le discinesie tardive

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LE DISCINESIE TARDIVE e altri disturbi del movimento indotti da farmaci Giovanni Abbruzzese Eugenio Aguglia Anna Rita Bentivoglio Andrea de Bartolomeis Giovanni De Fazio Angelo Franzini Francesca Magnano San Lio Lucia Ricciardi Alessandro Rossi Michele Tinazzi Marco Vaggi Breve guida al riconoscimento e al trattamento

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LE DISCINESIETARDIVE

e altri disturbi del movimento indotti da farmaci

Giovanni Abbruzzese • Eugenio Aguglia • Anna Rita BentivoglioAndrea de Bartolomeis • Giovanni De Fazio • Angelo FranziniFrancesca Magnano San Lio • Lucia Ricciardi • Alessandro RossiMichele Tinazzi • Marco Vaggi

Breve guida al riconoscimento e al trattamento

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LE DISCINESIETARDIVE

e altri disturbi del movimento indotti da farmaci

Breve guida al riconoscimento e al trattamento

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Giovanni AbbruzzeseProfessore Ordinario di Neurologia

Direttore Clinica Neurologica 2

DINOGMI, Università degli Studi di Genova

Eugenio AgugliaProfessore Ordinario di Psichiatria

Direttore UOPI di Psichiatria

Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare

Università degli Studi di Catania

Anna Rita BentivoglioRicercatore, Responsabile dell’Ambulatorio

per i Disturbi del Movimento

Istituto di Neurologia

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Andrea de BartolomeisProfessore Associato di Psichiatria

Laboratorio di Psichiatria Molecolare e Traslazionale

Dipartimento di Neuroscienze

Università di Napoli Federico II

Giovanni De FazioProfessore Associato di Neurologia

Dipartimento di Scienze mediche di base,

Neuroscienze ed Organi di senso

Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Angelo FranziniDirettore UOC di Neurochirurgia

Fondazione Istituto Nazionale Neurologico

“Carlo Besta”, Milano

Autori

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Francesca Magnano San LioMedico in Formazione Specialistica

UOPI di Psichiatria

Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare

Università degli Studi di Catania

Lucia RicciardiDottoranda di Ricerca

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,

Università di Messina

Istituto di Neurologia,

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Alessandro RossiProfessore Ordinario di Psichiatria

Dipartimento di Scienze Applicate e Biotecnologiche (DISCAB)

Università degli Studi de L’Aquila

Michele TinazziProfessore Associato di Neurologia

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Neuropsicologiche,

Morfologiche e Motorie

Università degli Studi di Verona

Marco VaggiDirettore S.C. Salute Mentale Distretto 8

Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze

ASL 3 Genovese

Hanno collaborato:Roberto CordellaCarlo MarrasGiuseppe MessinaMichela Rizzi

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Introduzione VII

Fenomenologia e semeiotica dei disturbi 1del movimento farmaco-indottiLucia Ricciardi, Giovanni Abbruzzese, Giovanni De Fazio

Fenomenologia e semeiotica 2dei disturbi del movimentoDisturbi del movimento farmaco-indotti 4Parkinsonismo indotto da farmaci 6

Diagnosi differenziale 7Lucia Ricciardi, Alessandro Rossi

Acatisia tardiva 7Distonia tardiva 9Tic tardivi 9Parkinsonismo indotto da farmaci 10Disturbi “funzionali” del movimento 10

Patogenesi delle sindromi 13tardive acute e croniche Eugenio Aguglia, Andrea de Bartolomeis,Francesca Magnano San Lio, Alessandro Rossi, Michele Tinazzi

Generalità: basi neuroanatomiche 13Neurotrasmettitori coinvolti nel controllo motorio 15Farmacogenetica della discinesia tardiva 17Farmaci che inducono disturbi del movimento 18Timing di insorgenza 20Sindromi infantili 23

Scale cliniche 25Lucia Ricciardi, Michele Tinazzi

Parkinsonismo indotto da farmaci 26Acatisia indotta da farmaci 27Discinesie indotte da farmaci 27Scale cliniche per sintomi combinati 28

Sommario

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Epidemiologia e fattori di rischio 29Eugenio Aguglia, Andrea de Bartolomeis, Francesca Magnano San Lio

Epidemiologia dei disturbi del movimento 29Fattori di rischio 31

Prevenzione delle sindromi tardive 37Francesca Magnano San Lio, Marco Vaggi

Appropriatezza prescrittiva 37“Atipico”: non un concetto assoluto 38Criteri di scelta dell’antipsicotico e valutazione 39del rischio individualeDurata del trattamento 40Gestione clinica dei parkinsonismi iatrogeni 40L’utilizzo degli anticolinergici 41

Trattamento delle sindromi tardive 43Lucia Ricciardi, Anna Rita Bentivoglio

Discinesia tardiva bucco-linguale 44Distonia tardiva 46Acatisia tardiva 47Mioclono tardivo 47Tic 47Parkinsonismo indotto da farmaci 48

Trattamento chirurgico della distonia tardiva 49Angelo Franzini

Procedura chirurgica 49Risultati della stimolazione cerebrale profonda 52

Aderenza al trattamento, qualità della vita e implicazioni cliniche 55Eugenio Aguglia, Francesca Magnano San Lio, Marco Vaggi

Aderenza al trattamento 55Qualità della vita 58

Sindromi tardive: diagnosi 63Abnormal Involuntary Movement Scale (AIMS) 64Scala di Simpson/Angus modificata per la valutazione degli effetti extrapiramidali 66Sindromi tardive: terapia 69Glossario 70

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I disturbi del movimento costituiscono un gruppo di disturbi neuropsichiatrici

caratterizzati da tremore, distonie, discinesie ed altre caratteristiche motorie

spesso disabilitanti, con conseguente grave impatto sulla qualità della vita.

La non corretta identificazione clinica dei disturbi porta spesso a un ritardato

intervento con ulteriore aggravarsi del quadro clinico.

Sono l’anamnesi accurata, la storia di esposizione a trattamenti farmacologici

e l’esame obiettivo neurologico ad indicare la diagnosi e la necessità di ulteriori

approfondimenti diagnostico-strumentali. Questo passaggio è fondamentale

per un approccio terapeutico mirato.

In un’epoca caratterizzata da un grande impiego di indagini strumentali com-

plesse e sofisticate, il medico che osserva il paziente con disturbi del movimento

deve tornare alle basi della disciplina medica utilizzando con grande attenzione

anamnesi ed esame clinico.

Lo psichiatra ed il neurologo, per vie diverse, sono gli specialisti che più spesso

incontrano questo paziente e la sua famiglia e che quindi devono essere consa-

pevoli delle conoscenze diagnostico-differenziali legate ai disturbi del movi-

mento. In questo volume abbiamo ristretto il focus ai disturbi del movimento

indotti da farmaci, che rappresentano un problema a parte proprio perché il

fattore di rischio, ovvero l’esposizione a farmaci, indirizza alla natura delle sin-

dromi e quindi alla loro diagnosi e trattamento.

Lo psichiatra ed il neurologo, appunto, hanno scritto questo volume a due voci

sottolineando fattori di rischio, problemi di valutazione clinica, diagnosi diffe-

renziale, trattamento e prevenzione di questi disturbi offrendo al giovane spe-

cialista, ai medici in formazione, ma anche a tutti i professionisti della salute

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Introduzione

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interessati a queste tematiche, un utile strumento per orientarsi, informarsi in

una complessa area clinica di natura interdisciplinare che potrà essere appro-

fondita con gli strumenti opportuni.

L’auspicio degli autori è che il volume guidi il medico nell’acquisire consapevo-

lezza sulla natura dei disturbi del movimento indotti da farmaci, sulla loro iden-

tificazione precoce e sul trattamento adeguato. Se questi obiettivi saranno rag-

giunti, il compito educazionale e formativo degli autori potrà dirsi soddisfatto.

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Fenomenologia e semeiotica dei disturbi del movimentofarmaco-indotti

Lucia Ricciardi, Giovanni Abbruzzese, Giovanni De Fazio

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Tabella 1. Segni clinici dei disturbi del movimento ipercinetici: caratteristiche cliniche.

Ritmicità Continuità Stereotipicità Effetto dell’azione Velocità

Tremore + Continuo + A riposo o durante l’azione VariabileCorea - Parossistico - A riposo e durante l’azione IntermedioDistonia - Ricorrente + Peggiora con l’azione VariabileMioclono + Ricorrente - A riposo e durante l’azione RapidoTic - Parossistico + A riposo e durante l’azione RapidoStereotipie - Parossistico + Migliora con l’azione Intermedio

I disturbi del movimento rappresentanola manifestazione clinica della disfun-zione dei nuclei e delle connessioni neu-ronali dei gangli della base. Anche sequesti disturbi sono fra le malattie neu-rologiche più comuni, il loro impattonella popolazione generale non è bendefinito e a tutt’oggi esiste un problemadi mancato riconoscimento con conse-guente ritardo nel trattamento. Studiepidemiologici recenti hanno infatti di-mostrato come nella popolazione ultra-cinquantenne circa il 25% degli indivi-dui sia affetto da disturbi del movi-mento, un quinto dei quali di probabilenatura iatrogena senza differenza signi-ficativa fra i due sessi e con un incre-mento della prevalenza età-dipendente.1

Il grande capitolo dei disturbi del mo-vimento comprende un vasto spettroclinico in cui si distinguono due princi-pali categorie: sindromi ipocinetiche esindromi ipercinetiche. Le prime con-sistono in un “difetto” del movimento,

ovvero nel rallentamento e nella po-vertà dei movimenti volontari (bradici-nesia e acinesia) o automatici in as-senza di deficit di forza o spasticità. Leipercinesie consistono invece in un “ec-cesso” di movimento, ovvero nella pre-senza di movimenti involontari. Le sindromi ipocinetiche vengonospesso definite parkinsonismi e com-prendono le forme idiopatiche, leforme secondarie e i parkinsonismi ati-pici. La malattia di Parkinson è il prin-cipale esempio di disturbo del movi-mento ipocinetico idiopatico. È carat-terizzata dall’associazione variabile disintomi cardinali quali la bradicine-sia/acinesia, la rigidità e il tremore.I disturbi del movimento ipercineticivengono spesso definiti discinesie ecomprendono alcune principali cate-gorie di segni clinici: il tremore, la di-stonia, il ballismo, la corea, l’atetosi, itic, il mioclono, le stereotipie e l’acati-sia (Tabella 1).

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Fenomenologia e semeioticadei disturbi del movimento

Tremore Il tremore è un movimento involonta-rio caratterizzato da un’oscillazione rit-mica di una parte del corpo che scatu-risce da contrazioni alternate o sin-crone di muscoli fra loro antagonisti esottoposti a innervazione reciproca. Inbase alle condizioni in cui si manifestaviene classificato in: • tremore a riposo, che si presenta

quando i muscoli non sono attivativolontariamente e la parte del corpoè a riposo;

• tremore posturale, che viene indottodal mantenimento di una posizionecontro gravità, come per esempiol’estensione delle braccia;

• tremore cinetico, che compare du-rante il movimento di una parte delcorpo e può presentarsi durante tuttol’arco del movimento o alla fine delmovimento quando la parte corpo-rea si avvicina al target (viene definitotremore intenzionale in quest’ultimocaso).

Un particolare sottotipo di tremore è iltremore ortostatico, che è posizione-specifico e si presenta agli arti inferiorie al tronco esclusivamente durante laposizione eretta.

CoreaÈ un movimento involontario, irrego-lare e rapido che si manifesta con unasequenza di guizzi muscolari afinali-stici, bruschi e fugaci che confluisconoda una parte a un’altra del corpo inmodo caotico e casuale. I movimentisono imprevedibili nel tempo, nella di-

rezione e nella distribuzione. La coreaviene spesso accompagnata dalla co-siddetta impersistenza motoria o coreanegativa, vale a dire l’inabilità del pa-ziente a mantenere una contrazionemuscolare sostenuta.Spesso nell’ambito di una sindromecoreica si osservano movimenti bali-stici, caratterizzati da un movimentogrossolano, brusco e violento che inte-ressa principalmente i muscoli prossi-mali degli arti, soprattutto quelli supe-riori. Oggi si ritiene che la corea e il bal-lismo rappresentino un continuumdello stesso disturbo, avendo aspetticomuni per eziologia, patogenesi etrattamento. La forma più comune diballismo nella pratica clinica è l’emibal-lismo, ove i movimenti involontaricoinvolgono l’arto superiore e inferioredi uno stesso lato con o senza il coin-volgimento del volto. Con il termineatetosi si definisce invece un movi-mento polipoide, lento e continuo cheinteressa principalmente le porzioni di-stali degli arti; viene definita da alcunicorea lenta.L’insieme di movimenti coreici (prossi-mali) e atetosici (distali) viene definitocoreoatetosi.

DistoniaÈ un disturbo del movimento caratte-rizzato da contrazioni muscolari invo-lontarie, prolungate o intermittenti cheprovocano movimenti spasmodici ditipo torsionale e/o posture anomale.La caratteristica di tali movimenti èquella di essere pattern-specifici e ste-reotipati, infatti coinvolgono in ma-niera ripetitiva lo stesso gruppo mu-scolare. La velocità del movimento di-stonico può essere variabile, lenta e

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torsionale oppure piuttosto rapida. Ladistonia può inoltre causare movi-menti ritmici o pseudo-ritmici che siesacerbano con il tentativo del pa-ziente di contrastare il movimento in-volontario (tremore distonico). Movimenti distonici prolungati sono ingrado di causare posture anomale checon l’avanzare della malattia possonodiventare fisse. Una caratteristica delladistonia è la presenza dei cosiddetti“trucchi sensoriali” o “gesti antagonisti”,manovre volontarie che riducono tem-poraneamente la gravità della posturao dei movimenti anomali. Esempi tipicisono quello di un paziente con disto-nia cervicale che si tocca la guancia oquello di un paziente con blefarospa-smo che si sfiora le palpebre superiori.I movimenti distonici sono azione-spe-cifici, almeno inizialmente, e vengonoattivati da specifici compiti motori.Un’altra caratteristica è il fenomenodell’overflow, ossia l’attivazione delmovimento distonico da parte di mo-vimenti in parti del corpo lontane. La distonia può essere classificata invario modo, in base a eziologia, etàd’esordio e distribuzione dei sintomi.In base alla distribuzione topograficadei sintomi può essere classificata in: • focale, quando una singola regione

corporea è coinvolta (ad es., crampodello scrivano, blefarospasmo);

• segmentale, quando sono coinvolteregioni corporee contigue (ad es., cra-nio-cervicale, cervicale e arto supe-riore);

• multifocale, quando sono interessateregioni corporee non contigue (ades., arto superiore e inferiore);

• generalizzata, quando sono interes-sati entrambi gli arti inferiori e al-

meno un’altra regione corporea (ingenere uno o entrambi gli arti supe-riori).

MioclonoMovimenti involontari, improvvisi, dibrevissima durata, che possono coin-volgere un unico distretto corporeo(un solo muscolo o un gruppo ristret-tissimo di muscoli) o essere diffusi apiù distretti e gruppi muscolari.2 Il mio -clono può essere causato da una con-trazione muscolare (mioclono posi-tivo) o, raramente, dalla cessazioneimprovvisa di attività muscolare (mio-clono negativo o asterix).Può essere focale, multifocale o gene-ralizzato e può comparire spontanea-mente o essere scatenato dall’azioneo da stimoli uditivi, tattili o visivi: ru-mori improvvisi e inattesi, luci di forteintensità o uno stiramento muscolarepossono provocare una contrazionemioclonica. Il mioclono origina da re-gioni corticali, sottocorticali o dal mi-dollo; può essere ritmico, e in questocaso è più spesso espressione di unalesione focale del tronco encefalico omidollare, o più classicamente arit-mico.

TicMovimenti aritmici, stereotipati, rapidie il più delle volte di breve durata. Ap-paiono come caricature di movimenti,come frammenti o sequenze com-plesse di movimenti volontari e pertale motivo possono essere mimati.Sono afinalistici o pseudo-afinalistici esono sopprimibili (seppur a volte soloin parte) dal controllo volontario. Unacaratteristica dei tic è che il più dellevolte sono preceduti da una sensa-

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zione o stato premonitorio definito“urgenza premonitoria”.Non sono influenzati dal movimentovolontario e si presentano sia a ripososia durante il movimento. Possono es-sere tic motori o sonori (emissioni vo-cali) e possono essere semplici o com-plessi (movimenti coordinati e se-quenziali) coinvolgendo uno o piùgruppi muscolari. Criteri utili per dia-gnosticare i tic e differenziarli dallealtre forme ipercinetiche sono la sop-primibilità, la riduzione durante la di-strazione, la suggestionabilità, la per-sistenza durante il sonno, l’associa-zione con sensazioni premonitorie el’andamento fluttuante con remissionitransitorie.

StereotipieMovimenti non finalizzati che si ripe-tono in maniera continua e identica.Possono essere molto frequenti op-pure essere intervallati da un lungoperiodo di remissione (minuti). Quan -do si presentano con un intervallo ir-regolare sono difficilmente distingui-bili dai tic motori, dalle compulsioni edai manierismi. Le stereotipie sonofrequentemente presenti in pazienticon schizofrenia e ritardo mentale, in-cluso l’autismo. Rappresentano l’e -spres sione clinica più frequente dellesindromi tardive.Si possono distinguere stereotipie ver-bali, caratterizzate da ripetizioni dellastessa parola e dello stesso frammentodi frase, e stereotipie motorie, checomprendono movimenti semplici ocomplessi spesso del tutto inadeguatialle circostanze, come accavallare legambe, dondolarsi o accarezzarsi latesta.

Disturbi del movimento farmaco-indottiNei primi anni Cinquanta, dopo l’intro-duzione della clorpromazina, furonodescritti i primi casi di pazienti con unasindrome caratterizzata da movimentiinvolontari al distretto oro-facciale, altronco e talvolta agli arti. Ancora oggi,dopo 60 anni di ricerca clinica sui di-sturbi del movimento indotti da far-maci, non esiste un consenso univocoe chiaro sulla definizione e sulla classi-ficazione di questi disturbi.3,4 I disturbidel movimento farmaco-indotti sonoclassificati:• in base alle modalità d’insorgenza, in

acuti, subacuti e tardivi (o cronici);• in base alla fenomenologia, in ipoci-

netici e ipercinetici;• in base all’agente causale.

Il termine sindrome tardiva si riferiscea un gruppo di disturbi con caratteri-stiche peculiari: il quadro clinico do-minante è un disturbo del movimentocaratterizzato da una riduzione o len-tezza di movimento (ipocinesia) o uneccesso di movimento (ipercinesia). Ildisturbo del movimento è correlatotemporalmente all’esposizione ad al-meno un farmaco bloccante i recet-tori della dopamina nei sei mesi pre-cedenti l’inizio dei sintomi (in alcunicasi fino a 12 mesi); il disturbo persisteper almeno un mese dopo la sospen-sione del farmaco. Tuttavia, per evi-tare fraintendimenti, ci riferiremo aquesta classe di disturbi del movi-mento con il termine di sindromi tar-dive (Tabella 2).La forma clinica più comune è la sin-drome bucco-linguo-masticatoria, ca-ratterizzata da un pattern di movi-

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menti stereotipati ripetitivi, quasi rit-mici, nella regione oro-bucco-lingualeche spesso si presentano come movi-menti masticatori complessi con occa-sionale fuoriuscita della lingua e mo-vimenti involontari della lingua a ri-poso. La muscolatura dell’emivolto su-periore è meno frequentemente af-fetta, possono tuttavia essere presentiun aumento dell’ammiccamento finoa un franco blefarospasmo e movi-menti oculogiri. Molto frequente-mente a queste stereotipie si asso-ciano in modo incostante movimenticoreici degli arti e del tronco o disto-nia. Possono essere coinvolti il dia-framma e i muscoli toracici, con unacompromissione della respirazioneche risulta rumorosa e difficoltosa.Anche la muscolatura pelvica e addo-minale può essere coinvolta, con lapresenza di movimenti del tronco opelvici conosciuti come “discinesia co-pulatoria”. I movimenti involontarisono in genere esacerbati dagli statiemotivi e non sono presenti durante ilsonno. L’acatisia è molto frequentenelle sindromi tardive. L’incidenzadell’acatisia in pazienti psicotici trattati

con farmaci che bloccano i recettoridopaminergici varia dal 21% al 30% ecompare entro poche settimane (2-6)dall’introduzione o dall’aumento deldosaggio del farmaco. L’acatisia è ca-ratterizzata da una sensazione di irre-quietezza interna che può essere ge-neralizzata o localizzata a una specificaparte corporea. Questa forma focale èparticolarmente fastidiosa per il pa-ziente e viene descritta come una sen-sazione di bruciore, le regioni più fre-quentemente coinvolte sono la boccae i genitali. La forma generalizzata è caratterizzatada una sensazione di fastidio e di agi-tazione interna e dall’esecuzione dimovimenti ripetitivi e stereotipati neltentativo di alleviarla. Movimenti tipicisono accavallare le gambe o dondo-larsi.La terza fenomenologia clinica più co-mune è la distonia tardiva. Essa puòavere una distribuzione focale, seg-mentale o generalizzata e può essereclinicamente indistinguibile dallaforma idiopatica. Le parti del corpo piùfrequentemente interessate sono ilcollo (retrocollo), il tronco (opistotonodeterminato dagli spasmi dei muscoliparaspinali toracici che determina unapostura ad arco) e i muscoli facciali(blefarospasmo e distonia oromandi-bolare e faringea). È stata inoltre de-scritta una distonia assiale caratteriz-zata dalla lateroflessione del tronco inpazienti esposti a farmaci che agisconosui recettori della dopamina che vienedefinita sindrome di Pisa, perché talepostura ricorda la famosa torre.6 Altrefenomenologie cliniche descritte nellospettro delle sindromi tardive inclu-dono il mioclono tardivo, prevalente-

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Tabella 2. Sindromi tardive.

Discinesie tardive classiche (sindrome oro-bucco-linguale)

Acatisia tardiva

Distonia tardiva

Tremore tardivo

Tic e tourettismo tardivo

Corea tardiva

Mioclono tardivo

Parkinsonismo indotto da farmaci

Modificata dal riferimento bibliografico 5.

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mente posturale e agli arti superiori, eil tremore tardivo,7 tipicamente localiz-zato agli arti superiori e prevalente-mente posturale con una frequenza di3-5 Hz. È stata inoltre descritta una raraforma clinica denominata tourettismotardivo, caratterizzato da tic motori evocali.8

Parkinsonismo indotto da farmaciÈ una sindrome molto frequente-mente riconosciuta come compli-canza motoria di numerosi farmaci,molti dei quali utilizzati in vari disturbineuropsichiatrici. Si presenta in unapercentuale variabile fra il 15% e il60% dei pazienti esposti a farmacibloccanti i recettori della dopamina. Ingenere il parkinsonismo si sviluppa nel50-70% dei pazienti entro il primomese dall’inizio della terapia e nel 90%dei casi entro il terzo mese. Nel 60-70% dei casi la sospensione del far-maco, se resa possibile dalla stabilitàdella malattia psichiatrica di base,

porta alla scomparsa del disturboentro 2 mesi, ma può anche accadereche il parkinsonismo persista o talorapeggiori. In una percentuale di casi diparkinsonismo tardivo, la condizioneclinica potrebbe precedere l’esposi-zione a tali farmaci, e ciò spieghe-rebbe la diversa suscettibilità a svilup-pare la sindrome tardiva che potrebbedipendere dalla presenza di alterazionisubcliniche slatentizzate dalla terapiafarmacologia. Nel parkinsonismo tardivo da farmacidopamino-bloccanti, il tremore è il sin-tomo meno frequente, sebbene siastata descritta un’entità clinica notacome “sindrome del coniglio” caratte-rizzata da tremore delle labbra e dellaregione periorale che può presentarsidurante il trattamento con farmaci an-tipsicotici.9 Il sintomo più frequente èla bradicinesia, sebbene spesso possaessere difficile da riconoscere perchémascherata dalla depressione o daisintomi negativi delle malattie psichia-triche.

