LE FORZE DEL MALE NON PREVARRANNO MAI -...

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Tutti i regni e le organizzazioni umane hanno una vita più o meno breve, più o meno intensa, hanno periodi di successo e di decadenza e poi scompaiono; il Regno di Dio (la Chiesa) fondato da Gesù Cristo sulla terra continuerà a sussistere nonostante le persecuzioni aperte o subdole, le insidie che la malizia degli uomini costruisce dentro e fuori della Chiesa. Pascal ha fatto notare il carattere prodigioso della perennità della Chiesa: “E’ straordinario, incomparabile e assolutamente divino il fatto che questa religione, che ha sempre durato, sia stata sempre combattuta. Ridotta mille volte alla vigilia di una distruzione completa, ogni volta Dio l’ha risollevata. Con manifestazioni straordinarie della sua potenza”. Gli aspetti umani rivelati dalla Chiesa, nel passato, come nel presente talvolta sconcertano… Le “potenze dell’inferno” hanno messo in opera ripetutamente ogni tentazione per abbattere la Chiesa: la tentazione del danaro che apre tutte le porte, eppure sono stati i poveri ad imporre il cristianesimo all’impero romano. Il nemico, dopo la tentazione della cupidigia si servirà dell’orgoglio per sgretolare la fede, minare l’obbedienza: in tutte le epoche l’umiltà e le povertà di discepoli fedeli al Vangelo, faranno rifiorire la Chiesa. Il nemico allora userà come ulteriore risorsa la persecuzione. Gesù l’aveva predetto:” sarete perseguitati…vi batteranno, vi metteranno in prigione, vi uccideranno… vi odieranno per causa mia. Ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!”. Ma le persecuzioni non rallentano il diffondersi della Chiesa, anzi: “Il sangue dei cristiani è una semente”, scriveva Tertulliano. La crudeltà dei pagani di un tempo, oggi è superata dai moderni persecutori. Ma la violenza non ha mai avuto ragione della Chiesa. Voltaire asseriva: “ Ancora vent’anni e la fine della Chiesa sarà un fatto compiuto”. Vent’anni dopo questa imprudente affermazione, Voltaire moriva, mentre la Chiesa continuava a vivere. Renan vagheggiò di seppellirla sotto i fiori… Così, a partire dal filosofo Celso nel III secolo, non è passata generazione senza che i necrofori di turno non si siano preparati a seppellire la Chiesa. Eppure la Chiesa vive sempre. Gesù non ci ha ingannati: le porte dell’inferno non prevarranno contro la sua Chiesa. Continuamente attaccata, contrastata, tiranneggiata, essa persegue serena e fiduciosa la missione assegnatale dal suo divino fondatore. La sua esistenza consiste, secondo la felice espressione di Faber, “in una continua sconfitta vittoriosa”. E’ umana ed è debole, per questo alcuni suoi figli sbagliano e peccano, e per questo la Chiesa chiede umilmente perdono a Dio ed ai fratelli, rigettando categoricamente ogni forma di male e di peccato. E’ per la potenza e la grazia del suo fondatore che all’indomani di ogni sconfitta esce sempre purificata e splendente a motivo della santità eroica di LE FORZE DEL MALE NON PREVARRANNO MAI Maggio 2010 - Anno 12 (n° 138) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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Tutti i regni e le organizzazioni umane hanno una vita più o meno breve, più o meno intensa, hanno periodi di successo e di decadenza e poi scompaiono; il Regno di Dio (la Chiesa) fondato da Gesù Cristo sulla terra continuerà a sussistere nonostante le persecuzioni aperte o subdole, le insidie che la malizia degli uomini costruisce dentro e fuori della Chiesa. Pascal ha fatto notare il carattere prodigioso della perennità della Chiesa: “E’ straordinario, incomparabile e assolutamente divino il fatto che questa religione, che ha sempre durato, sia stata sempre combattuta. Ridotta mille volte alla vigilia di una distruzione completa, ogni volta Dio l’ha risollevata. Con manifestazioni straordinarie della sua potenza”. Gli aspetti umani rivelati dalla Chiesa, nel passato, come nel presente talvolta sconcertano… Le “potenze dell’inferno” hanno messo in opera ripetutamente ogni tentazione per abbattere la Chiesa: la tentazione del danaro che apre tutte le porte, eppure sono stati i poveri ad imporre il cristianesimo all’impero romano. Il nemico, dopo la tentazione della cupidigia si servirà dell’orgoglio per sgretolare la fede, minare l’obbedienza: in tutte le epoche l’umiltà e le povertà di discepoli fedeli al Vangelo, faranno rifiorire la Chiesa. Il nemico allora userà come ulteriore risorsa la persecuzione. Gesù l’aveva predetto:” sarete perseguitati…vi batteranno, vi metteranno in prigione, vi uccideranno… vi odieranno per

causa mia. Ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!”. Ma le persecuzioni non rallentano il diffondersi della Chiesa, anzi: “Il sangue dei cristiani è una semente”, scriveva Tertulliano. La crudeltà dei pagani di un tempo, oggi è superata dai moderni persecutori. Ma la violenza non ha mai avuto ragione della Chiesa. Voltaire asseriva: “ Ancora vent’anni e la fine della Chiesa sarà un fatto compiuto”. Vent’anni dopo questa imprudente affermazione, Voltaire moriva, mentre la

