Le cose della fenomenologia (senza le parole) Roberto Miraglia Siena 13 Dicembre 2007.

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Le cose della fenomenologia(senza le parole)

Roberto Miraglia

Siena 13 Dicembre 2007

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Parte prima: Sdrammmatizzare il problema

dell’Epoché

• Dove Husserl drammatizza: «Forse risulterà addirittura che l’atteggiamento fenomenologico totale e l’epoché che gli inerisce sono destinati a produrre innanzitutto una completa trasformazione personale che potrebbe essere paragonata innanzitutto ad una conversione religiosa, ma che, al di là di ciò è la più grande evoluzione esistenziale che sia concessa all’umanità come tale» (La Crisi delle Scienze Europee (1936), Il Saggiatore, Milano, 1997, par. 35, p. 166.)

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Alle origini dell’Epoché e del “metodo” genetico.

• «Nessun concetto può essere pensato senza fondazione in una intuizione concreta» (Filosofia dell’aritmetica (1891), Bompiani, Milano, 2001, p.121).

• Principio generale: non vi sono entità ideali (concetti, oggetti astratti, ecc.) pensabili senza basi percettive.

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Gli antenati di Husserl

• Percezioni (interne ed esterne) astrazione, combinazione, ecc. Idee• Nessuna idea senza una precedente esperienza• Dunque: nessuna idea innata

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Il boscaiolo empirista

• Idee senza base percettiva, inesemplificabili, sono puramente speculative (metafisiche in senso positivista) e vanno eliminate.

Due esempi:• L’idea di quantità infinitamente più piccola di ogni quantità data inferita

dall’andamento di una funzione (Berkeley, The Analyst). • La nozione di oggetto nel Tractatus, postulata in base all’analisi logica

delle linguaggio e inesemplificabile per principio in quanto l’oggetto è posto come assolutamente semplice.

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Il procedimento genetico

Chiarire i concetti significa: • Identificare la base dell’idea (esempi) nella percezione (“esterna” o

“interna”) e • Descrivere i passi logico-conoscitivi necessari a pervenire all’idea • o viceversa ad arrivare ai dati percettivi applicando la parola

corrispondente.• I dati percettivi e gli atti cognitivi sono dunque il terreno di

riferimento per l’analisi del significato

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Un esempio per intendersi

• Q=questione, A=impostazione (proto-)analitica, F=impostazione (proto-)fenomenologica, W=impostazione alla secondo Wittgenstein

• Q: Cos’è un numero cardinale?• A: Analizzare le proposizioni nella quali si ascrive un numero cardinale a qualcosa• W: Descrivere l’uso dei numerali nei giochi linguistici• F: Descrivere riflessivamente l’atto di enumerazione

• Q: A cosa spetta un numero cardinale?• A: Identificare correttamente il soggetto dell’ascrizione numerica nel linguaggio• W: Identificare ciò al cospetto del quale si fa uso dei numerali• F: Guardare e descrivere gli oggetti a cui ci rivolgiamo enumerando

• Q: Quali proprietà determinano il numero cardinale?• A: Stabilire una perifrasi sostituibile in ogni ascrizione numerica a “numero” che

menzioni una proprietà degli enumerandi.• W: Descrivere le regole d’uso dei numerali e il ruolo che svolgono nella vita.• F: Descrivere quali aspetti di una cosa si trascurano e quali si tengono fermi

enumerando

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Conclusioni sul metodo genetico

• Carattere strumentale dell’analisi degli atti percettivi e cognitivi in funzione di chiarificazione semantica.

• Stretto collegamento fra tematiche semantico-ontologiche e epistemologiche (accessibilità)

• Priorità fondazionale delle procedure descrittive su quelle ipotetiche o argomentative (positivismo fenomenologico).

