Le Avventure di Philippe Gratin - Edizioni Lapis · – Buonanotte zia, domani ci racconti...

64
Philippe Gratin detto PG è il più grande ladro di ope- re d’arte rubate del mondo. Agisce per amore dell’arte; quando un capolavoro sparisce lui interviene: si mette sulle tracce dei malfattori, persone all’apparenza rispet- tabili, abilmente si introduce nelle loro case, recupera gli oggetti rubati e li restituisce ai musei. Dalle casse- forti ben fornite dei collezionisti disonesti preleva solo il denaro sufficiente a finanziare le sue imprese. Non un soldo in più. A causa di questo strano modo di agire è ricercato dal- la polizia di tutto il mondo, mentre i direttori dei più importanti musei del pianeta non esitano a ricorrere ai suoi servizi discreti e gratuiti, quando la polizia non sa che pesci pigliare. PG vive a Parigi in un lussuoso appartamento sul retro di un lavasecco a gettoni. Le Avventure di Philippe Gratin

Transcript of Le Avventure di Philippe Gratin - Edizioni Lapis · – Buonanotte zia, domani ci racconti...

Philippe Gratin detto PG è il più grande ladro di ope-re d’arte rubate del mondo. Agisce per amore dell’arte;quando un capolavoro sparisce lui interviene: si mettesulle tracce dei malfattori, persone all’apparenza rispet-tabili, abilmente si introduce nelle loro case, recuperagli oggetti rubati e li restituisce ai musei. Dalle casse-forti ben fornite dei collezionisti disonesti preleva soloil denaro sufficiente a finanziare le sue imprese. Non unsoldo in più.

A causa di questo strano modo di agire è ricercato dal-la polizia di tutto il mondo, mentre i direttori dei piùimportanti musei del pianeta non esitano a ricorrere aisuoi servizi discreti e gratuiti, quando la polizia non sache pesci pigliare.

PG vive a Parigi in un lussuoso appartamento sul retrodi un lavasecco a gettoni.

Le Avventure di Philippe Gratin

© 2001 Edizioni LapisTutti i diritti riservati

Seconda edizione: aprile 2006

Edizioni LapisVia Francesco Ferrara, 50

00191 Romatel: +39.06.3295935www.edizionilapis.it

email: [email protected]

ISBN 88-7874-029-2Finito di stampare nel mese di aprile 2006

presso Grafica Nappa (Aversa)

Renzo Mosca

illustrato da Fabio Magnasciutti

Edizioni Lapis

cambia canale

I PERSONAGGI:

Philippe Gratin: raffinato intenditore di opere d’arte,inafferrabile ladro di capolavori rubati che lui recupera perrestituirli ai musei.

Priscilla: bionda, svampita, irresistibile. Ma sa ren-dersi utile. È l’affascinante fidanzata di PG.

La banda di PG:Lucien Luciern: amico fraterno di PG. I suoi Bovari

del bernese, squadra di enormi ratti addestrati gli dannoun sacco di soddisfazioni.

Gerardino Atomix: genio scientifico del gruppo, satutto di fisica e computers, ma con le ragazze…

Hivanò Scartezzini: mente brillante, occhio d’aquila,capace di decisioni fulminee. Quasi sempre giuste.

Lan Pion: sarebbe una spia eccellente ed un palo in-sostituibile per la banda. Se solo… ci vedesse almeno unpochino.

Nicolao Forzarmati: due metri per centocinquan-tachili. Se volete farlo felice invitatelo a cena. O a unascazzottata.

Mariel e Johann: nipotini olandesi di Priscilla.

Jerome: squalo tigre, dodici metri di lunghezza, distur-bi psichici da esaurimento nervoso. Ha un conto aperto conPG e la sua banda.

Rudolph Maalander: ricchissimo e disonesto, discen-de da un’antica famiglia di avventurieri ladri e malfattori.E si vede!

4

Nean Der Thaal: antiquario, esperto della Real Casad’Olanda. Complice del Maalander.

Christian Delerne alias mille altri nomi: ladro inter-nazionale di gioielli e opere d’arte. Socio del Maalander.Inafferrabile.

Monsieur Profiterol Conte di Saint Honoré: riccocollezionista disonesto di opere d’arte e nemico storico diPhilippe Gratin.

Otto Wafer: Direttore del Rijksmuseum, il grandeMuseo di Stato di Amsterdam. Scapolo senza speranza.Soffre di incubi terribili.

Olof Van Der Kanal: Ispettore Capo, carattere per-maloso, facile all’ira. Detesta i giornalisti.

Aloisius Beck: investigatore delle Assicurazioni Tulip.Tipo sveglio.

Jaspers e Zampoon: vice dell’Ispettore Capo. Duegiganteschi pasticcioni.

Clarissa: capigliatura rossa, occhiali, carina. Ingenua,si fida del suo principale, l’infido Nean Der Thaal.

Hieronimus Menkel: il Pifferaio Magico. Una voltaalmeno. Adesso, dopo qualche secolo di inattività è piut-tosto imbranato.

Signorina Henke: severa maestra di Johann.

5

– … E poi, zia Priscilla? – chiese Mariel commossa, congli occhi sgranati e luccicanti, mentre il fratellino urlava:– Che forza questo Pifferaio, si potrà fare lo stesso con lemaestre della nostra città? – e lottava con la sua spada alaser contro draghi immaginari sul soffitto della camera.

– Poi l’uomo scomparve dalla città di Hamelin e nes-suno più lo rivide – rispose Priscilla chiudendo il grandevolume illustrato.

– E i bambini? Non rividero mai più la mamma? – egià gli occhi della piccola brillavano di pianto.

– Certo che la rividero. La rividero la mattina dopo,quando si svegliarono e si ritrovarono nel loro letto, nel-la loro cameretta. Era stato solo un incubo, un brutto so-gno. Solo un sogno, piccola mia. Dormi adesso. Buona-notte.

– E i topi? Anche i topi sono tornati a scassinare lecantine, a svuotare i magazzini di formaggi, a mordere igatti e a spaventare le maestre, vero? – domandò il bam-bino pieno di speranza.

– Questo non si sa, Johann. Di sicuro qualche topo sisalvò, bestie di una razza speciale, grandi, grossi e for-tissimi. A loro la musica del Pifferaio metteva appetito,figuratevi. Ma questa è un’altra storia…

7

Priscilla racconta favolee PG dà buoni consigli

6

Sono entrato. Salite due rampe di scale mi sono trovato davanti al-

l’ingresso del Museo d’Arte Moderna: deserto, illumina-to, silenzioso.

Dieci secondi. Ero dentro. Il bello cominciava adesso.Avevo già disattivato il sistema d’allarme dotato di te-

lecamere a circuito chiuso, collegato al Commissariato diPolizia di rue de Rivoli, inserendo una cassetta preregi-strata che mostrava l’interno del Museo del tutto desertoe tranquillo.

Ora camminavo verso le sale dove erano esposti capo-lavori dei grandi maestri del ‘900.

Sostai davanti alla prima sala. Due minuscole spie erano accese in alto e rosseggiava-

no ad intermittenza: un allarme volumetrico e un rileva-tore di fonti di rumore. Oltrepassando la soglia della pri-ma sala, il semplice spostamento d’aria nel locale avrebbefatto scattare un secondo allarme nel comando di polizia.Così come il minimo rumore.

Estrassi dal taschino interno del mio abito da sera unvisore elettronico e lo accesi: la spia luminosa mi diede lalunghezza d’onda sulla quale operavano i due antifurto.

Fu un gioco ingannarli con falsi impulsi elettronici. Po-tevo entrare nei grandi saloni senza problemi, mettermi aballare o cantare a squarciagola.

Mi accontentai di sorridere.Ora si trattava di scegliere il quadro da portare via. Beninteso ogni opera era a sua volta protetta da diver-

si sistemi d’allarme che non conoscevo e che avrei dovutoannientare.

Ero indeciso. Un Matisse, un Picasso, un Modigliani, cosa potevo

prendere?

9

– Buonanotte zia, domani ci racconti un’altra fiaba?– Promesso. Dormite adesso.Priscilla spense la luce, chiuse la porta e scese da bas-

so. Alzato il ricevitore fece un numero internazionale. A Parigi, in una mansarda di Rue Lavasec con vista sul-

l’Arco di Trionfo, il telefono cominciò a squillare. Ma nessuno rispose.

Era notte a Parigi. La piazza antistante il Centro Pompidou, l’enorme

esposizione permanente d’arte contemporanea, era anco-ra gremita di suonatori ambulanti, giocolieri e ragazziche come al solito fanno tardi.

I turisti si attardano nei caffè e nei ristoranti aperti. Mail grande edificio di ferro, vetro e cemento che ospita ilMuseo d’Arte Moderna appariva buio e silenzioso, comeuna fabbrica chiusa per le ferie.

Le note di Douce France si sono spente nell’aria. Un gruppo di turisti americani mi ha applaudito con

entusiasmo. Ho fatto un leggero inchino ed ho intascatole monete sparse sul velluto rosso della custodia della miachitarra.

– Grazie, signore e signori! Buonanotte! – ed ho ripo-sto lo strumento. Mi sono allontanato, infilandomi nelcono buio della fiancata del Museo.

Nessuno in vista. Mi sono liberato della parrucca, dei baffetti alla D’Ar-

tagnan e del nasone posticcio che facevano di me un can-tautore da strada.

Dal sottofondo della custodia ho estratto i miei stru-menti di lavoro.

Dieci secondi. La porta corazzata delle scale antincen-dio si è aperta con un gemito.

8

nipoti prima di farli dormire. Sai, sono un po’ a corto…– Ci penso e ti richiamo, gioia mia. Baci.– Chiusi la conversazione. Ripresi in mano il quadro.

Le luci nella sala si accesero.Il Direttore del Museo d’Arte Moderna, Monsieur Vin-

cent e il Capo della Sorveglianza Monsieur Lardon entra-rono, seguiti da alcuni uomini in uniforme.

I loro visi mostravano evidenti i segni di un grande sbi-gottimento.

– Incredibile, Monsieur Gratin. Ci siete riuscito in… –il Direttore guardò il cronometro che aveva in mano – intre minuti esatti! E senza che nessun allarme scattasse. Unvero prodigio di abilità. Allora, cosa avete da dire?

– Innanzitutto vi rammento il nostro accordo.– State tranquillo, signore, la Polizia non saprà mai che

ci siamo rivolti a voi. Sappiamo che fra voi e loro non cor-re buon sangue per certe false accuse che vi hanno coin-volto in situazioni spiacevoli, così come siamo convintidella vostra innocenza e buona fede. Altrimenti non ci sa-remmo rivolti a voi! Ma diteci, siamo curiosi!

– Mi avete assunto come consulente privato perché sco-prissi i difetti del vostro sistema di sicurezza. Bene, possodire che è ottimo, Monsieur Vincent, ma presenta delle fal-le. Per rendere il Museo assolutamente sicuro è necessariocambiare alcune cose. Tanto per cominciare le porte antin-cendio si aprono con uno stuzzicadenti e la sorveglianzadelle telecamere si può superare troppo facilmente…

11

Oppure un Salvador Dalì, con i suoi strani orologi mol-li che sgocciolavano dai rami degli alberi?

Alla fine decisi per uno stupendo Picasso del “periodoblu”, un bambino con un costume da pagliaccio.

Sfiorando con i miei guanti gialli la cornice scoprii i fi-li dei sensori.

Avevo appena messo fuori uso quel rudimentale siste-ma di difesa quando qualcosa cominciò a vibrare nel ta-schino della mia giacca.

Il mio telefono cellulare! Ero convinto d’averlo spento. Fortunatamente avevo

escluso la suoneria.Senza perdere la calma, operando con velocità e preci-

sione, accecai le cellule fotoelettriche supplementari, tol-si il quadro dal muro, lo appoggiai delicatamente a terra,contro la parete, pescai il telefonino dalla tasca.

– Chi è? – mormorai a voce bassa.– Sono io tesoro! Perché a casa non risponde nessuno? La voce squillante di Priscilla si diffondeva per tutta

la sala.– Perché sto lavorando, cara. E tu non dovresti chia-

marmi sul lavoro.– Cosa rubi di bello questa volta?– Pensavo a un Picasso del “periodo blu”, una vera

rarità.– Perfetto, lo vedo bene sulla parete bianca del salotto.

La cornice com’è? Un giallo brillante andrebbe benissimo.– Ascolta amore mio, non possiamo mettere un Picasso

rubato in salotto, non si fa! E comunque io non rubo. Iorecupero opere d’arte rubate e le rimetto a posto! Piutto-sto, c’è qualcosa che posso fare per te?

– Avrei bisogno di qualche bella storia.– Storia?– Sì, favole, leggende, belle storie da raccontare ai miei

10

uno squalo ha l’istinto per queste cose. Istinto un corno.Nuota che ti nuota, non si arrivava mai, sembrava il labi-rinto, canali, dighe, porti e poi canali e barconi, battelli,chiuse.

– E come ti sei liberato di quella punta d’acciaio cheavevi sul naso? – chiese la più piccola delle anguille.

Carina. Una vera fortuna per lei, che a Jerome non pia-cessero le anguille.

– Alla fine ecco il mare. Mare? Una ghiacciaia, strettae piena di correnti. Poco o niente da mangiare. Quattrocolpi di coda e sono già dall’altra parte, scogliere alte ebianche, quattro colpi di coda e rieccomi di qua, insom-ma un esaurimento. Per fortuna mi imbatto in un cala-maro gigante. Aveva sbattuto contro un sommergibile.Una botta tremenda, da fargli perdere l’orientamento. Michiede la strada. Aiutami a togliermi questo coso dal mu-so e vedrai che risolverò tutti i tuoi problemi, gli rispon-do. Quello si attacca con tutte le sue braccia e gira e tiraalla fine me lo stappa. Ero libero. Mi chiede la strada. Iomi guardo un poco in giro e poi…

– Poi?!? – Me lo mangio in un boccone. Così risolvo tutti i suoi

problemi. Ed anche i miei visto che ero digiuno da un po’.Le anguille sparirono. Tornarono dopo qualche mo-

mento, fermandosi un po’ più indietro.– Infilo una via d’acqua, un’altra ed ecco, mi sono per-

so di nuovo. Nuota che ti nuota un mattino mi ritrovo inquesto intrico di canali. Ci sto da mesi. E non sono capa-ce di uscirne. Quella ferita sulla punta del naso ha ridot-to le mie capacità di orientamento, le lenti a contatto leho perse la famosa notte di cui vi dicevo. Posso essere leg-germente nervoso? Ho un brutto carattere?

– Nooooo, tu un brutto carattere, quando mai?!?– E adesso sono qui. Il re dei canali, lo spauracchio di

13

Jerome, lo squalo-tigre, arrotò i denti guardandosi in-torno con aria disgustata.

– Aringhe, solo aringhe, nient’altro che aringhe! In cherazza di posto sono finito? Tutte a me succedono. Riassu-mendo: me ne stavo tranquillo nella mia bella piscina, inuna villa di Parigi, proprietà di un certo nobile, conte dinon so quali pasticcini, una faccenda fantastica, davvero!Non ci crederete, facevo la guardia ad un quadro incasto-nato sul fondo della piscina, niente di impegnativo, c’erada mangiare a volontà e poco da lavorare. Una pacchia in-somma. Poi una notte rumori, urla, gente che va e vieneattorno alla mia vasca, qualcosa mi trapana il naso, un ma-le cane, e poi giù a capofitto nelle fogne, con un gigante-sco cavatappi di ferro piantato in mezzo agli occhi!

– E poi, e poi? Raccontala ancora, ci piace tanto!La famiglia di piccole anguille, le sue uniche amiche,

lo ascoltava ad occhi spalancati.– Beh, in qualche modo, rischiando di restarci secco per

asfissia, arrivo alla fine delle fognature ed eccomi dalla pa-della alla brace: finisco dritto in un fiume con battelli il-luminati e colorati su e giù e tutti a puntarmi i fari sul mu-so e a gridare: “Aiuto, aiuto un pescecane nella Senna!”.Vabbè, taglio la corda, via verso il mare. Facile, direte voi,

12

Jerome si aggira per i canalidi Amsterdam

vecchiette e bambini. Vivo di elemosina, avanzi di arin-ghe e croste di formaggio, qualche ubriaco che cade in ac-qua, copertoni, biciclette, vasi di gerani e patate, patate,patate. Condite con salsa di mele. Odio le patate.

Lo squalo tirò un rutto portentoso, facendo ribollirel’acqua del canale come fosse una vasca ad idromassaggio.

Storse la bocca con una smorfia nauseata.– Ma so chi ringraziare per tutto questo.

14 15

Bei tempi. Andati, purtroppo.

Rudolph Maalander, ultimo discendente, erede del no-me e della fortuna della famiglia bussò ad una porticinapiuttosto malandata, guardandosi intorno per controllareche nessuno l’avesse seguito.

Passò nel retro di un ristorante senegalese, scese le sca-le, attraversò un corridoio semibuio. Nessuno.

Scelse una grossa chiave da un mazzo, aprì una portasalì le scale e fu su un pianerottolo. Un montacarichi, diquelli addetti alla consegna della biancheria, lo aspettava.Entrò e premette il bottone verde.

Arrivato al primo piano uscì e si trovò nell’ampio in-gresso di uno splendido palazzo settecentesco al centro diAmsterdam. Casa sua. Harold, il suo maggiordomo lo ac-colse. Prese in consegna il cappotto, il cappello, i guantie si allontanò in silenzio.

Rudolph adesso guardava i ritratti dei suoi avi con unmisto di reverenza e riconoscenza. Gli avevano reso la vi-ta comoda, eppure qualcosa gli rodeva dentro. Avevanofatto di lui un uomo rispettabile. Questo, per dirla tutta,gli stava sullo stomaco. Sognava l’avventura, lui.

Osservava il suo bisnonno, vestito da cacciatore di bu-fali, con il fucile Sharp a canna lunga, il cappello a faldelarghe e lo sguardo intrepido, e si immaginava a cavallo,inseguito dai pellirosse che volevano il suo scalpo.

Oppure, immobile davanti al ritratto del nonno Ru-dolph, riascoltava l’ululato dei lupi nelle fredde terre delKlondike, nella gelida Alaska al tempo della corsa all’oro,vedeva il fumo dei saloon, pieni di musica, liquori e belledonne, dove interi giacimenti d’oro e fortune colossali pas-savano di mano in una notte, in una sola partita di poker.

Poi la famiglia era diventata onesta. Ricchissimi in-dustriali, i maggiori estrattori di diamanti del mondo,

17

Jasper Maalander, originario della città olandese di Ha-melin si era arricchito rubando bestiame nel Nuovo Mes-sico, ai tempi del glorioso West dei pistoleri e dei duellial tramonto. Faceva anche da guida per le carovane cheattraversavano le regioni popolate dai pellirossa Apaches.Salvo intascare il compenso e sparire, abbandonando imalcapitati in pieno territorio indiano.

Il figlio Andreas Maalander aveva moltiplicato le for-tune della famiglia ai tempi della corsa all’oro.

Più tardi la famiglia aveva dovuto emigrare in SudAfrica per certe truffe e conti in sospeso con la giustizia.Cose successe durante il proibizionismo, quando era vie-tato vendere alcolici nei bar. Le cisterne della sua dittatrasportavano whisky e birra al posto della benzina e ri-fornivano di nascosto i locali di mezza America.

Gli affari fatti con Al Capone e altri gangster li avevaarricchiti al punto tale da permettere al nipote Bosel Maa-lander di comprarsi nel Transvaal, in Sud Africa, terre va-ste come l’Olanda, la lontana madrepatria, e concessioniperpetue per lo sfruttamento delle miniere di diamanti.Lì aveva vissuto con la sua famiglia, integrandosi con lanumerosa colonia di emigranti olandesi, che da tempo vi-vevano in quella regione.

16

Rudolph Maalanderha ospiti

nel suo palazzo

te della Regina aveva pigolato più che parlato. L’altro si era limitato a fischiare tra i denti.– Mica voglio comprarla! È finito il tempo della rispet-

tabilità e della beneficenza. La famiglia Maalander torna al-le origini. Semplicemente me la prendo e la uso per i mieiinteressi. Come ai bei tempi, quando l’oro non c’era biso-gno di scavarlo, si trovava bell’e pronto sulle diligenze e nel-le banche! E voi mi aiuterete nell’impresa. Siete i migliorinel vostro campo. Facciamo questo colpo e vi prometto cheguadagnerete tanto da non sapere come spendere tutti i vo-stri soldi. Allora, avete qualcosa per me?

