Luglio 2011 - Anno 13 (n° 152) Mensile della Comunità...

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Luglio 2011 - Anno 13 (n° 152) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco Essere alla sequela di Gesù non è una scelta scontata soprattutto in una società che non è più uniformemente cristiana. Talvolta nell’ esperienza della fede è necessario ripartire dall’incredulità dell’apostolo Tommaso di fronte a Gesù risorto. E l’occasione per riflettervi sopra ci viene data appunto dalla sua festa che ricorre il 3 luglio. Una incredulità, la sua, che può apparire simile a quella ricorrente nella nostra mentalità odierna. Nella nota vicenda di Tommaso ci si presenta un Gesù che non biasima le richieste di Tommaso così come non biasima le nostre; non lo deride né lo accusa per i suoi dubbi ma lo invita a porre il dito nel segno dei chiodi. Il tutto ci fa capire che l’esperienza della fede è un’esperienza reale. La fede di Tommaso, quella della mano e del dito, è la fede di cui ci dobbiamo appropriare. E’ un’ invito a scoprire la storicità dei Vangeli e dei fatti veramente avvenuti duemila anni fa in Galilea. Abbiamo bisogno anche noi di far chiarezza e di credere che Gesù è risorto ed è vivo. Non giova a nessuno la politica dello struzzo. La ricetta di una fede matura e in ricerca di senso è sempre valida e da praticare tanto dai giovani come dagli adulti; una fede personale e consapevole, non individualista. Di fronte alla tentazione di abbandonare la comunità cristiana di appartenenza a motivo di una delusione, di un momento difficile, oppure perché assaliti da un’ondata di aridità spirituale, o perché tormentati da dubbi esistenziali, è sapiente la strada della fedeltà, della pazienza e della perseveranza; sarebbe azzardato e sopratutto inconcludente l’abbandono. Di fatto alcuni vivono come se Dio non ci fosse, si percepisce l’incredulità pratica di alcuni coetanei e ci si lascia interrogare dalle loro scelte o dalla loro indifferenza religiosa. In questi momenti è bene pensare all’apostolo Tommaso, guardare a lui, che ha avuto il coraggio di restare lì, nel cenacolo con gli altri, per otto giorni, anche se non credeva; è sempre importante guardare a chi vi rimane fedele con ferma persuasione senza alcuna ostentazione o vanagloria. La fede non è mai un dono ricevuto una volta per tutte, ma ogni giorno si è chiamati a ridire il proprio sì, ad aderire a quel Signore risorto che ci chiede di essere nel mondo testimoni credibili della sua risurrezione. È così che l'episodio del vangelo, soprattutto il comportamento dell'apostolo Tommaso, diventa vicino alla nostra vita e a quella di tante persone che vivono sia all'esterno, ma anche all'interno delle comunità, delle parrocchie o dei nostri gruppi. Esse come Tommaso per credere pretendono delle prove, vorrebbero "toccare con mano" per sapere veramente se Gesù sia ancora vivo. Tommaso però si è convertito ed è diventato testimone coraggioso di Cristo risorto fino al martirio. L'agire di Tommaso ci insegna che ogni vera esperienza di fede non può essere vissuta se non in prima persona, nessuno può sostituirsi ad un altro, nessuno può credere al posto di un altro: “devi essere tu a incontrare il Signore, a voler fare esperienza della sua presenza, a decidere di mettere tutta la tua vita nelle sue mani”. La fede appunto è una scelta non scontata. Don Giuseppe

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Luglio 2011 - Anno 13 (n° 152)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

Essere alla sequela di Gesù non è una scelta scontata soprattutto in una società che non è più uniformemente cristiana. Talvolta nell’ esperienza della fede è necessario ripartire dall’incredulità dell’apostolo Tommaso di fronte a Gesù risorto. E l’occasione per riflettervi sopra ci viene data appunto dalla sua festa che ricorre il 3 luglio. Una incredulità, la sua, che può apparire simile a quella ricorrente nella nostra mentalità odierna. Nella nota vicenda di Tommaso ci si presenta un Gesù che non biasima le richieste di Tommaso così come non biasima le nostre; non lo deride né lo accusa per i suoi dubbi ma lo invita a porre il dito nel segno dei chiodi. Il tutto ci fa capire che l’esperienza della fede è un’esperienza reale. La fede di Tommaso, quella della mano e del dito, è la fede di cui ci dobbiamo appropriare. E’ un’ invito a scoprire la storicità dei Vangeli e dei fatti veramente avvenuti duemila anni fa in Galilea. Abbiamo bisogno anche noi di far chiarezza e di credere che Gesù è risorto ed è vivo. Non giova a nessuno la politica dello struzzo. La ricetta di una fede matura e in ricerca di senso è sempre valida e da praticare tanto dai giovani come dagli adulti; una fede personale e consapevole, non individualista. Di fronte alla tentazione di abbandonare la comunità cristiana di appartenenza a motivo di una delusione, di un momento difficile, oppure perché assaliti da un’ondata di aridità spirituale, o perché tormentati da dubbi esistenziali, è sapiente la strada della fedeltà, della pazienza e della perseveranza; sarebbe azzardato e sopratutto inconcludente l’abbandono. Di fatto alcuni vivono come se Dio non ci fosse, si percepisce l’incredulità pratica di alcuni coetanei e ci si lascia interrogare dalle loro scelte o dalla loro indifferenza religiosa. In questi momenti è bene pensare all’apostolo Tommaso, guardare a lui, che ha avuto il coraggio di restare lì, nel

