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LE ACLI E LA CISL NEGLI ANNI SETTANTA PRATICHE SOCIALI E TENTAZIONI DELLA POLITICA (versione provvisoria) Di Carlo Felice Casula Le ACLI negli anni 70 per una società del lavoro (XI congresso nazionale, Torino 19-22 giugno 1969; Le ACLI movimento operaio di ispirazione cristiana per un'alternativa al capitalismo in nome dell'uomo (XII congresso, Cagliari 13-16 aprile 1972); Le ACLI per l'unità dei lavoratori, per una soluzione democratica della crisi del paese (XIII congresso, Firenze 10-13 aprile 1975; Dalla crisi un impegno di solidarietà nel movimento operaio. Per la ripresa del paese verso una nuova qualità dello sviluppo (XIV congresso, Bologna 15-18 giugno 1978). In questi termini, in estrema sintesi, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, in quattro appuntamenti congressuali, dal 1969 al 1978, traducevano in slogan la loro strategia e le loro proposte. Un messaggio che, attraverso i manifesti e le immagini delle riprese televisive, giungeva ad un pubblico ben più vasto di quello che era stato coinvolto nei dibattiti congressuali e precongressuali interni o che era stato informato dalle cronache e dalle polemiche della stampa quotidiana e periodica. Compio la stessa operazione anche per i congressi della CISL: tre, per lo stesso periodo preso in esame, avendo essi cadenza quadriennale, per dare conto non solo del contenuto, ma anche del linguaggio, che, indubbiamente, nella comunicazione politica, è, oltre e più che forma, anche sostanza. Per una politica sindacale degli anni 70. Potere contro potere (VI congresso confederale, Roma 17-20 luglio 1969); Una CISL forte e unita per l'unità e per lo sviluppo della società italiana (VII 1

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LE ACLI E LA CISL NEGLI ANNI SETTANTAPRATICHE SOCIALI E TENTAZIONI DELLA POLITICA

(versione provvisoria)

Di Carlo Felice Casula

Le ACLI negli anni 70 per una società del lavoro (XI congresso nazionale, Torino 19-22 giugno 1969; Le ACLI movimento operaio di ispirazione cristiana per un'alternativa al capitalismo in nome dell'uomo (XII congresso, Cagliari 13-16 aprile 1972); Le ACLI per l'unità dei lavoratori, per una soluzione democratica della crisi del paese (XIII congresso, Firenze 10-13 aprile 1975; Dalla crisi un impegno di solidarietà nel movimento operaio. Per la ripresa del paese verso una nuova qualità dello sviluppo (XIV congresso, Bologna 15-18 giugno 1978).In questi termini, in estrema sintesi, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, in quattro appuntamenti congressuali, dal 1969 al 1978, traducevano in slogan la loro strategia e le loro proposte. Un messaggio che, attraverso i manifesti e le immagini delle riprese televisive, giungeva ad un pubblico ben più vasto di quello che era stato coinvolto nei dibattiti congressuali e precongressuali interni o che era stato informato dalle cronache e dalle polemiche della stampa quotidiana e periodica.Compio la stessa operazione anche per i congressi della CISL: tre, per lo stesso periodo preso in esame, avendo essi cadenza quadriennale, per dare conto non solo del contenuto, ma anche del linguaggio, che, indubbiamente, nella comunicazione politica, è, oltre e più che forma, anche sostanza. Per una politica sindacale degli anni 70. Potere contro potere (VI congresso confederale, Roma 17-20 luglio 1969); Una CISL forte e unita per l'unità e per lo sviluppo della società italiana (VII congresso confederale, Roma 18-21 giugno 1973); Una proposta di solidarietà e uguaglianza per uscire dalla crisi economica, per impedire la disgregazione sociale (VIII congresso confederale, Roma 14-18 giugno 1977). Condivido, per appartenenza generazionale e per formazione culturale, la consolidata critica nei confronti di qualsivoglia ricostruzione della storia delle organizzazioni politiche, sindacali e sociali fondata sull'utilizzazione privilegiata degli atti dei congressi, ma, indubbiamente, quelli da me citati sono, con le loro cronache dettagliate, le relazioni introduttive ampie, i resoconti precisi degli interventi dei delegati, le repliche puntuali, documenti d'indubbio interesse, qualora siano riletti, interpretando anche i silenzi e le allusioni, decodificandone il linguaggio, per comprendere, al di là della superficie

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dell'autorappresentazione, strategie, tattiche, miti e riti di organizzazioni che contavano e pesavano non poco in quel decennio.1

E' un decennio che inizia già quantomeno nel 1969 e si conclude, nelle sue dinamiche di fondo, anzitempo, nel 1977-78, preannunciando quasi il destino attribuito da Eric Hobsbawm al Novecento-secolo breve. Questa periodizzazione concerne sicuramente le ACLI e la CISL, ma è condivisa anche in diverse sintesi sull'Italia repubblicana, sia di approccio politico-istituzionale sia economico-sociale2, mentre è, ovviamente rifiutata da quanti hanno rinvenuto un nesso stretto e causale tra la stagione delle azioni collettive e gli anni di piombo, per usare delle espressioni coniate da Paul Ginsborg3, che, per di più avrebbero innescato, attraverso la diffusa conflittualità sociale, perverse dinamiche espansive del debito pubblico e un'irresponsabile politica di bilancio che avrebbe finito per ignorare ogni vincolo intertemporale e intergenerazionale.4

L'autore di queste note, a partire dalla convinzione radicata e radicale che l'eguaglianza e la partecipazione non sono dei principi astratti, ma dei valori discriminanti che fondano la democrazia reale di un paese, ritiene che alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, vi sia stata una positiva ridistribuzione dei profitti con un tardivo, ineludibile, adeguamento dei compressi livelli salariali italiani a quelli degli altri paesi europei. Con l'approvazione dello Statuto dei lavoratori si è ottenuto anche l'inserimento di alcuni elementari principi di civiltà delle relazioni sindacali nei luoghi di lavoro, conquistando un diritto di cittadinanza nelle aziende con i consigli di fabbrica unitari, aperti anche ai non iscritti, che occupano il posto delle vecchie commissioni interne. Rinvio al riguardo al volume Relazioni industriali. Manuale per l'analisi dell'esperienza italiana, curato da Tiziano Treu e Gian Primo Cella, due accreditati giuslavoristi, negli anni Settanta e Ottanta molto