– Qui c’è tutta la mappa dei sistemi d’allarme del Mu-seo – l’antiquario Nean Der Thaal aveva srotolato un fa-scio di fogli – l’ho fotocopiata direttamente nell’ufficio delDirettore del Rijksmuseum. Sono di casa là. Sarà uno scher-zo disattivarli.

– Secondo i miei calcoli dovremmo farcela in tre mi-nuti – si intromise Christian Delerne, alias Chissachi. – Èil tempo necessario all’arrivo delle volanti di Polizia, sequalcosa dovesse andare storto. Ma andrà tutto benissimo.

Rudolph Maalander osservava amorevolmente le lineecolorate dei tracciati degli allarmi.

– Sì, andrà tutto benissimo, ne sono sicuro!

19

d’accordo, ma onesti. Fino a poco tempo prima, quandol’azienda era passata a lui. Gli pesava quella patina di ri-spettabilità, gli toglieva il respiro. Sapeva cosa fare.

Passò nello studio. Sprofondati in comode poltrone di cuoio, stavano Nean

Der Thaal, antiquario ed esperto d’arte della Real Casad’Olanda e Christian Delerne, alias Jannis Katafis, aliassei o sette altre cose, ricercato per furti d’arte e di gioiel-li in tutto il globo.

Si alzarono in segno di rispetto.– Lieto di vedervi.Strette di mano. Era impossibile non notare il prezio-

sissimo orologio d’oro massiccio di Rudolph Maalander,tempestato di brillanti su tutta la cassa del quadrante, esoprattutto l’anello nel quale stava incastonato un dia-mante grosso come una pallina da golf. Mandava lampiaccecanti.

Sedettero attorno al grande tavolo di mogano che cam-peggiava al centro della stanza.

– Verrò al punto. Come sapete mio padre mi ha lasciatoun patrimonio inestimabile. Io stesso non so quanto pos-siedo. Ma la cosa a cui tengo di più è certamente la colle-zione di quadri dei maestri fiamminghi. Erano del nonno,grande intenditore e collezionista appassionato. La prove-nienza di queste splendide tele è sempre stata oggetto didiscussione. Chi dice comprate sottocosto a famiglie anda-te in rovina, chi dice vinte al gioco, chi semplicemente ru-bate. Mio padre voleva restituirle, farne un museo da apri-re al pubblico. Non ce l’ha fatta, per fortuna. Il cielo lo hachiamato a sé prima che mettesse in atto l’insano proposi-to. Io non lo farò. Anzi, ho deciso di ampliare la collezionecon qualcosa di speciale: la Ronda di notte di Rembrandt.

– Non è in vendita! – l’antiquario, nonché esperto d’ar-

18

Che giornata orrenda!E adesso, dopo numerose camomille e tisane rilassanti,

dormiva l’Artmeister Otto Wafer. Dormiva e sognava. Un incubo terribile. La Regina d’Olanda in persona veniva a visitare il Mu-

seo, tutto era pronto, fanfare, picchetto d’onore, tappetorosso.

L’amata sovrana scendeva dalla carrozza, lui le si face-va incontro con un inchino e in quel mentre si accorgevad’essere in mutande.

Si guardava intorno sgomento, nessuno pareva farci ca-so, lui camminava a fianco della Regina, con le sue gam-be magre e pelose frustate dal vento gelido, salivano gliscaloni, entravano nella grande sala che ospita la Ronda dinotte. Sul muro l’immensa parete era vuota.

La Regina osservava con interesse la parete bianca, lacornice, poi passava in un’altra sala.

A quel punto, dopo aver ammirato altri capolavori, siavviava all’uscita.

Lui, sempre in mutande, l’accompagnava alla carrozza.Squilli di trombe.

Si chinava a baciarle la mano e lei gli sussurrava: – Mancano i nasi – e si allontanava. Solo allora l’Artmeister si era svegliato in un mare di

sudore freddo nella sua cameretta da scapolo, nel suo ap-partamento da scapolo nel quartiere di Solingen, il quar-tiere degli scapoli senza speranza.

21

Il Direttore del Rijksmuseum, il grande Museo di Sta-to di Amsterdam, l’Artmeister Otto Wafer aveva avutouna giornata difficile, come può essere quella in cui ti ti-rano giù dal letto con le uniche parole che non vorrestimai sentire:

– È sparita la Ronda di notte!Si era precipitato al Museo praticamente in pigiama e

ciabatte e il disastro stava davanti a lui sotto forma di unaimmensa parete vuota e di una massiccia cornice orfanadella tela.

Era sparito il grande quadro che raffigurava la Com-pagnia degli Archibugieri del comandante Cocq, i solda-ti coperti di corazze lucenti e armati del lungo fucile, iportatori di lance, i suonatori di tamburi. Ed era scom-parsa la misteriosa fanciulla bionda in abito bianco e oro,dall’aria smarrita, circondata dai soldati.

In quei giorni l’ala del Museo dove era avvenuto il fur-to era chiusa al pubblico, per un restauro necessario allapreparazione di una grande mostra su Rembrandt.

La Regina d’Olanda avrebbe dovuto inaugurare la mo-stra davanti alle televisioni di tutto il mondo fra quindicigiorni. E proprio il quadro più famoso del pittore olan-dese non era più al suo posto.

20

Incubo n° 1

pratiche assicurative e mille altre seccature.Sulla sua scrivania stava la lettera arancione, ma conte-

neva solo il biglietto minatorio. Niente nasi, per ora. Respirò profondamente. La segretaria arrivò correndo. Lui si rialzò prontamen-

te, fece segno che non era nulla, lei lo guardò preoccupata,poi si ritirò.

Otto Wafer camminò lentamente fino alla finestra chedava sul Singelgracht, il grande canale che circondava ilcentro storico della città.

Proprio davanti a lui, la via d’acqua curvava verso de-stra, descrivendo un ampio arco. Lontano, nelle giornatelimpide, si potevano ammirare le guglie del Duomo e dialtre cattedrali sparse nel paesaggio urbano.

Un paesaggio. Un fiume che scorreva lento, le guglie delle cattedrali,

i monumenti di pietra che si riflettevano nell’acqua. Un paesaggio che gli ricordava altre città, Praga, Bu-

dapest, Venezia, no, cercò di essere più preciso, quell’ansadel fiume, gli alberi, le chiese, ecco che c’era: Londra, Pa-rigi! E con il nome delle città francese si ricordò quellodi una persona ben precisa.

E subito seppe cosa doveva fare.

23

– La posta, signore.La segretaria lasciò il pacco di lettere sulla scrivania.

Otto Wafer la guardò allontanarsi e chiudere la porta. Le solite seccature. Segnalazioni di guasti, luci da ri-

parare, allarmi da mettere in ordine. Pubblicità. Si pulì accuratamente gli occhiali da miope e riprese la

corrispondenza. Una busta arancione attirò la sua atten-zione. Era indirizzata a lui personalmente e la scrittura eraleggermente inclinata e tondeggiante, tipica scrittura fem-minile, pensò lui, incuriosito.

L’aprì con una specie di batticuore di cui si meravigliòper primo. Un biglietto.

“UN NASO AL GIORNO LEVA IL POLIZIOTTO DI TORNO”.Rimase immobile per alcuni istanti. Non c’era altro. O

forse sì, qualcosa, un pezzettino di carta in un angolo del-la busta… la rovesciò e un francobollo di stoffa volteggiòe planò sul ripiano della scrivania.

Fu con orrore, con incredulità, fu con sgomento che in-dovinò: un frammento della tela scomparsa.

Un naso accuratamente ritagliato.Urlando si era svegliato ed era caduto dalla poltrona del

suo ufficio, al piano terra del Rijksmuseum, dove un colpodi sonno l’aveva sorpreso davanti a rapporti della Polizia,

22

Incubo n° 2

mente in giro, cercando una via di fuga, ma la selva di mi-crofoni lo circondava.

– Ha un’idea di chi possa essere stato? È forse l’azionedi una banda terroristica? È vero che avete ricevuto unadomanda di riscatto? Il dipinto era assicurato? E per qua-le somma? Perché lei non è nemmeno fidanzato? Quelleorecchie a sventola sono proprio sue o sono una trovatapubblicitaria?

– Al momento non abbiamo nessuna idea di chi sianogli esecutori o i mandanti. Sono però fermamente convintoche riusciremo a recuperare il dipinto in tempo per l’i-naugurazione del Museo restaurato. Non ci saranno ritardie la nostra graziosa Sovrana potrà…

Fu il caos.– Come può affermare questo! Perché è così sicuro? Ave-

te già una pista? C’è una taglia sugli autori del furto? Èinsetticida l’odore che si sente o il suo dopobarba?

Otto Wafer accusò il colpo: barcollò, boccheggiandocome se avesse preso un pestone sul mignolo, si aggrappòai microfoni, si rimise dritto.

Guardò fisso nella telecamera e lasciò cadere queste pa-role: – C’è una persona che ci può aiutare a risolvere il ca-so. Una persona sola con la quale sto cercando di mettermiin contatto. So che in questo momento mi sta ascoltando.So anche che per taluni malintesi è costretto a vivere ritira-to, sotto copertura. Voglio dire pubblicamente che sono unsuo estimatore ed ho piena fiducia in lui. Desidero che simetta in contatto con me e aspetto sue notizie. Signori,buongiorno!

E con una insospettabile agilità scattò via, evitando lafolla dei giornalisti.

Prima che questi si riprendessero dalla sorpresa avevarisalito la scalinata e si era già barricato nel suo ufficio alpiano rialzato del Rijksmuseum.

25

La telecamera inquadrò in uno spietato primo piano unometto smilzo, di circa quarant’anni, dall’aria afflitta, ve-stito con un completo grigio perfettamente in tinta con lasua faccia.

Decine di giornalisti gli piantarono decine di micro-foni pericolosamente vicino alla bocca, uno gli si infilòdirettamente in una narice.

– Artmeister Otto Wafer, cosa può dirci del furto dellaRonda di notte? È vero che i ladri sono penetrati dal tetto,approfittando delle impalcature che coprono la facciata delMuseo, usate per il restauro? Perché gli allarmi non han-no funzionato? Perché i guardiani non guardavano? Per-ché lei è scapolo e non vive con la mamma? Perché ha unafaccia così?

L’intervistato sembrò vacillare sotto la raffica di do-mande, alcune delle quali, bisogna dirlo, erano davveropoco cortesi.

– Sul come è successo può rispondere solo la Polizia, c’èun indagine in corso, se ne occupa l’Ispettore Capo OlofVan Der Kanal, che tutti conoscete.

– Ma i guardiani, cosa facevano? – Sono stati narcotizzati con il gas. Il povero Direttore del Museo si guardava disperata-

24

Intervista alla televisione:Otto Wafer lancia un appello

Ora di chiusura nella lavanderia Ultra-Rapida di RueLavasec, a Parigi.

Serrande abbassate. Ma dentro, nel retro del locale, lu-ci accese e tensione allo spasimo.

Sei persone. Uno parla, quattro ascoltano attente. Uno fa uno spuntino, ma non perde una parola, salvo

quando lo sforzo di inghiottire un boccone troppo grossogli chiude le orecchie.

– Abbiamo poco tempo. Dobbiamo agire in fretta ebene.

Philippe Gratin fissò i suoi uomini. Uno sguardo duro e diretto vale più di mille parole, lo

sapeva per esperienza. Atomix, Hivanò Scartezzini, Lucien Luciern e Nicolao

Forzarmati sostennero la sua occhiata con fermezza. Per Lan Pion fu un po’ più difficile: oltre ad essere mio-

pe come alcune talpe messe insieme, una straordinariaforma di strabismo faceva sì che guardasse verso il capofissando la parete sinistra ed un termosifone.

Philippe fece finta di nulla e continuò. – Un mio estimatore, oltre che amico carissimo, Otto Wa-

fer, Direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, ha bisognodi noi. Tutti avete sentito il suo appello. Non c’è bisogno di

27

Riunione delle banda a Parigi

26

– Ed io?Accidenti, Lan Pion, il loro palo, strabico e miopissi-

mo. Se n’era dimenticato.– Di te mi fido ciecamente, nel vero senso della paro-

la, vecchio Lampy!Largo sorriso di felicità ed inchino orientale.– Ma cosa faremo, come ci metteremo in contatto con

te? – Hivanò era come sempre pratico e sveglio.PG estrasse cinque buste bianche e le consegnò ai suoi

uomini.– Qui ci sono precise istruzioni per tutti. Ciascuno di

voi svolgerà una parte di indagine. Silenziosi e micidialicome sommergibili! Poi mi farete avere un rapporto scrit-to sulla situazione.

– E tu?– Lasciamo calmare un po’ le acque e poi vi raggiunge-

rò. Comunque non sarete mai soli. In questo periodo Pri-scilla si trova proprio ad Amsterdam da sua sorella. Fa lababy sitter ai suoi nipotini. Sarà lei a fare da collegamento.

In quel momento il telefono sul bancone trillò melo-diosamente. Philippe alzò il ricevitore.

Una voce squillante ed eccitata attraversò la cornetta,i suoi timpani e si sparse in tutta la stanza.

– Philippe, amore mio, hai trovato qualche bella fiaba?I bambini sono impazienti.

Era l’amata Priscilla.– Ci sarebbe quella di Giovannino Senzapaura e del-

l’Orco Sbudellone…– L’Orco Sbudellone va benissimo, zio! E mettici pure

qualche grosso topo, così, per divertimento… Era Johann, il nipote di Priscilla, che non riusciva a fre-

nare il suo entusiasmo.– Allora ragazzi, in un paese chiamato Boscoscuro vi-

veva un sarto di nome Giovannino…

29

dire a chi stava rivolgendosi. Il pazzo che ha sottratto la Ron-da di notte dal Rijksmuseum minaccia di spedirgli il naso diuno dei personaggi raffigurati sulla tela. E minaccia di pro-seguire con gli altri nasi, se le indagini continueranno.

– Non c’è problema Capo, si parte, si trova il farabutto,Nicolao gli annoda le gambe attorno al collo, recuperiamola tela e via, verso nuove avventure…

Se c’era qualcosa che piaceva subito di Hivanò era la ca-pacità di sintesi.

– Non è così semplice. La Regina andrà a visitare il di-pinto prima che venga spedito in America, per una mo-stra. Fra dodici giorni. Bisogna recuperarlo e rimetterlo alsuo posto per allora. Questi ladri sono disposti a tutto. Ionon posso farmi vedere in giro, dopo la faccenda del VanGogh, sostituito e restituito qui a Parigi e l’affare dellaMaya desnuda1, a Madrid. Pensano che sia stato io a fare loscherzetto. Andrete voi da soli ad Amsterdam!

Silenzio.– Noi da soli, Capo? – era stato un coro. Nicolao Forzarmati aveva rischiato di strozzarsi, per un

boccone che gli era andato di traverso. Lan Pion sgranavagli occhi in ogni direzione, sbigottito.

Gli altri parevano un poco perplessi. Era tempo, per un vero capo, di lavorare di fino sui cer-

velli dei suoi uomini.– Ragazzi, voi siete il meglio del meglio, nel vostro

campo. So di poter dormire sonni tranquilli. Un grandeinventore, genio della matematica, uno stratega brillante,capace di guidare la squadra e di cavarsela nelle situazio-ni più difficili, un allevatore di animali straordinari e unuomo dall’intelligenza pronta e acuta in modo inversa-mente proporzionale alla sua incredibile forza.

Fatto. Eccoli lì, tutti contenti, orgogliosi e smaniosidi buttarsi nell’avventura.

28 1 C. Comini - O. Minneci, Philippe Gratin e la Maya Desnuda, Roma, 2001, Edizioni Lapis

Accanto a lui, reggendosi sulle zampe posteriori, unratto enorme li fissava incuriosito. Il muso era bianco e gliocchi rossi e penetranti.

– Signore e signori, cari bambini, permettete di pre-sentarmi. Sono Lucien, domatore di belve feroci. E questoè Albino, il capo della banda dei bernesi. Albino, da bra-vo, fai vedere qualcosa ai nostri piccoli amici.

– Oooohhhh!!!Lucien aveva estratto dal cilindro diversi pezzi di gru-

viera e li lanciava verso la bestia. Albino li prese al volo e cominciò a gettarli in aria e a

riprenderli al volo, camminando sulle zampe posteriori,come un giocoliere con le palline.

– Bravo, magnifico, stupendo!– Che classe!– Ancora, ancora!Lucien frenò l’entusiasmo: – E non è tutto, signori,

pronti per il gran finale!Il grosso topo si era fermato. Gettò il primo pezzo di formaggio altissimo, poi a gran

velocità tutti gli altri, a formare una lunga fila che per unistante restò ferma, sospesa, prima di ricadere verso terra.

Intanto aveva spalancato la bocca, vasta come una pen-tola. I pezzi di formaggio sparirono nella sua gola.

Lo stupore e l’entusiasmo erano alle stelle.Il domatore, molto soddisfatto, sorrise.– Vi aspettiamo tutti questa sera! – poi fece un inchi-

no e si ritirò dietro la tenda, seguito dalla straordinariabestiola.

31

Il Circo Gondrano era in città. Come consuetudine, prima dello spettacolo gli animali

e i carri venivano fatti sfilare per le vie principali. Pagliacci, giocolieri, la banda che suonava allegre mar-

cette. In testa i cammelli, al centro gli elefanti. Chiudeva il corteo un carrozzone che gettava coriandoli

e confetti ai bambini.Una specie di armadio a quattro ante, vestito da Er-

cole, coperto di una pelliccia maculata, con una manosollevava un bilanciere da cento chili e con l’altra getta-va manciate di caramelle e incitava a non mancare allospettacolo della sera.

– Vedrete Mister Muscolo, l’uomo più forte del siste-ma solare e i Bovari del bernese, i topi più grossi della Ter-ra, sopravvissuti al diluvio universale. Faranno giochi e simangeranno un quintale di formaggio olandese in diecisecondi netti!

– Vogliamo vederli! – gridava la folla, i bambini in par-ticolare.

Un domatore, in frac e cilindro, con un bastone nero,si affacciò alla veranda del carrozzone.

Venne avanti.– Oooohhhh!!! – mille bocche rimasero spalancate.

30

Arriva il Circo!

“Come da precise istruzioni, usando l’ultra-computeral plasma, mi sono introdotto nei conti bancari dei di-pendenti del Rijksmuseum.

La prima volta devo avere fatto un po’ di confusione:mi sono trovato in mezzo ai programmi della difesa au-straliana. Sai quel piccolo incidente alle scorte di esplo-sivo dell’esercito, stipato nel deserto centrale di quel lon-tano continente…

Lo so, è saltato tutto, ma nessuno si è fatto male, infondo. Forse qualche canguro spaventato, qualche struz-zo arrostito, niente di più.

Bah, alla fine sono entrato nel sito giusto. Nulla di ano-malo, nessuno spostamento significativo di denaro.

Sono allora passato a tutte le persone che hanno a chefare con la Real Casa d’Olanda in questioni d’arte o di an-tiquariato: esperti, consulenti, compratori e fornitori.

Consultando gli elenchi è stato facile stabilire che nonvi erano movimenti sospetti sui conti correnti.

Tutti tranne uno, quello dell’antiquario Nean Der Thaal,consulente artistico di Sua Maestà la Regina, che sempli-cemente non appariva da nessuna parte.

Ora, se sei l’antiquario di Sua Maestà devi pur esserepagato, devi avere un conto da qualche parte.

33

Rapporto n° 1 - Atomix

32

La signorina Clarissa mi ha detto che anche il suo prin-cipale aveva voluto mandare una lettera di incoraggiamentoal povero Direttore, l’Artmeister Otto Wafer, incaricando-la di preparare l’indirizzo su una busta.

Arancione. Interessante particolare, credo.A quel punto è arrivato il principale, ed io mi sono de-

filato, non prima di averle promesso una nuova visita alpiù presto, così tanto per chiacchierare un po’.

Clarissa si è mostrata entusiasta all’idea.Il tutto, naturalmente nell’interesse delle indagini che

stiamo svolgendo. Spero di vederti presto. Ti saluto, Atomix.

P.S. Clarissa ha un delizioso paio di occhialini tondi euna testa rossa come un tramonto di settembre!

Ti saluto al quadrato!”.