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Bibliografia

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L’inquadramento e la diagnosi diffe-renziale (Tabella 1) dei disturbi del mo-vimento sono principalmente clinichee si basano su una storia clinica detta-gliata e su un accurato esame neurolo-gico. Il primo step diagnostico è la de-finizione della fenomenologia e la clas-sificazione del disturbo del movimentoin una delle categorie conosciute.Quando si considera la presenza di undisturbo del movimento farmaco-in-dotto, l’anamnesi riveste un ruolo fon-damentale poiché tali disturbi pos-sono essere indistinguibili dalle formeidiopatiche. Infatti devono essere de-finite la modalità d’esordio e l’esposi-zione a trattamenti farmacologici dicui saranno specificati dosaggio,tempo di somministrazione, eventualiinterruzioni ed effetti collaterali acuti.L’esame neurologico è inoltre fonda-mentale per un’accurata descrizionedella fenomenologia clinica, della di-stribuzione anatomo-funzionale e deisegni associati. Si ritiene che la presenza di differentidisturbi del movimento nello stessopaziente sia fortemente indicativa diun’eziologia iatrogena: per esempio,un soggetto con movimenti involon-tari oro-buccali, tremore agli arti supe-riori e distonia cervicale deve indiriz-zare verso un disturbo del movimentofarmaco-indotto.

Acatisia tardivaL’acatisia tardiva è spesso indistingui-bile dall’agitazione psicomotoria e daisintomi dell’ansia che si associano allapatologia psichiatrica di base, tuttavianella forma tardiva la sintomatologiaè meno generalizzata e disorganiz-zata, trattandosi più frequentementedi movimenti che si ripetono in ma-niera quasi stereotipata, come adesempio accavallare le gambe o spo-stare il peso corporeo da una gambaall’altra. Inoltre, l’acatisia va distinta daisintomi della sindrome delle gambesenza riposo. In entrambi i casi infatti ilpaziente ha una sensazione di irre-quietezza motoria che viene alleviatadal movimento, ma la sindrome dellegambe senza riposo è caratterizzatada un pattern circadiano, poiché i sin-tomi sono presenti soprattutto la serae la notte, e da una distribuzione deisintomi soprattutto agli arti inferiori,mentre l’acatisia in genere è generaliz-zata, principalmente assiale e miglioracon il sonno.1

Le discinesie tardive, nella loro classicaespressione di sindrome oro-bucco-linguale, devono essere distinte daimovimenti spontanei involontari buc -co-linguali e masticatori che possonoessere presenti nell’anziano, spessocorrelati all’adentulia. La diagnosi dif-ferenziale delle discinesie tardive com-

Diagnosi differenziale

Lucia Ricciardi, Alessandro Rossi

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Tabella 1. Principali diagnosi differenziali delle sindromi tardive.

Sindrome tardiva Diagnosi differenziale

Discinesie Discinesie bucco-linguali spontanee dell’anziano

Discinesia nell’adentulia

Coree ereditarie (corea di Huntington, neuroacantocitosi, ecc.)

Ictus (gangli della base, tronco encefalico, cervelletto)

Neoplasie

Malattie endocrine e metaboliche (ipertiroidismo, iperglicemia non chetotica, ecc.)

Malattie autoimmuni e infettive e vasculiti

Forme psicogene

Distonia Distonia idiopatica

Distonia sintomatica (neoplasie, ictus, ecc.)

Malattia di Wilson

Forme psicogene

Mioclono Emispasmo facciale

Malattie neuro-degenerative (m. di Alzheimer, degenerazione cortico-basale, m. di Creutzfeld-Jacob, ecc.)

Mioclono sintomatico (neoplasie, ictus)

Epilessia

Psicogeno

Acatisia Sindrome delle gambe senza riposo

Ansia/iperattività

Stereotipie

Tremore Tremore parkinsoniano

Tremore essenziale

Tremore cerebellare

Tremore rubrale

Epilessia

Psicogeno

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prende poi le coree ereditarie quali lamalattia di Huntington e la neuroa-cantocitosi e forme secondarie a di-sordini metabolici (ad es., iperparati-roidismo, ipertiroidismo, iperglicemianon chetotica), vasculiti o lesioni va-scolari o neoplastiche. La distribu-zione dei sintomi può aiutare la diffe-renziazione con la corea di Huntin-gton, ove i movimenti coreici coinvol-gono principalmente gli arti distal-mente e la porzione superiore delvolto (fronte e sopracciglia), mentrenelle forme tardive questi tipicamentecoinvolgono la regione bucco-lin-guale. Inoltre, se nelle forme tardive imovimenti involontari tendono adavere un pattern ripetitivo e stereoti-pato, al contrario le discinesie dellamalattia di Huntington non presen-tano un pattern prevedibile. Un altroelemento che può aiutare la diagnosiè l’impersistenza motoria della malat-tia di Huntington, vale a dire l’incapa-cità di sostenere una contrazione vo-lontaria nel tempo (ad es., protruderela lingua per 10 secondi), fenomenoche non è presente nelle forme tar-dive.

Distonia tardivaLa distonia tardiva deve essere diffe-renziata dalle forme idiopatiche edalle forme secondarie di distonia.Può presentarsi a qualsiasi età, conun’età media di insorgenza di 40 anni;la distonia idiopatica mostra una di-stribuzione bimodale con un picco ingiovane età e uno in età adulta.2 Nelleforme di distonia idiopatica, i pazienticon esordio in età adulta presentanopiù frequentemente una forma focaleo segmentale a distribuzione cranio-

cervicale. Nella distonia tardiva, qual-siasi sia l’età d’esordio, la sintomatolo-gia progredisce nell’arco di mesi oanni e in genere tende a rimanere fo-cale o segmentale. Sia la distonia tar-diva sia quella idiopatica presentanoun miglioramento con l’utilizzo ditrucchi sensoriali (o gesti antagonisti). Le forme focali tipo la distonia cervi-cale tardiva o il blefarospasmo tardivopossono essere indistinguibili dalleforme idiopatiche, tuttavia il retro-collo è più frequente nelle forme tar-dive e più raro nelle forme idiopati-che, ove sono più frequenti torcicollorotazionale e rotazione laterale deltronco. La presentazione più tipicadella distonia tardiva è la combina-zione di retrocollo, opistotono, intra-rotazione della spalla, estensione digomiti e flessione dei polsi.L’azione volontaria, come ad esempioil cammino, può migliorare i sintominella forma tardiva, mentre i movi-menti distonici della forma idiopaticasono esacerbati dall’azione volonta-ria.

Tic tardiviI tic tardivi vanno principalmente di-stinti dalla sindrome di Tourette. Nelleforme tardive l’anamnesi clinica delpaziente non rivela la presenza di ticmotori e/o vocali nel periodo prece-dente l’esposizione al farmaco rite-nuto responsabile; inoltre, la storia fa-miliare del paziente è negativa per tic.I tic della sindrome di Tourette inizianoinvece nell’infanzia (2-15 anni) e si as-sociano a numerosi sintomi compor-tamentali come deficit dell’attenzione,iperattività, disturbo ossessivo-com-pulsivo e disturbi del sonno.

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Parkinsonismo indotto da farmaciAnche il parkinsonismo indotto dafarmaci (PIF) è spesso indistinguibiledalla malattia di Parkinson idiopatica(MPi) e dai parkinsonismi atipici. Lecaratteristiche cliniche che possonoaiutare la diagnosi sono soprattutto lasimmetria dei sintomi all’esordio(anche se un esordio asimmetrico èpossibile nel 30% dei casi), l’assenzadi tremore (anche se è presente nel40-50%) e la compresenza di altri di-sturbi del movimento, come le disci-nesie oro-buccali. Tuttavia, nella pra-tica clinica vi è una classe di pazientiche ricevono diagnosi di PIF ma che inrealtà sono individui in una fase pre-clinica di MPi al momento dell’iniziodella terapia, i cui sintomi vengonosmascherati dal farmaco incriminato.3

Numerosi studi di neuroimaging strut-turale e funzionale sono stati condottial fine di identificare caratteristichestrumentali utili nella diagnosi diffe-renziale fra MPi e parkinsonismo tar-divo. Le metodiche di neuroimagingfunzionale che utilizzano farmaci chesi legano al trasportatore della dopa-mina (DAT-SCAN) sono utili nei casidubbi di pazienti trattati con antipsico-tici che presentano segni clinici di par-kinsonismo. I neuroni dopaminergicipresinaptici dovrebbero essere dimi-nuiti nelle forme idiopatiche e normalinelle for me iatrogene, pertanto unDAT-SCAN normale supporta una pa-togenesi iatrogena della sintomatolo-gia ed esclu de una forma idio patica.4

Tuttavia recenti studi hanno rilevatoche, nel contesto di pazienti trattaticon anti psi cotici che sviluppano unasintomatologia parkinsoniana a se-

guito di tale terapia, in certi casi il DAT-SCAN è normale, mentre in altri la cap-tazione del radiofarmaco a livello delputamen risulta ridotta.5,6 In quest’ul-timo gruppo di pazienti i sintomi mo-tori risponderebbero al trattamentocon levodopa, supportando l’ipotesiche in una percentuale di pazienti ilfarmaco bloccante i recettori della do-pamina smaschera una MPi ancora la-tente.3

A supporto di tale ipotesi, un recentestudio ha valutato le funzioni olfattivein pazienti con MPi e con DIP con alte-rato DAT-SCAN e con DAT-SCAN nor-male. Questi ultimi pazienti presenta-vano valori normali al test per l’olfatto,mentre i pazienti con MPi e DIP conDAT-SCAN alterato presentavano un’al-terazione dell’olfatto e tale deficit cor-relava con i valori di captazione a li-vello del putamen.7

Nella diagnosi differenziale fra formaidiopatica e forme iatrogene si è poi ri-velato molto utile lo studio ecograficotranscranico dei gangli della base(TCS). L’aumento dell’ecogenicità dellasostanza nera, secondo quanto stabi-lito dalla TCS, è caratteristico della MPie questo segno ecografico può aiutarea differenziare tale patologia dalleforme iatrogene nei casi dubbi.8

Disturbi “funzionali” del movimentoNegli ultimi anni è stata posta moltaattenzione sulla diagnosi differen-ziale dei disturbi del movimento or-ganici con i disturbi del movimentopsicogeni. Le caratteristiche clinichetipiche dei disturbi psicogeni sonol’insorgenza improvvisa, la progres-sione rapida, l’incongruenza del tipo

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di movimento involontario rispetto aquelli presenti nei disturbi del movi-mento organici, la distraibilità, la va-riabilità e la presentazione simulta-nea di diverse fenomenologie. Ladiagnosi di questi disturbi non do-vrebbe essere di esclusione e la ge-stione dovrebbe prevedere unastretta collaborazione fra neurologo,psichiatra e psicologo.Un altro aspetto importante da con-siderare è la presenza di disturbi delmovimento spontanei nei pazientischizofrenici mai esposti a farmaci.Numerosi studi sono stati condottinel tentativo di confrontare pazientischizofrenici non trattatati con pa-zienti trattati con farmaci antipsico-tici: in alcuni casi è emersa la pre-senza di movimenti involontari ano-mali, come discinesie e parkinsoni-smo, in pazienti psicotici mai trat-tati.9,10 Tali disturbi del movimentopotrebbero essere intrinsecamentecorrelati alla fisiopatologia della schi-zofrenia, per un coinvolgimento deigangli della base.11

Queste osservazioni supportereb-bero l’ipotesi di una componenteneuromotoria della schizofrenia. Ladisfunzione neuromotoria potrebbecoinvolgere circuiti fronto-sottocorti-cali responsabili non solo del com-portamento motorio, ma anche diquello cognitivo e affettivo.12 A livellosottocorticale, i gangli della basesono stati implicati nella patogenesidella schizofrenia e si è ipotizzato unloro ruolo chiave nella patogenesidelle anomalie del movimento pre-senti in questi pazienti. In questa vi-sione, i disturbi del movimento e lapsicopatologia sarebbero in qualchemodo correlati e il trattamento confarmaci antipsicotici slatentizzerebbeo accentuerebbe anomalie motoriesemplici o complesse che rappresen-terebbero tratti caratteristici dellaschizofrenia.11,13 Per tale motivo sononecessari studi futuri volti a chiarireil ruolo dei gangli della base e deicircuiti connessi nella fisiopatologiadella schizofrenia al fine di preve-dere le implicazioni terapeutiche.

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Bibliografia

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1Generalità: basi neuroanatomichePer introdurre la patogenesi di questidisturbi del movimento è necessarioaprire una breve parentesi sui mecca-nismi del controllo del movimentostesso, in particolare sul sistema deigangli della base (GB) e dei suoi neuro-trasmettitori. I GB constano di diversinuclei sottocorticali interconnessi traloro, le cui efferenze principali sono di-rette alla corteccia cerebrale, al talamoe ad alcuni nuclei del tronco encefalico.I quattro nuclei principali sono:1) striato (putamen e caudato);2) globus pallidus (GPi, interno; GPe

esterno); 3) substantia nigra (SNc: pars com-

pacta; SNr: reticulata): 4) nucleo subtalamico (STN). Lo striato riceve afferenze dalla cortec-cia cerebrale, dal talamo, dai nuclei deltronco encefalico e proietta al GPi ealla SNr. Le cellule di questi nuclei uti-lizzano come neurotrasmettitore ilGABA (inibitorio). Il GPi è l’efferenza maggiore a partenzadai GB e l’STN è connesso funzional-mente con il GP e la SN tramite proie-zioni glutammatergiche (eccitatorie).Il circuito dei GB è costituito da unarete complessa di connessioni paral-lele che integrano segnali provenientidalle regioni cerebrali corticali (asso-

ciative, oculomotorie, sistema limbicoe corteccia motoria), i GB e il talamo.Le aree corticali motorie proiettano alputamen postero-laterale (e al n. cau-dato) dove stabiliscono connessionieccitatorie (glutammatergiche) con ineuroni spinosi striatali. Tali neuronidanno origine a due vie parallele checonnettono il putamen (e il n. cau-dato) con GPi e SNr, che rappresen-tano l’output dei GB: una via diretta euna via indiretta. I neuroni della via di-retta proiettano dal putamen al GPi ealla SNr inibendoli. Poiché i neuronidel GPi inibiscono il talamo, un’inibi-zione del GPi determina un’eccitazionedel talamo e quindi della cortecciamotoria. I neuroni della via indiretta proiettanodal putamen al GPe inibendolo. Il GPe,a sua volta, tonicamente inibisce il GPie l’STN. L’inibizione del GPe comportaeccitazione del GPi e dell’STN. A suavolta l’STN eccita il GPi e il GPi inibisceil talamo, esitando in un’inibizionedella corteccia motoria. In questomodo l‘attivazione della via diretta ri-duce temporaneamente l‘attività to-nica del GPi attivando così il talamo ela corteccia motoria, mentre l’attiva-zione della via indiretta decremental‘attività del GPe e incrementa quelladell’STN, inducendo un aumentodell’attività del GPi e una conseguente

Patogenesi delle sindromi tardive acute e croniche

Eugenio Aguglia, Andrea de Bartolomeis, Francesca Magnano San Lio, Alessandro Rossi, Michele Tinazzi3

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inibizione del talamo e della cortecciamotoria. Le due vie vengono influenzate dalleproiezioni dopaminergiche dalla SNcal putamen (e al n. caudato). I neuronidel putamen (e del n. caudato) possie-dono recettori per la dopamina di tipoD1, che facilitano la trasmissione si-naptica della via diretta, e recettori ditipo D2, che inibiscono la trasmissionesinaptica della via indiretta. Questo modello esclude l’evidenza diinnervazione dopaminergica di re-gioni extrastriatali (GPe, GPi, SNr eSTN) e non considera opportuna-mente il ruolo degli interneuronistriatali colinergici, l’esistenza di inter-neuroni striatali dopaminergici e ladifferenza tra neuroni della matrice estriosomi. In conclusione, il circuito motorio deiGB è una rete complessa formata da

connessioni parallele cortico-GB-cor-ticali e da circuiti interni che regolanoil movimento tramite meccanismi a fe-edback e a feedforward. Il sistema do-paminergico e i circuiti interni dei GBmantengono la stabilità delle rete dicontrollo motorio. Alterazioni della fi-siologia dei GB riguardano non solo ilcambiamento nel ritmo di scarica, maanche il pattern di sincronizzazionedella scarica tra i neuroni. Scoperte re-centi suggeriscono la presenza di duemodelli principali di attività sincroniz-zata all‘interno del circuito subtalamo-pallido-talamo-corticale, a <30 Hz e a>60 Hz. Le due modalità di funziona-mento sono mutuamente esclusive. Lafrequenza più bassa è anticinetica (eviene ridotta dalla somministrazionedi levodopa o dalla preparazione delmovimento volontario); la frequenzapiù alta è procinetica (Figura 1).

Neuroni motori

Aree corticali

Talamo

STN

D1

SNc

D1

Putamen

GPe

GPi

Via diretta

Via indiretta

Figura 1. Output dei gangli della base: rappresentazione schematica.

D1: recettore dopaminergico; GPe: globus pallidus esterno; GPi: globus pallidus interno; SNc: substantia nigracompacta; STN: nucleo subtalamico.

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Neurotrasmettitori coinvolti nel controllo motorioI neurotrasmettitori di tutte le classisono coinvolti nel controllo del movi-mento (Tabella 1). La sintesi dei neu-rotrasmettitori avviene nel citoplasmaneuronale a partire da precursori pre-senti nella dieta del soggetto; ven-gono quindi accumulati e concentratiin vescicole secretorie presinaptichetramite trasportatori. Quando un neu-rone viene depolarizzato le vescicolesi fondono con la membrana presi-naptica e rilasciano il neurotrasmet -titore nello spazio extracellulare. Daqui possono attivare recettori post-sinaptici o possono essere riassorbitia livello presinaptico attraverso speci-fici trasportatori e/o metabolizzati daspecifici enzimi. Nei disturbi del movi-mento sono implicate in particolarmodo tre classi di proteine neuronali:il trasportatore neuronale delle mo-noamine sottotipo 2 (VMAT2), i recet-tori della dopamina legati a proteine

G (Figura 2) e il trasportatore di mem-brana della dopamina (DAT).

Recettori dopaminergiciBasi genetiche, proprietà strutturali,espressione e funzioni I recettori per la dopamina sono divisiin due gruppi, sulla base della capacità

Tabella 1. Neurotrasmettitori e striato.

Neurotrasmettitori Strutture anatomiche

Dopamina Proiezioni troncoencefalicheSerotoninaNoradrenalinaNeurotensinaColecistochinina

Dinorfina Proiezioni della corteccia Glutammato cerebraleSostanza P

GABA Neuroni striatali intrinseciSomatostatinaEncefalinaNeuropeptide Y

Acetilcolina Interneuroni striatali

Ossido nitrico Neuroni striatali

DA

Tirosina

DOPA

DA

AutorecettoreD2R

DADA

Cellulagliale

DAMAO

HVA

MPP+

TH

AADC

MAOMPP+

MPTP

DA HVA

COMT

DA

Figura 2. Il metabolismo della dopamina.

TH: tirosina idrossilasi; DOPA: L-3,4-diidrossifenilalanina; AADC: enzima decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici;MAO: monoammino-ossidasi; DA: dopamina; D2R: autorecettore dopaminergico; COMT: catecol-O-metil-transferasi;HVA: acido omovanillico; MPTP: 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina; MPP+: 1-metil-4-fenilpiridinico.

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di modulare la produzione di AMPc edelle proprietà farmacologiche: D1(che comprende D1 e D5) e D2 (D2, D3e D4). I membri di ogni classe condivi-dono un elevato grado di omologiaper i domini transmembrana. I recettori della prima classe sono le-gati alla famiglia di proteine G chia-mata Gas/olf, che stimolano la produ-zione di AMPc e si trovano esclusiva-mente sulla membrana post-sinaptica.I recettori D2 si accoppiano con Gai/oe il loro legame inibisce la produzionedi adenilato-ciclasi. D2 e D3 si trovanoa livello sia post-sinaptico sia pre -sinaptico in corrispondenza dei neu-roni dopaminergici. Le differenze ge-netiche più rilevanti si riscontrano a li-vello intronico: D1 e D5 infatti noncontengono introni nelle loro se-quenze codificanti, mentre i geni checodificano D2, D3 e D4 contengono ri-

spettivamente 6, 5, e 3 sequenze di in-troni, con la possibilità di numerosesequenze di splicing. Tutte le variantiche derivano da questi possibili riar-rangiamenti hanno proprietà anato-miche, fisiologiche, di segnale e farma-cologiche differenti. In generale, in termini di sensibilitàagli agonisti e agli antagonisti delladopamina, le sottoclassi sono moltodifferenti. Per la funzione di controllodel movimento (e anche del sistema direward), la stimolazione concomitantedei recettori D1 e D2 è fondamentalein quanto essi sviluppano una azionesinergica; ciò è dimostrato dalla neces-sità di somministrare contemporanea-mente agonisti selettivi per D1 e D2per la stimolazione dell’espressionedel gene c-fos nello striato.1 Per le lo-calizzazioni più frequenti si veda la Ta-bella 2.

Tabella 2. Sottotipi dei recettori dopaminergici.

Sottotipo Localizzazione Effetto più frequente Altre della neurotrasmissione funzioni

D1 Aree nigrostriatali, mesolimbiche Eccitatorio Modifica i e mesocorticali (caudato e putamen), comportamentinucleus accumbens, substantia nigra, bulbo mediati dai D2olfattivo, amigdala, corteccia frontale

D2 Striato, substantia nigra (pars compacta) Inibitorio Modifica la funzione deitrasportatori della dopamina

D3 Area limbica, striato, substantia nigra, Inibitorio Simile ai D2area del setto, area tegmentale ventrale, ippocampo

D4 Corteccia frontale, amigdala, ippocampo, Inibitorio Simile ai D2ipotalamo, globus pallidus, substantianigra e talamo

D5 Neuroni piramidali della corteccia prefrontale, Eccitatorio Simile ai D1corteccia premotoria, corteccia cingolata,corteccia entorinale, substantia nigra,ipotalamo, ippocampo, giro dentato

Modificata dal riferimento bibliografico 2.

