge funds: “Sugli
1 Alfred Winslow Jones, emigrato australiano e laureatosi a Harward, dopo varie attività approdò nella redazione del periodico Fortune ove apprese i primi rudimenti delle tecniche d’investimento. Un particolare incarico fu l’occasione per costituire il primo hedge fund della storia. Con alcuni suoi amici raccolse un capitale di 100.000$ e costituì la A.W. Jones & Co. nella forma di general partnership, cioè in cui soci sono responsabili dei debiti del fondo. Nel 1952 trasformò la società in limited partnership. 2 Si definisce che un portafoglio ha una posizione lunga su un determinato titolo quando il seguente titolo è stato acquistato e il gestore, in base alle proprie analisi, auspica che nel futuro cresca. Una posizione è definita corta invece quando il gestore vende allo scoperto il titolo puntando sul fatto che nel futuro possa diminuire il proprio valore.
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investimenti che gli sono stati affidati nel quinquennio chiuso lo scorso 31 maggio (data di chiusura
dell’esercizio 1965), Jones ha realizzato il 325%. Il Fidelity Trend Fund, che in quegli anni deteneva il
record di tutti i fondi comuni, aveva realizzato soltanto il 225%. Nel decennio (1955-1965) Jones
aveva realizzato il 670%. Il Dreyfuss Fund, leader tra i fondi comuni attivi nel decennio, ha registrato un
guadagno del 358%”. 3 L’esperienza di Jones fu ben presto imitata da altri operatori; infatti, secondo
un’indagine della SEC4 (Security Exchange Commission) nel 1968 c’erano 215 investment partnership
di cui 140 definiti come hedge funds, con patrimonio gestito di circa 2 miliardi di dollari. Inoltre, molti
money manager, allettati dalle elevate commissioni percepite e dall’effetto leva in un mercato rialzista,
cominciarono ad abbandonare le proprie posizioni di lavoro per intraprendere iniziative individuali nel
settore degli hedge fund. Tuttavia, l’esposizione ai ribassi del mercato, portò a una brusca interruzione
dovuta alle congiunture sfavorevoli verificatesi nei periodi 1969-1970 e 1973-1974, ridimensionando
notevolmente l’industria degli hedge funds.
Negli anni Ottanta grazie alle nuove opportunità d’investimento offerte dalla liberalizzazione
finanziaria, i gestori sopravvissuti adottarono strategie più speculative sui mercati globali negoziando
titoli a reddito fisso, valute, commodities e tassi d’interesse. Nel 1986 un nuovo articolo presentava il
Tiger Fund di Julian Robertson, facendo tornare alla ribalta gli hedge funds: “La strategia di Robertson,
adottata nel periodo 1985-86, puntava sulla trasformazione delle casse di risparmio in società per
azioni; sulla diminuzione di valore delle società chimiche, in concomitanza alla scadenza dei loro
brevetti; sulla sopravvalutazione del dollaro e sull’assunzione di posizioni lunghe nelle materie
petrolifere e di posizioni corte nelle azioni di società del medesimo settore.
Il fondo costituito nel 1980 con un capitale di 8,8 milioni di dollari produsse nei primi sei anni di vita
rendimenti pari al 43% annuo, al netto delle commissioni, contro il 18,7% dello S&P5.” La novità
dell’approccio di Robertson diede origine a una nuova tipologia di hedge fund, che verranno chiamati
Global Macro6.
Negli anni Novanta la scena degli hedge funds viene dominata dai fondi global macro, e in particolare
dai gestori Julian Robertson, George Soros e Michael Steinhardt. Il Quantum Fund di Soros e il Jaguar
Fund di Robertson guadagnarono nel 1990 rispettivamente il 30% e il 20%, al contrario dell’indice S&P
500 e l’MSCI World che avevano registrato forti perdite. Nel 1992 gli hedge fund tornano in cima alla
cronaca in quanto implicati nella crisi monetaria7 che condusse al riallineamento dei tassi di cambio fra
3 C.J. LOOMIS, The Jones nobody keeps up with, in “Fortune”, April 1966. pp. 237-247 4 La Security and Exchange Commission nacque nel 1934 per volontà del Congresso americano, come organo federale di controllo del mercato finanziario. Nasce in un’epoca di grandi riforme a seguito della crisi del 1929, con tre obiettivi principali: assicurare il rispetto delle leggi finanziarie ed economiche, vigilare sull’integrità del mercato finanziario e proteggere l’investitore. 5 J.ROTHRER, The red-hot world of Julian Robertson, in “Institutional Investor”, May 1986, pp. 86-92 6 Il nome Global Macro deriva dalla filosofia d’investimento del fondo, cioè un elevato profilo rischio/rendimento in un mercato senza limitazioni in termini di strumenti d’investimento o settori in cui operare. 7 La crisi valutaria del 1992 fu determinata dalla delicata situazione politica europea, impegnata nella costruzione dell’unione monetaria, dall’incombente recessione delle economie europee, salvo quella tedesca, e dalla particolare politica seguita dalla Germania per realizzare l’unificazione tedesca. Per questo motivo gli investitori istituzionali si limitarono a raccogliere i frutti delle loro previsioni.
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le monete appartenenti al Sistema Monetario Europeo. Successivamente, dopo le turbolenze del 1994
nel mercato obbligazionario internazionale, avvenne uno dei più grandi fallimenti degli hedge funds:
nel 1998 quello che era considerato uno dei più grandi hedge fund dell’epoca, il Long Term Capital
Management8, bruciò gran parte dei capitali raccolti presso gli investitori, a causa della crisi del
mercato russo e asiatico e all’inadeguatezza del sistema di controllo del rischio di cui era provvisto il
fondo stesso.
1.2 CARATTERISTICHE OPERATIVE E FUNZIONALI Le strutture di investimento collettivo operano attraverso due canali distinti: da un lato il veicolo di
investimento che raccoglie i capitali attraverso le diverse forme tecniche consentite dalla normativa
finanziaria; dall’altro lato le funzioni amministrazione dei capitali che sono svolte dal soggetto gestore
attraverso le strategie concordato nel mandato negoziato con l’investitore. Poiché dal punto di vista
funzionale gli hedge funds sono del tutto simili agli organismi di investimento collettivo tradizionale, le
differenze più rilevanti si riscontrano nell’analisi degli assetti organizzativi di cui si devono dotare i due
veicoli: nel caso di fondi comuni le caratteristiche giuridiche del gestore e del veicolo di investimento
sono determinate dalla pervasiva normativa; nel caso di hedge funds le caratteristiche giuridiche sono il
frutto di una serie di scelte volte alla riduzione dei vincoli normativi.
La maggior flessibilità delle strategie di gestione rimane la caratteristica essenziale di questo veicolo di
investimento, con lo scopo di utilizzare strumenti altrimenti vietati e implementare le strategie tipiche
delle strutture di proprietary trading bancario. Tuttavia, recentemente la regolamentazione in materia
di hedge funds non consente ai gestori di operare esclusivamente come trader, ma di dover
compiere una serie di scelte relative all’assetto giuridico e organizzativo coerenti con la strategia di
gestione . Di seguito verranno analizzati i fattori che identificano le caratteristiche essenziali degli
hedge funds.
1.2.1 – Strutture d’investimento La struttura di investimento collettiva hedge fund è tradizionalmente un veicolo di investimento
sovrannazionale poiché il processo di raccolta e di allocazione dei capitali deve avvenire
necessariamente su scala internazionale. Per questo motivo il fund adviser9 deve spesso servire
investitori di diverse nazionalità che prevedono differenti requisiti normativi in relazione agli strumenti
8 Il Long Term Capital Management (o Ltcm) fu lanciato nel 1994 da Myron Scholes e Robert Merton e gestito da John Meriwether, congiuntamente con alcuni dei più eccelsi traders di Wall Street. Con un patrimonio di circa 3 miliardi di dollari, il fondo rappresentava uno dei più grandi hedge fund al mondo. 9 The person or company responsible for making investments on behalf of, and/or providing advice to, investors.
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di investimento collettivo. Vengono quindi a crearsi una serie di strutture adottate nel settore degli
hedge fund (Lhabitant, 2006).
A. Mirror Fund
La struttura mirror fund (o anche definita come “side-by-side” o “clone funds”) si compone di più
veicoli d’investimento, ciascuno riferito al potenziale mercato in cui decide di proporre le quote di
investimento. Anche se la composizione dei portafogli risulta identica, a causa di differenze nel
trattamento fiscale e delle possibili variazioni dei tassi di cambio si potranno avere delle performance
differenti. Tuttavia tale struttura mostra dei vantaggi quando il gestore intende distribuire le quote in
azioni con caratteristiche legislative molto diverse: infatti, è possibile costruire almeno due veicoli, un
fondo dedicato agli investitori statunitensi e un altro, off-shore, dedicato agli investitori non-Us,
consentendo di evitare a questi ultimi una doppia tassazione. Queste caratteristiche rendono la
struttura dei mirror funds un’efficace soluzione anche a livello tributario.
B. Master-feeder
Si tratta di una struttura in cui i più fondi, detti “feeder”, sono gestiti da un unico fondo master.
L’unico asset dei fondi feeder è costituito dal master che perciò ne ricalca la strategia e le
performance, facendo diventare i fondi feeder degli strumenti di raccolta. Questo tipo di struttura è
probabilmente la più utilizzata e possiede numerosi vantaggi: ogni feeder è costituito come un veicolo
a sé stante e rende quindi personalizzabile le caratteristiche quali commissioni, investimento e canali di
distribuzione. Possono essere costituiti feeders in relazione agli obblighi di regolamentazione e alle
caratteristiche fiscali dei potenziali investitori, o con clausole per particolari campagne di collocamento.
Tuttavia tale struttura può generare conflitti di interesse tra investitori riguardo al prelievo fiscale;
infatti i fondi off-shore godono di migliori condizioni di liquidità rispetto ai fondi on-shore, e se in caso
di condizioni di mercato sfavorevoli gli investitori non-Us decidessero di liquidare la propria parte
uscendo dall’investimento, il gestore del master fund sarebbe costretto ad aumentare i costi
amministrativi (ad es. commissioni della banca depositaria) e a generare quindi una perdita a carico
degli investitori dei fondi on-shore. Tale situazione non si presenta nelle istituzioni di elevata
dimensione, ma risulta rilevante negli asset under management.
C. Manage accounts
Lo schema del manage account è costituita da un conto acceso presso la banca depositaria e di cui
l’investitore possiede la piena proprietà. Solitamente questa soluzione viene offerta da intermediari
che dispongono di una piattaforma di investimento dedicata a questa tipologia di struttura. Il manager
viene incaricato tramite un mandato di gestione al pieno controllo degli asset contenuti nel conto. Gli
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innumerevoli benefici di tale struttura e la facilità di implementazione hanno indotto alcune grandi
istituzioni bancarie alla costituzione di vere e proprie piattaforme operative di manage account. In
questa forma il manage account offre all’investitore anche una mitigazione del rischio operativo oltre a
una maggiore trasparenza dovuta al rapporto univoco tra gestore e investitore. Solitamente i manager
sono sottoposti ad approfondite analisi quantitative e a un periodo di prova da parte di due diligence
poiché sarebbe impossibile che queste siano condotte da ogni singolo investitore vistele elevate
competenze richieste e i costi necessari per questo processo d’analisi. Negli ultimi anni la forma di
investimento del manage account ha avuto un marcato incremento grazie alla crescente domanda di
trasparenza da parte degli investitori, all’aumento di veicoli e prodotti strutturati in grado di migliorare
le caratteristiche di liquidità dell’investimento e al sempre più alto interesse di indici settoriali investibili,
basati su piattaforme di manage account.
D. Umbrella
La struttura Umbrella è costituita da un insieme di fondi accumunati dalla denominazione del marchio,
dai servizi amministrativi, dalla rete di collocamento e dal gestore. Tuttavia ogni fondo conserva la
propria identità distinta da quella di tutti gli altri. Questa struttura consente di raggiungere buoni
risultati in termini di efficienza fiscale, in quanto gli investitori possono scegliere il fondo più congeniale
alle proprie caratteristiche fiscali. Inoltre, è possibile spostare i capitali da un fondo a un altro senza che
si generino capital gain sottoposti a prelievi fiscali. Questo schema permette anche una veloce risposta
alle mutevoli condizioni di mercato potendo adattare la strategia e le condizioni di ogni singolo sub-
fund senza dover alterare la struttura di collocamento. Il principale difetto risiede nella scarsa
protezione offerta agli investitori nei confronti di obbligazioni avanzate da creditori o investitori
appartenenti alla compagine di un altro sub-fund. Per risolvere questo problema è stata introdotta
recentemente la struttura Protected Cell Company (PCC), che consente la costituzione di Umbrella
fund come sola entità giuridica, pur distinguendo gli asset di ogni singolo sub-fund.
E. Prodotti strutturati
I prodotti strutturati non costituiscono una modalità del fondo in senso stretto, ma in caso di vincoli
normativi o condizioni fiscali particolari sono l’unica soluzione attuabile per non rendere l’investimento
eccessivamente oneroso. Uno delle forme più semplici di emissione di titoli strutturati avviene
attraverso la costituzione di una Special Purpose Vehicle (SPV), che consente di acquistare un
determinato numero di quote dell’hedge e di emettere prodotti finanziari strutturati che gli investitori
possono acquistare. L’elemento base della SPV sta nel fatto che questi titoli strutturati replicano le
performance dell’hedge fund. La versione più semplice di titoli strutturati sono delle obbligazioni zero
coupon bond che replicano perfettamente il rendimento netto dell’hedge fund sottostante, nei casi
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più complessi invece possono essere elaborati option che consentono di offrire all’investitore la
protezione del capitale, il leverage e specifici flussi finanziari.
1.2.2 – Service Providers I fondi comuni di investimento tendono a organizzare tutte le fasi e i servizi riguardanti il processo di
investimento in un unico processo. Gli hedge fund operano tradizionalmente in unione con una serie
di soggetti esterni cui sono delegate determinate operazioni, poiché la ridotta dimensione degli hedge
funds renderebbe troppo onerosa una gestione interna di tali processi. Con la figura 1 sono
evidenziate le possibili interconnessioni tra hedge fund e service providers (Lhabitant, 2006).
Figura 1 – I service providers di un hedge fund
Fonte: Burchi (2011)
A. General Partner/Sponsor
Lo sponsor è il creatore dell’hedge fund. La forma giuridica più diffusa fino agli anni ’90 era la limited
partnership (società in accomandita). Il creatore del veicolo corrispondeva al gestore, che solitamente
assumeva la posizione di general partner e accettava la piena responsabilità delle obbligazioni
societarie investendo i propri capitali. Più recentemente, le forme giuridiche si sono evolute e il
gestore non corrisponde più con il promotore dell’hedge fund. Infatti sempre più frequentemente lo
sponsor lascia le operazioni di gestione alle banche di investimento o alle società di gestione,
investendo il proprio capitale e ricevendo parte dei profitti attraverso le performance fee.
7
B. Investment Adviser
L’investment adviser ha il ruolo di costituire l’organizzazione del fondo e renderla operativa. L’attività
dell’adviser riguarda il marketing e la promozione delle quote del fondo presso i potenziali investitori
insieme alla stesura dei report periodici. L’esternalizzazione dei servizi permette all’adviser di
concentrarsi sulla gestione dei flussi di compensi e di concentrare le risorse sul processo di asset
allocation. L’attività di adviser, e tutti i soggetti in esso impegnati, sono sottoposti alla stessa
regolamentazione vigente per i mutual fund, e in particolare la registrazione presso la SEC,
l’individuazione di un chief compliance officier e la redazione di un codice di condotta. Inoltre,
l’autorità di vigilanza è autorizzata a effettuare ispezioni presso le sedi ove si svolge l’attività degli
adviser.
C. Prime Broker
Per accedere al mercato il gestore di un fondo deve avvalersi dei servizi di prime broker, che
coinvolgono la gestione degli ordini e alcune mansioni amministrative di supporto alle attività di
negoziazione nei mercati regolamentari e over-the-counter. Con l’aumentare della presenza e della
importanza degli hedge funds nei mercati finanziari, molte banche hanno implementato i servizi di
brokeraggio e hanno offerto servizi aggiuntivi come la negoziazione a margine o il prestito titoli. Le
commissioni per attività di brokeraggio variano notevolmente a seconda della natura e della varietà
dei servizi offerti dal fondo. Fino agli anni Novanta, l’attività principale del prime broker era basata
prevalentemente sulla negoziazione degli strumenti finanziari e quindi il compenso era calcolato in
base al volume di scambi. Nel corso degli anni, con l’aumentare del ventaglio dei servizi offerto ha
comportato una maggiore diversificazione dei ricavi del prime broker a vantaggio dei servizi tipici delle
operazioni con leverage o vendita allo scoperto utilizzata spesso dai gestori di hedge fund.
