Laurea triennale in Filosofia Anno accademico...

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Laurea triennale in Filosofia Anno accademico 2016/2017 FILOSOFIA TEORETICA LO SCONTRO DELLE IMMAGINI (3/4) XVIII-XIX secolo Enrico Terrone (FMSH-CEM, Paris / LabOnt, Turin) Torino, 19 ottobre 2016

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Laurea triennale in FilosofiaAnno accademico 2016/2017

FILOSOFIA TEORETICA LO SCONTRO DELLE IMMAGINI (3/4)

XVIII-XIX secolo

Enrico Terrone (FMSH-CEM, Paris / LabOnt, Turin)

Torino, 19 ottobre 2016

Filosofia teoretica

Lo scopo di queste quattro lezioni è considerare il conflitto fra la “immagine scientifica del mondo” e la “immagine manifesta del mondo”, soffermandoci su quattro fasi storiche:

– IV secolo a.C. (Democrito, Platone, Aristotele)

– XVII secolo (Descartes, Hobbes, Newton)

– XVIII-XIX secolo (Hume, Kant, Helmoltz)

– XX secolo (Einstein, Husserl, Sellars)

HUME (E BERKELEY)

Berkeley

Berkeley rescinde il cordone ombelicale che legava l’empirismo alla ISM.

Nel Trattato sui principi della conoscenza umana (1710), egli porta alle estreme conseguenze la teoria della conoscenza di Locke, secondo la quale soltanto le idee semplici ci mettono in contatto con il mondo.

Ma per Berkeley le idee semplici, in quanto stati percettivi elementari, possono metterci in contatto soltanto con le loro qualità sensibili.

Dunque il mondo è fatto esclusivamente delle idee semplici che si presentano al soggetto d’esperienza.

Berkeley

Questa è l’immagine del mondo secondo Berkeley: esse est percipi, esiste soltanto ciò che è percepito.

La distinzione fra proprietà primarie e qualità secondarie nella concezione di Berkeley perde qualsiasi ragion d’essere. Non vi sono affatto proprietà primarie, tutte le proprietà sono qualità secondarie, dipendenti dall’esperienza del soggetto. E queste qualità secondarie costituiscono tutto ciò che esiste. L’immagine del mondo secondo Berkeley si riduce a un affresco di qualità secondarie.

Il mondo è tutto ciò che appare, è la totalità degli stati percettivi del soggetto d’esperienza.

Berkeley

Metafisica Ontologia Fenomenologia Epistemologia

Consistenza Esistenza Esperienza Conoscenza

In che cosa consiste? Che cosa esiste? Che cosa proviamo? Che cosa sappiamo?

Segni

Mediante i quali Dio comunica con l’anima.(Dio qui ha il ruolo che in Descartes aveva il demone ingannatore, ma ora fine non è più ingannare bensì comunicare)

Idee semplici

(idealismo, solipsismo, immaterialismo)

Esistono soltanto le idee, Dio che le produce, e l’anima che le esperisce: esse est percipi(primato ontologico della percezione)

Idee semplici

(ad esempio aree colorate che costituiscono i dati della visione)

Equiparazione di qualità primarie e qualità secondarie.

Idee complesse

Le quali non sono altro che raggruppamenti di idee particolari (oggetti) oppure idee particolari usate come segni di altre idee simili (concetti).

Eliminazione delle idee astratte (nominalismo radicale)

Berkeley

La posizione di Berkeley è etichettata sia immaterialismo (in quanto nega l’esistenza di corpi materiali) sia idealismo (in quanto sostiene che esistano soltanto idee, intese come stati soggettivi di esperienza). È talvolta etichettata anche solipsismo (in quanto isola il soggetto d’esperienza in se stesso).

Inoltre, dalla premessa per cui l’esperienza ci fornisce soltanto qualità sensibili si sarebbe tentati di ricavare la conclusione scettica per cui non abbiamo modo di conoscere con certezza ciò che sta al di là delle qualità sensibili.

Ma questa non è la posizione di Berkeley. Questa è invece la direzione che sarà esplorata da Hume.

Hume

Nel Trattato sulla natura umana (1739-1740), Hume riparte da dov’era partito Locke, individuando innanzitutto gli elementi basilari dell’esperienza, i dati psichici fondamentali.

Hume li chiama impressioni e li identifica con stati esperienziali muniti di peculiare vividezza e immediatezza. Casi paradigmatici di impressioni sono le sensazioni e le emozioni.