Chiesa continuava a vivere. Renan vagheggiò di seppellirla sotto i fiori… Così, a partire dal filosofo Celso nel III secolo, non è passata generazione senza che i necrofori di turno non si siano preparati a seppellire la Chiesa. Eppure la Chiesa vive sempre. Gesù non ci ha ingannati: le porte dell’inferno non prevarranno contro la sua Chiesa. Continuamente attaccata, contrastata, tiranneggiata, essa persegue serena e fiduciosa la missione assegnatale dal suo divino fondatore. La sua esistenza consiste, secondo la felice

espressione di Faber, “in una continua sconfitta vittoriosa”. E’ umana ed è debole, per questo alcuni suoi figli sbagliano e peccano, e per questo la Chiesa chiede umilmente perdono a Dio ed ai fratelli, rigettando categoricamente ogni forma di male e di peccato. E’ per la potenza e la grazia del suo fondatore che all’indomani di ogni sconfitta esce sempre purificata e splendente a motivo della santità eroica di

LE FORZE DEL MALE NON PREVARRANNO MAI

Maggio 2010 - Anno 12 (n° 138)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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tantissimi altri suoi figli, che ne tolgono le macchie e le rughe. “E’ bello, notava ancora Pascal, stare su una imbarcazione battuta dall’uragano avendo la certezza che non andrà a fondo”. Non dubitiamo mai quindi della nostra “Santa Madre Chiesa”. La sua storia è un miracolo continuo, sul quale possiamo fondare la nostra fede. Ma Gesù si attende e chiede l’apporto del nostro impegno personale, come contributo alla lotta contro le potenze del male. E’ nostro dovere ridurre le infermità che provengono dalle nostre colpe, cancellare le macchie che deturpano davanti al mondo lo splendore della sua santità. Cerchiamo di essere sempre più figli amorevoli della Chiesa nostra Madre. Adoperiamoci, con affettuosa docilità, a rendere sempre più santa questa nostra Madre, la Chiesa. S. Pietro e S. Paolo, nostri patroni, sono le due colonne portanti della Chiesa, di cui Cristo è l’unico fondamento. Con Lui le forze dell’inferno non prevarranno mai. Don Giuseppe

QUANDO L’IMPOSSIBILE DIVENTA POSSIBILE

Non è facile tracciare un profilo storico di S. Rita. Ci sono molti punti oscuri, e spesso le notizie di una certa attendibilità si mescolano alle leggende, che si formano attraverso i secoli in diverse stratificazioni. Rita (Mancini era il suo cognome) nacque a Roccaporena vicino a Cascia verso il 1381 da genitori ormai anziani e senza figli. Fin da fanciulla si distinse per la sua bontà, laboriosità e bontà. Arrivata all’adolescenza Rita voleva farsi monaca, ma i genitori si opposero e la fecero maritare. Il prescelto si chiamava Paolo Ferdinando. Non era proprio farina di buon sacco: impetuoso e aggressivo, arrogante e senza riguardo per nessuno, era riuscito senza troppi sforzi a

farsi molti nemici. In casa, Rita ne dovette subire subito la violenza e l’aggressività. Ma lei non si dette mai per vinta, nella speranza di poterlo ammansire e “convertire” a maniere più gentili, prima o poi. La sua pazienza, bontà, mansuetudine, preghiera ed eroica capacità di sopportazione alla fine vinsero. Dopo ben18 lunghi dolorosi anni, quando tutto sembrava impossibile, il possibile divenne realtà. E arrivò la sospiratissima conversione del marito. Un vero miracolo, visto il soggetto in questione. Ma la sua conversione non significava automaticamente anche il perdono da parte dei nemici che lui si era fatto in quegli anni e la cancellazione dei torti subiti. Alcuni di questi suoi nemici, una notte, su una strada buia regolarono il conto finale: lo assalirono e lo uccisero. Rita dovette così affrontare anche il dolore di questa morte tragica. Lei perdonò gli assassini del marito, ma non altrettanto fecero i due figli, che ancora adolescenti giurarono vendetta. Rita non riuscì insomma a convincerli al perdono. Si narra che pregò Dio di impedire che si macchiassero di questo delitto rischiando così l’inferno, e se era necessario di toglierli dal mondo…Non si è certi che questa fu la preghiera di Rita nei riguardi dei suoi due figli smaniosi di vendetta. E’ certo però che morirono non molto tempo dopo, probabilmente per qualche malattia. Caso non infrequente allora. Così Rita libera da legami familiari poteva coronare il sogno di farsi monaca. Ma all’inizio le porte del Convento di Cascia rimasero chiuse, perché non fu accetteta. Durante questo periodo, ormai vedova e sola in casa, una volta ritornando da una visita ad una ammalata incontrò sul ciglio della strada una donna sfinita e lacera, distesa sulla neve. Veniva da Spoleto da dove era fuggita per salvarsi dai maltrattamenti del marito. Era anche stata aggredita e derubata dai ladri. Rita la portò a casa sua, e le donò l’unica veste che aveva. La persuase poi a tornare dal marito, di cui le assicurò la conversione. Questo spiega la particolare devozione che hanno le donne che patiscono ingiustizie e maltrattamenti di vario genere nell’ambito familiare, ma non vogliono lo stesso rompere il vincolo matrimoniale. Forse proprio per la storia personale Santa Rita è considerata la migliore avvocata e confidente di queste donne in difficoltà. Le sue preghiere incessanti alla fine vinsero e