35

Qui la faccenda si è fatta più delicata. Un controllo incrociato sui ventitré milioni di conti

esistenti nel Regno mi ha portato a scoprire che il sud-detto antiquario ha un conto presso la Banca del Tran-svaal, di cui è proprietario Rudolph Maalander, il mul-timiliardario sudafricano, padrone, tra l’altro della Dia-manti Maalander & Figli, di cui si parla molto in questigiorni per i noti fatti.

Il conto in questione, come altri, era però coperto dauna blindatura elettronica che lo rendeva inavvicinabile aicuriosi.

Mi ci son voluti ben sei minuti per aprirla ed entrare! Come ho letto l’importo sono rimasto di pietra: cifre a

nove zeri, mica bruscolini! E qui viene il bello: i soldi gli sono stati versati dallo

stesso Maalander, attraverso un complicato giro che avreb-be messo fuori strada anche un computer dell’ultima ge-nerazione.

Qui ammetto di avere sbagliato alla fine, proprio quan-do stavo terminando il lavoro. Il fatto è che le tastiere diquesti minicomputers sono talmente minuscole!

Mi rendo conto che aver cancellato dalle memorie cen-trali delle banche qualche milione di conti provocheràproblemi, ma si sa, a tutto c’è rimedio.

In fondo io ho solo un cervello umano e sono riuscitoad ottenere risultati importanti.

Come dice quella malalingua di Hivanò, non sarò sem-pre capace di far tornare i conti, ma queste sfide non leperdo.

Ho pensato di fare una capatina nel negozio di anti-quariato del nostro tipo. Tutto regolare, in apparenza.

Conversando con l’impiegata, signorina Clarissa, esse-re veramente delizioso, ho buttato il discorso sul clamo-roso furto della Ronda di notte.

34

infilando un canale laterale e scomparendo.Era scattato il verde. La macchina restava ferma, in at-

tesa. Gli olandesi, che sono un popolo estremamente ci-vile, attesero pazientemente parecchi secondi prima di osa-re un timido beep di clacson.

Il passeggero si infilò nella vettura e la macchina ripartìdi scatto. Attraversarono uno dei tanti ponti sul Singel-gracht, il canale che chiude la città vecchia e furono da-vanti al Rijksmuseum.

Rallentarono la corsa, costeggiarono l’immenso edifi-cio, un po’ tetro con la sua pietra grigia, i torrioni e i tet-ti neri, percorsero un tratto della strada che porta al Mu-seo Van Gogh, quindi svoltarono a destra. La macchina siarrestò all’ingresso di una palazzina immersa nel verde diun giardino, nascosto alla vista da una siepe alta e folta.

L’autista aprì con il telecomando quella che sembravauna normale porta di garage. Appena entrati nel semin-terrato si trovarono in una specie di bunker, dalle spessepareti di cemento armato. Al centro un grande tavolo, tut-to intorno computer, telefoni, scaffali. Alle pareti cartineparticolareggiate d’Olanda e del mondo.

– Benvenuto nel mio rifugio segreto. Avete fatto buonviaggio? Grazie per esservi precipitato qui.

– Eccellente viaggio, grazie. Quando ho sentito l’ap-pello televisivo del Direttore del Museo, sono partito su-bito. Non c’è un momento da perdere, dobbiamo operarebene e in fretta, signor Maalander!

E Monsieur Profiterol, Conte di Saint Honoré strinsela mano al suo ospite sudafricano.

37

Alla Central Station di Amsterdam il TGV - treno ul-tra veloce - proveniente da Parigi, era in perfetto orario.

I passeggeri scesero, quasi tutti con bagaglio a mano. Uno solo, elegantissimo e con l’aria molto sostenuta,

chiamò il facchino per farsi portare una serie di valigie inpregiatissima pelle di ornitorinco biondo di Sumatra.

Camminando a testa alta, tagliava la folla quasi confastidio. Una grossa berlina dai vetri a specchio lo at-tendeva all’uscita. Salì e partirono.

Passarono il centro con la zona dei vecchi canali, stret-ti e abitati dalle famiglie che vivono sui barconi e sullechiatte, come fossero case galleggianti, con le tendine mul-ticolori agli oblò e i vasi di geranio.

Era sempre uno spettacolo affascinante e pieno di vita,ma il passeggero pareva immerso in altri pensieri.

Si riscosse all’improvviso quando furono in coda al se-maforo sopra un ponticello che superava un canale secon-dario, di acqua bassa e verdastra piena d’erbe.

Spalancò lo sportello e scese di furia, affacciandosi alparapetto fino quasi a cadere di sotto. Si girò, corse all’al-tra spalletta del ponte sempre pencolando pericolosa-mente in fuori e osservò ad occhi sbarrati qualcosa chenuotando pigramente si allontanava sul pelo dell’acqua,

36

Toh! chi si rivede!

passato la voce: tutti i movimenti sospetti mi vengonosubito segnalati. Così posso dile che è stato visto in giloun tale che ha tanti nomi. L’ultimo usato è Chlistian De-lelne, famoso ladlo di gioielli e di quadli costosi.

Come dice il saggio cinese chi ha tloppi nomi ha pochicognomi, flase che non ho mai capito, ma fa lo stesso.

Dicono che questo bel tipo abbia complato mascheleantigas e altlo mateliale identico a quello usato la famosanotte al Museo.

Così come è stato notato nei locali più malfamati deiqualtieli poco eleganti, pel cosi dile, una pelsona moltoimpoltante, che non dovlebbe mai tlovalsi lì: LudolphMaalandel.

Si dice che il poco onolevole milialdalio flequenti cat-tive compagnie, come il ladlo di cui dicevo.

Come dice il saggio cinese, chi va con lo zoppo cam-mina più veloce di lui. E allola: che ci fa il Maalandel incattiva compagnia? Combina guai, dico io.

Coincidensse? Folse: Ma come diceva la vecchia saggiaAgatha Chlistie, una coincidenssa è coincidenssa, due co-incidensse sono due coincidensse, ma tle coincidensse èindissio.

In attesa di nuove notissie, mi inchino e saluto lispet-tosamente il mio molto onolevole Capo”.

Lan Pion

39

“Onolevole signole, salute e che l’anno del maiale cheentla nella costellassione del topo le dia tanta felicità!

Come dice il saggio cinese topo più maiale salà un an-no niente male!

Il viaggio è stato bello. Abbiamo passato i confini del-l’Olanda con il molto onolevole Cilco Gondlano un cilcoglande, davvelo glande.

Mi sono diveltito molto. Ho fatto l’oloscopo cinese al-le donne ai bambini. Tutti molto felici.

Anch’io salò molto felice e foltunato. Dicono che siacosì quando si pestano le cacche pel la via.

Amsteldam è una città molto pulita, è quasi impossi-bile che i molto onolevoli cani olandesi lascino licoldiniin gilo.

Eppule, in dieci minuti ho pestato le uniche due cac-che lasciate in stlada. Questo è bene pel noi.

Come dice il saggio cinese per evitale la cacca non fi-nile nella possanghela, che ti spolchi e ti bagni pule.

Seguendo le sue molto onolevoli istlussioni ho fatto vi-sita a tutti i miei ottocento cugini che mandano avanti ilistolanti cinesi e le tavole calde di questa città.

Stanno tutti bene e la salutano molto lispettosamente.Ola, pel venile a noi, i miei ottocento cugini hanno

38

Rapporto n° 2 - Lan Pion

In effetti erano persi dietro a pensieri nerissimi.“Un lavoro coi fiocchi”- pensava l’Ispettore Capo fu-

mando come una ciminiera “Veri professionisti. Nienteviolenza, niente scasso. Chiavi false. Un basista all’in-terno del laboratorio. Sono arrivati, hanno messo fuoricombattimento le guardie senza rumore e senza violen-za, hanno caricato i diamanti e sono ripartiti. Troppo fa-cile. Sento puzza di fregatura lontano un chilometro. Epoi a me questo Maalander non è mai piaciuto…”.

“No, non mi è mai piaciuto per niente il signor Maa-lander”- pensava masticando furiosamente la gomma ame-ricana l’investigatore delle Tulip Assicurazioni “Sento puz-za di imbroglio lontano dieci chilometri. Lavoro troppopulito. Niente scasso. Un basista all’interno, è chiaro. Chia-vi false, si entra si fa il colpo e poi…”.

– E poi hanno tagliato la corda con tutto comodo… –disse a mezza voce il poliziotto, buttando fuori una nuvo-la di fumo e riassumendo i suoi pensieri.

– Ma il problema è dimostrare la truffa. Molto diffici-le – concluse mormorando l’uomo delle Assicurazioni.

– Mi scusi, cosa diceva?– Facevo delle considerazioni tra me e me.– D’accordo, mettiamole insieme allora – disse il poli-

ziotto – hai visto mai che per una volta saremo d’accordosu qualche cosa?

41

Era successo tutto in una notte. Quando le guardie giurate della nota ditta di importa-

zione e lavorazione dei diamanti Maalander & Figli eranoentrate nell’azienda per dare il cambio ai loro colleghi, liavevano trovati legati e imbavagliati come dei salsicciot-ti di maiale.

Le casseforti del laboratorio dove si intagliavano i dia-manti, i più belli del mondo, erano state svuotate.

Un danno enorme, cifre da capogiro.Ma il disastro fu evidente quando i poliziotti entra-

rono nel magazzino blindato nel quale venivano conser-vate le pietre grezze, spedite direttamente dal Sud Afri-ca, dove si trovavano le miniere della società.

Pulito, più nemmeno una pietruzza, nulla.L’Ispettore Capo di Polizia Olof Van Der Kanal a cui

era stata affidata l’indagine e Aloisius Beck, investigato-re privato delle Tulip Assicurazioni, chiamate a risarcireil furto, camminavano nel cortile della ditta.

Si conoscevano da molto tempo, avevano lavorato piùdi una volta insieme, quando si trattava di sbrogliare ca-si complicati come questo. Crimini più assicurazioni darimborsare.

Continuarono a camminare senza parlare.

40

Il Commissario Olof Van Der Kanalsente puzza di fregatura

corre. Lui poi, il Capo, è una vera maledizione. Io ne soqualcosa.

– Vi credo. Per questo ho organizzato un altro colpo,altrettanto clamoroso. Mi “sono” rubato un quintale didiamanti. Così avremo la città sotto stretto controllo, por-to, stazioni e aeroporto compreso. Le frontiere blindate.

Il nobiluomo francese corrugò la fronte.– Non vi seguo signor Maalander…– Mi sono lasciato una possibilità di fuga, non preoc-

cupatevi. E con i soldi che la Assicurazioni Tulip pagheràper il furto, finanzierò tutta l’operazione. E pagheremoil vostro disturbo. Non offendetevi signor Conte, è ungesto simbolico di riparazione, un omaggio al vostro ge-nio criminale. Quanto avete perso con la faccenda delVan Gogh a Parigi?

– Duecentomila dollari in biglietti usati, di piccolotaglio!

Monsieur Profiterol aveva pensato che valesse la penadi fare la cresta sulla somma effettivamente perduta.

– Centomila dollari, in verità, signor Conte.Il nobile arrossì violentemente e fissò il soffitto, come

non avesse sentito. Il Maalander continuò. – … ma duecentomila dollari vanno bene, questa sarà

la cifra che riavrete, come risarcimento morale! Perfetto,adesso veniamo al da farsi. Schioccò le dita.

Due tipi dall’aspetto losco, muscolosi e coperti di ta-tuaggi fin sopra le orecchie entrarono recando sulle spal-le un lungo tappeto.

Lo srotolarono con molta cura sul pavimento di legnolucidato.

Ai loro piedi stava la Ronda di notte del grande Rembrandt.Monsieur Profiterol rimase ad ammirarla in stupefatto

silenzio, per qualche istante. Pareva addirittura commosso.

43

– Lei, signor Maalander, ha compiuto un’impresa ec-cezionale, degna dei grandi ladri d’arte della storia! Qual-cosa del genere era riuscito solo a me e al mio fraterno ami-co, Lord Palmerston. Purtroppo Philippe Gratin, questodifensore dell’arte, questo boy-scout che invece di aiutarele vecchiette ad attraversare la strada aiuta i quadri a tor-nare al loro posto, mi ha messo i bastoni fra le ruote. Miha battuto e reso ridicolo. E mi ha sottratto un bel po’ disoldi, anche.

Il Conte di Saint Honoré era seduto di fronte al suoospite che lo ascoltava attentamente.

Con loro erano l’infido antiquario di corte, Nean DerThaal e l’abile ladro internazionale Christian Delerne, aliasmolte altre cose.

– Per questo siete qui, signor Conte. Conoscete per-fettamente PG. Con la vostra esperienza, il vostro desi-derio di vendetta e con i miei soldi e la collaborazione diquesti due amici, faremo grandi cose. Questa volta il di-pinto non tornerà nel museo. Sconfiggeremo Gratin e lasua banda scalcagnata.

– Non fatevi ingannare dalle apparenze. Sembrano uninsieme più pittoresco che veramente pericoloso, ma viposso garantire che sanno essere micidiali quando oc-

42

“Rivoglio il mio squalo!”

Una certa bestia si aggirava pigramente per i canali diAmsterdam.

Aveva pranzato con i rifiuti del mercato del pesce, in-goiando pure qualche gabbiano che si ostinava a svolaz-zargli davanti alle fauci per contendergli il cibo.

Ora curiosava in giro. Si imbatté nella famiglia di anguille, sue amiche.– Salve Jerome, come ti va? – chiesero, gentili e inti-

midite.– Il solito schifo. Fatemi compagnia, mi va di chiac-

chierare un po’. Sapete, mi aiuta parlare, mi distende inervi. Come ai bei tempi di San Diego, in California,quando ero in analisi da uno strizzacervelli veterinario.Sapete, soffrivo di esaurimento nervoso…

Si poteva rifiutare? Si accomodarono in un anfratto sotto un vecchio pon-

tile di legno.– Vi ho mai raccontato dei tipi che sono la causa delle

mie disgrazie?– Noo, maii!!Lo squalo allungò i suoi dodici metri abbondanti nel-

l’acqua bassa e scura, muovendo in modo appena percet-tibile le branchie e cominciò:

Quindi alzò la mano: – Un’ultima cosa, signore. Mi ri-sulta che lei possieda una flottiglia di pescherecci, una dit-ta specializzata in ricerche subacquee, oltre ad una societàdi trasporti su acqua che opera nei canali di Amsterdam.

– …?… –– Ebbene, pongo una condizione irrinunciabile alla mia

collaborazione in questa faccenda. Dovrete catturare unacerta bestia che si aggira nei canali della città e conse-gnarmela. È mia e la rivoglio a tutti i costi!

44 45

Finisce il racconto di Jerome.Dopo lo spettacolo si va in pizzeria

ni su quei giorni davvero straordinari.– Bella la vita del circo! – urlava eccitato il grosso Ni-

colao – Mi piace fare il sollevatore di pesi. Anche stare al-la base della piramide umana e sostenere tutti gli altri èdivertente. Peccato per quell’improvviso solletico dietrol’orecchio. Ho dovuto mollare la presa e sono precipitatitutti come mele cotte!

E piegata a metà una pizza, la ripiegò ancora come fos-se un tovagliolo e se la infilò in bocca.

– Pere cotte – corresse Lucien Luciern. Passò il cameriere. Lo fermò.– Vorrei una forma di gruviera, tagliata in otto parti.

Grazie.– Una forma intera? Certo il signore voleva dire…– Volevo dire proprio una forma. La tagli in otto fette

e ce la incarti, per favore. La portiamo via.– Certo con te e le tue bestiacce non si passa inosserva-

ti! – rise Hivanò Scartezzini – Allora, come vanno i rap-porti? Atomix, Lan Pion?”.

– Spedito!– Spedito!– Ottimo. Stanotte preparerò il mio. A proposito, oggi

ho assistito ad una scena interessante davanti al negoziodell’antiquario, il signor Nean Der Thaal…

Era passata da un pezzo l’ora di chiusura, quando la ban-da uscì dal locale schiamazzando allegramente.

Un fischio di Lucien richiamò i Bovari del bernese cherazzolando tra i rifiuti avevano ribaltato qualche cassonetto.

Distribuì il formaggio, accolto con ululati di gioia.Sulla strada del ritorno si fermarono a tirar sassi lisci e

piatti sulla superficie calma di un porticciolo. Il più abile era, incredibile a dirsi, Lan Pion, il quale usa-

va una tecnica tutta particolare: la palma d’anatra laccata,

47

– Allora. Vi dicevo di quando sono stato trascinato at-traverso il pavimento della mia bella piscina nella villa di Pa-rigi e sono finito dritto nelle fognature, tirato per il naso dauna specie di trapano gigante. Mentre mi succedeva tutto que-sto, ho avuto il tempo di guardarmi in giro. Voi sapete che,come tutti gli squali, non ho una gran vista, dopotutto a cheti serve vederci bene, se tanto l’unica tua preoccupazione è in-goiare e triturare tutto quello che ti capita a tiro? Ah! Ah! Ah!

– Ih! Ih! Ih!– Ma a quelli sono passato molto vicino, talmente vi-

cino da poterli vedere negli occhi. E li ho tutti qui, intesta. In particolare una montagna tutto muscoli, un be-stione che da solo azionava il maledetto congegno che miha trascinato giù. E poi, non solo persone. Animali!

A questo punto l’attenzione delle anguille era assoluta-mente sincera, così grande gli sembrava l’enormità dellarivelazione, pure ascoltata qualche decina di volte.

– Topi, amiche mie, i più grossi, grassi e succulenti to-pi che siano mai esistiti. Altro che i quadrupedi nani chesi aggirano in queste acque!

Lo spettacolo del Circo Gondrano era finito. I nostri amici avevano deciso di concedersi una bella

spaghettata da Ciro ‘o vesuviano, nota pizzeria sulla piaz-zetta del Mercato Nuovo.

Lucien Luciern fece un breve discorso alle sue bestie chesi intrufolarono tra i cassonetti sul retro del locale.

E lì rimasero in diligente attesa.Nella sala dei banchetti c’erano ancora posti liberi, ma

furono fatti accomodare in una saletta più piccola, tuttaper loro.

Tra un antipasto di mare, alcuni chili di spaghetti alloscoglio e dieci pizze del diametro di mezzo metro - sei era-no per Forzarmati - i nostri si scambiavano le impressio-

46

così la chiamava. Il sasso usciva dalla sua mano ruotando co-me un disco, sfiorava e rimbalzava sulla superficie dell’ac-qua senza affondare, anche venti volte.

Tutti lo guardavano ammirati.

Anche qualcun altro li guardava, silenziosamente, sem-pre più da vicino.

All’inizio erano state voci e forme indistinte, arrivate alui attraverso le onde; si era subito messo in caccia. Ades-so era scivolato senza rumore fino a sfiorare il pontile sucui si trovavano i nostri amici.

Sollevò il muso per vedere meglio, ebbe appena il tem-po di riconoscere l’uomo dalla testa in fiamme e un altro ac-canto a lui, che un sasso piatto e appuntito lo beccò propriosulla punta del naso, dove la cicatrice causata dal trapanoera più sensibile.

Ruggendo diede un colpo di coda e balzò fuori dall’ac-qua. Spaventoso. La banda rimase pietrificata.

Nicolao Forzarmati non si era ancora accorto di nulla. Aveva sollevato un macigno da un quintale e si appre-

stava a buttarlo in acqua. Già si era molto meravigliato che i suoi blocchi di pie-

tra non rimbalzassero per niente, ma affondassero causan-do colonne d’acqua alte cinque metri.

Comunque sollevò la pietra squadrata di mezzo metrodi lato, si voltò, prese lo slanciò e la tirò, senza nemmenoguardare. Poi vide…

– Il bestione che mi ha mangiato gli sfilatini! – urlòmentre la pietra lasciava le sue mani volando nell’acqua.

“Il bestione che girava attorno alla mia piscina!” pensòJerome prima di sentire una mazzata tremenda in testa.

L’ultima cosa che lo squalo vide prima di affondare e ri-emergere pancia all’aria, furono otto topi, grandi comemarmotte gigantesche, che saltavano sul molo.

48 49

Per un bel po’ nulla di strano, pochi clienti. Poi è arri-vato Atomix e si è infilato nel negozio dell’antiquario. Vuo-le controllare se ci sono strani movimenti, dice lui… Sap-piamo che si è preso una cotta per Clarissa, la segretaria diNean Der Thaal. Ma, quello che è incredibile, pare sia ri-cambiato! È rimasto un bel po’, è uscito con un’espressionebeata e un sorriso a trentadue denti sulla bocca.