1 Per quanto concerne i congressi delle ACLI: Le ACLI negli anni 70. Per una società del lavoro. Torino XI congresso nazionale 19-22 giugno 1969, Edizioni ACLI, Roma 1969 (in questo volume è pubblicata per il vero solo la relazione generale della presidenza nazionale, mentre gli atti completi del congresso sono stati pubblicati nello speciale di "Azione Sociale", n. 25-26, 22-29 giugno 1969); ACLI 12° congresso nazionale. Le ACLI movimento operaio di ispirazione cristiana per un'alternativa al capitalismo in nome dell'uomo, Edizioni ACLI, Roma 1972; Le ACLI per l'unità dei lavoratori, per una soluzione democratica della crisi del paese. 13° congresso nazionale. Firenze 10-13 aprile 1975, Edizioni ACLI, Roma 1975; ACLI 14° congresso Bologna 15-18 giugno 78. Dalla crisi un impegno di solidarietà, nel movimento operaio, per la ripresa del paese, verso una nuova qualità dello sviluppo, Edizioni ACLI, Roma 1978. Per quanto concerne, invece, la CISL: Per una politica sindacale degli anni '70. Potere contro potere. Atti del VI congresso confederale CISL, CopisteriaSan Pietro, Roma 1970; Una CISL forte e unita per lo sviluppo della società italiana. Atti del 7° congresso confederale, Arti grafiche Wanzer, Roma 1973; Una proposta di solidarietà e uguaglianza per uscire dalla crisi economica per impedire la disgregazione sociale. CISL 8° congresso confederale/Atti, Roma 1977. 2 Mi riferisco a P. Scoppola, La Repubblica dei partiti. Voluzione e crisi di un sistema politico 1945-1996, nuova edizione, Il Mulino, Bologna 1997; Storia, economia e società in Italia 1947-1997, a cura di M. Arcelli, Laterza, Roma-Bari 1997.3 Cfr. in particolare il capitolo, L'epoca delle azioni collettive del notissimo Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi, Torino 1989. 4 Fra tutti, P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, UTET, Torino 1995. Per il vero, tuttavia, Craveri colloca negli anni Ottanta il massimo sviluppo del consociativismo e del sistema partitocratico, nonché lo sfacelo della finanza pubblica, mentre gli anni Settanta sarebbero stati caratterizzati dall'esplosione rivendicativa sindacale, dal terrorismo e dall'eversione.

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legati alla CISL.5 Esperienza peculiare, ma non anomala o, ancor peggio perversa, come confermato anche da imparziali studiosi stranieri, come Roger Blanpain.6 Appunti per una storia da scrivere, quella delle ACLI e della CISL, quanto meno per gli ultimi tre decenni, e riflessioni sulla storia già scritta, quella dell'Italia repubblicana, potrebbe essere il titolo più pertinente per questo mio intervento.Parto dal secondo punto, per ribadire quanto ho avuto già modo di rimarcare in forma ampia e ragionata nel volume L'Italia dopo la grande trasformazione7: in tutta la ormai vasta e matura storiografia sull'Italia repubblicana, sia nei contributi individuali (di alcuni ho già fatto doverosa menzione), sia nelle monumentali ricostruzioni a più voci, come l'einaudiana Storia dell'Italia repubblicana8 o la Guida all'Italia contemporanea9 edita da Garzanti, la CISL, ma più in generale le organizzazioni sindacali e, ancor più, le ACLI, quando non sono del tutto ignorate, non hanno mai l'attenzione che meritano per l'indubbio ruolo svolto negli ultimi cinquant'anni di storia del nostro paese e nelle dinamiche sociali e politiche. La Fondazione Vera Nocentini di Torino ha di recente inviato a quanti si occupano, per ragioni di studio e di ricerca, di tematiche sindacali, un appello accorato perché, quantomeno nelle università, non tanto e solo si conservino le poche cattedre di storia del sindacato, quanto ci s'impegni a che esso non venga definitivamente estromesso dal novero dei soggetti storici dell'età contemporanea, oppure conservato come residuale e privilegiata organizzazione che, pur conservando forza organizzata e potere contrattuale, sembra essere connotato all'esterno da una diffusa percezione negativa, almeno secondo ricorrenti e forse non innocenti, sondaggi d'opinione.Non si tratta, ovviamente, di un complotto ed è sufficiente rinviare alle analisi e alle riflessioni di Aris Accornero (Era il secolo del lavoro)10, di Marco Revelli (Oltre il Novecento)11, per comprendere gli effetti di scompaginamento derivati dalla crisi del modello fordista, dall'affermarsi dei processi di globalizzazione, dal progressivo ridimensionamento, in termini di addetti, di potere contrattuale, fuori e dentro la fabbrica, persino d'immagine, dei lavoratori dipendenti, garantiti e sindacalizzati. Non a caso le ACLI, da almeno un decennio, sono particolarmente impegnate nel cosiddetto terzo settore, di cui ambiscono a d essere un importante e riconosciuto punto di riferimento sul piano dell'elaborazione teorica e dei modelli organizzativi.

5 Relazioni industriali. Manuale per l'analisi dell'esperienza italiana, a cura di Gian Primo Cella e Tiziano Treu, Il Mulino, Bologna1984.6 Cfr. Comparative Labour law and industrial relations, Kluver, Deventer 1980; trad. it., Diritto del lavoro e relazioni industriali comparate, a cura di Roger Blanpain, Tiziano Treu, Frances Millard, Edizioni Lavoro, Roma7 C. F. Casula (a cura di), L'Italia dopo la grande trasformazione. Trent'anni di analisi CENSIS. 1966-1996, Carocci, Roma 1999.8 AA. VV., Storia dell'Italia repubblicana, voll. 1-3, Einaudi, Torino 19994-1998.9 AA. VV., Guida all'Italia contemporanea 1861-1997, voll. 1- 5, Garzanti, Milano 1998.10 A. Accornero, Era il secolo del lavoro, Il Mulino, Bologna 1997.11 M. Revelli, Oltre il Novecento. La politica, le ideologie, e le insidie del lavoro, Einaudi, Torino 2001.

