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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 165 (48.489) Città del Vaticano mercoledì 22 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!_!?!$! la buona notizia Il Vangelo della XVII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 13, 44-52) Un tesoro nascosto, una perla preziosa e una rete piena di pesci LETTERE DAL DIRETTORE All’Italia 209 miliardi di euro L’Unione europea trova l’accordo sul Recovery fund BRUXELLES, 21. All’alba, al termine di un negoziato a Bruxelles durato quattro giorni e quattro notti, i lea- der europei hanno firmato il tanto atteso accordo sul Recovery fund — il piano di aiuto alle economie più colpite dalla grave crisi innescata dalla pandemia di covid-19 — e sul bilancio dell’Ue 2021-2027. Segno inequivocabile che «l’Euro- pa è solida, è unita», ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dopo una maratona negoziale che ha fatto di questo ver- tice il più lungo della storia dell’Ue. L’ultimo tema più controverso — il rispetto della condizionalità sullo stato di diritto — è stato risolto per acclamazione, contraddicendo le più fosche previsioni. La soluzione è sta- ta individuata dopo un meticoloso lavoro di cucitura, a piccoli gruppi, per modificare la proposta presenta- ta sabato. Nel testo approvato la condizionalità è stata molto diluita. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha parlato di «giornata sto- rica per l’Unione europea», che per la prima volta mette in comune il suo debito per rafforzarsi e reagire alla crisi seminata dal covid-19. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha affermato che si tratta di un «buon segnale», mentre per il com- missario europeo all’Economia, Pao- lo Gentiloni, il Recovery fund «è la più importante decisione economica dall’introduzione dell’euro». La dotazione complessiva del pia- no per sostenere i Paesi più colpiti dal coronavirus è rimasta fissata a 750 miliardi. E dopo varie oscillazio- ni (da 500 a 450, a 400) l’asticella della quota di sussidi si è fermata a 390 miliardi di euro, con il fulcro del Fondo per il rilancio economico al- locato direttamente ai Paesi, secondo una precisa chiave di ripartizione, a 312,5 miliardi. La sforbiciata ha ridotto invece i trasferimenti spacchettati tra i pro- grammi, 77,5 miliardi (rispetto ai 190 pensati dalla Commissione Ue). In particolare, è stata azzerata la dota- zione di Eu4Healt, il nuovo pro- gramma europeo per la sanità. A farne pesantemente le spese, anche il Just Transition Fund e il Fondo agricolo per lo sviluppo rurale. Il bilancio europeo 2021-2027 è ri- masto a 1.074 miliardi. Anche i Paesi fortemente contrari all’accordo — soprattutto Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia — sono stati accontentati con importanti rimborsi. Questi erano stati introdot- ti per la prima volta su richiesta del Regno Unito, ai tempi di Margaret Thatcher, ma con la Brexit molti lea- der dell’Ue li avrebbero voluti can- cellare. Alla Danimarca sono andati 322 milioni annui di rimborsi (ri- spetto ai 222 milioni della proposta di sabato); a Paesi Bassi 1,921 miliar- di (da 1,576 miliardi); all’Austria 565 milioni (da 287), e alla Svezia 1,069 miliardi (da 823 milioni). Risolta anche la spinosa questione della governance sull’attuazione del- le riforme dei piani nazionali, che dovranno essere presentati dai Paesi per avvalersi delle risorse. La chiave di volta è stato il super- freno di emergenza proposto ieri da Michel, oggetto di un negoziato molto aspro. Alla fine, il primo mi- nistro olandese, Mark Rutte, fra i piu strenui oppositori del Fondo, si è detto soddisfatto. In sostanza, i piani presentati da- gli Stati membri saranno approvati dal Consiglio a maggioranza quali- «P overo Stracci. Crepare... Non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo!» È l’ultima battuta del film La ri- cotta di Pier Paolo Pasolini che rac- conta la triste fine di un povero cristo “borgataro” che muore sul set di un film sulla passione di Ge- sù, nei panni del buon ladrone. Il nome di Stracci oggi è quello di Ettore, il signore morto da solo qualche giorno fa a Roma in totale solitudine. Ci si è accorti della sua morte per il cattivo odore che pro- veniva dal suo appartamento isola- to, abbandonato. La storia di Etto- re l’abbiamo raccontata ieri con una bella intervista di Tullia Fabia- ni sulla pagina di Cronache Roma- ne, la rubrica che nasce dalla consi- derazione che più si scende nel particolare, più si riesce a cogliere l’universale, se l’occhio che guarda è acuto al punto giusto. E quindi la città di Roma è il mondo intero, urbs est orbs, se lo sguardo che la osserva è mosso dall’amore e dalla sete di conoscenza: compassione e comprensione (e forse sulla “e” ci vuole l’accento). Questo vorrebbe essere il compito di un giornale che si chiama «L’Osservatore Roma- no». È vero, si potrebbe dire che questa è una storia “giornalistica- mente vecchia”, di cui si è già par- lato, ma forse è il caso di fermarsi di nuovo e ripensarci, altrimenti il giornal-ismo, come ideologia che fagocita ogni altra cosa diversa da se stessa (e alla fine contraddice e uccide se stessa) nella ripetizione quotidiana del rito autoreferenziale, ha già vinto e tutto quello che pas- sa sotto il nome di “comunicazio- ne” perde senso e significato. Ri- pensiamo al signor Ettore, anche perché alla fine della sua esistenza nessuno ci pensava. È morto da so- lo e anche ai suoi funerali nessuno si è presentato. Omero conclude il suo primo grande poema con i fu- nerali di Ettore a voler significare che gli dei lasciano lo spazio agli uomini, all’uomo così rappresenta- to in modo sublime e struggente dallo sconfitto figlio di Priamo. Oggi i funerali di Ettore sembrano dire il contrario: l’uomo muore e non c’è riscatto in questa sconfitta, né consolazione. Nessuno è andato a piangere al funerale del signor Ettore e non per colpa delle restri- zioni dovute al covid-19. Il “virus”, quello vero, della solitudine, aveva attecchito già prima dello scoppio della pandemia. Lo ha detto bene il Papa quando il 27 marzo ha ri- cordato che il mondo era già mala- to e lo scoppio del contagio ha so- lo evidenziato questa verità e la no- stra incapacità a riconoscerlo. Pro- prio ieri mattina Papa Francesco ha detto un’altra parola che sembra toccare, per stridente contrasto, la storia del signor Ettore. Lo ha fatto scendendo a sorpresa tra i bambini e ragazzi partecipanti alla Estate Ragazzi in Vaticano, una sorta di “oratorio estivo” che si sta svolgen- do in questi giorni all’interno delle mura leonine. Sedutosi con i bam- bini, li ha incoraggiati a fare nuovi amici: «Le persone che soltanto sanno divertirsi da sole sono egoi- ste, per divertirsi bisogna essere in- sieme, con gli amici!». Il signor Et- tore anche lui ha avuto degli amici, da bambino. Poi qualcosa è succes- so. E noi, noi tutti, dov’eravamo? A.M. Allarme della Fao e del Pam per 27 Paesi Il covid-19 aggrava la crisi alimentare ROMA, 21. Nessuna regione al mon- do è al sicuro da una crisi alimenta- re imminente causata dalla pande- mia di covid-19. L’O rganizzazione delle Nazioni Unite per l’alimenta- zione e l’agricoltura (Fao) insieme con il Programma alimentare mon- diale (Pam) hanno stilato un elenco di almeno 27 paesi nel mondo che «sono a rischio, o in alcuni casi stanno già vedendo un significativo deterioramento della sicurezza ali- mentare, compreso un aumento del numero di persone spinte alla fame estrema», come rivela il rapporto congiunto presentato ieri dalle due Agenzie Onu. Le previsioni per i prossimi mesi sono in netto peggio- ramento per Afghanistan e Bangla- desh in Asia, per Haiti e Venezuela in America, per Iraq, Libano, e Si- ria in Medio Oriente, per Burkina Faso, Sudan, Camerun, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Mozambico, Sierra Leone e Zimbabwe in Africa. Paesi «già alle prese con alti livelli di insicurezza alimentare e fame acuta ancora prima della pandemia a causa di crisi preesistenti quali re- cessione economica, instabilità e in- sicurezza, eventi climatici estremi, parassiti delle piante ed epizoozie», ha sottolineato Qu Dongyu, diret- tore generale della Fao. I presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Ursula von der Leyen e Charles Michel (Ansa) Il Papa in visita a sorpresa ai piccoli ospiti dell’«Estate ragazzi in Vaticano» Da soli non ci si diverte Le relazioni commerciali sino-africane GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Dalla sanità ai nuovi spazi del vivere sociale Una governance “gentile” per la tecnologia PAGINA 3 Come ripensare la teologia dopo il trauma collettivo della pandemia Nel mistero della Croce il superamento della sofferenza GIUSEPPE LORIZIO A PAGINA 6 ALLINTERNO «Le persone che soltanto sanno divertirsi da sole sono egoiste, per divertirsi bisogna essere insieme, con gli amici». Con queste parole Papa Francesco si è rivolto a un centinaio di ragazzine e ragazzini che frequentano l’inizia- tiva «Estate ragazzi in Vaticano». Il dialogo è avvenuto lunedì mattina, 20 luglio, quando il Pontefice è giunto a sorpresa nell’Aula Paolo VI, dove i piccoli stavano facendo colazione prima di dedicarsi alle attività di gioco, av- ventura e sport proposte dal centro estivo promosso dal Governatorato sul modello de- gli oratori salesiani. Ispirati dal metodo di don Bosco, dagli inizi di luglio, una ventina di animatori stanno coinvolgendo qualche centinaio di ragazzi e ragazze, figli di dipen- denti vaticani, che ogni settimana vengono accolti all’interno delle mura leonine per di- vertirsi e imparare a stare insieme in tutta si- curezza, nonostante l’epidemia da covid-19. Dopo essere passato per i tavoli, il Papa ha visitato gli spazi per i giochi allestiti nell’aula e si è intrattenuto con i partecipanti. NICOLA GORI A PAGINA 8 di FRANCESCO COSENTINO T re piccole parabole ci raccontano il Regno di Dio. Immagini prese dalla vita quotidiana, per narrarci l’eterno che si è fatto presente in mezzo a noi e scoprire i segni della presenza di Dio nel battito della vita, nel nostro cercare, nelle domande che ci accompa- gnano, nelle paure che ci abitano, nella speranza a cui siamo aggrappati. Parabole che ci indicano un Dio pre- sente in tutte le cose: come un tesoro nascosto in un campo, come una perla preziosa, come una rete piena di pesci. Anzitutto il Regno è un tesoro nascosto. Non è tra le cose appariscenti e grandi da non poter evitare di veder- lo, perché Dio non si vuole mai imporre. Egli è nascosto nelle cose ordinarie della vita, nell’amore che spezziamo, in una parola, in un gesto, in un sorriso, in situazioni apparentemente banali e senza senso o, per richiamare il teologo Karl Rahner, «sotto il polverone del trambusto quotidiano e nel bel mezzo della vita di ogni giorno». Dio, come un tesoro nascosto, abita silenziosamente nel campo del nostro cuore e del mondo. Per accorgercene, la conversione necessaria è quella dalla superficialità alla profondità; travolti dalla fretta e dagli impegni, possia- mo perderci la “caccia al tesoro” necessaria. Se vogliamo scoprire il tesoro, non possiamo restare in superficie, tocca scavare in profondità. Dobbiamo “scendere” den- tro di noi e dentro il mistero della vita, abitare la nostra interiorità e le situazioni di ogni giorno, sporcarci le ma- ni con il fango che siamo: proprio lì, e non “fuori”, tro- veremo Dio che ci aspetta. Il Regno è anche come una perla preziosa. Dio non è un accessorio della vita, una fredda legge morale o un rifugio per i deboli; è una perla, un diamante, un amico che brilla per te, un amore dal valore inestimabile che impreziosisce la vita. Se vogliamo scoprire la perla, guardiamo al mercante: vende tutto ciò che ha per com- prarla, pieno di gioia. Una perla che mette il mercante in movimento, non lo lascia in pace, lo “cattura” al pun- to da fargli vendere tutto il resto. Troveremo Dio come perla preziosa della nostra vita, solo quando ci lascere- mo innamorare il cuore da Lui; quando la fede non sarà ridotta a una stanca ripetizione; quando il Vangelo ci smuoverà il cuore e inizieremo a rischiare. Infine, il Regno è come una rete gettata in mare. È Dio che viene a cercarci, con il desiderio di chi vuole at- tirare tutti nella rete del suo amore, far stare tutti dentro, nessuno escluso. Così anche nella nostra vita, nelle co- munità cristiane, nella società: vi sono tutti i generi di pesci, vi è il buono e il marcio, e solo alla fine saranno separati. Fino alla fine c’è una possibilità, c’è speranza di poter cambiare. Chi accoglie il Regno, nell’esperienza di essere stato egli stesso salvato dal mare in tempesta, diventa rete accogliente, crea reti di connessione con tut- ti, costruisce una Chiesa che diventa rete di legami e di amore nella società e nel mondo. Facciamo tesoro di questa presenza di Dio nella no- stra vita, dice Gesù. E da questo tesoro inestimabile, in- sieme alle cose di sempre, tiriamo fuori la novità di vita che viene da Lui e regaliamola al mondo. CONTINUA A PAGINA 2