Dalle impressioni deriva una seconda categoria di stati mentali, che Hume chiama idee e caratterizza come impressioni indebolite, illanguidite. Casi paradigmatici di idee sono le immagini mentali e i ricordi.

Hume

Secondo Hume, l’esperienza e il pensiero nella loro interezza consistono esclusivamente di impressioni, idee e loro associazioni che formano idee complesse.

Hume ritiene che soltanto le impressioni ci forniscano conoscenze indubitabili. Per analizzare il contributo delle idee alla conoscenza, occorre dunque risalire alle impressioni da cui esse derivano.

Al fine di analizzare un’idea complessa, occorre prima scomporla nelle idee semplici che la costituiscono mediante associazioni, e poi ricondurre ciascuna di queste idee semplici alle impressioni dalle quali deriva.

Hume

L’analisi humeana si applica alle nozioni di sostanza e causalità.

La sostanza pensante, la res cogitans cartesiana, non è nient’altro che un fascio (bundle) di impressioni e idee.

La sostanza estesa, la res extensa cartesiana, si riduce a un’astrazione derivata da una molteplicità di singole esperienze spaziali; in maniera analoga, i corpi spazialmente estesi si riducono ad aggregati di singole esperienze di qualità spazialmente localizzate.

Hume

La causalità per Hume non è altro che una regolarità nel succedersi delle idee.

L’affermazione che il fuoco causa il calore si può analizzare come l’affermazione per cui abitualmente all’osservazione del fuoco fa seguito l’esperienza del calore.

L’avverbio ‘abitualmente’ può essere interpretato come se significasse: ‘di solito’, ‘fino a questo momento’, ‘con buona regolarità’, ‘per quanto ci possiamo aspettare’.

Non lo si può invece interpretare come se significasse: ‘necessariamente’.

Hume

Non vi è nulla di contraddittorio nell’immaginare un’osservazione del fuoco cui fa seguito un’esperienza di gelo anziché di calore.

Non vi è dunque nulla di necessario nel legame fra il fuoco e il calore.

Si tratta di una mera successione temporale che si verifica abitualmente.

É soltanto la forza dell’abitudine che ci porta ad associare l’osservazione del fuoco con l’esperienza del calore spingendoci a concludere che il fuoco causa il calore.

Quel che vale per il fuoco e il calore vale per qualsiasi altra associazione di causa ed effetto.

Hume

Ne consegue che i nessi causali – a differenza delle impressioni – non costituiscono conoscenze indubitabili, ma rappresentano soltanto successioni temporali ricorrenti, corroborate dalla regolarità e dall’abitudine, ma pur sempre passibili di smentita.

La causalità non è altro che successione unita ad abitudine.

Questo vanifica il tentativo empirista di completare la ISM concependo l’esperienza come un’interazione causale fra corpi materiali.

Hume

L’affermazione per cui l’esperienza percettiva è causata dal corpo materiale percepito si riduce infatti all’affermazione per cui abitualmente l’esperienza percettiva si associa all’idea di un corpo materiale che la produce.

Non c’è nessun nesso necessario e indubitabile che unisca l’esperienza al mondo fisico.

L’intera ricerca scientifica, nella concezione humeana, si riduce alla constatazione di regolarità che, per quanto corroborate dall’abitudine, non potranno mai raggiungere la condizione di conoscenze indubitabili.

Hume

Per Hume soltanto le esperienze elementari, che egli ha battezzato impressioni, risultano immuni al dubbio scettico.

Ma Hume, a differenza di Berkeley, si rifiuta di affermare che le impressioni sono la stoffa con cui è intessuto il mondo.

L’unica conoscenza indubitabile è che vi sono impressioni.

Se vi sia qualcosa al di là delle impressioni, e che cosa sia, non è dato sapere.

Hume

Metafisica Ontologia Fenomenologia Epistemologia

Consistenza Esistenza Esperienza Conoscenza

In che cosa consiste? Che cosa esiste? Che cosa proviamo? Che cosa sappiamo?

Non è dato sapere

Non è dato sapere Impressioni(sensazioni, emozioni passioni)

Idee(impressioni indebolite)

La matematica fornisce conoscenze certe, ma le sue applicazioni all’esperienza sono soltanto probabili.

Il sapere consiste nel rilevare fasci (bundles), successioni, regolarità, abitudini, standard, ovvero finzioni utili .