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E' indubbio, tuttavia, che mentre nella patria della Rivoluzione industriale, registi come Ken Loach, anche dopo decenni di deindustrializzazione e persino di governo thatcheriano, continuano a girare film di grande successo d'ambientazione operaia, in Italia - come ha scritto Gian Piero Brunetta - nel saggio Il cinema legge la società italiana - "le fabbriche sono diventate fortezze invalicabili e gli operai una specie rarissima che stenta a trovare libera cittadinanza sullo schermo".12

Negli anni Sessanta-Settanta il sindacato nel suo complesso e, in particolare, quello di alcune categorie dell'industria, come i metalmeccanici, gode di una vasta e forte capacità d'attrazione anche in ambito intellettuale e studentesco: se è permesso allo storico diventare anche testimone di un'epoca, ricordo una mia personale emblematica esperienza. Universitario ventenne, impegnato nel Movimento studentesco, per mantenermi agli studi, nei mesi estivi del 1970 e 71, ho lavorato come operaio in Svezia, a Trollhättan, in uno stabilimento della Saab-Scania. Ho ancora vivissimo il ricordo del lungo viaggio in autostop da Roma a Göteborg, ma anche dei due mesi di lavoro da metalmeccanico, prima attorno ad una pressa, poi in catena di montaggio, partecipe dall'interno della condizione operaia; membro, sia pure a tempo, dell'aristocrazia della classe operaia. Ricordo ancora l'emozione provata nell'indossare la tuta blu, che nella Svezia trasgressiva comprendeva anche un paio di alternativi comodi zoccoloni di legno e cuoio. Ho memoria più prosaica anche della non indifferente somma che riuscivo a mettere da parte, vivendo nelle baracche aziendali, in quanto i salari svedesi erano allora enormemente superiori a quelli italiani ed io, da studente, non dovevo subire il salasso delle ritenute in busta paga dei compagni di lavoro. Nel mio curriculum vitae et studiorum ancora oggi esibisco la qualifica di saldatore che mi fu concessa al termine della mia esperienza di metalmeccanico, così come vanto i miei studi presso l'École pratique des hautes études en sciences sociales a Parigi. Un'ultima doverosa precisazione: parlare congiuntamente delle ACLI e della CISL, come mi è stato richiesto dagli organizzatori del convegno l'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, pone non pochi problemi, perché le due organizzazioni, nonostante la comune origine (Giulio Pastore, prima di divenire il primo segretario della CISL, era succeduto ad Achille Grandi nella presidenza delle ACLI), avevano, negli anni Cinquanta e Sessanta, compiuto un percorso separato e distinto, con un rapporto indubbiamente privilegiato, ma non privo di confronti e dissidi, specialmente sul terreno del patronato e della formazione professionale. Per di più, dopo la nascita della Federazione CGIL-CISL-UIL, nel luglio del 1972, pur con tutte le riserve e gli equivoci derivanti dal fatto che essa era, per alcuni il ponte per l'unificazione finale, per altri il tetto che non poteva essere sfondato - alcune grandi categorie dell'industria, come i metalmeccanici di Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, la interpretarono e la vissero nel primo significato, dando vita alla FLM, e proprio

12 G. P. Brunetta, Il cinema legge la società italiana, in Storia dell'Italia repubblicana, v. II, t. 2, La trasformazione dell'Italia. Sviluppo e contraddizioni, Einaudi, Torino 1995, pp. 830-831.

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le ACLI erano fautrici accese di quest'approdo, rivendicando con orgoglio la primogenitura della proposta di unificazione sindacale13 - è impresa ardua e fuorviante fare un discorso separato sulla CISL.14

Mi asterrò dal farlo, quantomeno per ciò che concerne il terreno contrattuale, che pur è quello peculiare del sindacato e della CISL in modo del tutto particolare, a partire dall'acquisizione e dalla pratica della moderna lezione americana di Mario Romani e della su Scuola di Firenze. Il terreno nuovo su cui la CISL con Federazione unitaria opera è quello delle riforme (casa, fisco, scuola, trasporti, sanità), per la cui attuazione erano necessari non solo un confronto serrato con le autorità di governo, un rapporto costante con l'opposizione di sinistra, un coinvolgimento fattivo di associazioni storiche come le ACLI e di gruppi e movimenti dei cosiddetti nuovi soggetti sociali come giovani studenti e donne. In una dispensa per la formazione sindacale, recentemente pubblicata dalla casa editrice della CISL s'individua il limite di questa strategia nel suo "carattere eccessivamente vertenziale e dominato dall'intento 'tutto e subito' inadeguato per obiettivi così ambiziosi"15.Vi fu, in realtà, non solo un'insufficiente considerazione delle risorse finanziarie necessarie e di quelle disponibili, ma anche una sottovalutazione delle riserve e delle ostilità di non pochi, né ininfluenti gruppi economici e politici, messi sulla difensiva, ma certo non sconfitti. A tutto questo occorre aggiungere che la nuova classe operaia, magistralmente descritta in Francia da Serge Mallet16, di bassa qualificazione professionale, digiuna d'esperienza sindacale, di recente e ingenua politicizzazione, che aveva trovato una sponda organizzata nella FIM, si mobilitava preferibilmente per ottenere risultati concreti e immediati. Di qui il successo di quella straordinaria esperienza delle 150 ore, che aprì per la prima volta le scuole al territorio e vide come attori creativi ed entusiasti tanti giovani insegnanti e studenti dei gruppi spontanei cattolici, ma anche degli oratori e delle parrocchie. Senz'ombra di dubbio è stata la più vasta e incisiva esperienza di formazione degli adulti e di recupero dell'obbligo scolastico nella storia dell'Italia repubblicana, ma anche della secolare storia nazionale.

13 Cfr. al riguardo L. Labor, Le ACLI e l'unità sindacale, in Idee e documenti per l'unità sindacale, a cura di B. De Cesaris, ACLI-Collana ricerche, Roma 1969 e L'unità sindacale dieci anni dopo. Atti della tavola rotonda promossa dalle ACLI a Roma il 9 marzo 1977, "Quaderni di Azione Sociale", n. 3, nuova serie a carattere a carattere monografico, 1977. Alla tavola rotonda intervengono Domenico Rosati, presidente delle ACLI, Luigi Macario segretario generale della CISL, Giorgio Benvenuto, segretario generale della UIL e Luciano Lama, segretario generale della CGIL. Al dibattito, fra gli altri, interviene anche Livio Labor.14 In occasione della ricorrenza del trentennale della nascita della CISL il Centro studi nazionale della CISL e il Centro di studi sociali e sindacali hanno promosso una grande ricerca interdisciplinare, pubblicata dalle Edizioni Lavoro in 4 volumi e 7 tomi: Analisi della CISL. Fatti e giudizi di un'esperienza sindacale, a cura di Guido Baglioni, 2 tomi, Roma 1980; La CISL. Cronologia, a cura di C. Brezzi, I. Camerini, T. Lombardo, 1980; Il sindacato come esperienza, a cura di Maurizio Carbognin e Luigi paganelli, t. 1, La CISL nella memoria dei suoi militanti; t. 2, Ventidue militanti si raccontano, Roma 1981; Itinerari sindacali, a cura di Ettore Santi e Angelo Varni, t.1, Momenti di storia della CISL in fabbrica, Roma1982; t. 2, Organizzazione e politica: storie della CISL nelle realtà territoriali, Roma 1982. 15 G. Bianchi, S. Costantini, Cenni di storia del sindacato italiano e della CISL, Edizioni Lavoro, Roma 2001, p. 33. 16 S. Mallet, La nuova classe operaia. Nuova edizione con un saggio sugli avvenimenti francesi del 1968, Einaudi, Torino 1968.