cenacolo con gli altri, per otto giorni, anche se non credeva; è sempre importante guardare a chi vi rimane fedele con ferma persuasione senza alcuna ostentazione o vanagloria. La fede non è mai un dono ricevuto una volta per tutte, ma ogni giorno si è chiamati a ridire il proprio sì, ad aderire a quel Signore risorto che ci chiede di essere nel mondo testimoni credibili della sua risurrezione. È così che l'episodio del vangelo, soprattutto il comportamento dell'apostolo Tommaso, diventa vicino alla nostra vita e a quella di tante persone che vivono sia all'esterno, ma anche all'interno delle comunità, delle parrocchie o dei nostri gruppi. Esse come Tommaso per credere pretendono delle prove, vorrebbero "toccare con mano" per sapere veramente se Gesù sia ancora vivo. Tommaso però si è convertito ed è diventato testimone coraggioso di Cristo risorto fino al martirio. L'agire di Tommaso ci insegna che ogni vera esperienza di fede non può essere vissuta se non in prima persona, nessuno può sostituirsi ad un altro, nessuno può credere al posto di un altro: “devi essere tu a incontrare il Signore, a voler fare esperienza della sua presenza, a decidere di mettere tutta la tua vita nelle sue mani”. La fede appunto è una scelta non scontata.

Don Giuseppe

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L’ACQUA È UN BENE DI TUTTI

Ho sentito in questi giorni di dibattiti accesi uno slogan: “l’acqua non è né pubblica, né privata, ma è un bene di tutti”. La citazione ha però bisogno di essere trasferita nel concreto. L’acqua è un bene primario e necessario, della quale tutti gli uomini dovrebbero disporne liberamente. Rientra in quei diritti che realizzano la dignità della persona. In occasione del nostro recente Referendum si sono espresse opinioni a favore e altre contrarie alla gestione pubblica di un servizio così fondamentale. Ognuna ha portato in campo le proprie tesi per convincere gli elettori in un senso o nell’altro. Io non entro nel merito di queste discussioni. Il Referendum ha scelto a larga maggioranza il servizio pubblico, e così deve essere! Ma non posso non ricordare che sulle nostre tavole dominano incontrastate le acque minerali, proprio quelle gestite dalle aziende private. Nel risultato leggo però un invito del cittadino alle Amministrazioni Pubbliche di gestire il servizio in modo appropriato, per assicurare tale bene primario a tutti, senza sprechi, e possibilmente a costi ragionevoli. La Chiesa ha ben a cuore un problema di questa portata, ma gli interventi del Papa non sono rivolti a dirimere le nostre “beghe paesane”. Il suo

recente discorso del 9 giugno era destinato ai rappresentanti di tutte le nazioni accreditate presso il Vaticano. Dobbiamo intanto ricordare che la distribuzione dell’acqua dolce è fortemente disomogenea ed in aree abbastanza vaste della terra scarseggia o è a basso livello qualitativo. Le situazioni più critiche si verificano proprio in quei paesi che non dispongono di risorse finanziarie e di tecnologie in grado di sopperire ad un bisogno indispensabile per ogni individuo. L’acqua dolce rappresenta solo il 2,5% dell’acqua totale presente sulla terra, ed ogni anno muoiono migliaia di persone per cause legate proprio alla mancanza di questo bene. Il Papa inserisce la questione dell’acqua nel problema ecologico complessivo ed invita perciò: “ad adottare stili di vita rispettosi dell’ambiente.” Già in altre occasioni aveva suggerito: “un uso razionale e solidale dell’acqua, frutto di una equilibrata sinergia tra settore pubblico e privato”. Non dobbiamo dimenticare che l’acqua, proprio per la sua importanza, ha assunto fin dai tempi remoti una valenza spirituale ed in particolare essa è presentata come simbolo di purificazione. Benedetto XVI°: si preoccupa perciò che alla tecnologia venga data una dimensione etica, per evitare che l’uomo venga ridotto ad oggetto. Ed aggiunge: “Ci si deve impegnare, (ovviamente ciascuno nel proprio ambito) per proteggere la natura ed aiutarla a svolgere il suo ruolo per la sopravvivenza dell’umanità.” E a questo proposito cito, per ultimo, una frase di Saviano: “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca”.

William

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11 luglio San Benedetto

da Norcia (480-547) Padre e Patrono

dell’Europa

Già al tempo dei Romani circolava in tutta Europa (nell’Impero) una moneta unica: ma questa era stata imposta “manu militari” cioè con la potenza degli eserciti. Il vecchio sogno riprese con Carlo Magno e la sua Lira carolingia. Purtroppo non durò molto. E così siamo arrivati ai nostri giorni. Il sogno è realtà. L’euro c’è e lo usiamo da alcuni anni. Ricordo il titolo di un giornale nei giorni precedenti l’introduzione: “L’euro è fatto. Facciamo gli euro-pei”. Oggi parliamo di Unione Europea, non parliamo ancora di Europa Unita. Occorre camminare sulla strada del dialogo, della collaborazione e dell’impegno costruttivo. Prima di noi ci hanno lavorato in tanti di cui è buona cosa parlare e riconoscere. Tra i costruttori di questa idea di Europa, unificata attorno a valori cristiani, è certamente da annoverare il grande Benedetto da Norcia. Proprio per questo è stato proclamato da Paolo VI “Patrono di Tutta l’Europa”. Anche se la sua voce e la sua lezione non è stata seguita durante i secoli seguenti, Benedetto rimane uno dei grandi uomini dell’umanità, un grande santo della Chiesa cristiana, un genio nel campo culturale religioso. Un grande della storia. Dovremmo domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se all’inizio di quei secoli non si fosse levata questa grande dolce voce. Benedetto nacque a Norcia, in Umbria nel 480 circa, da famiglia nobile, non certo povera , visto che lo mandò a Roma, per completare gli studi (che però lui non completerà mai). Un particolare importante su cui i genitori d’oggi farebbero bene a riflettere. Benedetto fu mandato a Roma accompagnato dalla sua fedele nutrice. Il motivo era semplice: i genitori volevano che lui si perfezionasse negli studi … senza