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 165 (48.489) Città del Vaticano mercoledì 22 luglio 2020

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not

izia Il Vangelo della XVII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 13, 44-52)

Un tesoro nascosto, una perla preziosa e una rete piena di pesci

LETTERE DAL DIRETTORE

All’Italia 209 miliardi di euro

L’Unione europea trova l’a c c o rd osul Recovery fund

BRUXELLES, 21. All’alba, al terminedi un negoziato a Bruxelles duratoquattro giorni e quattro notti, i lea-der europei hanno firmato il tantoatteso accordo sul Recovery fund —il piano di aiuto alle economie piùcolpite dalla grave crisi innescatadalla pandemia di covid-19 — e sulbilancio dell’Ue 2021-2027.

Segno inequivocabile che «l’E u ro -pa è solida, è unita», ha dichiarato ilpresidente del Consiglio europeo,Charles Michel, dopo una maratonanegoziale che ha fatto di questo ver-tice il più lungo della storia dell’Ue.

L’ultimo tema più controverso —il rispetto della condizionalità sullostato di diritto — è stato risolto peracclamazione, contraddicendo le piùfosche previsioni. La soluzione è sta-ta individuata dopo un meticolosolavoro di cucitura, a piccoli gruppi,per modificare la proposta presenta-ta sabato. Nel testo approvato lacondizionalità è stata molto diluita.

Il presidente francese, EmmanuelMacron, ha parlato di «giornata sto-rica per l’Unione europea», che perla prima volta mette in comune ilsuo debito per rafforzarsi e reagirealla crisi seminata dal covid-19. Ilcancelliere tedesco, Angela Merkel,ha affermato che si tratta di un«buon segnale», mentre per il com-missario europeo all’Economia, Pao-lo Gentiloni, il Recovery fund «è lapiù importante decisione economicadall’introduzione dell’e u ro » .