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Non si riuscì, infine, ad ottenere "una svolta di politica economica e di sviluppo civile e democratico", come implicitamente ammise Luigi Macario, nel febbraio del 1978, all'assemblea congiunta dei consigli generali e dei delegati, tenutasi all'EUR a Roma, dal momento che veniva ancora con insistenza, ma ormai quasi con disincanto, richiesta.17 Macario dal mese di gennaio dell'anno precedente era succeduto a Bruno Storti nella segreteria della CISL, di cui negli anni Cinquanta era stato responsabile dell'organizzazione, mentre negli anni Sessanta fu alla guida della FIM. La segreteria di Macario, per il vero, fu di brevissima durata, quasi una reggenza, perché nel maggio del 1979 fu sostituito da Pierre Carniti, con Franco Marini, proveniente dal sindacato del pubblico impiego, come segretario aggiunto. A questo punto, però, siamo già in un'altra fase delle vicende della CISL, che Vincenzo Saba, nel recente volume Il problema storico della CISL, ha definito gli "anni della regolazione sociale", dopo il decennio (1969-1978), giudicato in termini quanto mai critici, come "gli anni fatali, fra anomia e riscoperta dell'identità"18, durante i quali, di Giulio Pastore si sarebbe conservata solo una sfocata icona, dimenticandone-tradendone la lezione. A testimoniare quest'accusa Saba chiama Giulio Sapelli, il cui giudizio, pur non condivisibile per la sua perentorietà, merita di essere citato: "Sul finire degli anni Sessanta, quel fondo oscuro e senza senso in cui si dibattono le volontà degli uomini, la storia, appunto (che la storiografia e le scienze umane si sforzano di interpretare), la storia mosse il pollice e ne scaturì, da quella varianza dell'increspatura dell'eternità, l'autunno caldo e prima ancora il Sessantotto, ossia l'irruzione dei diritti di cittadinanza - sacrosanti e troppo a lungo negati dall'ignavia e dalla protervia padronale - per mezzo della violenza e dell'irrazionalità anti-industrialista che tutto travolse. La CISL più di ogni altro".19 La questione posta da Macario, assieme a quella dell'unificazione e/o unità sindacale (come emerge persino nelle assise congressuali negli interventi di giovani delegati, l'unificazione è vissuta come una sorta d'atto riparatorio per la scissione del 1948), della radicalità delle forme di lotta, della compatibilità delle rivendicazioni retributive e normative (il salario variabile indipendente del sistema economico, per usare un'espressione attribuita a Pierre Carniti), dell'immissione, a livello di categorie e di unioni territoriali, di funzionari e dirigenti provenienti dal Movimento studentesco e dai gruppi della nuova sinistra, sono oggetto di un forte confronto-scontro all'interno della CISL, che fino al 1977, è divisa in due schieramenti, quasi due anime. L'obiettivo di svolta di politica economica e di sviluppo civile e democratico, di "equilibri più avanzati", per usare un termine e una categoria di Aldo Moro, è di difficile praticabilità: la CISL tutta, a differenza di altre organizzazione

17 Cfr. La CISL dal 1977 al 1981. Accolta dei documenti ufficiali dall'VIII al IX congresso, Edizioni Lavoro, Roma 1981. 18 V. Saba, Il problema storico della CISL. La cittadinanza sindacale in Italia nella società civile e nella società politica (1950-1993), Edizioni Lavoro, Roma 200019 G. Sapelli, Riscoprire l'eredità di astore e di Romani, in Sindacalismo e laicità. Il Paradosso della CISL, a cura della Fondazione Vera Nocentini, Angeli, Milano 2000, p.106.

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cattoliche, come la FUCI, non subisce il fascino della proposta del compromesso storico di Franco Rodano e Enrico Berlinguer e prima ancora agli inizi degli anni Settanta, nonostante l'iniziale coinvolgimento di alcuni suoi esponenti, non si lascia coinvolgere nel progetto generoso, ma velleitario, del Movimento politico dei lavoratori dell'ex presidente delle ACLI, Livio Labor.Allo stesso tempo la consolidata pratica dell'autonomia (nei confronti del potere economico, oltre che del potere politico), la rigorosa applicazione dell'incompatibilità tra incarichi direttivi nel sindacato, cariche di partito e mandati elettivi nel parlamento e, persino nelle regioni e nei comuni, la fine del collateralismo, spingono la CISL verso un rischioso ruolo di supplenza politica. A Pierre Carniti in particolare, in quegli anni, fu mossa l'accusa di pansindacalismo. Una ricerca sui militanti FIM, pubblicata nel 1982, ha smontato il diffuso luogo comune della loro connotazione iperconflittuale e ideologica e gettato sprazzi di luce sulla loro nuova politicità altra, sulla politica dei senza partito, per riprendere il titolo del libro in questione.20

L’antinomia tutta italiana politica-antipolitica, di cui si discute recentemente tra storici e politologi, andrebbe, quantomeno, considerata congiuntamente con la coppia prepolitica-politica, spesso polemica, ma non antinomica, perché tutt'al più contesta, ma certamente non disprezza e nega la democrazia istituzionale.E' indubbio, tuttavia, come già ebbe a rimarcare Alessandro Pizzorno nel libro I soggetti del pluralismo, che una forte qualificazione politica del sindacato è, in fondo indice di debolezza o di malessere, perché rinvia ad un'insoddisfazione nei confronti del suo ruolo specifico.21 Secondo altre interpretazioni il sindacato ("un giocattolo nelle mani del ciclo economico", come da icastica definizione di Selig Perlman)22, agirebbe con successo sul terreno economico-contrattuale nelle fasi di prosperità e si rifugerebbe nell'azione politica in quelle di depressione e di crisi. E gli anni Settanta sono percorsi da inediti complessi fenomeni di stagflazione. Il sindacato - secondo un'acuta riflessione a caldo di Guido Baglioni- "si trova davanti a problemi gravi, deve interrogarsi sulla direzione del suo futuro, vede l'azione intensamente intrecciata (e, quindi, meno libera) con i problemi generali dell'economia e con le scelte dell'azione pubblica. L'importanza e la problematicità dell'esperienza sindacale recente hanno di fatto sancito il logoramento dei due prevalenti ed opposti modelli sindacali tradizionali, quello rivendicativo-contrattuale e quello politico-antagonistico, che assume l'azione sindacale come momento di un più vasto processo teso al superamento del capitalismo. Il primo dei due modelli - continua Baglioni - deve necessariamente tener conto delle difficoltà di continuare una vivace dinamica salariale, come nell'ultimo decennio, e del fatto che il sindacato è divenuto