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Rita entrò nel monastero di Cascia, intitolato a S. Maddalena (che oggi si chiama Santa Rita). “Nel monastero visse per quarant’anni alternando la preghiera e la contemplazione a visite a malati e lebbrosi, e cercando spesso di pacificare le fazioni che si combattevano nella cittadina umbra. Ma il cuore della sua giornata erano la preghiera e la contemplazione della Passione di Cristo. Finché un giorno, mentre era in contemplazione estatica davanti al Crocefisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte e produrle una profonda piaga purulenta e fetida, costringendola ad una perenne segregazione: era il 1432. Soltanto in occasione di un pellegrinaggio a Roma per perorare la canonizzazione di S. Nicola da Tolentino ottenne che la ferita si rimarginasse temporaneamente. Ormai l’immedesimazione alla Croce di Cristo era

totale, e in croce visse gli ultimi 15 anni, logorata dalle fatiche e dalle sofferenze, ma anche dai digiuni e dalla pratica dei flagelli… “Tucta allui se dette”. Alla santa di Cascia viene associato un fiore in particolare: la rosa. E’ il simbolo della devozione alei. Perché? Si narra che una cugina le fece visita, e Rita ormai morente, espresse un ultimo desiderio: una rosa dal giardino che aveva lasciato. Si Era d’inverno. La parente obbedì, andò e trovò nell’orto coperto di neve una rosa fiorita. Gliela portò e Rita tutta felice la regalò al suo Crocefisso. Quando morì il 22 Maggio 1447, ci fu uno scampanìo “spontaneo” cioè miracoloso di tutte le campane del paese. La santa di Cascia appartiene alla grande schiera delle donne cristiane che hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa, come anche su quella della società. Rita ha bene interpretato il genio femminile.

Colomba

MERCOLEDÌ 26 MAGGIO SAN FILIPPO

FESTA PATRONALE DI TORRI

SANTA MESSA ORE: 10.00 – 18.00 SOLENNE

ORE 19.00 BENEDIZIONE DEI MOTOCICLISTI E DEI LORO MEZZI

RESOCONTO ECONOMICO ANNO 2009

PARROCCHIA DI TORRI PARROCCHIA DI PAI

TOTALE ENTRATE €. 94.257,87 TOTALE ENTRATE €. 19.304,09 TOTALE USCITE €. 81.517,90 TOTALE USCITE €. 15.687,00 AVANZO DI CASSA €. 12.739,97 AVANZO DI CASSA €. 03.617,09

HANNO RICEVUTO IL BATTESIMO

SARA - EMIL - MARKUS

LA PREGHIERA DEL SANTO ROSARIO

NEL MESE DI MAGGIO

Chiesa Parrocchiale ore 17.00

Oratorio Parrocchiale ore 20.30

Oratorio SS. Trinità ore 21.00

Oratorio S. Antonio ore 20.30

Oratorio S. Faustino ore 20.30

Capitello Rossone Anze ore 21.00

Capitello Le Sorte ore 20.00

(PARROCCHIA DI PAI)

Chiesa Parrocchiale ore 20.30

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LE ROGAZIONI IN PARROCCHIA

ITINERARI DI PREGHIERA

Mercoledì 12 maggio ore 21.00

BENEDIZIONE AL PAESE E ALLA SUA GENTE

Raduno all’Oratorio della SS. Trinità

1° Itinerario: Oratorio – Toràs – Parcheggio e ritorno

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Giovedì 13 maggio ore 6.00

BENEDIZIONE ALLA CAMPAGNA, AL PAESAGGIO E AI SUOI ABITANTI

Raduno alla Chiesa Parrocchiale

2° Itinerario: Chiesa – via S. Filippo – valletta – via Mazzini – vill. Cristina – loc. Rossone – loc. Anze – loc. Rossone – loc. Coi – via loc. Loncrino – via per Albisano – via Crosetta – via Dall’Oca Bianca – via per Albisano – via Verga – vicolo Chiesa – Chiesa Parrocchiale.

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Venerdì 14 maggio ore 6.00

BENEDIZIONE DEL LAGO E DELLE FONTI

E A QUANTI LAVORANO SULLE ACQUE O NE BENEFICIANO

Raduno a S. Faustino

3° Itinerario: S. Faustino – monumento a S. Pietro – Lungolago Marconi – piazza Calderini – Lungolago Barbarani – Lungolago V. Veneto – monumento Marinai.

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È un evento davvero importante ed altamente significativo la ricorrenza giubilare del cinquecentesimo anniversario della dedicazione di una chiesa, e si può dire eccezionale. L’edificio sacro è stato costruito precedentemente al 1510 e successivamente fu ampliato, ma la sua deputazione al culto o consacrazione fu sancita il 10 Maggio 1510. Il solenne rito

fu presieduto dal Vescovo di Verona di quel tempo Mons. Marco Corner, che portava lo stesso nome del Santo Evangelista a cui fu intitolata la Chiesa. Il rito della dedicazione di una chiesa è equiparabile al rito del Battesimo nella vita di un cristiano, i santi segni che si succedono in una dedicazione sono gli stessi che incontriamo quando uno viene battezzato; sono l’acqua, l’unzione con il crisma, la veste candida, la luce, il tutto accompagnato dalle parole sacramentali che producono ciò che significano. Nel giorno della dedicazione le pareti dalla chiesa vennero asperse con l’acqua benedetta lungo tutto il loro perimetro, così pure l’altare; successivamente furono unte con il sacro crisma le pareti in dodici punti e tutta la mensa dell’altare, quindi l’altare fu rivestito di bianchi lini accuratamente preparati, infine il luogo sacro fu illuminato da ceri e piccole fiammelle. Ma che cosa vuol dire celebrare l’anniversario della dedicazione? Il motivo più grande che da valore e significato alla ricorrenza sta nel dovere di esprimere pubblicamente da parte di tutto il popolo la riconoscenza e la gratitudine a Dio per l’intercessione di San Marco Evangelista per tutta la storia di salvezza che si è realizzata nella vita del popolo di Pai che nel santo tempio dedicato si è radunato durante il lungo cammino cinquecentenario. È un dato che sfugge alla conoscenza umana e che tanto meno può essere quantificato, tutto ciò che questo popolo ha celebrato, vissuto, sperimentato, goduto dal 10 Maggio 1510 al 10 Maggio 2010, innumerevoli sono state le celebrazioni liturgiche che si sono celebrate, basti pensare alle S.S. Messe, alle Confessioni, ai Battesimi, ai Matrimoni, alle feste religiose, ai riti esequiali, ai canti alle preghiere che si sono elevati da questo luogo. Impossibile raccontare ciò che è passato a livello spirituale nel cuore dei fedeli, forse possiamo solo immaginare quante preghiere silenziose, a mani giunte, in ginocchio, a braccia allargate, forse anche ,anzi certamente talvolta con le lacrime agli occhi, volti rivolti al tabernacolo, alla venerata immagine della Madonna, a San Marco, a San Giuseppe, a Sant’Antonio, a San Rocco, a San Valentino. Come nel giorno della dedicazione l’atto più importante e determinante la consacrazione dell’edificio è stata la celebrazione della S. Messa presieduta dal Vescovo, così nel giorno della ricorrenza giubilare il momento vertice delle celebrazioni cinquecentenarie sarà la solenne Santa Eucaristia presieduta dal nostro Vescovo S. E. Mons. Giuseppe Zenti: l’Eucaristia è per natura rendimento di grazie e azione di lode a Dio lo faremo con gioia per tutti i suoi benefici elargiti nella Chiesa di Pai in questi cinquecento anni.