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Il mondo consta di fatti o di oggetti?La parola alla analisi logica del linguaggio

• L’idea che il mondo consti di fatti nasce dall’analisi logica del linguaggio.• Frege: La proposizione “Franco è calvo” va scomposta in un predicato “x è

calvo” e in un soggetto “Franco”• Frege: Il predicato si riferisce ad un concetto che va inteso come una

funzione e il nome si riferisce ad un oggetto che va inteso come argomento della funzione. Il valore della funzione è “Vero” o “Falso” a seconda degli argomenti (i concetti sono veri di…).

• Frege: Parliamo di fatti se la proposizione è vera come mostra l’espressione “è un fatto che…..”

• Frege: Il mondo è fatto in modo tale da rendere possibile parlare di senso e verità o falsità di una proposizione.

• Frege: Dunque il mondo si divide in entità “insature” come i concetti e in entità sature come gli oggetti che devono combinarsi in ogni caso di proposizione vera.

• Frege: Dunque gli oggetti devono occorrere essenzialmente entro fatti.

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Il mondo consta di fatti o di oggetti?L’analisi descrittiva degli atti cognitivi

• L’idea che il mondo consti di oggetti nasce dal rimando alla descrizione della percezione e degli altri atti cognitivi: la percezione mette capo a configurazioni di oggetti sensibili o a eventi ma non ci mostra in se stessa enti della forma “il fatto che….”

• Prova: un “vedere x” non implica (necessariamente) un “vedere che p”. Il mondo è lì di fronte a me anche se non constato nulla.

• Prova: le configurazioni percettive sono in loro stesse sottodeterminate rispetto ai fatti (ambiguità dell’ostensione), ma pienamente determinate in loro stesse.

• Prova di questa prova: provare a mostrare qualcosa a qualcuno e chiedere quale fatto gli divenga ora noto. Le risposte variano e possono essere tutte corrette, ma l’oggetto percettivo rimane lo stesso e non richiede integrazioni.

• Il fatto sorge con la proposizione e solo con essa

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Due cenni sul rapporto fra mondo e linguaggio

• Purtroppo il mondo, come ci si mostra in originale nella percezione, non è fatto in modo da conformarsi immediatamente alle nostre proposizioni.

• Vi sono atti cognitivi che “elaborano” logicamente i dati della percezione delienando sulla loro base i fatti (sesta ricerca logica) e colmano quindi la distanza fra mondo e proposizione.

• M, mentre può aver luogo un “vedere x” senza “vedere che p”, non può aver luogo un “vedere che p” senza un “vedere x”.

• “Vedo che p” è dunque un atto fondato, e collega il mondo della percezione, dato nel “vedo x”, a quello della proposizione p

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Una incursione nelle Ricerche logiche (1900-1901)

• L’ambito di indagine: Generalizzazione dei compiti dall’aritmetica alla discipline formali in generale. Idea di “logica pura”.

• Il bersaglio polemico: lo psicologismo come scettismo nella logica e nella matematica.

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Contro lo psicologismo in logica e in matematica

• La mossa dello psicologista: “se tutti gli uomini sono mortali e Socrate è un uomo, allora Socrate è mortale” vuol dire “quando esseri come noi ritengono che tutti gli uomini sono mortali e Socrate è un uomo, esseri come noi di fatto ritengono anche che Socrate sia mortale”.

• Idem per una legge come 3+2=5• La logica è quindi psicologia del ragionamento e solo così diviene

una disciplina verificabile e fondabile.

Conseguenze dello psicologismo:• Relativismo: possibilità di esseri che ragionano diversamente

altrettanto legittimamente. • Scetticismo: gli argomenti a sostegno di una tesi non sono validi o

non validi, ma solo convincenti o non convincenti per alcuni fra i soggetti possibili.

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Dalla procedura genetico-descrittiva all’Epoché: I problemi

• Generalizzare i compiti di chiarificazione concettuale al di fuori dell’ambito della logica e delle discipline formali a tutte le scienze.

• Portare in primo piano oltre al problema della chiarezza, anche il (collegato) problema della conoscenza, e della responsabilità antiscettica del filosofo nei confronti della conoscenza scientifica

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• Radicalizzare e generalizzare la priorità fondazionale assegnata agli atti soggettivi, in particolare portando le analisi fin dentro la base percettiva dei concetti.