Passata un’altra ora arriva un furgone. Tappeti OrientaliDen Bosch stava scritto sul cassone.

“Bene”- penso io “qualche raro tappeto o un arazzoprezioso”.

E per pura curiosità, facendo finta di niente esco e miavvicino alla mia maniera, come una faina al pollaio.

Scendono due tipacci coperti di geroglifici come co-lonne egizie e si guardano un po’ troppo in giro, prima diaprire il cassone.

“Sospetti” ho pensato. Mi eclisso dietro una colonnina telefonica. I due tolgono con precauzione un tappeto arrotolato, si

guardano ancora attorno e lo portano dentro il negozio diNean Der Thaal.

Intanto, io ho infilato un paio di occhiali scuri, a spec-chio, estraggo il mio bastone bianco telescopico dall’im-permeabile e faccio il numero del non-vedente.

Passo vicino a loro, che si fermano, tasto il terreno, glivado quasi addosso.

– Attenzione, ci siamo noi! – ringhia uno, cercando diessere cortese.

– Grazie, ragazzi – dico io, li evito, proseguo, sempretastando l’asfalto salgo sul marciapiede e svolto l’angolo.

Adesso il punto è: che cosa portavano i due tipi, sequello arrotolato non era un tappeto e nemmeno un araz-zo, dato che si sarebbe dovuta vedere la trama del dise-gno intessuto, sia pure rovesciata?

51

“Capo, questa storia è davvero una faccenda incredibi-le. Dico, ti rendi conto che quella specie di grossa aringache stava nella villa di Profiterol a Parigi adesso se ne vaa spasso per i canali di Amsterdam?

I ragazzi della banda l’hanno riconosciuto senza alcundubbio. Da non crederci se non l’avessi visto con i mieiocchi! Abbiamo anche rischiato di servire da antipasto almerluzzone.

Per fortuna Nicolao lo ha steso. Pare ci sia della rugginefra i due, per una questione di panini, non ho capito bene.

Comunque veniamo al caso Ronda di notte.I ragazzi sono in gamba e stanno facendo un buon la-

voro. Hai ricevuto i primi due rapporti. Posso aggiunge-re che sotto la copertura del Circo Gondrano riusciamo amuoverci bene e a tenere d’occhio le persone giuste.

Per raccontarti l’ultima, questo pomeriggio, prima del-lo spettacolo, ero di guardia al negozio d’antiquariato diNean Der Thaal, che come secondo mestiere fa l’espertod’arte per conto della Regina o qualcosa del genere.

Il caffè Gullit, proprio di fronte, è l’ideale per questotipo di appostamento. La sala biliardi ha un’ampia vetra-ta e da lì puoi giocare, bere una birra e osservare chi va echi viene.

50

Rapporto n° 3 - Scartezzini

Amsterdam è una delle città più tranquille d’Olanda,che è una delle nazioni più tranquille d’Europa. Non c’è

da stupirsi che l’intera popolazione fosse in allarme. Figurarsi! Due audaci colpi nel giro di pochi giorni. La gente era preoccupata.Fu un Ispettore Capo Van Der Kanal piuttosto nervo-

so quello che si presentò alla conferenza stampa quellamattina.

Il suo diretto superiore, il Capo della Polizia voleva ri-sultati, dato che il Ministro degli Interni voleva risultati,in quanto il Primo Ministro voleva risultati, perché suagraziosa Maestà la Regina era parsa turbata da quanto suc-cedeva.

– Non potremmo mai presenziare all’apertura di unamostra ove mancasse il dipinto più prezioso del nostroRegno! – aveva sospirato sua Maestà, assaggiando unapralina al cioccolato bianco e mandando il Governo sul-l’orlo della crisi.

Ed ora lui era lì, sotto i riflettori. Il fuoco delle domande cominciò subito.– È vero che i ladri si sono calati dal tetto, attraverso

un lucernario, usando delle corde?– Corde un corno! Sono passati dalla porta principale,

E dato che invece quella che ho visto era tela dipinta,con tanto di orlo scolorito, come se fosse rimasto secolisotto una cornice? Un dipinto molto grande, diciamo ot-to metri per cinque…

Interessante, vero?

Ti saluto. Vieni presto, qui le cose cominciano a farsi complicate”.

Hivanò detto il Mostarda

52 53

Conferenza stampadell’Ispettore Capo della Polizia:

“Nessun legame tra i due episodi”

– Ah! Vabbè, per questa volta lasciamo perdere… Al-tre domande?

– Come potete essere sicuri che la tela e i diamanti nonsiano già usciti dal Paese?

– Abbiamo bloccato le frontiere, frughiamo i bagagli,li passiamo ai raggi X. Non c’è barca o nave che possa la-sciare i porti senza essere accuratamente perquisita. Si trat-ta di merce che scotta, ingombrante per giunta. No, sonoancora qui, ad Amsterdam!

– Un’ultima domanda: lei ritiene che esista un collega-mento fra i due colpi, che siano magari opera della stessamano? Forse un gruppo terroristico o una multinazionaledel crimine?

Van Der Kanal scrutò a lungo la cronista bionda e ca-rina che aveva fatto la domanda.

Ci fu un momento di silenzio, carico di tensione.– Lo escludo categoricamente! Questa è la realtà, bam-

bola, non siamo in un film giallo d’azione! E si alzò. La conferenza stampa era finita.

55

usando chiavi false! – quando era nervoso l’Ispettore sa-peva essere piuttosto maleducato.

– Cosa? Chiavi false per entrare nel Museo? È inaudito!Van Der Kanal sospirò, contò fino ad una cifra abba-

stanza alta per sbollire e poi parlò: – Bene: da dove volete cominciare?– Dal furto del Rembrandt! – gridò un cronista.– Dalla rapina dei diamanti! – urlò un giornalista.– Zitti! Che diamine, sembra di essere al mercato del

pesce! Bisogna ammettere che tutto il paese, che seguiva la

conferenza televisiva si fece una pessima opinione del-l’Ispettore Capo.

– Allora: i ladri del Rembrandt si sono calati dal tetto.I segnali d’allarme sono stati neutralizzati, non sappiamoancora come. Sempre dal tetto sono scappati. Abbiamodelle tracce, seguiamo delle piste…

– E i diamanti?– Crediamo nell’esistenza di un basista, un complice

all’interno. Abbiamo una pista precisa, siamo fiducio-si… – e tutti ebbero l’impressione che il pur bravo po-liziotto recitasse una litania e in fin dei conti non sa-pesse che pesci prendere.

– Due colpi clamorosi in pochi giorni. Non sarà chela Polizia è inefficiente? – chiese bruscamente un gior-nalista.

– Inefficiente sarà sua nonna, imbecille!– Maleducato!– Io la faccio arrestare – e fece cenno agli agenti.– Ehmm! Non può farlo, Capo… l’informazione ha i

suoi diritti – gli mormorò il viceispettore Jaspers, sedutoal suo fianco.

– Sicuro?– Sì!

54

– Sono uscita così di corsa, nemmeno il tempo di met-termi un filo di rimmel!

Attraversando la città aveva bruciato qualche semaforo.– Attenta, è rosso! – aveva osato dire il poveruomo se-

duto al suo fianco.– Rosso! Non proprio rosso, era appena scattato. Di-

ciamo rosa… – aveva cinguettato lei allegra, pigiando afondo sull’acceleratore.

Si sentivano sibilare i fischietti, vide nel retrovisore al-cuni poliziotti che si sbracciavano.

– Veramente quelli…– Simpatici vero? Mi capita spesso, gli uomini fischia-

no al mio passaggio, mi salutano.Lui tacque fino a quando scesero dalla vettura. – È qui?Priscilla sollevò la serranda della lavanderia, lo fece pas-

sare, la riabbassò. Senza accendere le luci passarono nel re-tro, infilarono un corridoio e una porticina blindata cheimmetteva in un garage sotterraneo.

Lo attraversarono, presero un ascensore, salirono ottopiani. Uscirono. Sul pianerottolo una porta socchiusa sem-brava aspettarli. La ragazza l’aprì, fece passare Otto Wa-fer. In una grande sala, con la testa contro la vetrata chedava sull’Arco di Trionfo, un uomo aspettava.

Gli andò incontro, si strinsero calorosamente la mano:– Caro amico, benvenuto a Parigi, che piacere averla

qui! Magnifico panorama vero? So che lei ha bisogno dime! Ma la prego si sieda, è ora di cena, il viaggio le avràmesso appetito, immagino – e indicò una tavola prepara-ta con raffinatezza francese.

Priscilla gli volò al collo: – Amore, che meraviglia! Haicucinato cose stupende! Ti sarà costato fatica…

– È costato fatica al nostro amico Olivier Moustard,il grande cuoco dell’Escargot Agile, cara. A proposito, ti

57

Priscilla aveva guidato con la consueta disinvoltura, di-vorando la strada da Amsterdam a Parigi in poco più ditre ore. Era buio quando parcheggiarono davanti alla ser-randa chiusa della lavanderia Ultra-Rapida.

Scesero. Otto Wafer si sgranchì le gambe, gemendo,guardandosi attorno stupito.

Non credeva ancora ai suoi occhi. Quando la bella ra-gazza bionda aveva suonato alla porta del suo appartamentoda scapolo e si era trovato davanti quella visione, avevaavuto una specie di palpitazione. Il cuore gli si era ferma-to, per un attimo, poi aveva accelerato a mille.

– Venga con me. Una persona ci aspetta a Parigi. Lo in-contreremo prima di sera. Domattina lei sarà a casa.

Non aveva detto una parola. Il tempo di spegnere ilfuoco sotto la padella dove bollivano tre patate, togliersile pantofole, infilarsi la giacca grigia e prima di capire sitrovava già in autostrada sulla corsia di sorpasso.

– Philippe Gratin, vero? Sapevo che avrebbe rispostoal mio appello. Mi aiuterà? Riavrò il mio quadro? Potre-mo inaugurare la mostra in tempo?

Lei lo guardò sorridendo e tornò a concentrarsi sullaguida. Concentrarsi è forse troppo: filava nel traffico usan-do lo specchietto retrovisore per sistemarsi il trucco.

56

Priscilla passa con il rosa.Otto Wafer viene invitato a cena

Sappiamo chi sono. Sappiamo con chi si incontrano. Sap-piamo dove tengono il quadro. Sappiamo che anche il col-po dei diamanti è opera loro. Ma…

– Ma perché non li facciamo arrestare! – gridò il pic-colo uomo balzando in piedi. Poi sedette, imbarazzato.

– … ma non possiamo muoverci. Non ancora. Po-trebbero danneggiare il quadro, distruggerlo addirittura.

A queste parole il povero Otto sbiancò e non cadde aterra solo perché stava sprofondato nella poltrona.

– Sono convinto che il furto al Museo sia solo una co-pertura per quello dei diamanti. Non mi meraviglierei sei delinquenti usassero il quadro come scudo per poter pas-sare la frontiera e tagliare la corda con il resto.

– Ma non devono farla franca!– Questo non lo so. Di sicuro non permetterò che fac-

ciano del male alla Ronda di notte. Parola di PG!– Posso almeno sapere come, chi?…– Meglio di no, per ora. Devo ancora mettere a punto

qualche dettaglio. È tardi signor Otto. Le chiamo un taxi.Il treno ultra veloce per Amsterdam parte fra mezz’ora.Riuscirà a dormire qualche ora prima di tornare al lavorodomattina, come se nulla fosse successo. E in effetti nullaè successo. Lei non si è mai mosso da casa sua. Questo in-contro non è mai avvenuto.

E ancora una volta, senza quasi rendersi conto di nul-la, il Direttore del Rijksmuseum era in viaggio, stavoltadiretto a casa sua.

59

saluta e ti augura bon appétit. Mettiamoci a tavola, pre-go, si parla meglio gustando queste delizie.

Il Direttore del Rijksmuseum sedette in punta di se-dia. Guardava quella tavola imbandita, i cristalli, le por-cellane, le posate d’argento con inciso il monogramma PGe pensava alla sue tristi cene solitarie a base di birra, arin-ghe, patate lesse e crema di piselli surgelata.

Gli venne un nodo alla gola. Ma quando portò alla bocca un crostino imburrato spal-

mato di paté, come ebbe bevuto un sorso di Borgogna ros-so e vellutato che gli scaldò lo stomaco, tutti i pensieri sva-nirono in quella armonia di sapori e di profumi deliziosi.

La cena era stata portentosa, terminata con la famosa“Palla di cioccolato flambé”, un’invenzione paradisiaca cheOliver Moustard riservava a pochissimi amici intimi.

– Adesso possiamo fare il punto. Philippe aveva fatto accomodare il suo ospite in salotto.Priscilla serviva il cognac e i sigari.“Il punto?” pensò sgomento Otto Wafer. “La Ronda di

notte, certo!”. Per un’ora se n’era completamente dimenti-cato. Avevano parlato di tutto, ma non si era fatto cennoa quello.

– Alcune cose sono ancora incerte, altre sono sicure.Una soltanto è certissima e arcisicura: esiste un preciso le-game tra il furto del quadro e la rapina dei diamanti.

Otto Wafer lo guardò sbigottito. – Possibile…?– Da alcuni giorni i miei uomini sono ad Amsterdam.

Li ho messi su alcune piste e hanno trovato tracce eviden-ti. Almeno a me. Bisogna essere nel mondo dell’arte damolti anni, conoscerla ed amarla come me, come noi, percogliere certe sfumature, certe sensazioni. Un nome, unacoincidenza. E poi lavorarci su. Pensare. E tutto va al suoposto, come un antico, perfetto, meraviglioso mosaico.

58

ingenti perdite al nemico. Intanto in mezzo alla confu-sione Mariel e Johann erano sgusciati via e stavano infi-landosi in una gelateria. Li ho seguiti e abbiamo consu-mato qualche chilo di gelato. Alle undici, quando suona-va il coprifuoco, eravamo a casa. Che fatica!

In compenso, devo dire che il mio vecchio cuore di sol-dato è rimasto toccato nel sentire i nipoti mormorare:

– Grazie Nicolao, non ci eravamo mai divertiti tanto!Venendo all’incarico di sorveglianza affidatomi, devo

comunicare quanto segue:– il dipinto sottratto al Museo è stato trasferito notte-

tempo dal negozio dell’antiquario su una chiatta del Mo-lo Est, all’imboccatura del porto. Tale imbarcazione è stret-tamente sorvegliata da uomini armati. Ho assistito per-sonalmente al trasbordo della tela in una notte di luna pie-na, aiutato nell’operazione di spionaggio dalla mia dota-zione di visori ad infrarossi.

Non posso dire di più perché un improvviso attacco dimal di pancia mi ha spinto ad allontanarmi. Troppi pani-ni al filetto crudo d’aringa con cipolle, probabilmente.

Lucien Luciern provvederà a controllare e riferirà in se-guito. Scartezzini sostiene che i malviventi aspettano so-lo l’occasione per tagliare la corda per via di mare, appe-na i controlli della Polizia si saranno calmati.

Avrei voluto entrare in azione, tu sai che io non amorestarmene inattivo, ma Hivanò mi ha detto che è meglioaspettare il tuo arrivo prima di cominciare a menare lemani.

Da buon soldato ho obbedito.Sempre agli ordini, tuo fedelissimo”. Nicolao

61

“Rapporto di Nicolao Forzarmati, generale paracadu-tista a riposo. Agli ordini, Capo!

I nipoti della signorina Priscilla dormono, come da miopreciso ordine. Quando mi è stata affidata la missione difare da caporale di giornata ai due piccoli non pensavo fos-se un compito più difficile di quella volta che a Beirut li-berammo gli ostaggi dell’aereo con un’audace incursionenotturna!

Obbedendo alle disposizioni impartite dalla tua adora-bile fidanzata, ho provveduto al rancio della sera: pasta efagioli, uova, pancetta, bistecca alta tre dita, cotta al san-gue e patate.

Ho pensato che un boccale di birra non poteva far ma-le. Dopo cena ho lasciato loro due ore di libera uscita.

Allo scoccare della ritirata non erano ancora rientrati.Ho allertato la squadra e ci siamo messi alla loro caccia. IlMostarda li ha beccati in una sala giochi vicino al porto.

Quando sono arrivato li ho messi immediatamente sul-l’attenti. Mentre stavo per ricondurli a casa in fila per duequalcuno nel locale, certi tipi dai capelli colorati e pienidi fermagli sulla faccia, ha avuto a che ridire sulla mia di-sciplina. Così è scoppiata una rissa.

Con l’aiuto della banda mi sono sganciato provocando

60

Rapporto n° 4 - Nicolao Forzarmati

to. Prese dalla dispensa una bottiglia di cognac stravec-chio e quattro bicchieri.

– Alla salute di Rembrandt! Lunga vita alle Assicu-razioni Tulip!

Bevvero.– Si sta bene qui. Ma perché questo viaggio misterioso?– Qual era la cosa che dovevamo vedere?– Quando potremo sparire dalla città?Il miliardario disonesto rise di cuore. Si alzò e fece cenno agli altri di seguirlo. Sollevò il portello e scoprì una scaletta che scendeva

sottocoperta. Il clima era incredibilmente asciutto per es-sere una chiatta ancorata da tanto tempo.

Al centro del locale stava arrotolato un tappeto che nonera un tappeto, come già aveva notato l’astuto Scartezzini.

– Perché qui?– Perché non mi faceva comodo farlo ritrovare dalla Po-

lizia in uno dei miei rifugi. Né faceva comodo a te che loritrovassero nel tuo negozio. Giusto Nean Der Thaal?

L’antiquario assentì vigorosamente. – Questa chiatta risulta intestata ad un pensionato di

novantacinque anni. Non avrà problemi il vecchietto enessun pericolo per noi. Però, ora che ci penso, si può fa-re ancora meglio. Intestarla a un certo ladro impiccioneche avrà una brutta sorpresa…

Monsieur Profiterol, Conte di Saint Honoré tremava disdegno.

– Farlo ritrovare?!?… Restituirlo!… È inaudito!…Pazzesco!… Mi avete preso in giro! Le mie valigie di pre-zioso ornitorinco, presto! Portatemi immediatamente al-l’aeroporto, torno a Parigi!

– Calmatevi Conte. È proprio qui che voi siete indi-spensabile. Voi e solo voi sarete l’eroe di questa storia.Ascoltate, quando la Polizia verrà avvisata che…

63

La nebbia era calata improvvisa sul Molo Est, la partepiù orientale del porto di Amsterdam.

Erano spariti uno alla volta i muraglioni di conteni-mento, i larghi canali che permettevano l’attracco deibarconi e dei pescherecci, le stradine e i ponti. Scomparsele case dei pescatori e le locande accoglienti e fumose,sempre piene di gente fino all’alba.

Nella nebbia che si faceva più fitta via via che ci si av-vicinava al Molo Est, un gommone avanzava sul canale.

Il motore elettrico lo rendeva silenzioso come il vascellodell’Olandese Volante. Accostò ad una chiatta ancorata adun pontile del molo. Le luci erano spente, l’imbarcazionepareva disabitata da molto tempo.

Altre chiatte si allineavano, in processione. Quattro uomini trasbordarono sul ponte dell’imbarca-

zione, si infilarono nella cuccetta. Uno restò ad aspettarenella notte.

Si accesero le luci. Un gradevole tepore accolse i visitatori. A dispetto del-

le apparenze il locale era ampio e confortevole. – Mi sembra il caso di bere qualcosa di forte in una

notte come questa! Rudolph Maalander era come sempre un ospite perfet-

62

Rudolph Maalander salta da unachiatta all’altra

“Ciao Philippe, io e le mie bestiole stiamo bene e cosìsperiamo di te. Io e loro ci muoviamo preferibilmente dinotte, dopo lo spettacolo del circo, sai, per motivi di or-dine pubblico.

Così ci toccano i turni di sorveglianza più duri, quan-do la città dorme.

Stanotte, per dire, eravamo al porto, Molo Est. Di colpo cala una nebbia da non vederci a un passo. Si

rischiava di finire in acqua e sparire. Magari in bocca aduna certa bestia di cui ti ha già raccontato Hivanò.

Beh, ordino ai miei piccoli di starmi appresso e proce-diamo per un po’ in fila indiana.

Niente da segnalare, qualche marinaio ubriaco che siera perso e ti chiedeva la strada per Berlino e poco altro.Il fatto è che dopo un po’ non riuscivo più a capire dovemi trovavo, insomma per farla breve mi sono perso in unamen.