D. Administrator
L’Administrator svolge le funzioni di back office. Tuttavia nel corso degli anni l’attività
dell’amministratore ha subito un forte cambiamento. All’inizio degli anni Novanta la crescita dei volumi
di affari ha innescato un processo di trasformazione dei piccoli operatori verso organismi dotati di
maggiori professionalità operanti con l’ausilio di strumenti tecnologici e amministrativi sofisticati. Oggi
la funzione centrale dell’administrator consiste nel fornire servizi di back office, amministrativi, contabili
e di calcolo del NAV. Ad esempio negli Stati Uniti, il calcolo del NAV può essere condotto dal gestore
generando cosi dei conflitti d’interesse. Al di fuori degli Stati Uniti la quantificazione del NAV viene
condotta da soggetti terzi, come previsto dalla regolamentazione finanziaria.
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E. Custodian
Il custodian (o “trustee”) ha il compito di detenere gli strumenti finanziari che costituiscono il
portafoglio del fondo. In Europa, il custodian e l’administrator costituiscono quella figura che viene
chiamata banca depositaria. Anche se l’attività del trustee non è complessa, nel caso di uso dei derivati
o vendita allo scoperto, la correttezza dei documenti e la pronta disponibilità degli strumenti finanziari
assume un peso centrale al fine di assicurare una corretta gestione del processo di investimento e
valutazione del portafoglio.
F. Legal counsel
Il legal counsel si occupa di assicurare la conformità delle forme giuridiche e dell’operato dei gestori
alla complessa regolamentazione a cui è sottoposta l’attività di un hedge fund. Il legal counsel
predispone i documenti più importanti del processo di investimento, ovvero quelli da consegnare al
cliente nel momento della proposta, il mandato di gestione ed eventuali questionari per individuare le
caratteristiche del cliente in termini di cultura finanziaria. Infine, il legal counsel può essere coinvolto in
specifiche operazioni e può essere richiesto il suo parere riguardo a problematiche fiscali che possono
emergere in caso di operazioni internazionali.
G. Auditor
Il ruolo dell’auditor consiste nel garantire che l’hedge fund sia conforme a quanto prescritto dalla
regolamentazione in riferimento alle prassi contabili e alla redazione dei documenti di bilancio. Il
processo di revisione si realizza con frequenza annuale e il risultato viene inviato agli investitori.
H. Listing Sponsor
Per gli hedge funds che intendono quotarsi è necessario usufruire dei servizi di un listing sponsor
autorizzato dalla società di gestione del mercato, che accompagna il fondo nel processo di quotazione,
garantendo al mercato la correttezza e il rispetto dei requisiti anche nel periodo di negoziazione.
Questa opportunità fornisce agli hedge fund uno strumento di marketing nella promozione delle
proprie quote, oltre a offrire delle occasioni di trading. Esistono, infatti, dei segmenti di mercati
regolamentari dedicati agli hedge fund: l’Irish stock Market, il Channel Island Stock Exchange e il
Bermuda Stock Exchange.
1.2.3 – Strategie di gestione Gli hedge fund sono strumenti di investimento caratterizzati da minori vincoli nelle scelte organizzative
e gestionali. La maggior libertà dà la possibilità ai manager di una gestione del fondo personalizzata e a
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sua volta di specifiche performance. Agarwal10 e Naik11 hanno distinto le strategie di investimento in
due macro classi: strategie direzionali e non direzionali12. Le prime presentano correlazione positiva
con i movimenti di mercato e conseguono performance attraverso la previsione dei movimenti del
prezzo di specifiche attività finanziarie. Le strategie non direzionali sono caratterizzate da una bassa
correlazione con i mercati finanziari e non dipendono da determinati movimenti di asset class, per
questo motivo possono essere definite anche market neutral.
Tabella 1 – Le strategie di gestione degli hedge fund
Direzionali Non direzionali
a) Long-Short Equity f) Equity Market Neutral
b) Global/Macro Fund g) Event Driven / Special Event Arbitrage
c) Short Selling h) Relative Value
d) Specialized
e) Managed futures e CTAS
Fonte. Burchi A. (2011)
a. Long-Short Equity
Le strategie Long-Short e Equity Market Neutral si caratterizzano per la contemporanea presenza in
portafoglio di posizioni lunghe e corte. Questo tipo di gestione consente di modulare l’esposizione al
rischio di mercato in quanto la differenza in termini di reattività alle variabili di mercato tra le due
posizioni determina la reale esposizione ai fattori di rischio di mercato. I fondi Long-Short
costituiscono la strategia più anziana nello scenario degli hedge funds poiché lo stesso Jones
combinava entrambe le strategie per ottenere il massimo rendimento possibile. Alcuni fondi adottano
le stesse strategie dei mutual fund con la possibilità di produrre profitti anche nei periodi di ribasso del
mercato. In questo caso la strategia sarà di tipo Long-Short long bias o short bias a seconda che il
gestore sia esposto positivamente o negativamente rispetto alle dinamiche di mercato. Le strategie
Long-Short possono beneficiare di maggiori fonti di performance:
-‐ lo spread di performance tra le posizioni lunghe e quelle corte. La ricerca di titolo sottovalutati da
inserire in portafoglio è affiancata a quella di titoli sopravvalutati da vendere allo scoperto. Tale
strategia viene chiamata anche double alpha;
10 Agarwal V., Associate Professor of Finance at J. Mack Robinson College of Business. 11 Niak N.Y., Professor of Finance and Director at London Business School. 12 V. AGARWAL, N.Y. NIAK, “Multi-Period Performance Persistence Analysis of Hedge Funds” in Journal of Alternative Investments, pp. 327-342 . AGARWAL, N.Y. NIAK, “On Taking the ‘Alternative’ Route: Risks, Rewards, Style and Performance Persistence of Hedge Funds” in Journal of Alternative Investments, pp. 6-23
10
-‐ gli interessi derivati dal processo di vendita allo scoperto nel caso in cui la liquidità ottenuta non si
completamente reinvestita in posizioni lunghe (short rebate);
-‐ la differenza dei dividendi pagati dalle diverse posizioni. Solitamente le posizioni corte sono costituite
da titoli di società con elevati price/earning ratio rispetto a quelli dei titoli presenti in posizioni
lunghe; mentre i flussi dei dividendi delle prime devono essere rimborsati al proprietario dei titoli i
secondi sono incassati dal fondo.
In altri termini, le posizioni corte consentono di esporsi verso titoli sopravvalutati di cui si abbia una
ragionevole aspettativa di diminuzione del prezzo, riducendo il rischio di mercato a cui è esposto il
portafoglio bilanciando le posizioni lunghe e rendendo interessi attivi per la parte di liquidità on
reinvestita.
b. Global/Macro Fund
La strategia Global Macro si basa sull’analisi delle variabili macroeconomiche dell’economia quali il
prodotto interno lordo, il debito pubblico, il rendimento dei titoli del debito pubblico, i tassi di
cambio, i prezzi delle materie prime, ecc. Al fine di strutturare le aspettative formulate attraverso
l’approccio top-down, i gestori di Global Macro godono di mandati di gestione più ampi rispetto a
quelli delle altre strategie di investimento. Infatti, essi possono investire in tutte le asset class disponibili
nei diversi mercati finanziari globali utilizzando le più disparate tecniche di investimento e tutti gli
strumenti resi loro disponibili. Le aspettative formulate attraverso questo tipo di approccio permette
ai gestori di produrre profitti solo garantendo una elevata libertà operativa sia in termini di strumenti
che in termini di quantità di capitali investiti. Per questo motivo i Global Macro sono contraddistinti da
un basso numero di negoziazioni e un elevato quantitativo di capitale movimentato.
c. Short Selling
La prima vendita allo scoperto può esser fatta risalire al 160913. Oggi alcuni gestori utilizzano questa
strategia soprattutto per ridurre l’esposizione al rischio di mercato. La tecnica Short-Selling si basa
nella vendita allo scoperto di titoli ritenuto sopravvalutati con l’aspettativa di riacquistarli nel futuro a
un prezzo minore. I fondi sono costituiti da portafogli di sole posizioni corte e quindi hanno successo
in una fase ribassista di mercato; per questo motivo hanno avuto molto successo durante le crisi dei
mercati finanziari del 1987 e dei primi anni Novanta. La strategia gode di una duplice fonte di profitto:
da un lato, la diminuzione del prezzo dei titoli venduti allo scoperto, dall’altro gli interessi derivanti
dall’investimento della liquidità ottenuta dalla vendita stessa dei titoli. Tali profitti potranno essere
utilizzati per pagare le commissioni della istituzione che ha conferito i titoli in prestito e allo stesso 13 Operazione descritta da Edward Chancellor in Devil Take the Hindmost. Hostiry of Financial speculation. Nel 1609, il mercante fiammingo Isaac Le Maire organizzò una serie di vendite allo scoperto sulle azioni della Compagnia delle Indie Orientali quotata alla borsa di valori di Amsterdam,
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tempo potranno essere investiti in asset class a basso rischio.
La strategia è esposta anche a una molteplicità di fonti di rischio poiché le perdite possono derivare
da:
- mancato realizzo delle aspettative di riduzione del prezzo dei titoli oggetto della vendita;
- short squezze: tale situazione si realizza quando il broker o in generale il gestore dei titoli richiede
la restituzione immediata degli stessi;
- stacco del dividendo, quando il titolo distribuisce dividendi, tale somma viene addebitata a colui
che ha venduto allo scoperto e deve essere pagato a colui che ha prestato i titoli;
- impossibilità di vendere allo scoperto a cause delle limitazioni imposte dalla regolamentazione
finanziaria riguardo a questa particolare tecnica;
- rischio di liquidità: spesso è impossibile vendere allo scoperto in quanto è spesso difficile trovare
intermediari in grado di prestare tali titoli.
d. Specialized
Questo tipo di strategia, diversamente dalle altre analizzate, non si caratterizza per la tecnica di
gestione utilizzata o per gli strumenti negoziati, ma per il panorama di riferimento della propria
operatività, focalizzando lo sfruttamento in un particolare settore economico o in una determinata
area geografica. Riguardo al settore è possibile individuare una pluralità di ambiti in cui l’azione di fondi
specializzati è stata più rilevante: farmaceutico, biotecnologico, tecnologie, energetico, immobiliare, ecc.
Il gestore in questo caso deve avere una profonda conoscenza dei player del mercato e delle variabili
economiche che riguardano i comportamenti dei soggetti in esso operanti.
Riguardo alla specializzazione geografica è possibile individuare due macro aree: la prima fa capo ai
mercati finanziari evoluti e più efficienti, dove le opportunità di investimento sono numerose e non si
presentano particolare problemi di liquidità e rarefazione di mercato; la seconda area invece fa
riferimento ai mercati emergenti. Nonostante la difficoltà a operare in questo tipo di mercati e nei
numerosi divieti operativi in esso esistenti, i gestori di hedge funds hanno avuto un particolare
interesse spinti da un’aspettativa di elevati rendimenti.
e. Managed Futures e CTAS
La strategia Managed Futures è denominata anche CTA dal nome delle società di gestione attive in
questo settore. Infatti, seconda la regolamentazione statunitense 8commodity Act), ogni azienda o
persona che, per compenso o profitto, consigli ad altri l’acquisto o la vendita di futures o di opzioni su
materie prime è definita Commodity Trading Advisor (CTA). Ogni Cta è Obbligata a registrarsi
presso la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) ed essere membro della Nationa Futures
12
Association (NFC). I fondi appartenenti a questa strategia sono specializzati nello strumento utilizzato
per operare, ovvero futures e options. Nel corso del tempo la peculiarità dei fondi Cta è mutata,
infatti i managers sono passati dalle negoziazioni dei contratti derivati l’investimento in commodity.
f. Equity Market Neutral
La strategia Equity Market Neutral si caratterizza per l’azzeramento dell’esposizione netta al rischio di
mercato. Le posizioni lunghe e corte sono definite congiuntamente e le negoziazioni riguardano titoli
correlati in modo tale che i profitti non derivino dalla direzione del mercato, bensì dai movimenti di
convergenza dei prezzi delle due tecniche, cioè quella sottovalutata in posizione lunga e quella
sopravvalutata in posizione corta. Le performance del portafoglio sono quindi sola conseguenza
dell’attività di selezione dei titoli e non dell’andamento del mercato.
g. Event Driven/Special events arbitrage
I gestori che utilizzano questa strategia intendono beneficiare delle situazioni di mispricing delle attività
finanziarie quando queste sono sottoposte a determinati eventi straordinari della vita aziendale. Si
tratta quindi di operazioni di fusione (merger&acquisitions arbitrage), ristrutturazione (restructurings) e
crisi aziendale (distressed securities). Questo tipo di strategia è considerata non direzionale poiché
l’aspettativa formulata dal gestore non è basata sul futuro andamento dei prezzi delle attività in
oggetto di negoziazione. La riuscita di questa strategia è strettamente connessa all’esito
dell’operazione di finanza straordinaria. Il gestore assumerà una posizione coerente alla aspettativa di
acquisizione o fusione: nel primo caso si confrontano il prezzo corrente di mercato e il prezzo per
l’acquisizione dei titoli della società obiettivo; nel secondo caso l’oggetto di valutazione è il rapporto di
concambio teorico tra i titoli delle due società coinvolte e il rapporto di concambio espresso dal
mercato. Infatti, solitamente la società acquirente è obbligata a pagare un premio rispetto al prezzo
attuale delle azioni della società obiettivo per la conquista del controllo. In attesa della convergenza tra
i due prezzi è presumibile che il gestore assuma una posizione lunga sulla società obiettivo e una
posizione corta sulla società acquirente. Riguardo invece all’investimento in titoli di società con
problemi di liquidità o inadempimenti (distressed), il principale rischio tipico è che l’evento previsto
non si realizzi comportando notevoli perdite nelle liquidazioni delle posizioni assunte. Il processo
decisionale di gestione deve tener conto delle particolari variabili di rischio: probabilità di buon esito
dell’operazione, eventuali rischi legali e la quantità di perdite nel caso di insuccesso.
h. Relative Value
Le operazioni di arbitraggio sono delle opportunità di profitto senza rischio. Infatti, è possibile sfruttare
i disallineamenti dei prezzi di due o più attività finanziarie in modo da ottenere un profitto fino a
13
quando i prezzi di mercato convergono verso i valori di equilibrio. Le strategie di arbitraggio più
comunemente utilizzate sono la Convertible Arbitrage e la Fixed Income Arbitrage. La prima riguarda
l’operatività derivante dai disallineamenti di prezzo tra azioni e obbligazioni convertibili. Nelle strategie
di arbitraggio sul reddito fisso si cerca di ottenere un profitto dalle inefficienze di pricing tra titoli
obbligazionario e/o cambiamenti negli spread creditizi. La presenza di posizioni lunghe e corte è
motivata dalla necessità di rendere il portafoglio insensibile alle fluttuazioni dei tassi di interesse non
coinvolti nelle aspettative che generano l’operatività.
1.3 LA REGOLAMENTAZIONE FINANZIARIA 1.3.1 – Il regime legale degli hedge funds negli Usa Negli Stati Uniti, le fonti normative applicabili agli hedge fund sono numerose. Infatti, la disciplina
statunitense che regola i veicoli d’investimento è costituita da molteplici leggi: dall’Investment
Company Act al Securities Act14, alle quali si aggiungono in seguito anche l’Investment Advisor Act e il
Securities Exchange Act. Tale regolamentazione comporta delle restrizioni agli hedge fund, in
particolare alle caratteristiche operative: limitazione di accesso all’investimento a determinate categorie
di investitore, la negoziazione di strumenti derivati, l’utilizzo del leverage, la gestione del rischio.
La prima legge fu il Securities Act, emanato nel 1933 subito dopo la Grande Crisi del ’29, e ha
l’esplicito obiettivo di regolare il collocamento degli strumenti finanziari in capo agli investitori15. Prima
di allora la vendita di strumenti finanziari non era regolata e qualsiasi società poteva vendere prodotti
finanziari agli investitori senza alcun controllo, sia dal punto di vista dell’informativa che dal riguardo
alle caratteristiche dei singoli prodotti offerti16. Inoltre, il Congresso degli Stati Uniti ha definito una
serie di casi e condizioni in cui non si è sottoposti alla normativa del Securities Act: “Rules governing
the limited offer and sale of securities without registration under the Securities Act of 1933”. Per
quanto riguarda la disciplina che regola gli hedge fund come veicoli d’investimento, questa è
completata dall’Investment Company Act (1940), che prescrive la registrazione presso la SEC per tutte
le società che abbiano come attività principale l’investimento, la gestione e la negoziazione di attività
finanziarie.