perdere la fede e il codice morale che gli avevano insegnato. Cosa non impossibile in quei tempi a Roma. Ma dopo un po’ di tempo lo spettacolo romano fatto di baruffe e lotte intestine tra gli abitanti e il re ostrogoto Teodorico, ed inoltre gli intrighi e le invidie nel mondo ecclesiastico gli fecero tagliare la corda lasciando la città eterna al suo destino. Con la sua fedele nutrice si ritirò in un paese vicino a Subiaco, ma non vi restò molto. Poco dopo

ecco il grande salto per realizzare il proprio sogno la propria vocazione di monaco. All’insaputa della sua nutrice (ormai si sentiva maturo per tale decisione) si ritirò in una grotta boschi di Subiaco. Furono tre anni di solitudine, di preghiera profonda, di meditazione,e di dura penitenza, non era certo una grotta a cinque stelle. L’esperienza non fu facile, per ogni genere di difficoltà. Non ultimo anche il diavolo, che non manca mai, ci mise la coda: questi infatti lo visitava con le sue visite “formative–pastorali, ma quel giovanotto faceva le cose troppo seriamente. A Benedetto, tuttavia, sembrava di perdere tempo. Unico aiuto gli veniva da un altro monaco, si chiamava Romano, che gli portava da mangiare. L’esperienza del fallimento arrivò a Benedetto ad opera di un gruppo di “monaci che non erano tali perché non volevano alcuna regola, e tentavano di adoperare di Benedetto per avere l’approvazione del Vescovo. Quando Benedetto tentò di riformare il loro sistema parlando di disciplina, di penitenza, e di regole da osservare… questi come risposta, per nulla evangelica, tentarono di avvelenarlo. Benedetto fuggì e ritornò a Subiaco. Qui trovò altri giovani ben diversi, volonterosi di diventare veri monaci. Come lui tendevano seriamente alla santità di vita, vivendo solo per Dio e lasciando la corruzione e le vanità del mondo. Benedetto li organizzò in dodici piccoli monasteri. In ognuno pose una guida, cioè un abate. Lui invece si dedicò alla formazione dei novizi, tra i quali figuravano

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anche dei nobili romani. Benedetto giunse alla svolta definitiva del suo progetto di monachesimo, si diresse verso Montecassino. Quell’ abbazia divenne la madre di tutte le abbazie d’Europa che si riferiranno a Benedetto. Ma il suo vero capolavoro rimane ancora oggi la sua regola dei monaci, che lo consacra come vero fondatore del monachesimo occidentale. Benedetto non aveva inventato il monastero, perché ne esistevano numerosi in tutta Italia. Egli ha delineato ed imposto un nuovo modo di essere monaci, basato su tre principi fondamentali che diventeranno tre pilastri su cui poggeranno centinaia di abbazie in tutta Europa. Il primo: la stabilità del luogo. Il secondo: il tempo del monaco sarà fortemente strutturato da un orario. Il terzo: l’uguaglianza, tutti eguali nei diritti e nei doveri. Si trattava di una vera rivoluzione. Con Benedetto finiva il concetto di monachesimo-rifugio e incominciava quello di monachesimo-azione. Vivere per Dio nella contemplazione certo, ma anche nell’azione. Morto Benedetto, il suo monachesimo profondamente rinnovato, andò avanti. La regola da lui dettata non rimarrà solo un fenomeno solo italiano, ma sarà esportata in tutta Europa. E così le intuizioni di Benedetto poterono plasmare migliaia di monaci in tutto il continente europeo, il cui impatto sulle popolazioni e sul clero di allora e dei secoli successivi fu enorme. Per questo non ci meravigliamo che Paolo VI abbia proclamato San Benedetto Patrono d’Europa

Mario S.

Gli Stati d’Anime

Anche se non più presente a Torri, merita senz’altro un cenno la famiglia degli Zuliani, originaria di Avio. Nello stato d’anime del 1692 troviamo – con la dizione “Giuliani” – Bartolomeo (1657 ca-1737), sposo di Elena Bisani, con i figli Valentino, Margherita e Zeno. Quest’ultimo (1691-1771) è ricordato per aver fatto costruire l’attuale serra di limoni del castello, dopo l’abbattimento della cinta muraria più esterna, lavoro tuttora ricordato da una lapide incassata nel muro della torre ovest del maniero “Z(eno)Z(uliani)F(ece)F(are) 1760”.

Sempre nel 1760 Zeno Zuliani e suo figlio Francesco “si offrono di erigere nella parrocchiale del paese il nuovo altare dedicato dalla comunità a Sant’Antonio Abate e a San Vincenzo Ferrer” (Repetto-Contaldo 2004, p.53 e segg.). L’offerta venne rifiutata, ma testimonia l’importanza sociale ed economica raggiunta da questa famiglia, proprietaria del castello e di cave di marmo in località Camille. A questo casato apparteneva anche don Innocenzo, parroco di Torri attorno alla metà dell’Ottocento. Il castello verrà venduto dagli Zuliani nel 1860 all’avvocato Giuseppe Arrigossi di Verona. Nello s.d.a. del 1692 troviamo, abitante “in castro Turris”, Melchiorre Bertelli, di anni 38, sposato con la quarantottenne Elisabetta; con loro viveva un “famulus”, un faméj, un giovane servitore di 14 anni, fatto questo che testimonia la condizione agiata della coppia. In ogni caso non sembra che gli attuali Bertelli derivino da questa famiglia. Nella Vicinia del 15 aprile 1742 leggiamo che lo speziale Antonio Bertelli, aveva chiesto alla comunità di ricevere un salario adeguato alle sue prestazioni, consistenti soprattutto nell’effettuare salassi con l’uso di ventose, richiesta che venne esaudita con la decisione che ogni “persona da comunione”, quindi di almeno otto anni di età, contribuisse all’onorario dello speziale con 5 soldi a testa. Alla sua morte, avvenuta a 45 anni il 7 giugno 1753, venne registrato come “aromatorius et chirurgus” Nel 1710 a Torri “in burgo” è’ presente una sola famiglia di Righi (o Rigo), però con ben 16 componenti. Il capofamiglia, Giobatta, è preceduto dal titolo di “Signore”, a testimoniarne l’agiatezza: erano infatti proprietari di serre di agrumi e in paese abitavano in una bella casa, con loggiato interno, nei pressi del vicolo Fosse. Assieme a Giobatta vivevano anche i suoi quattro fratelli, di cui uno sposato, e i loro figli. Da questo casato discenderà il famoso botanico Gregorio, noto anche per aver partecipato alle battaglie di Monte Suello e di Bezzecca con Garibaldi, nel 1866. I Cottini, originari di Maderno, erano presenti con una sola famiglia: la madre Massimilla, vedova e quarantenne, con il figlio Antonio, di 11 anni. Il padre, ora defunto, faceva il falegname: la nostra Milia (Zucchetti) è detta Marangóna perché