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La maggior parte delle evidenze con-corda che il controllo sull’attività loco-motoria è funzione principalmente deirecettori D1, D2 e D3. I recettori delladopamina sono comunque coinvoltiin molte altre funzioni: per esempio,D1 e D2 intervengono nella gratifica-zione e nel rinforzo (con implicazioninella dipendenza da sostanze diabuso).3 D1 e D2 sono fondamentaliper il funzionamento dei sistemi di ap-prendimento e di memoria, D3, D4 eD5, sebbene quest’ultimo in minor mi-sura, hanno un ruolo in specificiaspetti delle funzioni cognitive.

Interazioni con altri sistemineurotrasmettitoriali Numerosi studi hanno dimostrato larelazione tra sistema serotoninergicoe sistema dopaminergico, per quantoconcerne sia la regolazione del tonodell’umore e del renard sia il controllodel sistema motorio. Limitatamente aquest’ultimo, numerose evidenze di-mostrano l’influenza della serotoninasulla dopamina. Recenti studi hannosuggerito che, sebbene precedenti ri-cerche indicassero un ruolo inibitoriodi questa, la 5-HT avrebbe un effettofacilitatorio sulla dopamina. Tale ipo-tesi è supportata da studi di microdia-lisi che hanno rilevato come l’espo -sizione alla 5-HT dello striato porti aun aumento dei livelli di dopamina.Si tratta però di una generalizzazio -ne, in quanto gli agonisti dei recettori5-HT1b e 5HT3 facilitano gli effetti do-paminergici, mentre alcuni di questisono inibiti dagli agonisti dei 5HT2c.I recettori 5HT2a rivestono particolareinteresse per l’affinità verso di essidegli antipsicotici di seconda genera-

zione rispetto ai recettori D2, conpoche eccezioni (amisulpride).4 Inoltrela serotonina modula l’azione di altrineurotrasmettitori, tra questi il GABAe il glutammato, e opera un meccani-smo di regolazione (feedback) sui nu-clei del rafe dorsale. I farmaci antipsi-cotici agiscono su questi sistemi recet-toriali in maniera differente ed espli-cano il proprio effetto a seconda del-l’affinità per ciascuno di essi, ma indu-cono effetti collaterali. La classifica-zione degli antipsicotici in prima e se-conda generazione si basa su questo(Tabella 3).

Farmacogenetica della discinesia tardivaUn numero consistente di studi caso-controllo è stato eseguito sui genicoinvolti nel metabolismo dei farmaciantipsicotici, come quelli sul cito-cromo P450 e dei geni connessi allostress ossidativo (CYP), così come suigeni dei diversi neurotrasmettitori cor-relati. Questi studi hanno prodotto ri-sultati che, sebbene a tutt’oggi contro-versi, appaiono sostanzialmente so-vrapponibili per alcuni polimorfi -smi come CYP2D6* 10, DRD2Ala9Val,

Tabella 3. Meccanismo d’azione degli antipsicotici.

Farmaco Meccanismo

Prima generazione Antagonismo D2

Seconda generazione Antagonismo D2

Clozapina Antagonismo D1 e D2e 5HT2 e 5HT3

Amisulpride Antagonismo D2 e D3

Aripiprazolo Agonismo e antagonismo dopaminergico

Modificata dal riferimento bibliografico 5.

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Taq1A, DRD3Ser9Gly, HTR2AT102C eMnSOD. Inoltre, gli studi di associa-zione genetica (GWAS) alla suscettibi-lità della discinesia tardiva hanno per-messo di individuare l’associazionecon rs7669317 su4q 24, gene Gli2,geni della via GABA e geni HSPG2.6

Inoltre, vista la persistenza dei sin-tomi spesso anche dopo la sospen-sione del farmaco, è possibile ipotiz-zare una componente epigenetica inparticolare per la discinesia tardiva:alcuni studi sono attualmente incorso per valutare questa afferma-zione7 (Figura 3).

Farmaci che inducono disturbi del movimentoNon è corretto pensare che solo gliantipsicotici causino disturbi del

mo vimento in seguito al loro mec-canismo d’azione che coinvolge i si-stemi di controllo di quest’ultimo –dopaminergici, ma non solo. Altreclassi di farmaci, utilizzate per il trat-tamento delle più svariate patolo-gie, possono provocare la medesimasintomatologia. Per quanto concer -ne l’ambito neurologico e psichia-trico, sono stati descritti casi in cor -so di terapia con inibitori selettividel reuptake della serotonina (SSRI),anticonvulsivanti e litio.8 Sul ver-sante internistico disturbi del movi-mento sono stati evidenziati conmaggiore frequenza in corso di tera-pia con amiodarone, antistaminici,chinoloni, estrogeni e molecole utiliz-zate per dispepsia, vertigini e nausea9

(Tabella 4).

Discinesia tardiva

Vie GABAergiche

Vie dopaminergiche

Epigenetica

Stress ossidativo

Famiglia CYP?

Vie serotoninergiche

Vie glutammatergiche

Figura 3. Farmacogenetica delle discinesie tardive.

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Tabella 4. Agonisti e antagonisti del recettore della dopamina che sono stati usati nella pratica clinica.

Farmaco Principale applicazione clinica

Agonisti della dopamina

Apomorfina Malattia di Parkinson, disfunzione erettileBromocriptina Malattia di Parkinson, tumori pituitari, iperprolattinemia, diabete mellito di tipo 2Cabergolina Tumori pituitari, iperprolattinemiaFenoldopam Ipertensione Pergolide Malattia di ParkinsonPiribedil Malattia di ParkinsonPramipexolo Malattia di Parkinson, sindrome delle gambe senza riposo, disturbo bipolare, depressioneRopinirolo Malattia di Parkinson, sindrome delle gambe senza riposoRotigotina Malattia di Parkinson, disturbo bipolare, depressione

Antagonisti della dopamina

Aloperidolo SchizofreniaAmisulpride Schizofrenia, disturbo bipolare, depressioneAripiprazolo Schizofrenia, disturbo bipolare, depressioneBenperidolo SchizofreniaBromopride Nausea, gastroparesiClopentixolo SchizofreniaClorpromazina SchizofreniaClozapina SchizofreniaDomperidone NauseaDroperidolo Schizofrenia, nauseaFlufenazina SchizofreniaFlupentixolo Schizofrenia, depressioneFluspirilene SchizofreniaOlanzapina Schizofrenia, disturbo bipolare, depressionePenfluridolo SchizofreniaPerazina SchizofreniaPerfenazina SchizofreniaPimozide Schizofrenia Proclorperazina Schizofrenia, nauseaPromazina SchizofreniaQuetiapina Schizofrenia, disturbo bipolare, depressioneRisperidone SchizofreniaSulpiride Schizofrenia, depressioneSultopride Schizofrenia Tiapride SchizofreniaTietilperazina NauseaTiotixene SchizofreniaTrifluoperazina SchizofreniaTrifluperidolo SchizofreniaTriflupromazina Schizofrenia, nauseaZiprasidone Schizofrenia, disturbo bipolare, depressione

Modificata dal riferimento bibliografico 10.

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Timing di insorgenzaÈ possibile stabilire una sorta di calen-dario di insorgenza del disturbo delmovimento, a seconda del tempo diesposizione al farmaco; tale “scaletta”è sintetizzata nella Figura 4 e nella Ta-bella 5.

Distonia acutaNel 50% dei pazienti i primi segni di di-stonia compaiono entro 2 giorni dal-l’assunzione di un bloccante i recettoridella dopamina (dopamine receptorblocker agent, DRBA), nel 90% dei casientro 5 giorni; occasionalmente au-mentano in maniera proporzionale al-l’incremento del dosaggio del farmaco.Due sono le ipotesi a sostegno di unosquilibrio colinergico-dopaminergicoimprovviso. La prima è un’ipofunzionedopaminergica con conseguente ipe-rattività colinergica: a sostegno di tale

ipotesi è stato documentato che la di-stonia migliora dopo somministra-zione di anticolinergici e non si mani-festa dopo somministrazione di levo-dopa e apomorfina in primati, primadell’assunzione del farmaco. La se-conda ipotesi è un’iperfunzione dopa-minergica paradossa indotta dai DRBA.

AcatisiaL’incidenza di acatisia in pazienti psi-cotici trattati con DRBA varia dal 21%

1 - 2 anni3 - 6 mesi

654321

Figura 4. Timing di insorgenza dei sintomi.

1. Distonia 2. Acinesia 3. Rigidità 4. Tremori 5. Acatisia 6. Discinesia tardiva

Modificata da Geenens, 2000.

Tabella 5. Classificazione dei disturbi delmovimento per modalità di insorgenza.

Acuti Distonia

Subacuti Acatisia, parkinsonismo iatrogeno

CroniciComuni Discinesia, distonia, acatisia tardivaNon comuni Mioclono, tic, tremore

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al 30% e compare entro poche setti-mane (2-6) dall’introduzione del far-maco o dall’aumento del dosaggio. Ilprincipale meccanismo patogeneticoè rappresentato dal blocco dei recet-tori dopaminergici D2 a livello dellostriato, così come dimostrato da studiPET e dall’induzione di acatisia da an-tagonisti dei recettori D2. Tale ipotesicomunque non consente di spiegarel’efficacia sia degli anticolinergici (bi-peridene, triesifenidile) sia degli anti-beta-adrenergici (propranololo) neipazienti che presentano tale effettocollaterale.

Parkinsonismo iatrogenoIl parkinsonismo iatrogeno si sviluppanel 50-70% dei pazienti entro il primomese dall’inizio del trattamento e nel90% dei casi entro 3 mesi. Nel 60-70%dei casi la sospensione del farmaco,compatibilmente con la remissione

della patologia psichiatrica, può de-terminare sia la scomparsa entro 2mesi sia la persistenza del parkinsoni-smo, o talvolta il suo peggioramento.Il bloc co dei recettori D2 (Tabella 6) alivello dello striato porta a una disini-bizione dei neuroni striatali contentiGABA ed encefaline all’origine dellavia indiretta, senza alterare la via di-retta. Da ciò conseguono disinibi-zione dei nuclei subtalamici e au-mento dell’inibizione GABAergicadelle proiezioni talamo-corticali attra-verso la facilitazione a livello delleproiezioni inibitorie a partire daGB/SNr. Questo tipo di comporta-mento è sovrapponibile al disturbodel circuito GB-movimento che si os-serva nella malattia di Parkinson. L’oc-cupazione dei recettori D2 è superioreall’80% in pazienti con parkinsonismoindotto da farmaci e tale percentualeè simile a quella documentata in pa-

Tabella 6. Farmaci che causano disturbi del movimento con maggiore frequenza.

Antipsicotici tipici Fenotiazine: clorpromazina, proclorperazina, perfenazina, flufenazina, prometazinaButirrofenoni: aloperidoloDifenilbutilpiperidine: pimozideBenzamidi sostituite: sulpiride, levosulpiride, amisulpride

Antipsicotici atipici Risperidone, olanzapina, ziprasidone, aripiprazolo, paliperidoneDepletori della dopamina Reserpina, tetrabenazinaAntiemetici Clebopride, metoclopramideBloccanti dei canali del calcio Flunarizina, cinnarizinaInibitori selettivi del Citalopram, fluoxetina, sertralina, paroxetinare-uptake della serotonina (SSRI)Antistaminici Cetirizina, clorfenamina, ranitidinaStabilizzatori dell'umore LitioAntiepilettici Acido valproico, fenitoinaImmunosoppressori CiclosporinaAntiaritmici AmiodaroneAntibiotici Chinolonici, beta-lattamici, cefalosporineTrattamenti ormonali Estrogeni

Modificata dal riferimento bibliografico 11.

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zienti affetti da malattia di Parkinson(Figura 5).

Discinesia tardivaLa fisiopatologia della discinesia tar-diva non è del tutto nota, cionono-stante sono stati proposti diversi mo-delli eziopatogenetici. Il modello stress- diatesi considera come stressor il tipo,il dosaggio e la durata dell’antipsico-tico (o altro farmaco) usato; in questomodello la diatesi è una condizione

che aumenta la suscettibilità a svilup-pare la patologia, ad esempio anoma-lie motorie presenti nei pazienti naïveaffetti da schizofrenia, una predisposi-zione genetica a disturbi del movi-mento in generale o processi degene-rativi cerebrali.12,13

Un ruolo centrale è rappresentato dallasupersensitività dei recettori post-si-naptici della dopamina secondaria aun blocco di lunga durata dei recettoridella via nigrostriatale. È presente inol-

ST

Talamo

Troncoencefalo e midollo spinale

StriatoD2 Ach D1

Corteccia cerebrale

Via inibitoria Via eccitatoria

SNc

DA

Glu

GABA/SP/Dy

GluBloccanti i D2

Gaba/Enk

GPe

GPi/SNr

Figura 5. Fisiopatologia del parkinsonismo indotto da farmaci.

Modificata dal riferimento bibliografico 11.

DA: dopamina; GPe: globus pallidus esterno; GPi: globus pallidus interno; SNr: substantia nigra reticulata; SNc:substantia nigra compacta.

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23tre un’alterazione del sistema neuro-nale GABAergico, con riduzione dell’at-tività della decarbossilasi dell’acidoglutammico a livello della substantianigra, del globus pallidus e dei nucleisubtalamici. Anche il sistema coliner-gico è interessato, attraverso una de-generazione e/o danno degli interneu-roni colinergici striatali.14

Studi di neuroimaging hanno dimo-strato che in pazienti schizofrenici i li-velli di colina nei gangli della basesono superiori alla norma, e ciò è in-dice di perdita di neuroni colinergici,così come nel nucleo lenticolare di pa-zienti schizofrenici con discinesia tar-diva15 (Figura 6).

Sindromi infantiliI quadri psicopatologici a esordio nel-l’infanzia e nell’adolescenza che richie-dono un intervento farmacologico

sono numerosi. Una stima effettuatanegli Stati Uniti, su dati rilevati dal 1993al 2002, mostra come le visite neuro -psichiatriche e, con esse, le prescrizionidi farmaci tra i quali gli antipsicotici (diseconda generazione nel 92,3% delleprescrizioni) siano aumentate da circa201.000 nel 1993 a 1.224.000 nel 2002.L’intervento medico era richiesto preva-lentemente per disturbi del comporta-mento dirompente, disturbi del-l’umore, disturbi pervasivi dello svi-luppo, ritardo mentale e disturbi psico-tici.17 Per questi ultimi, in particolare perla schizofrenia a esordio precoce, studipreclinici suggeriscono la presenza dicambiamenti di notevole rilevanza a li-vello della corteccia prefrontale sul si-stema dopaminergico nel corso del-l’adolescenza.18 Tali mutamenti inclu-dono una riduzione della densità dellecellule dopaminergiche, dei picchi ba-

Discinesia tardivaPerossidazionedei lipidi

GSH - SODCatalasi

Attività GABA

Blocco dei recettori DA

Neurolettici

Produzione di radicali liberi

Rilascio di acidoarachidonico

Rilascio di prostaglandine

Deposizione di ioni neigangli della base (Fe, Mn)

STRESS OSSIDATIVO

Apoptosi e morte neuronale

Supersensività dei recettori DA

Metabolismo della DA

Figura 6. Discinesia tardiva.

Modificata dal riferimento bibliografico 16.

DA: dopamina.

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sali dei livelli di dopamina, del turnoverdella dopamina e della concentrazionedei recettori D1 e D2 nello striato.19

Ciò non solo porta a delle considera-zioni di tipo terapeutico per la patolo-gia di base, ma spiega anche la mag-giore suscettibilità a sviluppare sintomiextrapiramidali in questa fase dello svi-luppo. Va però considerato che anchein questa popolazione di soggetti il ri-schio è correlato alla dose e al tempo diesposizione, nonché alla molecola uti-lizzata.20 Per esempio, una delle mole-cole più utilizzate per i disturbi psichia-trici in adolescenza è aripiprazolo, chesebbene sia considerato un atipico più

volte è stato indicato come causa di di-sturbi del movimento. Nell’infanzia, pe-raltro, sono molto utilizzate anche altremolecole che possono provocare di-sturbi del movimento, come metoclo-pramide. Particolare attenzione in queste fascedi età richiede la diagnosi differenzialecon altri disturbi come la corea di Sydenham, le stereotipie frequente-mente osservate nei soggetti affetti dadisturbo dello spettro autistico – maanche nei soggetti a sviluppo “neuroti-pico” in particolari condizioni stressantio che causino ansia – e la sindrome diTourette.

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Bibliografia

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1Per essere valida una scala clinica devepossedere alcune caratteristiche im-portanti: deve essere semplice, di fa-cile eseguibilità, veloce ma al tempostesso accurata e riproducibile dallostesso esaminatore e tra osservatoridifferenti. La necessità di creare scalecliniche per i disturbi del movimentonacque dall’esigenza di esprimere unavalutazione oggettiva che documen-

tasse i risultati delle terapie in terminidi efficacia. Infatti, negli anni Cin-quanta, con l’avvento della levodopae della chirurgia stereotassica, si resenecessario l’utilizzo di mezzi di quan-tificazione pre- e post-terapia per lamalattia di Parkinson e per gli altri di-sturbi del movimento. Negli anni suc-cessivi vennero poi costruite nume-rose scale, soprattutto per far fronte

Scale cliniche

Lucia Ricciardi, Michele Tinazzi4

Tabella 1. Scale cliniche per la valutazione dei disturbi del movimento.

Nome Sintomo Pro Contro Tempo di esecuzionevalutato (minuti)

SAS1 Bradicinesia, rigidità Facile, veloce, buona Sbilanciata 10e tremore attendibilità, non richiede nella suddivisione

un training specifico degli item

UPDRS2 Bradicinesia, rigidità Buona attendibilità intra- Non specifica per 10e tremore e interesaminatore; parkinsonismo indotto

molto utilizzata da farmaci; richiedepersonale esperto

BAS3 Acatisia Valutazione della Non valuta eventuali 5-10consapevolezza e del altri sintomidisagio soggettivo,valutazioni del pazientein varie posizioni

AIMS4 Discinesie Facile, veloce, non richiede Non valuta altri sintomi 5-10un training specifico, buona (tremore, rigidità, ecc.); attendibilità intra- poco specificae interesaminatore

ESRS5 Parkinsonismo, Valuta tutti i possibili sintomi; Complessa, necessita 10acatisia, discinesie, dà una valutazione di personaledistonia clinica globale specializzato

AIMS: Abnormal Involuntary Movements Scale; BAS: Barnes Akathisia Scale; ESRS: Extrapyramidal SymptomRating Scale; SAS: Simpson-Angus Scale; UPDRS: Unified Parkinson’s Disease Rating Scale.

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alla necessità di avere un mezzo diquantificazione oggettivo e standar-dizzato per i trial clinici e consentire ilconfronto fra casistiche di pazienti af-ferenti a strutture differenti negli studiclinici multicentrici (Tabella 1). L’esame neurologico e l’osservazionemirata agli effetti collaterali da farmacifanno parte della visita clinica del pa-ziente trattato con farmaci psicoattivi.L’identificazione di scale di valutazionecon le migliori proprietà psicometri-che è importante per la qualità delladescrizione clinica dei pazienti; inoltre,nei disturbi del movimento è impor-tante determinare le variazioni neltempo dei punteggi di tali scale, poi-ché riflettono la progressione dellamalattia e sono rilevanti nella valuta-zione dell’eventuale effetto dei tratta-menti. Le scale cliniche oggi a disposizionesono numerose, alcune specifiche persintomo, altre specifiche per i disturbidel movimento indotti da farmaci.

Parkinsonismo indotto da farmaciEsistono circa venti scale per la valu-tazione del parkinsonismo indotto dafarmaci, ma quelle veramente validee attendibili sono poche. Fra tutte, la Simpson-Angus Scale(SAS)1 è stata la prima scala specificaed è stata la più utilizzata ma anche lapiù criticata per la valutazione del par-kinsonismo da antipsicotici. La scala ècomposta da dieci item che valutanoi segni clinici obiettivi: il cammino, larigidità agli arti superiori (alla spalla,al gomito e al polso), agli arti inferiorie al capo, il riflesso glabellare, il tre-more e la scialorrea. A ciascun item

viene assegnato un punteggio da 0 a4 in base alla gravità del sintomo. Hauna buona validità e una buona ripro-ducibilità interesaminatore, è facile dautilizzare nella pratica clinica e ancheda medici non specialisti dei disturbidel movimento; inoltre è veloce, in-fatti viene eseguita in circa 10 minuti.Tuttavia la distribuzione degli itemnon è bilanciata, dei dieci item infattiuno è per la valutazione del cam-mino/bradicinesia, sei per la rigiditàdelle varie parti corporee e uno per iltremore; manca una valutazione sog-gettiva dei sintomi da parte del pa-ziente. Molti specialisti concordano sull’uti-lizzo della Unified Parkinson’s DiseaseRating Scale (UPDRS)2 per la valuta-zione dei sintomi e segni di parkinso-nismo indotto da farmaci: introdottanel 1987, è la scala più usata per la va-lutazione dei sintomi della malattia diParkinson. Recenti applicazioni su pa-zienti psichiatrici ne hanno mostratoun’eccellente proprietà di quantifica-zione della malattia; è necessario tut-tavia dimostrarne l’accuratezza inquesta popolazione di pazienti.L’UPDRS è caratterizzata da sei partiche esplorano diversi domini dellamalattia: • parte I: funzioni cognitive, comporta-

mento e umore; • parte II: attività della vita quotidiana; • parte III: valutazione motoria;• parte IV: complicanze motorie della

terapia; • parte V: stadio di malattia secondo

Hoehn e Yahr; • parte VI: scala di Schwab ed England

per la valutazione delle attività dellavita quotidiana.

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La parte che è più utilizzata per la va-lutazione dei sintomi del parkinsoni-smo indotto da farmaci è la III, la scalaper l’esame motorio, che valuta nume-rosi item quali cammino, linguaggio,espressione facciale, tremore, rigidità,bradicinesia e instabilità posturale. Aciascun item viene attribuito un pun-teggio da 0 a 4 in base alla gravità. Ilpunteggio totale della parte III va da 0a 108: più alto è il punteggio, più graveè la compromissione.

Acatisia indotta da farmaciL’acatisia è un sintomo molto fre-quente e particolarmente disabilitantenei pazienti trattati con farmaci psico-attivi. È molto difficile quantificare inmaniera standardizzata le caratteristi-che obiettive e soggettive di tale en-tità clinica e lo è ancora di più creareuna scala che possa aiutare in questointento clinico. La scala dell’acatisia diBarnes (BAS),3 nella sua forma origi-nale e nella sua forma modificata, è lapiù utilizzata nella pratica clinica per lavalutazione dell’acatisia indotta da far-maci. È costituita da due parti: la primaparte è una valutazione obiettiva dellasintomatologia, la seconda è una valu-tazione soggettiva del paziente ecomprende la quantificazione dellaconsapevolezza del sintomo e laquantificazione del disaggio sogget-tivo legato alla sintomatologia. A cia-scuno di questi item viene attribuitoun punteggio da 0 a 3 secondo la gra-vità. Infine, viene eseguita una valuta-zione clinica globale del disturbo,quantificata con un punteggio da 0 a5. Ciascun item è valutato con il pa-ziente seduto, in piedi e sdraiato. Que-sta scala è di facile somministrazione

e ha il vantaggio di quantificare la va-lutazione soggettiva dell’acatisia daparte del paziente e di considerarevarie condizioni cliniche (paziente se-duto, in piedi e sdraiato); inoltre vieneeseguita una valutazione globale delsintomo.