Il Securities Exchange Act (1934), che impone delle regole di condotta ai broker e ai dealer, prevede
14 Successivamente modificato dal National Securities Markets Improvement Act del 1996. 15 “An Act to provide full and fair disclosure of character of securities sold in intestate and foreign commerce and through the mails, and to prevent frauds in the sale thereof, and other purposes” (Securities Act, 1933). 16 La Section 5 (a) del Securities Act, ora vieta il collocamento presso il pubblico di qualsiasi security che non sia preventivamente registrato presso la SEC.
14
degli obblighi di trasparenza e di liquidità finanziaria. Infatti, i broker e i dealer sono tenuti alla
registrazione presso la SEC e a diventare membri di una self regulation organization come ad esempio
la National Association of Securities Dealers (NASD). Tuttavia i gestori di hedge funds non rientrano
interamente nella sfera di applicazione del SEA, poiché sono considerati trader. La disciplina che si
riferisce al gestore degli hedge funds, si completa con l’Investment Adviser Act (1940), che ha lo
scopo di regolare l’attività dei soggetti che operano come adviser nei servizi di investimento del
capitale. Questa attività di consulenza viene definita dall’IAA nella Section 202 (a) (11) come attività
professionale prestata in via onerosa nella divulgazione diretta o pubblica di informazioni riguardanti il
valore di titoli o quote di investimento, consigli di negoziazione o analisi di attività finanziarie. La
Section 203 (a) richiede quindi agli investment adviser di registrarsi alla SEC.
Queste norme sono state poi integrate nel corso degli anni da diversi interventi della SEC, volti a
rinforzare le suddette norme, vista la rapida evoluzione degli hedge funds. Uno dei più importanti è la
SEC’s Hedge Funds Registration Rule (2004), che intendeva modificare l’esenzione prevista nell’ICA ad
alcune tipologie di veicoli d’investimento. Con la nuova norma il Congresso ha voluto rendere più
stringente l’obbligo della registrazione. La Rule 203 (b) (3)-2 modifica in maniera sostanziale il counting
investor test, introducendo una “look through provision” secondo la quale occorre considerare i
clienti dei private fund17 singolarmente. Nel giugno del 2006, Philip Goldstein ha sfidato la Sec riguardo
l’interpretazione dei termini “clienti/investitori” accusando l’autorità di giudizio arbitrario, poiché la
stessa sosteneva che fino a quando l’Adviser Act non fosse stato emanato per inserire una definitiva
identificazione del termine “cliente”, sarebbe stata la Commissione a interpretare tale vocabolo. La
Corte ha dato ragione al manager, e ha di fatto invalidato tale posizione affermando che un’agenzia
qual è la SEC non è autorizzata a formulare autonomamente una definizione interpretativa. Tale
sentenza ha avuto come effetto quello di invalidare la look through provision nel counting clients test.
In seguito alla sentenza Goldstein la Sec avanzò diverse proposte dirette ad aumentare i requisiti
informativi e gli obblighi di registrazione, ma nessuna di queste raccolse sufficienti adesioni.
Infine bisogna accennare le norme cosiddette blu-sky, in riferimento a una antica legge del Wisconsin
emanata per evitare che investment company vendessero pezzi di blu-sky a investitori sprovveduti. In
questo modo ogni impresa, prima di offrire le quote, deve controllare l’ottemperanza alle norme
federali e ai regolamenti di ogni singolo Stato dei servizi di investimento che vuole offrire. Nel 1956 il
legislatore statunitense ha cercato di uniformare la disciplina dei singoli stati, emanando l’Uniform
Securities Act e avendo l’approvazione da parte di 40 Stati.
17 Si definisce un private fund ogni fondi: a) che potrebbe essere definito una investment company ai sensi della Section 4 (a) dell’ICA, b) che permetta agli investitori di liquidare la quota entro due anni dalla sottoscrizione della stessa salvo casi straordinari o in riferimento a sottoscrizioni avvenute attraverso il reinvestimento del capital gain; c) la cui distribuzione delle quote sia basata sulle capacità e sull’esperienza dell’Advisor.
15
1.3.2 – Il regime legale degli hedge funds in Europa L’Unione Europea ha introdotto una serie di disposizioni miranti alla regolamentazione degli
Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari (OICVM). Tali norme sono raccolte nella
direttiva 85/611/Cee - UCITS18, il cui obiettivo è quello di uniformare le condizioni di concorrenza tra
OICVM europei e garantire una protezione efficace degli investitori. L’aspetto più importante della
normativa riguarda l’individuazione della categoria dei fondi armonizzati, ovvero dei veicoli di
investimento collettivo che rispettano i requisiti per poter esser offerti nel mercato europeo. Vengono
poi analizzati gli aspetti giuridici e operativi degli OICVM, in particolare riguardo all’autorizzazione ad
esercitare, la possibilità di investire patrimoni in valori mobiliari quotati in borsa per una quota non
inferiore al 90% degli asset under management, la previsione di una banca depositaria individuata tra
un istituto autorizzato all’esercizio sul territorio europeo, la disponibilità nei modi e nei tempo previsti
delle informazioni.
Gli hedge funds in Europa si collocano al di fuori della normativa UCITS, quindi la loro
regolamentazione è lasciata alla libertà dei singoli Stati. Tale mancanza di coordinamento ha prodotto
una serie di iniziative autonome e disorganizzate nel tentativo di identificare gli hedge funds come un
regulated investment scheme con i conseguenti obblighi di regolamentazione e vigilanza.
Il primo Stato ad adottare una piattaforma normativa dedicata è stata l’Italia. La normativa italiana
riguardante gli hedge fund si fonda su due provvedimenti: il decreto ministeriale n. 228/1999 e il
provvedimento di Banca d’Italia del 20 settembre del 1999. In questo modo è stato creato una serie
chiusa di fattispecie di possibili schemi di investimento collettivo, tutti sottoposti a un regime
autorizzativo e una particolare vigilanza da parte dell’autorità. Tra i diversi schemi previsti, quello dei
fondi speculativi è il più importante ai fini del settore degli hedge fund. I fondi speculativi, infatti,
possono collocare le quote solo a determinati investitori, le cui caratteristiche sono previste dalla
normativa. Il numero massimo di investitori non può superare la soglia delle 200 unità e la
sottoscrizione deve ammontare a un minimo pari a 500.000 euro. Il legislatore italiano ha posto
particolare attenzione alle informazioni presenti nel prospetto informativo poiché deve essere
esplicitata l’indicazione che la gestione è effettuata in deroga ai tradizionali limiti di frazionamento e
contenimento del rischio.
Gli altri Paesi, hanno seguito il modello italiano nella struttura e nei contenuti: autorizzazione rilasciata
nel rispetto dei requisiti professionali, patrimoniali e operativi, limite massimo di investitori, regime di
vigilanza specifico, minori vincoli operativi. Tuttavia, l’assenza di un coordinamento tra i diversi Stati ha
creato forti differenze nell’identificazione dei valori delle variabili che si è voluto identificare, creando
disparità di trattamento in termini di accesso all’investimento, di trattamento fiscale e costi operativi.
18 Attualmente è in vigore la norma definita UCITS IV, approvata il 13 gennaio 2009.
16
Un’altra direttiva comunitaria molto importante nel settore degli hedge fund è stata approvata nel
novembre del 2010 e prende il nome di Directive on Alternative Investment Fund Managers
(AIFMD)19. Essa prevede l’obbligo di registrazione ai fondi che gestiscano oltre 100 milioni di euro,
ovvero tutti i fondi che facciano uso di leverage20. Ciò nonostante, anche per i manager al di sotto
delle soglie individuate, sono previsti degli obblighi di notifica alle autorità riguardo all’attività di
gestione. La direttiva cerca quindi di stabilire i requisiti in merito alle modalità secondo le quali i
manager dovrebbero gestire i fondi di investimento alternativi sotto la propria responsabilità, lasciando
piena libertà alla parte riguardante la struttura organizzativa o la composizione di portafogli.
La Commissione Europea decide quindi di creare un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato
e rigoroso per quanto riguarda le attività dei gestori di fondi di investimento alternativi, anche se
autorizza i singoli Stati di adottare misure supplementari in relazione a tali fondi. Nella norma sono
previsti alcuni requisiti patrimoniali minimi in grado di assicurare la continuità e la regolarità dei servizi
di gestione forniti dai gestori dei fondi di investimento alternativi, in particolar modo i manager
saranno sottoposti a severi controlli al fine di evitare conflitti d’interesse.
La Direttiva della Commissione si concentra anche sui processi di pricing delle attività detenute, in
quanto la corretta valutazione della quota di un fondo è una tra le condizioni necessarie per la tutela
degli interessi degli investitori. Nonostante i diversi metodi utilizzati dai gestori nel pricing delle attività
finanziarie, si è cercato di individuare dei criteri omogenei di valutazione degli strumenti presenti nel
portafogli da parte di un soggetto estraneo al fondo. Altro punto cardine della norma riguarda il
rischio sistematico, e in particolare i gestori che fanno ricorso a livelli elevati di leva finanziaria nelle
strategie di investimento. Infatti, la Commissione ha ritenuto opportuno imporre dei limiti alla leva
finanziaria che i gestori possono utilizzare nell’attività di gestione, imponendo un limite massimo da
non superare in un determinato periodo.
La Direttiva prosegue concentrandosi anche sugli effetti dell’operatività dei fondi alternativi nelle
società quotate nei mercati regolamentari, ovvero in quei casi in cui la quota di partecipazione del
fondo consente il controllo o l’influenza dominante sull’amministrazione della società. Per tali situazioni
sono stati previsti particolari obblighi da applicare ai gestori di fondi nel momento in cui essi esercitino
il controllo di una società. Infine, la Commissione Europea, al fine di far rispettare i punti
precedentemente elencati, identifica in maniera precisa i poteri e i doveri delle autorità competenti
responsabili dell’attuazione della Direttiva stessa, insieme ai meccanismi volti a rafforzare il livello di
cooperazione transfrontaliera in materia di vigilanza.
19 La stesura del testo della direttiva è iniziato nell’aprile del 2009, alla conclusione del vertice G20 dove secondo quanto riportato dal commissario McCrevy “tutti i membri si sono espressi favorevoli a sottoporre gli elementi dei mercati finanziari a una appropriata regolamentazione” 20 Una soglia più elevata, pari a 500 milioni di euro, sarà applicata ai fondi di Private Equity che vincolano i gestori per almeno 5 anni.
17
Tabella 2 - Norme più importanti riguardanti i veicoli d’investimento in Europe e negli USA.
USA
Norma Anno Oggetto della Regolamentazione
Security Act 1933 Offerte pubbliche e strumenti finanziari
Securities Exchange Act 1934 Obblighi di informativa e disclosure
Investment Company Act 1940 Società d investimento
Investment Advisor Act 1940 Attività di advisor
EUROPA
Norma Anno Oggetto della Regolamentazione
UCITS 2009 Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari
AIFMD 2010 Gestione dei fondi hedge e di altri fondi alternativi
Fonte: elaborazione personale
18
19
CAPITOLO 2 – LA MISURAZIONE DEL RENDIMENTO E DEL RISCHIO E LA COSTRUZIONE DI UN PORTAFOGLIO D’INVESTIMENTO
2.1 LA MISURAZIONE DEL RENDIMENTO TRAMITE BENCHMARK E DATABASE
Le due variabili chiave nel processo di allocazione del capitale sono il rendimento e il rischio. Per la
quantificazione di entrambe occorre disporre di una serie storica puntuale e continua dei prezzi
registrati dall’attività in oggetto dell’analisi. La corretta valutazione del prezzo assume una relativa
importanza nell’analisi ex ante e nell’analisi post ante per una corretta costruzione del portafoglio di
investimento e per confrontare i diversi strumenti.
Diversamente dai mutual fund, che adottano degli standard di comunicazione agli investitori AIMR21,
nel settore degli hedge fund non sono ancora stati trovati degli standard che permettano la corretta
misurazione e costruzione dei benchmark di riferimento.
Nei seguenti paragrafi saranno illustrate le problematiche connesse alla misurazione e alla costruzione
degli indici di riferimento, quali difficoltà nel calcolo del NAV, la raccolta delle informazioni necessarie
per la costruzione degli indici e le relative distorsioni presenti.
2.1.1 – Il calcolo del NAV e del rendimento netto
Nel settore dei fondi comuni di investimenti la quantificazione del prezzo è eseguita dalla banca
depositaria o dal prime broker. Diversamente per gli hedge funds, il processo di misurazione del
valore della quota di investimento è più complicato. Tra le ragioni di tale complessità, se ne possono
21 “Formerly known as the Association for Investment Management and Research (AIMR), the CFA Institute is an international organization comprised of more than 70,000 members who hold the Chartered Financial Analyst (CFA) designation or are otherwise bound by its rules. Its primary mandate is to specify and maintain a high standard for the investment industry.”
20
evidenziare tre in particolare.
La prima, definita infrequent trading, è causata dalla presenza in portafoglio di titoli illiquidi perché
scarsamente negoziati. In questo caso, il prezzo utilizzato per assegnare un valore alla posizione non è
altro che quello dell’ultima negoziazione. Se l’intervallo di tempo tra la data di valutazione e l’ultima
contrattazione del titolo è ampio, il prezzo utilizzato per stimare il valore non risulta più attendibile.
Altra causa è la modalità di pricing: infatti l’utilizzo di strumenti derivati (futures, option, swap), che
risentono di elevate condizioni di illiquidità, non danno la possibilità di essere valutati, se non con
macchinari sofisticati che possono dare diversi valori a seconda del modello utilizzato.
Infine, bisogna considerare il modello di remunerazione dei gestori degli hedge funds, basato sia su
commissioni di gestione sia commissioni di performance. Infatti, se le prime comportano un’influenza
sul NAV identica per tutti gli investitori, le performance fee e le clausole connesse sono personalizzate
per ogni singolo investitore e quindi, ogni singola quota subirà un apprezzamento o un
deprezzamento a seconda del periodo di acquisto e vendita, dovuti all’incidenza delle commissioni di
performance. Per tale motivo la ricerca di un unico valore della quota di investimento al termine del
periodo di rilevazione può risultare assai difficile.
2.1.2 – La costruzione dei database e degli indici
La pubblicazione dei primi indici riguardanti alcuni hedge funds ebbe luogo sul finire degli anni
Novanta. Inizialmente, i gestori dei fondi li utilizzavano come strumenti interni finalizzati a individuare
le dinamiche di mercato. Il crescente interesse ha indotto coloro che disponevano ed elaboravano
degli indici a renderli fruibili anche agli investitori. Nonostante la presenza di numerose distorsioni, la
difficoltà a reperire dati attendibili e il discutibile contenuto informativo, l’utilizzo del benchmark di
riferimento da parte degli investitori ha portato a un incremento dei soggetti impegnati nella raccolta
di informazioni necessarie alla costruzione di benchmark di mercato nel settore degli hedge funds.
Attualmente si possono individuare 24 index provider che elaborano indici generali e una moltitudine
di sotto indici per le singole strategie.
Le informazioni che vengono raccolte possono essere di tipo quantitativo o qualitativo. Nel primo
caso, il database è composto dalla serie storica dei NAV e dei rendimenti e altre informazioni
accessorie (commissioni, capitali investiti, ecc.). Nel caso di informazioni qualitative si aggiungono dati
riguardanti strategie e tecniche di negoziazione, politiche d’investimento, modalità di selezione dei
titoli, certificazioni di qualità, ecc.
Elemento chiave di tutti i database è la volontarietà con la quale i manager rispondono ai quesiti
necessari per la costruzione della banca dati. Infatti, l’assenza di trasparenza sia nella disciplina di
mercato, sia negli usi e nelle consuetudini permette al manager di determinare e decidere il grado di
21
apertura del fondo e delle proprie informazioni verso i diversi soggetti interessati.
Le modalità di elaborazione dei dati sono due: equally weighte o asset weithed. La prima tecnica
utilizza i fondi, uniti in media aritmetica, per calcolare la performance periodale. Nella seconda
modalità invece, le performance di ogni singolo fondo vengono ponderate nella media in base alla
capitalizzazione dello stesso fondo. In questo modo l’indice verrà influenzato dai fondi con una
dimensione più grande.