20 C. Buzzi, D. La Valle, La politica dei senza partito, presentazione di Franco Bentivogli e introduzione di Fausto Tortora, Edizioni Lavoro, Roma 1982.21 A. Pizzorno, I soggetti del pluralismo, Il Mulino, Bologna 1980.22 Un classico (A theory of the labor movement, 1928) del grande studioso americano delle relazioni sindacali è stato ripubblicato dalla casa editrice della CISL: S. Perlman, Per una teoria dell'azione sindacale, Edizioni Lavoro, Roma 1980).

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ovunque un'istituzione che tende a rappresentare il mondo del lavoro e, quindi, un attore con propositi e obiettivi politici"23.Sempre sul terreno prepolitico-politico, che non impegna il sindacato in quanto tale, una prova importante fu indubbiamente il coinvolgimento di dirigenti e quadri della CISL nella battaglia referendaria contro l'abrogazione della legge sul divorzio. Scorrendo l'elenco dei firmatari dell'Appello dei cattolici democratici per il no nel referendum, reso pubblico il 17 febbraio del 1974, troviamo i nomi di dirigenti quali Sandro Antoniazzi, Franco Bentivogli, Pierre Carniti, Mario Colombo, Eraldo Crea, Cesare Del Piano, Alberto Gavioli, Luigi Macario, Nino Pagani, Manlio Spandonaro, Alberto Tridente. Pierre Carniti e Luigi Macario in un instant book, prontamente edito dalla Coines, che riproduce l'appello e le sue finalità, riassunte da Pietro Scoppola, in due essenziali interventi, motivano le ragioni di una scelta personale, ma in grande sintonia con le convinzioni diffuse e i sentimenti profondi del corpo degli iscritti: Per una scelta di libertà è il titolo del libro.24

Tra i firmatari sono presenti anche diversi dirigenti delle ACLI, Geo Brenna, Emilio Gabaglio, Michele Giacomantonio, Giuseppe Reburdo, Fausto Tortora, tutti esponenti delle correnti di sinistra. La presidenza di Marino Carboni deve fare i conti con le forti pressioni della gerarchia ecclesiastica, nella persona di monsignor Giovanni Benelli che nella sua qualità di sostituto alla Segreteria di stato, interveniva e interferiva con durezza sulle decisioni non solo delle associazioni cattoliche, ma anche della Conferenza episcopale italiana.25 In una riunione del Consiglio nazionale del 9-10 febbraio 1974 si ribadisce il "valore umano e cristiano dell'indissolubilità del matrimonio", in un "contesto di pluralismo rispettoso della libertà di tutti": I lavoratori cattolici delle ACLI, pur "naturalmente sensibili alle indicazioni pastorali dei vescovi", sono impegnati a "evitare ogni degenerazione dello scontro sul referendum a guerra di religione ed ogni strumentalizzazione propagandistica". Le ACLI temono, sul terreno politico, i rischi derivanti dalla confluenza dei voti cattolici con quelli di partiti e di ambienti "che non da oggi hanno dimostrato di operare per mettere in crisi le basi stesse della nostra democrazia"26. Si tratta in fondo di un'implicita indicazione di voto libero, per "guardare oltre il 12 maggio"27, che, però, non è ritenuta sufficiente non solo dai dirigenti prima citati, ma anche dalla stessa

23 G. Baglioni, La situazione del sindacato nei paesi a capitalismo avanzato, in F. Archibugi, G. Baglioni, L. Caselli, P. Merli Brandini, La questione sindacale oggi, Edizioni Lavoro, Roma 1978, p. 7. Il volume riproduce le relazioni a una sessione di studio del Centro Studi di Firenze (9-11 settembre 1978). 24 Cattolici e referendum. Per una scelta di libertà, Coines, Roma 1974. Nel libro sono pubblicati anche interventi di Pietro Scoppola, Gian Paolo Meucci, Luigi Pedrazzi, Paolo Brezzi, Geo Brenna, Pier Giorgio Camaiani, Pierre Carniti, Giuseppe Curonici, Emilio Gabaglio, Raniero La Valle, Luigi Macario, Ruggero Orfei, Mario Pastore, Piero Pratesi, Giancarlo Zizola.25 Per una visione d'insieme, cfr. V. De Marco, Le barricate invisibili. La Chiesa in Italia tra politica e società (1945-1978), Congedo Editore, Lecce1994.26 La relazione di Marino Carboni al Consiglio nazionale del 9-10 febbraio e a quello successivo al referendum del 6-7 luglio, con le trascrizioni dei numerosi e vivaci interventi al dibattito in entrambe le occasioni, è stata pubblicata nel volume Famiglia, divorzio, referendum, in "Quaderni di Azione Sociale", nuova serie a carattere monografico, n. 10-12, 1974. 27 Guardare oltre il 12 maggio, in Le ACLI per lo sviluppo della società italiana (1972-1975), v. 1, pp. 102-104.