Husserl su Berkeley e Hume

“Quale paradosso! Nulla poteva paralizzare la forza delle scienze esatte in piena fioritura e inopinabili nelle proprie operazioni, né la fede nella loro verità. E tuttavia, appena si cercava di tenere conto del fatto che esse sono operazioni della coscienza compiute da soggetti cognitivi, la loro evidenza e la loro chiarezza si trasformavano in un controsenso incomprensibile. Per Cartesio la sensibilità immanente produce immagini del mondo, ma per Berkeley questa sensibilità produce addirittura il mondo corporeo stesso, e in Hume è l’anima, con le sue ‛impressioni’ e le sue ‛idee’, con le forze che le sono proprie, con le sue leggi associative, produce l’intero mondo, il mondo stesso, e non soltanto un’immagine di esso – anche se, naturalmente, questo prodotto non è che una finzione, una rappresentazione allestita interiormente e in fondo del tutto vaga”.

(Husserl, La crisi delle scienze europee, p. 106)

KANT

Kant

Kant reagisce allo scetticismo humeano contestandone il punto di origine: la concezione empirista dell’esperienza.

Una strategia analoga era stata messa in atto da Reid nella Ricerca sulla mente umana (1764) facendo leva sul senso comune (la facoltà cognitiva comune a tutti i soggetti) e sulla sua capacità di fornire evidenze in grado di metterci in contatto diretto con il mondo: «l’evidenza della percezione, l’evidenza della memoria e l’evidenza delle relazioni necessarie fra le cose».

Ma per Kant la soluzione di Reid è inadeguata. Se si vuole neutralizzare lo scetticismo humeano, non basta richiamarsi alle evidenze dell’esperienza, ma occorre esaminare le condizioni che la rendono possibile.

Kant

Nella Critica della ragion pura (1781/1787), Kant mostra che l’esperienza, a differenza di quanto sostengono gli empiristi, non si riduce a un mero aggregato di sensazioni o impressioni.

Per Kant, l’esperienza può avere luogo soltanto nel quadro di una struttura articolata che ne costituisce il presupposto indispensabile.

Kant chiama questa struttura il trascendentale.

Le condizioni dell’esperienza (il “trascendentale”)

1) L’esperienza deve consistere in una successione temporale.

2) Gli elementi di questa successione devono essere unificati da un soggetto d’esperienza.

3) L’esperienza deve poter concernere oggetti distinguibili dall’esperienza stessa.

4) Gli oggetti sono essenzialmente oggetti spaziali.

5) Gli oggetti sono situati in un sistema spaziotemporale unitario.

6) Il sistema spaziotemporale unitario deve consentire la permanenza di oggetti e la causalità fra oggetti.

Kant contro empirismo e razionalismo

Il mondo fenomenico ha dunque una sua oggettività e una sua realtà.

Contro l’empirismo: l’esperienza richiede una struttura preliminare, non può essere un mero fascio di dati psichici (principio del trascendentale).

Contro il razionalismo: il tentativo di estendere la conoscenza oltre i limiti dell’esperienza (cioè oltre il mondo fenomenico strutturato da spazio, tempo, permanenza e causalità) produce affermazioni insensate (principio di significanza).

Kant contro empirismo e razionalismo

Empirismo: il soggetto accumula briciole di esperienza senza alcun principio guida. (la formica di Bacone)

Razionalismo: il soggetto tesse la tela del sapere elaborando esclusivamente materiale interno.(il ragno di Bacone)

Trascendentalismo: il soggetto rielabora i materiali esterni in base a principi interni (l’ape di Bacone)

Kant

Fin qui tutto bene.

Il trascendentalismo di Kant ha riscattato la filosofia teoretica dalla «bancarotta» in cui l’avevano condotta l’immaterialismo di Berkeley e lo scetticismo di Hume.

Il mondo oggettivo torna a essere percepibile dall’esperienza e raffigurabile dalla conoscenza.

Kant lo definisce mondo fenomenico e ritiene che la ISM (per il suo rispettare scrupolosamente il principio di significanza) sia la migliore immagine del mondo fenomenico di cui disponiamo.

Kant

Le metafisiche razionaliste oltrepassano surrettiziamente questi limiti, violando il principio di significanza e producendo pseudo-conoscenze che non hanno riscontro nell’ordinamento spaziotemporale del mondo fenomenico.