Tabella 1 – Data Provider disponibili
Index Provider Data di
lancio
Inizio
Rilevazioni Sito web
Altvest Morningstar 2007 1993 http-//www.morningstar.com/
Barclays 2003 1997 http-//www.barclayhedge.com/
Bernheim 1995 1999 www.hedgefundnews.com
CISDM/MAR 1994 1990 http-//www.isenberg.umass.edu/cisdm/
CogentHedge 2003 1997 www.cogenthedge.com
Dow Jones Credit Suisse 2003 1994 www.hedgeindex.com
Edhec 2003 1997 www.edhec-risk.com
Eurekahedge 2002 2000 www.eurekahedge.com
FTSE 2004 1998 www.ftse.com
Greenwich AI 1994 1988 http-//www.greeenwichai.com/
Hennessee 1987 1987 www.hennesseegroup.com
HF Intelligence 2001-2003 1998 www.hedhefundintelligence.com
HF Net (Tuna) 1998 1976-1995 www.hedgefund.net
HFR 1994 1990 www.hedgefundresearch.com
International Traders Research Inc. N.D. N.D. www.managedfutures.com
MondoHedge 2003 2002 www.mondohedge.com
MSCI 2002 2002 www.msci.com
RBC 2005 2005 www.rbchedge250.com
Stark & Company N.D. N.D. www.starkresearch.com
Fonte: Burchi A. (2011)
2.1.3 – Le distorsioni (biases) presenti negli indici di riferimento
La costruzione di un database adatto alla costruzione di indici settoriali comporta la scelta dei criteri
nella raccolta, nella selezione e nel raggruppamento dei dati necessari. Vista la molteplicità e diversità
22
dei metodi adottati dai soggetti proprietari di database, si possono individuare una serie di punti
discordanti:
- i criteri di selezione differenti, quali ad esempio la lunghezza delle serie storiche o la presenza di
restrizioni all’ingresso di nuovi investitori;
- la classificazione delle strategie d’investimento e quindi l’assegnazione dei fondi a un determinato
stile di gestione in base alle risultanze metodologiche;
- la diversa modalità di aggregazione delle performance, ovvero equally weighte o value weighted;
- la frequenza di aggiornamento sia riguardo ai dati raccolti, sia alle variabili caratteristiche dei fondi.
Tali differenze comportano un insieme di informazioni di indici provenienti da diversi data provider
che discordano fortemente tra loro producendo un’immagine distorta del settore incapace di
orientare gli investitori nelle proprie scelte.
A questi problemi si aggiunge la necessità di avere indici rappresentativi delle dinamiche di mercato,
cercando di evitare principalmente due tipi di problemi nella raccolta delle informazioni:
i. il problema relativo la modalità di campionamento e selezione dei fondi: il campione adoperato
deve essere in grado di rappresentare il settore o la strategia nella maniera più completa possibile,
in modo da catturare tutte le caratteristiche all’interno dell’indice;
ii. il problema dovuto alle numerose distorsioni che possono influire sulla qualità informativa
dell’indice e che si traducono nella tendenza dell’indice a deviare in maniera significativa rispetto
alle vere dinamiche del settore.
Per quanto riguarda il settore degli hedge fund, vista l’assenza di una normativa specifica riguardo ai
requisiti di disclosure si viene a creare una serie di difficoltà per la creazione e l’elaborazione di un
database da cui estrarre in seguito un campione rappresentativo al fine di costruire un benchmark di
riferimento. Infatti, l’elaborazione di un indice di mercato rappresentativo di fondi di investimento
dovrebbe iniziare dal campionamento di fondi sulla base dei quali costruire poi l’indice stesso. Poiché
tale operazione risulta molto complessa, la costruzione degli indici avviene attraverso un doppio
campionamento: il primo è operato dal data provider involontariamente ed è correlato alla capacità di
raccolta delle informazioni nella maniera più ampia possibile; il secondo è conseguenza della
metodologia adottata nel costruire il benchmark.
I database risultano quindi migliori qualitativamente e quantitativamente in relazione al numero di
informazioni raccolte dai data provider. I database possono essere di proprietà, commerciali o
entrambe, e in ogni caso è possibile individuare una serie di distorsioni riconducibili alla volontarietà
della pubblicazione delle informazioni necessarie. Nella tabella 2 sono classificate le principali
distorsioni che influiscono sulla qualità dei benchmark.
23
Tabella 2 – Classificazione delle distorsioni presenti nei benchmark di hedge funds
Distorsioni dovute alla raccolta delle informazioni e alla costruzione dei database
a. Self Selection Bias
b. Sample / Database Selection Bias
c. Survivorship Bias
d. Backfill / Istant History Bias
Distorsioni dovute alla aggregazione delle performance e al calcolo degli indici
e. Manager Sample Bias
f. Defunct Fund Bias
g. Weighted Scheme
h. Classification Bias
Fonte: Burchi (2011)
2.2 IL CONTROLLO DEL RISCHIO DEGLI HEDGE FUNDS
La valutazione delle performance di un investimento finanziario necessita della misurazione del
rendimento in comparazione con un indice di rischio. I modelli di valutazione derivanti dalla teoria del
portafoglio sono definiti modelli media-varianza in considerazione del fatto che la valutazione tratta
solamente su questi due fattori. Tale approccio consente di paragonare strumenti di investimento
molto diversi (obbligazioni, azioni, prodotti strutturati, ecc.) anche quando inseriti in diverse
combinazioni all’interno di portafogli finanziari.
L’uso dei modelli media-varianza risulta efficace quando i rendimenti delle attività finanziaria analizzate
presentano una distribuzione normale e le preferenze degli investitori sono riconducibili a funzioni
quadratiche. Tuttavia, il settore degli hedge funds non mostra tali rendimenti e funzioni di utilità,
imponendo agli analisti di utilizzare strumenti quantitativi in grado di catturare le complesse dinamiche
delle serie storiche in oggetto, al fine di evitare una dannosa sottostima del rischio.
Oltre alle particolare strategie bisogna considerare la composizione del portafoglio, in particolare
riguardo agli strumenti di scarsa liquidità o di difficile valutazione. La minore pressione normativa e le
clausole di restrizione alla negoziazione della quota permettono ai manager di operare con asset
preclusi ad altri veicoli. Colui che vuole inserire l’asset class degli hedge funds all’interno del proprio
portafoglio finanziario deve valutare gli aspetti di liquidità dell’investimento e la sua capacità di uscita
anticipata rispetto all’orizzonte temporale.
24
Nei seguenti paragrafi sarà presentata una proposta di metodologia di misurazione del VaR e saranno
illustrati i principali rischi operativi nel settore degli hedge funds.
2.2.1 – Il VaR e l’espansione Cornish-Fisher
Il Value at Risk (VaR) è una misura statistica del rischio di mercato, cioè una misura che sintetizza il
rischio attraverso una distribuzione di probabilità dei potenziali profitti e delle perdite. Il VaR è definito
come la misura della massima perdita “potenziale” che un portafoglio può subire con una certa
probabilità su un determinato orizzonte temporale. Dato α il livello di confidenza scelto, il VaR
corrisponde a 1-α della coda negativa della distribuzione.
Figura 1 – Rappresentazione grafica del Value at Risk in una distribuzione normale
Fonte: elaborazione personale.
La misura del VaR attraverso le tecniche basate sulla distribuzione normale può fornire utili indicazioni
sulla massima perdita derivante da un investimento durante le normali condizioni di mercato. I modelli
tradizionali assumono la distribuzione normale dei log-rendimenti. Invero, i log-rendimenti degli hedge
fund presentano spesso elevati livelli di curtosi e asimmetria, sia positiva che negativa. Le distribuzioni
mostrano quindi caratteristiche di fat-tails che implicano una maggiore probabilità degli eventi estremi
rispetto a quanto predetto dalla distribuzione normale.
Un’alternativa al VaR è stata quella del “Modified VaR”, che utilizza l’espansione di Cornish-Fisher.
L’espansione di Cornish-Fisher modifica il quantile Zα riguardante all’intervallo di confidenza (1-α) della
distribuzione normale, per tenere conto dell’asimmetria e della curtosi.
25
La formula è la seguente:
Il Modified VaR nasce per la misura del rischio degli Hedge Fund che, adottando strategie di “hedging”,
cercano di decorrelarsi dai mercati, mantenendo valori di deviazione standard, curtosi e asimmetria
contenuti, pur investendo in attività ad alto rischio. Poiché questi strumenti di investimento alternativo
offrono rendimenti non lineari e solo su questi ha senso utilizzare l’espansione moltiplicatrice del
Modified VaR.
Questo fa sì che, nella normale attività di investimento, il Modified VaR tenda a valori troppo
ottimistici nei momenti di bassa volatilità e, al contrario, troppo conservativi nei momenti di alta
volatilità, il che è dovuto all’effetto moltiplicativo dell’espansione di Cornish-Fisher sugli “outliers22”.
Inoltre il Modified VaR, così come il VaR, non risulta una misura coerente del rischio, non risultando
sub-additiva. Proprio per il suo carattere poco reattivo e molto conservativo il Modified VaR funziona
molto bene e con un intervallo di confidenza del 99% il Modified VaR “fallisce” solo nello 0.0158% ( 1
sola volta in tutte le osservazioni), risultando quindi, indubbiamente efficace. Tuttavia, risulta
operativamente poco utile, perché troppo conservativo nei momenti di esplosione della volatilità
(fornendo valori irreali) e troppo ottimista nei periodi di contrazione della volatilità.
2.2.2 – Il rischio operativo degli hedge funds
La complessa natura di questi strumenti di investimento consente agli investitori di esporsi a una
pluralità di fattori di rischio quali il rischio di mercato, di controparte, di liquidità. L’esposizione a
questo tipo di rischi è giustificata dall’elevata redditività offerta dal settore degli hedge funds.
Nella seconda metà degli anni Novanta, il rapido aumento degli AUM23 del settore è coinciso con il
verificarsi di numerosi casi di fallimento del veicolo di investimento collettivo. Purtroppo i più noti casi
di fallimento di hedge funds si distinguono per l’ammontare dei capitali coinvolti e per il fatto che essi
costituiscano per oltre la metà dei casi eventi connessi al rischio operativo. In accordo con la
International Association of Financial Engineers (IAEF) il rischio operativo può essere definito come “le
22 Outlier è un termine utilizzato in statistica per definire, in un insieme di osservazioni, un valore anomalo e aberrante; un valore quindi chiaramente distante dalle altre osservazioni disponibili. 23 The market value of assets that an investment company manages on behalf of investors. Assets under management (AUM) is looked at as a measure of success against the competition and consists of growth/decline due to both capital appreciation/losses and new money inflow/outflow.
26
perdite derivanti dai problemi causati da persone, processi, tecnologia, eventi esterni”. Questa
definizione consente di includere tra le cause anche il rischio di errore nelle azioni interne, nel sistema
di controllo, nei sistemi contabili, nelle funzioni di compliance, internal audit e comportamenti
fraudolenti da parte del personale o dei manager. Nella figura 2 sono state analizzate le cause dei
fallimenti di hedge funds e in particolare il dettaglio dell’evento che si è manifestato all’interno dei casi
di rischio operativo.
Figura 1 – Analisi delle cause di fallimento degli hedge funds e degli eventi di rischio operativo
Fonte: Capco (2003)
Gli eventi di rischio operativo più comuni sono i comportamenti fraudolenti da parte dei gestori tra
cui, in particolare, la rappresentazione non veritiera delle performance e del valore di portafoglio e
l’appropriazione indebita di capitali conferiti dagli investitori. Tali eventi sono resi possibili dalla scarsa
maturità del settore che non ha ancora sviluppato pratiche operative in grado di monitorare
sufficientemente le seguenti funzioni chiave:
- il pricing delle posizioni e il calcolo del NAV;
- le procedure di reporting ai clienti;
- i controlli di compliance;
- le infrastrutture di risk management.
-
Solo recentemente la richiesta rivolta ai ricercatori di un maggiore sforzo di analisi dei rischi operativi
27
si è realizzata attraverso la formulazione di alcune proposte di processi di due diligence24.
Il costo di tali processi può essere rilevante, anche se ciò nonostante è possibile dimostrare che un
adeguato processo di due diligence costituisce un’effettiva fonte di rendimenti e il più adeguato
strumento contro il rischio operativo.
La problematica del rischio operativo rappresenta quindi la principale sfida imposta ai gestori di hedge
fund. Infatti, l’impatto dei rischi operativi sulle performance dei veicoli di investimento è tanto rilevante
quanto sono complesse le dinamiche da monitorare. I soggetti coinvolti nel processo di controllo del
rischio operativo sono numerosi ed eterogenei, obbligando la creazione di una funzione di
monitoraggio molto costosa. Recentemente, AIMA, ha elaborato una serie di questionari come guida
per un corretto processo di due diligence. I contenuti dei questionari non sono disponibili ai media ma
la stessa Associazione ne ha divulgato il riassunto dei contenuti e degli obiettivi conosciuti,
distinguendo i questionari per la selezione delle seguenti figure chiave:
- Hedge Fund Manager;
- CTAS / Managed Futures Managers;
- Fund of Hedge Funds Managers;
- Prime Brokers;
- Fund Administration for Managers;
- Fund Administration for Investors.
I fondi di fondi rappresentano il veicolo di investimento più promettente attualmente disponibile in
grado di consentire l’investimento in asset class alternative. Essi permettono di sopportare gli elevati
costi di un processo di due diligence e di beneficiare dell’effetto di diversificazione grazie alla presenza
in portafoglio di una pluralità di gestori.
2.3 ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI D’INVESTIMENTO
Gli hedge funds costituiscono un asset class con una pluralità di soluzioni giuridiche e operative in
grado di soddisfare una molteplicità di bisogni finanziari. Infatti, investire in hedge funds significa
assumere posizione nei confronti di una vasta categoria di veicoli di investimento appartenenti a
questa asset class ben diversificati al fine di ridurre il rischio specifico. Questa soluzione può essere
ottenuta in diversi modi: l’acquisto delle quote di uno o più fondi, l’investimento diretto in un veicolo
24 L'espressione inglese due diligence identifica il processo investigativo che viene messo in atto per analizzare valore e condizioni di un'azienda, o di un ramo di essa, per la quale vi siano intenzioni d’acquisizione o investimento. In finanza, la due diligence indica quell'insieme di attività svolte dall'investitore, necessarie per giungere ad una valutazione finale, analizzando lo stato dell'azienda, compresi i rischi di un eventuale fallimento dell'operazione e delle sue potenzialità future.
28
hedge, l’investimento indiretto realizzato mediante uno degli strumenti che replicano il rendimento di
fondi hedge o una combinazione di queste modalità. L’investimento in veicoli alternativi presuppone
l’utilizzo di modelli di analisi specifici e una valutazione delle motivazioni, dei benefici e delle criticità di
ogni investimento.
Nei seguenti paragrafi saranno presentate le caratteristiche dei rendimenti offerti dalle diverse
strategie, e verrà proposta una metodologia di asset allocation per portafogli finanziari comprendenti
hedge funds.
2.3.1 – Le diverse strategie d’investimento
Il settore degli hedge funds è costituito da una pluralità di strumenti eterogenei sia dal punto di vista
giuridico che operativo. Il corretto processo di allocazione deve considerare la pluralità di soluzioni
possibili in modo da soddisfare i diversi bisogni finanziari. E’ necessario quindi una sub analisi all’interno
del singolo settore degli hedge funds prima di operare scelte di allocazione. La figura 2 riporta il
grafico rischio-rendimento delle principali strategie utilizzate.
Figura 2 – Rappresentazione nello spazio rendimento-deviazione standard delle strategie
Fonte: Burchi (2011)
29
Questa rappresentazione consente di giungere ad alcune importanti evidenze:
a. La strategia Equity Market Neutral si posiziona nell’ambito di basso rischio e basso rendimento
rispetto al completo settore degli hedge funds. La strategia appare indipendente dalle mutevoli
condizioni di mercato e costituisce la più valida alternativa per l’investitore in cerca di
diversificazione. Inoltre, mentre il rischio di tale strategia è paragonabile a quello di un
investimento obbligazionario, il rendimento è sensibilmente maggiore e, se abbinato con la scarsa
correlazione con l’investimento in bonds, permette consistenti miglioramenti delle caratteristiche
di portafoglio;
b. Un secondo gruppo di strategie, comprendente Global Macro, Convertible Arbitrage e Long-
Short Equity, si caratterizza per livelli elevati di rischio e di rendimento. Al centro del perimetro
disegnato da queste strategie, troviamo anche l’indice di riferimento aggregato al settore. Il rischio
caratteristico di questo gruppo è paragonabile al rischio dell’investimento azionario, ma con un
rendimento ben più elevato;
c. Le strategie Distressed e M&A sono caratterizzate da livelli di rischio paragonabili al gruppo
precedente ma con un rendimento maggiore del 15-20% rispetto al settore. Il dato
caratterizzante di questo gruppo è la bassa volatilità, associata a rendimenti molto elevati dovuti
alla scarsa regolamentazione. In altri termini, la scarsa volatilità è il frutto della tendenza dei
manager di operare in maniera da ottenere un effetto smothing sulle performance;
d. Infine, la Short-Selling registra livelli di rischio elevati e bassi rendimenti. Ciò nonostante tale
strategia costituisce una valida soluzione di investimento in considerazione delle caratteristiche di
correlazione con le altre asset class di mercato. La correlazione inversa di questa strategia
consente di ottenere benefici di diversificazione se l’investimento viene gestito in maniera attiva.