Discinesie indotte da farmaci Esistono numerose scale per la valuta-zione delle discinesie indotte da far-maci: la Abnormal Involuntary Move-ments Scale (AIMS),4 messa a puntonegli anni Settanta, è la più usata nellapratica clinica. È strutturata in manieraspecifica per le discinesie e non com-prende la valutazione di altri sintomicome il tremore o la rigidità, tipici delparkinsonismo indotto da farmaci. Ècostituita da 12 domande: le primesette valutano i movimenti di faccia,arti e tronco, le tre successive chiedonodi esprimere giudizi globali sulla gra-vità dei movimenti involontari, sul di-sagio e la compromissione che essicausano e sulla consapevolezza delsoggetto circa i propri movimenti invo-lontari e le ultime due sono riferite allecondizioni della dentatura. Le primedieci domande, valutate con un pun-teggio da 0 a 4, considerano la gravitàdel disturbo, ma non la frequenza concui si manifesta, mentre le ultime duesono dicotomiche. Una guida all’esamedel paziente accompagna la scala inmodo da garantire una procedura diesame e di valutazione standardizzata.L’AIMS è innanzi tutto una scala peruna valutazione generale, poiché esa-mina tutti i movimenti involontari nellaloro globalità, senza tener conto deltipo specifico di disturbo; è rapida e difacile esecuzione.

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Scale cliniche per sintomi combinatiAlcune scale sono state create con loscopo di fornire una valutazione ge-nerale della sintomatologia che carat-terizza i disturbi del movimento in-dotti da farmaci. Queste scale sonomultidimensionali e valutano le disci-nesie, il parkinsonismo, l’acatisia e ladistonia. Per la loro completezza ecomplessità risultano tuttavia pocomaneggevoli nella pratica clinica e ri-chiedono tempo e personale qualifi-cato per la somministrazione. L’Extra-pyramidal Symptom Rating Scale(ESRS)5 è stata creata per valutare lapresenza di quattro tipi di disturbi del

movimento indotti da farmaci: parkin-sonismo, acatisia, discinesie e disto-nia. I vari item esplorano i movimentiespressivi automatici, la bradicinesia,la rigidità, il movimento e la postura,il tremore, l’acatisia, l’ipersalivazione ela presenza di distonia. La gravità deisintomi è valutata da 0 = assente a 6= massima gravità. Per l’item relativoal tremore è stata adottata una moda-lità particolare di valutazione chetiene conto sia della gravità sia dellafrequenza dei sintomi, per cui un di-sturbo di una determinata gravitàavrà un punteggio diverso a secondache sia occasionale, frequente o co-stante.

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Le discinesie tardive (DT), osservategià nel 1919 da Kraepelin in pazientidrug naïve, inizialmente venneroascritte alla categoria dei “fenomenispasmodici”. Nel secolo scorso le DTsecondarie al trattamento con anti -psicotici non sempre erano corretta-mente inquadrate come effetti delleterapie, ma più spesso venivano in-terpretate come caratteristiche speci-fiche della patologia schizofrenica.Studi successivi hanno chiarito lastretta correlazione tra farmaci anti -psicotici di prima generazione (neu-rolettici) e DT, documentando inoltreche anche con gli antipsicotici di se-conda generazione, in un primotempo ritenuti sicuri rispetto ai di-sturbi del movimento, si verifica taleeffetto collaterale. I dati epidemiologici sull’incidenzadei disturbi del movimento indotti dafarmaci sono contrastanti, anche per-ché molti degli studi effettuati in talsenso utilizzano una diversa metodo-logia di ricerca. Infatti la maggiorparte dei dati deriva da analisi posthoc effettuate su casistiche selezio-nate per la valutazione clinica e pergli effetti in termini di efficacia e tol-lerabilità dei trattamenti farmacolo-gici. Da queste ricerche emerge conevidenza la maggiore incidenza dellaDT nella popolazione trattata con an-

tipsicotici tipici, o di prima genera-zione, correlata a una maggiore occu-pazione recettoriale degli stessi. Studicondotti con alcuni antipsicotici diseconda generazione hanno eviden-ziato un’incidenza di disturbi del mo-vimento simile a quella documentatacon i neurolettici. I tassi di prevalenza stimati vannodallo 0,5% al 65%, con una media neiPaesi occidentali del 20%. La Tabella1 riassume l’incidenza dei disturbi delmovimento indotti da farmaci, comeevidenziato nello studio CATIE.1

Epidemiologia dei disturbi del movimentoNovick et al.2 hanno condotto unostudio osservazionale, prospettico,della durata di 3 anni (studio SOHO:Schizophrenia Outpatient Health Out-comes), con l’intento di valutare la fre-

Epidemiologia e fattori di rischio

Eugenio Aguglia, Andrea de Bartolomeis, Francesca Magnano San Lio5

Tabella 1. Incidenza dei disturbi del movimento indotti da farmaci(esclusa discinesia tardiva).

Disturbo del movimento Incidenza

Parkinsonismi 10-15%

Acatisia 21-75%

Catatonia Sconosciuta

Sindrome neurolettica maligna 0,02%

Modificata dal riferimento bibliografico 1.

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quenza e il timing di insorgenza di sin-tomi extrapiramidali (EPS) e DT in sog-getti affetti da schizofrenia che inizia-vano un trattamento con un farmacoantipsicotico (olanzapina, risperidone,quetiapina, amisulpride, clozapina, an-tipsicotici tipici in formulazione oraleo depot), su un totale di oltre 10.000pazienti da 10 Paesi. In particolaresono stati selezionati due gruppi omo-genei di pazienti, di cui uno trattatocon olanzapina e l’altro con uno deifarmaci antipsicotici sopra elencati. I ri-

sultati hanno messo in evidenza diffe-renze statisticamente significative trai due gruppi, in particolare in relazioneall’incidenza di EPS che oscillava dal7,7% nel gruppo olanzapina rispetto al32,8% nel gruppo di pazienti trattaticon antipsicotici tipici (Figura 1).L’esordio di EPS si osservava nel corsodei primi 3 mesi di trattamento, e inmisura maggiore nei pazienti che as-sumevano antipsicotici tipici in formu-lazione sia orale sia depot, ma anchecon risperidone e amisulpride. Nes-

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RisperidoneOlanzapina

Pazi

enti

con

DT

(%)

Trattamento

Quetiapina Amisulpride Clozapina Tipici orali Tipici depot

35

25

20

15

10

5

0Ol Ri id Q i i A i l id Cl i Ti i i li Ti i i d

Figura 2. Incidenza di discinesia tardiva.

Modificata dal riferimento bibliografico 2.

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RisperidoneOlanzapina

Pazi

enti

con

EPS

(%)

Trattamento

Quetiapina Amisulpride Clozapina Tipici orali Tipici depot

35

25

20

15

10

5

0

Figura 1. Incidenza di sintomi extrapiramidali.

Modificata dal riferimento bibliografico 2.

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suna differenza significativa era osser-vabile confrontando olanzapina vsclozapina. La DT era presente nel 2,8%dei pazienti del gruppo olanzapina, ri-spetto all’11,1% nei pazienti delgruppo antipsicotici tipici in formula-zione sia orale sia depot. Risperidoneera associato a un rischio di DT 2,7volte maggiore rispetto a olanzapina(Figura 2). L’aumento lineare dell’inci-denza confermava i risultati di Kane etal.,3 che in precedenza avevano rile-vato un’incidenza cumulativa di DT del5% a 1 anno, del 19% a 4 anni e del26% a 6 anni in pazienti trattati conantipsicotici di prima generazione.L’incidenza di DT risulta comunqueconsiderevolmente diminuita dopo 15anni di trattamento.4

Ghaemi et al.5 e Lee et al.6 hanno con-dotto studi naturalistici dai quali sonoemersi alti tassi di prevalenza di DTanche con gli antipsicotici di secondagenerazione e tassi di incidenza so-vrapponibili tra le due classi di farmaci. Correll e Schenk7 riferivano una per-centuale di incidenza di DT del 3,95%nei pazienti in trattamento con anti -psicotici di seconda generazione vs5,5% nei pazienti in trattamento conantipsicotici tipici; i tassi di prevalenzaerano rispettivamente del 13,1% e del32,4%. Stratificando per l’età, l’inci-denza di DT è risultata del 2,98% per gliantipsicotici di seconda generazione vs7,7% per gli antipsicotici di prima ge-nerazione negli adulti e del 5,2% vs5,2% negli anziani. Da sottolineare ildato relativo alla prevalenza nella po-polazione drug naïve, pari al 15,6%.Paliperidone sembra avere un compor-tamento simile a quello di risperidoneda cui deriva.

Per aripiprazolo, gli studi che valu-tano il profilo costo-efficacia in ter-mini di effetti collaterali sul movi-mento sono in fase iniziale, pur es-sendo già documentato in lettera-tura8 il rischio di insorgenza di DTnella misura dell’8%.Rummel-Kluge et al.,9 attraverso la va-lutazione di farmaci ad azione anti-Parkinson, sottolineano che l’antipsi-cotico in seguito al cui uso è maggior-mente richiesto tale trattamento ag-giuntivo è risperidone, seguito da zi-prasidone e zotepina.

Fattori di rischioLa Tabella 2 elenca i fattori di rischioche possono determinare l’insorgenzadi disturbi del movimento, anche seper tali fattori non è documentata unacausalità lineare, ma solo un probabileaumento della vulnerabilità a presen-tare tali effetti collaterali.

Tabella 2. Fattori di rischio per disturbi del movimento indotti da farmaci.

Età avanzataSesso femminileEtnia (afroamericani)Presenza (precoce) di sindromi extrapiramidaliDose e durata dell’esposizione agli antipsicotici (in particolare di prima generazione)Alto numero di “vacanze” terapeuticheFarmaci anticolinergici, litioDeficit neurologici e malattie cerebrali organicheSintomi negativi e disturbi del pensieroSintomi cognitiviAbuso di alcool e farmaciFumo di sigarettaDiabete mellitoMenopausa Familiarità per schizofrenia e/o disturbi affettiviFamiliarità positiva per disturbi del movimento indotti da farmaci

Modificata dai riferimenti bibliografici 10 e 11.

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Età avanzata Spesso gli antipsicotici vengono utiliz-zati nel trattamento dei disturbi delcomportamento e in altre patologiepsichiatriche dell’anziano. A secondadegli studi presi in considerazione edell’età dei pazienti inclusi (maggioreè l’età, maggiore è la prevalenza sti-mata), in soggetti >40 anni è riportatauna prevalenza di DT da 3 a 6 volte su-periore a quella di soggetti più gio-vani, nonché una maggiore gravità epersistenza dei sintomi; questa ten-denza è ancora più evidente in caso diesposizione ad antipsicotici classici.Ciò che rende più complesso effet-tuare studi su questa popolazione èche sono riportati alti tassi di DT ditipo primario; inoltre la frequente co-morbilità con altri disturbi del movi-mento e con patologie organiche im-pone spesso una polifarmacoterapia.In tali pazienti le patologie neuro-or-ganiche non sembrano essere corre-late con un più alto rischio di DT; alcontrario le patologie psichiatrichesono associate a un aumento del ri-schio, pertanto sembrerebbero essereil fattore di rischio più importante. Il rischio di sviluppare un disturbo delmovimento indotto da farmaci in que-sti soggetti è massimo nel primo annodi trattamento, per poi raggiungereuna sorta di plateau dopo circa unanno. Tale rischio massimo precocepotrebbe essere spiegato dalla ridu-zione del numero e della plasticità deineuroni dopaminergici nel cervelloanziano, che, quindi, ha una minore “ri-serva funzionale” alle perturbazioni in-dotte da farmaci che bloccano i recet-tori della dopamina. Per quanto con-cerne gli antipsicotici di seconda ge-

nerazione, clozapina12 sembra asso-ciarsi a un rischio molto basso di svi-luppare DT, ma il suo uso nella popo-lazione anziana è limitato da altri ef-fetti collaterali, quali agranulocitosi eleucopenia. Per quanto concerne que-tiapina, sebbene le evidenze in questafascia di età siano ancora limitate, essasembra essere associata a un basso ri-schio di insorgenza di disturbi del mo-vimento.

Sesso femminile e menopausaLe donne sembrerebbero maggior-mente suscettibili a sviluppare disturbidel movimento indotti da farmaci, inparticolare in postmenopausa, consintomi più severi e localizzazioni prin-cipali diverse rispetto agli uomini: l’in-cidenza a livello periorale, della testa,del tronco, delle mani e delle ginoc-chia risulta infatti superiore nelledonne, mentre per le altre localizza-zioni non vi sarebbero differenze signi-ficative. Le spiegazioni possibili perquesta maggiore associazione con ilsesso femminile potrebbero essere leseguenti:• nella maggior parte degli studi le

donne sono in media più anzianedegli uomini, avendo un’aspettativadi vita superiore (l’età correla con unamaggiore gravità della patologia);

• le donne sembrerebbero svilupparepatologie psicotiche in età più avan-zata rispetto agli uomini (l’esposi-zione più tardiva ai farmaci antipsico-tici correla con l’induzione dei di-sturbi del movimento);

• nelle prime età della vita gli estrogenisvolgono un ruolo protettivo, graziealla propria attività antidopaminer-gica: in questo senso, la menopausa

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farebbe venire meno questo fattoreprotettivo.

Presenza precoce di disturbi del movimentoUna precoce ipofunzione dopaminer-gica (manifestata dalla vulnerabilità asviluppare reazioni distoniche acute eparkinsonismi indotti farmaci) sem-brerebbe aumentare il rischio di svi-luppare successivamente la supersen-sitività dei recettori per la dopamina equindi la DT.13

Sintomi psichiatriciChouinard14 nel 2004 sottolineava lacorrelazione tra sintomatologia psi-chiatrica e disturbi del movimento in-dotti da farmaci. Tale correlazione èancor più importante per il clinico, inquanto spesso i sintomi parkinsonianisono simili ai sintomi negativi dellaschizofrenia: per esempio, la mascheradel parkinsoniano e la bradicinesiapossono essere confuse con appiatti-mento affettivo e rallentamento mo-torio, così come l’acatisia può essereinterpretata come agitazione, ansia oinsonnia e la distonia e la discinesiacon i manierismi tipici della schizofre-nia. Un’incertezza diagnostica che di-venta rilevante se questi sintomi ven-gono trattati con gli stessi farmaci an-tipsicotici, che probabilmente nesono la causa. Inoltre, nei soggetti af-fetti da schizofrenia o disturbo schizo-affettivo i disturbi del movimento in-dotti da farmaci si associano a un peg-gioramento della sintomatologia ne-gativa, con un aumentato rischio disuicidio in particolare nei soggetti conpunteggi elevati per depressione eansia.

Fumo di sigarettaDal punto di vista fisiopatologico nonstupisce come in letteratura numerosistudi epidemiologici affermino che ilfumo di sigaretta è correlato con unpiù basso rischio di sviluppare unamalattia di Parkinson idiopatica:l’esposizione alla nicotina sembraquindi essere un fattore protettivocontro questo invalidante disturbo.Per quanto concerne la DT, sulla basedelle medesime considerazioni, il ra-gionamento potrebbe essere invertito.Il fumo di sigaretta è associato a un piùalto rischio di sviluppare DT e ne acce-lera il decorso. La spiegazione sugge-rita15 è che nei fumatori trattati conneurolettici si riscontrerebbe un au-mento dell’attività dopaminergica acausa dell’ipersensitività indotta dallanicotina sui recettori della dopamina.Quindi i soggetti fumatori in terapiacon antipsicotici potrebbero svilup-pare una maggiore ipersensitività deirecettori dopaminergici a livello nigro-striatale e mesolimbico, a causa dellacombinazione di blocco recettorialeda neurolettici e ridotto turnover delladopamina causato dalla nicotina. Lostudio di Diehl et al.15 dimostra inoltrecome vi sia una correlazione diretta trail numero di sigarette fumate in ungiorno all’atto dello sviluppo dei sin-tomi e la gravità del disturbo del mo-vimento indotto dal farmaco, in parti-colare del distretto oro-facciale. La re-lazione non sarebbe altrettanto strettacon gli anni di tabagismo e il numerodi pacchetti di sigarette per anno neglianni precedenti. La riduzione del nu-mero di sigarette al giorno mostra unrapporto direttamente proporzionalecon la riduzione della gravità dei sin-

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tomi. Un’altra considerazione necessa-ria è che un maggiore numero di siga-rette è associato con una maggiorepresenza di sintomi negativi della schi-zofrenia di base, e questo perchél’esposizione alla nicotina causa un mi-glioramento dell’elaborazione senso-riale, della memoria di lavoro e dell’at-tenzione selettiva.16

Abuso di sostanzeLa prevalenza di abuso di sostanze nelcorso della vita di soggetti affetti daschizofrenia è di circa il 50%.17 Le so-stanze maggiormente utilizzate, esclu-dendo il tabacco, sono alcool, canna-bis e cocaina. La cosiddetta “doppiadiagnosi” ha un impatto negativo sullapatologia psicotica in termini sintoma-tologici e di decorso. Le sostanze psi-coattive interagiscono con gli antipsi-cotici nello sviluppo di EPS, infatti esseagiscono sui gangli della base sia acu-tamente sia cronicamente. La cocainasi associa con maggiore frequenza adacatisia, discinesia, distonia e parkin-sonismi18 e il suo uso cronico com-porta modificazioni anatomiche a li-vello nigrostriatale. Essa sembra esserela sostanza che con maggiore fre-quenza si associa a EPS nei soggettischizofrenici.19 L’alcool, in acuto, alterail funzionamento dei gangli della basee anch’esso in cronico modifica l’ana-tomia e la funzione dello striato20 epuò causare tremore essenziale. Inol-tre l’astinenza da alcool si associa asegni di iperattività del sistema ner-voso autonomo con tremori, ipercine-sia o parkinsonismi. L’uso di cannabissembra esacerbare i parkinsonismi incorso di schizofrenia. Tutti gli studi che hanno avuto come

partecipanti soggetti con doppia dia-gnosi presentano una serie di fattori diconfondimento di tipo socio-demo-grafico, sintomatologico (valutazionedella presenza di sintomi positivi e/onegativi, presenza di disturbi del-l’umore) e, non ultimo, di valutazionedella terapia antipsicotica realmenteeffettuata.21

Disabilità intellettiva e patologie cerebrali organicheLa disabilità intellettiva si presenta conuna serie di correlati estremamentecomplessa, tra cui deficit nei compor-tamenti adattativi, disturbi psichiatricie comportamenti problematici, non-ché disabilità di tipo fisico. Da moltiviene sostenuto che per i soggetti af-fetti da alterazioni del funzionamentol’intervento più sicuro è quello psico-logico di tipo ri- e abilitativo.22 Ciono-nostante, l’intervento psicofarmacolo-gico resta il più utilizzato per la ge-stione dei comportamenti problema-tici e delle patologie psichiatriche as-sociate; in particolare, gli antipsicoticisia di prima sia di seconda genera-zione vengono utilizzati in manieracontinuativa e per molti anni, espo-nendo questi soggetti a un maggiorerischio di complicanze di tipo interni-stico e neurologico, non ultima la DT. Il livello di funzionamento cognitivo el’età correlano significativamente conil rischio di sviluppare un disturbo delmovimento indotto da farmaci. L’etàavanzata è di per sé un fattore di ri-schio, come abbiamo già visto, ma inqueste situazioni di lunga cronicità siassocia a un’esposizione farmacolo-gica di durata estremamente lunga e,soprattutto per i soggetti affetti da Di-

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sturbo dello Spettro Autistico, a unasomministrazione di numerose mole-cole diverse per mancata risposta oscarso controllo dei comportamentiproblematici.23

Oltre al Disturbo dello Spettro Auti-stico, altri disturbi di asse I si asso-ciano frequentemente a disabilità in-tellettiva: per esempio, nei soggettinon verbali è spesso frequente la dia-gnosi di alterazioni del tono del-l’umore e agitazione psicomotoria,che vengono inserite nello spettro bi-polare, e della schizofrenia stessa. Lelocalizzazioni più frequenti sonoquelle del distretto oro-facciale, masono descritte anche quelle generaliz-zate, in special modo quando chi ef-fettua l’osservazione è esperto, per ledifficoltà legate alla possibile compre-senza di tic e movimenti stereotipatiriconducibili alla patologia di base.

FamiliaritàStudi effettuati su fratelli di soggettiaffetti da schizofrenia trattati con an-tipsicotici e affetti da disturbi del mo-vimento hanno dimostrato come i fra-telli naïve abbiano in ogni caso un ri-schio maggiore di sviluppare patolo-gie spontanee del movimento.24 Neiparenti dei soggetti indice esiste inol-tre una tendenza a sviluppare il di-sturbo quando esposti, e questo indi-pendentemente dall’età e dal dosag-gio dell’antipsicotico.25

Diabete mellitoSebbene la maggior parte degli studiepidemiologici riporti il diabete comefattore di rischio, a tutt’oggi non èchiaramente definito se esso sia unfattore di rischio indipendente, per-tanto sono necessarie ulteriori evi-denze.

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Bibliografia

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Nonostante i progressi compiuti in am-bito psicofarmacologico, la terapia conantipsicotici è in grado di determinareeffetti collaterali che, in alcuni casi,possono costituire per la loro gravitàun ostacolo al proseguimento del trat-tamento stesso. Come per qualsiasialtro disturbo iatrogeno, un correttoapproccio terapeutico dovrebbe es-sere sostenuto da valutazioni rischio/beneficio che comprendono, sin dallaprima prescrizione, un’attenta valuta-zione dei fattori correlati all’insorgenzadi possibili effetti collaterali (ad es., ca-ratteristiche del paziente, patologieconcomitanti, terapie associate). Talevalutazione dovrebbe avere carattereperiodico e, dove possibile, standardiz-zato, per permettere di cogliere tem-pestivamente i segnali di comparsa dieventuali collateralità e intraprendereinterventi correttivi mirati.Nel caso specifico dei disturbi del mo-vimento indotti da farmaci, le discine-sie tardive (DT) rappresentano le sin-dromi più gravi e invalidanti. Infatti sitratta di quadri clinici estremamentestigmatizzanti che, solitamente, com-portano impairment funzionale delpaziente con difficoltà nell’eloquio enella deambulazione; nelle forme se-vere è possibile un compromissionerespiratoria con aumentato rischio dimortalità.1

La correlazione tra utilizzo di antipsi-cotici e insorgenza di DT è sostenutada numerose evidenze. Ciò è sicura-mente vero per gli antipsicotici diprima generazione, in particolare alo-peridolo, e, seppur in percentuale mi-nore e con alcune differenze tra le di-verse molecole, anche per gli antipsi-cotici di seconda generazione. Atutt’oggi non esistono strumenti perprevedere quale soggetto, a parità difattori individuali e profilo di rischio,svilupperà una discinesia. C’è accordoperò sull’insorgenza di DT a distanzadi 1-2 anni dall’inizio del trattamentoe sugli effetti positivi che, solita-mente, vengono determinati dalla so-spensione precoce del farmaco. Tal-volta la sospensione non porta a unacompleta risoluzione del quadro cli-nico e, in alcuni casi, induce persinoun aggravamento del disturbo, connecessità di intraprendere una tera-pia specifica. Molto spesso l’impossi-bilità di una sospensione dell’antipsi-cotico per la necessità di proseguireun trattamento per il disturbo psi-chiatrico di base pone l’esigenza diuno switch con antipsicotici a minorrischio.2

Appropriatezza prescrittiva La possibilità di applicare le raccoman-dazioni cliniche di prevenzione e trat-

Prevenzione delle sindromi tardive

Francesca Magnano San Lio, Marco Vaggi6

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tamento delle DT contenute nellelinee guida si scontra con le numerosevariabili che nella pratica clinica realepossono condizionare una correttascelta terapeutica. Per esempio, lamaggior complessità dei quadri clinicipresentati da pazienti non selezionatirispetto a quelli dei soggetti studiatinegli studi clinici randomizzati e con-trollati (frequenti politerapie psichia-triche e non, patologie concomitanti,comportamenti di abuso) possonocomplicare un’adeguata valutazionedel rischio. Possono influire condizionilegate all’organizzazione stessa deiServizi Psichiatrici e alla disponibilitàdi protocolli specifici per il monitorag-gio di collateralità.3,4

Talvolta l’applicazione di strategie diprevenzione si scontra con aspetti re-lativi al paziente, come una scarsa ade-renza al trattamento.5

Per ciò che riguarda la formazionedegli operatori, in un recente studiocondotto da Joseph et al.6 su un cam-pione di psichiatri esperti è stato evi-denziato che un terzo dei partecipantiaffermava di non avere sufficienti co-noscenze sui disturbi del movimentoindotti da farmaci, non aveva effet-tuato alcun training specifico e nonera in grado di gestire clinicamente talidisturbi. Negli ultimi anni appare inoltre sem-pre più rilevante il ruolo di alcune va-riabili farmacoeconomiche sulla scelta

prescrittiva del clinico, con una ridu-zione, per esempio, per ragioni di con-trollo della spesa del numero di anti -psicotici inseriti nei prontuari farma-ceutici ospedalieri, con preferenza permolecole a minor costo.