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Gioventù aclista che, pubblicamente e polemicamente, si schiera, senza riserve e contorcimenti, per il no con la parola d'ordine "no al referendum, no nel referendum".28 Merita infine solo un richiamo, perché siamo già ai margini dell'arco cronologico da me preso in esame, l'esperienza della Lega Democratica. Ha una lunga gestazione a partire dal 1975, con Pietro Scoppola il leader-portavoce più noto; dal 1978 dispose anche di una propria autonoma rivista, Appunti di cultura politica, che vede coinvolti, oltre che personalità critiche della DC, ben lontana da giungere a una rifondazione, nonostante le speranze suscitate dalla segreteria di Benigno Zaccagnini, anche giovani provenienti da esperienze fucine e scoutistiche e, di nuovo, esponenti delle ACLI e della CISL.29 Per concludere il discorso sulla CISL, prima di parlare specificamente delle ACLI, occorre rimarcare che il sindacato è soprattutto organizzazione, anzi un'organizzazione corposa e complessa, che solo nell'ipotesi ottimistica del paradigma dei fini, può essere considerata solo come uno strumento flessibile e docile per realizzare una determinata strategia. Il primo dato incontrovertibile è negli anni Settanta, pur attraversati nella seconda metà da contestazioni e tensioni, la crescita del numero degli associati, non solo nell'industria (il censimento del 1971, con l'evidenza dei numeri, certificava come oltre il 44% degli occupati fosse composto da addetti all'industria), ma anche nell'agricoltura e nel settore terziario pubblico e privato: sono 1.641. 591 nel 1969 e 2.906.230 dieci anni dopo. I dati sono reali, perché dopo una lunga stagione in cui essi erano sistematicamente gonfiati per fini di propaganda interna e di rapporti di forza all'esterno, rispetto alle organizzazioni sindacali concorrenti, alle istituzioni pubbliche e alle controparti sociali, sono stati ricalcolati e resi omogenei. E' fondamentale al riguardo la ricerca, coordinata da Guido Romagnoli, La sindacalizzazione tra ideologia e pratica. Il caso italiano 1950-1977,30 e quanto mai meritorio il lavoro di ulteriore studio portato avanti da Enrico Giacinto, direttore della Biblioteca della CISL, che ha compiuto anche un meticoloso studio sui bilanci veri dei sindacati.31

La disponibilità di ingenti risorse finanziarie certe per il meccanismo delle deleghe e delle ritenute sulla busta paga permette alla CISL, non solo di investire in strutture e quadri, ma anche di supportare la propria autonomia reale, come con orgoglio amava sottolineare Luigi Macario.32

28 I documenti più significativi sono pubblicati in Famiglia e società capitalistica, a cura di Luciana Castellina, Alfani Editore, Roma 1974.29 V. Onida, La crisi di identità politica dei cattolici italiani: le risposte di Comunione e liberazione e della Lega democratica, in I Cattolici degli anni '70, a cura di Gualberto Gualerni, Mazzotta, Milano1977.30 G. Romagnoli (a cura di), La sindacalizzazione tra ideologia e pratica. Il caso italiano 1950-1977, 2 voll., Edizioni Lavoro, Roma1980.31 Cfr. E. Giacinto, Uno, nessuno, sei milioni. Sulle organizzioni sindacali diamo anche noi i numeri. Quelli veri, in "Conquiste del lavoro", 23 dicembre; I bilanci CGIL, CISL, UIL, in "Lavoro Informazione", n.17,1999. 32 Nel 1991 Luigi Macario mi ha reso una lunga e spregiudicata intervista-testimonianza al riguardo, che mi propongo di pubblicare.

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Quali sono le strutture più importanti che permettono alla CISL la sperimentazione di ricche e diffuse pratiche sociali e l'erogazione di variegati servizi ai lavoratori: in primo luogo l'Istituto nazionale assistenza sociale (INAS), quindi l'Istituto addestramento lavoratori (IAL) e il Centro nazionale associazione della cooperazione e autogestione (CENASCA) e, infine, l'Ente turistico sociale italiano (ETSI). Posso a questo punto riprendere il discorso specifico sulle ACLI, per soffermarmi in modo particolare su un momento centrale e drammatico della loro storia.Fondate a Roma nell'estate del 1944 come supporto e strumento organizzativo e formativo della corrente cristiana del neocostituita CGIL unitaria, dopo la rottura dell'unità sindacale del 1948 e la successiva formazione della LCGIL e della CISL, si erano ripensate come movimento sociale dei lavoratori cristiani. Associazioni, già nel nome declinate al plurale, costruiscono una fitta rete organizzata di circoli territoriali e nuclei aziendali con centinaia di migliaia di soci in tutte le regioni e in tutte le pieghe della società italiana, promuovendo e pubblicando con l'Ufficio studi ricerche di notevole spessore, sviluppando un'intensa attività di animazione e formazione religiosa e sociopolitica e operando con specifiche associazioni di categoria (ACLI-Terra, ACLI Colf) e robuste strutture organizzative nel campo dell'assistenza (Patronato), dell'istruzione professionale (Ente nazionale istruzione professionale, ENAIP), della gestione del tempo libero e dello sport (Ente nazionale ACLI per la ricreazione sociale, ENARS che si articola ulteriormente nell'Unione nazionale arte e spettacolo, UNASP, nell'Unione sportiva ACLI e nel Centro turistico sociale, CTS), infine della cooperazione (Unione nazionale ACLI consorzi cooperative agricole, UNACCA e Unione nazionale consorzi cooperative edilizie ACLI, UNCCEA).Già negli anni del miracolo e economico e della lunga gestazione del centrosinistra, le ACLI, muovendosi sempre con originalità e coraggio tra la Chiesa di Pio XII e quella di Giovanni XXIII, la Democrazia cristiana di De Gasperi, Fanfani e Moro, la CISL di Pastore, senza chiusure e arroccamenti, più di qualsiasi altra associazione cattolica erano riuscite a leggere interpretare e vivere i radicali e pervasivi mutamenti sociali, politici, culturali e religiosi della grande trasformazione dell'Italia repubblicana.E' in bozze un mio volume della storia delle ACLI, frutto di una lunga ricerca nel loro ricchissimo Archivio storico, Le frontiere delle ACLI, che già nel titolo rinvia alla loro originale collocazione, di frontiera, appunto, ma anche di crocevia tra partiti, sindacati, istituzioni civili e religiose. In appendice ai diversi capitoli pubblico integralmente I verbali delle riunioni del Consiglio di presidenza, che sono una miniera inesauribile di informazioni di prima mano non solo sulle vicende delle ACLI, compresi i rapporti intensi, ma non sempre

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distesi con la Gerarchia ecclesiastica, ma anche sulla densa più ampia storia dei primi decenni dell'Italia repubblicana.33 All'inizio degli anni Settanta, nonostante le traversie di cui tratterò tra breve ed alcuni tentativi di scissione, le ACLI hanno ancora un'ossatura di quasi 6000 nuclei e circoli e di poco meno di 500.000 soci. Metalmeccanici, braccianti, coltivatori diretti e edili sono le categorie più rappresentate. All'estero le ACLI hanno un seguito tra i lavoratori emigrati di quasi 20.000 soci, con una presenza particolarmente forte in Belgio, Svizzera, Francia e Germania.34