Don Giuseppe

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LA CHIESA PARROCCHIALE DI S. MARCO Sorprendente è la chiesa di S. Marco sulla sommità del dosso come una roccaforte, da cui la vista spazia fino alla riva opposta del lago sottostante. Ad essa si giunge per una breve salita ciottolosa,

che sbocca inaspettatamente su un piccolo belvedere come sulla spianata di un castello. Il belvedere è poco più grande di un terrazzo, e ben pavimentato con lastroni di marmo rosato e costituisce l'unico spazio esistente sulla fronte e sul lato meridionale dell'attuale chiesa parrocchiale di Pai. Fu consacrata il 10 maggio 1510 dal vescovo di Verona monsignor Marco Corner e sostituì quella di S. Gregorio. Il santo a cui è intitolata è Marco, protettore anche di Venezia: scelta significativa, che

probabilmente esprime un atto di omaggio alla Serenissima Repubblica allora dominante nel Veneto. Ed il santo patrono è raffigurato sull'arco trionfale con la famosa scritta "Pax tibi Marce evangelista meus", ai lati l'Annunciazione: l'arcangelo Gabriele a sinistra e la Madonna a destra di S. Marco. L'arco trionfale divide il tempio in due parti e separa due epoche. Infatti quella che ora costituisce il presbiterio, è la parte più antica con volte a crocera e sembra essere la cappella del castello, fatto demolire da Federico Barbarossa, l'aula per i fedeli invece risale all’inizio del 1700. A quel tempo era parroco don Sebastiano Tronconi, il quale tra il 1703 ed il 1705 provvide ad ampliare la piccola chiesa, prolungandola verso ovest con un'unica navata, rivolta al lago, dove è la facciata con l'entrata principale, fiancheggiata da larghe lesene e sormontata da un rosone, inscritto in un quadrato. All'interno del tempio lo sguardo è attratto immediatamente dal grande Crocefisso che campeggia nel presbiterio, ai piedi della Croce tre figure: presumibilmente la Maddalena, la Madonna e S. Giovanni. Tuttavia tutto il presbiterio doveva essere affrescato, se si giudica dai dipinti che ancora rimangono. Sulla parete meridionale si riescono a vedere alcuni santi monaci dal nome ignoto ed un giovane, che lo scudo fa ritenere un

guerriero. S. Giorgio forse? Sulla parete di fronte si scorgono altri santi monaci molto rovinati. Ed ecco al centro del presbiterio l'altare maggiore,rivolto verso il popolo, secondo la liturgia attuale, ma di origine sei-settecentesca, come rivelano la sua forma a volute ed il marmo policromo.

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Camminando poi lungo la parete meridionale si incontra una preziosa statua quattrocentesca di legno, che rappresenta Maria Regina con la corona sul capo ed il vestito d'oro, seduta, il

Bambino steso tranquillamente sulle ginocchia. Successivamente vicino all'uscita una nicchia nella parete accoglie il fonte battesimale. Un piedistallo sorregge una piccola vasca ottagonale di pietra con coperchio in legno, la quale reca incisa in numeri romani la data della sua costruzione: 1520. Alzando ora gli occhi, si notano ai lati della porta principale due quadri rettangolari, raffiguranti quello a destra la Sacra Famiglia e quello a sinistra la morte di S. Giuseppe, attorniato da Gesù e Maria. Proseguendo poi il cammino lungo la parete meridionale ci si imbatte inaspettatamente in una cappella di recente costruzione. Una lapide informa che essa fu inaugurata nel 1936, il 16 agosto, giorno di S. Rocco, per adempiere il voto, fatto

dalla popolazione a S. Rocco cento anni prima, il quale la. aveva protetta nel colera del 1836. Nella cappella vi è pure un antico altare, dedicato a S. Valentino. Infatti si sa che nel 1780 era completo "con i suoi fornimenti", le tovaglie, i candelieri di legno inargentati ed una lampada di argento, “mantenuta per carità”. Sopra di esso per le dimensioni e specialmente per la complessità della costruzione e l'intensità dei sentimenti si impone un quadro, che raffigura appunto Valentino, rapito in una visione, mentre sta celebrando la messa. In basso a sinistra fa capolino una testa di animale, la quale è stata dipinta forse non casualmente, bensì per indicare il motivo della venerazione del santo: la benedizione degli animali. Quando l'economia della zona era basata soprattutto sull'agricoltura e la pastorizia, gli animali erano per l'uomo, collaboratori nella fatica del lavoro e insieme ricchezza, quindi è comprensibile che venissero posti sotto la medesima tutela soprannaturale ed affidati alla protezione di un santo. Ora invece che l'economia del luogo si basa sul turismo, anche quella