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discendente, per via di madre, da questo casato. I Camuzzoni, presenti a Torri già nei primi del ‘600, erano facoltosi proprietari di vaste estensioni di terreno sulla collina, nella zona di Coi e dell’attuale cimitero. I Seghetti, che compaiono già nell’estimo del 1485, erano benestanti ed erano pure conosciuti con la locuzione “i Marai da la sega”, dalla parentela con i Marai e dal loro stemma, ancora visibile sulla chiave di volta di un portone nei pressi della macelleria Girardi. Un Seghetti che ricorre spesso sulle carte della comunità è Ubaldo (nel 1709 ha 40 anni), sia come scrivano, sia come sindaco del paese. Nel 1710, alla Pozza dal Molin troviamo Antonio Lenotti, da solo. Dobbiamo attendere lo stato d’anime degli anni 1848-49-50 per trovare un altro Lenotti (Pietro), con la moglie e i figli Angelo, Giuseppe e Gaetano, oltre a un “famiglio”; erano originari di San Zeno di Montagna, da dove scesero per lavorare come mezzadri nella zona di Cavrie, località che compare già nel 1773. Nel 1709, troviamo due famiglie di Bertera: Paola (anni 41), vedova di Giacomo Bertera, con i figli Angelo e Lucia; e Angelo Bertera, di anni 67, con il figlio Donà (anni 45) assieme alla di lui moglie Lucia (anni 39) e i loro tre figli, Giacomo, Angelo e Faustino. I Bertera erano divisi in almeno due rami, di cui solo uno appartenente alla Corporazione degli Originari; venivano tutti dalla sponda bresciana. I Corradi li troviamo nello s.d.a. del 1773, con Francesco (a. 40), assieme alla moglie Teresa (a. 30) e i figli Giovanni, Marco e Giacomo. Nel 1692 troviamo sette famiglie di Pescetta: Angelo, con moglie due figli e una nuora; Tommaso, con il fratello Carlo, la moglie e 5 figli; Antonio (a. 80) con la moglie Antonia (a. 55); e poi le famiglie di Bartolomeo (con moglie e tre figli), Domenico (con moglie e un figlio), Gian Antonio, con la moglie, e infine Domenica, con il figlio e la nuora: abitano tutti in paese. Infine, sempre nel 1692, c’erano ”il padre eremita” di sant’Antonio, il cappellano Bartolomeo Br ..., che viveva con la sorella, e il parroco Giovanni Quintarelli, di 28 anni anni, che aveva con sè una zia e una nipotina.

Lo stato d’anime di don Barbieri, del 1773, riporta 721 abitanti, di cui 532 in paese e 189 nelle contrade; nel 1781, invece, i torresani erano saliti a 805. Tra le altre famiglie che compaiono per la prima volta a partire da questo stato d’anime, abbiamo i Cavallari a Sevino e i Finotti. Nel cosiddetto “Ospitale”, un’abitazione nei pressi dell’attuale vicolo Fosse che fungeva da ospizio per i viandanti di passaggio e per i senza tetto del paese, risiedeva Caterina, vedova di Battista Tomasi. A Brancolino abitava Lorenzo Bonato, con moglie e nipote, il quale nel 1759 aveva ottenuto dalla Comunità, “a livello perpetuo”, un appezzamento di terreno su cui a potersi costruire una casa e farsi “un’ortaglia”.

Giorgio Vedovelli

La Devozione alla B.V. Maria del Monte

Carmelo La festa della Madonna del Carmelo o del Carmine si celebra il 16 luglio, data in cui, secondo la tradizione, la Vergine sarebbe apparsa a San Simone Stock (1251) dando, come segno tangibile di favore ai monaci del Monte Carmelo ed ai fedeli loro seguaci, lo scapolare. In realtà la devozione alla Madonna del monte Carmelo, in Palestina risale ai primi secoli del cristianesimo ed il luogo, particolarmente rigoglioso e favorito dalla natura, era avvolto da sacralità fin dai tempi più antichi: episodi dell’Antico Testamento infatti legano questa località a prodigi ottenuti, per intervento divino, da Elia ed Eliseo. La diffusione del culto specifico della Vergine del “Carmelo” si ebbe tuttavia in Occidente nel XIV secolo a partire dall’Inghilterra e soltanto alla fine del XVI secolo si diffuse l’iconografia per noi abituale, della Vergine con il Bambino che reca fra le mani lo scapolare. Immagini precedenti presentano la Madonna del Carmelo come un’icona “odigitria” con una grande stella sul mantello o talora come una Vergine con attributi che si trovano a proposito dell’Immacolata, o dell’Assunta, e/o della Vergine che allatta. L’apparizione di san Simone Stock , sembra comunque un tentativo del XV secolo, di