Nella pluridecennale storia delle ACLI la stagione più ricca di elaborazioni nuove, proposte ardite, dibattiti accesi, confronti coraggiosi, all'interno dell'associazione, ma anche dentro il movimento sindacale e studentesco, nei partiti politici e, soprattutto, nella comunità ecclesiale, è certamente quella, breve e intensa, che va dal congresso di Torino del giugno 1969 al congresso di Cagliari dell'aprile del 1972. E' la stagione che Maria Cristina Sermanni nel suo secondo volume sulla storia delle ACLI concernente gli anni dal 1961 al 1972 riconduce essenzialmente "alla prova della politica". Più recentemente Domenico Rosati, ripercorrendo le tappe più significative di mezzo secolo di ACLI, come dal sottotitolo del suo libro L'incudine e la croce, definisce gli anni in questione come la terza crisi. La prima si era manifestata dopo la rottura del sindacato unitario, con la nascita della CISL. A molti nella DC di De Gasperi e nella CISL di Pastore sembrò che le ACLI non avessero più ragione di esistere dal momento che era, nei fatti, superata la loro funzione originaria di supporto formativo e organizzativo della presenza dei lavoratori cristiani nella CGIL unitaria di Giuseppe Di Vittorio e Achille Grandi. Le ACLI in quest'occasione resistono e si ripensano come movimento sociale cristiano grazie soprattutto al forte sostegno che hanno in Segreteria di Stato da parte di mons. Giovanni Battista Montini. Sostegno moralmente autorevole e finanziariamente corposo.La seconda crisi è della fine degli anni Cinquanta, tra la fine del pontificato di Pio XII e quello di Giovanni XXIII, e s'incentra sulla questione dell'incompatibilità tra mandato parlamentare e cariche direttive nelle ACLI, che monsignor Domenico Tardini (poi cardinale e segretario di Stato di Papa Roncalli) consiglia-impone, dopo che anche la CEI per bocca del suo presidente, il cardinal Giuseppe Siri, si era pronunciata in tal senso. La scappatoia delle deroghe, introdotte con un emendamento al Congresso di Milano del dicembre del 1959, aveva creato disagi e malumori che finirono per costare la presidenza a Dino Penazzato, cui, dopo un breve interregno di Ugo Piazzi, nel 1961, al Congresso di Bari, successe Livio Labor, convinto assertore dell'incompatibilità.In ambito ecclesiastico l'incompatibilità significava soprattutto, al di là delle personali profonde preoccupazioni del cardinale Domenico Tardini per le compromissioni tra fede e politica e tra Chiesa e DC, con i conseguenti costi 33 C. F. Casula, Le frontiere delle ACLI. Pratiche sociali, impegno politico, spiritualità, Edizioni Lavoro, Roma 2001.34 I dati riportati, relativi al 1971, sono desunti dalla relazione organizzativa presentata dal presidente uscente Emilio Gabaglio al 12° congresso nazionale che si tenne a Cagliari dal 13 al 16 aprile 1972. Cfr. XII congresso nazionale. Relazione generale della presidenza nazionale, Stampa pro, Roma 1972.

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religiosi, una garanzia preventiva contro un possibile sostegno dei parlamentari aclisti a favore dell'apertura a sinistra della Democrazia cristiana di Amintore Fanfani.L'incompatibilità per le ACLI di Livio Labor, che si caratterizzano come movimento operaio cristiano e gruppo di influenza ideologico-culturale e di pressione sociale, diventano invece il presupposto di nuove e ricche elaborazioni teoriche, soluzioni organizzative e pratiche sociali. Negli anni Sessanta le ACLI, i cui dirigenti centrali e periferici, non di rado si sono formati al loro interno ed hanno, di conseguenza, un'orgogliosa identità, non hanno solo un'ulteriore crescita organizzativa, con un capillare radicamento con i circoli territoriali e i nuclei aziendali, ma anche una forte espansione delle proprie attività, in particolare nel campo della formazione e del patronato. Come mai, prima e dopo il decennio, conquistano una capacità di interlocuzione con le istituzioni pubbliche, con i partiti e con i sindacati e di dialogo con la società civile, in particolare con i lavoratori e gli studenti. Anche solo sfogliando le annate di quel periodo dei giornali e dei periodici della stampa cattolica, da La Civiltà Cattolica dei Gesuiti a Testimonianze, di padre Ernesto Balducci, da Avvenire della CEI a L'Ortobene della diocesi di Nuoro (la citazione è dovuta solamente alla mia provenienza), si può agevolmente verificare quanto le ACLI fossero presenti nelle dinamiche della comunità ecclesiale italiana. Una presenza che, a cavallo del decennio, pur costituendo un punto importante di confronto e di riferimento nella difficile temperie del pontificato montiniano, in cui si scontrano nostalgie pacelliane e radicalismi conciliari, diventa critica e controversa, finendo quasi per essere inglobata nel dissenso e, come tale, alla fine, messa sotto osservazione e processo dalla gerarchia e dai settori più conservatori e tradizionali del mondo cattolico.Questi i passaggi più importanti in sequenza temporale, anche se non necessariamente interpretabili come causa-effetto. Si deve, in ogni caso, avere presente la realtà economica, sociale e culturale di quegli anni, in cui l'Italia, appena uscita dall'impetuosa e pervasiva grande trasformazione, viveva, come e anche più di altri paesi occidentali, con il movimento studentesco del 1968 e l'autunno caldo del 1969, una stagione di tensioni, conflitti, progetti, speranze e illusioni di cambiamento in senso egualitario e libertario, con una forte ripresa di attrazione e fascinazione del socialismo, non di rado coniugato con il radicalismo evangelico.Giugno 1969. XI Congresso di Torino. Le ACLI riaffermano e rilanciano il proprio metodo di "formazione, dialogo, mobilitazione collettiva", "in sintonia con le sensibilità e gli atteggiamenti dei lavoratori", con "piena ed intransigente autonomia, specie nella sfera politico-partitica". E' la fine del collateralismo nei confronti della Democrazia cristiana e della sostanziale delega politica nei suoi confronti. Livio Labor, che alla presidenza delle ACLI è stato sostituito dal giovane Emilio Gabaglio, con esponenti della sinistra democristiana di Carlo Donat Cattin, della CISL e del Partito socialista, da vita all'ACPOL, che, l'anno seguente si trasformerà in un nuovo soggetto politico, il Movimento politico dei