La dotazione complessiva del pia-no per sostenere i Paesi più colpitidal coronavirus è rimasta fissata a750 miliardi. E dopo varie oscillazio-ni (da 500 a 450, a 400) l’asticelladella quota di sussidi si è fermata a390 miliardi di euro, con il fulcro delFondo per il rilancio economico al-locato direttamente ai Paesi, secondo

una precisa chiave di ripartizione, a312,5 miliardi.

La sforbiciata ha ridotto invece itrasferimenti spacchettati tra i pro-grammi, 77,5 miliardi (rispetto ai 190pensati dalla Commissione Ue). Inparticolare, è stata azzerata la dota-zione di Eu4Healt, il nuovo pro-gramma europeo per la sanità. A

farne pesantemente le spese, anche ilJust Transition Fund e il Fondoagricolo per lo sviluppo rurale.

Il bilancio europeo 2021-2027 è ri-masto a 1.074 miliardi.

Anche i Paesi fortemente contrariall’accordo — soprattutto Paesi Bassi,Austria, Danimarca e Svezia — sonostati accontentati con importantirimborsi. Questi erano stati introdot-ti per la prima volta su richiesta delRegno Unito, ai tempi di MargaretThatcher, ma con la Brexit molti lea-der dell’Ue li avrebbero voluti can-cellare. Alla Danimarca sono andati322 milioni annui di rimborsi (ri-spetto ai 222 milioni della propostadi sabato); a Paesi Bassi 1,921 miliar-di (da 1,576 miliardi); all’Austria 565milioni (da 287), e alla Svezia 1,069miliardi (da 823 milioni).

Risolta anche la spinosa questionedella governance sull’attuazione del-le riforme dei piani nazionali, chedovranno essere presentati dai Paesiper avvalersi delle risorse.

La chiave di volta è stato il super-freno di emergenza proposto ieri daMichel, oggetto di un negoziatomolto aspro. Alla fine, il primo mi-nistro olandese, Mark Rutte, fra ipiu strenui oppositori del Fondo, siè detto soddisfatto.

In sostanza, i piani presentati da-gli Stati membri saranno approvatidal Consiglio a maggioranza quali-

«P overo Stracci. Crepare...Non aveva altro mododi ricordarci che anche

lui era vivo!»È l’ultima battuta del film La ri-

cotta di Pier Paolo Pasolini che rac-conta la triste fine di un poverocristo “b orgataro” che muore sulset di un film sulla passione di Ge-sù, nei panni del buon ladrone.

Il nome di Stracci oggi è quellodi Ettore, il signore morto da soloqualche giorno fa a Roma in totalesolitudine. Ci si è accorti della suamorte per il cattivo odore che pro-veniva dal suo appartamento isola-to, abbandonato. La storia di Etto-re l’abbiamo raccontata ieri conuna bella intervista di Tullia Fabia-ni sulla pagina di Cronache Roma-ne, la rubrica che nasce dalla consi-derazione che più si scende nelparticolare, più si riesce a coglierel’universale, se l’occhio che guardaè acuto al punto giusto. E quindila città di Roma è il mondo intero,urbs est orbs, se lo sguardo che laosserva è mosso dall’amore e dallasete di conoscenza: compassione ecomprensione (e forse sulla “e” civuole l’accento). Questo vorrebbeessere il compito di un giornale chesi chiama «L’Osservatore Roma-no». È vero, si potrebbe dire chequesta è una storia “giornalistica-mente vecchia”, di cui si è già par-lato, ma forse è il caso di fermarsidi nuovo e ripensarci, altrimenti ilgiornal-ismo, come ideologia chefagocita ogni altra cosa diversa dase stessa (e alla fine contraddice euccide se stessa) nella ripetizionequotidiana del rito autoreferenziale,ha già vinto e tutto quello che pas-sa sotto il nome di “comunicazio-ne” perde senso e significato. Ri-pensiamo al signor Ettore, ancheperché alla fine della sua esistenzanessuno ci pensava. È morto da so-lo e anche ai suoi funerali nessunosi è presentato. Omero conclude ilsuo primo grande poema con i fu-nerali di Ettore a voler significareche gli dei lasciano lo spazio agliuomini, all’uomo così rappresenta-to in modo sublime e struggentedallo sconfitto figlio di Priamo.Oggi i funerali di Ettore sembranodire il contrario: l’uomo muore enon c’è riscatto in questa sconfitta,né consolazione. Nessuno è andatoa piangere al funerale del signor

Ettore e non per colpa delle restri-zioni dovute al covid-19. Il “v i ru s ”,quello vero, della solitudine, avevaattecchito già prima dello scoppiodella pandemia. Lo ha detto beneil Papa quando il 27 marzo ha ri-cordato che il mondo era già mala-to e lo scoppio del contagio ha so-lo evidenziato questa verità e la no-stra incapacità a riconoscerlo. Pro-prio ieri mattina Papa Francesco hadetto un’altra parola che sembratoccare, per stridente contrasto, lastoria del signor Ettore. Lo ha fattoscendendo a sorpresa tra i bambinie ragazzi partecipanti alla EstateRagazzi in Vaticano, una sorta di“oratorio estivo” che si sta svolgen-do in questi giorni all’interno dellemura leonine. Sedutosi con i bam-bini, li ha incoraggiati a fare nuoviamici: «Le persone che soltantosanno divertirsi da sole sono egoi-ste, per divertirsi bisogna essere in-sieme, con gli amici!». Il signor Et-tore anche lui ha avuto degli amici,da bambino. Poi qualcosa è succes-so. E noi, noi tutti, dov’eravamo?

A.M.

Allarme della Fao e del Pam per 27 Paesi

Il covid-19 aggravala crisi alimentare

ROMA, 21. Nessuna regione al mon-do è al sicuro da una crisi alimenta-re imminente causata dalla pande-mia di covid-19. L’O rganizzazionedelle Nazioni Unite per l’alimenta -zione e l’agricoltura (Fao) insiemecon il Programma alimentare mon-diale (Pam) hanno stilato un elencodi almeno 27 paesi nel mondo che«sono a rischio, o in alcuni casistanno già vedendo un significativodeterioramento della sicurezza ali-mentare, compreso un aumento delnumero di persone spinte alla fameestrema», come rivela il rapportocongiunto presentato ieri dalle dueAgenzie Onu. Le previsioni per iprossimi mesi sono in netto peggio-ramento per Afghanistan e Bangla-

desh in Asia, per Haiti e Venezuelain America, per Iraq, Libano, e Si-ria in Medio Oriente, per BurkinaFaso, Sudan, Camerun, Liberia,Mali, Niger, Nigeria, Mozambico,Sierra Leone e Zimbabwe in Africa.Paesi «già alle prese con alti livellidi insicurezza alimentare e fameacuta ancora prima della pandemiaa causa di crisi preesistenti quali re-cessione economica, instabilità e in-sicurezza, eventi climatici estremi,parassiti delle piante ed epizoozie»,ha sottolineato Qu Dongyu, diret-tore generale della Fao.

I presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Ursula von der Leyen e Charles Michel (Ansa)

Il Papa in visita a sorpresa ai piccoli ospiti dell’«Estate ragazzi in Vaticano»

Da soli non ci si diverte

Le relazioni commercialisino-africane

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Dalla sanità ai nuovi spazidel vivere sociale

Una governance “gentile”per la tecnologia

PAGINA 3

Come ripensare la teologia dopoil trauma collettivo della pandemia

Nel mistero della Croceil superamentodella sofferenza

GIUSEPPE LORIZIO A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

«Le persone che soltanto sanno divertirsi dasole sono egoiste, per divertirsi bisogna essereinsieme, con gli amici». Con queste parolePapa Francesco si è rivolto a un centinaio diragazzine e ragazzini che frequentano l’inizia-tiva «Estate ragazzi in Vaticano». Il dialogo èavvenuto lunedì mattina, 20 luglio, quando ilPontefice è giunto a sorpresa nell’Aula PaoloVI, dove i piccoli stavano facendo colazioneprima di dedicarsi alle attività di gioco, av-ventura e sport proposte dal centro estivopromosso dal Governatorato sul modello de-gli oratori salesiani. Ispirati dal metodo didon Bosco, dagli inizi di luglio, una ventinadi animatori stanno coinvolgendo qualchecentinaio di ragazzi e ragazze, figli di dipen-denti vaticani, che ogni settimana vengonoaccolti all’interno delle mura leonine per di-vertirsi e imparare a stare insieme in tutta si-curezza, nonostante l’epidemia da covid-19.Dopo essere passato per i tavoli, il Papa havisitato gli spazi per i giochi allestiti nell’aulae si è intrattenuto con i partecipanti.

NICOLA GORI A PA G I N A 8

di FRANCESCO COSENTINO

Tre piccole parabole ci raccontano il Regno di Dio.Immagini prese dalla vita quotidiana, per narrarcil’eterno che si è fatto presente in mezzo a noi e

scoprire i segni della presenza di Dio nel battito dellavita, nel nostro cercare, nelle domande che ci accompa-gnano, nelle paure che ci abitano, nella speranza a cuisiamo aggrappati. Parabole che ci indicano un Dio pre-sente in tutte le cose: come un tesoro nascosto in uncampo, come una perla preziosa, come una rete piena dip esci.

Anzitutto il Regno è un tesoro nascosto. Non è tra lecose appariscenti e grandi da non poter evitare di veder-lo, perché Dio non si vuole mai imporre. Egli è nascostonelle cose ordinarie della vita, nell’amore che spezziamo,in una parola, in un gesto, in un sorriso, in situazioniapparentemente banali e senza senso o, per richiamare ilteologo Karl Rahner, «sotto il polverone del trambustoquotidiano e nel bel mezzo della vita di ogni giorno».

Dio, come un tesoro nascosto, abita silenziosamente nelcampo del nostro cuore e del mondo. Per accorgercene,la conversione necessaria è quella dalla superficialità allaprofondità; travolti dalla fretta e dagli impegni, possia-mo perderci la “caccia al tesoro” necessaria. Se vogliamoscoprire il tesoro, non possiamo restare in superficie,tocca scavare in profondità. Dobbiamo “s c e n d e re ” den-tro di noi e dentro il mistero della vita, abitare la nostrainteriorità e le situazioni di ogni giorno, sporcarci le ma-ni con il fango che siamo: proprio lì, e non “fuori”, tro-veremo Dio che ci aspetta.

Il Regno è anche come una perla preziosa. Dio non èun accessorio della vita, una fredda legge morale o unrifugio per i deboli; è una perla, un diamante, un amicoche brilla per te, un amore dal valore inestimabile cheimpreziosisce la vita. Se vogliamo scoprire la perla,guardiamo al mercante: vende tutto ciò che ha per com-prarla, pieno di gioia. Una perla che mette il mercantein movimento, non lo lascia in pace, lo “cattura” al pun-to da fargli vendere tutto il resto. Troveremo Dio come

perla preziosa della nostra vita, solo quando ci lascere-mo innamorare il cuore da Lui; quando la fede non saràridotta a una stanca ripetizione; quando il Vangelo cismuoverà il cuore e inizieremo a rischiare.

Infine, il Regno è come una rete gettata in mare. ÈDio che viene a cercarci, con il desiderio di chi vuole at-tirare tutti nella rete del suo amore, far stare tutti dentro,nessuno escluso. Così anche nella nostra vita, nelle co-munità cristiane, nella società: vi sono tutti i generi dipesci, vi è il buono e il marcio, e solo alla fine sarannoseparati. Fino alla fine c’è una possibilità, c’è speranzadi poter cambiare. Chi accoglie il Regno, nell’esp erienzadi essere stato egli stesso salvato dal mare in tempesta,diventa rete accogliente, crea reti di connessione con tut-ti, costruisce una Chiesa che diventa rete di legami e diamore nella società e nel mondo.

Facciamo tesoro di questa presenza di Dio nella no-stra vita, dice Gesù. E da questo tesoro inestimabile, in-sieme alle cose di sempre, tiriamo fuori la novità di vitache viene da Lui e regaliamola al mondo.

CO N T I N UA A PA G I N A 2

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 22 luglio 2020

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Il micidiale covid-19 ha penaliz-zato fortemente le relazionicommerciali sino-africane. Seb-

bene Pechino abbia rinnovato le suepromesse di aiuto all’Africa, tuttoraalle prese con la pandemia e con lesue pesanti conseguenze economi-che, vi sono dei dati oggettivi fornitidall’Amministrazione generale delledogane cinesi che evidenziano deicali significativi negli scambi. Anzi-tutto occorre rilevare che il commer-

gio: una contrazione drammatica delprodotto interno lordo con conse-guenze drammatiche sui conti pub-blici. Il problema principale è statodunque il crollo della domanda afronte di un’offerta che era rimastastabile, e la conseguente diffidenzadegli investitori. Con oltre metà del-la popolazione mondiale in lock-down per l’emergenza coronavirus,molte attività chiuse e l’incertezzagenerale sulle tempistiche della fase2, la domanda di energia e di petro-lio è crollata di quasi un terzo a li-vello mondiale.

Attualmente il prezzo è risalito,grazie soprattutto alla mobilitazionedei paesi dell’Opec, che sono riusci-ti più o meno a stabilizzare il prezzodell’oro nero intorno ai 40,82 dollarial barile. In questo contesto a darela spinta decisiva al prezzo del greg-gio potrebbe essere solo l’avvio dellaripresa economica oppure il calo de-gli stock di greggio che sono in gia-cenza o ancora meglio la commer-cializzazione del vaccino contro ilc o ro n a v i ru s .

Uno dei paesi africani che a se-guito della pandemia sta pagandoun prezzo altissimo è il Sud Africache, tradizionalmente, rappresentauno dei mercati chiave della Cinaper le merci e anche una fonte dimaterie prime. Ebbene, il governodi Pretoria ha registrato un calo del27,6 per cento degli scambi con Pe-chino. La Cina è stata costretta suomalgrado a tagliare le importazionidal Sud Africa di quasi un terzo, ov-vero il 32,2 per cento, mentre leesportazioni verso il paese africanosono crollate di circa un quinto. Pervenire incontro alla necessità dicommercializzare le commodity africa-ne, tra le quali spiccano le fontienergetiche, e per sostenere le eco-nomie africane, molte delle quali so-no state penalizzate dal declassa-mento (d o w n g ra d e ) delle agenzie dirating, il presidente Xi Jinping inpersona, durante l’ormai tradiziona-le summit Cina-Africa, tenuto ecce-zionalmente in videoconferenza loscorso giugno, ha annunciato la can-cellazione del debito dei cosiddetti“prestiti a interessi zero” concessi aipaesi africani. Un atto, dunque dibuona volontà rispetto alla decisioneadottata dal G20 lo scorso aprile disospendere i pagamenti fino a di-cembre. Il problema di fondo ri-guarda purtroppo il grosso del debi-to contratto dai paesi africani conPechino, cioè i prestiti agevolati (maa interesse) e quelli legati alla finan-za per lo sviluppo, su cui la Cinanon può fare sconti. La ragione haun suo perché: oggi il governo diPechino controlla circa il 20 per cen-to del debito del continente africanoe qualsiasi operazione di “alleggeri-mento” del fardello debitorio deter-minerebbe perdite nei bilanci delle