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legare ad uno specifico fondatore, un ordine religioso che in realtà non presenta figure carismatiche precise almeno agli inizi, anche se alcune incisioni del ‘500 raffigurano Elia ed Eliseo come “Duces” (guide) dell’Ordine. Il legame con le figure di Elia ed Eliseo risulta amplificato pure in un manoscritto databile verso la fine del XVIII secolo che racconta le “storie carmelitane” udite da un vecchio monaco che le racconta ad un novizio. Un’ulteriore apparizione della Vergine a papa Giovanni XXII avrebbe ampliato i favori dello scapolare, liberando chi lo indossa non solo dall’inferno, ma anche dalle pene del Purgatorio, nel sabato dopo la morte. Questo punto della devozione alla Madonna del Carmelo trova numerose raffigurazioni sulle immaginette e sulle stampe popolari religiose che spesso presentano la Madonna “Decor Carmeli” assisa in trono con uno scapolare in mano che tende alle anime del purgatorio perché lo afferrino, raffigurate in basso fra enormi lingue di fuoco, vestite talora di abiti che permettono di riconoscere il ruolo sociale. La spiritualità carmelitana ha la sua nota caratteristica nella ricerca e nella conquista dell’unione abituale con Dio che porta ad un ‘atteggiamento di adorazione, di ringraziamento, di confidenza illimitata. Esempio e via per giungere all’intimità più profonda con Dio è Maria. Con la professione religiosa, i fratelli del Carmelo si consacrano al totale servizio della loro “patrona”, promettendo obbedienza a Dio e alla Beata Vergine del monte Carmelo e guardano a Maria di Nazaret, ancella del Signore, come all’ispiratrice, guida, signora della loro vita, centrata nella ricerca contemplativa della parola. Come segno sensibile della loro consacrazione a Maria e richiamo continuo di fedeltà, viene imposto lo scapolare, con riferimento alla visione di San Simone Stock il 16 luglio 1251. Ben presto si moltiplicarono i fedeli che chiedevano di essere aggregati come “confratelli all’Ordine dei Carmelitani mediante l’imposizione del “piccolo abito”. Bisogna riconoscere che lo scapolare del Carmelo, che può essere sostituito dalla medaglia, è, insieme alla corona del Rosario, il segno più diffuso , in tutto il mondo, della pietà mariana. Anche questo segno va purificato da ogni forma di superstizione: non è un talismano “che garantisce il paradiso”, è il segno dello speciale vincolo di amore alla medesima

famiglia della “beatissima Madre” è memoriale della Madonna , specchio di umiltà e di castità, breviario di modestia e di semplicità, eloquente espressione simbolica della preghiera di invocazione dell’aiuto divino. Un richiamo dunque a crescere nell’amore a Maria e nella certezza dell’aiuto che Essa dà a noi tutti suoi figli, perché giungiamo felicemente alla santa montagna, Gesù Cristo, nostro Signore.

Leonia

SABATO 16 LUGLIO PRESSO IL CAPITELLO DI

ROSSONE-ANZE FESTEGGEREMO LA MADONNA DEL CARMELO.

Alle ore 20.00 ci sarà la recita del S. Rosario a cui seguirà, alle ore 20.30, la S. Messa.

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Testimoni di Gesù del Nostro Tempo:

Shahbaz Bhatti "Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino, ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio e nella crocifissione di Gesù. Fu l'amore di Gesù che mi indusse a offrire i miei sacrifici alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e la salvezza del mondo e pensai di corrispondere al Suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo Paese islamico. Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato persino a rischio della mia stessa vita: la mia risposta è sempre stata la stessa:" No, io voglio servire Gesù da uomo comune." Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere e le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei un privilegiato qualora - in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i poveri del Pakistan- Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo Paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi: mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Gli estremisti qualche anno fa hanno persino chiesto ai miei genitori di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi. Altrimenti mi avrebbero preso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato. Io dico che finché avrò vita, fino

all'ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera sofferente umanità. Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e Vecchio Testamento e la Parola del Signore, più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto:" Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi". I passi che più amo della Bibbia recitano:"Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare , ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito; malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a visitarmi." Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che, sotto le loro sembianze, sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre di essere di aiuto ai miei colleghi e di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati." Figlio di cristiani, Bhatti nacque a Lahore nel 1968. Laureato in legge, nel 2008 fu nominato ministro delle minoranze, unico cattolico al governo pakistano. Accettò l'incarico per la difesa della vita umana e della libertà religiosa. Si impegnò a riformare l'ingiusta legge sulla blasfemia. Nel 2009 aumentarono contro di lui minacce di morte, a seguito della sua difesa della cristiana Asia Bibi, condannata per blasfemia. La mattina del 2 marzo 2011, lasciata la casa della madre per recarsi al lavoro, fu ucciso. Secondo alcune fonti, Bhatti, consapevole dei rischi che correva, aveva chiesto al governo una scorta, che non gli era mai stata data. L'omicidio fu rivendicato dal gruppo "Tehrik-i-Taliban-Punjab".

Giuseppe

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GMG 2011 GIORNATA MONDAILE della GIOVENTÙ

Radicati in Cristo

“IL LOGO”

A Madrid il 30 luglio 2009, si è reso pubblico il logo che rappresenterà la prossima giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà dal 16 al 21 agosto 2011. Il suo autore è Josè Gil-Noguès, disegnatore grafico che lavora a Madrid e a Oviedo. L'autore José Gil-Nogués, ha spiegato che lo sfondo del disegno simboleggia “giovani di tutto il mondo che si uniscono per celebrare la propria fede accanto al Papa, ai piedi della Croce, e formano la corona della Vergine di Almudena, patrona di Madrid”. Nella corona, ha aggiunto il disegnatore, spicca la “M” di Maria, iniziale anche di Madrid, luogo dell'incontro. La Croce, segno del cristiano, presiede l'appuntamento del Papa con i giovani, che rendono visibile con la loro testimonianza il tema della GMG: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Il messaggio del logo, ha aggiunto Gil-Nogués, è “una catechesi, un'opportunità di

evangelizzazione: la via rapida e sicura per arrivare a Cristo è la Vergine Maria, Madre di Dio e degli uomini. I giovani hanno, nella fede di Maria, l'esempio e il modello per arrivare a Cristo e realizzare la finalità prioritaria della GMG: far conoscere al mondo il suo messaggio.