• Radicalizzare e generalizzare i metodi descrittivi (positivismo fenomenologico), escludendo dalle analisi fenomenologiche (sospendendo) qualunque entità inferibile e non descrivibile.

La soluzione:

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Radicalizzare la priorità degli atti soggettivi

• “Possibilità logica e assurdità effettiva di un mondo al di fuori del nostro mondo” è il titolo del paragrafo 48 di Ideen I.

• Ecco un passo: «Dal punto di vista logico, l’ipotesi di una realtà fuori di questo mondo è certo possibile, in quanto essa non implica una contraddizione formale. Ma, se ci interroghiamo sulle condizioni essenziali della sua validità…., dovremo riconoscere che una simile realtà deve necessariamente poter essere esperita» (Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913), libro primo, Einaudi, Torino, 2002, par. 48, p. 118)

• Ovvero: persino nell’esperimento mentale di Cartesio il mondo “vero” viene esperito dal diavolo ingannatore. Altrimenti dovremmo comunque pensarlo come esperibile da qualche soggetto per me in linea di principio raggiungibile.

• Ovvero: realtà e oggettività implicano accessibilità soggettiva; implicano atti percettivo-cognitivi possibili; sono oggetti possibili di vissuti intenzionali

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Radicalizzare la priorità degli atti soggettivi

• Realtà e oggettività implicano accessibilità soggettiva; implicano atti percettivo-cognitivi possibili; sono oggetti possibili di vissuti intenzionali

• Gli atti intenzionali non implicano realtà e oggettività (allucinazioni, nomi senza referente, concetti vuoti, ecc.). Del resto sussistono anche nella vittima del genio malvagio di Cartesio (o nei cervelli nelle vasche).

• Dunque: si deve studiare il mondo come correlato intenzionale (nesso realtà-accessibilità) e si può studiare l’ambito dei vissuti intenzionali senza dover sapere prima come il mondo è fatto (indipendenza dell’intenzionalità dall’esistenza dell’oggetto intenzionale).

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Radicalizzare la priorità degli atti soggettivi

• Non tenere conto dell’ipotesi che gli oggetti dei miei vissuti intenzionali esistano non cambia nulla sul piano dell’intenzionalità: il mondo è di fronte a me esattamente come prima.

• Quel che è cambiato è che il mondo è diventato un’unità di senso dei miei stati intenzionali del pensare a, guardare, girare intorno, avvicinarmi e allontanarmi, ecc.)

• Come tale deve essere ora analizzato.

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Un piccolo saggio di analisi:

• Il mondo reale si rende accessibile solo alla percezione.

• Necessità di studiare la struttura degli atti percettivi per comprendere il senso della parola reale e per fondare la possibilità della conoscenza della realtà

Figura tratta da Piana G., Elementi di una dottrina dell’esperienza, Il Saggiatore, Milano, 1979

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Cos’è un oggetto tridimensionale?

• Atteggiamento naturale: “qui c’è un oggetto spaziale trindimensionale di forma triangolare in rotazione che provoca le percezioni indicate”.

• Passaggio alla fenomenologia: se possiamo sensatamente parlare di un triangolo che ruota è perché ho esperienze caratteristiche della realtà, della tridimensionalità, della triangolarità e della rotazione

• Epoché: quale struttura interna puramente descrittiva ha una percezione che sia percezione del triangolo in rotazione.

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L’oggettività si manifesta come tale

• Manifestazione della realtà tridimensionale è l’unilateralità percettiva (ovvero anche per Dio l’oggetto spaziale è visibile solo un lato alla volta, se è visibile in senso percettivo).

• La differenza fra l’oggetto e le sue manifestazioni si manifesta

• L’atto percettivo ha una struttura descrittiva (quindi sotto epoché) che fonda fenomenologicamente il realismo diretto: vedo qualcosa che eccede i dati della coscienza e si presenta quindi come esterno.