Il principale obiettivo polemico di Kant è in tal senso la nozione di res cogitans, cui Descartes conferisce il titolo di sostanza sebbene essa non abbia una localizzazione nell’ordinamento spaziotemporale, e dunque non possa essere una sostanza (ma una critica analoga colpisce anche la prova ontologica dell’esistenza di Dio proposta da Anselmo).

Kant

Fin qui tutto bene, ma quando si passa a considerare il classico problema della ISM, ovvero l’inserimento dell’esperienza e del pensiero nell’immagine del mondo, le cose si complicano.

Per quando le ricerche scientifiche riescano a scomporre i corpi materiali del mondo fenomenico nei loro costituenti microscopici, e a stabilire le leggi matematiche che li governano, sempre del mondo fenomenico si tratta.

Il principio di significanza, cui la scienza – a differenza delle metafisiche razionaliste – scrupolosamente si attiene, impedisce di indagare al di fuori dei confini del mondo fenomenico.

Kant

Il limite estremo del mondo fenomenico è il soggetto trascendentale, da cui dipende la struttura stessa del mondo fenomenico e dell’esperienza che ne facciamo.

Se si prova a includere l’esperienza e il pensiero nella ISM, ci si scontra con questo limite.

Kant

Ad esempio, la scienza è in grado di spiegare che la luce colpisce gli oggetti materiali, rimbalza sulla loro superficie e raggiunge gli occhi causando segnali che attraverso il sistema nervoso giungono al cervello.

Fin qui si resta all’interno dell’ordinamento spaziotemporale del mondo oggettivo e la spiegazione scientifica funziona. Ma quando si tratta di passare al livello dell’esperienza ci si trova di fronte a un vicolo cieco, perché l’esperienza fa capo al soggetto trascendentale che non ha una localizzazione nel mondo fenomenico.

Kant

La spiegazione scientifica riesce a individuare la catena causale oggetto-luce-occhio-cervello, ma l’ultimo anello della catena, quello che porta dal cervello all’esperienza, non può essere individuato, pena la violazione del principio di significanza.

La causalità vige all’interno dell’ordinamento spaziotemporale del mondo fenomenico, ma l’esperienza – la successione temporale soggettiva che fa capo al soggetto trascendentale – si trova al di fuori di questo ordinamento.

Kant

L’esperienza consiste essenzialmente in una differenziazione dal (una prospettiva sul) ordinamento spaziotemporale e causale, che la rende possibile ma non la può includere.

Il mondo fenomenico è tale per cui l’esperienza risulti possibile come successione temporale distinta dall’ordinamento spaziotemporale e causale del mondo fenomenico.

Dunque l’esperienza non può essere inclusa in questo ordinamento.

Kant

Nemmeno la ISM è in grado di raffigurare l’esperienza e il pensiero al suo interno. Ci dev’essere dell’altro. Kant parla a tal proposito di una dimensione noumenica, ma lo fa con estrema cautela e circospezione.

Si potrebbe ipotizzare che il mondo fenomenico e il soggetto trascendentale siano soltanto il modo in cui si manifestano due entità di livello più fondamentale, che si potrebbero chiamare mondo noumenico e soggetto noumenico.

‘Mondo noumenico’ e ‘soggetto noumenico’ non sono veri nomi, sono solo punti interrogativi.

Kant: fenomeno e noumeno

affezione autoaffezione

oggetto noumenico soggetto

noumenico

mondo fenomenico soggetto

fenomenico

? ?

Esperienza Conoscenza

Kant

Il ‘mondo noumenico’ e il ‘soggetto noumenico’ non possono avere una dimensione spaziale o temporale, perché l’ordinamento spaziotemporale coincide con il mondo fenomenico.

Né pare lecito ipotizzare che il mondo fenomenico e il soggetto trascendentale siano un prodotto dell’interazione fra il mondo noumenico e il soggetto noumenico.

Prodotto e interazione sono nozioni causali, e la causalità è un ordine interno al mondo fenomenico spaziotemporale.

Da Kant all’idealismo

La ISM è pienamente legittimata come raffigurazione del mondo fenomenico, ma la dimensione noumenica è posta al di fuori della sua portata.

La sfida per la filosofia teoretica consiste nel trovare una qualche via d’accesso alla dimensione noumenica.

Kant stesso, nella Critica della ragione pratica (1788) e nella Critica del giudizio (1790) suggerisce che l’agire morale e l’apprezzamento estetico possono approssimarci alla dimensione noumenica in una maniera che è preclusa all’esperienza puramente cognitiva.