“Mi fermo alla prima locanda e aspetto il mattino” hopensato fra me, anche se mi spiaceva perdere il turno disorveglianza alla chiatta che ci aveva segnalato Forzarmati.Magari succedeva qualcosa d’importante…

Poi l’Albino si ferma di botto e annusa l’aria, comin-ciando a saltare come avesse sentito qualcosa di strano.

65

Passò qualche minuto. Si spensero le luci sull’imbarcazione. Le quattro figure scivolarono fuori, ma non salirono sul

gommone che aspettava. Saltarono invece sul ponte della chiatta più vicina.

64

Rapporto n° 5 - Lucien Luciern

Gli altri sette pure. Io cerco di calmarli, ma più andiamo avanti più si mo-

strano eccitati. Io li conosco, sono il loro allenatore, soquando devo assecondarli.

– Vai, Albino, bello mio, vai che ti seguiamo!Quello parte deciso, in mezzo al buio e alla nebbia come

se avesse il radar piantato nel naso. Noi dietro al trotto. Facciamo un bel po’ di strada, comincio a pensare che

il vecchio Albino ha preso un abbaglio, quando mi ritro-vo su un pontile, proprio davanti alla famosa chiatta.

Tutti fermi. Entriamo nell’ombra di una casa e guar-diamo. A fatica distinguiamo un gommone attraccato edun tipo che fuma nel buio. Sembra stia aspettando. Le lu-ci sulla chiatta sono accese.

– Bravo Albino! E anche voi ragazzi, meritate una ra-zione doppia… – ma lui si sposta in avanti, lo seguo e siferma presso un altro barcone, attraccato lì vicino.

Qui viene il bello, Capo! Sembravano impazziti, tutti e otto, sembrava li avesse

morsi la tarantola, sono saltati dentro e hanno comincia-to a rovistare tutto.

Stavano per far saltare la serratura della cuccetta e cac-ciarsi di sotto, quando si sono udite voci.

Li ho richiamati a fatica siamo risaliti sul molo e ci sia-mo eclissati nell’ombra appena in tempo!

Quattro persone uscivano dalla prima chiatta. Mi aspet-tavo di vederli salire sul gommone e andarsene. Invece ci so-no passati sotto il naso, sono saltati sul ponte del barcone.

Beh! tieniti forte Capo! Sai chi era uno di loro? Il nostro vecchio amico Mon-

sieur Profiterol, Conte di Saint Honoré!!! Gli altri tre giàli conosci. Andiamo avanti.

Il Maalander apre la porta della cuccetta. Entrano, scen-dono sottocoperta.

6766

Era appena spuntata l’alba. L’Ispettore Capo Van Der Kanal, già al lavoro da due

ore, leggeva e rileggeva il fax che gli era appena arrivatodalla Direzione Centrale della Polizia di Parigi:

“NOSTRE FONTI SICURE E ATTENDIBILI CI DICONO CHE IL NO-TO LADRO D’OPERE D’ARTE PHILIPPE GRATIN STA PER GIUNGERE

AD AMSTERDAM. PROBABILI LEGAMI CON IL FURTO DELLA RON-DA DI NOTTE.

ANCHE MONSIEUR PROFITEROL, CONTE DI SAINT HONORÉ,GIÀ SOSPETTATO PER FURTI D’ARTE, SI TROVA IN CITTÀ. SI PUÒ

IPOTIZZARE UN’AZIONE COMUNE DEI DUE MALFATTORI NELL’AF-FARE DELLA RONDA DI NOTTE.

SI CHIEDE DI FERMARE IL SUDDETTO PHILIPPE GRATIN E DI

TRATTENERLO E DI SORVEGLIARE LE MOSSE DEL CONTE.DISTINTI SALUTI,ISPETTORE CAPO JAMBON”. Seguiva un altro foglio con la fotografia dei due ricercati.Van Der Kanal sospirò, già irritato di prima mattina.

La cosa puzzava di seccatura lontano mille chilometri. Non gli bastavano i guai e i malfattori olandesi, ades-

so ci si mettevano pure i francesi a rompergli le uova nelpaniere. Schiacciò un pulsante, la porta si aprì lasciandoentrare Jaspers e Zampon, viceispettori.

69

I miei animali ricominciano a dare i numeri. Alla fine quelli escono, montano sul gommone e spa-

riscono nella notte.Ascolta Philippe: quella chiatta è piena zeppa di for-

maggio. Gruviera della migliore qualità. Non c’è altra spiegazione al comportamento dei miei

bernesi: quello hanno fiutato. Non chiedermi perché si trova lì, cosa se ne fanno i fa-

rabutti, ma una cosa è sicura: su quella barca ci sono quin-tali di gruviera, buchi compresi.

A questo punto credo sia assolutamente necessaria latua presenza in città: troppe cose sono strane, abbiamo rac-colto molte informazioni. Ci manca un cervello capace dimettere insieme il tutto, trarre le conclusioni e decidereil da farsi.

Ci manchi tu.

Ti aspettiamo”. Lucien e le sue bestiole

68

Doppia trappola per PG!

gi ci hanno avvisato che Gratin arriverà all’aeroporto ver-so mezzogiorno. Voi vi appostate e lo aspettate all’uscita.Dovete sequestrarlo e portarlo qui. Niente sparatorie, ba-sta minacciarlo, lui non è stupido, vi seguirà. Tornate conlui o vi faccio sposare sul serio!

Partiti. Il Conte Profiterol uscì dall’ombra. Sembrava piutto-

sto scettico riguardo quella messinscena.– Caro Conte, presto sarete vendicato. No, non chie-

detemi nulla, per ora. Posso solo dirvi che tra poco Gra-tin avrà finito di fare il boy-scout recupera-capolavori, pa-rola di Rudolph Maalander!

71

– Questi due non devono entrare. Bloccateli. Diffon-dete fotografia e descrizione. Se sono già entrati, trovate-li e fateli accomodare in cella, fino a nuovo ordine. Ho giàabbastanza problemi, che diamine!

– Sì, Capo! – Subito, Capo!– Ah! Dimenticavo. Pare che Gratin viaggi accompa-

gnato da una ragazza bionda, molto bella e vistosa. Fer-mate anche lei, così, per precauzione.

– E l’altro?– Monsieur Profiterol viaggia solo. Si riconosce facil-

mente dai bagagli. Valigie di ornitorinco biondo di Su-matra. Specie rarissima.

Uscirono.

– Pronti ragazzi?– Prontissimi, signor Maalander, come va il travesti-

mento?Il miliardario girò attorno alle due coppie, stette un po’

in silenzio e poi scoppiò in una sonora risata: quattro brut-ti ceffi vestiti con i costumi tradizionali olandesi erano unospettacolo irresistibile.

– Beh, ragazzi siete fantastici, due coppie di fidanzati-ni. Specialmente voi Rodenbach e Pursionnen, ragazzimiei, vi siete trasformati da gorilla in… due splendideolandesine, niente da dire.

I due, travestiti da ragazze, risero mettendo in mostravuoti pericolosi nella chiostra dei denti.

I due accompagnatori parvero alquanto imbarazzati.– Meglio che non sorridiate, però. E niente vestiti scol-

lati, e minigonne, vi si vedono i tatuaggi e avete le gam-be storte e pelose!

I due si affrettarono a chiudere la bocca, con aria offesa.– Allora siamo intesi. Gli uomini di Profiterol a Pari-

70

cono ai miei occhi azzurri!– Sii gentile Scilla, è una questione importante. Dob-

biamo passare i controlli.– Un momento solo. Ecco fatto! Si è chinata di nuovo e quando si è rialzata i suoi stu-

pendi occhioni erano nerissimi!– Lenti a contatto… – ha cinguettato felice.Siamo passati sotto il naso degli agenti che ci hanno de-

dicato solo un’occhiata distratta.Appena fuori dell’aeroporto, nell’immenso atrio della

stazione di partenza dei treni per Amsterdam, prima cheriuscissi a bloccarla, Priscilla si è subito liberata della par-rucca, semplicemente sfilandosela, lì, davanti a tutti.

– Uffa, non ne potevo più! Ho tentato di fermarla, troppo tardi. Intorno tutto

sembrava normale, nessuno pareva essersi accorto di noie della mossa avventata della mia adorata.

Solo due strane coppie ci stavano osservando. Loro, gli uomini, due marinai, con tanto di maglietta

a righe bianche e azzurre, pantaloni bianchi e giubbottoblu, parevano molto interessati alla mia fidanzata.

Se la mangiavano con gli occhi. Nulla di strano, quindi. Cosa volete, va sempre a finire così, dove passa Priscilla

si sente un rumore di cuori infranti, peggio che un dia-volo della Tasmania in un negozio di cristalli!

Eppure… le ragazze che li accompagnavano, due bion-done vistose, di una bruttezza terrificante, vestite con ilcostume olandese, cuffia e zoccoloni di legno compresi,l’ammiravano a bocca aperta.

Questo non era normale. Così come non erano normali le loro spalle a quattro

ante, le mani da muratore, grandi come pale per la neve ei piedi numero quarantacinque!

73

Era da poco passato mezzogiorno. All’aeroporto Schipol di Amsterdam tutto sembrava

tranquillo. Io e Priscilla viaggiavamo senza bagagli, solo la mia

piccola ventiquattr’ore, dove tenevo il necessario per il la-voro e la sua grossa valigetta del trucco.

Ma già sul lunghissimo nastro trasportatore che ci por-tava dal terminale alla partenza dei treni-navetta per Am-sterdam centro ho capito che qualcosa non andava: unaquantità di poliziotti in divisa controllavano tutti e, quelche è peggio molti altri in borghese sparsi per l’aeropor-to, riconoscibili per le scarpe nere e lucide, gli occhiali aspecchio e l’auricolare.

– Aiutami ad allacciarmi le scarpe, per favore!– Ma Philippe, amore, non sei un bambino delle materne!– Chinati ti dico, e fingi di aiutarmi!Lei si è inginocchiata accanto a me. Dieci secondi. Quando ci siamo rialzati io ero diventato un distinto

commerciante inglese, cappello, occhiali da collezionistadi francobolli, baffi a spazzola e pipa compresa, lei la miasegretaria, capelli neri e aria professionale.

– Ma Philippe, io odio le parrucche nere, non si addi-

72

Facchini, bionde e marinai…

– Un po’ stretta, dentro questo baule. Se ne sono andati?– Li vedo, si guardano intorno. Cercano noi, di sicuro. – Poliziotti?– Non direi davvero, non avrebbero bisogno di tra-

vestirsi da pupe e marinai. Credo che l’amico Maalan-der volesse organizzarci una festa di benvenuto. Ma co-sa succede…??

– Cosa succede PG??! Non tenermi sulle spine!– Poliziotti, a decine.– Vengono verso di noi?– Macché, sono saltati addosso ai quattro. Ragazzi, una

vera rissa, se le stanno dando di santa ragione. Altro cheolandesine. Quei due picchiano come muratori! Li hannoammanettati, finalmente. Attenzione, ci passano vicino…

– C’è una cosa che non capisco, viceispettore Jaspers, ilCommissario Capo Van Der Kanal aveva parlato di unacoppia e noi ne abbiamo arrestate due…

– Se è per quello, viceispettore Zampoon, diceva ancheche lei, la ragazza, doveva essere bella e vistosa! Non so sehai visto queste due!

– Belle forse no, ma vistose di sicuro! Forza ragazzi, ca-ricateli e teneteli d’occhio. Ma cos’è quella confusione lag-giù, al ritiro bagagli?

– Ho dato l’ordine di bloccare tutti i passeggeri con va-ligie strane, come aveva ordinato il Commissario – rispo-se orgogliosamente Zampoon – Non mi ricordavo comesi chiamava quella strana bestia e allora… coccodrillo, pi-tone, armadillo, dromedario, ho pensato bene di bloccaretutte le valigie un po’ particolari.

Erano passati.– Tutto bene Scilla, li caricano su un furgone blindato.

Andati. Via libera, possiamo uscire dalla stazione. Qual-cuno ci sta certamente aspettando.

75

– Allontaniamoci, presto. Fai come ti dico e fallo allasvelta. No, niente domande adesso, Scilla, non è il momento!

Siamo saltati sul vagone di testa del treno navetta perla stazione Grand Central di Amsterdam e i quattro subi-to dietro.

Dal primo vagone siamo passati al secondo, al terzo, alquarto.

Andavamo spediti, quelli erano più lenti di noi, erachiaro che le “ragazze” faticavano alquanto a camminaresugli zoccoloni di legno, ma intanto il tempo passava e lecarrozze non potevano durare all’infinito.

Presto ci saremmo trovati intrappolati nell’ultimo scom-partimento: il bagagliaio.

Nell’istante in cui mi sono trovato davanti al bagagliaio,l’ultimo vagone del treno, siamo entrati nella Central Sta-tion. Mi ci sono infilato, tenendo Priscilla per mano.

Si sentivano stridere i freni, il treno si è fermato, la gen-te è scesa, i quattro sono piombati nel bagagliaio con lepistole spianate.

– Fermi tutti, non muovete un muscolo! – ha urlatouno. Poi ha abbassato l’arma, meravigliato.

Il vagone era vuoto, solo un vecchio facchino, curvo sot-to il peso di un baule, che stava cercando di issare su uncarrello a mano.

– Ehi! Nonno hai mica visto passare due tipi, un uomonormale e una bionda coi fiocchi? – ha chiesto l’altro.

– Sono passati come due razzi e sono usciti dalla portain fondo – ho risposto io, facendo la vocetta fessa da vec-chietto dei film western.

Sono volati fuori. Io ho finito di sistemare il baule sul carrello e ho co-

minciato a spingerlo verso l’uscita, tenendo sempre d’oc-chio i quattro.

– Come va Scilla?

74

Lan Pion aveva noleggiato una utilitaria, grigia e ano-nima, per non dare nell’occhio e aspettava sul piazzaledella stazione. Fu molto sorpreso vedendo un vecchio fac-chino estrarre da una grossa valigia la signorina Priscillae poi trasformarsi di colpo in Philippe Gratin.

– Via di corsa, amico mio, qui il terreno scotta!Ci accomodammo sui sedili posteriori, piuttosto ma-

landati. Lan Pion, invece di mettersi alla guida, salì sempli-

cemente sulla vettura a fianco, grigia e anonima anchequella e cercava disperatamente di metterla in moto. Sen-za riuscirci, naturalmente.

Gran brutta cosa la miopia, unita allo strabismo piùspettacolare che io conosca!

Questo mi ricordò che non mi ero ancora sfilato gli oc-chiali del mio travestimento precedente. Stavo per chia-marlo, quando due tizi si infilarono nella nostra macchi-na, uno con una faccia da gangster da far paura, si mise alvolante, l’altro, elegante e sorridente, ci puntò un grossorevolver in faccia.

Ebbi modo di ammirare il prezioso orologio d’oro tempe-stato di brillanti sulla cassa e un anello con un diamante gros-so come una pallina da golf, che mandava lampi accecanti.

77

Lan Pion sbaglia macchinae PG si trova nei guai…

76

79

Scendemmo dalla macchina, camminammo per un lun-go tratto all’aperto, poi un corridoio, poi molte scale indiscesa, col rischio di romperci l’osso del collo, io davan-ti, Priscilla dietro, con una mano sulla mia spalla.

– Tranquilla tesoro, non ci accadrà nulla di male!– Dia retta al suo Philippe, signorina, statevene tran-

quilli dove vi portiamo, solo un paio di giorni, e tuttoandrà bene. Almeno per me!

Altre scale da scendere e poi ci fermammo. Una porta cigolò e si aprì. Una porta massiccia e blin-

data. Odore di chiuso, muffa, umidità e formaggio stan-tio. Provai un brivido.

– Vi lasciamo amici. E vi togliamo pure i cappucci, tan-to non c’è nulla da vedere qui. Naturalmente dobbiamo le-garvi, così, per precauzione. Non troppo stretto con la si-gnorina, la bellezza va sempre privilegiata! Addio, verrannoa liberarvi presto. Intanto fate i bravi e pensate a cosa rac-conterete alla Polizia quando vi arresterà per aver rubato ope-re d’arte e diamanti. Tu resta fuori, di guardia, altri due livoglio nel cortile e altri due all’ingresso. Occhi aperti!

La porta si chiuse, sentii lo scatto della serratura. Eravamo prigionieri, mi guardai attorno, lo stanzone

si trovava sotto il livello del cortile e prendeva luce da una

Priscilla era talmente incantata dai bagliori della pie-tra al punto da non mostrare nessun timore per quello chestava accadendo.

– Benvenuti ad Amsterdam signor Gratin e signorinaPriscilla, voi non mi conoscete, ma io conosco voi. Sapevoche i miei ragazzi non vi avrebbero preso, perciò mi sonovoluto scomodare di persona. È proprio vero, chi fa da séfa per tre! Partiamo. Ma prima abbiate la cortesia di infi-larvi questi cappucci, meglio essere prudenti con un tipofurbo come voi. Ecco, così va bene. Monsieur Profiterol vimanda i suoi saluti. Mi ha parlato molto di voi. Strano,mi ero fatto un’idea diversa di voi, non vi facevo tipo daocchiali. Più che un ladro d’arte sembrate un collezioni-sta di francobolli, ah! ah! ah!

– Capo, non c’è la chiave nel cluscotto!– Tranquillo! Ehi, signor Cinese, sì dico a voi, sono qui,

perché guardate di là, qui vi dico, volete molto cortese-mente prestarci le chiavi della macchina un momento?Grazie e arrivederci.

Sentii il motore della vetturetta avviarsi rumorosamentee fummo in viaggio per una destinazione ignota.

Immerso nel buio del cappuccio, tenevo la mano diPriscilla per tranquillizzarla e nello stesso tempo dovevopensare, pensare in fretta e bene, concentrarmi al massi-mo sulla strada che stavamo percorrendo.

Anche se non potevo vedere, informazioni preziose migiungevano da ogni parte ed io le catalogavo attentamente.

78

… ma se la cava con l’aiutodella tecnologia più moderna

zione, attraversato due ponti e poi un lungo tratto a sen-so unico, la macchina non aveva incrociato nessun’altravettura in quell’ora di punta. Poi ci avevano fatto scen-dere, attraversare un grande cortile, poco lontano giun-gevano i rumori di bambini che giocavano, non era ora diricreazione per le scuole, un parco, dunque; avevo ancheudito il fischio di un treno che passava vicino.

Ed ora questo campanile che batteva l’una.– Ci sono Priscilla. So dove siamo!– Anch’io lo so: siamo prigionieri in un magazzino del-

la Compagnia delle Indie di Mezzo, in Prince Hen-drikestrasse, n° 128/b.

Devo avere preso un’espressione di assoluto, idiotastupore, perché lei è scoppiata a ridere, felice come unabambina.

– Ma Scilla, come diavolo…Con uno sguardo furbissimo mi ha mostrato un bi-

glietto: una bolletta di accompagnamento merci.– L’ho trovata sotto una di quelle casse vuote. Proba-

bilmente è sfuggita alla loro attenzione. Bene e adesso chesi fa? Chi ci verrà a liberare? Come avviseremo i nostriamici? Ci sarà una toilette fuori di qui?

Era il momento delle decisioni fondamentali, dalle qua-li dipendeva la nostra vita.

Con due dita estrassi delicatamente il cellulare dal ta-schino della giacca, controllai che ci fosse campo, unatacca bastava, e composi un numero.

Ora bisognava solo aspettare.Non passò molto tempo. Dapprima si udì un rumore lontano, il motore di un

autocarro che spinto al massimo, si avvicinava sempre più,poi uno schianto terrificante, come di un cancello divel-to, uno stridere di freni, gente che correva, rumore di caz-zotti e mascelle in frantumi, gemiti.

81

finestrella troppo alta, chiusa da una grata di ferro. Im-possibile arrivarci, ma il mio cervello aveva già elaboratouna strategia di fuga audace quanto micidiale. Per primacosa bisognava liberarsi della cordina che ci serrava le ma-ni dietro la schiena.

– Scilla tesoro, adesso ho bisogno di te, di tutta la tuaforza e astuzia – mi inginocchiai davanti a lei. – Toglimigli occhiali. Perfetto. Buttali a terra!

Li calpestai riducendo le lenti a schegge di cristallo.Raccolsi la più tagliente.

Schiena contro schiena, attento a non scalfire la pelledelicata dei polsi della mia amata. In pochi minuti avevoliberato Scilla dai legacci.