• Questo qualcosa è l’oggetto di cui parla la fisica stessa, se non vogliamo comprometterla in senso speculativo (positivismo fenomenologico).

• Ciascuna manifestazione rimanda alle altre manifestazioni quanto al suo senso

• Anche l’unilateralità si manifesta, nel fatto che ogni lato rimanda alla totalità degli altri lati via via nascosti.

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L’eccedenza dell’oggetto percettivo

• Ogni scena percettiva da A in poi ha un contesto di passato immediato.

• Il contesto, in ogni istante, è una regola che si instaura nel decorso percettivo e che rende ciascuna scena una fase del suo sviluppo (eccedenza)

• L’identità della regola rende possibili anticipazioni percettive che “preservano” l’identità dell’oggetto (se la preservano)

• La regola (e il contenuto delle anticipazioni) si impongono ad un soggetto indipendentemente dalla sua volontà (passività).

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Radicalizzare l’approccio descrittivo

• Il principio di tutti i principi: «Ogni intuizione originalmente offerente è una sorgente legittima di conoscenza,..tutto ciò che si dà originalmente…(per così dire in carne ed ossa) è da assumere come esso si dà, ma anche soltanto nei limiti in cui si dà» (Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913), libro primo, Einaudi, Torino, 2002, par. 24, pp. 52-53)

• In base al dato è vera la proposizione 1) “vedo un triangolo che ruota”?

• In base al dato è vera la proposizione 2) “vedo il lato destro e poi il sinistro?

• In base al dato è vera la proposizione: 3) Il triangolo che vedo si presenta come non allucinatorio?

• Sono vere se così intese:• 1)=nel decorso percettivo si attesta proprio la regola che si attesta• 2)=la scena percettiva presenta l’orizzonte di passato e di

anticipazioni percettive che presenta• 3)=La regola si attesta “indisturbata” e le scene percettive sono

sempre corrispondenti alle anticipazioni percettive.

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Conclusioni sull’epoché• L’epoché non è e non poteva essere l’eliminazione di ogni

pregiudizio. Per eliminare un pregiudizio devo sapere che è tale. Ma allora non è un vero pregiudizio.

• L’epoché non è un metodo nel senso di una procedura ripercorribile passo passo in modo meccanico.

• Nell’espressione “descrizione fenomenologica” l’aggettivo “fenomenologica” 1) specifica l’oggetto (i vissuti intenzionali in cui le cose si manifestano) e 2) impone di non superare i limiti del dato.

• Nulla di più. L’espressione non ha poteri magici: non crea entità e non aumenta la gittata della descrizione.

• L’epoché è un modo fra quelli possibili per introdurre il lettore alla descrizione fenomenologica.

• Quel che conta è il terreno stesso (e il lavoro di analisi concreto). • Nel lavoro di analisi concreto la priorità fondazionale delle

descrizioni non implica l’esclusione di procedure argomentative, ma solo la loro secondarietà.

• Persiste il carattere strumentale dell’analisi degli atti percettivi e cognitivi in funzione di analisi semantico-ontologica ed epistemologica.

• Persiste lo stretto collegamento fra tematiche semantico-ontologiche ed epistemologiche (accessibilità).

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Parte seconda: sdrammatizzare il tema dell’essenza• «Nessun concetto può essere pensato senza

fondazione in una intuizione concreta. [Dunque] se ci rappresentiamo il concetto generale di molteplicità, abbiamo sempre nella coscienza anche l'intuizione di una qualunque molteplicità concreta da cui astraiamo il concetto generale» (Filosofia dell’aritmetica (1891), Bompiani, Milano, 2001, p.121).

• «E’ certo una caratteristica dell’intuizione eidetica di avere alla sua base un momento fondamentale dell’intuizione di qualcosa di individuale…, sebbene…questa intuizione non miri ad afferrare elementi individuali né a porli in alcun modo come realtà» (Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913), libro primo, Einaudi, Torino, 2002, par. 3, p.18)

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L’intuizione eidetica

• Chi è l’estraneo (cromatico)?