“LO SLOGAN” RADICATI E FONDATI IN CRISTO

Per mettere in luce l’importanza della fede nella vita dei credenti, vorrei soffermarmi su ciascuno dei tre termini che san Paolo utilizza in questa sua espressione: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Vi possiamo scorgere tre immagini: “radicato” evoca l’albero e le radici che lo alimentano; “fondato” si riferisce alla costruzione di una casa; “saldo” rimanda alla crescita della forza fisica o morale. Si tratta di immagini molto eloquenti. Prima di commentarle, va notato semplicemente che nel testo originale i tre termini, dal punto di vista grammaticale, sono dei passivi: ciò significa che è Cristo stesso che prende l’iniziativa di radicare, fondare e rendere saldi i credenti. La prima immagine è quella dell’albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le nostre radici? Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un’altra. Il profeta Geremia scrive: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti” (Ger 17,7-8). Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente. “Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio” (1 Gv 5,11). Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo

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ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza. C’è un momento, da giovani, in cui ognuno di noi si domanda: che senso ha la mia vita, quale scopo, quale direzione dovrei darle? E’ una fase fondamentale, che può turbare l’animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro da intraprendere, a quali relazioni sociali stabilire, a quali affetti sviluppare… In questo contesto, ripenso alla mia giovinezza. In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarLo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica.

“L’INNO”

L’inno è stato composto da Enrique Vázquez Castro, sacerdote di Victoria e rinomato compositore di musica ecclesiastica. L’autore delle parole è mons. César Franco, vescovo ausiliare di Madrid. Le strofe dell’inno mettono in risalto la vicinanza dei giovani all’Umanità santissima di Cristo, nello stile tipico della tradizione mistica spagnola. L’inno si compone di sette strofe e il ritornello si basa sul tema della GMG “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, preso dalla Lettera di

san Paolo ai Colossesi: Rit. Saldi nella fede, saldi nella fede

Camminiamo in Cristo, nostro Amico, nostro Signore.

Gloria a lui in eterno! Gloria a lui in eterno!

Camminiamo in Cristo, saldi nella fede. 1. Radicati e fondati nel tuo amore,

La tua croce ci sostiene e ci rafforza. Il tuo corpo ci redime e ci abbraccia, Il tuo sangue ci rinnova e ci inebria. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

2. Le tue mani accarezzano le nostre ferite, I tuoi occhi purificano il nostro sguardo. Le tue labbra sono fonte di perdono, I tuoi passi ci guidano alla vita. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

3. Il tuo respiro è il Soffio dell’Altissimo, Il tuo sorriso è il segno della grazia. Le tue piaghe sono fiamme d’amore, Le tue sofferenze sono il prezzo della mia anima. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

4. Il tuo volto è l’icona della Vita, La tua fronte è luce di salvezza. La tua morte è la causa della mia vita, Battesimo della mia carne in te salvata. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

5. La tua gloria è il futuro degli uomini, Che camminano sospinti dalla tua grazia. La tua Chiesa è una casa dalle mille porte Edificata sopra la tua pietra. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

6. I tuoi giovani camminano con Maria, Che canta come una sposa adorna. Con Lei canteremo la tua vittoria, La morte è già stata sconfitta. Oh, Cristo, nostro fratello, Oh, Cristo, nostro Amico, nostro Signore. Rendici saldi in Te!

Mirco

Ed eccoci… L’AVVENTURA DEL GREST RIPARTE!! Ciao a tutti sono T.V.B il personaggio, modestamente, più simpatico della storia che accompagnerà le prime 4 settimane di Grest. Eh, sì, perché anche quest’anno tanti bambini e ragazzi delle Parrocchie di Albisano, Pai e Torri del Benaco, potranno trascorrere un periodo insieme per conoscere cose nuove, giocare, “costruire” nei laboratori, condividere momenti di riflessione e preghiera, fare i compiti e… divertirsi un giorno più dell’altro!

Il gruppo di adolescenti e giovani insieme al parroco don Giuseppe e a suor Adriana, ormai da due mesi, si è incontrato per organizzare l’intenso evento estivo, nel cammino li ho visti crescere acquistando sempre più responsabilità! I laboratori e i giochi sono proprio carini, davvero belli, parlano e raccontano del sole, della luna e delle stelle… sono stati pensati e decisi da loro così che per primi possano essere di stimolo per tutti gli animati. Sono pronti ad iniziare quest’avventura; ciascuno con il proprio ruolo che li vedrà inseriti nella grande “macchina” del Grest “CON IL NASO IN SU ATTERRIAMO SULLA TERRA” che una volta iniziata viaggerà sino ad agosto.

Le otto settimane che vanno dal 27 giugno – 19 agosto saranno suddivise in due macro temi: - Nasinsù “guarda il cielo… e conta le stelle!” dal 27 giugno al 22 luglio - Sotto Sopra “come in cielo così in terra” dal 25 luglio – 19 agosto

In questo primo articolo cercheremo di addentrarci nelle prime 4 settimane. Il sottotitolo “guarda il cielo… e conta le stelle!” suggerito dal libro della

Genesi (un libro della Bibbia… ma sì lo sapevate tutti!) è anche un gesto spontaneo quando ci si trova all’aperto di notte e la volta celeste, ormai quasi nera, fa volgere gli occhi al cielo.