“Atipico”: non un concetto assoluto In precedenza è stato fatto accenno alruolo degli antipsicotici di prima ge-nerazione e alle differenze tra gli an-tipsicotici di seconda generazionenell’insorgenza di disturbi del movi-mento iatrogeni. In realtà le differenzetra gli antipsicotici di seconda genera-zione non riguardano solamente que-sto rischio, ma investono l’intero pro-filo di tollerabilità e in generale la loroefficacia su specifiche dimensioni cli-niche bersaglio. Sulla base di questeconsiderazioni è stato recentementeproposto di non considerare gli anti -psicotici di seconda generazione comeuna classe omogenea, ma di conside-rare una loro classificazione basatasullo specifico profilo farmacodina-mico di ogni singola molecola. Per esempio, sulla base della affinitàdei diversi antipsicotici di seconda ge-nerazione per i recettori dopaminer-gici D2, è possibile operare una suddi-visione secondo un criterio di “poten -za”, come illustrato nella Tabella 1. Poi-ché l’insorgenza di disturbi del movi-mento indotti da farmaci appare diret-

Tabella 1. Classificazione degli antipsicotici di seconda generazione.

Alta potenza Potenza intermedia Bassa potenza

• Risperidone • Olanzapina • Clozapina

• Paliperidone • Ziprasidone • Quetiapina

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tamente correlata all’affinità e alla ve-locità di dissociazione per i recettoridopaminergici D2, specularmente èpossibile classificare gli antipsicoticisecondo un gradiente di rischio, comeillustrato nella Figura 1.

Criteri di sceltadell’antipsicotico e valutazionedel rischio individualeLa scelta dell’antipsicotico dovrebbeessere guidata dalla sintesi tra le carat-teristiche del disturbo da trattare e il

profilo individuale del paziente e delfarmaco preso singolarmente (Tabella2). Particolare attenzione nella sceltadell’antipsicotico va osservata per i pa-zienti con un profilo di rischio indivi-duale elevato per l’insorgenza di di-sturbi del movimento. In particolare,farmaci ad alto rischio dovrebbero es-sere usati con cautela in soggetti disesso femminile, di età >50 anni e af-fetti da disturbi affettivi o da schizofre-nia resistente al trattamento e conpreponderanza di sintomi negativi.

Affinità degli antipsicotici per il recettore D2(Ki, espresso in nM)

Aripiprazolo 0,66

Aloperidolo 2,6

Ziprasidone 2,6

Paliperidone 2,8

Risperidone 3,77

Asenapina 8,9

Olanzapina 20

Clozapina 210

Quetiapina 770

Rischio di sviluppare disturbi del movimento farmaco-indotti

Figura 1. Affinità degli antipsicotici per il recettore D2 (Ki, espresso in nM) e rischio di EPS.

Modificata dal riferimento bibliografico 7.

Tabella 2. Criteri di scelta del trattamento.

Patologia Paziente Farmaco

• Storia della malattia: esordio e decorso

• Segni e sintomi di presentazione• Risposta a precedenti trattamenti

Modificata dal riferimento bibliografico 8.

• Vulnerabilità agli eventi avversi• Tolleranza agli eventi avversi• Coscienza di malattia e attitudine

nei confronti della stessa• Preferenza per un determinato

approccio terapeutico• Condizioni mediche in comorbilità• Condizioni psichiatriche coesistenti• Uso concomitante di sostanze

stupefacenti• Rete di supporto sociale

• Efficacia• Tollerabilità (a breve e lungo

termine)• Modalità di somministrazione

e formulazioni disponibili• Necessità di monitoraggio• Disponibilità e costi• Farmacocinetica

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Particolare importanza assume inoltrel’anamnesi farmacologica volta aescludere l’assunzione di altre terapiefarmacologiche a rischio (litio, val-proato, antivertiginosi, ecc.).

Durata del trattamentoIn considerazione del rischio di svilup-pare disturbi del movimento, il tratta-mento con antipsicotici in linea gene-rale dovrebbe essere proseguito al do-saggio minimo efficace per il periodopiù breve compatibile con il disturbopsichiatrico di base; se ciò è vero per idisturbi mentali gravi (schizofrenia, di-sturbo bipolare), valutazioni rischio/beneficio dovrebbe essere ancora piùattente in altri quadri clinici (depres-sione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi della personalità)in cui gli antipsicotici rappresentanospesso efficaci risorse terapeutiche. Inquesti casi la necessità di proseguire iltrattamento andrebbe riconsiderataogni 6 mesi. Inoltre, la possibile insor-genza di effetti collaterali di tipo mo-torio, laddove possibile, dovrebbe es-sere preliminarmente discussa con ilpaziente e i caregiver, in modo da pia-nificarne la prevenzione.

Gestione clinica dei parkinsonismi iatrogeniNel caso in cui nella prima fase deltrattamento con antipsicotici si mani-festino acutamente parkinsonismi oacatisia, essendo questi indicatoridella sensibilità del soggetto al bloccodei recettori dopaminergici D2 (non-ché un possibile predittore di svilupponel tempo di DT), è consigliabile inprima istanza una riduzione del do-saggio dell’antipsicotico. Qualora la si-

tuazione clinica non consenta questascelta, è razionale sostituire il primofarmaco con un altro a profilo di ri-schio clinico più basso. La conoscenza del profilo farmacodi-namico e farmacocinetico delle di-verse molecole può fornire al clinicogli elementi per una corretta gestionedella fase di switch. Soprattutto neicasi di molecole con profilo recetto-riale molto differente, non è infre-quente assistere a fenomeni di re-bound dovuti alla liberazione di recet-tori, con ripercussioni significative sulpiano clinico. Si pensi a titolo di esem-pio alla sospensione, soprattutto sebrusca, di un antipsicotico con alta af-finità per i recettori istaminergici conil passaggio a un molecola con affinitàper tali recettori pressoché assente.Clinicamente ciò può determinare sin-tomi di ansia, insonnia o agitazioneche possono essere erroneamentescambiati per segnali di ricaduta, de-terminando così strategie terapeuti-che incongrue. Nel caso di switchmolto difficili a causa di marcate diffe-renze nel profilo neurorecettorialedelle diverse molecole, solitamentestrategie come la cross-titration o laplateau cross-titration permettonoun’adeguata gestione della delicatafase di passaggio.9 Talvolta si rendononecessari per brevi periodi interventisintomatici per contenere sintomi dasospensione (ad es., ansiolitici, antista-minici, anticolinergici, ecc.).8

Le raccomandazioni sopra riportatesono applicabili anche nel caso di in-sorgenza di DT sebbene, in questocaso, sia minore la percentuale di casicon piena risoluzione clinica. Seppurecon un’evidenza scientifica ancora

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molto bassa, esistono evidenze chesuggerirebbero in questi casi l’utilizzodi clozapina.10

L’utilizzo degli anticolinergiciI primi studi sull’uso degli anticoliner-gici per il trattamento della DT risal-gono agli anni Settanta e si basavanosull’ipotesi di un coinvolgimento delsistema colinergico nella patogenesidel disturbo. In particolare, l’atten-zione dei ricercatori si concentrava sufisostigmina, colina e lecitina, per laloro azione di precursori dell’acetilco-lina. Successivamente la ricerca si èorientata su molecole colino-mimeti-che come deanolo e meclofenoxate;più recentemente lo studio degli inibi-tori dell’acetilcolinesterasi, farmaciampiamente utilizzati nella malattia diAlzheimer, ha offerto nuove prospet-tive di intervento.11

Malgrado ciò, già nel 2004 Tammenmaet al.,12 in una metanalisi che analiz-zava 11 trial per un totale di 261 pa-zienti, non mettevano in evidenza be-nefici statisticamente significativi nel -l’utilizzo degli anticolinergici, in parti-

colare lecitina, deanolo e meclofeno-xate.Analogamente, una rassegna sistema-tica per la Cochrane Library13 non ègiunta a conclusioni definitive sull’uti-lizzo di questi farmaci nella preven-zione e nel trattamento delle DT (ben-zexolo, benzotropina, biperidina, orfe-nadrina, prociclidina, scopolamina etriesilfenidile). I dati attualmente disponibili nonsembrerebbero quindi suggerire l’uti-lizzo di farmaci anticolinergici nellaprevenzione e nel trattamento delleDT. Esiste altresì qualche evidenza cheil loro utilizzo possa portare a un de-corso peggiore del quadro discinetico,sebbene molti autori tendano a consi-derare questo dato come un possibilebias della ricerca; infatti i soggetti chepresentano quadri EPS iatrogeni han -no una maggiore possibilità di assu-mere farmaci anticolinergici ma anchedi sviluppare nel tempo DT. In assenzadi evidenze forti spetta al clinico valu-tare, nel trattamento del singolo pa-ziente, il profilo rischio-beneficio nel-l’utilizzo di tali preparati.

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Bibliografia

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La migliore gestione dei disturbi delmovimento farmaco-indotti consistenella prevenzione. Questo è un con-cetto che va tenuto in mente comeuna priorità quando il medico scegliedi prescrivere farmaci antidopaminer-gici. Quindi non solo gli antipsicotici,ma anche i farmaci usati per indica-zioni non strettamente correlate al si-stema nervoso centrale, quali nausea,vomito (metoclopramide), dispepsie(levosulpiride), vertigini (cinarizina), ei vasodilatatori cerebrali (flunarizina)vanno considerati con cautela (vediTabella 4, Capitolo 3). La prima do-manda è: il paziente ne ha davvero bi-sogno? Se sì, la scelta deve ponderarela potenza dell’effetto con il poten-ziale di indurre effetti collaterali, ov-vero la prima opzione va ai farmaciche non inducono o inducono rara-mente sindromi tardive (ST). Per e -sem pio, se è necessario un farmacoprocinetico, è meglio domperidone(che quasi non attraversa la barrieraemato-encefalica) che metoclopra-mide, potente anti-D2 che attraversafacilmente la barriera emato-encefa-lica. Tuttavia, una vasta popolazionedi pazienti, per lo più con disturbi psi-chiatrici, necessita di trattamenti conantipsicotici. Quando si prescrivonoantipsicotici è importante: 1) infor-mare il paziente sulla possibilità di

sviluppare disturbi motori e 2) valu-tare anche i movimenti nelle visite difollow-up. Ulteriori valutazioni, propedeutichealla scelta, includono la risposta alledomande:1) È davvero necessario un antipsico-

tico?2) Quale antipsicotico? Se la situazio -

ne non è critica, scegliere il farmacomeno potente in termini di affinitàper il recettore post-sinaptico (Ta-bella 1).

3) Quale dose? Minima dose efficace.Se possibile, iniziare con dose bassae incrementare con molta gradua-lità.

4) Per quanto tempo? Minimo tempoindispensabile, rivalutare spesso ilpaziente per capire se può sospen-dere il farmaco.

5) Come sospendere? Quando possi-bile, evitare brusche sospensioni difarmaci psicoattivi.

Quando la ST si manifesta, il tratta-mento è una vera sfida che il clinicogestisce basandosi soprattutto sullasua esperienza personale, dato che, atutt’oggi, non esistono linee guida ag-giornate. Sono stati utilizzati nume-rosi farmaci, ma la loro efficacia neivari studi clinici non è chiara e spessoi risultati sono contraddittori.

Trattamento delle sindromi tardive

Lucia Ricciardi, Anna Rita Bentivoglio7

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Idealmente la prima cosa da fare da-vanti a una ST è sospendere il farmacoche l’ha causata. Quando possibile, lasospensione deve passare per una ri-duzione lenta e graduale, poiché unarepentina interruzione può aggravarela sintomatologia tardiva. Studi pro-spettici hanno dimostrato che il 33%dei pazienti, dopo sospensione delfarmaco anti-D2, va incontro a re -missio ne dei sintomi a 2 anni di fol-low-up.1 Fattori associati a una mi-gliore probabilità di miglioramentodelle ST alla sospensione del tratta-mento sono la giovane età, l’indivi-duazione precoce delle ST e la so-spensione precoce del farmaco che leha provocate. Tuttavia, la sospensionedell’antipsicotico è spesso impratica-bile nei pazienti schizofrenici, per il ri-schio di recidiva e per il rischio corre-lato al mancato controllo dei sintomipsicotici. Se la ST è lieve e il pazientenon ne è disturbato, è opportuno nonintrodurre farmaci e rivalutare il pa-ziente frequentemente focalizzandol’attenzione sull’ST.

In una minoranza di pazienti (15% deicasi) esiste anche la possibilità di unaremissione spontanea dell’ST in corsodi terapia stabile. Nei casi in cui invecela sintomatologia è invalidante per ilpaziente, è necessaria una terapia sin-tomatica. Poiché le caratteristiche far-macologiche e fisiopatologiche sonodiverse nelle varie ST, di seguito vieneproposta una panoramica delle tera-pie consigliate sulla base del sintomopredominante e più invalidante per ilpaziente.

Discinesia tardiva bucco-linguale

Depletori dopaminergici pre sinaptici(tetrabenazina e reserpina)Tetrabenazina (TBZ) è considerato at-tualmente il farmaco di prima sceltaper le discinesie tardive (DT):2 la TBZ silega con alta affinità e selettività al tra-sportatore vescicolare per le mono -amine del sistema nervoso centrale(VMAT2) e, inibendo reversibilmentele VMAT2, blocca il trasporto di mo-

Tabella 1. Affinità recettoriali dei principali farmaci antipsicotici.

Modificata da Macmillan Publishers Ltd: Neuropsychopharmacology. 2003.

Farmaco K1 (nM)

5-HT2C 5-HT2A D2 H1 M3 alfa1A alfa2A alfa2B alfa2C 5-HT1A 5-HT6 5-HT7

Aripiprazolo 22,4 8,7 0,66 29,7 4677 26 74 102 37 5,57 783,2 9,6

Clozapina 17 5,4 256 1,2 25 1,64 142 26 34 104,8 17 17,9

Aloperidolo 10000 53 4 1800 10000 12 1130 480 550 1202 3666 377,2

Olanzapina 6,8 2 34 2 105 115 314,1 81,6 28,8 2063 6,28 105,4

Quetiapina 2502 101 245 11 10000 22 3630 747,6 28,7 431,6 1865 307,2

Risperidone 35 0,17 6,5 15 10000 5 150,8 107,6 1,3 427,5 1188 6,6

Ziprasidone 13 0,3 9,7 43 10000 18 160 48 59 76 60,9 6,62

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noamine (soprattutto della dopaminama in minor misura anche di seroto-nina e noradrenalina) dal citoplasmaalle vescicole sinaptiche. La deple-zione di dopamina dai terminali presi-naptici è responsabile del migliora-mento della sintomatologia discine-tica; la modesta deplezione della sero-tonina e della noradrenalina è inveceresponsabile degli effetti collateraliprincipali di TBZ, che sono la depres-sione e la sonnolenza. Inoltre la de-bole attività post-sinaptica antagoni-sta sui recettori D2 è stata considerataresponsabile del parkinsonismo edelle rare reazioni distoniche acute ri-portate dopo utilizzo di TBZ.3,4

TBZ, a differenza di reserpina, un altromonoaminodepletore, è ben tollerata:entrambi i farmaci agiscono inibendole VMAT2 a livello centrale, ma reser-pina inibisce anche le VMAT1, deter -minando la deplezione delle mono -amine anche a livello periferico. Ciòspiegherebbe l’alta incidenza di effetticollaterali quali ipotensione e sintomigastro-intestinali come diarrea e do-lori epigastrici. Inoltre reserpinablocca le VMAT in maniera irreversi-bile, mentre TBZ esplica un’azione re-versibile e la sua breve duratad’azione fa sì che gli effetti collateralisiano reversibili rapidamente dopo lasospensione o la riduzione del dosag-gio del farmaco. TBZ ha un’emivita piùbreve rispetto a reserpina (ore vsgiorni), con una più rapida insorgenzad’azione. Numerosi studi hanno dimostrato l’ef-ficacia di TBZ nel trattamento delle DTa bassi dosaggi già una settimanadopo l’inizio della terapia.5 La dosegiornaliera può coprire un range pari

a 25-200 mg, ma nella pratica clinicageneralmente sono sufficienti 50-75mg/die. È bene cominciare con un do-saggio basso, generalmente 6,25 o12,25 mg bid, soprattutto nei pazientipiù suscettibili a effetti collateralicome la depressione. L’aumento deldosaggio deve essere graduale, fino alcontrollo dei sintomi. Gli effetti colla-terali possono presentarsi fino al 50%dei casi,6 ma la breve emivita di TBZpermette una rapida reversibilità allariduzione della dose. Gli effetti colla-terali più frequenti sono il parkinsoni-smo nei pazienti anziani e l’insonnia,l’agitazione, la depressione e la son-nolenza nei pazienti giovani. La de-pressione si verifica più frequente-mente nei pazienti con preesistentestoria di depressione: in questi casil’andamento dei disturbi dell’umoredeve essere monitorato attentamentee trattato, se indicato.6 Va ricordatoche la FDA ha imposto un black boxwarn ing circa il rischio di depressionee suicidio: pertanto il paziente deveessere valutato e monitorato attenta-mente per questi due potenziali ef-fetti collaterali.

Antipsicotici atipiciNei pazienti psichiatrici che necessi-tano la continuazione del trattamentocon antipsicotici è consigliabile sosti-tuire l’antipsicotico tipico con uno aminore affinità recettoriale D2. In re-altà gli unici antipsicotici atipici chenon sono stati associati a rischio di STe che si sono dimostrati efficaci nel ri-durre tali sindromi sono clozapina equetiapina; per tale motivo devono es-sere considerati di prima scelta. Il mec-canismo d’azione con cui gli atipici

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(clozapina e quetiapina) riducono isin tomi delle DT è ancora poco chia ro,ma le possibili spiegazioni sono due: 1) la scarsa affinità per i recettori D2,

che permetterebbe una “guarigionepassiva” recettoriale;

2) l’attività recettoriale anti-D2, seppurminima, che potrebbe essere effi-cace nel ridurre i sintomi delle DT.

Farmaci dopaminergiciDopamino-agonisti e levodopa: se-condo questa ipotesi minimi dosaggidi farmaci dopamino-agonisti attive-rebbero i recettori presinaptici ridu-cendo la biosintesi e il rilascio della do-pamina e migliorerebbero i sintomidelle DT. Alcuni autori hanno ipotiz-zato l’uso della levodopa nel tentativodi desensibilizzare i recettori dopami-nergici D2 post-sinaptici. Questi ap-procci sono tuttavia sconsigliati perl’altro rischio di recidiva e di peggiora-mento della psicosi sottostante.

AnticolinergiciL’uso preventivo degli anticolinergiciè argomento controverso (vedi Capi-tolo 6). Quello che invece è chiaro èche questa classe di farmaci è con-troindicata nelle discinesie tardiveperché le aggrava, quindi un’even-tuale somministrazione deve esseresospesa. Viceversa nella distonia tar-diva possono essere utili e così purenei parkinsonismi e nell’acatisia (vedii paragrafi successivi).

Farmaci non dopaminergiciAlcuni studi hanno dimostrato l’effica-cia nelle DT dei farmaci che aumen-tano la trasmissione gabaergica, comeclonazepam e gabapentin, e di alcuni

antiepilettici come acido valproico, pi-racetam7 e levetiracetam.8,9 Tuttavia ilmeccanismo d’azione con cui questifarmaci agirebbero sui sintomi delleDT non è chiaro e i risultati della loroefficacia nella pratica clinica sonospesso controversi.

Farmaci antiossidantiÈ stato ipotizzato un ruolo dei farmaciantiossidanti nella prevenzione e neltrattamento delle DT.10

Vari studi in aperto e trial clinici con-trollati hanno valutato l’effetto dellamelatonina, della vitamina E, della vi-tamina B6, del Ginkgo biloba e degliomega 3. L’impressione che emerge da questistudi è che tali sostanze, benché sicuree ben tollerate, siano comunque dimodesta (se non nulla) efficacia nelcontrollo dei sintomi delle DT.

Altri trattamentiLa tossina botulinica è utile nel caso dimovimenti oro-buccali, soprattuttomovimenti di protrusione della lingua,in cui l’infiltrazione del muscolo genio-glosso è risultata efficace in alcuni sin-goli casi.11 Tuttavia il rischio di disfagialimita l’applicabilità di questa proce-dura.Nei casi gravi e refrattari alla terapiafarmacologica si è dimostrata efficacela stimolazione cerebrale profonda delglobo pallido interno e del nucleosub-talamico.