tradizione è scomparsa. Tuttavia, la venerazione di S. Valentino continua, come testimonia anche un capitello all'ingresso di Pai alto. Il bello sarebbe però poter sapere di quale Valentino si tratti. Infatti parecchi sono i santi di tal nome. Comunque ve ne è uno,nominato vescovo da papa Leone I, che esercitò il suo ministero nell'odierna Austria ed in genere nel Trentino Alto Adige. Morì a Merano verso il 472 e nell'ottavo secolo, al tempo dei longobardi, le sue reliquie furono trasportate a Trento. È facile quindi che sia egli il Valentino conosciuto sul lago di Garda ed anche a Pai. Infine una porta nella parete meridionale permette di uscire dal tempio e di trovarsi davanti all'attigua canonica, dimora del parroco.

Renata Dalli Cani

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LA CHIESA DI PAI

Composizione fatta per il 500° della Dedicazione

FIOR DE OLIVO

'Na cesolina bianca

in meso a i olivi e Pai de Sora

come un brasso de marna.

Ceséta... ceséta de San Marco

come 'na perla te slusi in tuta la Gardesana

fin a la sponda Bresciana, e quando tase el vento te destendi sóra el lago

un'Ave, al calar de la sera.

Ceséta tanto cara te sì el cor del paese

ma, che t'à fato cusì bela i è le orassioni de la gente

dite a pian de scondon e da le lagrime è spunta buti novi sui rami sechi.

Speranse, in senoción

sule piere mute le g'à 'vu risposta dal Dio Vivo sconto co 'na veleta de stele

drento el tó Altar Santo.

Cesolina bianca... fìor de olivo molà zò dal Paradiso, ne i ani el tó splendór

l'è sempre vivo come la preghiera

che Don Giovanni tà lassà scrito...

" QUA SE VIEN DRENTO PAR AMAR DIO, E SE VA FORA PAR AMAR TUTI"

Gelmina Dalla Bona

FIORE DI ULIVO

Una chiesetta bianca in mezzo agli ulivi

e Pai di Sopra come un braccio di mamma.

Chiesetta... chiesetta di San

Marco come una perla splendi

in tutto il Garda fino alla sponda Bresciana,

e quando tace il vento distendi sopra il lago un'Ave, al scendere della sera.

Chiesetta tanto cara sei il cuore del paese

ma, che ti ha fatto così bella sono le orazioni della gente

dette piano, di nascosto e dalle lacrime sono spuntati

germogli nuovi sui rami secchi.

Speranze, in ginocchio sulle pietre mute

hanno avuto risposta dal Dio Vivo nascosto con un velo di stelle

dentro il tuo Altare Santo.

Chiesetta bianca... fiore di ulivo lasciata cadere dal Paradiso,

negli anni il tuo splendore è sempre vivo

come la preghiera che Don Giovanni ti ha lasciato scritto...

" QUI SI ENTRA PER AMARE DIO E SI ESCE PER AMARE IL PROSSIMO."

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GENTE DE 'STO PAESE

'Na brancà de case

'na piassa…’na ceseta e drio le spale

pràtesei de viole che se dindola

al són de le campane.

Gente de 'sto paese che conosse el saor

del sacrifìssio... de mane alsade

a saludar ci partiva par guadagnar da vivar.

Sluse ancora ne i oci

el ricordo de ci no' gh'è più

e, à lassà, péste legere ne l'anima del paese.

Gente semplice, sincera

inamorà de 'sto fassól de tera inçercola de olivi

pieni de sol che i se imboréssa al fresco ventesel

col canto de i pitari e fringuei.

Solo l'Eterno el podea piturar

su la tela del tempo un quadro cusì belo...

Pai con la so gente che se specia nel

lago fra s-ciantisi,.. de

stéle.

Gelmina Dalla Bona

GENTE DI QUESTO PAESE

Una manciata di case

una piazza... una chiesetta e dietro le spalle

prati di viole che si cullano

al suono delle campane.

Gente di questo paese che conosce il sapore

del sacrificio... di mani alzate

a salutare chi partiva per guadagnare da vivere.

Brilla ancora negli occhi

il ricordo di chi non c'è più

e, ha lasciato, impronte leggere nell'anima del paese.

Gente semplice, sincera

innamorata di questo fazzoletto di terra circondato da olivi

pieni di sole, che gioiscono

al fresco venticello col canto dei pettirossi e fringuelli.

Solo l'Eterno

poteva dipingere sulla tela del tempo

un quadro così bello...

Pai con la sua gente

che si specchia nel lago

fra luccichii... di stelle.

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PARROCI DELLA PIEVE DI PAI La Parrocchia di Pai porta il titolo di “S. Marco Evangelista”, fa parte della Vicaria del lago Veronese. Il nome di S. Marco risale al secolo XVI, tuttavia non si impose subito, la parrocchia nel 1500 è designata anche con il più antico nome di San Gregorio, il primo santo patrono. Lo dimostra il resoconto della visita pastorale del 3 maggio 1574, dove si dice parrocchia di S. Marco o Gregorio (St. Marci sive Gregori), e quello della visita pastorale del 13 settembre 1582, in cui si legge parrocchia di S. Marco e Gregorio (St. Marci et Gregori ), semplicemente con il nome di S. Gregorio è indicata la parrocchia nella rinuncia del sacerdote Giovanni. Sembra comunque che Pai sia chiesa parrocchiale fin dal secolo IX. Se è veramente così, è una delle pievi più antiche della diocesi di Verona con sacerdoti che esercitarono regolarmente il loro ministero. Però i nomi dei presbiteri dei secoli più lontani si sono persi nel tempo. Quello del parroco più antico, testimoniato da un documento, è Giovanni, sacerdote di Salò della diocesi di Brescia. Egli il 23 ottobre 1558 in una sala del palazzo vescovile di Verona davanti al vescovo Agostino Lippomano rinuncia alla parrocchia di S. Gregorio "de Pali". Poi bisogna arrivare al 1666 per incontrare don Pietro Fravezio.