Altrettanto fece lei con me. Ci abbracciammo, lei ritrovò la parola.– Philippe, amore mio, mio eroe! Chi era quell’odioso

riccastro? Dove siamo? Come usciremo di qui? Dove tro-vo una toilette?

– Cara, ho un piano, ma ho bisogno di un po’ di silen-zio per riordinare le idee.

Mi concentrai con tutte le capacità che possedevo, isensi tesi allo spasimo. Inspirai profondamente: odore dispezie, baccalà, un fondo di… di… vaniglia e di… zaf-ferano!!

I magazzini generali della Compagnia delle Indie diMezzo, gli unici ad avere la concessione per l’importazio-ne di vaniglia e zafferano nella stagione estiva.

Mi concentrai di nuovo, stavolta sui rumori. Veramente sembrava di essere immersi nel più assolu-

to silenzio. Eppure… una campanella suonava le ore: unrintocco solo.

Era l’una, il viaggio era stato breve, tenuto conto deltraffico, un paio di chilometri forse.

Partiti, avevamo svoltato a destra del piazzale della sta-

80

Fuori nel cortile ci aspettavano Forzarmati e Lucien Lu-ciern. Anche Lan Pion. Era arrivato con un risciò a peda-li, prestatogli da uno dei cugini.

Ci fece accomodare.– Niente macchina questa volta. Ci si confonde. Non

esistono ad Amsteldam due lisciò uguali!Lucien Luciern fischiò per richiamare i suoi bernesi che

arrivarono di corsa e saltarono sul cassone dell’autocarro.Forzarmati si mise alla guida.

– Noi andiamo Capo, ci si vede al circo.Lan Pion si mise ai pedali. Priscilla era incantata. – Che cosa romantica, Philippe, sembra di essere a

Shanghai!Il traffico era scorrevole, in pochi minuti giunsero al Von-

del-park, dove da lontano si annunciava il maestoso ten-done del Circo Gondrano, a strisce biancorosseazzurre.

– I bambini? – chiese per prima cosa Priscilla.– Nessun ploblema, gentilissima signolina. Sono a

scuola adesso. Comunque stanno benone. Ci siamo datiil cambio, Nicolao ed io come baby-sittel.

Entrarono nel recinto del circo, costeggiarono il serra-glio delle gabbie con gli animali, arrivarono davanti al car-

83

Silenzio. Una porta scardinata, passi che scendono le scale a pre-

cipizio. Un’altra porta scardinata, altri passi. Un urlo di raccapriccio, colpi di pistola a raffica. La por-

ta blindata si spalanca. Non sono gli amici della banda, è il brutto ceffo che

guidava la macchina e che era rimasto di guardia fuori del-la cella. Ha un’aria terrorizzata.

Richiude la porta a chiave e se potesse se la mangereb-be. Brandisce la pistola, ancora fumante.

– Aiuto, i topi! Ci sono dei topi enormi, grossi comecani, sono orrendi, gli ho scaricato addosso la pistola equelli ridevano, aiutatemi vi prego!

È veramente terrorizzato. Mi avvicino a lui, gli tolgola pistola di mano, mi faccio consegnare la chiave.

– Tu resta qui, al sicuro, ci pensiamo noi ai topi.

82

PG prende in mano la situazione

la Polizia, tanto per distrarla e terrà per sé il boccone piùsostanzioso. Ora il problema è…

– Cosa conta di più per lui: il Rembrandt o i diaman-ti? – concluse Lucien Luciern tra l’approvazione di tutti.

– La tua amica, la signorina Clarissa cosa ne pensa, dabuona olandesina? – chiese PG rivolgendosi ad Atomix.

La faccia dello scienziato avvampò, era più rossa dellasua testa.

Confuso, inciampando sulle parole, Atomix balbettò:– Certo, il Rembrandt è una perdita gravissima… un

lutto nazionale… la Regina è rimasta molto colpita… sedovesse essere trovato in tempo per l’inaugurazione dellamostra… sarebbe fantastico, altrimenti sarà una tragedia!

– Tutto il resto passerebbe in secondo piano. E per qual-che tempo i controlli di Polizia sarebbero molto meno se-veri. E intanto i gioielli prendono il volo.

Gratin aveva solo mormorato, ma tutti lo sentironoperfettamente.

– Accidenti, adesso vado là, gli faccio a pezzi la barca,gli do un sacco di legnate, recupero il quadro, lo riportoalla Regina e così non hanno più niente da usare come spec-chio per le allodole… e i diamanti non volano più via…

Forzarmati si era andato perdendo nel labirinto delle suestesse parole. Stette zitto, guardandosi intorno imbronciato.

– Prima di muoverci dobbiamo sapere dove sono i dia-manti: non devono lasciare il Paese. Ora, quando la Poliziaverrà avvertita da qualcuno che ben conosco della presen-za del quadro sulla chiatta, cosa farà subito? Circonderà lazona ed allontanerà tutte le altre imbarcazioni, per poterprocedere in tutta sicurezza alla perquisizione e al recupe-ro. Giusto? E che succederà? Che tutte le chiatte vicine…

– Prenderanno il largo, compresa quella dove sono na-scosti i diamanti! – conclusero tutti insieme.

– Bravi! A questo punto ascoltate cosa si deve fare…

85

rozzone che annunciava la meraviglia dei topi ammaestrati. Scesero. Lan Pion fece strada e li introdusse diretta-

mente nella gabbia dei gorilla.– Ooops, chiedo umilmente scusa. Sbagliato dilessione!Alla fine, dopo un altro paio di tentativi arrivarono al-

la porta giusta. Bussarono. Entrarono. All’interno l’enorme roulotte si

presentava come un vero e proprio appartamento. Gli altri della banda lo aspettavano. Non ci fu bisogno

di molti convenevoli. Una stretta di mano bastava fra veri amici.– Veniamo subito al punto, ragazzi. Innanzitutto devo

farvi i miei complimenti. Sapevo di poter contare su di voie non mi avete deluso.

Facce contente, luccichio di occhi, espressioni felici eun poco imbarazzate, come di chi non è abituato a sentir-si dire bravo troppo spesso.

– Adesso tiriamo un poco le somme. Punto primo: chiha organizzato entrambi i colpi?

– Facile, Capo! Il sudafricano della malora, quel Maa-lander… – rispose subito Forzarmati e se ne andò di là afrugare nel frigorifero.

– Bene. Punto secondo: perché due furti così clamoro-si? Di solito se ne fa uno e poi si sta tranquilli, aspettan-do che il clamore passi. Poi, magari se ne fa un secondo.Questo cosa significa? E soprattutto cosa ci ricorda?

– Ci sono, molto onolevole Capo! Come dice il saggiocinese, fai colpo di tosse pel coplile scoleggina. È successoa Paligi, con Eiffel di tutti i cololi, pel poltale via Van Gogh!

Beh! Era sorprendente. I ragazzi avevano il cervellopronto e oliato, scattante come il motore di una Ferrari.

– E allora cosa succederà adesso?Hivanò Scartezzini non ebbe dubbi. – Che mollerà una delle due prede, butterà un osso al-

84

– Che peccato. Perché, vedete, questo è il formaggiopiù prezioso del mondo. Ogni forma vale una fortuna.

Aprì il cassetto del tavolo, estrasse un coltello lungo eaffilato. Tagliò una fetta larga quattro dita, lasciandola ca-dere sul ripiano.

Dal viso dei suoi ospiti l’espressione disgustata si can-cellò di colpo. Adesso erano stupefatti, tutti in egualmisura.

Dalle profondità dei buchi del formaggio uscivano ri-flessi chiari, bagliori, scintillii come di ghiaccio, lampi diluce purissima.

Così dovevano essere le grotte dove si nascondeva il te-soro scoperto da Ali Babà, così le favolose miniere di reSalomone. L’interno della forma di gruviera era uno scri-gno prezioso, i buchi del formaggio erano stati riempitidi diamanti.

Il Conte stava scendendo la scaletta ripida. Si arrestò abbagliato dai riflessi: – Superbo!– Incredibile!– Geniale! – Grazie amici miei, mi sento finalmente degno dei

miei avi, i primi, grandi Maalander! Ora, quando lei, si-gnor Conte farà ritrovare la tela sulla chiatta qui vicino,non solo apparirà come un eroe, il salvatore dell’onore del-la nazione. Non solo avrà riconoscimenti e fama e invitia corte. Permetterà pure a noi di salpare l’ancora verso leisole Frisone, dove ci attende una nave vera, della miacompagnia mineraria, che ci porterà al sicuro con tutti idiamanti.

– Cosa se ne farà? – chiese l’antiquario.– Li riporto in Sud Africa. Qui aspetto di incassare il

premio assicurativo e poi fingo di averli appena estratti dal-le mie miniere e li rimetto sul mercato. Semplice e pulito!

In effetti non restava che ammirarlo.

Monsieur Profiterol, con un’espressione lievementedisgustata, accostò al naso un fazzoletto imbevuto di es-senza di violetta.

In effetti, l’odore di formaggio proveniente da sottoco-perta era formidabile, da far girare la testa.

– Siamo spiacenti, Conte, ma questo è il sistema miglioreper andarcene con i diamanti. E per intascare i soldi delleassicurazioni. Ancora qualche giorno per sistemare alcunidettagli.

– Ma i diamanti? Dove sono finiti?Rudolph Maalander aprì la botola che dava sul pozzet-

to, scese e tornò su recando una mezza forma di gruviera.La depositò delicatamente sul tavolo.

Il Conte di Saint Honoré strinse più forte il fazzolettoprofumato alle narici.

– Gradite una fetta di gruviera? Pare sia formidabilecome spuntino, accompagnato da un bicchiere di vino ros-so di quelli robusti!

– Col vostro permesso, andrei di sopra a vomitare – eil nobiluomo salì di corsa la scaletta che portava al pontedella chiatta.

– No, grazie!– Odio il gruviera!

86 87

Gradite una fetta di gruviera?

Il miliardario raccolse la gruviera, scese la scaletta e larimise con il resto del carico, stando attento a nasconder-la sotto altre forme intere, in modo che non si vedesse illuccichìo dei brillanti.

Risalì. Raccolse la fetta larga quattro dita che era ri-masta sul tavolo: – Nessuno ne vuole?

Nessuno.La fetta volò fuori bordo attraverso l’oblò. Il Conte di Saint Honoré seguì con la coda dell’occhio

la traiettoria.

8988

un tizio che prese ad accarezzarlo sulla testa ispida. Il Conte rabbrividì. L’animale partì di scatto, arrivò al-

la passerella che portava alla loro chiatta, poi tornò indie-tro. Ripeté il gesto altre due volte. Poi lui e l’uomo si al-lontanarono. A questo punto il Conte ebbe uno scatto dinervi, i baffetti gli tremavano visibilmente.

– Ancora loro, quelle bestiacce!– Prego, signor Conte?– Quei topi, dico! I topi di Gratin, cioè non proprio i

suoi, quelli del suo amico!– …???…– Ma sì, il loro capo ha appena soffiato il boccone al mio

squalo! – Si metta seduto, signor Conte, forse l’odore del for-

maggio la fa delirare…Sedette sospirando: – Avete ragione, è una lunga sto-

ria. Meglio cominciare dall’inizio. Anni fa il mio caro enobile amico Lord Palmerston…

Mezz’ora dopo i tre soci del nobile francese si reseroconto che le cose andavano complicandosi.

– Dobbiamo liberarci dei topi, signor Maalander e dob-biamo farlo alla svelta!

Il miliardario camminò un poco avanti e indietro. Sifermò di botto, schioccando le dita: – Forse ho quello cheserve. Sempre se in tutti questi anni non sia andato inmalora…

– …????…– Tranquilli. Tanto per cominciare cambieremo l’inte-

stazione della chiatta dove verrà trovata la tela rubata equalcuno avrà una brutta sorpresa. Quanto ai topi… Pos-so invitarvi ad un pic-nic in campagna?

Jerome navigava su e giù nei pressi della chiatta caricadel formaggio più prezioso del mondo. Dapprima crede-va di avere le visioni. Poi aveva dovuto convincersi che iltipo elegante salito a bordo con gli altre tre era proprio ilsuo vecchio padrone, Monsieur Profiterol.

Incuriosito aspettava di vedere cosa sarebbe successo. Nuotava senza fretta quando vide volare qualcosa dal-

l’oblò della barca. Diede un colpo di pinna, si sollevò amezz’aria, pronto ad ingoiare la cosa, qualunque fosse. Co-sa diavolo!? Fu un attimo. Qualcuno dal pontile gli erasaltato sul naso, aveva afferrato al volo l’oggetto, era rim-balzato sulle tavole di legno e ora lo fissava con due occhirossi e beffardi. Un topo, uno di quei topi aprì la bocca eingoiò la fetta di gruviera, lasciandolo digiuno.

Il Conte di Saint Honoré aveva seguito con la coda del-l’occhio la traiettoria del formaggio.

Vide con gioia il suo squalo issarsi fuori dell’acqua afauci spalancate. Poi vide il topo balzare dalle tavole delmolo sul muso di Jerome, sottrargli il formaggio, rim-balzare sul pontile, ingollare la preda e allontanarsi conaria soddisfatta, mentre lo squalo affondava. Seguì con losguardo il grosso ratto. La bestia si infilò tra due casso-netti delle immondizie e restò ferma, aspettando. Arrivò

90 91

La chiatta è assediata da bestiacce

Scavalcarono diversi canali, incrociando solo rare bici-clette. Svoltarono in un viottolo, salirono su un vecchioargine di contenimento delle acque.

Oltre si stendevano a perdita d’occhio campi coltivatie serre di fiori.

Scesero e camminarono seguendo il miliardario. Si arrestarono davanti ad una grande croce di pietra gri-

gia. La lapide scritta in latino, posta alla base era corrosae coperta di licheni.

– Nean, lei che è antiquario saprà certamente tradurciquesta scritta – esclamò in modo un poco canzonatorioMaalander.

Un poco piccato e già nervoso di suo, l’esperto si chi-nò di malavoglia e cominciò a sillabare: – A DIFESA DELLE

TERRE STRAPPATE AL MARE DAL LAVORO DELLA POPOLAZIO-NE DI HAMELIN. NELL’ANNO DEL SIGNORE 1656 – Non erapoi così difficile.

– Qui sotto un tempo battevano le onde del mare. Poinuove terre furono tolte al mare e diventarono campi fer-tili e fonte di ricchezza. Quanta fatica! E quante leggen-de! I pattini d’argento, Il piccolo eroe che col dito nellacrepa della diga ferma le acque, Il Pifferaio di Hamelin…

– Scusi, ma che c’entrano adesso le leggende! Qui stia-mo perdendo tempo! – esplose Nean Der Thaal.

Bisogna dire che a volte l’antiquario era una personadavvero sgradevole.

– Un poco di pazienza e capirete. Come sapete la mia fa-miglia era olandese, originaria di Hamelin. Anzi, posso di-re che gran parte della città era nostra, prima che certe que-stioni di soldi e certificati commerciali falsi costringessero ilmio trisnonno a partire precipitosamente per l’America. Poiil mio bisnonno Bosel emigrò per sempre in Sud Africa.

Scesero l’argine e lo costeggiarono per un pezzo.Maalander scrutava con attenzione il ciglio coperto

Christian Delerne, alias Jannis Katafis, alias un saccodi altre cose era preoccupato.

Nean Der Thaal era molto preoccupato. Monsieur Profiterol appariva perlomeno nervoso. Rudolph Maalander, invece, non mostrava segni di

tensione. Pareva un giocatore di poker incallito, che nonlascia mai trasparire i sentimenti che gli ispirano le car-te che tiene in mano.

– Insomma, abbiamo Gratin alle costole, la sua bandaci sta mettendo i bastoni tra le ruote, la Polizia è dapper-tutto e lei ci porta a fare un pic-nic!

Il consulente della Real Casa era esasperato.– Sto rischiando moltissimo, la Polizia sa che sono in

città, ho già bruciato tre diverse identità, sono a corto dipassaporti falsi – rincarò la dose l’abile ladro e falsario dal-la incerta nazionalità.

– Inoltre ogni pic-nic che si rispetti vuole tartine al ca-viale, salmone, champagne. Mica possiamo pasteggiare apane e formaggio! – si lamentava il Conte di Saint Honoré.

Per tutta risposta Maalander accelerò. La maestosa berlina filava senza rumore attraverso i cam-

pi multicolori di papaveri. Qualche mulino a vento ruo-tava pigramente le pale.

92 93

Hieronimus Menkel non dorme più

– È proprio la chiatta vicina a quella dove sta nascostoil Rembrandt! I diamanti sono nascosti lì e aspettano so-lo di essere portati via.

Lucien Luciern era tornato di corsa dal suo turno disorveglianza.

PG raccolse l’informazione con l’aria di chi sa. Alla fi-ne tutto andava al suo posto.

Alzò il ricevitore del telefono, compose un numero.– Pronto, siete voi Otto? Posso invitarvi al circo? Questa

sera, alle undici. Perfetto, vi aspetto. Ah, un’ultima cosa: sba-glio o il governo ha promesso una grossa somma a chi farà re-cuperare la tela? Quanto? Accidenti, bella cifra! A stasera.

Altro numero. – Le Assicurazioni Tulip? Aloisius Beck per favore. È

importante. Buongiorno signor Beck. A quanto ammon-ta il premio per chi aiuta a recuperare i diamanti rubatialla Maalander & Figli? Però, una bella cifra. La ringrazio,ci risentiremo presto. No, non ha importanza chi sono.Importante è quello che potrò fare per voi e che voi fare-te per me. A presto.

E chiuse la comunicazione.

Il circo era immerso nel silenzio.

95

d’erbe e di muschio. Si fermò. I suoi accompagnatori si avvicinarono incuriositi.– Ci siamo! Attenzione!Sotto il muschio verde, si intravedeva qualcosa: un pez-

zo di muro in pietra. Maalander strappò via con le manile zolle, incitando gli altri a fare altrettanto.

In poco tempo una superficie di qualche metro quadrodi muro fu messa a nudo.

– Incredibile. Ma cos’è?!?– Sembra un muro. Ma è una camera da letto.– ???? –– Una grande camera da letto per una moltitudine di

gente.– ???? –– Non indovinerete mai. Guardate!Passò la mano sulle pietre, si fermò su una più scura

delle altre, rossastra.– La pietra rossa, la porta magica! – mormorò appena.

Infilò le dita in una fessura poco più larga delle altre e ti-rò con tutte le forze.

Nulla.Si fece indietro. Lentamente, millimetro dopo milli-

metro una parte del muro si stava muovendo, un’apertu-ra si spalancava davanti a loro, in una pioggia di polveree muschi seccati. Un corridoio.

Maalander estrasse una torcia ed entrò deciso. I tre lo seguirono molto da vicino. Il fascio di luce illuminò una stanza completamente ve-

lata di ragnatele antichissime. Al centro un letto. Nel letto un vecchio, dalla lunghis-

sima barba bianca, vestito di uno strano abito verde.– Signori, vi presento Hieronimus Menkel, meglio co-

nosciuto come il Pifferaio Magico. Colui che ci libereràdai topi maledetti!

94

Tutti ai loro posti!

dò lo scienziato, avvampando ancora come una fornace.– Se è per il bene dell’inchiesta… – concesse ridendo

Philippe. Atomix uscì di corsa.– Lan Pion, vecchio mio, per te ho un incarico parti-

colarmente delicato. Chiedi ai tuoi ottocento onorevolicugini di mettere in giro la voce che qualcuno si vanta diavere già in tasca la ricompensa per il recupero dei qua-dri e dei diamanti. Abbiamo finito, siete liberi. Hivanòe Nicolao, voi restate ho qualcosa da dirvi.

Uscirono. Rimasero Philippe, Priscilla, Hivanò e Nicolao.Philippe estrasse dalla tasca della giacca un paio di guan-

ti gialli e se li infilò con solennità.– Questa notte andiamo a fare un giretto in uno dei ri-

fugi segreti di Maalander, proprio dietro il Museo di Stato. – Ma tu come fai a conoscerlo?– Quando dico segreto, intendo per gli altri, non per me.

Per me non ci sono segreti! È un vecchio rifugio antiaereo,usato durante l’ultima guerra. E sapete quale opera, fra letante, veniva tenuta al riparo dai bombardamenti?

– …????…– La Ronda di notte! Adesso il sudafricano tiene lì na-

scoste opere d’arte rubate per conto suo in Europa negliultimi mesi da Christian Delerne, alias mille altri nomi.Dobbiamo prelevare una cosetta.