Distonia tardivaNelle forme di distonia focale o seg-mentale il trattamento con infiltrazionilocali di tossina botulinica è la terapiasintomatica più efficace, soprattutto

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nelle distonie cranio-cervicali (blefaro-spasmo, sindrome di Meige, torcicollospasmodico). Nelle piccole serie pub-blicate i risultati ottenuti sono simili aquelli ottenuti nelle forme di distoniaprimaria, ovvero buoni nella maggiorparte dei casi. Le infiltrazioni vanno ri-petute ogni 3-4 mesi.Nelle distonie generalizzate la terapiafarmacologica viene scelta in base allecaratteristiche cliniche del paziente,soprattutto l’età. Due classi di farmacisono di prima scelta: gli anticolinergicie TBZ, entrambe efficaci nel control-lare i sintomi. Gli anticolinergici sono indicati nei pa-zienti giovani con distonia isolata. Seconcomitano discinesie, invece, gli an-ticolinergici sono controindicati per-ché le aggravano. Nei pazienti anzianigli anticolinergici sono controindicatia causa degli effetti collaterali antimu-scarinici centrali (deficit della memo-ria, psicosi e sonnolenza) e periferici(visione offuscata, secchezza dellefauci, costipazione e ritenzione urina-ria). TBZ, consigliata soprattutto neicasi in cui la sintomatologia è caratte-rizzata da fenomenologie differenti(distonia + altre discinesie), si è dimo-strata efficace nel 70-80% dei pazientitrattati.12

Le benzodiazepine (soprattutto clona-zepam) possono essere utili in associa-zione con i farmaci anticolinergici eTBZ. Clozapina si è dimostrata efficace in al-cuni casi di distonie tardive molto in-validanti, come la distonia della linguae le distonie assiali del tronco.13

Nei casi refrattari alla terapia farmaco-logica o nei casi di una sintomatologiagrave che mette il paziente in pericolo

di vita (per esempio nello stato disto-nico, che rappresenta un’emergenzamedica) è consigliato il trattamentochirurgico: la stimolazione cerebraleprofonda del globo pallido interno edel nucleo sub-talamico ha datobuoni risultati nel controllo dei sin-tomi, anche a lungo termine (vedi ilCapitolo 8).14

Acatisia tardivaNon esistono terapie realmente effi-caci, pertanto la prevenzione è ancorauna volta l’unica strategia. Gli anticoli-nergici sono stati utilizzati in numerosistudi, ma non sono stati riportati glistessi risultati soddisfacenti osservatinel trattamento delle forme di acatisiaacuta. In uno studio in aperto15 TBZ siè rilevata efficace nell’87% dei pa-zienti. Sono disponibili in letteraturapubblicazioni su diversi altri farmaci esostanze, fra cui propranololo, benzo-diazepine, oppioidi, clonidina e acidovalproico, ma i risultati ottenuti sonocontroversi.

Mioclono tardivo Spesso la sospensione del farmacocausativo consente la regressionedella sintomatologia. Nei casi persi-stenti clonazepam e acido valproicosono stati talvolta utilizzati con buonaefficacia.16 È stata inoltre riportata l’ef-ficacia di TBZ nel migliorare i sintomidel mioclono tardivo.4

Tic L’approccio farmacologico è uguale aquello delle forme primarie; sono statiriportati casi di tic tardivi ben control-lati con terapia con TBZ, antipsicoticiatipici e tossina botulinica.

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Parkinsonismo indotto da farmaciLa strategia ideale è quella di elimi-nare il farmaco responsabile, e questoin molti casi porta a una progressivaattenuazione dei sintomi in tempi va-riabili da settimane a mesi. Tuttavia nei pazienti in cui i sintomi ri-chiedono una terapia con antipsicoticisi raccomanda l’utilizzo dei farmaci aminore affinità D2, che hanno minore

probabilità di indurre parkinsonismocome effetto collaterale (clozapina equetiapina). Gli anticolinergici (nei pa-zienti giovani e senza controindica-zioni), amantadina e levodopa hannodato buoni risultati in varie serie de-scritte in letteratura.17 I dopamino-agonisti, potenzialmente efficaci, de-vono essere prescritti con cautela, peril rischio di effetti collaterali psichia-trici.

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Quando la distonia tardiva è resistentea ogni trattamento conservativo vi èl’indicazione all’intervento chirurgico.Oggi gli interventi effettuati per il trat-tamento di questa sindrome sono ba-sati sulla stimolazione elettrica cronicaad alta frequenza del globus pallidusinterno (GPi)1-3 o del nucleo subtala-mico (STN),4 procedura nota come sti-molazione cerebrale profonda (deepbrain stimulation, DBS).5 In letteraturaè riportato un solo caso di stimola-zione chirurgica cronica della cortec-cia cerebrale motoria.6 Queste meto-diche di neuromodulazione hannocompletamente sostituito le proce-dure chirurgiche basate sulle lesionistereotassiche effettuate in passato. Le procedure di neuromodulazionesono modulabili variando i parametrielettrici della corrente somministrataai nuclei bersaglio e permettono di ot-tenere il risultato migliore minimiz-zando gli effetti collaterali. Inoltresono reversibili: la stimolazione elet-trica può essere interrotta in qualsiasimomento, in presenza di effetti colla-terali negativi o qualora venisse menol’effetto terapeutico. I sistemi di DBS sono costituiti da elet-trodi intracerebrali, che devono esserecorrettamente posizionati nei nuclei aiquali si ritiene di somministrare gli im-pulsi elettrici, e da generatori di im-

pulsi che generano e regolano la cor-rente elettrica, alimentati da batterieinterne che nei sistemi non ricaricabilidevono essere sostituite ogni 3-4 anni.

Procedura chirurgicaLa prima fase dell’intervento chirur-gico è dedicata alla determinazionedel bersaglio (GPi o STN), sede in cuil’elettrodo cerebrale profondo devetrasmettere gli impulsi elettrici al tes-suto nervoso attraverso i suoi contattiattivi. Questa determinazione può essere ef-fettuata in maniera indiretta, utiliz-zando gli atlanti stereotassici doveogni nucleo è identificabile dalle coor-dinate nelle tre dimensioni, riferite alpunto centrale della linea intercom-missurale che unisce la commissuraanteriore e la commissura posteriore(Figura 1). Queste coordinate vengonotrasferite al paziente e “adattate” al-l’anatomia del singolo individuo attra-verso software dedicati che utilizzanocome substrato le immagini neurora-diologiche TAC e RM del paziente.Questa procedura richiede un sistemadi riferimento matematico esterno masolidale con il cranio del paziente(casco stereotassico). Il secondo si-stema consiste in una scelta diretta delbersaglio sulle immagini neuroradio-logiche del paziente, ed è possibile

Trattamento chirurgicodella distonia tardiva

Angelo Franzini8

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solo se il bersaglio è visibile nelle im-magini stesse. Attualmente le procedure di risonanzamagnetica 3 tesla permettono il rico-noscimento del GPi dell’STN e quindiconsentono la scelta diretta del bersa-glio sulle immagini ottenute con la ri-sonanza, se questa è effettuata in con-dizioni stereotassiche o se si ricorrealla metodica di fusione delle imma-gini TAC effettuate in condizioni ste-reotassiche con la risonanza preopera-toria. Recentemente sono state introdottemetodiche frameless e metodiche ro-botizzate che permettono l’inseri-mento degli elettrodi cerebrali pro-fondi senza uso del casco stereotas-sico, che è sostituito da sistemi di rife-rimento matematico-virtuali e quindinon fissati fisicamente al cranio del pa-ziente.

La procedura chirurgica può essere ef-fettuata sia in anestesia locale sia inanestesia generale, quest’ultima ge-neralmente preferita a causa dei mo-vimenti involontari e delle posture ab-normi che il paziente distonico svegliopuò assumere durante l’intervento.L’introduzione degli elettrodi nellospazio endocranico avviene attraversopiccole incisioni frontali coronariche efori di trapano del diametro variabileda 2 mm a 14 mm. L’apertura punti-forme della dura può provocare do-lore se il paziente è sveglio, mentre ge-neralmente la perforazione della tecanon è avvertita se l’anestesia locale èstata effettuata correttamente.La seconda fase dell’intervento consi-ste nella registrazione dell’attività elet-trica spontanea neuronale (microregi-strazione) in corrispondenza del ber-saglio stimato e lungo la traiettoria

Figura 1. Sinistra: sezione TAC, elettrodi cerebrali profondi correttamente posizionati nel GPi di entrambii lati. Destra: in alto radiografia del cranio con gli elettrodi in sede, in basso sezione dell’atlantestereotassico di Franzini (http://www.angelofranzini.com/BRAIN.HTM) 6 mm inferiormente alpiano commissurale con il nucleo pallido interno (GPi), il nucleo subtalamico (Stn), la capsulainterna, il nucleo rosso (RN) e la zona incerta (zi). Hyp: ipotalamo.

GPiGPi

StnRN zi capsula

interna

Hyp

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prescelta per raggiungere il bersagliostesso (Figura 2). Sia il GPi sia l’STN pre-sentano un’attività neuronale sponta-nea caratteristica che intraoperatoria-mente ne permette il riconoscimentoe quindi la verifica del corretto posizio-namento degli elettrodi. Il bilancioneurofisiologico intraoperatorio com-prende anche le prove di stimolazioneelettrica, che consentono di testare ilcampo elettrico prodotto dalla stimo-lazione e l’eventuale insorgenza di ri-sposte indesiderate, come la devia-zione dei globi oculari o la contratturadell’arto superiore quando l’elettrodostimolante è vicino alle fibre motoriedella capsula interna che decorronomedialmente al GPi e lateralmenteall’STN (Figura 1). Queste risposte mo-torie indesiderate possono limitare

l’effetto terapeutico della procedura,sono indicative di un posizionamentodell’elettrodo non ottimale, in quantotroppo vicino alla capsula interna, e ri-chiedono il riposizionamento dell’elet-trodo stesso in posizione più distantedalla fibre motorie. Questa ottimizza-zione intraoperatoria del posiziona-mento può obbligare a spostamenti eriposizionamenti fino a 1-2 mm nelletre dimensioni. L’anestesia generalenon limita l’applicazione delle metodi-che neurofisiologiche descritte, pur-ché il paziente non sia curarizzato. Ilmonitoraggio delle risposte motoriepuò essere effettuato mediante elet-tromiografia e/o osservazione direttadegli arti e del volto.L’ultima fase comprende la fissazionedegli elettrodi ai fori del trapano e la

Figura 2. Microregistrazione in prossimità del bersaglio stimato, ogni traccia corrisponde a unavanzamento di 0,5 mm. L’attività neuronale del GPi (bianco su nero) si distingue nettamentedall’attività registrata cranialmente al bersaglio.

Nucleo pallidoesterno

Nucleo pallidointerno

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tunnelizzazione dei cavi di estensionenel sottocute fino a raggiungere la re-gione dove verrà preparata la tascasottocutanea che ospiterà il genera-tore di impulsi. Generalmente questoviene alloggiato in regione sottocla-veare o in regione addominale, se ilpaziente è particolarmente magro. Ta-lora i cavi sono tunnelizzati posterior-mente fino alla regione sottocostalelaterale per rendere meno visibili isegni dell’intervento e il volume delgeneratore di impulsi (Figura 3). Duegiorni dopo l’intervento chirurgico igeneratori di impulsi vengono attivaticon i seguenti parametri: • frequenza: 180 Hz;• durata dell’impulso: 90 μsec;• ampiezza: 2 V.

Variazioni della frequenza con regola-zioni inferiori ai 130 Hz determinano lariduzione o la perdita dell’effetto tera-

peutico, confermando l’indicazionealla stimolazione ad alta frequenza(130-180 Hz). Variazioni dell’ampiezzae della durata dell’impulso permet-tono di ampliare o ridurre il campoelettrico e generalmente vengono re-golate con valori inferiori alla sogliache determina la comparsa di effetticollaterali dovuti alla diffusione dell’im-pulso elettrico alle strutture adiacential bersaglio, come la capsula interna lacui attivazione avviene generalmentecon ampiezze superiori a 3-4 V.

Risultati della stimolazionecerebrale profondaIn un periodo di 12 anni (2000-2012)presso il nostro Istituto sono stati trat-tati con DBS del GPi 11 pazienti di etàcompresa tra 27 e 68 anni affetti da di-sturbi del movimento secondari all’usodi farmaci. In due casi la distonia era li-mitata o prevalente nettamente alla

Figura 3. Internalizzazione sottocutanea dell’hardware composto dai cavi di estensione e dai generatoridi impulsi (IPG). Sinistra: le ferite chirurgiche. Destra: lo schema dei collegamenti. A distanzadi poche settimane dall’intervento l’impianto risulta esteticamente accettabile.

IPG IPG

cavi diestensione

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regione cervicale (torcicollo spastico),in un caso alla regione bucco-linguale,in un caso la postura abnorme compa-riva prevalentemente durante la deam-bulazione (distonia della marcia) e neirestanti casi la distonia interessava tuttii segmenti corporei. In tutti i pazientitrattati con DBS la distonia era caratte-rizzata da una componente mobileprevalente sulle posture fisse abnormi. La DBS del GPi ha prodotto un nettomiglioramento del quadro clinico (mi-glioramento del 70% del punteggiomotorio misurato con la Burke-Fahn-Marsden Dystonia Rating Scale), conscomparsa o marcata riduzione deimovimenti involontari e delle postureabnormi, in 7 pazienti su 11. Un miglio-ramento parziale ma significativo (mi-glioramento del 40% del punteggiomotorio misurato con la Burke-Fahn-Marsden Dystonia Rating Scale) è statoottenuto in altri 2 pazienti. Infine, nes-sun miglioramento è stato ottenuto in2 pazienti. Questi ultimi due casi com-prendevano una paziente di 31 anni euna di 67 anni, e l’insuccesso dell’inter-vento è stato attribuito alla lunga du-rata della distonia (>15 anni) e all’insor-genza di retrazioni muscolari fibrose ir-

reversibili e tali da mantenere la po-stura abnorme anche durante l’aneste-sia generale. È opportuno sottolineare che i risultatimigliori sono stati ottenuti in pazientiin cui la distonia era prevalentementecaratterizzata da movimenti involon-tari con scarsa componente fissa e didurata <10 anni. Tutti i pazienti trattaticon beneficio hanno mostrato un in-cremento ponderale dopo 8-12 mesidall’intervento e tale effetto si è man-tenuto in tutti i pazienti che hannocontinuato la stimolazione.7 Gli effettiterapeutici sono risultati stabili a lungotermine, come nei casi riportati in let-teratura da altri autori.1-3,5

In conclusione, la stimolazione cronicadel GPi in pazienti affetti da distoniatardiva resistente alla terapia farmaco-logica è un trattamento efficace. Inquesta e nelle ridotte serie riportate inletteratura non sono state registratecomplicanze gravi, tuttavia si ritieneche i potenziali effetti collaterali e com-plicanze siano confrontabili con quellirilevati in più ampie casistiche di pa-zienti trattati mediante DBS per gravisindromi neurologiche farmaco-resi-stenti.5

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1Aderenza al trattamentoSpesso nel linguaggio comune i ter-mini compliance e aderenza vengonoutilizzati come sinonimi. In realtà, essinascondono differenze che, nella co-mune pratica clinica, non appaionosolamente linguistiche, ma sotten-dono modelli concettuali diversi (Ta-bella 1). In termini più precisi, la com-pliance è definita come “la misura incui il comportamento di una personaverso l’assunzione di un farmaco o ilcambiamento di uno stile di vita corri-sponde alle richieste mediche”.1 In la-vori più recenti è stato preferito il con-cetto di aderenza, che presupponeuna maggiore contrattualità da partedel paziente nelle scelte terapeutiche.Sia la compliance sia l’aderenza ven-gono spesso immaginate dai clinicicome fenomeni “tutto o nulla”; in re-

altà molti dati di letteratura eviden-ziano come comunemente si tratti diun continuum tra posizioni estreme,caratterizzato da diversi livelli di inten-sità (Figura 1).2

Si tratta di un fenomeno comune atutto il campo medico (soprattuttonel trattamento delle malattie a de-corso cronico), che in psichiatra ap-pare particolarmente frequente. Infattiil 30-50% dei pazienti affetti da di-sturbi psichiatrici ha un’aderenza par-ziale al trattamento e nel caso dei di-sturbi mentali gravi (schizofrenia, di-sturbo bipolare) questa percentualepuò essere ancora superiore.2 Le ra-gioni per le quali un soggetto può es-sere parzialmente aderente sono innu-merevoli e vengono solitamente sud-divise in motivazioni di tipo intenzio-nale e di tipo non intenzionale. Nel

Aderenza al trattamento, qualità della vita e implicazioni cliniche

Eugenio Aguglia, Francesca Magnano San Lio, Marco Vaggi9

Implica un’obbedienza passiva: questo significa che il paziente accetta

la prescrizione medica.Se a compliance affianchiamo

il termine terapeuticaintendiamo il comportamento dinamico

e oggettivo del paziente

Compliance Aderenza terapeutica

Significa che il paziente accetta la terapia propostadal medico, studiata in base ai fattori

specificamente interessati. È un’accettazione in termini di progetto terapeutico

e la motivazione del paziente è relativa alle raccomandazioni del medico.

Si può avere aderenza terapeutica solo quandoil paziente ha accettato l’esistenza della malattia

e i problemi legati alla terapia proposta

Tabella 1. Compliance e aderenza terapeutica.

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primo caso rientra uno scarso insightdi malattia o una sintomatologia ditipo paranoideo, che può condizio-nare la costruzione di una buona alle-anza terapeutica. Nel secondo grupporientrano i disturbi della sfera cogni-tiva, che possono influenzare la cor-retta comprensione delle indicazioniterapeutiche e deficit mnesici o dellefunzioni esecutive che possono com-promettere una regolare assunzionedella terapia. Un elemento fondamen-tale per favorire un’adeguata aderenzaal trattamento è la presenza di caregi-ver coinvolti nel progetto terapeutico(Tabella 2).2

In Italia il tasso di scarsa e/o non ade-renza dei pazienti affetti da disturbipsichiatrici varia a seconda delle re-gioni dal 26% al 41%, con un numeroassoluto di pazienti non aderenti chevaria da 43.000 a 98.474.4 La mancataaderenza si correla in maniera lineareal rischio di ricaduta, solitamente stu-diato attraverso il tasso di riospedaliz-zazione in un periodo di osservazione;nei casi più gravi, ciò può assumere lecaratteristiche del fenomeno detto di

revolving door. Nel tempo le ricadutedeterminano ripercussioni negativesulla prognosi, sulla risposta ai tratta-menti (con rischio di sviluppare resi-stenza) e sui costi personali e socialidella malattia. Già nel 1996 Kane inuna nota rassegna evidenziava le dif-ferenze nei tassi di ospedalizzazionetra soggetti schizofrenici in tratta-mento continuativo o intermittente,per un rischio di ricaduta di circa 5volte più elevato e un differente con-trollo della sintomatologia.5

Sul piano cognitivo alcuni fattori pos-sono agire come rinforzo sulla deci-sione del paziente di interrompere untrattamento. Per esempio, il fatto che isegnali di ricaduta si manifestino soli-tamente a distanza di settimane omesi dalla sospensione del tratta-mento può limitare la consapevolezzadel paziente sulla correlazione tra que-sti eventi con una conseguente sotto-stima del rischio. In maniera differenteil miglioramento in tempi brevi dellamaggior parte degli effetti collateralidopo la sospensione della terapia puòrappresentare un rinforzo positivo per

56

Nessuna aderenzaIl paziente rifiuta

completamente la terapia

Aderenza totaleIl paziente assume

la terapia così come prescritto dal medico

Aderenza parzialeIl paziente assume la terapia così

come prescritto nel 50-80% dei casi: non assume la terapia o non si

attiene alla prescrizione

Figura 1. Livelli di aderenza terapeutica.

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il paziente sull’opportunità di una so-spensione. Talvolta la percezione deltrattamento riguardo sia all’efficacia siaalla tollerabilità può essere profonda-mente diversa da parte del medico edel paziente; ciò si correla non sola-mente allo stato di malattia in atto ma,in gran parte, alle opinioni e alle aspet-tative del paziente riguardanti la con-cezione stessa di salute e malattia pree-sistenti all’esordio psicopatologico. In linea generale la coscienza di malat-tia gioca un ruolo fondamentale, inquanto la percezione dello stato dimalessere può contribuire al migliora-mento dell’alleanza terapeutica, conuna maggiore volontà da parte delsoggetto di seguire le indicazioni delmedico.6

Tra le cause di scarsa aderenza al trat-tamento farmacologico, gli effetti col-laterali rappresentano un fattore rile-vante. In particolare i disordini del mo-vimento (acinesia, acatisia, distonia,discinesia) costituiscono uno dei mo-tivi più frequenti di sospensione.7

Numerose evidenze dimostrano chegli antipsicotici di seconda genera-zione determinano complessivamente

una minore incidenza di effetti collate-rali di tipo motorio e un minor impair-ment cognitivo, sebbene tra le diversemolecole esistano differenze tali damettere in seria discussione un ap-proccio farmacologico “di classe”.8 Al-cuni studi sembrerebbero dimostrareche complessivamente gli antipsicoticidi seconda generazione determinanotassi minori di sospensione del tratta-mento a seguito di effetti collaterali ditipo motorio.9 Uno studio invece, inuna valutazione costo-efficacia com-parativa tra gli antipsicotici di secondae prima generazione, basata su qualitàdella vita e rischio di sviluppare disci-nesie tardive (DT), non ha mostrato intermini farmacoeconomici un vantag-gio dei primi rispetto i secondi.10

Precedenti esperienze negative delsoggetto, come per esempio reazionidisforiche acute o acatisia, frequenticon l’utilizzo di antipsicotici di primagenerazione o con alcuni antipsicoticidi seconda generazione, possono con-dizionare negativamente trattamentiprescritti successivamente anche a di-stanza di molti anni. Ne consegue la ne-cessità di una particolare attenzione da

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Modificata dal riferimento bibliografico 3.

Negativi

• Scarsa coscienza di malattia

• Disfunzioni cognitive, sintomi psicotici

• Effetti collaterali (aumento ponderale, sedazione,ortostasi, acatisia, ecc.)

• Scarsa efficacia

• Abuso di sostanze

• Fattori ambientali (mancanza di fiducia nel medico, alto costo dei farmaci, supporto sociale limitato)

Positivi

• Beneficio percepito del trattamento

• Corretta psicoeducazione

• Ottimizzazione psicofarmacologica(monosomministrazioni, uso di farmaci con basso rischio di effetti collaterali e buonaefficacia)

• Buona alleanza terapeutica

• Timore dell’ospedalizzazione

• Buon supporto sociale

Tabella 2. Fattori che influenzano positivamente o negativamente l’aderenza.

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riservare nella scelta del trattamento.Una delle strategie possibili per mi-gliorare l’aderenza al trattamento far-macologico è rappresentata dall’uti-lizzo dei preparati long acting. Questeformulazioni permettono non solo unmonitoraggio dell’assunzione, maanche una periodica rivalutazione delpaziente e, solitamente, un atteggia-mento più attivo da parte dell’équipecurante in caso di mancata assun-zione. Per quanto concerne gli effetticollaterali di tipo motorio sia precocesia tardivo, le formulazioni long actingnel caso degli antipsicotici di primagenerazione non sembrano differiremolto in termini di frequenza rispettoai preparati a pronto rilascio,11 conpoche differenze tra i farmaci dellastessa classe; sono riportati un vantag-gio per pipotiazina palmitato e un piùalto tasso di rischio per flufenazina de-canoato. Per quanto concerne gli an-tipsicotici di seconda generazione informulazione long acting, le conside-razioni sono sostanzialmente sovrap-ponibili, anche se per una minor flut-tuazione nei livelli plasmatici nei pre-parati long acting rispetto al tratta-mento orale sembrerebbe sussistereun vantaggio nei primi relativamentealla comparsa di alcuni effetti collate-rali correlati al picco di assorbimento(ad es., distonie); essendo trattamentirelativamente recenti, i dati a disposi-zione sono ancora insufficienti per ga-rantire forti evidenze e sono necessariulteriori studi.12

L’impatto farmacoeconomico dellascarsa aderenza è rilevante; nel tratta-mento della schizofrenia è dimostratoche i costi legati alla gestione delle ri-cadute costituiscono la principale

voce di spesa nel lungo termine. Èstato stimato che il costo della nonaderenza alla terapia antipsicoticanegli Stati Uniti nel 2005 andava da1392 a 1826 milioni di dollari, con dif-ferenze tra gli stati dell’Unione.13 Unaltro studio, condotto in Inghilterra,14

ha evidenziato come il costo in ec-cesso di un paziente non aderente peranno fosse di 2500 sterline per i sog-getti in regime di ricovero.