ELENCO DEI SACERDOTI DELLA PARROCCHIA DI S. MARCO IN PAI DI TORRI DEL BENACO (VR)

1. Don Pietro Fravezio 1666 + 09/12/1702 2. Don Sebastiano Tronconi 1703 + 19/09/1749 3. Don Francesco Ruzzoloni 1749 + 08/10/1780 4. Don Bartolomeo Chemini 1781 + 28/07/1809 5. Don Domenico Schena 1809 + 31/07/1830 6. Don Girolamo Zuliani 1831 rinuncia 1836 7. Don Gio Batta Chemasi 1837 +03/01/1852 8. Don Sebasrtiano Masini 1852 +18/05/1859 9. Don Pietro Baratta 1859 +08/09/1889 10. Don Giuseppe Castellani 1890 + 03/06/1923 11. Don Pietro Marroncini 1923 rinuncia 1933 12. Don Giuseppe Grisi 1933 + 11/01/1955 13. Don Tullio Benedetti 1955 trasferito 1964 14. P. Valerio Springhetti 1965 trasferito 1966 15. P. Paolo Rimordi 1966 trasferito 1971 16. Don Sergio Fasol 1971 trasferito 1971 17. Don Sergio Lucenti 1971 trasferito 1972 18. Don Primillo Gugole 1972 trasferito 1976 19. Don Renzo Bonetti 1976 trasferito 1977 20. Don Giovanni Andreoli 1977 + 26/02/2003 21. P. Domenico Gaioni 2003 trasferito 2003 22. Don Pietro Terraroli 2003 rinuncia 2008 23. Don Giuseppe Cacciatori 2008

NB Nel 1933 la sede vacante di Pai viene "messa a concorso". Gli aspiranti Giuseppe Grisi, Pietro Marconcini e Pietro Poressan superano tutti l'esame: al vescovo quindi la scelta, poiché il beneficio è di collazione vescovile. E monsignor Girolamo Cardinale lo conferisce a Pietro Marconcini, il quale rimane per dieci anni. La sorte vuole che gli succeda Giuseppe Grisi, ossia proprio uno dei sacerdoti a cui don Marconcini era stato preferito. Don Grisi resterà dal 1933 al 1955, però aiutato negli ultimi anni, poiché è ormai di età avanzata. Il vicario cooperatore, nominato nel 1953, si chiama don Lorenzo Rancani.

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USCITA DIDATTICA A PAI DI TORRI

Il 5 Marzo 2010, dalle ore 10.05 alle 12.15, con i miei compagni e i maestri, siamo andati a visitare Pai per vedere le più antiche chiese del luogo: l’oratorio di San Gregorio Magno e la chiesa

parrocchiale di San Marco che quest’anno festeggia il cinquecentesimo anniversario della dedicazione. Il tempo era variabile, soffiava un po’ di vento ed il lago era agitato. Ci hanno accompagnato il maestro Gelsomino e la maestra Germana che ha sostituito la maestra Rita, assente per lutto. È stato bellissimo fare il biglietto e salire sull’autobus di linea. A turno abbiamo vidimato il biglietto e all’inizio tutti stavamo in silenzio, dopo un po’ di tempo invece abbiamo iniziato a chiacchierare. Siamo scesi a Pai di Sotto, sulla Gardesana e ci siamo incamminati…

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MOTIVI DELLA VISITA ALLA PARROCCHIALE SAN MARCO EVANGELISTA DI PAI…

1. Per conoscerne le origini: quest’anno ricorre il Cinquecentenario della dedicazione. 2. Perché in un piccolo paese la gente costruisce un’altra chiesa? 3. Per sapere il motivo della sua intitolazione. 4. Per vedere com’è esternamente. 5. Per ammirare la bellezza dell’interno.

1. Per conoscere le sue origini… La chiesa di San Marco, avrebbe avuto origine dal rifacimento di una vecchia cappella, il cui centro sarebbe nell’area delle attuali chiesa e casa canonica. Nelle fonti scritte, la cappella è primamente attestata in un atto del 1435, nel quale l’arciprete di Garda rinnova a Faustino di Domenico da Torri e a Donato fu Giovanni da Pai la locazione di terre site in Pai, in parte alla valle e vicino alla chiesa. Nella parte absidale infatti troviamo un nucleo originale molto più antico. Tutt’intorno vediamo un complesso di case fortificate da muri spessi, in modo da proteggere verso l’esterno. L’abside con i suoi affreschi mostra i segni di architettura e pittura tardo gotica. 2. Perché in un piccolo paese la gente costruisce un’altra chiesa? La chiesa piuttosto che una cappella castrense, dovette essere eretta in funzione del nucleo abitativo di “Pai di Sopra”, sorto tra il XIV ed il XV secolo quando forse a causa degli scontri tra la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Milano, dovette verificarsi uno spostamento della gente dalla riva del lago verso la montagna e