Da Kant all’idealismo

Come osserva Cassirer [1918, 306] a proposito della Critica della ragione pratica:

«La libertà, la cui realtà oggettiva ci si rivela nella legge morale, indica e fissa certamente una sfera dell’«in sé», di contro al mondo fenomenico: ma a questa sfera noi non ci possiamo avvicinare nell’intuizione o nel pensiero, bensì solo nell’agire: non ci è dato di coglierla nella forma della cosa, ma solo in quella del fine e del compito pratico».

Il tentativo di sviluppare questi spunti kantiani per accedere alla dimensione noumenica contrassegna una delle più influenti scuole filosofiche del XIX secolo: l’idealismo tedesco.

L’idealismo tedesco

Fichte, J.G. [1794] Fondamento dell’intera dottrina della scienza

Schelling, F.W.J. [1800], Sistema dell’idealismo trascendentale

Hegel, G.W.F. [1817] Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio

Schopenhauer, A. [1819] Il mondo come volontà e rappresentazione

L’idealismo tedesco

Le differenti versioni dell’idealismo sono accomunate dal tentativo di accedere alla dimensione noumenica a partire da un’evidenza intuitiva che permette al soggetto di varcare i confini del mondo fenomenico.

Per Fichte, si tratta dell’intuizione di sé come libero agente;

per Schelling, dell’intuizione dell’opera d’arte come espressione di una forza creativa;

per Hegel, dell’intuizione della contraddizione come legge narrativa razionale della storia dell’essere;

per Schopenhauer, dell’intuizione del proprio corpo come epicentro di una volontà cieca e bruta.

Il problema dell’idealismo

In tal senso, l’idealismo è afflitto da un problema analogo a quello che a suo tempo affliggeva il razionalismo: a seconda dell’evidenza intuitiva da cui si parte, si giunge a immagini del mondo differenti; ma in assenza di un criterio che permetta di valutare le differenti evidenze intuitive, non c’è modo di comparare le differenti immagini del mondo.

In altre parole, ciascun sistema idealistico richiede all’origine un atto di fede nell’evidenza intuitiva, intesa come un grimaldello che permette di far breccia nel mondo fenomenico spalancando l’orizzonte noumenico.

HELMOLTZ

Helmholtz

Una lettura della filosofia kantiana agli antipodi dell’idealismo è proposta da Helmholtz, che si serve della Critica della ragion pura per perfezionare la ISM, l’immagine scientifica del mondo.

Helmholtz si propone di naturalizzare il soggetto trascendentale kantiano, cioè di trattarlo come un corpo vivente munito di un peculiare apparato fisiologico che rende possibile l’esperienza e il pensiero.

Helmholtz

Per Helmholtz, il mondo fenomenico è l’immagine superficiale del mondo che ci è fornita dall’esperienza, mentre la dimensione noumenica corrisponde alla struttura del mondo reale che ci è rivelata dalla scienza.

Gli oggetti del mondo fenomenico divengono segni che manifestano la struttura del mondo reale:

«siamo comunque giustificati nel trattare le nostre percezioni spaziali come segni di certe, altrimenti inconoscibili, relazioni vigenti nel mondo reale, sebbene non possiamo presupporre nessuna similarità fra un segno e ciò che esso significa» [Helmholtz, 1878].

Helmholtz

Il segno – per come lo intende Helmholtz – è tale in quanto effetto della causa che lo ha prodotto:

S è un segno di X poiché X ha causato S.

Perché gli oggetti esperiti possano contare come «segni» del mondo reale, occorre che la causalità non sia confinata nell’ordinamento spaziotemporale del mondo fenomenico ma operi anche nella dimensione noumenica.

Per distinguere la causalità specifica della dimensione noumenica, si può usare il termine kantiano affezione.

Helmholtz

Il mondo fenomenico è il risultato dell’affezione esercitata dagli enti fisici del mondo reale (oggetti noumenici) sul corpo vivente considerato come ente fisico del mondo reale (soggetto noumenico).

Helmholtz

Per Helmholtz, la scienza non si limita a indagare la composizione e il funzionamento del mondo fenomenico, ma penetra nella dimensione noumenica che si rivela costituita da interazioni fra enti fisici.

Quando queste interazioni coinvolgono un corpo vivente, esse producono l’esperienza come prospettiva soggettiva sul mondo fenomenico.

In quanto «segno» delle interazioni che l’hanno prodotta, l’esperienza è il punto di partenza che permette alla scienza di risalire dal mondo fenomenico al mondo reale.

The End