2.3.2 – Ottimizzazione di portafoglio: analisi qualitativa
Per analizzare correttamente in un processo di ottimizzazione bisogna tener conto di due condizioni
molto importanti:
1. l’utilizzo dei momenti della distribuzione di rendimenti superiori al secondo nel processo di
misurazione del rischio;
2. la costruzione di un processo di asset allocation diviso in due stadi in modo da inserire nella
procedura classica una asset class denominata hedge fund che è costituita da un investimento ben
diversificato in veicoli di investimento alternativo.
E’ quindi possibile effettuare un’analisi qualitativa selezionando il singolo strumento all’interno del
paniere, cioè da tutti i veicoli di investimento considerabili alternativi. In questo caso l’impegno degli
30
operatori consiste nella ricerca di un processo di selezione qualitativo in grado di produrre risultati
efficaci, dove le aree di indagine degli analisti sono:
a. la strategia;
b. le caratteristiche del veicolo;
c. la società di gestione e il team di gestori;
d. le infrastrutture operative;
e. il processo decisionale;
f. il controllo del rischio.
Nella seguente tabella si propongono le caratteristiche che una griglia di analisi ben costruita deve
considerare lasciando all’analista l’incombenza di quantificare l’importanza relativa a ogni singola
variabile (Lhabitant, 2006).
Tabella 3 – Esempio di griglia per analisi qualitativa
La strategia
Individuare la strategia di
gestione del fondo e
comprendere i cambiamenti
avvenuti nel corso del
tempo nella politica di
gestione
Quale strategia di gestione adotta il manager?
La strategia del fondo è mutata nel corso del tempo? Se si, in quale direzione?
per quale motivo?
L’attuale manager è responsabile delle performance passate o c’è stato un
avvicendamento?
Quali sono le prospettive della politica di investimento?
Esistono dei limiti alla quantità di asset gestibili in maniera attiva? Se si, quali
sono questi limiti? Quali motivazioni?
I rendimenti passati sono coerenti con la strategia perseguita?
Quali sono le tecniche di negoziazione utilizzate nella gestione?
Quale è il livello di leverage medio nel tempo? Quali i suoi cambiamenti?
Quali strumenti si utilizzano per l’indebitamento?
Quali caratteristiche di liquidità hanno le posizioni di portafoglio?
Le caratteristiche del veicolo
Occorre comprendere le
motivazioni delle scelte
organizzative e strutturali
della società di gestione,
nonché comprendere i
servizi operati internamente
Dove è domiciliato il fondo? Perché? Quale è il regime normativo per gli
investitori in questa giurisdizione?
Quale è la struttura legale del fondo?
Quale è il regime normativo della società di gestione e quale quello del
veicolo?
Quali sono le clausole di sottoscrizione e redemption? Sono cambiate nel
31
e quelli esternalizzati. Infine,
occorre valutare la qualità
dei service providers
corso del tempo?
Chi sono i service providers del fondo? Come vengono selezionati?
Chi è la banca depositaria? Come avviene il trasferimento dei fondi?
Quali sono le procedure di valutazione della quota? Esistono particolari
criticità nella valutazione di determinate poste di bilancio?
Quanti sono gli investitori del fondo? Quanti capitali ha investito il primo o i
primi cinque investitori in termini di ricapitalizzazione?
Quanti capitali ha investito direttamente il manager?
Quali sono le modalità di investimento nel fondo? Quali le differenze?
La società di gestione e il team di gestori
In questa sezione occorre
studiare le caratteristiche
del team di gestori e la loro
capacità
Chi sono gli investitori? Qual è il loro background? Quali sono le loro
esperienze? Quando e perché si sono dimessi della loro precedente
posizione?
Le remunerazione dei gestori dipende dalle performance realizzate? In quale
misura?
I manager hanno investito parte dei propri capitali direttamente in fondo?
Il team di gestori o la società di gestione sono attualmente, o lo sono stati,
coinvolti in azioni legali riguardanti reati finanziari?
Come sono distribuite le responsabilità decisionali nel team? I singoli manager
provengono da esperienze lavorative in comune? La strategia è condivisa?
Esistono procedure disciplinari recenti verso uno dei membri dello staff?
Quanto è vulnerabile la struttura in considerazione di una eventuale
fuoriuscita di uno dei membri dello staff?
Esistono strutture operative in grado di ridurre i potenziali conflitti di
interesse? Come viene monitorato il processo di esecuzione degli ordini di
negoziazione?
Le infrastrutture operative
Riguardo alle infrastrutture
operative bisogna valutare
la coerenza delle dotazioni
di software, hardware o di
spazio operativo rispetto al
volume di lavoro
Quali sono le dotazioni software utilizzate nei tre ambiti di attività (front-
office, mid-office e back-office)?
Quali sono le modalità di comunicazione tra i diversi comparti della struttura
operativa?
La struttura di backup dei dati consente il totale e il rapido ripristino dei
sistemi? Sono presenti coperture assicurative per questo tipo di rischi?
Esiste un sito internet? Quali sono le sue funzioni?
Il processo decisionale
L’ultimo passaggio riguarda
la comprensione del
Qual è il processo che conduce alla decisione di investimento? Esiste un
comitato di investimento? Le decisioni di negoziazione possono essere prese
32
processo decisionale singolarmente dai manager?
Qual è il processo per cui una idea di negoziazione viene posta in essere?
Chi è autorizzato ad operare? Quali sono i titoli che possono essere negoziati?
Come vengono gestite le operazioni di negoziazione prima che esse vengano
trasmessi all’intermediario?
Quali misure esistono per evitare negoziazioni non autorizzate o
l’occultamento di eventuali violazioni?
Esiste una struttura di gestione del rischio indipendente? Quali sono le
modalità operative e i modelli quantitativi adottati nella gestione del rischio?
Fonte: Burchi (2011)
2.3.3 – Investimento diretto o Fondo di fondi hedge
La presenza di asimmetrie negative, curtosi elevata, dipendenza seriale dei rendimenti conducono a
una sottostima della volatilità e a una sovrastima delle misure di performance quali l’indice di Sharpe.
Tali risultanze portano ad affermare la necessità di modelli di analisi e competenze non sempre alla
portata degli investimenti, in particolare quelli più piccoli.
Per la maggior parte degli investitori il primo approccio ai veicoli alternativi è rappresentato dai fondi
di fondi. Questo tipo di veicoli mette a disposizione un favorevole punto d’ingresso caratterizzato da
una molteplicità di manager e strategie con necessità patrimoniali, non elevate. Molti fondi di fondi
sono dotati di strutture di ricerca, gestori di portafogli e risk manager al pari dei fondi puri. Per
raggiungere una diversificazione paragonabile a quella ottenibile con i fondi di fondi attraverso
l’investimento diretto, l’investitore sarebbe costretto a sostenere i costi delle unità operative e dei
service provider moltiplicati per ogni singolo veicolo.
Tuttavia, il problema più grande in un fondo di fondi è costituito dalla doppia imposizione di
commissioni poiché tale investimento non realizza una mera duplicazione dei canali ma costituisce un
intermediario finanziario che fornisce servizi e professionalità che il singolo investitore non sarebbe in
grado di raggiungere singolarmente. Le commissioni dovute al fondo di fondi sono giustificate dai
servizi di ricerca, due diligence, monitoraggio, diversificazione di portafoglio e riduzione del rischio
operativo di cui l’investitore può beneficiare. Risulta quindi necessaria un’analisi adeguata da parte
dell’investitore riguardo l’esistenza e la qualità dei servizi offerti dall’intermediario che ne giustificano le
commissioni.
Nella figura 3 sono riportate le performance delle varie strategie e del benchmark riguardante il fondo
di fondi. E’ possibile notare che i fondi di fondi registrano in media rendimenti inferiori a qualsiasi altro
indice preso in considerazione, mentre la deviazione standard è superiore a quella registrata dalle
33
strategie Equity Market Neutral e M&A ma non discosta notevolmente dai risultati degli altri indici, ad
eccezione della strategia Short-Selling che evidenzia un indice di volatilità doppio rispetto agli altri.
Riguardo alla asimmetria e alla curtosi in eccesso, il benchmark dei fondi di fondi è secondo solo alla
strategia Convertibile Arbitrage.
La figura 4 invece riporta le diverse strategia e l’indice FoF sul piano media-deviazione standard.
L’indice del fondo di fondi presenta rendimenti inferiori a ogni altra strategia e una deviazione
standard paragonabile alla strategia Long-Short. Tuttavia, la bassa redditività può essere ricollegata
all’impossibilità del fondo dei fondi di eliminare le posizioni di crisi che si concretizzano in fallimenti
dalla propria serie storica. Infatti, mentre gli altri indici strategici prevedono l’eliminazione dei fondi
defunti dal database, il fondo dei fondi è costretto a mantenere nel proprio portafoglio l’investimento
anche quando questo è fallito.
Figura 3 – Dati di performance (media, deviazione stand., asimmetria, curtosi) delle distribuzioni dei rendimenti dell’indice di Fondi di Fondi e delle altre strategie.
Fonte: Burchi (2011)
34
Figura 4 – Rappresentazione nello spazio rendimento-deviazione standard dell’indice di Fondi di Fondi e delle altre strategie
Fonte: Burchi (2011)
35
CAPITOLO 3 – LE FRODI NEL SETTORE DEGLI HEGDE FUNDS 3.1 – ASPETTI INTRODUTTIVI. SIGNIFICATO, CLASSIFICAZIONE E TIPOLOGIE NEL SETTORE DEGLI
HEDGE FUND
3.1.1 – Significato e classificazione delle frodi
Anche se non esiste una vera definizione di frode, questa può essere definita come “qualsiasi azione
scorretta che venga commessa intenzionalmente, attraverso l’utilizzo, a volte, anche di mezzi iniqui, al
fine di ottenere per sé o per terze parti, direttamente o indirettamente, un tangibile o intangibile
vantaggio non dovuto ovvero di evadere un’obbligazione di qualsiasi natura”25.
Questa definizione cosi ampia del termine considera anche eventi che non sono disciplinati dalla legge
penale (quale truffa, appropriazione indebita, furto e corruzione), ma più in generale tutti quei
comportamenti che violino l’etica di impresa tali da generare una perdita o un danno di immagine alla
società stessa.
Nel 1973, il sociologo americano Cressey26, aveva cercato di definire le ragione che portavano un
soggetto a tenere un atteggiamento scorretto e a cercare di compiere atti illeciti. La conclusione cui
egli era pervenuto si fondava su tre variabili, che formavano il cosiddetto “fraud triangle”.
La razionalizzazione (o giustificazione) è una componente cruciale nelle maggior parte delle frodi e
riguarda l’atteggiamento, il carattere o l’insieme dei valori non etici che consentono l’attuazione di una
frode. Tipici esempi di forme di razionalizzazione sono la giustificazione, la legittimazione, la
generalizzazione e la temporizzazione. Seconda variabile chiave è l’opportunità, intesa come la
possibilità di commettere una frode senza incorrere a sanzioni. Questa componente riguarda in
particolare l’azienda e l’ambiente sociale, e sono rappresentate dall’impossibilità di monitorare le
operazioni complesse, la carenza di sistemi di controllo interni o esterni e eventi non previsti. Infine, la
pressione (o incentivi), sono le reali motivazioni che portano il soggetto a commettere la frode. 25 Fonte: “Soluzioni operative: la prevenzione delle frodi” (2009), Il Sole 24 Ore 26 Donald R. Cressey (April 27, 1919 – July 21, 1987) was an American penologist, sociologist, and criminologist who made innovative contributions to the study of organized crime, prisons, criminology, the sociology of criminal law, white-collar crime.
36
Queste possono essere riassunte come le impreviste difficoltà finanziarie, il desiderio di migliorare lo
status sociale, l’impossibilità di raggiungere traguardi importanti.
Figura 1 – Rappresentazione del “fraud triangle”
Fonte: elaborazione personale.
La prevenzione alle frodi può avvenire riducendo le variabili in quanto è sufficiente che una sola delle
tre non sia presente per impedire l’attuazione della frode, impedendo al triangolo la sua completezza.
E’ possibile classificare le tipologie di frodi in base ai caratteri distintivi, ovvero soggetto principale,
tipologia di reato e presupposto di esistenza della frode. Prendendo in considerazione il soggetto che
ha compiuto l’illecito, si può parlare di:
• frode interna, quando il fatto colposo è stato commesso direttamente o indirettamente da un
dipendente della società, anche attraverso la copertura di un suo familiare;
• frode esterna, se nell’azione dolosa gli atti vengono compiuti da soggetti terzi con una propria,
indipendente organizzazione criminosa.
37
La tipologia di reato consente invece di classificare le frodi in:
• frodi “off the book” (o frodi extracontabili), nel caso in cui la registrazione contabile sia
corretta ma il comportamento sottostante risulta scorretto;
• frodi “on the book” (o frodi contabili), se già dalle registrazioni contabili sia possibile rinvenire
le tracce dell’atto fraudolento.
Infine si può considerare il presupposto di esistenza della frode, che classifica l’atto fraudolento in
oggettiva o soggettiva. La prima ipotesi avviene nel caso in cui la causa generatrice della frode sia
legata all’ambiente aziendale, oppure alla cultura dell’impresa. Questo tipo di frode ha lo scopo di
generare un danno economico a carico della società colpita. Il presupposto è soggettivo invece nel
caso in cui la frode sia mossa da motivi personali del fraudatore, oppure dalla propria volontà di
ingannare. In questo caso la conseguenza dell’illecito è quella di generare un vantaggio personale o
altrui.
3.1.2 – Tipologia di frodi più comuni nel settore degli hedge fund
Negli ultimi anni il numero di sottoscrizioni di questi particolari fondi di investimento è cresciuto
esponenzialmente. La possibilità di incorrere in situazioni frodatorie all’interno di questi strumenti
finanziari è dunque aumentata, principalmente perché non è ancora stata fornita una vera e propria
definizione di Hedge Fund vincolante per tutta la categoria e anche per il fatto che la
regolamentazione in questo ambito è stata alquanto fallace. I vari organi di vigilanza hanno riscontrato
parecchie difficoltà nel riuscire a definire le situazioni di frode, che sono indubbiamente aumentate
nell’ultimo decennio. Le situazioni di illeciti più comuni riguardano:
• Redazione di documenti o dichiarazioni ingannevoli riportate negli offering documents;
• Appropriazione indebita degli asset gestiti dal fondo;
• Manipolazione del mercato in diversi modi;
• Descrizione di performance errate nei vari documenti di reporting, anche in quelle inerenti la
valutazione delle “securities” gestite;
• Allocazione fraudolenta delle opportunità di investimento.
Queste tipologie di eventi non si verificano solamente nel comparto dei fondi comuni d’investimento,
tuttavia essi presentano caratteristiche peculiari che limitano le possibilità di azione delle autorità: non
essendo richiesta la registrazione di questi strumenti finanziari presso appositi organi di vigilanza, come
la SEC nel caso dei fondi statunitensi, è particolarmente difficile per gli organi di giustizia riuscire a
individuare situazioni illecite e tenere sotto stretta osservazione qualsiasi operazione compiuta dai
gestori dei fondi volta a disincentivare eventuali comportamenti fraudolenti.
38
Nella tabella 1 sono riportati per i diversi prodotti finanziari, gli anni di creazioni e di scoperta della
prima frode. Nella figura 1 invece, è presente sia un diagramma sulle diverse tipologie di frodi che
hanno colpito il settore degli hedge funds, sia un grafico in cui si rappresenta il numero di frodi dal
1968 al 2000. Il diagramma dimostra come più della metà (circa il 52%) dei casi di fallimento di un
hedge funds sia legato alla volontà del gestore di coprire le performance poco efficienti o situazioni di
perdite d’esercizio.
Tabella 1 – Elenco prodotti finanziari (anno di nascita e prima frode scoperta)
Prodotto
f inanziar io
Anno di
creazione
Anno di scoperta
del la pr ima frode
Dif ferenza
temporale
Investment trust 1868 1892 24 anni
Mutual funds 1924 1973 49 anni
Index Funds 1971 1973 2 anni
Fund of Funds 1985 2002 17 anni
Hedge Funds 1949 1968 19 anni
Fonte: Johnson (2010)
Figura 1 – Diagramma e grafico delle frodi più comuni nel settore degli hedge funds
Fonti: Johnson (2010)
39
3.2 – LA COPERTURA DELLE PERDITE DI GESTIONE
Nell’ultimo decennio, all’interno dell’industria degli Hedge Funds, circa il 15-30% dei fondi sono falliti
per molteplici ragioni: alcuni di questi sono “implosi” o si sono “sgonfiati”, perdendo la maggioranza
del loro Net Asset Value in pochi giorni, altri invece sono falliti a causa di mancanza di nuove
opportunità di investimento, altri ancora sono stati costretti a chiudere a causa delle innumerevoli
richieste di riscatto da parte degli investitori.