sue grandi banche per lo sviluppo.Ad esempio, il governo di Nairobi(Kenya) ha ottenuto un prestito di3,2 miliardi di dollari dalla Cina perrealizzare la linea ferroviaria super-veloce (Standard Gauge Railway -Sgr) di 470 chilometri tra Mombasae la capitale. Se non riuscirà a salda-re il debito con Pechino potrebbeperdere il controllo del porto diMombasa, impiegato come garanziadel prestito. Una vicenda, questa,che proprio in questi giorni ha avu-to dei risvolti giudiziari in quanto laCorte d’Appello presso l’Alta Cortekeniana ha stabilito che la sua co-struzione è stata “illegittima”. Stan-do infatti alla sentenza, «le procedu-re di appalto per la costruzione del-la ferrovia non sono state né traspa-renti né giuste in termini di compe-tizione». Per non parlare della Re-pubblica Democratica del Congoche è uno degli Stati africani più arischio, a tal punto che le autorità diKinshasa sono state costrette a ricor-rere, prima che scoppiasse la pande-mia, ad un prestito di salvataggiodel Fondo monetario internazionale(Fmi). Nonostante l’allarme per leelevate somme di prestito che la Ci-na ha elargito a tanti paesi africaninegli ultimi anni, i prestiti cinesi pri-ma del coronavirus non sembravanoessere la causa principale dei proble-mi economici dei paesi africani. Se-condo uno studio citato dall’Ispi(Istituto per gli Studi di politica In-ternazionale) nel settembre 2018 (ht-t p s : / / w w w. i s p i o n l i n e . i t / i t / p u b b l i c a -z i o n e / f o ru m - c i n a - a f r i c a - c o s a - e - c a m -biato-18-anni-21173), solo in tre paesii prestiti cinesi rappresentavano il ri-schio principale di default: Zambia,Gibuti e Repubblica Democraticadel Congo. Allo stesso tempo, lacrescita economica che questi presti-ti parevano promettere, stando allastessa fonte, in molti paesi africani

non sembrava essersi ancora verifica-ta nel 2018. Con ogni probabilità,come già avvenuto in passato, i de-biti africani verranno rinegoziati daPechino Paese per Paese, non fossealtro perché sarebbe contro gli inte-ressi della Cina un default africano.Ragione per cui il presidente Xi Jin-ping, in considerazione dell’emer-genza covid-19, ha rinnovato la vo-lontà di cooperare con l’Africa, pro-mettendo, tra l’altro, la costruzionedi ospedali e la realizzazione di unastruttura per il controllo delle epide-mie, oltre alla condivisione di ogniscoperta sul vaccino.

Una cosa è certa: l’alleanza con ipaesi africani, all’interno delle orga-nizzazioni internazionali è fonda-mentale per Pechino ed è dunqueevidente che il multilateralismo, nonpiù di moda in Occidente, nella cor-nice sino africana continua ad essereespressione di un’assertività condivi-sa. La dice lunga la partecipazioneall’evento di António Guterres, se-gretario generale delle Nazioni Uni-te e di Tedros Adhanom Ghebreye-sus, direttore generale dell’Oms co-me ospiti speciali. Tutto questomentre l’Europa è sempre più alleprese con il tema migratorio, dandospesso l’impressione di sottovalutarei reali bisogni di un continente cheinvoca dignità e riconoscimento.

di GIULIO ALBANESE

cio bilaterale tra Cina e Africa è sce-so, del 19,3 per cento nella primametà dell’anno, raggiungendo gli82,37 miliardi di dollari Usa. Questoin sostanza significa che la Cina havenduto 48,42 miliardi di dollari dibeni nel primo semestre 2020, im-portando al contempo 33,95 miliardidi dollari di merci e materie primedall’Africa. Si tratta di un calo signi-ficativo se si considera che Pechinoè il principale partner c o m m e rc i a l edell’Africa, avendo superato gli StatiUniti dal 2009. A questo propositooccorre tenere presente che lo scorsoanno il commercio bilaterale tra Ci-na e Africa era aumentato del 2,2per cento su base annua, attestando-si attorno ai 208,7 miliardi di dolla-ri; un guadagno, quello del 2019 dimolto inferiore all’aumento del 19,7per cento riportato nei precedenti 12mesi. Questo significa in sostanzache la crescita negli scambi avevagià subito una flessione rispetto al2018.

Per avere comunque un quadro,in termini percentuali, della diminu-zione degli scambi nei primi sei me-si di quest’anno, basti pensare che laCina ha tagliato le sue importazionidal continente africano del 31 percento, mentre le sue esportazioni di-rette in Africa hanno subito unacontrazione dell’8,3 per cento. È evi-dente che questo scenario si è deli-neato a seguito delle restrizioni im-poste dall’emergenza sanitaria suscala globale. Com’è noto, la Cina —uno dei maggiori importatori di ma-terie prime dall'Africa, tra cui rame,cobalto e petrolio — ha recentemen-te lanciato un fondo infrastrutturaledi un miliardo di dollari per l’Afri-ca, nell’ambito della Belt & RoadInitiative, progetto strategico di di-mensioni enormi che fa capo pro-prio al governo di Pechino, intenzio-nato a raccogliere attorno a sé il so-stegno economico e politico interna-zionale necessario a realizzareun’opera maestosa sulla falsarigadelle antiche Vie della seta: una ter-restre (Silk Road Economic Belt) euna marittima (Maritime SilkRoad). L’iniziativa ha consentitol’apertura di numerosi cantieri, moltidei quali sono però stati chiusi inquesti mesi per i blocchi imposti dalc o ro n a v i ru s .

Sebbene la Cina sia il maggioreimportatore di petrolio al mondo, ladomanda di greggio rivolta ai paesiproduttori africani come il Congo-Brazzaville, l’Angola e la Nigeria ècrollata a seguito del lockdown; unfenomeno che in effetti ha avutouna valenza planetaria, andandoben al di là delle relazioni sino-afri-cane. Sta di fatto che lo scorso apri-le, a seguito della speculazione fi-nanziaria (che è stata l’unica a nonandare in lockdown), i prezzi per leconsegne di greggio sono addiritturascesi per la prima volta nella storiasotto lo zero, in riferimento ai futuresui barili di petrolio trattati sui mer-cati internazionali. Col risultato, adesempio, che i titoli per gli scambidi petrolio statunitense (Wti) in di-stribuzione a maggio hanno rag-giunto un picco negativo di -37,63dollari al barile, con un calo di oltreil 305 per cento, come riportato dal«Wall Street Journal». Chi vendeva,insomma, il petrolio lo faceva inp erdita.

È facile immaginare quali sianostati gli effetti sul bilancio stataledei paesi africani produttori di greg-

TRIPOLI, 21. Rischia di aggravarsi ilconflitto in Libia. Il Parlamentoegiziano ha approvato, ieri, l’inviodi truppe verso Sirte, al fiancodell’Esercito nazionale libico (Lna),

guidato dal generale Khalifa Haf-tar, per fermare l’avanzata in questaarea delle forze armate del Governodi accordo nazionale (Gna) di Fa-yez Al-Sarraj, sostenute dalla Tur-chia. La Camera si è espressaall’unanimità, votando «per difen-dere la sicurezza nazionale controgli atti criminali e le milizie armatee gli elementi terroristi stranieri»,ha riportato la stampa ufficiale egi-ziana.

L’operazione potrebbe portareEgitto e Turchia a uno scontro di-retto all’interno della Libia.