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lavoratori, MPL, con il fine dichiarato di rompere l'unità politica dei cattolici e costituire una nuova sinistra di governo, comprendente il Partito comunista. Marzo 1970. Lettera a Gabaglio del cardinale Antonio Poma, presidente della CEI. In quattro articolati punti si chiede alle ACLI se intendono ancora considerarsi, come dall'articolo 1° del loro statuto, "movimento sociale dei lavoratori cristiani", fedeli alla dottrina del cristianesimo, con rapporto di obbedienza nei confronti della gerarchia e di sintonia con l'intera comunità ecclesiale. Si chiede inoltre se intendono ancora avvalersi della presenza dei sacerdoti assistenti e si esprime perplessità e titubanza per il metodo che le ACLI sembrano seguire per il cambiamento della società e per la sua stessa analisi, che sembra rinviare, anche nel linguaggio più che all'insegnamento sociale del cristianesimo contenuto nel magistero, a "un sistema e a un'impostazione che risalgono a matrici inconciliabili con la visione cristiana della vita e della storia". Le ACLI divulgano il documento e dopo che il Comitato esecutivo nazionale ha elaborato una lunga memoria di risposta, chiedono, con una lettera di Gabaglio, di aprire un dialogo diretto con la CEI, puntando anche sulle differenti posizioni esistenti al suo interno sulle questioni controverse.Agosto 1970. Incontro di studio di Vallombrosa sul tema Movimento operaio, capitalismo, democrazia. Emilio Gabaglio, in sintonia con il senso delle relazioni introduttive di Piero Praderi, Fausto Tortora e Gabriele Gherardi e in dichiarata continuità con le conclusioni anticapitalistiche del Congresso di Torino, propone l'ipotesi socialista come nuovo asse strategico della linea delle ACLI, che suscita una valanga di discussioni e reazioni fuori e dentro l'associazione.Novembre 1970. Assemblea generale della CEI. Monsignor Enrico Nicodemo, arcivescovo di Bari e vicepresidente della CEI, a partire anche dagli incontri di una commissione ad hoc in cui sono presenti mons. Franco Costa, mons. Santo Quadri e rappresentanti della Presidenza delle ACLI, afferma che le ACLI, dopo la "svolta" di Vallombrosa, si sono avviate "per un nuovo cammino, verso nuove mete, con un coraggio che può a volte sembrare temerarietà". Mons. Enrico Bartoletti convince l'assemblea a non pubblicare un documento finale, per non compromettere il dialogo in corso.Maggio 1971. Consiglio di Presidenza della CEI. Il 9 maggio, su L'Osservatore Romano è pubblicato un "documento della CEI", con questo lungo titolo: "La validità del magistero sociale riaffermata dai vescovi italiani. La posizione delle ACLI. Iniziative della gerarchia per un'efficace pastorale del lavoro". E' la condanna, o sconfessione o presa di distanza della gerarchia nei confronti delle ACLI. E' questo il passo famoso e controverso: "…Si è constato particolarmente che le scelte operate in questi ultimi tempi dalle ACLI hanno suscitato non lievi difficoltà e turbamenti all'interno e fuori delle Associazioni stesse, ed hanno creato non poche situazioni pastoralmente difficili e non compatibili con un'armonica visione unitaria della comunità ecclesiale. Pertanto, nel rispetto dell'autonomia rivendicata dalle ACLI e dalla loro libera scelta di essere soltanto

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un movimento di lavoratori cristiani, i vescovi non ritengono che oggi le ACLI rientrino tra quelle associazioni per le quali il decreto Apostolicam Actuositatem prevede il consenso della Gerarchia…" 5-6 Giugno 1971. Consiglio Nazionale ACLI. Le ACLI "continuano" e nella mozione conclusiva si ribadisce: "Anche nella loro nuova posizione, le ACLI mantengono la loro fondamentale ispirazione cristiana, in termini di scelta consapevole e vissuta all'interno delle condizioni di classe. A questa esigenza dovrà essere rapportata la presenza sacerdotale, da convenirsi nel quadro della nuova pastorale del lavoro, secondo modalità valide per l'insieme delle ACLI, al centro e in periferia (…) il consiglio nazionale identifica il fondamento della proposta associativa delle ACLI nella loro ispirazione cristiana, nel loro carattere di classe, nella volontà di concorrere al cambiamento della società, nell'autonomia del movimento, nella sua originalità di forza educativa e sociale che realizza un processo di coscientizzazione e l'iniziativa dal basso dei lavoratori…"19 Giugno 1971. Paolo VI interviene all'Assemblea generale della CEI e ritorna sulla questione delle ACLI. "Accanto a queste vicende ecclesiali noi abbiamo visto con rammarico il recente dramma delle ACLI: e cioè abbiamo deplorato, pur lasciando piena libertà, che la direzione delle ACLI abbia voluto mutare l'impegno statutario del movimento e qualificarlo politicamente, scegliendo per di più una linea socialista, con le sue discutibili e pericolose implicazioni dottrinali e sociali. Il movimento che ha goduto in Italia per non brevi anni di particolare interessamento da parte della Chiesa, è purtroppo così uscito, di sua iniziativa dall'ambito delle associazioni per le quali la Gerarchia accorsa il suo consenso. Noi condividiamo il vostro voto che, anche nella presente situazione, le ACLI vogliano ricordare l'origine e lo scopo per cui sono state istituite e non vogliano scostarsi dalla conformità ai principi professati dal magistero della Chiesa nel campo degli orientamenti sociali…" 13-16 Aprile 1972. Cagliari. XII Congresso nazionale ACLI. Il congresso, anticipato rispetto alla normale scadenza, per il diffuso malessere interno che si e manifestato in due successive scissioni (quelle delle Libere ACLI, poi MOCLI di Carlo Borrini e quella, più consistente delle FEDERACLI di Giovanni Bersani, tenta di giungere a una ricomposizione delle diverse posizioni del movimento e di riprendere un rapporto di fiducia con la Gerarchia. A tal fine è significativo la riformulazione dell'articolo 1° dello statuto: Le ACLI fondano sul messaggio evangelico e sull'insegnamento della Chiesa la loro azione per la promozione della classe lavoratrice e organizzano i lavoratori cristiani che intendono contribuire alla costruzione di una nuova società in cui sia assicurato, secondo giustizia, lo sviluppo integrale dell'uomo". Illuminante anche questo passaggio della Mozione per i rapporti ecclesiali approvata dal congresso: "…Il momento religioso è momento fondamentale e non può essere ridotto ad una generica ispirazione di tipo ideologico, ma è l'ispirazione di un'autentica e completa esperienza di vita cristiana, come gruppo di lavoratori impegnati nel sociale, ugualmente lontana sia da ogni ipotesi integralista che voglia far

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discendere dalla fede concrete ed univoche scelte sociopolitiche, sia da ogni ipotesi secolarista che riduca la fede ad affare privato staccato dall'azione sociale e politica del cristiano":

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