Qualità della vitaDare una definizione della qualitàdella vita è un compito estremamentearduo, che ha impegnato i filosofi sindall’epoca dalla Grecia classica. Aristo-tele nell’Etica nicomachea utilizzava ilconcetto di eudaimonia, che in grecosignifica “buon spirito” o “felicità”. L’Or-ganizzazione Mondiale della Sanitàdefinisce come qualità della vita (qua-lity of life, QoL) “la percezione che gliindividui hanno della posizione nellavita, nel contesto della cultura e del si-stema dei valori nel quale vivono e inrelazione ai loro obiettivi, alle loroaspettative, alle loro abitudini e alleloro preoccupazioni”.15 È pertanto undato costituito da una forte compo-nente soggettiva, difficilmente ogget-tivabile da parte di un osservatoreesterno (come può essere un medico).I sintomi difficilmente vengono coltinella loro completezza dagli strumentistandardizzati attualmente a disposi-zione dei clinici, ma sono fondamen-tali per il paziente che valuta la qualitàdella propria vita e ne influenzano lastoria clinica. Per esempio, nel caso deidisturbi motori l’acatisia può essereun fenomeno poco evidente, ma sog-gettivamente estremamente sgrade-

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vole per il paziente, mentre l’ipocine-sia può essere un effetto collaterale re-lativamente poco disturbante per ilpaziente, ma molto evidente all’occhiodel clinico. Per tali ragioni la definizione di QoL èargomento di accese discussioni, estudi recenti mostrano come gli indi-catori oggettivi e soggettivi di tale pa-rametro non solo non siano correlati,ma si modifichino in maniera diversarispetto ai trattamenti. I pazienti ten-dono a definire la qualità in senso piùglobale, mentre i medici in termini diassenza di sintomi e necessità di unaiuto di tipo specialistico. Esiste per-tanto una differenza prospettica cheporta inevitabilmente a un certogrado di disaccordo.16,17 Malgradoqueste limitazioni metodologiche, inmolti studi la QoL viene utilizzatacome indicatore di outcome terapeu-tico.Quale è l’impatto dei disturbi del mo-vimento indotti da farmaci sulla qua-lità della vita? Come distinguere que-sto da quello della malattia di base per

la quale è stato introdotto il farmaco?Alcuni fattori che influenzano la QoLdei soggetti affetti da disturbi iatro-geni sono riportati schematicamentenella Tabella 3. Le DT, i disturbi del mo-vimento indotti da farmaci più fre-quenti, sono stigmatizzanti e se gravicomportano impairment funzionalecon difficoltà nell’alimentazione, nel-l’eloquio e nella deambulazione. Nelleforme più severe è possibile una com-promissione respiratoria, con un ri-schio alto di mortalità.18

Uno studio pionieristico su questo ar-gomento effettuato su 60 soggetti havalutato l’associazione tra DT e QoL insoggetti schizofrenici, rilevando unamodesta riduzione della QoL, sebbenele dimensioni del campione non con-sentissero un’analisi statistica correttasulla base della gravità della patologiache aveva richiesto l’intervento farma-cologico.19

Molti lavori successivi hanno studiatoquesta correlazione, ma la maggiorparte di essi non ha tenuto in conside-razione il grado di gravità e di altera-

59

Tabella 3. Fattori che influenzano la qualità di vita.

• Fattori socio-demografici: età, sesso, educazione, presenza e tipo di attività

• Fattori clinici: diagnosi, ospedalizzazione, affidamento ai servizi sociali, terapie

• Gravità dei sintomi: positivi, negativi, disturbi dell’umore

• Strategie di coping: valutazione: minaccia, sfida, possibilità di controllo da parte del soggetto, possibilità di controllo da parte di altri, incontrollabilità, stress globale; strategie: svalutazione, evitamento, cambiamento della situazione, accomodamento, riduzione

• Supporto sociale: figure d’attaccamento, integrazione sociale, aiuto esterno tangibile, rassicurazioni sul valore,figure guida, opportunità di accadimento

• Fattori stressanti: frequenza di eventi di vita negativi, gravità degli eventi di vita negativi, frequenza di problematiche legate alle attività della vita quotidiana

Modificata dal riferimento bibliografico 20.

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zione funzionale del campione valu-tato. Solo in alcuni infatti è stato utiliz-zata una valutazione standardizzata(attraverso la somministrazione di unaseverity grading scale). È facile intuirecome la mancanza di tale indice rendaincompleta la valutazione. In generale,la gravità appare superiore nei sog-getti istituzionalizzati e con una pato-logia psichiatrica con quadro psicopa-tologico più grave, piuttosto che neisoggetti seguiti ambulatorialmente.Pur con questi limiti metodologici, nu-merosi autori concludono che la DTnella maggior parte dei casi ha unlieve grado di gravità e causa modestodistress e impairment funzionale. Una revisione della letteratura interna-zionale10 ha dimostrato una relazionesignificativa tra DT e QoL, ma la DT ap-pare essere responsabile solo dell’1%della varianza della QoL, mentre ilpeso maggiore sembra appartenere aisintomi specifici della schizofrenia.Un recente studio21 ha valutato, conun’analisi post hoc, i dati ricavati da unimportante studio multicentrico inter-nazionale osservazionale (lo studioSOHO) attraverso la somministrazionedello strumento Health Related Qua-lity of Life; in particolare l’analisi eramirata alla possibile associazione traeventi avversi al trattamento antipsi-cotico e QoL del soggetto affetto daschizofrenia. Secondo i risultati di que-sto studio, tra gli eventi avversi il mag-gior impatto spetta alle disfunzionisessuali, seguite dai sintomi motori ditipo extrapiramidale e dalla DT.Tale dato è stato confermato da un la-voro22 che ha individuato nei sintomidepressivi (a loro volta fattore di ri-schio per DT), nella presenza di parkin-

sonismi indotti da farmaci e nell’età diinsorgenza della malattia i più fortipredittori di una scarsa QoL secondola valutazione di soggetti affetti daschizofrenia.L’applicazione di queste evidenze allacomune pratica clinica si traduce nellanecessità di porre particolare atten-zione al significato soggettivo che as-sumono gli effetti collaterali nella valu-tazione complessiva della QoL daparte del paziente.23 Tali considerazionirappresentano un paradigma applica-bile anche in disturbi motori secondariad altre patologie: per esempio, nellamalattia di Parkinson esistono fattorifortemente correlati al livello di funzio-namento del paziente (la gravità del di-sturbo, le fluttuazioni sintomatologi-che, la presenza di depressione o de-menza), sebbene l’impatto sulla valu-tazione della QoL appaia influenzatoda dimensioni soggettive.24 Per questimotivi numerosi autori raccomandanouna valutazione sistematica della tolle-rabilità del trattamento con antipsico-tici. A tal fine può essere utilizzato il To-lerability and Quality of Life Question-naire, uno strumento psicometricospecifico breve, di facile utilizzo e au-tosomministrato, validato con pazientiaffetti da schizofrenia e disturbo bipo-lare, che contiene un item specifico peri disordini del movimento.25

In conclusione, è opportuno sottoli-neare come, nella scelta di un tratta-mento farmacologico, sia fondamen-tale una valutazione sistematica dellaQoL del paziente, soprattutto nella suadimensione soggettiva; una partico-lare attenzione andrebbe inoltre riser-vata agli aspetti di tollerabilità (soprat-tutto ai disturbi del movimento in-

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dotti) che, come è stato evidenziato,rappresentano una delle principalicause di scarsa aderenza al tratta-mento. In generale l’obiettivo di ga-rantire una buona aderenza al tratta-mento farmacologico appare priorita-rio sia sul piano strettamente clinico

sia su quello strategico-gestionale. Lacomune pratica clinica dovrebbe mi-rare a un riconoscimento precocedelle criticità, al fine di mettere in attoadeguate strategie di intervento conun conseguente miglioramento dellaprognosi e della QoL dei pazienti.26

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Sindromi tardive: diagnosi

Non esiste un algoritmo per la dia-gnosi delle sindromi tardive. Il nessocausale tra esposizione a farmaci e di-sturbo del movimento è facile da iden-tificare quando il paziente è seguitoper disturbi psichiatrici ed è monito-rato per gli effetti collaterali da farmaciattraverso un esame clinico periodico.Quando invece il paziente si rivolge alneurologo o ad altro specialista per undisturbo del movimento (un esempionon infrequente è il parkinsonismo) ela sua anamnesi farmacologia è appa-rentemente mu ta, la probabilità di ar-rivare alla diagnosi eziologica correttapoggia su due punti. Il primo è l’accuratezza nell’intervistaanamnestica, che porta il medico a de-dicare un tempo adeguato ai farmaciassunti attualmente e in passato, po-nendo domande non solo sui farmaciusati per i disturbi psichiatrici, maanche allargando la visuale sui pro-dotti antivertiginosi, antiemetici e pro-cinetici, elencando i nomi commercialie incoraggiando il paziente e i familiaria esaminare la documentazione me-dica pregressa per riportare in una vi-sita successiva i nomi delle medicineassunte in passato che al momentonon vengono ricordate. Il secondo punto è l’occhio allenato acogliere i dettagli semeiologici delquadro clinico. Quando esaminiamo

un paziente con disturbi del movi-mento, la prima domanda a cui dob-biamo rispondere non è “Quale malat-tia ha?”, ma “Quali movimenti fa?”, “Pre-senta un quadro misto ipo- e ipercine-tico?”, “Vedo discinesie diverse?”. Infatti, come illustrato nei video alle-gati al testo, difficilmente le sindromitardive si presentano come quadri se-meiologicamente puri: la pazientecon sindrome coreica oltre al quadrodi corea generalizzata, eclatante, pre-senta discinesie oro-linguali, parkin-sonismo e acatisia. L’acatisia e le di -scinesie oro-linguali sono presentianche nel paziente con parkinsoni-smo. La paziente con discinesia buc -co-linguale e blefarospasmo presentaan che un parkinsonismo, e il ragazzocon distonia linguale e degli arti di de-stra ha una mimica facciale povera eun’e vidente riduzione dell’am micca -men to. In conclusione, la complessità seme-iologica, la presenza di discinesiebucco-linguali e la compresenza disintomi ipocinetici in quadri ipercine-tici devono indurre il sospetto clinicodi una sindrome tardiva. Infine, la dia-gnostica strumentale può essere disupporto, permettendo di escluderedanni strutturali al sistema nervoso ovalutando l’integrità del sistema do-paminergico cortico-striatale.

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La Abnormal Involuntary Movement Scale (AIMS) è una scala di valutazione clinica a 12 item, progettata allo scopodi valutare la gravità delle discinesie con particolare attenzione ai movimenti orofacciali, degli arti e ai movimentidel tronco, in pazienti in trattamento con farmaci neurolettici. Gli item supplementari valutano la gravità globaledella malattia, l’incapacità funzionale ed il livello di consapevolezza dei movimenti del paziente e il grado di distressassociato a tali elementi. La AIMS è stata ampiamente utilizzata per valutare la discinesia tardiva nell’ambito deitrial clinici sui farmaci antipsicotici. La valutazione tramite la scala AIMS richiede circa 5 minuti; grazie alla sua sem-plicità e rapidità, può essere facilmente integrata in una valutazione clinica sistematica da parte del medico o dapersonale specificamente preparato.

IstruzioniVi sono due procedure parallele, la procedura dell’esame clinico, in cui viene detto al paziente cosa fare, e la proceduradi assegnazione del punteggio, in cui il medico valuta ciò che ha osservato.

Esame clinicoPrima o dopo il completamento di questa procedura, osservare il paziente a riposo senza che questi se ne accorga(ad es., quando si trova nella sala d’attesa). Durante l’esame utilizzare una sedia rigida, senza braccioli.

1. Chiedere al paziente se ha qualcosa in bocca (unchewing gum o una caramella) ed eventualmenterimuoverla.

2. Chiedere al paziente l’attuale stato di salute dei suoidenti. Chiedere al paziente se indossa o meno unadentiera. Chiedere se i denti o la dentiera lo infasti-discono.

3. Chiedere al paziente se nota qualche movimentodella bocca, del volto, delle mani o dei piedi. Incaso affermativo, chiedere al paziente di descri-verli e di indicare in che misura tali movimenti loinfastidiscono o interferiscono con le sue normaliattività.

4. Far sedere il paziente, indicandogli di tenere le manisulle ginocchia, le gambe leggermente divaricate ei piedi ben poggiati a terra. (Osservare i movimentiche attraversano tutto il corpo mentre il paziente sitrova in questa posizione).

5. Chiedere al paziente di sedersi con le mani penzo-lanti tra le gambe, se è un maschio, o al di sopradelle ginocchia, se è una femmina e indossa un ve-stito. (Osservare le mani e altre superfici corporee).

6. Chiedere al paziente di aprire la bocca. (Osservarela lingua a riposo all’interno della bocca). Eseguirequesto test per due volte.

7. Chiedere al paziente di protrudere la lingua. (Osser-vare movimenti anomali della lingua). Eseguirequesto test per due volte.

8. Chiedere al paziente di tamburellare il pollice conciascuna delle altre dita il più rapidamente possibileper 10-15 secondi, prima con la mano destra, poicon la mano sinistra. (Osservare i movimenti delvolto e delle gambe).

9. Flettere ed estendere il braccio destro e quello sini-stro del paziente, uno alla volta.

10. Chiedere al paziente di alzarsi. (Osservare il pazientedi profilo. Osservare tutte le superfici corporee nuo-vamente, incluso il bacino).

11. Chiedere al paziente di estendere entrambe le brac-cia frontalmente, con il palmo delle mani rivoltoverso il basso. (Osservare tronco, gambe e bocca).

12. Chiedere al paziente di camminare pochi passi, gi-rarsi e tornare indietro alla sedia. (Osservare le manie l’andatura). Eseguire questo test per due volte.

Assegnazione del punteggioCompletare l’esame clinico prima di assegnare il pun-teggio. Per valutare il movimento (prime tre categorie),assegnare un punteggio a seconda del grado di gravitàpiù elevato.0=nessuno, 1=minimo (normale), 2=lieve,3=moderato, 4=severo.(In base alle istruzioni della scala AIMS, è possibile sot-trarre un punto se i movimenti sono eseguibili solo suattivazione, anche se non tutti sono d’accordo su questamisura convenzionale).

Abnormal Involuntary Movement Scale

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AIMS: “Scala dei movimenti involontari patologici”

COGNOME ............................................................. PERIODO .............................................................

NOME ................................................................... TERAPIA ..............................................................

Istruzioni:Completare il procedimento d’esame (vedi allegato manuale) prima di compilare la presente scala.Valutazione dei movimenti: assegnare il punteggio che corrisponde al più alto livello di gravità osservato. Nel casodi movimenti patologici che compaiono su attivazione, assegnare un punto in meno rispetto a quelli a comparsa spontaneaCodice: 0 = Nessuna-Normale 1 = Minima, al limite di norma 2 = Lieve 3 = Moderata 4 = Grave

Movimenti della faccia e della boccaMuscoli della mimica facciale:movimenti della fronte, delle palpebre, dell’area periorbitaria delle guance; includere il corrucciarsi e l’ammiccamento, il sorridere e il fare le smorfie

Labbra e area periorale:movimenti come quelli del baciare o del succhiare; far schioccare le labbra

Mascella:mordere: serrare le mascelle; masticare; tenere la bocca aperta; lateralizzare la mandibola

Lingua:valutare solo l’incremento dei movimenti sia con la lingua dentro la bocca sia con la lingua protrusa, NON l’incapacità di mantenere il movimento

Movimenti delle estremitàEstremità superiori (braccia, polsi, mani, dita):includere i movimenti coreici (rapidi, obbiettivamente senza scopo, irregolari,spontanei), i movimenti atetoidi (lenti, irregolari, complessi, tortuosi):NON includere il tremore (ripetitivo, regolare, ritmico)

Estremità inferiori (gambe, ginocchia, caviglie, dita):movimenti di lateralità del ginocchio; movimenti di percussione ritmica delsuolo con il tallone ovvero con la punta del piede; movimenti di inversione edi eversione del piede

Movimenti del troncoCollo, spalle, anche:movimenti di dondolamento, di torsione, di contorsione; torsioni pelviche

Valutazioni globaliGravità dei movimenti patologici:Nessuna-Normale Minima Lieve Moderata Grave

Incapacità dovute ai movimenti patologiciNessuna-Normale Minima Lieve Moderata Grave

Consapevolezza dei movimenti patologici da parte del paziente (valutare solo ciò che riferisce il paziente):Nessuna Consap., Consap., Consap., Consap., consapevolezza nessuna soffer. soffer. lieve soffer. moderata soffer. grave

Situazione dentaria

Il paziente ha in atto problemi con i denti e/o la dentiera? No Sì

Il paziente è solito portare la dentiera No Sì

0 10 1

0 1 2 3 4

0 1 2 3 4

0 1 2 3 4

0 1 2 3 4

0 1 2 3 4

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Fra le scale dedicate alla valutazione del parkinsonismo da farmaci, la Simpson/Angus Scale (SAS) è stata la primascala specifica ed è stata la più utilizzata. La versione modificata qui riportata (MSAS), tradotta in italiano, comprende12 item che valutano i segni clinici obiettivi: il cammino, la rigidità, l’acinesia globale, il tremore, la distonia, ilriflesso glabellare e la scialorrea. Inoltre, viene valutato il grado di collaborazione del soggetto esaminato. Alla mag-gior parte degli item viene assegnato un punteggio da 0 a 5 in base alla gravità del sintomo. È una scala dotata diuna buona validità e una buona riproducibilità inter-esaminatore, è facile da utilizzare nella pratica clinica e ancheda medici non specialisti dei disturbi del movimento; inoltre è veloce, infatti viene eseguita in circa 10 minuti.

Scala di Simpson/Angus modificata per la valutazione degli effetti extrapiramidali

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Scala di Simpson/Angus modificata per la valutazione degli effetti extrapiramidali

1) ANDATURAIl paziente viene esaminato al suo ingresso nella stanza di osservazione. L’andatura, l’oscillazione delle braccia, lapostura concorrono a formare le basi per la valutazione globale.

0 Normale 3 Rigidità – perdita delle oscillazioni1 Diminuzione delle oscillazioni 4 Andatura strascinante2 Marcata diminuzione delle oscillazioni 5 Non valutato

2) EQUILIBRIOL’equilibrio si osserva facendo camminare il paziente attraverso la stanza, con la sua andatura abituale, su e giù, per3-6 metri. Osservare il paziente quando si gira per cambiare direzione. Disturbi dell’equilibrio possono manifestarsicon la tendenza al cadere in avanti, indietro o di lato.

0 Normale 2 Decisamente anormale1 Probabilmente anormale 3 Non valutato

3) CADUTA DELLE BRACCIAIl paziente e l’esaminatore sollevano entrambi le loro braccia all’altezza delle spalle e le lasciano cadere di lato. Nelsoggetto normale si sente un deciso colpo quando le braccia toccano i fianchi. Nel paziente con una sindrome diParkinson molto grave le braccia cadono molto lentamente.

0 Normale 3 Nessun colpo1 Contatto appena udibile 4 Lenta caduta, come se incontrasse una resistenza2 Nessun rimbalzo 5 Non valutato

4) RIGIDITÀ DELLE ARTICOLAZIONI MAGGIORIEsaminare la resistenza ai movimenti passivi da entrambi i lati. Il paziente siede in posizione di rilasciamento;l’esaminatore afferra il polso e poi il gomito e compie movimenti di flessione, estensione e rotazione attornoall’articolazione. Per esaminare la spalla dapprima si afferra il braccio del paziente per formare un angolo rettoall’articolazione gomito e alternativamente si solleva e si abbassa l’arto, quindi si fanno compiere dei movimenti dipronazione e di supinazione al braccio. Per esaminare il paziente che non è in grado di raggiungere il rilasciamentomuscolare, l’esaminatore, stando di fronte al paziente, stringe nelle sue le mani del paziente, e con forza spinge e tirale braccia del paziente su, giù e poi verso un lato e verso l’altro.

0 Normale 3 Marcata rigidità ma possibilità di eseguire facilmente ogni tipo di movimento

1 Lieve rigidità 4 Estrema rigidità; ogni tipo di movimentolimitato o eseguito con difficoltà

2 Moderata rigidità; decisamente anormale 5 Non valutato

5) TROCLEALa troclea si apprezza direttamente durante i movimenti di flessione, estensione e rotazione/supinazione dellearticolazioni maggiori dell’arto superiore.

0 Assente 2 Decisamente presente1 Molto lieve 3 Non valutato

6) SEGNO DELLA GLABELLASi chiede al paziente di tenere gli occhi ben aperti, di fissare un punto in lontananza e di non ammiccare. L’esaminatoreponendosi di fianco al paziente ed evitando con cura che la sua mano o le sue dita entrino nel campo visivo del paziente,colpisce la regione della glabella con la punta delle dita in modo rapido e costante (circa 2 colpi al sec.) per almeno 10volte, dopo una breve pausa ripete la sequenza per almeno altre due volte. L’incapacità ad estinguere l’ammiccamentodopo pochi colpi è da considerarsi una risposta anormale da valutarsi secondo la gravità.

0 Risposta normale 2 Risposta decisamente anormale1 Risposta anormale in modo dubbio 3 Non valutato

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Scala di Simpson/Angus modificata per la valutazione degli effetti extrapiramidali

7) TREMOREIl tremore può essere osservato alla testa, alla mandibola, alla lingua ed alle gambe. Si esamina direttamente all’artosuperiore facendo stendere in avanti le braccia, le mani e le dita al paziente seduto.

0 Assente o appena visibile 3 Marcato; presente senza interruzione 1 Lieve; decisamente presente nell’arto esteso e di ampiezza marcata2 Moderato; presente senza interruzione 4 Grave; decisa menomazione funzionale

a riposo e di ampiezza significativa 5 Non valutato

8) SALIVAZIONESi osserva il paziente mentre parla e quindi gli si chiede di aprire la bocca e sollevare la lingua.

0 Normale 3 Decisa difficoltà nel parlare 1 Ristagno in bocca 4 Sbavamento2 Occasionale difficoltà nel parlare 5 Non valutato

9) ACINESIAL’osservazione durante l’intero esame forma la base per questa valutazione.

0 Assente 3 Marcato; difficoltà ad iniziare i movimenti o a parlare;1 Lieve; il rallentamento dà ai movimenti arresto dei movimenti durante la loro esecuzione

un aspetto caratteristico; il soggetto sembra 4 Estremo; si muove con grande sforzo apatico; vi è diminuzione del linguaggio o appare impietrito; mutismo

2 Moderato; movimenti ridotti; scarso o assente 5 Non valutatoil gesticolare; scarso o assente il linguaggio spontaneo

10) ACATISIAL’irrequietezza motoria appare come aumentata attività motoria durante l’intervista e comprende l’incapacità a restareseduti o l’andare su e giù. Valutare anche le sensazioni di irrequietezza interiore (“voglio schizzare fuori dalla pelle”).