Il via libera del parlamento arrivaa pochi giorni dall’incontro tra ilpresidente egiziano, Abdel Fattahal-Sisi, e una delegazione di leadertribali libici al Cairo. Durante ilvertice al-Sisi aveva affermato chel’Egitto non «sarebbe rimasto inat-tivo rispetto al superamento delfronte di Sirte e Jufra». La città diSirte e la base aerea militare di Ju-fra sono attualmente controllatedalle milizie di Haftar, costrette ilmese scorso a una progressiva ritira-ta verso est.

Nelle ore precedenti all’autoriz-zazione del parlamento all’inviodelle truppe in Libia, al-Sisi avevaavuto un colloquio telefonico con ilpresidente Usa, Donald Trump. Idue leader hanno concordato sulla«necessità di una immediata de-escalation in Libia, anche tramiteun cessate il fuoco, progressi econo-mici e trattative politiche», ha affer-mato la Casa Bianca.

Intanto, anche i ministri dellaDifesa di Turchia, Malta e Libiahanno affrontato gli sviluppi dellacrisi militare in Libia in una riunio-ne ieri ad Ankara. In cima all’agen-da «la cooperazione regionale» inmateria di difesa e sicurezza, e lastabilità nella regione.

ADDIS ABEBA, 21. Si terrà, oggi, ilsummit promosso dall’Unione afri-cana (Ua) riguardante il contro-verso progetto della Grand Ethio-pian Renaissance Dam (Gerd), ladiga sul Nilo Azzurro. Lo ha an-nunciato la presidenza sudafrica-na, attualmente alla guida dell’Ua.Il vertice giunge una settimanadopo il fallimento dei colloqui traEtiopia, Egitto e Sudan mediatiproprio dall’Ua.

La portavoce del presidentesudafricano Cyril Ramaphosa haaffermato che l’incontro di oggi

sarà un aggiornamento di quellodel 26 giugno, durante il quale «cisi accordò che l’Ufficio di presi-denza dell’assemblea avrebbe valu-tato i progressi e tracciato la lineada seguire nei negoziati».

Nei giorni scorsi è salita la ten-sione tra i tre Paesi interessati alladiga dopo che dalle immagini sa-tellitari si era riscontrato un co-stante aumento della quantità diacqua trattenuta dalla diga.L’Etiopia aveva manifestato datempo l’intenzione di iniziare leoperazioni di riempimento.

ficata, in base alle proposte pre-sentate dalla Commissione. La va-lutazione sul rispetto delle tabelledi marcia e degli obiettivi fissatiper l’attuazione dei piani nazionalisarà affidata al Comitato economi-co e finanziario, gli “sherpa” deiministri europei delle Finanze. Sein questa sede, «in via ecceziona-le», qualche Paese riterrà che cisiano problemi, potrà chiedere chela questione finisca sul tavolo del

Consiglio europeo prima che ven-ga presa qualsiasi decisione.

«Apprezzamento e soddisfazioneper l’importante esito del Consiglioeuropeo, che rafforza il ruolodell’Ue e contribuisce alla creazio-ne di condizioni proficue perchél’Italia possa predisporre rapida-mente un concreto ed efficace pro-gramma di interventi», sono statiespressi dal presidente della Re-pubblica italiana, Sergio Mattarel-la. All’Italia, l’intesa porta una do-te di 209 miliardi di euro. Il presi-dente del Consiglio dei ministri,

Giuseppe Conte, è riuscito infatti astrappare un piatto ancora più ric-co (82 miliardi di sussidi e 127 diprestiti) rispetto alla prima propo-sta presentata a maggio dalla Com-missione, che destinava a Roma 173miliardi (82 di aiuti e 91 di presti-ti). «Avremo una grande responsa-bilità: con 209 miliardi abbiamo lapossibilità di fare ripartire l’Italiacon forza e cambiare volto al Pae-se. Ora dobbiamo correre», hacommentato Conte, rimarcando diavere conseguito questo risultato«tutelando la dignità» dell’Italia.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Comunicatodella Sala stampadella Santa Sede

Riguardo alle dichiarazioni rilascia-te dal presidente del Governo spa-gnolo, il signor Pedro Sánchez, nel-la sua intervista pubblicata l’8 lu-glio scorso sul quotidiano «Corrieredella Sera», si precisa che la SantaSede, sulla questione dell’esumazio-ne di Francisco Franco, ha ribaditoin varie occasioni il suo rispetto perla legalità e le decisioni delle auto-rità governative e giudiziarie com-petenti, ha sollecitato il dialogo trala famiglia e il Governo e non si èmai pronunciata sull’opp ortunitàdell’esumazione né sul luogo dellasepoltura, perché non rientra nellesue competenze.

Page 3: L’Unione europea trova l’a c c o rd o sul Recovery fund la crisi … · 2020. 7. 21. · All’alba, al termine di un negoziato a Bruxelles durato quattro giorni e quattro notti,

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 luglio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Dalla sanità ai nuovi spazi del vivere sociale

Una governance “gentile”per la tecnologia

Dal volume «Pandemia e resilienza.Persona, comunità e modelli di svilup-po dopo la Covid-19» (Consulta scien-tifica del Cortile dei gentili, Cnr Edi-zioni, Roma, 2020) pubblichiamo il se-guente contributo.

di PAOLO BENANTI*JEAN-PIERRE DARNIS**ANTONELLA SCIARRONE ALIBRANDI***

Premessa e osservazioni

La crisi della covid-19 ha segna-to il trionfo della tecnologia,con le infrastrutture digitali

che hanno svolto un ruolo fonda-mentale nel mantenimento delle fun-zioni essenziali della società e della“so cialità”: h o m e - w o rk i n g , didatticadigitale, aiuto psicologico e psicoa-nalitico attraverso mezzi telematici,comunicazione attraverso canali so-cial, pagamenti online e campagnedi raccolta fondi attraverso piattafor-me peer-to-peer di c ro w d funding, etc.

Si è verificata una sorta di “inva-sione del reale” nella tecnologia, chesta modificando il senso del rappor-to fra i due mondi. La contrapposi-zione spesso proposta in un passatorecente fra un mondo reale analogi-co (positivo) e un mondo virtualedigitale (negativo) è stata fortementeridimensionata nel momento in cui ildigitale è diventato, in fase di lock-down, pressoché l’unico spazio pos-sibile di relazione (umana, educati-va, commerciale, e così via) e condi-visione in tempo reale.

Il cambiamento in atto non ha eli-minato però in alcun modo, anzi èvenuto a enfatizzare, le grandi que-stioni pre-esistenti: a) il controllo, lademocrazia, l’individuo, l’ideologiadel digitale e delle applicazioni, ov-verosia, in sintesi, il tema dell’incar-dinamento all’interno dello spaziodigitale delle regole politiche e dellenorme giuridiche proprie di una de-mocrazia; b) la scarsità di risorse(esclusione/inclusione finanziaria;esclusione/inclusione tecnologica:sono già in sensibile incremento lefrodi informatiche a danno di cate-gorie deboli quali anziani e personedi scarsa cultura); c) il rischio che latecnologia generi nuove disugua-glianze (sfruttamento solo da partedi taluni delle possibilità di accelera-zione offerte dalle condizioni emer-genziali: winner and loser); d) lacreazione di nuovi centri di poterecon tratti monopolistici, non soltan-to da un punto di vista economicoma anche per quanto riguarda le ca-pacità di raccolta e trattamento deidati.

Visione e proposte

Il contesto attuale rende quindiancora più urgente e necessario por-re attenzione ai valori sottostantiall’uso della tecnologia e ci imponeuna prospettiva di lettura del rap-porto fra resilienza e tecnologia dif-ferente e molto più profonda diquella di cui si discorreva solo qual-che mese fa (quando — l’osservazio-ne è banale — il termine c y b e r - re s i -lience veniva impiegato solo nel sen-so di una resilienza tecnologica ri-spetto a cyber rischi di frodi, etc.).