Il tema chiede ad ognuno di mettersi in gioco di uscire dagli schemi e

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per riscoprirsi ancora capaci di stupore e meraviglia davanti all’infinito. Un infinito che non opprime, ma avvolge; un’immensità che non è vuota, ma anzi permette ancora una volta di “fare casa” insieme, imparando a condividere e ad aiutarsi gli uni gli altri. Il cielo è così immenso e ricco da far sentire l’uomo piccolo, ma allo stesso tempo si offre al suo sguardo: l’uomo è capace di contemplarlo, di chiamarlo per nome, di contenerlo tutto. I bambini e i ragazzi che parteciperanno al Grest non saranno qui “parcheggiati” ma avranno la possibilità di esprimere la loro creatività, gioia ed esuberanza… perché tutto concorra al bene di coloro con i quali si divertiranno. Loro sono i destinatari e i protagonisti; la cosa che abbiamo a cuore è che loro si possano sentire a loro agio, accolti, apprezzati, valorizzati e invogliati a stare bene insieme divertendosi e imparando… questo è quanto insieme cercheremo di realizzare. Dalle 9.00 alle 16.00, dal lunedì al venerdì, i bambini saranno accolti ed animati con canti e bans, insieme a don Giuseppe affideremo al Signore le nostre giornate con un momento di preghiera e verrà loro consegnato un aspetto su cui fissare l’attenzione per la giornata, saremo poi saziati da una lauta merenda, pane nutella e thè preparata da alcune signore a cui va sin d’ora va il nostro grazie…. seguiranno i laboratori creativi: manuali ed espressivi nei quali potranno sprigionare tutta la loro creatività, ed invece il lunedì e giovedì svolgeranno i compiti tanto amati! Si potranno poi sfogare a Villa Melisa con un gioco di squadra e continuare in attesa del pranzo con il gioco libero assistito. Ogni mercoledì andremo in gita tutta la giornata con itinerari diversi, mentre chi non parteciperà rimarrà a casa perché il centro rimane chiuso. A voi che rimarrete a casa chiediamo un ricordo speciale per ciascun bambino, ragazzo e animatore; è questo un momento importante per le nostre parrocchie e desideriamo viverlo come espressione della comunione che circola all’interno delle nostre realtà parrocchiali. T.V.B e suor Adriana a nome degli animatori

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L’ultimo atto testimoniato da chi ha visto, perché era presente , ha un aspetto particolare che si collega ad una lancia. Un anonimo soldato si accorge che Gesù è morto. Non gli spezza le gambe. Per la legge tutto è regolare. Non c’è bisogno di ulteriori provvedimenti di rito. Eppure, questo militare decide lo stesso di colpire il costato di Cristo dal quale esce sangue ed acqua. Un gesto di spregio? Un rassicurarsi fino in fondo? Un dimostrare ai presenti i segni del potere? O, piuttosto , in quell’offesa al “Re dei Giudei” c’è una realtà superiore emergente da un contesto che, letto secondo il disegno di Dio, riconduce alla salvezza, alla liberazione. L’apostolo Giovanni che è stato ai piedi della croce, vicino a Maria, quando arriva a scrivere, nel suo Vangelo, la pagina dove si ricorda la morte di Gesù sceglie di non inserire le sue personali annotazioni finali, ma di lasciare lo spazio delle ultime righe del racconto soltanto alla parola di Dio. Ed è proprio questa Parola che richiama al rapporto tra Dio e il suo popolo. In Esodo 12,46 si parla dell’agnello pasquale, e in Zaccaria 12,10 viene predetto l’olocausto del Figlio di Dio. Ciò vuol

dire che anche quel colpo di lancia non è un gesto sfuggito al controllo di Dio, ma è piuttosto un evento-segno che riconduce alla fonte dell’amore: al Cuore di Gesù. E questa fonte, lungi dall’inaridirsi per quel colpo, continua ad essere luogo privilegiato nel dialogo tra il Signore e i discepoli. Pochissimo tempo dopo, il Signore si fa riconoscere mostrando non solo le mani, ma anche il costato. Quel costato, segnato da una ferita di lancia, diventa poi, nuovamente, una prova indiscutibile di Gesù risorto e qui il riferimento va all’incontro di Gesù con Tommaso. Sarà questo apostolo a insistere sul voler toccare con le proprie mani il costato di Cristo. E sarà il Signore ad accettare anche questa volontà umana, avvicinandosi a colui che dubita, perché attraverso il riconoscimento si rafforzi il

1° Luglio

Solennità

del Sacro Cuore

La Vita Nuova che Nasce da quel Cuore

Un momento durante la celebrazione del 13 giugno

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La famiglia Mari Bertamè con il vescovo mons. Andrea Veggio e il parroco don Giuseppe Cacciatori.

vincolo d’amore. Tommaso proclamerà “Mio Signore e mio Dio”. Nella festa del Sacro Cuore, non vi sono né sentimentalismi, né sensazioni dolci o melliflue: vi è l’amore fedele fino alla morte. Pensare al Cuore di Cristo significa guardare alla sua volontà di salvezza per tutti: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”. La notte prima di morire Gesù è stato completamente attraversato dalla paura, ma la sua volontà è andata oltre. Ha scelto di rimanere fedele al suo amore per noi e di offrirsi totalmente per noi, affinché nella sua vita umana offerta sulla croce, noi avessimo la nuova vita, una vita libera dal peccato, una vita da figli di Dio.