– Fantastico Capo, come ai bei tempi. Che cosa?…– Una tela. Diciamo una robetta di otto metri per cinque.

97

Dormivano gli animali nelle loro gabbie, dopo un pastoabbondante.

Dormivano gli artisti del circo, gli acrobati, i domatori,i pagliacci.

Solo una luce era rimasta accesa nel carrozzone dei to-pi giocolieri.

A dire il vero anche i topi russavano saporitamente. Accomodàti su morbidi divani, la banda di PG, Priscilla

la sua fidanzata e il signor Otto Wafer ascoltavano con tut-ta l’attenzione possibile quanto il Capo andava dicendo.

– Tutto dovrà avvenire con precisione assoluta. Nien-te mosse avventate. È vero che sappiamo tutto, ma nonpossiamo fare molto. Potrebbero distruggere la Ronda dinotte solo per vendicarsi o per creare un diversivo alla lo-ro fuga con i diamanti.

Il povero Otto Wafer ebbe un brivido di orrore. Si asciu-gò la fronte imperlata di sudore.

Philippe gli mise una mano sulla spalla.– Non dovete temere, quel Rembrandt conta molto an-

che per me. Lucien!– Dimmi, Philippe.– Tu e i tuoi animali al Molo Est, non dovete più per-

dere di vista la chiatta col formaggio. Non deve salpareper nessun motivo. Chiaro?

– Consideralo fatto!– Nicolao!– Agli ordini, Capo!– Tieni d’occhio la chiatta con il dipinto. Nulla che as-

somigli lontanamente ad un tappeto deve entrare o usci-re di là. Se dovesse servire ti autorizzo ad usare la forza!

– Grazie Capo!– Tu Atomix continua a fare la corte alla segretaria del-

l’antiquario e guardati in giro…– Posso portarla a cena? Magari stasera stessa? – azzar-

96

– Lo spero tanto, abbiamo poco tempo, la banda di Gra-tin e le sue bestiacce ci stanno addosso!

– Andiamo. Uscirono. Camminarono fino al Porto Vecchio, da do-

ve partivano i raggi di decine di canali che si addentrava-no nella città.

Il vecchio suonatore cominciò a suonare. Rimasero senza fiato. Una melodia lenta e dolcissima si andava spargendo in-

torno, si allargava e rotolava sulle banchine del porto, lun-go i muraglioni delle dighe e dei canali, correva lontanocome spinta da un vento invisibile. Giungeva ovunque.

Cominciarono ad arrivare quasi subito. Prima timida-mente, a gruppi di due o tre, poi a frotte, a mucchi.

– Cosa diavolo succede? – la voce di Maalander e un’e-splosione di versi insoliti riscossero il Pifferaio, perso nel-la sua stessa musica.

Gatti. Una marea di gatti d’ogni razza, colore e religione. In-

seguiti da un’altrettanto immensa moltitudine di massaie,pensionati vecchiette, bambini che cercavano di trattener-li, li chiamavano, piangevano, mostravano loro biscottinie prelibatezze per cercare di convincerli a tornare a casa.

Qualche animale già stava ritto sull’argine del canale,pericolosamente in bilico, pronto ad annegarsi.

– Si fermi, diamine! Non sono i gatti che voglio morti!La musica cessò di colpo. L’incanto pure. Quando ri-

uscirono a districarsi dalla confusione, graffiati, contusi eammaccati, l’anziano suonatore mormorò: – Devo essereun po’arrugginito. Adesso ci riprovo.

– Domani ci riprovi. Adesso tagliamo la corda, abbia-mo già dato abbastanza nell’occhio per oggi. Ognuno peril suo percorso segreto, ci ritroviamo a casa mia.

99

Il vecchio Pifferaio slacciò la chiusura di una sacca lun-ga e stretta. Dentro stavano due ammuffiti pezzi di legno.Li pulì con cura.

Ora si capiva. Erano le due parti di un piffero. L’aspet-to lucido e il colore giallastro dimostravano che dovevanoessere d’avorio.

Con le mani un poco tremanti li innestò uno sull’altro.Controllò l’imboccatura, la appoggiò alle labbra e soffiò.Terribile. Uno stridìo come di mille gessi che rigano unalavagna.

Maalander e i suoi soci si tapparono le orecchie con lemani.

– Scusate, c’è qualcosa che non va…– Magari se lo infili dritto, da poter mettere le dita sui

buchi…!Il Pifferaio avvicinò lo strumento agli occhi e si accor-

se che la parte forata era finita sotto, invece che sopra.– Un momento per favore.Frugò nella sacca di cuoio consumato e bisunto.Estrasse un paio di lenti tenute assieme da un’inte-

laiatura di ferro e da pezzi di corda. Li mise. Sistemò lostrumento.

– Adesso va bene.

98

Maldestri tentatividel Pifferaio imbranato

Il Dragone d’oro, uno degli ottocento ristoranti cinesigestiti dai cugini di Lan Pion ad Amsterdam, è aperto tut-ta la notte. In un angolino riservato, dietro un paraventodi carta splendidamente illustrato, una coppia dalla capi-gliatura incendiata e dall’aria vagamente impacciata eraalle prese con una miriade di piatti, piattini, assaggini esalse multicolori.

All’inizio Gerardo Atomix era molto nervoso. Il primo appuntamento della sua vita! Quasi nascosto

dietro un enorme mazzo di tulipani rossi, si era trovatodavanti Clarissa, vestita di verde, e gli era parsa subito bel-lissima. Adesso erano lì che si sfioravano le mani, si guar-davano negli occhi e non sapevano che fare.

– Come sei elegante! – mormorò lui.– Anche tu – sussurrò lei, arrossendo.– Bella la tua acconciatura a forma di tronco di cono! – Anche la tua ad eruzione vulcanica – rispose lei.– Queste lenti da miope che hai, ti fanno gli occhi an-

cora più grandi e più verdi! – si lanciò lui.– Mai grandi come i tuoi, sembrano due CD.Silenzio. Atomix cercò nella memoria qualche parola

galante, una frase che esprimesse lo strano calore che sen-tiva vicino a lei.

101

Atomix si diverte, PG lavora sodo

100

già allontanandosi. Nicolao Forzarmati si era fermato achiedere scusa ai tre guardiani che si erano appena ripre-si dalle legnate. Fingendosi sempre ubriaco offrì loro difare la pace e di berci su, ma quelli, piuttosto malconci,declinarono fermamente l’invito e tornarono a fare la ron-da attorno alla palazzina dietro il Rijksmuseum.

Non era successo niente, nessuno era mai stato là.

Mezz’ora più tardi un furgone si era fermato sulla ban-china, accanto alla chiatta che ben conosciamo, avvoltanella nebbia. Scesero, piuttosto malfermi sulle gambe, duetipi grossi come armadi, coperti di tatuaggi e di lividi.

– Siamo venuti a darvi il cambio – disse a fatica unodei due, sputando un dente.

– Cosa diavolo vi è successo? – chiese una delle guar-die che sorvegliavano la Ronda di notte.

– Un branco di marinai ubriachi ci ha assalito. Noi nonabbiamo fatto nulla, te lo giuro!

– Vedo, le avete prese e basta! Ma il rifugio?…– Nulla, non si sono nemmeno avvicinati.– OK. Vi lasciamo il barcone in custodia. Che nessuno

si avvicini, mi raccomando!– Tranquillo!Le guardie partirono per il meritato riposo. Restarono

i due. Stavolta estrassero da sotto la giacca grossi bastonisfollagente. Uno passeggiava su e giù sul molo, l’altro sta-zionava sul ponte della chiatta. Rumore di un motore chesi avvicina. Si spegne. Dalla nebbia venne avanti una fi-gura. Difficile da distinguere all’inizio, si capiva solo cheera molto grossa. Poi si fece più vicina. Lo riconobbero.

– Salve ragazzi, sapete, ci sono rimasto male, prima.Quando uno si scusa e offre da bere per fare pace, non si ri-fiuta. Non è bello, è come dire che conservate del rancorenei suoi confronti. Sono cose che mi mandano in bestia!

– Clarissa…– Sì, Gerardino?– Ecco io volevo dire che… questa sera… per me… per

noi… è qualcosa di perfetto… come la somma dei catetirispetto all’ipotenusa… come un fattore espresso all’en-nesima potenza… tu… noi stiamo bene insieme… siamocome due particelle di idrogeno e una di ossigeno… fuseinsieme… insomma…

Lei si sollevò dalla panca rasoterra dove stava seduta econ il gesto più semplice del mondo gli chiuse la boccacon un bacio.

Hivanò Scartezzini frugava il buio con i suoi occhi dafaina. Nessuno. Fece un breve fischio. Gli rispose un fi-schio. Si avvicinò al cancello di una palazzina nascosta dauna fitta siepe. Era aperto.

Entrò, percorse pochi passi. La prima cosa che notò fu-rono i guanti d’un giallo squillante, poi intravide PG.

– L’allarme all’ingresso?– Neutralizzato – rispose PG. – La porta blindata?– Aperta come un uovo di Pasqua.– Le cellule fotoelettriche e termosensibili?– Accecate e rese innocue.– I due guardiani che incrociavano qui davanti? Quel-

li sono davvero grossi!– Hanno avuto una discussione con un finto ubriaco e

adesso dormono come angioletti.Dall’ombra uscì Nicolao Forzarmati con l’espressione

di uno che si è appena divertito un sacco.– Sbrighiamoci, prendiamo quello che ci serve, poi tut-

to deve tornare come prima. Ci penso io, gli allarmi tor-neranno a funzionare, le porte a chiudersi. Nessuno deveaccorgersi che siamo stati qui. Dieci minuti dopo stavano

102 103

La giornata era splendida. Sulla Rokin Damrak, il grande viale che unisce la Sta-

zione Centrale al cuore della città, migliaia di persone era-no indaffarate negli acquisti del sabato pomeriggio.

Il Pifferaio di Hamelin si sentiva in splendida forma. Cavò fuori il suo strumento, lo accarezzò con le dita,

guardandolo amorevolmente.Rudolph Maalander ebbe un gesto d’impazienza. – Vediamo di sbrigarci. Ho avuto pessime notizie. Pa-

re che qualcuno si stia vantando di avere già in tasca la ta-glia per il recupero dei quadri e dei diamanti. Dobbiamochiudere la faccenda e sparire al più presto.

Il Pifferaio cominciò a suonare. Questa volta la melodia sembrava più veloce, aerea, vo-

lava via portata dal volo dei mille gabbiani che volano nelcielo di Amsterdam. Duemila gabbiani. Diecimila gab-biani. Un milione di gabbiani, uno più uno meno.

In pochi istanti, tutta la grande strada fu oscurata, dauna nuvola oscura, livida, minacciosa di ali, zampe e bec-chi affilati. Fu il panico, il fuggi fuggi generale.

Restarono in pochi, confusi, indistinguibili sotto le ton-nellate di cacche che i gioiosi volatili mollavano a valanga.E si sa che la cacca di gabbiano è una delle più micidiali

105

Dopo trenta secondi dormivano profondamente, stesi sul-la banchina. Dall’oscurità uscirono Gratin e Scartezzini.Portavano sulle spalle un tappeto arrotolato.

Ma non era un tappeto naturalmente. Era un quadro di otto metri per cinque. – Ragazzi, svelti, sostituiamo la Ronda di notte con que-

sta tela. Hanno le stesse dimensioni, loro non ci farannocaso di sicuro. E ci portiamo via la Ronda.

Scesero nella stiva. – Fate un po’ di luce!– Accidenti, dev’essersi fulminata la lampadina. Guar-

da su, nel cruscotto della chiatta, dove di solito tengonouna pila.

– Sì, Capo! Scartezzini salì. Tornò preceduto da un fascio di luce:

aveva trovato una torcia. Ma non solo. – Philippe, guarda! Sei tu il proprietario di questa chiat-

ta! – e gli tese un foglio. Bastò un’occhiata al documento per capire. – Furbo questo Maalander, ha intestato a me l’imbar-

cazione. Fra qualche giorno la Polizia, avvisata da lui, tro-va qui la Ronda di notte ed io, il proprietario, finisco in ga-lera per qualche annetto! Sostituiamo questo foglio conuno identico, ma innocuo e andiamocene da qui!

Quando uscirono portavano un tappeto sulle spalle. Locaricarono sul furgone e si allontanarono.

Ma non era un tappeto, naturalmente.

104

Ma le maestre dove sono finite?

no rubato le figurine. Solo qualche povero sparuto mae-stro, qualche vecchio bidello.

E le maestre? Tutte a rincorrere uno strano tipo di suo-natore vestito di verde come Peter Pan, con i lunghi ca-pelli bianchi raccolti dietro le spalle e la barba candida chegli sfiorava le ginocchia.

Certo, ad Amsterdam tipi strani se ne incontrano adogni angolo, ma questo li batte tutti! Suona un antico flau-to diritto e la musica sembra attirare le maestre e solo lemaestre.

La cosa entusiasma Johann che conosce bene una famosaleggenda, in un momento ha intuito tutto e vuole assolu-tamente assistere al bagno in acqua della sua insegnante,la severa signorina Henke.

Chiusa la porta dell’aula da un bidello troppo severo, èsaltato fuori dalla finestra, ha scavalcato il cancello e orasta seguendo il corteo delle donne incantate. Sempre die-tro il Pifferaio, hanno attraversato la piazza del mercato.

A questo punto il Pifferaio si volta, capisce che qual-cosa non va. Prova a cambiare motivo, ma non succedenulla, smette di suonare e quelle vanno avanti, sono ora-mai sull’orlo del molo di San Nicola, ululano le sirene del-la Polizia, arrivano agenti in gran numero per fermare leinvasate.

Intanto, qualcuno ha caricato il suonatore su un moto-scafo e lo sta portando via in tutta fretta.

La fila delle donne si ferma di botto. Johann intravede la figura nera della signorina Henke

barcollare per un attimo sulla sponda del canale e poi spa-rire di sotto. Unica fra tutte. Che colpo di fortuna!

– E vaai! È fantastico, domani niente scuola, la maestrasi è presa una polmonite, per lo meno!

Ma è solo l’illusione di un momento.– Johann! Perché non sei in classe con gli altri? Come

107

armi che esistano in natura, resistente anche al triplo la-vaggio e così scivolosa da trasformare una strada in una pi-sta di pattinaggio all’aperto.

Quando la musica si spense la Rokin Damrak era unamarea grigio nera dove, cercando di tenersi in piedi e man-tenere la testa alta, nuotavano diverse persone.

Il giorno dopo l’ordine era ristabilito. I giornali e la te-levisione ci andarono a nozze, naturalmente. Si parlò diinquinamento ambientale, di mutazione del clima, di on-de elettromagnetiche che facevano impazzire gli animali,prima i gatti e poi i gabbiani. Esperti dissero la loro sen-za trovarsi d’accordo su nulla e dandosi reciprocamentedell’asino. Il bello della diretta.

Rudolph Maalander preferì dare ventiquattro ore diriposo al suo musicista incantatore, prima di provarciancora.

Erano le 10.30 del lunedì, quando il Pifferaio portò ilflauto alle labbra, questa volta con uno sguardo meno si-curo del solito. Stavolta non successe proprio niente.

I volatili volavano, i passanti passavano, i pescatoripescavano in riva ai canali, i quadrupedi restavano tran-quilli, il traffico scorreva, persino le sardine nuotavanoplacidamente in branchi.

Rudolph Maalander e i suoi soci si guardarono perplessi.Bella musica, nulla da ridire, più suggestiva delle altrevolte. Ma non succedeva niente. La gente camminava perstrada, nei caffè si chiacchierava, nei cortili delle scuole eratempo di ricreazione, i bambini scorrazzavano, giocavano,schiamazzavano, facevano merenda.

Suonò la campanella, suonarono le campanelle di tut-te le scuole della città. Finito l’intervallo, si rientrava inclasse. Ma nessuno veniva a sollecitarli perché si sbrigas-sero, a metterli in fila, a consolare i frignoni a cui aveva-

106

Mezzogiorno in punto: EDIZIONE STRAORDINARIA DEL

TELEGIORNALE, A RETI UNIFICATE.Le telecamere inquadrano dall’alto il ponte di una chiat-

ta, ferma al Molo Est della città. Tutte le altre imbarcazioni sono state allontanate. Alcune sono già all’uscita del porto. Sul ponte alcune persone e un lungo cilindro di pelle,

una custodia, si direbbe. L’obiettivo si avvicina a volo ra-dente, ecco in primo piano il volto radioso di MonsieurProfiterol, l’eroe del giorno.

È stato lui a convocare la stampa e le tivù di tutto ilmondo per un colpo davvero sensazionale: la restituzioneal Rijksmuseum della Ronda di notte.

“Notiamo accanto a lui il Commissario Capo Olof VanDer Canal, dall’espressione piuttosto contrariata.

In effetti non deve essere facile accettare l’idea che qual-cuno è stato più abile o più fortunato di lui. O forse sonoaltri i pensieri che gli passano per la testa.

Una cosa è certa: gli sguardi che lancia verso il Contedi Saint Honoré non sono amichevoli!

Vediamo pure il Direttore del Rijksmuseum, Otto Wa-fer, assolutamente sbalordito, ha proprio l’aria di uno che

109

ti sei allontanato da scuola? Questo ti varrà una nota ne-gativa e un carico di compiti di punizione! Seguimi, si tor-na in aula. E di corsa!

– Scusi, ma non era caduta di sotto? Sa, mi preoccupavo…La signorina Henke si strizza i capelli bagnati, si ras-

setta i vestiti gocciolanti con aria dignitosa: – Sono finitasu una boa e mi sono destata da questo strano malessere…Chissà cosa è stato… Comunque a scuola adesso, abbiamogià perso troppo tempo!

Il motoscafo che aveva raccolto il Pifferaio, dopo unabreve corsa aveva rallentato ed ora accostava ad una chiat-ta che conosciamo bene. Non era necessario avvicinarsitroppo per sentire un odore pungente di formaggio.

Il ponte dell’imbarcazione sembrava deserto.Maalander fece un fischio. Da sotto sbucarono due uomini grossi e tatuati come

totem: – Capo, là sotto non si respira!– Tranquilli è il momento di cambiare aria. Levate gli

ormeggi e portate la barca all’uscita del porto. Al momentogiusto, in pochi minuti saremo in mare aperto. Attenti atipi strani e topi ancora più strani.

– ?????

Sulla banchina un pittore dilettante si liscia la barbet-ta grigia. Si china sulla cassetta dei colori, estrae un cel-lulare: – Ciao PG, sono Hivanò. La chiatta si è spostata.La seguo e ti faccio sapere. A presto.

108

Profiterol fa una pessima figurain mondovisione

Diamo a Cesare ciò che è di Cesare…Parole nobili, quelle del Conte! Ma eccoci arrivati al grande momento: due tipi gros-

si e tatuati fin sopra le orecchie aprono la custodia e sfi-lano la tela. La srotolano, Profiterol sorride, Otto Waferè grigio cenere, il Commissario è nerissimo e lancia oscu-re maledizioni, l’antiquario è beato: ecco in mondovisio-ne la Ronda…

… La Battaglia di Mollenbourg di Van Dyck rubata dalMuseo della Storia di Amsterdam tre mesi fa!!!

Colpo di scena, signori miei!!!Monsieur Profiterol è grigio terra e barcolla visibil-

mente, l’antiquario è nerissimo e lancia oscure maledizio-ni, il Direttore del Rijksmuseum dovrebbe essere dispera-to e appare beato.

Il Commissario Capo sorride perfidamente e si preci-pita sul Conte, lo afferra, clamoroso! Lo ammanetta inmondovisione!!!

Pure l’antiquario fa la stessa fine.Il ponte della chiatta è pieno di poliziotti, sentiamo in

diretta, il Conte di Saint Honoré: – Me l’hanno scambiato… Gratin è qui… sono inno-

cente… i topi! È colpa dei topi!!! Ridatemi lo squalo…voglio tornare a casa con lo squalo!!!

Poveretto, evidentemente delira, pensiamo che il mani-comio criminale sia il giusto ricovero per lui nei prossimianni.

L’antiquario invece viene portato via di peso. Deve essere svenuto. Un’altra cosa: dalla custodia sono saltati fuori un paio

di guanti. Sono di un giallo squillante! Chissà cosa vorrà dire…Bene, dopo tutti questi colpi di scena, qui si chiude il

nostro collegamento dal Molo Est.