Un primo motivo che ha portato a queste difficoltà è legato alla mancanza di una corretta ”due
diligence”, ovvero di un processo investigativo che viene messo in atto per analizzare il valore o la
condizione di un’azienda. Nel caso specifico degli hedge funds, gli analisti dovrebbero recarsi nei
diversi Paesi in cui risiede il gestore del fondo per appurare che le attività di investimento siano svolte
senza anomalie. Una seconda ragione circa il fallimento dei fondi riguarda l’alto livello di instabilità di
questo settore di mercato poiché le innumerevoli sottoscrizioni di fondi e le conseguenti scomparse
di altrettanti strumenti finanziari hanno messo in grande difficoltà i gestori di un portafoglio di Hedge
Funds. In passato i soggetti che avevano commesso le frodi e i gestori dei fondi che sparivano dal
mercato erano pressoché gli stessi, creando molta confusione nel momento in cui questi illeciti e i
conseguenti fallimenti venivano scoperti. In questi casi, i professionisti operanti nel forensic
accounting27 cercavano di spiegare il motivo per cui queste situazioni fraudolenti non erano state
scoperte, basandosi sulla casistica dei periodi precedenti. In questo periodo invece, a seguito degli
innumerevoli casi di illeciti che regolarmente si verificavano, diventava difficile riuscire a studiare i
diversi eventi in maniera approfondita. Terza e ultima tra le possibili ragioni di fallimento di questi
strumenti può essere ricercata nella mancanza di un sistema di assegnazione del rating per quegli
Hedge Funds che adottano una strategia di credito. Nel corso degli anni, non è mai stata percepita la
necessità di disporre di rating specifici per questi particolari fondi, tuttavia, data la grande quantità di
denaro che viene gestita, la loro riservatezza nello svolgimento delle attività svolte, l’assenza di share
prices e la mancanza di documenti informativi potrebbero risultare utili per gli investitori.
3.2.1 – Il caso Princeton/Armstrong
La frode in questione è stata definita come l’illecito della categoria che ha generato la perdita di
maggiori dimensioni all’interno del settore degli Hedge Funds. Il protagonista di questo caso è Martin
Armstrong e il gruppo societario Princeton Economics da questi gestito. 27 Forensic Accounting utilizes accounting, auditing, and investigative skills to conduct an examination into a company's financial statements. Thus, providing an accounting analysis that is suitable for court.
40
Durante la sua adolescenza, Armstrong aveva lavorato a un sistema di concessioni legato alla vendita
di francobolli e monete rare, divenendo milionario già all’età di 15 anni. Sei anni dopo, egli aprì un
proprio negozio. Dopo avere studiato le modalità di definizione dei prezzi dell’oro all’università, egli
sviluppò una propria teoria ciclica dei prezzi dei beni commodity e fondò la compagnia Economic
Consultants of Princeton. La CTFC28 formulò numerose critiche contro questa società, sostenendo
che questa non era in grado di mantenere idonei registri di vendita, dichiarando performance inesatte,
oltre a non essere propriamente registrata negli appositi albi professionali. Durante questo periodo,
Armstrong continuò a collezionare oro e antichità, un aspetto considerato tra i più rilevanti nel
contenzioso che egli subì dal sistema di giustizia dello stato di New York. Egli forniva anche il suo
contributo alla stesura di articoli di giornale di carattere economico per apposite riviste accademiche.
Come investitore, egli fu in grado di predirre l’High Water Mark dell’indice Nikkei della borsa di Tokyo
nel 1989.
Nel 1981, Armstrong fondò la società Princeton Economics e nel 1998 costituì un Hedge Fund
insieme alla Magnum Global Investments. L’illecito è stato realizzato sull’emissione delle obbligazioni
della società a 139 investitori istituzionali giapponesi durante il periodo 1992-1999 per un importo di
3 miliardi di dollari. Questi titoli promettevano il pagamento di un tasso d’interesse del 4%, i cui
proventi sarebbero stati investiti in titoli del governo americano. L’illecito più clamoroso del caso
furono le diverse e progressive azioni compiute da Armstrong per coprire le diverse perdite
emergenti da queste operazioni di investimento. Altre violazioni furono causate dalle iniziali false
dichiarazioni durante la prima immissione di queste obbligazioni sul mercato finanziario statunitense. I
problemi diventarono più complessi a causa del complotto esistente con i broker giapponesi delle
società Cresvale International e Republic Securities, le quali dichiararono la frode quando la banca
d’investimento inglese HSBC volle acquistare la Republic Bank con un’offerta pubblica di circa 10,3
miliardi di dollari. L’illecito minò la valutazione dell’offerta pubblica e l’acquisizione non venne
completata.
Le autorità di vigilanza giapponesi iniziarono le indagini sulla filiale di Tokyo della Cresvale International
nel mese di maggio 1999 in seguito all’invio di una lettera del Capo Dipartimento a un cliente.
Nell’agosto 1999, un manager di una società controllata dalla Republic Securities venne a conoscenza
del fatto che la FSA aveva aperto un’inchiesta nei confronti della banca e, con l’espansione di questa
attività di investigazione su scala mondiale, vennero scoperte tutte le false lettere sul Net Asset Value
realizzato negli investimenti. Il 9 settembre 1999, le autorità nipponiche ordinarono la sospensione di
tutte le attività svolte dalla società Cresvale ed entro la fine del mese Armstrong venne denunciato
alla SEC.
28 Commodities Future Trading Commission (CTFC), organo di vigilanza statunitense che regola le operazioni di negoziazione dei futures su beni commodity all’interno del mercato finanziario.
41
Figura 2 – Diagramma caso Princeton/Armstrong
Fonte: Johnson (2010)
42
3.3 – LA MISAPPROPRIATION DEGLI HEDGE FUNDS
La normativa statunitense definisce la misappropriation come “un’attività illegale, intenzionalmente
volta a utilizzare il nome della proprietà del fondo, per un proprio fine oppure per una finalità non
autorizzata, soprattutto nel caso in cui il nominativo sia utilizzato da un pubblico ufficiale, un fiduciario,
un amministratore di una società fondata da un soggetto ormai defunto o qualunque altro soggetto
con la responsabilità di gestire e proteggere i beni di altri soggetti. Questo tipo di comportamento
rappresenta un tipo di particolare fellonia, punibile con la reclusione”.
Eseguendo un’ipotetica scelta di un centinaio di casi presi a campione, si potrebbe riscontrare che
circa il 28% degli illeciti è caratterizzato da questa tipologia di crimine. Un secondo elemento da
rilevare è che il 24% di questi casi è costituito da reati che non sono stati realizzati con la finalità di
coprire eventuali perdite presunte. Questa tipologia di crimine può essere dunque vista come un
illecito premeditato, realizzato da soggetti i quali cercano di ottenere un improprio guadagno sin dal
momento in cui essi sottoscrivono la partecipazione all’Hedge Fund. La tipologia di questo illecito è
caratterizzata da due tratti comuni:
• La maggior parte delle frodi di questo tipo viene perpetrata nella prima metà della vita del fondo;
• Gli strumenti finanziari affetti da queste patologie sono caratterizzati da valori di guadagno inferiori
alla media di tutti gli altri Hedge Funds.
3.3.1 – Misappropriation of investor funds e misrepresentation of fund investments
La problematica della misrepresentation del fondo e delle sue attività è un problema alquanto
preoccupante, sia in rapporto agli Hedge Fund che sono falliti a causa di questa deficienza ma anche in
base alla correlazione di questa con le altre categorie di rischio. Nonostante molti manager non siano
inizialmente intenzionati a frodare gli investitori dal momento della sottoscrizione del fondo comune
d’investimento (anche se per molti è stato così), si sono riscontrate numerose situazioni in cui questi
hanno modificato volontariamente le valutazioni del proprio fondo e dei loro investimenti al fine di
prendere tempo sino a che le performance di questi non si fossero riprese in maniera convincente.
Nonostante possa essere impossibile prevedere quale manager perpetrerà una frode, è molto
importante che gli investitori siano a conoscenza della possibilità che si creino illeciti legati alla
manipolazione e alla “misrepresentation” degli investimenti. Tutto ciò può essere ottenuto tramite una
comunicazione particolarmente precisa agli investitori circa le attività intraprese dall’Hedge Fund e
utilizzando una tecnologia in grado di semplificare il flusso d’informazioni che giungono a favore dei
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terzi detentori di capitali. In questo modo, si otterrebbero dei rigidi controlli sui cash flow di capitale e
una disclosure molto più completa, che disincentiverebbe i manager a perpetrare azioni illecite nei
confronti di questi.
Dipendere esclusivamente dall’amministratore del fondo o dai revisori contabili non è tuttavia
sufficiente: per esempio, per nascondere le perdite legate a strategie d’investimento fallimentari, il
“Manhattan Fund”29 aveva creato degli estratti conti fittizi che hanno gonfiato il valore di questo
strumento finanziario. Questi tipi di comunicazione erano forniti agli investitori e a quelli potenziali così
come all’amministratore del fondo e ai revisori contabili e, per circa 3 anni, nessuno si era reso conto
di ciò che stava succedendo.
3.3.2 – Il caso ChateauForte/Busch
Il caso ChateauForte/Busch, oltre ad essere la frode più rilevante nell’ambito della misappropriation of
funds, ha riguardato un commodity pool non registrato e un gruppo di chiropratici sullo sfondo dello
stato centroamericano di panama e per lungo termine è stato al centro delle notizie di cronaca nera,
in quanto anche caratterizzato da una vasta serie di sollecitazioni mirate a commettere un omicidio.
Il protagonista di questa frode è il dottor Richard E. Busch, un chiropratico nato a Fort Wayne
(Indiana, USA), che si stabilì a Panama nel 1993 in seguito a un’indagine svolta dal governo
statunitense su un presunto illecito compiuto da una società di assicurazione, di cui egli era presidente,
coinvolta in un sinistro avvenuto proprio in questo ambito medicale. Il senior partner di Busch,
William Rose, anch’egli chiropratico, nel 1986 era stato giudicato colpevole per quattro omicidi
compiuti in questo studio medico e condannato a 20 anni di detenzione, poi ridotti con la
condizionale nel 1993.
A Panama, Busch aveva ristabilito il proprio giornale, dal nome “American Chiropractor” e conosciuto
altri soggetti i quali disponevano di molte nozioni in merito alla gestione finanziaria dei centri off-shore:
uno di questi, William Amos, avvocato e formalmente consulente assicurativo, aveva lavorato per la
Marc Harris Organization a Panama, scrivendo un libro sulle tecniche finanziarie adottate nei centri
off-shore, inclusa tra queste l’elusione fiscale firmandosi con lo pseudonimo Adam Starchild.
Busch e Amos crearono così un Hedge Fund, denominato Millennium Fund, inizialmente nato come
un commodity pool non registrato. Questo tipo di strumento finanziario era composto da altri 14
investitori, per la maggior parte chiropratici dell’Alabama, i quali avevano sottoscritto quote per 11
milioni di dollari statunitensi ciascuno. Gli utenti furono raggirati in diverse occasioni a causa di una
29 Il Manhattan Hedge Fund era un apposito fondo di investimento, che annoverava tra i soggetti investitori alcune tra le più importanti banche d’affari statunitensi, come la Bear Stearns. Esso è stato protagonista di una frode perpetrata per nascondere le proprie perdite legate a fallimentari strategie di investimento, coinvolgendo importanti affaristi: per esempio, la banca Bear Stearns aveva perso circa 400 milioni di dollari durante queste cattive operazioni di compravendita di titoli
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falsa rappresentazione dei documenti contabili, tra queste la falsa garanzia di rimborso data da una
società di assicurazione che poi si è scoperta essere inesistente. I gestori del fondo avevano fatto
credere ai chiropratici che le uniche due possibilità per investire nello Stato centroamericano erano
quelle di sottoscrivere le quote di altri fondi comuni di investimento: ChateauForte Consortium e
WorldEx Inc., i quali erano sotto il diretto controllo di Busch e Amos. Nel frattempo, altri tre uomini
erano stati assunti per comporre un secondo e un terzo livello manageriale del fondo: si trattava dei
signori Hanks, Bowden e Burgdorf.
Il 7 luglio 1998, la CFTC ha intrapreso una causa civile contro tutti i soggetti coinvolti nella gestione
del fondo Millennium per aver venduto securities non registrate e in seguito iniziò le indagini contro
Busch per un danno provocato allo stesso per una quota pari a 10,8 milioni di dollari. A quest’azione
fece seguito l’estradizione del frodatore dallo Stato panamense, a seguito di una cospirazione di
stampo criminale, e la successiva condanna a cinque mesi di reclusione unitamente a una sanzione
pecuniaria di 32 milioni di dollari e l’obbligo di restituzione di 5,6 milioni di dollari indebitamente
sottratti agli investitori. Amos e un altro socio, Hanks, ricevettero l’obbligo di restituire le somme
illecitamente guadagnate, mentre due nuovi processi erano stati intrapresi da altri due manager del
fondo contro Busch.
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Figura 3 – Diagramma ChateauForte/Busch
Fonte: Johnson (2010)
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3.4 – GLI “SCHEMI DI PONZI”
Uno “Schema di Ponzi” è un’operazione d’investimento di natura fraudolenta, in grado di generare
ricavi per gli investitori determinati dalla differenza tra il denaro pagato dai nuovi sottoscrittori e i
propri fondi impiegati nell’iniziativa finanziaria. Questo tipo di illecito ha lo scopo di attrarre nuovi
investitori, offrendo proventi a breve termine che altre attività non potrebbero garantire. Una
rappresentazione generale di tale schema è raffigurata nella seguente figura.
Figura 4 – Lo schema di “Ponzi”
Fonte: Johnson (2010)
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La perpetuazione di queste alte somme di ritorno richiede tuttavia un ingente afflusso di denaro per
alimentare il “circuito monetario dell’illecito” proveniente da nuovi sottoscrittori, in caso contrario il
sistema è destinato a crollare perché i guadagni sono inferiori ai pagamenti per gli investitori.
Solitamente, questo tipo di attività viene comunque sempre scoperta in tempo dalle autorità di
vigilanza competenti, ancora prima che il circuito arrivi al collasso, poiché con il passare del tempo
queste frodi si sono notevolmente moltiplicate e ora i diversi istituti di regolamentazione sono
particolarmente competenti, oppure per cause imputabili al frodatore, come un sospetto che egli stia
eseguendo trading di titoli non registrati. Tuttavia, mentre il sistema è destinato a crollare sotto il suo
peso, l'esempio di Bernard Madoff ha mostrato la capacità di un “Ponzi game” di illudere sia le
istituzioni che i singoli investitori, unitamente alle autorità finanziarie per un lungo periodo di tempo:
questo tipo di illecito è considerato, ad oggi, la più grande frode della storia del mondo finanziario.
Nei seguenti paragrafi sarà illustrata brevemente la storia di Charles Ponzi, dall’emigrazione negli Stati
Uniti e l’ideazione del suo schema al crollo dello stesso.
3.4.1 – Charles Ponzi: dall’Italia agli Usa
Carlo Ponzi nacque nel 1882 a Lugo di Romagna. Trascorse la gioventù a Parma, dove iniziò a
lavorare presso un ufficio postale. Dopo pochi mesi, egli si iscrisse all’Università “La Sapienza” di
Roma, frequentando amici i quali consideravano il periodo accademico come una “vacanza di quattro
anni”. Giunto a corto di disponibilità liquide, Ponzi abbandonò l’Ateneo imbarcandosi per Boston,
negli Stati Uniti d’America.
Secondo quanto riportato dallo stesso Ponzi, egli arrivò negli Stati Uniti nel 1903 con soli due dollari e
cinquanta centesimi in tasca, dopo aver perso in scommesse tutti i risparmi di una vita durante il
viaggio sulla nave. Impara presto l'inglese e trascorre gli anni seguenti svolgendo alcune attività di
manovalanza lungo la East Coast. Al termine di questo periodo, egli trovò impiego come lavapiatti in
un ristorante, dove la notte dormiva sul pavimento, riuscendo a farsi promuovere cameriere ma
facendosi licenziare poiché tentò di imbrogliare i clienti sul resto da consegnare. Nel 1907, egli si
spostò a Montréal (Canada), diventando consulente del Banco Zarossi, giovane banca fondata da
"Louis" Luigi Zarossi per gestire i risparmi degli immigranti italiani che giungevano in città. Zarossi
garantiva un tasso d'interesse del 6% sui depositi, il doppio rispetto al tasso corrente, consentendo
una crescita molto rapida dell’intermediario. Ponzi scoprì che, in realtà, la banca versava in gravi
difficoltà economiche, a causa di alcuni prestiti immobiliari sbagliati e che lo stesso Zarossi riusciva a
pagare gli interessi utilizzando i depositi dei nuovi correntisti. La banca alla fine fallì e Zarossi fuggì in
Messico con gran parte del denaro.