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Due alternative

• Tesi empiristica: al termine astratto (“il giallo limone”) corrispondono solo oggetti individuali simili fra loro.

• Tesi fenomenologica: Al nome astratto corrisponde la qualità cromatica “giallo limone”.

• Tesi empiristica: la nostra esperienza consta di soli oggetti individuali. La generalità e l’astrattezza sono caratteristiche dell’uso delle parole e in linea di principio riducibili (nominalismo).

• Tesi fenomenologica: in casi come questi noi cogliamo in originale la sempre identica qualità cromatica (oggetto astratto) “giallo limone” nei singoli oggetti individuali (i primi due dall’alto). Questa qualità in astratto è un essenza (quella di “giallo limone”).

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Una prova descrittiva

• «Mettiamo a confronto 1) la nostra intenzionalità quando apprendiamo unitariamente un gruppo di oggetti [uguali] o quando riconosciamo la loro uguaglianza e 2) la nostra intenzionalità quando afferriamo..sulla base del medesimo sfondo intuitivo l’attributo che costituisce il rapporto dell’uguaglianza […] come una unità ideale […] E’ evidente che l’oggettualità che viene intesa […] è qualcosa di diverso […]. E’ certo che nel secondo caso non sono intesi né essi stessi [gli oggetti uguali] né le loro uguaglianze. Inteso è il “generale”, l’unità ideale, e non i singoli, i molti […] Riconosco questa carta come carta e come bianca senza bisogno di effettuare comparazioni» (Ricerche logiche (1901), seconda ricerca, il Saggiatore, Milano, 1968, pp. 384-385)

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Due prove argomentative(seconda ricerca logica)

• La completezza di concetti con infiniti oggetti possibili (o anche con tanti oggetti) non può essere garantita dal fatto che un soggetto finito abbraccia tutti questi oggetti unitariamente con la mente. Questo è impossibile. Ci deve essere in ogni singola applicazione del concetto una pietra di paragone ricorrente. (intensionalismo).

• La teoria empiristica della distinctio rationis implica un regresso all’infinito. A-B e C-D sono ambiti di somiglianza diversi e A-C, A-B e C-B sono dello stesso tipo, così come, fra loro, sono dello stesso tipo C-D C-E, D-E?

• Ma cosa rende diverse o uguali fra loro le somiglianze?

• Risposta obbligata dell’empirista: solo una somiglianza fra le somiglianze:

• [(A-B)-(A-C)]-[(A-B)-(B-C)]-[(A-C)-(B-C)]. • Ma cosa rende simili queste somiglianze fra

somiglianze? Regresso all’infinito.

A

B

C

D

E

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Caratterizzazione dell’intuizione di essenza I

• Di oggetti astratti e di generalità possiamo parlare in modo cieco utilizzando correttamente le parole: ad esempio “il giallo limone è una qualità cromatica che si ritrova negli oggetti in alto nelle slide precedenti” (ora invisibili).

• In questo caso possiamo supporre o ricordare che il giallo limone è più chiaro del giallo oro.

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Caratterizzazione dell’intuizione di essenza II

• Oppure possiamo cogliere o riconoscere in originale la qualità in oggetti individuali percepiti o immaginati e cogliendo o riconoscendo questi oggetti come suoi esempi. Questa è l’intuizione di essenza

• Ora possiamo ad esempio constatare che la qualità “giallo limone” (l’essenza) prevede un grado di chiarezza maggiore dell’essenza “giallo oro”.

• Sdrammatizzazione del problema della “intuizione eidetica”: in questione è la nostra capacità cognitiva di andare dalla percezione agli enti astratti o generali e viceversa di applicare il generale al particolare e l’astratto al concreto.

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Caratterizzazione dell’intuizione di essenza III

• Sdrammatizzazione del problema della “intuizione eidetica” II: in questione è la nostra capacità cognitiva di andare dalla percezione agli enti astratti o generali e viceversa

• Non alle parole astratte o generali e viceversa.