111

non si capacita, si guarda attorno decisamente smarrito,come se cercasse conforto da qualcuno.

Al suo fianco, con un sorriso trionfale, Nean Der Thaal,esperto e consigliere d’arte della Corona. Si mormora chedietro questo ritrovamento ci siano le sue conoscenze.

Inquadratura sulla folla dei giornalisti che si accalcasulla banchina del molo. I curiosi vengono trattenuti astento dalla Polizia.

È impressionante il numero di agenti che sono con-venuti qui. Sembrerebbe che tutto il resto della città siastato lasciato incustodito.

Ecco, parla Monsieur Profiterol.– Ci sono aspetti di questo straordinario ritrovamento

che non possiamo rivelare, per ovvi motivi di sicurezza.Posso solo dire che grazie alla mia fama, alle mie cono-scenze e alla mia abilità diplomatica, la Ronda di notte tor-na alla città. Là dove la Polizia ha fallito, brancolando nelbuio, la mia nota capacità ha trionfato. La Sua GraziosaMaestà, la Regina, potrà inaugurare la mostra tra due gior-ni, come era in programma…

Zoomata sulla faccia del Commissario Capo che parestroncato da un attacco di bile. Si sta mangiando unasigaretta accesa!

I giornalisti e gli inviati delle televisioni attaccano atesta bassa.

– Sapremo mai perché è stata rubata e da chi? Perchélei è riuscito a recuperarla e non quell’incapace del Com-missario Capo? Chi incasserà la ricompensa per il recupe-ro dell’opera? Come mai l’Artmeister Otto Wafer oggisembra più grigio del solito?

– Calma signori, avremo tempo poi per le domande.Ora è giunto il grande momento. Ah! dimenticavo: an-che il consulente d’arte della Regina, Dottor Nean DerThaal ha avuto un ruolo decisivo nel recupero della tela.

110

– Capo, al Molo Est è successo un disastro, una cata-strofe! Profiterol e Nean Der Thaal sono finiti in galera,arrestati in diretta! Io ho tagliato la corda e non so comeho fatto a cavarmela!

Christian Delerne, alias Jannis Katafis, alias sei o settealtre cose era visibilmente scosso.

Un tic irresistibile gli faceva arricciare il naso, dan-dogli un’espressione di disgusto, come se avesse visto unbruco nell’insalata. Si precipitò su una bottiglia di li-monata e ne bevve un lungo sorso. Il ladro di gioielli edopere d’arte aveva la gola secca dallo spavento.

Rudolph Maalander lo fece sedere e attese che il rac-conto fosse finito.

– Non è stata una bella mossa la tua di venire qui. Sehanno qualche sospetto e ti seguono me li hai portati incasa. E qui sotto, nella stiva ci sono cento chili di diamanti,nascosti nei buchi del gruviera!

Guardò fuori dall’oblò. Nessuno in vista. Oltre la striscia grigia del molo si stendeva il mare

aperto. Poche ore di navigazione e sarebbero arrivati alleIsole Frisone, la libertà.

– Va bene, è andata come è andata. È chiaro che PG hasostituito il quadro per incastrarci. E per intascare lui la

113

Abbiamo ritrovato la Battaglia di Mollenbourg del VanDyck e questo è bello.

Ma la Ronda di notte dove sarà finita? La linea passa allo studio”.

112

Il Pifferaio si sfiata inutilmente,poi cambia idea

una popolazione di topi pestiferi. Andò liscia come l’olio,fino a quando non mi trovai davanti ai loro antenati. Unpo’ più grossi di questi, forse. Suonai per tre giorni di fi-la e quelli invece di annegarsi in qualche lago, piuttostodi gettarsi in qualche burrone, non fecero che ballare e sac-cheggiare i magazzini di gruviera. Fino a quando crollaia terra, sfinito. L’unica mia sconfitta. Signori, il mio com-pito finisce qui. Io torno a dormire e vi prego di lasciar-mi perdere per almeno altri quattro secoli. Addio!

Senza che nessuno potesse muovere un dito, con un’a-gilità impensabile era saltato dalla chiatta che girava an-cora su se stessa, atterrando sul molo.

Senza voltarsi si allontanò, perdendosi tra la folla.Maalander diede mano a uno dei lunghi remi che ser-

vono a guidare i barconi quando si passa fra i banchi disabbia e si vuole conoscere quanto è alto il fondale.

– Useremo questo come timone, dài gas leggero e an-diamo verso il mare aperto!

Il complice mise il motore al minimo, la chiatta si mos-se in avanti qualche metro e restò ferma.

Nicolao Forzarmati, Lucien Luciern e i bernesi aveva-no legato la chiatta al molo con una corda grossa come unbraccio. E adesso erano saltati a bordo e si avvicinavanominacciosi.

Non ci fu molto da pensarci su. Mentre quelli saliva-no, questi saltarono sulla banchina e si dispersero nelladirezione che aveva preso il Pifferaio.

I topi si buttarono a capofitto sottocoperta, saltando sulformaggio.

Luciern li seguì e quando li raggiunse avevano già sboc-concellato una forma di gruviera.

Alcuni diamanti erano rotolati sul pavimento.– Calma ragazzi, così rischiate di mangiarvi i gioielli.Albino, che masticava a tutta forza, ebbe un sobbalzo

115

ricompensa. Peccato per il Conte di Saint Honoré e perl’antiquario, ma adesso è tempo di pensare a noi. Salpia-mo l’ancora e guadagniamo il largo, approfittando dellaconfusione. Timone a dritta e avanti adagio!

La chiatta si mosse lentamente. Poi, invece di proseguire, sbandò di lato e cominciò a

girare su se stessa, come una trottola. Maalander si sporse fuori bordo. – I maledetti topi! – urlò – Svelto, prendi il timone.Christian Delerne afferrò la barra, guardandosi attorno

incredulo. Sul pelo dell’acqua nuotavano otto grosse be-stie… sembravano castori.

Ma non erano castori, erano topi! Avevano semplicemente mangiato la parte finale della

barra del timone e reso ingovernabile la chiatta.Maalander entrò di corsa in cuccetta e scosse rudemen-

te l’uomo che dormiva sul lettino. Il vecchio Pifferaio si svegliò di soprassalto. – Stavo sognando…– Svegliati, là fuori c’è un incubo bello pronto che ti

aspetta. Stavolta non puoi fallire. Suona per la miseria,suona subito!

Il vecchio incantatore uscì barcollando sul ponte, te-nendo il piffero di avorio in mano. Lo portò alle labbra eguardò in acqua. Si arrestò.

– Allora? Ti decidi o no?Come tutta risposta il Pifferaio si mise a sedere sul bor-

do, smontò lo strumento e lo ripose nella sua custodia dipelle.

– …????…– …????…I due soci erano ammutoliti per lo stupore.– Niente da fare. Sono i bernesi. Più di quattrocento

anni fa fui chiamato nei Cantoni Svizzeri per far sparire

114

Che giornata indimenticabile per il Direttore del Rijks-museum!

Un maledetto incubo ad occhi aperti! Prima la faccenda della restituzione della tela, finita in

quel modo. E lui che non ne sapeva nulla. Convocato per mezzogiorno su quella chiatta, senza

preavviso e buttato in pasto alla curiosità della gente. Era rimasto così sconvolto nel trovarsi in quel trambu-

sto che ancora adesso non riusciva a farsi un’idea precisa.Anche se all’inizio la vista di Profiterol e dell’infido NeanDer Thaal in manette lo aveva reso particolarmente felice.

Ma adesso cominciava a preoccuparsi. Sì, perché i casi erano due: o PG aveva scambiato lui il

dipinto e allora dov’era in questo momento e perché nonlo aveva avvisato di quel colpo di scena, perché non si fa-ceva vivo?

Oppure PG aveva organizzato una solenne truffa eadesso stava scappando con il Rembrandt e addio sognidi gloria.

Oltretutto non poteva dire niente a nessuno per non es-sere accusato di complicità.

Fu solo un pensiero e si vergognò quasi subito che glifosse passato per la testa.

“Gesù che storia!”.

117

e mugolò, quindi sputò fuori un pezzo di incisivo.– Te l’avevo detto, i diamanti sono l’unica cosa più du-

ra dei vostri denti! – lo consolò il loro ammaestratore.Risalì e mollò gli ormeggi. – Dove andiamo? – chiese Forzarmati.– PG ci aspetta, abbiamo molto lavoro da fare per chiu-

dere questa faccenda.

116

PG fa in modo che Otto Wafernon abbia più incubi

Qualcosa era cambiato. “Calma Otto, calma. Cerca di ricordare bene. Sei entrato, sei salito, sei entrato in ufficio. No, prima hai attraversato il salone, hai guardato la pa-

rete vuota. Non era vuota, Otto, non era vuota!!!”.Si precipitò fuori, senza nemmeno infilarsi le scarpe. La Ronda di notte era lì, davanti a lui chiusa nella sua

preziosa cornice di legno dorato. Erano tornati il comandante Cocq e la sua Compagnia

di archibugieri, era tornata la misteriosa fanciulla bionda,vestita di bianco e oro, la sua dolce aria smarrita, lo sguar-do che pareva cercare quello del Direttore del Museo, peressere rassicurata.

Raccolse un biglietto da terra: “TIENILA D’OCCHIO D’ORA IN POI, SE NON VUOI CHE TOR-

NINO GLI INCUBI. PG”.Tornò in ufficio, chiamò gli uomini di guardia giù al-

l’ingresso. Questi rimasero di sasso davanti alla tela rien-trata chissà quando e chissà come.

– È tutto a posto, non preoccupatevi! – e si fece aiuta-re a trasportare il divano proprio sotto il quadro.

– Chiudete tutto e attivate gli allarmi!Si distese beatamente. Gli bastava alzare gli occhi per trovarsi davanti la Ron-

da e soprattutto la bella fanciulla…Che meraviglia. Si addormentò e fece sogni bellissimi fino all’alba.

Più ci pensava e meno ci capiva. “E se fosse stato quell’altro, quel Maalander ad archi-

tettare tutto? In fondo era semplice: organizzare tutta lamessinscena e poi sostituire la tela all’insaputa dei suoistessi complici.

Questi vanno in televisione, bei discorsi, eccovi il Rem-brandt ed invece eccovi un bell’arresto in diretta, mi libe-ro dei complici e sparisco con il quadro e i diamanti, tuttoper me che sono il più furbo! Via in Sud Africa, dove nonc’è estradizione e nessuno può toccarmi.

E qui i casi diventano tre. E allora PG? Possibile che si fosse fatto fregare in quel modo? E se PG e Maalander fossero stati d’accordo? Ecco un quarto caso! Noo, questo era troppo”. E nuovamente si vergognò di averlo solo pensato. “Ma allora? Che storia, che storia!”.Era arrivato al Rijksmuseum. Parcheggiò la sua utilitaria verde e si incamminò al-

l’ingresso. Salutò un guardiano, salì lentamente la grande scali-

nata, poi ancora la rampa di scale a destra, per arrivare alsuo ufficio.

Nessuno in giro, naturalmente. Quell’ala del palazzo era ancora chiusa al pubblico. Attraversò il salone dove una volta si trovava la Ronda

di notte, quando ancora i suoi guai non erano cominciati,gettò uno sguardo distratto alla parete vuota che gli pa-reva adesso ancora più grande e si barricò in ufficio.

Staccò il telefono, si slacciò le scarpe, le lasciò cadere aterra e si distese sulla poltrona.

Un momento di riposo, uno solo. “Avrò incubi terribili, me lo sento”.Un minuto dopo dormiva profondamente.Aprì gli occhi.

118 119

lasciato comunque, perché è all’oscuro di tutto. Come ilpensionato sulla cui barca si trovava la Ronda di notte. Co-sì dovremo restituirgli i diamanti. Quel Maalander è fur-bo, molto furbo.

– Qui siamo pronti! – Lucien si era affacciato al bocca-porto – Nicolao, porta su!

Forzarmati salì la scaletta tenendo sulle spalle due sac-chi di juta, pieni di diamanti fino all’orlo.

Passò sotto gli occhi adoranti dell’Ispettore delle As-sicurazioni, Philippe gli diede una pacca sulle spalle. Siarrampicò sul molo, caricò il tutto sul furgone blindatodelle Assicurazioni Tulip.

– È stato un piacere collaborare con lei, signor Beck.Spero non avrà più bisogno di noi. E accetti un consiglio,non assicuri più nulla al signor Maalander, nemmeno unvaso di tulipani!

Erano rimasti soli. Scesero. Risalirono quasi subito. In effetti l’odore di formaggio, dopo tanti giorni, era

terribile.– Abbiamo fatto un buon lavoro, ragazzi. Con i soldi

intascati dal Museo e dalle Assicurazioni posso regalarviuna lunga vacanza. Dove andrete?

– Io torno in Italia, a Roma si tiene la Fiera della Fet-tuccina. Centouno modi diversi di mangiare la pasta!Forzarmati già era in estasi.

– Noi restiamo ad Amsterdam – disse Lucien Luciern,– c’è da finire il formaggio della chiatta e così ne appro-fittiamo per allenarci in vista dei Campionati Europei dicategoria.

– Beh – Atomix era avvampato di nuovo – io e Clarissavorremmo fare un viaggio a FutureWord, in America. Hodei progetti da sottoporre a quei signori, per certi giochied effetti speciali.

121

La chiatta si appoggiò dolcemente alla banchina di le-gno, senza rumore.

Salirono PG, Priscilla, Scartezzini, Atomix e Lan Pion.Salì pure Aloisius Beck, delle Assicurazioni Tulip.

Sottocoperta il lavoro ferveva: Lucien Luciern con uncoltello lungo e affilato come una sciabola apriva le formedi gruviera. Forzarmati le sollevava, le scuoteva con forzae una cascata di diamanti usciva dai buchi e cadeva sul pa-vimento di legno.

I topi, raccolti in cerchio, aspettavano. Ogni tanto Lucien raccoglieva una forma svuotata, la

divideva in otto parti con pochi abili fendenti e buttava iltutto alle sue bestiole. Che ingoiavano, si leccavano i baf-fi e tornavano ad aspettare.

– Pochi minuti ancora e riavrete i vostri diamanti! –disse PG.

– Vi ringrazio. Voi potete già avere questo – e porse a Phi-lippe un assegno molto sostanzioso. – Peccato non poter fa-re altro che recuperare i gioielli e restituirli al Maalander!

– Non capisco! – esclamò Priscilla.– Facile, luce dei miei occhi! Questa chiatta è intesta-

ta a un tipo qualsiasi, che non c’entra niente e non sa nem-meno di averla. Può essere arrestato, ma dovrà essere ri-

120

Formaggio con sorpresa.Jerome aspetta

Dentro una delle celle, in compagnia di altri malfatto-ri, fra cui due tipacci vestiti da marinai, due omaccionitravestiti da bella olandesina e un antiquario disonesto,dormiva un sonno molto agitato un gentiluomo francese,con la passione per le opere d’arte. Altrui.

Era notte, ormai. Fuori, la nebbia si era dissolta come per incanto e la lu-

na illuminava il canale sottostante la finestra sbarrata.Sotto il riflesso argenteo una grande pinna nuotava len-

tamente nell’acqua scura. Uno squalo tigre lungo dodicimetri, malato di nostalgia per il suo padrone, andava pa-zientemente, su e giù, sfiorando le mura del carcere senzafretta, come aspettando.

123

– Io mi sono iscritto ai Mondiali di Subbuteo in Spa-gna. Mi sento in gran forma! – Scartezzini fece due pie-gamenti sulle ginocchia e si fermò sotto una fitta che glibloccava la schiena.

– E noi? – mormorò Priscilla sbattendo gli occhioniazzurri.

– Tanto per cominciare per te c’è questo! Un diamante purissimo, grosso come una noce era com-

parso come per magia tra le dita di Philippe. Lanciavalampi abbaglianti.

– Ma come hai fatto… non ho visto…– Un colpo di mano. Lo faremo montare su una colla-

na, direi di platino. O preferisci un anello, un solitario…Sai, ho pensato che un ricordino ci voleva, tanto uno piùuno meno, non è proprio un furto, come diciamo noi a Pa-rigi, un souvenir, nulla più che un souvenir di Amsterdam.

Gli occhioni azzurri di Priscilla brillavano.– Philippe, certo che tu sai come conquistarla una

ragazza…– Guardate Albino, cos’ha in bocca?Tutti si voltarono. Il gigantesco topo, capo della banda dei bernesi era sa-

lito sul ponte, seguito dagli altri. Tutti molto contenti esorridenti.

E incastrato tra i denti di Albino, al posto dell’incisi-vo saltato, luccicava un enorme brillante.

PG esclamò: – Ecco un diamante che neppure io riuscireia sgraffignare!

E tutti risero di gusto.– Adesso i tuoi topi valgono molto più di te! Scartezzini prese sottobraccio Lucien e si allontanaro-

no sulla banchina, seguiti dagli altri. Passarono davanti al grigio edificio della Centrale di

Polizia.

122

125124

INDICE

Priscilla racconta favole e PG dà buoni consigli

Jerome si aggira per i canali di Amsterdam

Rudolph Maalander ha ospiti nel suo palazzo

Incubo n° 1

Incubo n° 2

Intervista alla televisione: Otto Wafer lancia unappello

Riunione della banda a Parigi

Arriva il Circo!

Rapporto n° 1 - Atomix

Toh! chi si rivede!

Rapporto n° 2 - Lan Pion

Il Commissario Olof Van Der Kanal sente puzzadi fregatura

7

12

16

20

22

24

27

30

33

36

38

40

“Rivoglio il mio squalo!”

Finisce il racconto di Jerome. Dopo lo spettaco-lo si va in pizzeria

Rapporto n° 3 - Scartezzini

Conferenza stampa dell’Ispettore Capo della Polizia: “Nessun legame tra i due episodi”

Priscilla passa con il rosa. Otto Wafer viene invi-tato a cena

Rapporto n° 4 - Nicolao Forzarmati

Rudolph Maalander salta da una chiatta all’altra

Rapporto n° 5 - Lucien Luciern

Doppia trappola per PG!

Facchini, bionde e marinai…

Lan Pion sbaglia macchina e PG si trova nei guai…

… ma se la cava con l’aiuto della tecnologia piùmoderna

PG prende in mano la situazione

Gradite una fetta di gruviera?

42

45

50

53

56

60

62

65

69

72

77

79

83

86

127126

La chiatta è assediata dalle bestiacce

Hieronimus Menkel non dorme più

Tutti ai loro posti!

Maldestri tentativi del Pifferaio imbranato

Atomix si diverte, PG lavora sodo

Ma le maestre dove sono finite?

Profiterol fa una pessima figura in mondovisione

Il Pifferaio si sfiata inutilmente, poi cambia idea

PG fa in modo che Otto Wafer non abbia più in-cubi

Formaggio con sorpresa. Jerome aspetta

90

92

95

98

101

105

109

113

117

120

Nella stessa collana:

Renzo Mosca Philippe Gratin alla Mille MigliaComini - Minneci Philippe Gratin e la ladra di cuoriComini - Minneci Philippe Gratin e la Maya DesnudaRenzo Mosca Philippe Gratin e la Bocca della VeritàComini - Minneci Philippe Gratin ha le ore contateRenzo Mosca Philippe Gratin e il sultano innamoratoComini - Minneci Philippe Gratin e il ritratto di MarilynRenzo Mosca Philippe Gratin e il Codice di Leonardo

Renzo MoscaInsegna agli adulti disabili presso il Centro TerritorialeBrescia-Nord. Collabora al sito internet “La bottega diMastro Calamè” e alla rivista “La vita scolastica”. Condu-ce il laboratorio di scrittura poetica “Mamma mi scappaun verso” per ragazzi delle scuole elementari e medie.

Orazio MinneciHa fatto per vent’anni il bibliotecario. Ora vive tra pal-me e canne da zucchero al 15° parallelo Nord e si dedicacompletamente alla scrittura. È autore di libri per ragaz-zi e dirige il sito internet “La bottega di Mastro Calamè”sul quale pubblica libri per bambini. Nel 2002 ha vintoil Premio Bancarellino.

Claudio CominiVive a Brescia dove si occupa di biblioteche dal 1989. Gio-ca a pallone, suona la chitarra e ascolta jazz. Nel tempo li-bero “fa scrivere libri” a Orazio Minneci e Renzo Mosca.Oggi è direttore artistico di Grangibus, festival della lette-ratura per ragazzi, promosso dal comune di Manerbio. Nel2002 ha vinto il Premio Bancarellino.