La questione di una resilienza conla tecnologia, che sia una resilienzanon soltanto umana ma anche uma-nista, si pone oggi con forza, comeun’esigenza centrale. La cifra nuovaè quella della tecnologia come stru-mento di resilienza trasformativagrazie al quale si può/deve immagi-nare un raccordo tra esigenze di li-bertà individuali e istanze comunita-rie e, ancora, come strumento checonsentirà di affrontare il tema dellascarsità delle risorse e delle disugua-glianze.

In altri termini la relazionalitàumana e la socialità hanno mostratodi poter godere di forme di resilien-za grazie alla digitalizzazione delleconnessioni e a una certa surrogazio-ne digitale dei rapporti interpersona-li e sociali. Tuttavia, dobbiamo rile-vare due cose. In prima istanza, ildigitale non ha il potere di surrogarein pieno l’esperienza analogica. Perquanto sia potente e duttile, la digi-talizzazione non è una piena surro-gazione della relazionalità umana,anche se ha la capacità di sembrare

molto simile. Il limite della “re l a z i o -ne digitale” appartiene quindi strut-turalmente al mezzo in questione.La seconda questione è che la digita-lizzazione delle relazioni non è statauniforme, ma ha seguito e spesso ac-centuato l’andamento delle disugua-glianze sociali. Basti pensare che lasurrogazione dell’ufficio e delle rela-zioni con strumenti digitali è statamaggiore e più semplice per gli ap-partenenti a classi sociali avvantag-giate.

Sotto un altro profilo, il dibattitoapertosi sulle sorti delle varie app ditracciamento post covid-19 evidenziain modo molto concreto le poste ingioco per gli ordinamenti democrati-ci e giuridici contemporanei. È incorso una ridefinizione veloce dellacittadinanza tramite app che posso-no decidere di vari livelli di libertà,ma anche ricreare frontiere ormaisparite, in una forma di involuzione.

Di fronte a questo scenario, siamochiamati a un doppio sforzo.

Sviluppare le basi di una resisten-za e poi di un rinnovamento dellasocietà nelle sue componenti econo-miche e civili, in una dialettica conla tecnologia che ha le potenzialitàdi risposta alle richieste di sostegnoulteriore che emanano già dalle so-cietà stremate.

produzione di energia basata su fon-ti rinnovabili, giacché la maggiorparte degli attori delle tecnologiedell’informazione si sono dati obiet-tivi alti in termini di eco-sostenibili-tà.

Il grande salto digitale della crisidella covid-19 definisce anche i con-torni di una serie di potenziali novi-tà nell’organizzazione del lavoro. Laseparazione fra il luogo fisico di la-voro (ufficio) e il luogo di abitazio-ne è del tutto saltata durante la crisi,con una totale commistione fra en-trambi. È evidente che, al terminedel periodo di emergenza sanitaria,molti torneranno sul luogo di lavo-ro, anche per beneficiare dei vantag-gi della socializzazione con colleghie amici: è probabile però il perma-nere di articolazioni diverse fra i dueluoghi, con una crescita di lavori supiattaforme che non richiedono lapresenza continuativa in un luogo fi-sico come l’ufficio. Da quest’angolovisuale, anzi, va sostenuta una strate-gia per le organizzazioni che inco-raggi una parte dei lavoratori a nonlavorare in un luogo accentrato, diper sé fragile nel caso di nuoveemergenze, privilegiando soluzionidecentrate, che consentano in ognicaso la prosecuzione dell’attività pro-duttiva. Si potrebbe disegnare un’or-ganizzazione umana che copia i no-

tipo politico. Ad ogni modo, la ri-cerca di una tecnologia “avvisata”nell’ambito post covid-19 ha innesca-to ovunque un movimento inedito discrutinio della tecnologia, con inda-gini dal punto di vista della privacyma anche della sicurezza e del con-trollo. Ne è conseguita quindi unaveloce crescita del livello di consape-volezza e del dibattito riguardoall’adozione di strumenti digitali co-me perno di funzioni sociali fonda-mentali. Se per un verso può sem-brare deludente il fatto che non sisia riusciti a giungere in tempi rapidia una app a livello europeo, d’a l t rocanto questa empasse può anche es-sere letta come un segno positivo,nel senso della sensibile crescita dellivello di attenzione dei risvolti giu-ridici, politici e anche etici della tec-nologia. Nel caso italiano, ad esem-pio, si è aperto un dibattito moltoacceso sulla definizione e sulla sceltadi un’app di tracciamento, che hacoinvolto governo, esperti, parla-mento e società civile. L’esito diquesto dibattito è ancora incerto ma,a prescindere da quale sarà la solu-zione finale, esso ha comunque com-portato la maturazione, sia pure avolte un po’ caotica, di una consape-volezza riguardo a una scelta di na-tura tecnologica.

minate dalla legge ma in cui nonsiamo liberi di comportarci in qual-siasi modo scegliamo. In questo am-bito agiamo con maggiore o minorelibertà dal vincolo, su un continuumche si estende da una coscienza deldovere «quasi forte come la leggepositiva», attraverso il senso di ciòche è richiesto dal bene comune. Lanostra è quindi una prospettiva dietica pubblica, coscienti che è inquesto spazio che si tutela e costrui-sce il vivere sociale e che, citandoLord Moulton, «the real greatness ofa nation, its true civilization, is mea-sured by the extent of this land ofObedience to the Unenforceable»(Ibidem, 2).

Il nostro contributo per un’auten-tica governance di queste tecnologiedigitali a contrasto del nuovo coro-navirus allora non si fonda su consi-derazioni di ordine morale che sicollochino ai margini dello sviluppoe si [...] «[concretizzino] nell’elab o-rare strumenti correttivi, sia a livelloindividuale, o comunque privato, siaa livello istituzionale [...] [ma cer-cherà] l’efficacia, anche dal punto divista della produzione, di un’azioneche coinvolga singoli e gruppi nellacomplessità di un impegno non solosettoriale, un impegno che non per-da di vista la persona nella sua inte-rezza» (P. Lacorte, G. Scarafile, R.Balduzzi (edd.), La governance dellosviluppo: etica, economia, politica,scienza, 43).

È evidente, per la natura stessadell’innovazione tecnologica, che unagovernance sarà efficace solo se siconfigura come momento di dialogoe confronto tra le diverse competen-ze fornite dalle scienze empiriche,dalla filosofa, dalle analisi moral-teo-logiche e da ogni altra forma di sa-pere umano coinvolto nei fenomenidescritti. Occorre inoltre che i diver-si attori coinvolti si confrontino e inuna logica costruttiva e coordinata:il mondo istituzionale, il mondo ac-cademico e le aziende tecnologichedovrebbero riflettere assieme per im-plementare una governance della tec-nologia digitale che sia efficiente epermetta di realizzare appieno le op-portunità offerte.

In particolare, il ruolo della rifles-sione etica in questo processo di go-vernance, come emerso nelle conside-razioni fatte, sta non tanto nell’indi-viduare direttamente soluzioni tecni-che ai vari problemi ma nel renderepresente, nel dibattito, la domandacritica sul senso dell’umano che l’in-novazione tecnologica media e sullemodalità che possano garantire unosviluppo umano autentico.

Da questo livello devono partireuna serie di domande che interroga-no gli attori coinvolti per sviluppareun quadro giuridico e altri strumentiper le intelligenze artificiali e le tec-nologie ad esse connesse entro i li-miti che esprimono i principi e i va-lori capiti come fondanti la societàdemo cratica.