Ponzi rimase a Montreal e, per qualche tempo, visse nella vecchia dimora del suo ex-datore di lavoro,
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aiutando la famiglia di questo. Egli volle tuttavia tornare negli Stati Uniti. Mentre si trovava negli uffici di
uno degli ex-clienti della banca, egli trovò un libretto di assegni incustodito, intestandosi uno di questi
titoli per 423,58 dollari e falsifica la firma di uno dei direttori della compagnia. Scoperto dalla polizia,
che aveva notato le ingenti spese effettuate subito dopo la riscossione dell'assegno, Ponzi ammise la
colpa, terminando la sua esperienza canadese con una pena pari a tre anni di reclusione in una
prigione del Québec. Deciso a tornare negli Stati Uniti, egli venne nuovamente coinvolto in un
progetto di immigrazione clandestina di italiani. Nuovamente catturato dalla polizia locale, egli passò
altri due anni in una cella del carcere di Atlanta (U.S.A.), diventando il traduttore della guardia
carceraria. Terminati i due anni di pena da scontare, Ponzi tornò a Boston, dove incontrò una ragazza
italiana, Rose Gnecco, convolando a nozze nel 1918. Nei mesi successivi, l’italiano si occupò di diversi
affari: egli scrisse una “Guida del commerciante”, una sorta di vademecum per promuovere i rapporti
commerciali, contenente le pubblicità e gli indirizzi di una serie d’inserzionisti di tutti i generi
merceologici. La Guida non ebbe grande successo, finché alcune settimane dopo Ponzi ricevette una
lettera da parte di una società spagnola che chiedeva informazioni in merito al volume.
3.4.2 – Lo schema di Ponzi
La busta inviatagli dalla società spagnola conteneva un buono da scambiare con il francobollo, il quale
doveva essere attaccato alla risposta. Dato il diverso costo della vita in Spagna rispetto agli Stati Uniti,
il buono spagnolo aveva un valore inferiore del francobollo comprato negli USA. Tuttavia, anche se i
buoni hanno un costo diverso per ciascun Paese, il loro controvalore in francobolli è lo stesso
dappertutto. Infatti, gli accordi postali internazionali prevedevano che il destinatario non potesse
utilizzare i francobolli della nazione del mittente, né questi poteva, nel proprio paese di residenza,
acquistare i francobolli del paese estero di residenza della controparte; era dunque necessario
utilizzare un buono postale, che ai tempo era l’unica forma di pagamento per riuscire a collegare due
soggetti residenti in Paesi differenti. Ponzi capì che, ricevendo i buoni da un Paese dove questi
costavano meno, come la Spagna o l’Italia, la sola transazione avrebbe potuto generare un profitto.
Per esempio, 100 buoni potevano originare 100 francobolli, ma se il buono spagnolo, che in dollari
aveva un valore di 10 centesimi, era cambiato negli Stati Uniti con francobolli da 15 a 20 centesimi
l’uno, il profitto che si poteva generare era pari al 50% o anche 100%. L’alta inflazione del Primo
dopoguerra aveva diminuito il costo dell’affrancatura in dollari statunitensi nel paese natio di Ponzi e di
conseguenza acquistando i buoni in Italia e scambiandoli in francobolli statunitensi era possibile lucrare
la differenza.
Il sistema di Ponzi si basava quindi sull’acquisto di buoni IRC in Italia, successivamente cambiati in
francobolli statunitensi e infine venduti a un prezzo più alto. Ponzi sostenne che il saggio di profitto
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realizzabile, tenuto conto dei costi di transazione e dei tassi di cambio, poteva essere pari al 400%.
Inoltre questa forma di arbitraggi non era considerata illegale. L’italo-americano incoraggiò subito amici
e colleghi a scommettere sul suo sistema, promettendo loro un tasso di rendimento sugli investimenti
del 50% in 90 giorni. Egli decise quindi di costituire una società, la Securities Exchange Company, al
fine di promuovere il suo sistema. Dato l’ampio successo e il grande numero di investitori, Ponzi fu
addirittura costretto ad assumere degli agenti. Nel febbraio del 1920, il capitale di Ponzi ammontava a
5.000 dollari e il mese successivo questa crebbe fino a 30.000 dollari. Ponzi iniziò ad assumere ulteriori
agenti per raccogliere fondi nel New England e dal New Jersey. A maggio Ponzi raccolse 420.000
dollari e iniziò a depositare il denaro nell’Hanover Trust Bank. A luglio il suo patrimonio constava di
diversi milioni di dollari, le persone ipotecavano le proprie case e investivano nella compagnia tutti i
loro risparmi, a volte perfino reinvestendo anche gli utili realizzati. Ponzi raccolse numerosi fondi a
tassi favorevoli, ma un’analisi finanziaria mostrò le grosse perdite societarie. Tuttavia, fino a quando i
soldi continuarono ad affluire a tassi crescenti, Ponzi riuscì a remunerare gli investitori, tenendoli
completamente all’oscuro della grave situazione finanziaria in cui era la società.
3.4.3 – I primi sospetti e il crollo dello schema
Nell’estate del 1920 iniziarono a manifestarsi i primi sospetti del tracollo del sistema ideato da Ponzi:
infatti, un rivenditore di mobili, che aveva venduto dei mobili all’italo-americano quando questo non
poteva pagarli, lo citò in giudizio per ottenere le somme dovute. Ponzi tuttavia vinse la causa, ma gli
investitori cominciarono a chiedersi come egli avesse fatto a divenire un milionario in cosi poco
tempo. Alcuni investitori quindi decisero di ritirare i loro fondi dalla Securities Exchange Company e
Ponzi, per cercare di bloccare la fuga di capitali, li remunerò profumatamente con ottimi risultati. Il 24
luglio 1920, il quotidiano Boston Post pubblicò un articolo trattando con toni alquanto entusiasti Ponzi
e il suo schema, che riusciva ad ottenere liquidità come mai prima d’allora. Tuttavia, uno dei redattori
dello stesso quotidiano, non convinto di questa ingegnosa invenzione ingaggiò un investigatore per
scoprire i segreti che stavano alla base dello schema.
Nel frattempo, la società venne posta sotto sorveglianza dallo Stato del Massachusetts e Ponzi
incontrò gli ispettori proprio il giorno della pubblicazione dell’articolo, egli cercò di distogliere
l’attenzione dai libri contabili offrendosi di sospendere la raccolta di ulteriori fondi durante l’indagine.
Il 1° novembre 1920 Ponzi fu dichiarato colpevole di frode postale e condannato alla pena di cinque
anni da scontare in una prigione federale. Dopo tre anni e sei mesi fu rilasciato, ma l’Autorità del
Massachusetts lo condannò per altri 9 anni. In attesa del processo di appello egli pagò la cauzione e
una volta libero si trasferì in Florida sotto il falso nome di Charles Borelli. Qui organizzò un’altra truffa,
comprando dei terreni a 16 dollari l’acro, suddividendo ogni acro in ventitré lotti e vendendo ciascun
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lotto a 10 dollari, promettendo rendimenti favolosi, Si trattava quindi di un adattamento del suo
schema applicato all’ambito della proprietà terriera. Le autorità della florida si accorsero ben presto
dell’illecito e lo arrestarono per frode, condannandolo a un anno di reclusione. Riuscito a scappare,
scappò nel Texas, dove cercò di imbarcarsi su una nave mercantile diretta in Italia. Il 28 giugno fu
scoperto e catturato nel porto di New Orleans. Nel frattempo gli ispettori analizzarono i bilanci della
sua società per stimare la somma di denaro che era stata ottenuta indebitamente, senza riuscire
tuttavia a fornire un valore attendibile. Ponzi venne rilasciato il 7 ottobre 1934, dopo aver scontato
sette anni di carcere, e subito espatriato in Italia, dove cercò di replicare diverse volte lo schema ma
senza fortuna. Tornato a Roma, si guadagnò da vivere come traduttore d’inglese. Egli trascorse gli
ultimi anni di vita in povertà a Rio de Janeiro, morendo in un ospedale per poveri il 18 gennaio 1949.
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CAPITOLO 4 – IL CASO MADOFF: DA MARKOPOLOS ALLA CRISI DEL 2008
4.1 – BERNARD MADOFF
Bernard Madoff nasce il 29 aprile 1938, si diploma alla Far Rockaway High School nel 1956. Poi si
iscrive alla University of Alabama, dove resta per un anno quindi si trasferisce e si laurea a Hofstra
College in Scienze Politiche nel 1959. L’anno successivo si iscrive alla Hofstra University Law School
che frequente per un breve periodo senza concludere il percorso di laurea; nello stesso tempo sposa
Ruth Alpern che lavora nel mercato azionario a New York. Agli inizi del 1960 fonda la Bernard L.
Madoff Investment Securities LLC (BMIS) con appena 5.000 dollari guadagnati con lavori estivi di
installazione di condizionatori e bagnino. Inizialmente, la BMIS opera come una società di brokeraggio
puro al National Quotation Bureau’s Pink Sheets. Subito la società la focalizza nella quotazione dei
mercati OTC e adotta le innovazioni disponibili. agli inizi del 1980 Madoff, in conformità alla NYSE Rule
39030, inizia a negoziare i titoli quotati al NYSE al di fuori del mercato regolamentato. Tale procedura è
concessa agli operatori non direttamente membri del NYSE. Madoff si iscrive al Cincinnati Stock
Exchange investendo oltre 250.000 dollari in tecnologie e trasformando il quasi defunto CSE primo
mercato azionario a transazioni completamente elettroniche.
Il vantaggio competitivo rispetto alle altre società di brokeraggio dovuto all’utilizzo della tecnologia
consente alla BMIS di acquisire quote di mercato in maniera rapida, Madoff garantisce inoltre ad altri
broker una commissione di ritorno pari a 0,01 dollari per azione in ogni negoziazione. Questa pratica
ai limiti della legalità, in considerazione degli elevati costi degli specialisti del NYSE, spinge sempre più
operatori a indirizzare i propri ordini alla BMIS che nel corso del tempo viene appellata dagli stessi
operatori come “Il Terzo Mercato”. Successivamente, la BMIS viene coinvolta nello sviluppo del
30 A former New York Stock Exchange rule that stipulated that, unless exempted by the exchange, members must receive permission before trading an exchange-listed security off the exchange floor. Rule 390 was scrapped in 2000 by the New York Stock Exchange under pressure from the Securities and Exchange Commission.
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Nasdaq Stock Market, in cui Madoff occupa la posizione di direttore dal 1980.
Figura 1 – La truffa di Bernard Madoff
Fonte: Financial Services Technology (www.fsteurope.com)
4.2 – I SOGGETTI ATTIVI NELLA FRODE
Inizialmente la strategia di questa compagnia era stata quella di puntare sull’investimento azionario e lo
sfruttamento dei possibili arbitraggi, garantendo ritorni alquanto elevati. Con il passare del tempo,
questo tipo di business si sviluppò in modo rapido: gli investitori iniziarono a consigliare ai conoscenti
questo tipo di società, soprattutto per le alte percentuali di ritorno che essa consentiva di ottenere, e
la BMIS ottenne nuova liquidità da potere investire. Molto spesso, questi “consigliatori” promettevano
ritorni a tassi più bassi rispetto a quelli garantiti dalla società, lucrando così la differenza. Il frodatore e
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la relativa società non operavano direttamente con gli investitori: Madoff si relazionava con colui che
aveva consigliato l’investimento, il ”feeder”, lasciando a questi il compito di gestire la pratica con i
propri conoscenti.
Unitamente a questo soggetto, un altro utente ebbe un ruolo fondamentale nella vicenda: Frank di
Pascali. Egli entrò a far parte della BMIS appena diciannovenne, nel 1975, quando questa società era
ancora un piccolo market-maker Over The Counter con circa una dozzina di dipendenti. Inizialmente,
egli non lavorò con gli investimenti dei sottoscrittori di quote ma operò come ricercatore per il
fratello di Madoff e in seguito come trader. Nella seconda metà del 1980, Madoff incaricò Di Pascali di
gestire il trasferimento della BMIS nel nuovo ufficio di New York, inclusa l’installazione della nuova
piattaforma logistica di questa società. Le competenze di questo soggetto gli permisero di ottenere
ben presto un ruolo primario nella gestione societaria: sempre più spesso Madoff conferì a Di Pascali
la gestione di complesse operazioni di trading, assistendo il proprietario nei progetti di gestione
straordinaria dell’impresa. Al termine degli anni Ottanta, Di Pascali generò diverse tipologie di scambi
fittizi e postdatati, molto spesso tramite la sottoscrizione di nuovi contratti di opzione, registrando
questi trading nei diversi conti correnti degli investitori al fine di generare profitti non esistenti.
Questo tipo di attività venne perseguita sino al termine dello schema fraudolento, nel mese di
dicembre 2008. A partire dal 1992, due nuovi soggetti attivi nella frode furono Frank Avellino e
Michael Bienes, indagati per avere svolto operazioni di trading di securities non registrate per conto
della BMIS: dal momento in cui i fondi di questi soggetti furono gestiti dalla società di Madoff, il primo
che tra i due riceveva i profitti domandava la liquidazione delle quote detenute in questo conto e di
creare delle registrazioni che comprovassero il valore della transazione appena eseguita. Madoff aveva
inoltre modificato questo sistema, fabbricando conti correnti credibili utilizzati per eseguire le
transazioni. Di Pascali era poi fondamentale per tutta la procedura successiva alla registrazione, così
che i conti di questi due soggetti sembrassero generare un effettivo valore durante le transazioni.
4.3 – LA STRATEGIA “SPLIT STRIKE CONVERSION”
Il meccanismo realizzato da Avellino e Bienes aveva segnato l’inizio di un nuovo step nella frode.
Secondo lo schema dei conti di questi soggetti, molti investitori potevano interagire direttamente con
la società e non più con il “feeder”. Il volume degli affari man mano si incrementò notevolmente, ma
generava ingenti oneri di natura amministrativa a carico della BMIS: comparato ai pochi conti iniziali da
gestire, Madoff si trovava ora con un centinaio di conti con i quali interfacciarsi. Per gestire questo tipo
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di transazioni creò un metodo di conferma delle transazioni per via telefonica. Madoff necessitava
inoltre di una strategia che consentisse di spiegare in maniera credibile in quale modo egli avrebbe
ottenuto degli ingenti ritorni dagli investimenti effettuati: anche in questo caso Di Pascali rivestì un
ruolo fondamentale nella prosecuzione dell’illecito.
Da questo momento in poi, il proprietario della BMIS iniziò a comunicare agli investitori che avrebbe
gestito il denaro seguendo la strategia dello split-strike conversion31, utilizzata tuttavia a scopo illecito:
ogni tipo di registrazione e ordine di acquisto e di vendita erano, infatti, inventati. L’investimento
strategico si concentrò sull’acquisto di azioni quotate presso l’indice azionario S&P 10032, mentre Di
Pascali contribuì a realizzare delle opzioni in grado di aiutare Madoff a sviluppare una strategia di
hedging ingannevole per i nuovi investitori. Sotto il controllo di Di Pascali, i programmatori della BMIS
crearono diversi nuovi conti correnti, organizzati in modo tale che l’operazione di trading sarebbe
stata registrata automaticamente su ogni singolo conto corrente: il computer avrebbe provveduto a
collocare le operazioni di compravendita in modo casuale all’interno dei depositi. Una volta che
Madoff e Di Pascali identificarono quel paniere di titoli che consentiva loro di ottenere il ritorno
annunciato agli investitori, l’operazione di trading fu replicata automaticamente su ogni tipo di conto
corrente. Il sistema operativo, a sua volta, generava le autorizzazioni al trading e le diverse quote
investite e i ritorni sulla base delle somme investite da ogni singolo soggetto. I due soggetti riuscirono
in poco tempo a realizzare guadagni particolarmente elevati per gli investitori della BMIS, tuttavia una
strategia d’investimento che generava esclusivamente guadagni poteva essere vista in modo sospetto
dalle autorità di vigilanza del mercato. Nel mese di maggio 2001, conseguentemente a due articoli
pubblicati sui quotidiani finanziari statunitensi che sollevavano dubbi circa la liceità della strategia
perseguita da Madoff, lo stesso richiese a Di Pascali di creare operazioni di trading che registrassero
movimenti in perdita.