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perché si sentiva un forte senso religioso di comunità cristiana: tutta la vita del paese si svolgeva intorno alla chiesa. 3. Per sapere il motivo della sua intitolazione. Questa chiesa, come ricorda il parroco don Sebastiano Tronconi, nelle sue settecentesche memorie, venne consacrata nel 1510 il 10 maggio, dal vescovo Marco Corner e quindi nel 1522, data incisa sul fonte battesimale, dovette evolversi in parrocchiale. 4. Per vedere com’è esternamente. La facciata in stile neoclassico mantiene l’originario orientamento ad ovest: quattro lesene simmetriche, a forma di pilastro, fanno da sostegno all’architrave, su cui s’eleva un frontone timpanato. Fra la coppia di lesene centrale s’apre l’ingresso principale, sovrastato da un’ampia finestra. Sul lato meridionale sorge la costruzione recente di un modesto vano, contenente un altarino con simulacro di S. Antonio di Padova; quindi un secondo ingresso, aperto anch’esso di recente ed, infine, il complesso della canonica che s’addossa completamente alla parete. Sul lato settentrionale s’erge il campanile, risalente nella sua parte inferiore al XVII secolo e in quella superiore alla prima metà del secolo successivo. La cella campanaria prende luce da quattro ampie monofore a tutto sesto ed è sormontata da un tamburo ottagonale, con tettuccio a tegole. 5. Per vedere com’è internamente. L’interno propone una pianta a croce latina con una sola navata, terminante nell’abside tardo gotica e le due cappelle laterali, disposte una di fronte all’altra. Gli altari barocchi, marmorei, sono dedicati alla Beata Vergine con il Bambino, sul secondo una pala raffigurante S. Valentino. L’altare maggiore è del secolo XVIII e si colloca nel mezzo dell’abside tardo gotica; al suo interno affreschi di fine Trecento o di inizio Quattrocento. Sulla parete di mezzo, Cristo vegliato da S. Marco, dalla Madonna e dalla Maddalena. Sulla parete laterale di nord si trovano tre quadri affrescati con S. Rocco, S. Antonio Abate e la Madonna col Bambino; sulla parete laterale di sud si trovano S. Antonio Abate, S. Giorgio, la Madonna col Bambino, S. Antonio Abate e S. Giorgio. Al di fuori dell’arco troviamo dipinti di Eugenio Vangelista e nelle nicchie laterali, le statue lignee di S. Marco e di S. Rocco. Presso l’ingresso, entrando a sinistra, si trova il fonte Battesimale del 1522; sul lato apposto un altarino e una statua di S. Antonio di Padova, mentre una statua di S. Giuseppe sta in una nicchia laterale presso la cappella della Beata Vergine. Sulla controfacciata, due tele del Settecento raffigurano l’Educazione di Gesù e la Morte di S. Giuseppe.

(Scuola Primaria D. Calderini)

Così si è svolto il rito della nostra Cresima: eravamo in Chiesa insieme a tanta gente, c’era anche il Vescovo, o un suo Delegato, dopo la liturgia della Parola il nostro parroco

ci ha chiamati per nome e ci ha presentati al Vescovo. Quindi siamo stati invitati a rinunciare a Satana e a fare la nostra professione di fede. A questo punto il Vescovo

e i sacerdoti presenti hanno invocato l’effusine dello Spirito Santo: Spirito si sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza, di pietà e di timor di Dio.

Dopo questa preghiera il Vescovo ha unto la nostra fronte con il sacro Crisma, segno e sigillo dello Spirito Santo, confermazione della nostra appartenenza a Dio,

e della nostra consacrazione per la missione a servizio del suo Regno.

La solennità della Pentecoste, che celebriamo in questo mese ci offre l’opportunità di rivisitare il secondo Sacramento, la Cresima

che nella prassi ricorrente costituisce il coronamento dei Sacramenti dell’Iniziazione cristiana.

La celebrazione della Confermazione consta di due parti:

1. La consacrazione del sacro Crisma è un momento importante che precede la celebrazione della Confermazione, ma che, in un certo senso, ne fa parte. È il Vescovo che, il Giovedì Santo, durante la messa crismale, consacra il sacro crisma per tutta la sua diocesi. Questo Crisma viene poi portato in tutte le Parrocchie e adoperato nella celebrazione dei sacramenti.

2. Il rito essenziale del Sacramento viene fatto nel giorno proprio della Cresima che appunto si conferisce mediante l’unzione del Crisma sulla fronte del cresimando, che si fa congiuntamente all’imposizione della mano e alle parole “ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”. Il rito del Sacramento si conclude con lo scambio del segno della pace tra il Vescovo e il neocresimato; questo gesto esprime la comunione ecclesiale con il Vescovo e con tutti i fedeli.

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Qual è il posto della Confermazione nel disegno divino della salvezza? Nell'Antica Alleanza, i profeti hanno annunziato la comunicazione dello Spirito del Signore al Messia atteso e a tutto il popolo messianico. Tutta la vita e la missione di Gesù si svolgono in una totale comunione con lo Spirito Santo. Gli Apostoli ricevono lo Spirito Santo nella Pentecoste e annunziano «le grandi opere di Dio» (At 2,11). Essi comunicano ai neo battezzati, attraverso l'imposizione delle mani, il dono dello stesso Spirito. Lungo i secoli la Chiesa ha continuato a vivere dello Spirito e a comunicarlo ai suoi figli.

Perché si chiama Cresima o Confermazione? Si chiama Cresima (nelle Chiese Orientali: Crismazione col Santo Myron) a motivo del suo rito essenziale che è l'unzione. Si chiama Confermazione, perché conferma e rafforza la grazia battesimale.

Qual è il rito essenziale della Confermazione?