0 Assente1 Lieve; occasionale irrequietezza osservata 3 Marcato; il paziente si alza in continuazione

durante l’esame e/o il riferimento soggettivo durante l’esame; è incapace di concentrarsidi una definita irrequietezza 4 Estremo; esaltata attività motoria; angoscia

2 Moderato; continua irrequietezza osservata 5 Non valutatoe/o il riferire soggettivo di una marcata irrequietezza

11) REAZIONI DISTONICHE ACUTE

Osservate: 0 No1 Sì

Descrizione .........................................................................................................................................

12) COLLABORAZIONEIl grado di collaborazione del paziente durante l’intero esame forma la base per questa valutazione. L’apparenteincapacità a comprendere o ad eseguire delle istruzioni (es. rilasciare le braccia) in un paziente per altri versicollaborativo non deve essere valutata come mancanza di collaborazione.

0 Il paziente collabora 3 Molto poco collaborativo; diverse prove non 1 Qualche resistenza ma collabora nell’esecuzione possono essere ultimate

dell’esame2 Non collaborativo: l’esame viene completato con

grande difficoltà oppure una o due prove non possono essere completate

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Sindromi tardive: terapia

SINDROME TARDIVA

Paziente con sintomipsicotici

Antipsicotico sostituibile:usare uno a minore

affinità D2 clozapina/quetiapina

Antipsicotico nonsostituibile:

valutare costi/benefici

Miglioramento: mantenere in follow-up

Ridurre dose/sospendere il farmaco

causativo

Paziente senza sintomi psicotici*

No trattamento, rivalutazione

a follow-up

No efficaciaPersistono

sintomi gravi e invalidanti

Sintomi lievi non

invalidanti

Discinesie tardive classiche

TBZBoNT

(sospendere anticolinergico)

Distonia tardiva TBZ

AnticolinergiciBoNT

Clonazepam

Parkinsonismo Levodopa

AnticolinergiciAmantadina

Dopamino-agonista

Acatisia tardivaTBZ

(propranololo, benzodiazepine,

oppioidi, clonidina, acido valproico)

Mioclono tardivoTBZ

(clonazepam, acido valproico)

Terapia sintomatica in basealla fenomenologia clinica

Paziente resistente alla terapia farmacologica

Valutare terapia chirurgica

*Considerare l’eventuale sospensione di anticolinergici. BoNT: tossina botulinica; TBZ: tetrabenazina.

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Antipsicotico Farmaco psicotropocon attività principale contro i sin-tomi delle psicosi. I farmaci antipsico-tici trovano la loro indicazione in par-ticolare nella schizofrenia, nel di-sturbo bipolare, nel disturbo schizo-affettivo, nel disturbo delirante ecome coadiuvanti nelle turbe com-portamentali, in alcune forme di di-sturbo ossessivo-compulsivo, nelladepressione con caratteristiche psi-cotiche. Vengono generalmente di-visi in antipsicotici di “prima” e di “se-conda generazione”. Il termine “anti -psicotico” ha sostituito il termine “neu-rolettico” per quelli di prima genera-zione che agiscono principalmentesui sintomi positivi, in quanto il mec-canismo di azione si esplica principal-mente sui recettori della monoamine,come per quelli di seconda genera-zione che però svolgono la loroazione su un più ampio spettro recet-toriale e sono gravati da minore in-sorgenza di effetti collaterali. Il ter-mine ”neurolettico” è inoltre più ge-nerico, potendo essere utilizzato co-munemente anche per anestetici ge-nerali e locali, narcotici, ipnotici, tran-quillanti, anticonvulsivanti ecc.

Atetosi Movimento polipoide, lento,continuo che interessa principalmentele porzioni distali degli arti.

Discinesie Movimenti involontarianomali. Comprendono: Atetosi, Balli-smo, Corea, Distonia, Mioclono, Tic. Il

tremore viene da alcuni considerato aparte a causa della diversa patogenesi.Con il termine corea, distonia ecc., siindica sia la discinesia, sia la sindromeclinica.

Distonia Movimento involontario ca-ratterizzato da contrazioni muscolariprotratte nel tempo, le quali provo-cano frequentemente movimenti in-volontari ripetitivi di tipo torsionale (avolte, anche pseudo-ritmici) o postureanomale.

Disturbo del movimento I disturbidel movimento rappresentano la ma-nifestazione clinica della disfunzionedei nuclei e delle connessioni neuro-nali dei gangli della base. Compren-dono numerosi disturbi neurologicicaratterizzati da movimenti involon-tari di tipo ipocinetico o ipercinetico.Il termine disturbo del movimento è dapreferire al vecchio termine patologiaextrapiramidale.

Iatrogeno Relativo o conseguente aun intervento di tipo medico, in via di-retta o mediata.

Mioclonie Movimenti involontari im-provvisi, fulminei e pertanto di brevis-sima durata e rapidissimi. Coinvol-gono, in ciascuna sede corporea coin-volta, un solo muscolo oppure un ri-strettissimo gruppo di muscoli. Il mio-clono è l’unico disturbo del movi-mento che può essere causato anche

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da un’improvvisa cessazione di attivitàmuscolare (= mioclono negativo).

Movimenti coreici Movimenti invo-lontari irregolari, imprevedibili (= nonstereotipati), di breve durata, rapidi (lavelocità può variare), topografica-mente migranti in maniera casuale. Sei movimenti sono caratterizzati da unaforza propulsiva particolarmente ele-vata (“violenti”) e interessano le por-zioni prossimali degli arti, si parla diballismo. All’estremo opposto, il mo-vimento atetoide interessa le estre-mità degli arti e consiste in un movi-mento più lento, polipoide. I movi-menti coreici, ballici e atetoidi fannoparte dello spettro di discinesie checaratterizzano le sindromi coreiche.

Neurotrasmettitore Sostanza cheveicola le informazioni fra le celluleneuronali attraverso la trasmissione si-naptica.

Sviluppo “normotipico” o “neuroti-pico” Sviluppo motorio, linguistico e re-lazionale nei limiti della norma per età,in assenza di comportamenti anomali.

Tic Movimenti stereotipati, rapidi e ilpiù delle volte di breve durata, talorapiù lenti (tic distonici). Appaiono comedelle caricature di movimenti, di fram-menti di movimenti o di sequenzecomplesse di movimenti volontari, eper tale motivo si possono mimare.Afinalistici o pseudo finalistici. Seb-bene in maniera variabile, sono perbrevi intervalli sopprimibili dal con-trollo volontario. I tic possono esseremotori o sonori, semplici o complessi.

Tremore Oscillazione ritmica involon-taria di una parte del corpo, che scatu-risce da contrazioni alternate o sin-crone (“co-contrazione”) di muscoli fraloro antagonisti e sottoposti a inner-vazione reciproca.

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALEXenazina 25 mg compresse

2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVAUna compressa contiene:Principio attivo: tetrabenazina 25 mg.Per l’elenco completo degli eccipienti, vederesezione 6.1.

3. FORMA FARMACEUTICACompresse per uso orale.

4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeutiche

Disordini del movimento associati a Corea diHuntington.Xenazina 25 mg è indicato anche nel tratta-mento della discinesia tardiva da moderata asevera invalidante e/o socialmente imbaraz-zante. Tale condizione deve permanere anchedopo sospensione di una terapia con antipsico-tici, oppure nei casi in cui non c’e’ possibilità diinterrompere il trattamento antipsicotico; indi-cato anche in casi in cui la discinesia persistenonostante riduzione del dosaggio dell’antipsi-cotico o sostituzione con antipsicotici atipici.

4.2 Posologia e modo di somministrazioneDisturbi del movimento associati a malattieorganiche del sistema nervoso centrale.AdultiIl dosaggio e la somministrazione sono variabilie vanno adattati alle condizioni del singolo pa-ziente. Lo schema che segue deve pertanto es-sere considerato solo una guida. È consigliabileiniziare con un dosaggio di 25 mg per 1-3 volteal giorno. Si può aumentare la dose giornalieradi 25 mg ogni 3 o 4 giorni fino ad una dose mas-sima giornaliera di 200 mg, oppure fino a rag-giungere la dose limite tollerata, indicata dallacomparsa di effetti indesiderati, indipendente-mente da quale sia la dose più bassa.Se non si ottiene un miglioramento al dosaggiomassimo in 7 giorni di terapia, è poco probabileche il medicinale risulti efficace aumentando ul-teriormente il dosaggio o prolungando il pe-riodo di trattamento. Discinesia tardivaSi consiglia di iniziare con 12,5 mg al giorno esuccessivamente di aumentare gradualmente ildosaggio in funzione della risposta. Si dovrebbesospendere il trattamento in mancanza di be-neficio oppure quando gli effetti indesideratinon siano tollerati dal paziente.AnzianiNon sono stati condotti studi specifici nell’an-ziano. Tuttavia, Xenazina 25 mg è stato sommi-nistrato in anziani, al dosaggio standard, senzaparticolari problemi. L’esperienza clinica sugge-risce comunque che siano impiegate dosi ini-

ziali e di mantenimento ridotte. Reazioni avverse simil-Parkinsoniane sono rela-tivamente comuni in questi pazienti e possonoessere dose-limitanti. BambiniNon sono disponibili studi clinici adeguata-mente controllati nei bambini, pertanto nonpossono essere fornite specifiche raccomanda-zioni sul dosaggio di Xenazina da utilizzare inpediatria. Insufficenza renaleNon è stato studiato l’utilizzo di tetrabenazinain pazienti con insufficienza renale.La limitataesperienza clinica disponibile suggerisce che iltrattamento sia iniziato con metà della dose im-piegata nell’adulto (12,5 mg al giorno, pari amezza compressa), titolando poi lentamente econ cautela sulla base della risposta e della tol-lerabilità individuali.

4.3 ControindicazioniIpersensibilità al principio attivo (tetrabenazina)o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Tetrabenazina è controindicata durante l’allat-tamento al seno.Tetrabenazina è controindicata in pazienti condepressione clinica scarsamente controllata.Da non somministrare a pazienti in trattamentocon inibitori delle MAO, a meno che tale terapianon sia stata sospesa da almeno 2 settimane(vedere sezioni 4.4, 4.5 e 4.6).Da non somministrare a pazienti in trattamentocon reserpina.Da non somministrare a pazienti con sindromedi Parkinson e rigidità ipocinetica (parkinsoni-smo).

4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiegoLa dose di tetrabenazina deve essere titolataper individuare per ciascun paziente la dose piùadatta. Il trattamento deve essere periodica-mente rivalutato nell’ambito del quadro clinicogenerale del paziente.Discinesia tardivaLa terapia con tetrabenazina va effettuataquando la discinesia tardiva persiste anchedopo aver ridotto o interrotto una terapia conantipsicotici o quando è stata fatta la sostitu-zione con antipsicotici atipici, oppure quandola sospensione o la sostituzione con farmaci an-tipsicotici atipici non sono possibili.Depressione:La tetrabenazina puó causare depressione opeggiorare la depressione pre-esistente.Casi di ideazione e comportamento suicidarisono stati riportati in pazienti che assumevanoil prodotto. Si deve prestare particolare cautelanei pazienti che presentano una storia di de-pressione o di tentativi o ideazione suicidari. Sesi manifestano depressione o ideazione suicida-rie, si possono controllare riducendo la dose ditetrabenazina e/o iniziando la terapia antide-pressiva.

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Se la depressione o l’ideazione suicidaria sonoprofonde o persistono, si deve prendere in con-siderazione l’interruzione del trattamento contetrabenazina e l’inizio di una terapia con anti-depressivi.Non devono essere utilizzati antidepressivi ini-bitori delle MAO finché non sono trascorse al-meno due settimane da quando è stata assuntal’ultima dose di tetrabenazina, al fine di evitareuna interazione tra farmaci potenzialmentegrave (vedere sezione 4.3, 4.5 e 4.8).ParkinsonismoTetrabenazina puó indurre parkinsonismo e ag-gravare i sintomi pre-esistenti della malattia diParkinson.La dose di tetrabenazina deve essere aggiustatasecondo indicazioni cliniche per minimizzarequesto effetto indesiderato.Sindrome neurolettica malignaLa sindrome neurolettica maligna è una raracomplicanza della terapia con tetrabenazina. Lasindrome neurolettica maligna si verifica piúspesso all’inizio del trattamento o in conse-guenza di variazioni di dosaggio. I principali sin-tomi di questa condizione sono disordini psi-chici, rigidità, ipertermia, disfunzioni autonomi-che (sudorazione e fluttuazioni della pressionearteriosa) ed elevati livelli di creatinina fosfochi-nasi. Se si sospetta una sindrome neuroletticamaligna si deve interrompere immediatamenteil trattamento con tetrabenazina e iniziare untrattamento appropriato.QTcLa tetrabenazina causa un lieve incremento(fino a 8 msec) nell’intervallo QT corretto. Tetra-benazina deve essere usata con cautela se as-sunta in combinazione con altre sostanze cheprolungano il tratto QTc e in pazienti con sin-drome congenita del QT lungo e una storia diaritmie cardiache.Da somministrare con cautela in pazienti con in-sufficienza epatica.Il prodotto contiene lattosio. I pazienti affetti darari problemi ereditari di intolleranza al galatto-sio, da deficit di lattasi o da malassorbimento diglucosio-galattosio non devono assumere que-sto medicinale.L’uso di Tetrabenazina in pazienti con insuffi-cienza renale non è stato studiato.

4.5 Interazioni con altri medicinali ed altreforme di interazioneTetrabenazina inibisce l’azione di levodopa equindi ne attenua l’effetto.Tetrabenazina non deve essere somministratain presenza di inibitori delle MAO a causa del ri-schio di possibili gravi interazioni che danno ori-gine a crisi ipertensive (vedere sezione 4.3 Con-troindicazioni e 4.8 Effetti indesiderati). Devonotrascorrere almeno 14 giorni tra la sospensionedi un inibitore delle MAO e l’inizio del tratta-mento con tetrabenazina.Si deve prendere in considerazione la possibilitá

che si manifestano effetti sedativi additiviquando tetrabenazina viene utilizzata in com-binazione con depressori del SNC (incluso al-cool, neurolettici, ipnotici e oppiacei).Vi è un potenziale rischio di impoverimento si-gnificativo della dopamina quando si sommini-stra tertrabenazina contemporaneamente adagenti neurolettici (ad esempio aloperidolo,clorpromazina, metoclopramide, ecc.) ed i pa-zienti devono essere monitorati clinicamenteper riscontrare l’eventuale insorgenza di parkin-sonismo. La sindrome neurolettica maligna èstata osservata in casi isolati.L’uso concomitante di tetrabenazina con far-maci anti-ipertensivi e beta-bloccanti puó au-mentare il rischio di ipotensione ortostatica.Studi in vitro e in vivo indicano che i metabolitiα-DTBZ e β-DTBZ della tetrabenazina sono sub-strati del CYP2D6. Deve essere usata cautelaquando si aggiunge un inibitore del CYP2D6(come fluoxetina, paroxetina, chinidina, duloxe-tina, terbinafina, amiodarone o sertralina) ad unpaziente già in trattamento con dosi stabili ditetrabenazina e si deve prendere in considera-zione la possibilitá di una riduzione della dosedi tetrabenazina.Tetrabenazina deve essere usata con prudenzase assunta con sostanze note per prolungarel’intervallo QTc, inclusi farmaci antipsicotici (es.clorpromazina, tioridazina), antibiotici (es. gati-floxacina, moxifloxacina) e farmaci antiaritmicidi classe IA e III (es. chinidina, procainamide,amiodarone, sotalolo).Xenazina 25 mg inibisce l’azione della reserpina.Il pretrattamento con antidepressivi triciclici po-trebbe limitare o capovolgere gli effetti della te-trabenazina, dando luogo ad effetti paradossi. Studi nell’animale hanno evidenziato che la di-fenilidantoina antagonizza gli effetti della tetra-benazina sulla locomozione.

4.6 Gravidanza ed allattamentoNon ci sono dati sufficienti sull’uso di tetrabe-nazina nelle donne in gravidanza.Studi condotti su animali hanno dimostrato unatossicitá riproduttiva (vedere sezione 5.3).Non è ben noto il potenziale rischio negli esseriumani. Tetrabenzina non deve essere usata du-rante la gravidanza.Dati chimico-fisici suggeriscono che i metabolitidi tetrabenazina possono essere escreti nel lattematerno. Non si puó escludere il rischio per ilbambino in allattamento.Tetrabenazina non va somministrata durantel’allattamento al seno (vedere sezione 4.3).

4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli esull’uso di macchinariI pazienti devono essere avvertiti che Xenazina25 mg può causare sonnolenza e quindi alterarela capacità di svolgere certe attività (guidare,usare macchinari, ecc.), in diversa misura a se-conda della dose e sensibilità individuale.

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4.8 Effetti indesideratiI più frequenti effetti indesiderati osservati contetrabenazina sono: sonnolenza, parkinsonismi,depressione (che a volte è stata associata aideazione e comportamento suicidari).Altri potenziali effetti indesiderati sono elencatidi seguito. Gli effetti sono generalmente rever-

sibili una volta che il trattamento viene inter-rotto.Viene data l’incidenza degli effetti indesideratiquando nota, tuttavia per alcuni effetti l’inci-denza non puó essere accuratamente stimatadai dati disponibili.

Categorie di sistema/organo Reazioni

Molto Comuni Non comuni Rare Molto rare Non notecomuni (≥1/100 (≥1/1,000 (≥1/10,000 (≤1/10,000)(> 1/10) a <1/10) a ≤1/100) a ≤1/1,000)

Patologie del sangue Leucopeniae del sistema linfatico

Disturbi psichiatrici Depressione Agitazione DisorientamentoAnsietà NervosismoInsonnia IrrequietezzaConfusione Disturbi

del sonno

Patologie del sistema Sonnolenza Sindrome Atassia, nervoso parkinsonismo neurolettica Acatisia,

(puó includere maligna Distoiaproblemi di Perdita di memoriaequilibrio) Vertiginitremori o eccesso di salivazione

Patologie oculari Crisi oculogireFotofobia

Patologie cardiache Bradicardia

Patologie vascolari Ipotensione posturale Crisi ipertensive

Patologie Problemi di Gastro-intestinali deglutizione

NauseaVomitoDolore epigastricoDiarreaCostipazione Bocca secca

Patologie della cute e del Traspirazionetessuto sottocutaneo

Patologie dell’apparato Ciclo mestruale riproduttivo e della irregolaremammella

Patologie sistemiche e Faticacondizioni relative alla sede Stanchezzadi somministrazione Ipotermia

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È stata segnalata Sindrome Neurolettica Mali-gna in pazienti trattati con tetrabenazina. Essapuò manifestarsi subito dopo l’inizio della tera-pia, in seguito a cambiamenti di dosaggio op-pure dopo un trattamento prolungato. I sin-tomi principali sono: disturbi psichici, rigidità,ipertermia, disfunzione autonomica ed elevatilivelli di creatinina fosfochinasi. In casi sospettidi Sindrome Neurolettica Maligna bisogna so-spendere immediatamente il trattamento contetrabenazina ed adottare una appropriata te-rapia di supporto (vedere sezioni 4.4 Avver-tenze speciali ed opportune precauzioni d’im-piego).Per evitare il rischio di un’interazione potenzial-mente grave che provochi una crisi ipertensiva,devono trascorrere almeno 14 giorni tra la so-spensione di un inibitore delle MAO e l’iniziodel trattamento con tetrabenazina, cosí cometra l’interruzione della tetrabenazina e l’iniziodel trattamento con un inibitore delle MAO.

4.9 SovradosaggioSegni e sintomi di sovradosaggio possono in-cludere nausea e vomito, diarrea, sonnolenza,sudorazione, ipotensione e ipotermia, confu-sione, allucinazioni. La terapia con tetrabena-zina deve essere interrotta e si deve adottare untrattamento sintomatico.

5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE5.1 Proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: Altri farmaci delsistema nervoso. Codice ATC: N07XX06La tetrabenazina è un inibitore specifico, ad altaaffinità, della captazione delle monoamminenelle vescicole granulari dei neuroni presinap-tici del sistema nervoso centrale.Tetrabenazina agisce in modo simile alla reser-pina, rispetto alla quale, tuttavia, presenta atti-vità periferica trascurabile ed una duratad’azione più ridotta.Nella sperimentazione animale, tetrabenazinaha ridotto l’attività motoria spontanea in misuradose-dipendente; la durata d’azione è stata di5-6 ore.

5.2 Proprietà farmacocineticheTetrabenazina è rapidamente e quasi comple-tamente assorbita dal tratto gastrointestinale.La sua biodisponibilità orale è bassa e assai va-riabile a causa dell’elevato effetto di primo pas-saggio epatico. Il legame alle proteine plasma-tiche è dell’83-85%. La biodisponibilità del suoprincipale metabolita, la idrossitetrabenazina, èsuperiore all’80%. Il volume di distribuzione èelevato. Solo piccole quantità si rintracciano im-modificate nelle urine. Dati pubblicati riportanoche la idrossitetrabenazina è attiva quanto latetrabenazina nella deplezione delle amminecerebrali ed e’ quindi probabile che questo me-tabolita sia il principale responsabile dell’effettoterapeutico. Sia la tetrabenazina che la idrossi-

tetrabenazina superano facilmente la barrieraematoencefalica.

5.3 Dati preclinici di sicurezzaGli studi sugli animali hanno dimostrato che latetrabenazina interviene nel metabolismo delleammine biogene, come la serotonina e la nora-drenalina, e che tale attività è prevalentementecircoscritta al sistema nervoso centrale. Si ri-tiene che gli effetti della tetrabenazina sulle am-mine cerebrali spieghino gli effetti clinici osser-vati nell’uomo.Nei test di tossicità per lo sviluppo non vi era al-cuna evidenza di mortalità in utero, di ritardodella crescita o di teratogenicità in ratti e coni-gli. In uno studio perinatale e postnatale neiratti, sono state osservate morti neonatali. Tut-tavia in base all’inadeguata assistenza maternaosservata nelle madri ratte e alla tipologia dellemorti dei piccoli di ratto, gli effetti osservati inquesto studio sono imputabili alla deficienza dicure materne alla nascita o poco dopo la na-scita, piuttosto che a un effetto diretto su qual-siasi parametro di sviluppo o riproduttivo.

6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Elenco degli eccipienti

Amido, lattosio, talco, magnesio stearato, ossidodi ferro giallo E172.

6.2 IncompatibilitàNon note.

6.3 Periodo di validità4 anni.

6.4 Speciali precauzioni per la conservazioneNon conservare a temperatura superiore a 25ºC.

6.5 Natura e contenuto del contenitoreContenitore per compresse bianco di HDPE conchiusura di sicurezza contenente 112 com-presse divisibili.

6.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazioneNessuna.

7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOChiesi Farmaceutici S.p.A., Via Palermo 26/A,Parma.

8. NUMERO DELL’ AUTORIZZAZIONEI ALL’IM-MISSIONE IN COMMERCIOXenazina 25 mg compresse, 112 compresse di-visibili AIC N. 036688012

9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONEDeterminazione AIFA del 30 Luglio 2007

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Agosto 2011

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