Antonietta

Pellegrinaggio

a Padova Nel Febbraio 2010 la nostra parrocchia con il gruppo dei devoti a S. Antonio hanno organizzato un pellegrinaggio a Padova in occasione della esposizione al pubblico delle spoglie mortali del Santo. Mi è stato chiesto di partecipare ed ho accettato volentieri. Ho poi scoperto di essere forse l’unica persona del gruppo a non essere mai stata a Padova. Mi è piaciuto molto anche se disturbata da problemi logistici dovuti all’eccezionalità dell’evento: code per entrare in Chiesa, percorsi obbligati, passaggio velocissimo nella Cappella delle Reliquie, operatori della sicurezza, ecc… con grande difficoltà ad un momento di raccoglimento personale. Così in seguito alla richiesta di molti del gruppo anche quest’anno abbiamo ripetuto la bella esperienza. Molto importante è stata la presenza di don Andrea che ci ha accompagnato per tutto il giorno lanciandoci continui messaggi di riflessione. Questa esperienza, unita al ritrovarsi alla sera durante la tredicina di S. Antonio per me ha qualcosa di speciale; innanzitutto ci troviamo come gruppo, riuniti per lo stesso obiettivo di preghiera, cosa non da

poco al giorno d’oggi dove ti trovi in gruppi ma per motivi più disparati. Ognuno partecipa con qualche attività secondo la propria attitudine. Anche la conclusione della tredicina con una piccola festa è un momento comunitario utile. Io penso che quando ci si trova insieme volendolo fare, anche se stanchi, anche con la mente altrove, comunque e sicuramente ognuno di noi ha un momento di preghiera, un pensiero buono, un ringraziamento, un proponimento, una richiesta. E se la nostra partecipazione è a volte meno attenta, il Signore sa che siamo umani e S. Antonio ci aiuterà ad essere meno distratti!

Mariangela

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26 MAGGIO – S. FILIPPO

La S. Messa del novello sacerdote don Giuseppe Thi

Il gruppo dei motociclisti

La benedizione dei motociclisti e delle moto

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INIZIATIVA DEL GRUPPO MISSIONARIO INTERPARROCCHIALE

Si rende nota una iniziativa promossa dal gruppo missionario interparrocchiale.

Il gruppo è interessato a raccogliere e sistemare oggetti vari, indumenti inutilizzati e ancora usufruibili. Quanto raccolto viene dato a persone bisognose, oppure riciclato.

Gli introiti che ne derivano verranno inviati in Missione per vari progetti in Amazzonia e Ghana.

Gli incaricati sono presenti: • ad Albisano vicino alla

Chiesa al Sabato dalle 17.00 alle 20.00 e alla Domenica dalle 9.30 alle 12.00.

• a Torri il Mercoledì dalle

17.00 alle 22.00 tra i banchi del mercatino.

Per informazioni

Rivolgersi a Carli Nadia.

HANNO CELEBRATO

IL MATRIMONIO CRISTIANO

+ Parrocchia di Torri +

STEFANO E CHIARA

MIRCO E NADIA

GIOVANNI E ZULFIYA

+ Parrocchia di Pai +

MARCO E SILVIA

È nato DORY TERRELL

congratulazioni a mamma Michela

e papà Dory

È nata GIORGIA Congratulazioni a mamma Paola e papà Simone

È nato ORAZIO Congratulazioni a mamma Nicoletta e papà Ivano

È nato VITTORIO Congratulazioni a mamma Elena

e papà Massimo

È nata ANGELICA Congratulazioni a mamma Claudia

e papà Pietro

AAPPPPUUNNTTAAMMEENNTTII DDII LLUUGGLLIIOO 22001111

TUTTI I SABATO ore 15.00 - 19.00 TEMPO PER LE CONFESSIONI

TUTTE LE DOMENICHE ore 10.00: S. MESSA DELLE FAMIGLIE

VENERDÌ 1 SOLENNITÀ – SACRO CUORE DI GESÙ

LUNEDÌ 11 San Benedetto – Patrono d’Europa.

MERCOLEDÌ 13 ore 20.30: INCONTRO DI PREGHIERA IN ONORE DI S. ANTONIO

SABATO 16 Madonna del Carmine ore 20.30: S. MESSA AL CAPITELLO DELLE ANZE

LUNEDÌ 25 San Giacomo

MARTEDÌ 26 Ss. Gioacchino e Anna

PARROCCHIA DI TORRI

SANTE MESSE FESTIVE

SABATO ore 17.00 – 19.00 DOMENICA ore 7.00 - 8.30 – 10.00 – 11.15 – 19.00

SANTE MESSE FERIALI ORE 10.00 - 18.00

HEILIGER GOTTESDIENST

AN FESTTAGEN

Am Samstag 17.00 - 19.00 uhr Am Sonntag 7.00 - 8.30 - 10.00 - 11.15 - 19.00 uhr

AM WERKTAGEN 10.00 - 18.00 uhr

MASSES

FESTIVE MASSES

Saturday 5.00 pm - 7.00 pm Sunday 7.00 am - 8.30 am - 10.00 am - 11.15 am - 7.00 pm

WEEK MASSES 10.00 am - 6.00 pm

PARROCCHIA DI PAI

ORARIO FESTIVO

Sabato S. Messa ore 20.00

Domenica S. Messa ore 10.00

HEILIGER GOTTESDIENST

AN FESTTAGEN

Am Samstag 20.00 uhr Am Sonntag 10.00 uhr

MASSES

FESTIVE MASSES

Saturday 8.00 pm Sunday 10.00 am

IL SIGNIFICATO DELLA DOMENICA

È necessario richiamare spesso il senso teologico della domenica: la festa più antica e primaria, la Pasqua della settimana, il giorno del Signore, il giorno della convocazione della comunità ecclesiale nella gioia e nel riposo. La Messa è l’azione della Chiesa che qualifica e santifica la domenica; la catechesi non insisterà mai a sufficienza sul suo significato e sulla sua necessità per la vita nel Cristo della Chiesa e dei singoli cristiani.

Bollettino di informazione Parrocchiale stampato in proprio La Redazione: Don Giuseppe Cacciatori – Daniela Pippa – Addea Cestari - Anna Menapace - Nuccia Renda – Rosanna Zanolli - William Baghini. Collaborazione fotografica: Mario Girardi /Impaginato da: Francesco Greco / Stampato da: Roberto Borghi