Il rito essenziale della Confermazione è l'unzione con il sacro crisma (olio misto con balsamo, consacrato dal Vescovo), che si fa con l'imposizione della mano da parte del ministro che pronunzia le parole sacramentali proprie del rito. In Occidente, tale unzione viene fatta sulla fronte del battezzato con le parole: «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Presso le Chiese Orientali di rito bizantino, l'unzione viene fatta anche su altre parti del corpo, con la formula: «Sigillo del dono dello Spirito Santo».

Qual è l'effetto della Confermazione? L'effetto della Confermazione è la speciale effusione dello Spirito Santo, come quella della Pentecoste. Tale effusione imprime nell'anima un carattere indelebile e apporta una crescita della grazia battesimale: radica più profondamente nella fili azione divina; unisce più saldamente a Cristo e alla sua Chiesa; rinvigorisce nell'anima i doni dello Spirito Santo; dona una speciale forza per testimoniare la fede cristiana.

Chi può ricevere questo Sacramento? Può e deve riceverlo, una volta sola, chi è già stato battezzato, il quale, per riceverlo efficacemente, dev'essere in stato di grazia.

NB: Come il Battesimo, di cui costituisce il compimento la Confermazione viene conferita una volta sola. Essa infatti imprime nell’anima un marchio spirituale indelebile, il “carattere”; esso è il segno che Gesù Cristo ha impresso sul cristiano il sigillo del suo Spirito, rivestendolo di potenza dall’alto perché sia suo testimone.

Chi è il ministro della Confermazione?

Ministro originario è il Vescovo. Si manifesta cosi il legame del cresimato con la Chiesa nella sua dimensione apostolica. Quando è il presbitero a conferire tale Sacramento - come avviene ordinariamente in Oriente e in casi particolari in Occidente -, il legame col Vescovo e con la Chiesa è espresso dal presbitero, collaboratore del Vescovo, e dal sacro crisma, consacrato dal Vescovo stesso.

Ogni Cresima è una nuova Pentecoste che consacra i cristiani al servizio di Dio e degli uomini. E’ lo Spirito che conduce noi a diventare una sola cosa in Cristo.

I Cresimandi sono accompagnati al Sacramento dal padrino e dalla

madrina, che sono cristiani adulti che devono essere per loro di

esempio e di guida nella vita di fede.

Dice il Concilio: lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori come in un

tempio e con la forza del vangelo ringiovanisce e continuamente

rinnova la Chiesa.

Lo Spirito agisce non solo nei Pastori, papa, vescovi e sacerdoti, ma anche in tutti i fedeli. Egli entra silenzioso nei cuori, dà forza, chiarezza, speranza;

suscita i santi, inventa i testimoni dell’amore di Dio, riempie di coraggio i timidi, spinge al bene, sconfigge il male. Lasciamolo vivere in noi, viviamo alla sua presenza:

“camminiamo secondo lo Spirito” (Rm 8,4).

Se voglio vivere la mia Cresima devo convincermi che essa è

stata per me “la mia Pentecoste”, cioè la confermazione di quanto

avvenuto nel mio Battesimo, la mia immersione in Dio per mezzo dello Spirito.

Spirito di Dio, fa' della tua chiesa la sposa di Cristo senza macchie e senza rughe…

Spirito di Dio, fa' della tua Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi. Alimentane il fuoco col tuo olio, perché l'olio brucia anche. Da' alla tua Chiesa tenerezza e coraggio. Lacrime e sorrisi. Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo e triste e povero. Disperdi la cenere dei suoi peccati. Fa' un rogo delle sue cupidigie. E quando, delusa dei suoi amanti, tornerà stanca e pentita a Te, coperta di fango e di polvere dopo tanto camminare, credile se ti chiede perdono. Non la rimproverare. Ma ungi teneramente le membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l'olio di letizia. E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe, all'incontro con Lui, il Cristo glorioso, perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire, e possa dirgli finalmente: Sposo mio".

In ogni Messa preghiamo:

“A noi che ci nutriamo del corpo e del sangue del tuo figlio dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.”

L’imposizione delle mani del Vescovo, l’invocazione dello Spirito Santo e l’unzione con il Crisma, sono i tre

segni che non devo assolutamente cancellare dalla mia vita; essi mi

dicono che lo Spirito Santo è sceso e scende ancora su di me, mi riveste della sua forza e dei suoi doni e mi

invia a testimoniare Cristo ai fratelli.

Rientra negli impegni primari dell’evangelizzazione la riscoperta della presenza e dell’azione dello

Spirito Santo che agisce nella Chiesa sia sacramentalmente, soprattutto

mediante la Confermazione o Cresima , sia attraverso molteplici carismi , compiti e ministeri da Lui suscitati

per il bene di essa.

L’unzione del Crisma, fatta con il segno della croce sulla

fronte del cresimando, è il sigillo della nuova effusione

dello Spirito Santo.

dal Catechismo della Chiesa cattolica ( I sette Sacramenti-3 continua)

Spirito Santo, torna a parlarci Spirito Santo, che riempivi di luce i Profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con accenti di speranza. Frantuma la corazza della nostra assuefazione all'esilio. Ridestaci nel cuore nostalgie di patrie perdute. Dissipa le nostre paure. Scuotici dall'omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime officine della violenza e della ingiustizia sono ospitate nei nostri cuori. Donaci la gioia di capire che tu non parli solo dai microfoni delle nostre Chiese. Che nessuno può menar vanto di possederti. E che, se i semi del Verbo sono diffusi in tutte le aiuole, è anche vero che i tuoi gemiti si esprimono nelle lacrime dei maomettani e nelle verità dei buddisti, negli amori degli indù e nel sorriso degli idolatri, nelle parole buone dei pagani e nella rettitudine degli atei.

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