• Detto di passaggio: per Husserl acquisita è la competenza lessicale ma non la capacità di padroneggiare enti astratti o generali, e neppure di sussumere il particolare sotto il generale, ossia riconoscere i fatti. (Vedi ad esempio Sellars)

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Una prospettiva convergente: l’a priori materiale

• Visione standard: dicotomia fra verità necessarie formali (“ogni scapolo è scapolo”) e verità contingenti materiali (“ogni scapolo fa la spesa al supermarket”).

• Husserl: classificazione triadica che include proposizioni materiali necessarie (a priori materiali), quali paradigmaticamente “non c’è colore senza estensione”.

• Altri esempi: “il timbro dell’oboe ha una durata”, “l’altezza di un suono ha un volume”.

• Distinzione fra contenuti essenzialmente non indipendenti (colore, altezza, qualità tattile, timbro, ecc.), che non potrebbero sussistere da soli, e contenuti essenzialmente indipendenti (uomo, cosa materiale, suono, ecc.) che invece potrebbero.

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A priori materiale ed essenza

• Dipendenza degli a priori materiali dalla natura delle oggettualità a cui si riferiscono, ossia dalla loro essenza.

• Fondazione del modale (necessità) in qualcosa di non modale, di un’entità sintattica (il giudizio) in qualcosa di non sintattico (l’essenza).

• Positivismo fenomenologico: l’essenza vincola il giudizio modale facendolo puntare verso la percezione. La comprensione del senso dell’apriori materiale e la sua verifica sta nel guardare esempi di colore e di estensione.

“Non c’è colore senza estensione”

Essenza del Colore Essenza dell’estensione

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Essenze e a priori materiali

• Gli a priori materiali esplicitano i rapporti fra essenze.• La totalità delle essenze legate da rapporti di non indipendenza formano

l’essenza di un oggetto concreto (ad esempio cosa materiale) di cui sono (necessariamente) parti.

• L’essenza di un oggetto concreto delimita una regione (ad esempio “cosa materiale”), ossia un ambito oggettivamente unitario di indagine scientifica.

• Ontologia regionale come scienza a priori (materiale) di una regione• Ontologia regionale come griglia per valutare la pertinenza di una scienza: ad

esempio una fisica che preveda rifrazioni dei raggi luminosi inestese non è la fisica del nostro mondo.

estensione

colore qualità tattilitemperatura

forma

capacità causale

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Essenze e concetti standard

• 1) L’essenza come oggetto astratto (“l’essenza del rosso”); concetto come predicato (“x è rosso”).

• 2) Plasticità del concetto che ammette libere combinazioni (“x è un oggetto collocato sulla mia scrivania alla destra del righello ma a sinistra della squadra)”; Vincolo contenutistico delle essenze che corrispondono o ad aspetti degli oggetti percepibili (rosso, ruvido, sferico, ecc.) o a oggetti percepibili (cosa materiale, essere vivente, ecc.)

• 3) Il concetto-predicato oscura differenze grammaticali come quella fra aggettivo e sostantivo (“x è nero” è un concetto tanto quanto “x è un uomo). L’essenza si distingue in astratta (il nero) e in concreta (“l’uomo”) a seconda degli oggetti di esperienza che le corrispondono.

• L’essenza si colloca in una gerarchia di generi e specie: dai generi sommi (ad esempio “qualità sensibile”), che non hanno altri generi (meteriali) sopra di se, fino alle specie ultime (“nero mattone”) che non hanno sotto di loro ulteriori specie. Il concetto non esclude, ma non richiede neppure, gerarchie di genere e specie.

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Aristotele vs. Frege

• Il concetto si colloca nella logica ben delineata, efficace, ben formalizzata, ma concettualmente elementare, che è nata con lo scopo limitato di fondare l’aritmetica.

• L’essenza si colloca in una logica meno delineata, mai formalizzata, ma più ricca concettualmente che mantiene molte distinzioni tradizionali aristoteliche e che è finalizzata all’impresa conoscitiva in tutta la sua estensione.