Per continuare nella prosecuzione dell’illecito, Madoff richiese a Di Pascali di generare dei guadagni
credibili derivanti dalle operazioni di trading che oscillassero tra il 10% e il 17%, promettendo agli
investitori che questi avrebbero goduto di interessanti opportunità di guadagno. Al fine di svolgere al
meglio il suo lavoro, Di Pascali si consultò più volte con il frodatore, al fine di assicurare che i profitti
31 La strategia dello split-strike conversion consta principalmente di tre passaggi: 1. Acquistare azioni di più compagnie per creare un portafoglio che possa rappresentare la maggioranza di un indice azionario, come lo S&P 500, non è necessario acquisire le azioni di tutte le società quotate, basta avere una quota tale da rappresentare una consistente maggioranza; 2. Vendere opzioni call con uno strike price legato all’indice; anche se questa azione limiterà i guadagni, sarà comunque utile per generare liquidità; 3. Acquistare opzioni put a un prezzo pari al valore attuale dell’indice o strettamente simile tramite il premium cash dell’opzione call: qualora l’indice abbia un valore attuale inferiore, si otterranno dei guadagni tali da prevenire o limitare future perdite. Questo tipo di attività può avere una diversa serie di conseguenze, ma non tutte prevedono un esito illecito: il guadagno di questa strategia si manifesta nel momento in cui il paniere di titoli scelto raggiunge lo strike price delle call, ovviamente tenendo conto che il premio di queste deve essere in grado di coprire il pagamento delle opzioni put. Se le azioni non dovessero incrementare il loro valore, gran parte delle perdite sarebbero assorbite dalla copertura con l’acquisto di put o la vendita di call. 32 An index, weighted for market capitalization, of 100 blue chip stocks from a variety of industries. The stocks listed on the S&P 100 are the top 100 stocks on the S&P 500 by market capitalization.
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fossero appropriati, non troppo ridotti ma neanche troppo elevati. Come si poteva notare, Madoff
non era il vero esecutore delle transazioni, egli infatti non aveva la possibilità di consultare in tempo
reale la performance degli investimenti poiché questo compito era affidato a Di Pascali.
4.4 – IL CONTO CORRENTE 703 E GLI STRUMENTI A COPERTURA DELLA FRODE
Nonostante egli fosse consapevole che la strategia adottata era fittizia, Di Pascali continuò a “recitare
la parte” con gli investitori: anno dopo anno, egli creò diversi milioni di pagine di estratti conto fasulli,
così come una vasta serie di conferme di trading che vennero spedite a coloro che avevano deciso di
credere nell’operato della BMIS. Inoltre, egli parlò direttamente con gli investitori, mentendo
spudoratamente sulle quote che essi detenevano nella società.
Di Pascali mentì circa il valore degli scambi, sulla strategia di trading adottata e anche sulla presenza di
strumenti di custodia dei beni investiti. Egli fu inoltre consapevole che, nel momento in cui un
investitore inviava il proprio denaro alla BMIS, questo veniva collocato in un particolare conto
corrente detenuto presso la banca JPMorgan Chase, il “conto corrente numero 703”, il cui nome non
comparì in nessuno dei libri e delle registrazioni contabili fatte dalla società. Questo conto non era
altro che un fondo dove depositare il denaro illecitamente ottenuto: ogni giorno i dipendenti di Di
Pascali preparavano appositi report per Madoff, mostrando i valori di deposito e di prelievo degli
investitori.
Tutta la liquidità in eccesso era poi trasferita su un altro conto corrente della stessa banca e utilizzata
per acquistare securities del Tesoro statunitense oppure per finanziare i soggetti che decidevano di
ritirare i propri investimenti dalla BMIS, o ancora per soddisfare le esigenze personali di Madoff. Come
comprensibile, Di Pascali e Madoff utilizzarono questo conto al fine di accrescere i guadagni personali.
A partire dal 2002, Di Pascali creò un apposito conto di sua proprietà detenuto presso la BMIS, il cui
nome coincidette con quello del suo primo yacht, Dorothy Jo. Nonostante egli non avesse depositato
nessuna somma in questo conto, tra il 2002 e il 2008 risultarono pagamenti e prelievi per un totale di
5 milioni di dollari statunitensi utilizzati per spese personali, tra queste l’acquisto dell’imbarcazione.
Durante il corso della sua lunga attività illecita, la BMIS fu soggetta a diversi controlli effettuati da più
soggetti, in particolare investitori, auditors, autorità di vigilanza e giornalisti. Madoff comunicò in più
occasioni a Di Pascali il suo timore di essere arrestato. Per riuscire a convincere i diversi soggetti che
l’attività non presentava alcun tipo di illiceità, Di Pascali si dedicò a preparare una serie di documenti
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falsi, che consentirono alla società di superare in maniera indenne anche tre controlli effettuati dalla
SEC, nel 2004, 2005 e 2006. I diversi strumenti adottati dai soggetti per coprire la frode erano:
• Utilizzo di libri contabili e registrazioni fittizie: Di Pascali fu particolarmente abile a creare
movimenti e registrazioni fittizie per raggirare i diversi controlli. In aggiunta, il sistema operativo
realizzato dallo stesso soggetto generava automaticamente le registrazioni riguardanti le operazioni
di trading eseguite dalla società;
• Conti correnti nascosti: Nonostante i diversi controlli di vigilanza, Madoff riuscì a mantenere
nascosti diversi conti correnti personali in cui egli aveva accumulato somme per un valore
superiore a 50 miliardi di dollari. Anche in questo caso, Di Pascali fornì la propria assistenza
all’illecito elaborando accurati spostamenti di somme di denaro in conti correnti che erano stati
definiti appartenenti alla BMIS;
• Custodia degli asset: Poiché le diverse securities non furono mai acquistate dalla società, era
necessario che non venissero eseguiti controlli inerenti le modalità di custodia dei diversi asset
finanziari. Madoff sostenne allora che la società non deteneva questi beni poiché essa agiva
esclusivamente come broker esecutivo, oppure sulla base di un meccanismo RVP/DVP
(receiveversus- payment e delivery-versus-payment). Per sostenere questa tesi, egli richiedette a
Di Pascali di agire al fine di nuovi conti correnti particolari, che dimostrassero che gli asset erano
custoditi altrove. Per esempio, nei diversi documenti forniti ai revisori contabili, ad un conto
corrente intestato a un soggetto fittizio (John Doe) venne modificato il nome (European Bank for
the benefit of John Doe). In questo modo, si poteva convincere i soggetti che i beni erano
detenuti da questa banca e dunque non c’era motivo di eseguire ulteriori controlli;
• DTC reports: Per molti investitori e auditors, la BMIS veniva vista come un soggetto che deteneva
diverse tipologie di beni utilizzati nelle diverse operazioni di trading. Per evitare ulteriori controlli,
Madoff incaricò Di Pascali di creare falsi reports della DTC41. Quest’ultimo spese dunque molto
tempo per fare in modo che i documenti realizzati ricalcassero quelli di questo organo di deposito.
Successivamente, questi falsi report vennero presentati agli auditors e ai soggetti che ne
richiedevano la consultazione: a un investitore venne mostrato direttamente il report su uno
schermo di un pc della BMIS e comunicato che la società stava ricevendo un documento dalla
DTC;
• Generatore di numeri casuale: la BMIS ricevette ulteriori richieste dalle autorità di vigilanza circa la
veridicità delle operazioni eseguite. Per riuscire a superare questo ennesimo controllo, Di Pascali
creò un’apposita piattaforma informatica che utilizzava dati fasulli, ma si comportava come un
programma applicativo realizzato per visualizzare gli investimenti in tempo reale, il quale veniva
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costantemente aggiornato e modificato dallo stesso soggetto affinchè potesse continuare a
svolgere la sua funzione;
• Spostamento delle controparti: Nello svolgimento delle operazioni di trading, il sistema operativo
informatico realizzato da Di Pascali non era in grado di identificare un’apposita controparte con la
quale veniva eseguita l’operazione, poiché questo soggetto non esisteva. Egli intervenne
nuovamente inserendo una serie di soggetti fasulli con i quali la società intratteneva operazioni.
Questa operazione generava il grosso rischio che la frode potesse essere scoperta, poiché un
auditor avrebbe potuto indagare maggiormente sull’identità della controparte e svelare l’illecito.
Tuttavia, Madoff e lo stesso Di Pascali stabilirono che, in caso di controlli, essi avrebbero sostenuto
che le controparti erano costituite da soggetti quotati su mercati over-the-counter. Per rendere
ancora più credibile l’operazione, sempre Di Pascali agì in modo particolarmente acuto: quando un
revisore della BMIS avesse richiesto informazioni sulle controparti, egli avrebbe fornito una lista
d’investitori europei, viceversa per gli auditors degli investitori europei sarebbe stata comunicata
una lista di dealers americani, intervenendo anche sui diversi conti correnti degli investitori affinchè
questo meccanismo potesse funzionare correttamente.
4.5 – LA SCOPERTA DELLA FRODE
Nel 2006, in seguito al terzo controllo in tre anni della SEC presso la BMIS, Di Pascali fornì la
testimonianza che egli era colpevole di avere fornito false informazioni e documenti ingannevoli alle
diverse autorità di vigilanza. Egli mentì anche sul numero dei conti correnti intestati agli investitori e
circa il valore degli asset gestiti dalla BMIS. Processato inizialmente nel 2007, nel processo dell’11
agosto 2009 venne accusato di cospirazione, frode di securities, illecito legato alla consulenza sugli
investimenti, mail fraud, wire fraud, spergiuro, evasione fiscale, antiriciclaggio internazionale di denaro,
falsificazione di libri e registrazioni contabili sia in qualità di broker-dealer che come investment
advisor. Inoltre, egli ammise di fronte alla Corte di giustizia federale che nessun tipo di transazione era
stata eseguita durante tutto il periodo in cui egli aveva lavorato presso la BMIS. Egli venne condannato
all’ergastolo in una prigione federale lo stesso giorno del 2009. Lo schema di Ponzi si ruppe invece
poco tempo più tardi, nel momento in cui il denaro detenuto nel conto corrente 703 non fu più
sufficiente a coprire le richieste di rimborso da parte dei diversi investitori. Anche Madoff fu
processato e condannato all’ergastolo, tuttavia le autorità di vigilanza sono ancora attive nello studio di
questo illecito, per cercare di ritrovare un ammontare pari a 170 miliardi di dollari sottratto agli
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investitori dalla BMIS e al momento ancora non reperito.
Nella seguente tabella riportiamo una stima delle perdite dovute alla seguente truffa.
Tabel la 1 – Le perdite degl i invest i tor i
Invest itore Perdita Fonte
Fairfield Greenwich Group 7,5 mld $ Comunicato Soc.
Banco Santander 3,1 mld $ El Pais
Kingate Managment 2,5 mld $ Bloomberg News
Access International Advisor 1,8 mld $ Bloomberg
Ascot Partners 1,8 mld $ Wsj / Bloomberg
Fortls 1,4 mld $ Comunicato Soc
HSBC Holding 1 mld $ Financial Times
Tremont Capital Management 1 mld $ Wsj
Benbassat & Cie 935 mln $ Le Temps
Union Bancaire Privèe 850 mln $ Le Temps
Natixis 690 mln $ Comunicato Soc.
Royal Bank of Scotland 600 mln $ Variety
Bnp Paribas 470 mln $ Wsj
Fix Asset Management 400 mln $ Comunicato Soc.
Man Group 360 mln $ Comunicato Soc.
Reichmuth Matterhorn 327 mln $ Le Temps
Nomura 303 mln $ Wsj
Pioneer Alternative Investments 280 mln $ Bloomberg
Maxam Capital Management 280 mln $ Wsj
EIM Group 230 mln $ Le Temps / Wjs
Carl &Ruth Shapiro Family 145 mln $ Boston Globe
M&B Capital Partners 137,4 mln $ El Mundo
Dexia 116,3 mln $ Comunicato Soc.
Unicredit 75 mln MarketWatch
Axa Meno di 100 mln Comunicato Soc.
Vincent Tchenguiz 61 mln $ The Telegraph
Banca Aletti 60 mln $ Comunicato Soc.
Korea life Insurance Co. 50 mln $ Yonhap News
Banque Benedict Hentsch 48 mln $ Comunicato Soc.
Town of Fairfield, Connecticut 42 mln $ Ap
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Bramdean Asset Management 31 mln $ Wsj
Bbva 30 mln $ Comunicato Soc.
Madoff Family Foundation 19 mln $ Wsj
Harel Ins. Investments & Financial Services 14,2 mln $ Comunicato Soc.
Richard Spring 11 mln $ Wsj
Richard Roth 10 mln $ FINalternatives
Société Générale Meno do 10 mln Comunicato Soc.
Korea Teachers Pension 9,1 mln $ Comunicato Soc.
Banco Popolare 8 mln MarketWatch
Robert I. Lappin Charitable Foundation 8 mln $ Washington Post
Michael Roth 7,5 mln $ FINalternatives
Chais Family Foundation 7 mln $ Wsj
Julian J. Levitt Foundation 6 mln $ Wsj
David Berger 5 mln $ FINalternatives
Neue Privat Bank 5 mln $ Bloomberg
North Shore-Long Island Jewish Health System 5 mln $ Comunicato Soc.
Mirabaud & Cie Alcuni mln di franchi svizz. Le Temps
Ira Roth 1 mln $ Wsj
Arnold & Joan Sinkin 1 mln $ The Guardian
Steven Abbott Meno di 1 mln $ Wsj
Mediobanca 671 mila $ Comunicato Soc.
Nroman Braman Nd Wsj
Engelbardt family Nd Variety
Barbara Flood Nd National Puclic Report
Lautenberg Family Foundation Nd Ap
Loeb Family Nd Cnbc
Notz, Stucki & Cie Nd Le Temps
Optimal Investment Services (Gruppo Santander) Nd Bloomberg
Palm Beach Country Club Nd Cnbc
Sterling Equities Nd Comunicato Soc.
Thyssen family Nd Clusterstock.com
Lawrence Velvel Nd Wjs
Fonte: elaborazione personale dati da The Wall Street Journal
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CONCLUSIONI
Negli ultimi cinque anni, l’esigenza di una maggiore disclosure per questi fondi aveva coraggiosamente
aperto la strada alla possibilità di intensificare le valutazioni in termini di due diligence, anche se non si
è mai messo in pratica quanto ipotizzato solo in teoria.
L’utilizzo della due diligence costituisce solo il primo passo per migliorare gli strumenti informativi a
disposizione degli investitori che decidano di sottoscrivere quote di questi strumenti finanziari; il grosso
problema che ancora oggi permane è la grande difficoltà di riuscire a scoprire i soggetti che stanno
eseguendo la frode e intervenire con tutti i mezzi legali a disposizione. In questa situazione di
transizione, l’unico fattore certo è legato al fatto che la frode in questo settore è un fenomeno che sta
crescendo in maniera esponenziale anno dopo anno: nel 2009 i diversi illeciti in questo campo hanno
generato perdite per più di 50 miliardi di dollari, con pesanti ricadute sugli investitori, i quali hanno
avuto a disposizione pochi strumenti per cercare di recuperare almeno una minima parte della
ricchezza persa .Nello stesso momento, la macchina normativa dei diversi Paesi è stata bloccata dalla
difficile situazione di crisi economica in cui sta versando l’economia mondiale, con la conseguenza che i
legislatori hanno preferito pensare a nuove azioni al fine di far ripartire il circuito del business piuttosto
che occuparsi di altre vicende. Gli Hedge Funds non dovrebbero essere tuttavia considerati come uno
strumento finanziario “maligno”: per i soggetti che hanno la volontà di rischiare una grande
percentuale della loro ricchezza, questi fondi sono in grado di offrire rendimenti di mercati
particolarmente elevati, servirebbe tuttavia una maggiore competenza dei gestori e una maggiore
conoscenza dello strumento e dei rischi che si corrono da parte degli investitori.
Nei vari capitoli di questa tesi sono state analizzate le diverse cause che possono portare al fallimento
di un fondo di investimento, evidenziando come la mancanza di una normativa chiara permetta
l’attuazione di frodi come quella di Bernard Madoff. La dimensione di carattere mondiale di tale truffa
ha dimostrato come sia necessaria una regolamentazione che porti a tutelare tutti gli soggetti da una
possibile frode, in particolar modo per gli investitori. Tuttavia, una migliore conoscenza di tali
strumenti e una migliore competenza da parte dei soggetti che li gestiscono potrebbe aiutare
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notevolmente il settore.
Per concludere, penso che sarà necessario l’impegno di tutti gli organi di vigilanza affinchè vengano
realizzati accurati interventi per combattere questi casi negativi, anche se il concetto di rischio di frode
è un elemento che mai verrà completamente annullato e con il quale il mercato dovrà imparare a
convivere.
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Commission), AIMR (Association of Investment Management and Research), split strike conversion,
NASDAQ, S&P 100.
FILMOGRAFIA:
REPORT, puntata del 29/11/2009, “Madoff: la grande truffa”;
WALL STREET (WALL STREET), OLIVER STONE, USA 1987;
WALL STREET: MONEY NEVER SLEEPS (WALL STREET: IL DENARO NON DORME MAI), OLIVER STONE, USA
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