Pensiamo che queste domandesiano da porre al centro del dibattitoe che solo se queste accompagnanoil processo della governance avremoun autentico sviluppo. Lo sviluppoumano è da intendersi, quindi, comeun fine e non come un mezzo checaratterizza il progresso, definendopriorità e criteri. Parlare di svilupposignifica, quindi, non mettere la ca-pacità tecnica al centro dell’attenzio-ne bensì tenere l’uomo al centro del-la riflessione e come fine che qualif-ca il progresso.

Fare scelte etiche oggi non signifi-ca obbedire a decisioni altrui, bensìcercare di trasformare il progresso insviluppo. Significa indirizzare la tec-

nologia verso e per lo sviluppo enon semplicemente cercare un pro-gresso fine a se stesso. Sebbene nonsia possibile pensare e realizzare latecnologia senza delle forme di ra-zionalità specifiche (il pensiero tec-nico e scientifico), porre al centrodell’interesse lo sviluppo significa di-re che il pensiero tecnico-scientifconon basta a se stesso. Servono diver-si approcci complementari. Servonodiverse discipline. Serve anche ilcontributo di quello che si chiama-no, in inglese, le humanities. Questosviluppo deve essere: 1. globale, ov-vero per tutte le donne e per tuttigli uomini e non solo per qualcunoo per qualche gruppo (distinto pergenere, lingua o etnia); 2. integrale,ovvero di tutta la donna e di tuttol’uomo; 3. plurale, ovvero attento alcontesto sociale in cui viviamo, ri-spettoso della pluralità umana e del-le diverse culture; 4. fecondo, ovverocapace di porre le basi per le futuregenerazioni, invece che miope e di-retto all’utilizzo delle risorse dell’og-gi senza mai guardare al futuro; 5.gentile, ovvero rispettoso della terrache ci ospita (la casa comune), dellerisorse e di tutte le specie viventi.

Per la tecnologia e per il nostrofuturo abbiamo bisogno di uno svi-luppo che sinteticamente si può de-finire “gentile”. L’etica è questo e lescelte etiche sono quelle che vannonella direzione dello sviluppo genti-le.

In sintesi, è indispensabile chel’innovazione tecnologica sia al cen-tro di un progetto politico ed eticoche prenda in considerazione il fat-tore tecnologico alla luce di un ap-profondimento dei valori e dell’ap-plicazione dell’insieme delle catego-rie del pensiero. In questa prospetti-va, è molto da apprezzare il dialogoavviato fra il Vaticano e alcuneaziende tecnologiche globali e istitu-zioni per promuovere valori eticinello sviluppo tecnologico.

* Te o l o g o**Consigliere scientifico dell’Istitutoaffari internazionali***Docente di diritto dell’economiapresso l’Università cattolicadel Sacro Cuore

In primo luogo, la sanità è oggi, esarà domani, un campo di battaglianel quale la tecnologia permette diristabilire livelli alti di tutela corri-spondenti con la disponibilità di ri-sorse umane e finanziarie. Inoltre, difronte alla crisi di interi settori pro-duttivi, un uso avvisato della tecno-logia può mantenere alti livelli diproduzione di beni e servizi, ancheestendendo servizi in quasi gratuità.Tutto questo però richiede, per unverso, di sviluppare ulteriormente ilmodello di ridistribuzione delle ric-chezze, basato sulla politica fiscale,e, per un altro, di coltivare l’accessoad attività educative. E in questaprospettiva non si può prescindereda una riconsiderazione dei lavorimanuali essenziali che nel contestodella crisi si sono mostrati come fon-damentali (e non periferici) ed han-no esposto i lavoratori a forti rischidi contagio nel contesto epidemico.Una valorizzazione economica diquesti rischi potrebbe iniziare unacorrezione che eviti un’ulteriore for-bice di disuguaglianza.

La resilienza tecnologica che è ap-parsa con forza durante la crisi dellacovid-19 porta in sé alcune tendenzedi trasformazione sociale. Si è realiz-zato in poche settimane il trasferi-mento sulla rete dell’essenzialedell’attività economica, lavorativa,relazionale ed educativa delle nostresocietà. In qualche modo, il sognofuturistico di una vita digitale si èavverato in modo rapido e inaspetta-to. Quanto accaduto ci dà indicazio-ni anche sulle possibili trasformazio-ni future delle nostre società. Anchedi fronte all’impennata del trafficodati, l’infrastruttura digitale ha rettonell’insieme, il che permette diproiettarsi nel domani senza eccessi-ve preoccupazioni, ma al contempoproseguendo gli investimenti percollegare l’insieme del territorio allabanda larga veloce. Un ulteriore fat-tore di cambiamento guidato dallatecnologia concerne la crescita della

di di protocollo di trasmissione in-ternet, in grado di assicurare il flus-so dei pacchetti di dati anche se unnodo è compromesso. Certo, gli es-seri umani non sono spostabili conuna semplice decisione tecnica razio-nale. Ed è fondamentale che, purnel contesto di attività produttive ri-localizzate, un’attenzione particolaresia dedicata al rafforzamento di di-mensioni comunitarie sul territorioche possano fungere da alternativasociale ai luoghi accentrati che han-no caratterizzato il passato. Il depo-tenziamento di grandi centri urbanicongestionati che appaiono anchecome punti critici in un’ottica di re-silienza non deve, infatti, offrire co-me unica alternativa l’isolamento in-dividuale a casa, ma alcuni modellimisti nei quali anche le stesse orga-nizzazioni si devono ripensare. Tuttociò offre anche prospettive di riequi-librio territoriale e sociale, reindiriz-zando investimenti e popolazioneverso zone fino ad oggi poco dense,così abbassando i costi diretti e indi-retti legati al congestionamento deigrandi centri urbani.

La crisi della covid-19 ha provoca-to un’accelerazione nella volontà diadottare strumenti digitali in gradodi facilitare la gestione dell’e m e rg e n -za sanitaria. Abbiamo assistito a unacorsa per definire e adottare app ditracciabilità che possano permetteredi meglio controllare eventuali con-tagi. La corsa alla “app-covid” haprovocato una certa entropia fra varipaesi e aziende. Nel contesto euro-peo abbiamo assistito a un primotentativo di definizione di standardcomuni, che è stato poi in qualchemodo sminuito dalle divergenze na-zionali sulla raccolta e il trattamentodei dati. Ciò ha provocato una verae propria messa in discussione dellostrumento tecnologico nell’ambitodella crisi della covid-19, che ha con-dotto anche a ipotizzare il suo nonutilizzo in quei Paesi in cui sono sta-te manifestate controindicazioni di

L’emergenza provocata dalla co-vid-19 può quindi essere vista comeil primo grande momento di dibatti-to tecnologico, dove gli algoritmivengono discussi prima di esseremessi in funzione, con un notevolerovesciamento di prospettiva rispettoanche solo ad alcuni mesi fa, quan-do la società, soprattutto a livellopolitico-legislativo, sembrava correredietro allo sviluppo delle varie tec-nologie abilitanti che si diffondeva-no sul mercato (si pensi ad esempio,all’ambiziosa agenda digitale euro-pea, annunziata prima della pande-mia e basata su un modello di svi-luppo centrato su cluster paneurop eidi dati). La crisi della covid-19 haaccentuato, invece, la necessità di ul-teriormente investire nella tutela sialegale sia fisica dei dati (ad esempiocon la convergenza intorno a solu-zioni di cloud europeo), al contemporilevandosi però una potente occa-sione per elaborare la necessaria in-tegrazione delle politiche sanitarie,un campo fino a oggi rimasto dicompetenza esclusiva degli Statimembri.

Una modalità per contribuire aldibattito sul tema è quella di parte-cipare a un processo di governance.Questo vuol dire in primo luogoavere a cuore un particolare spaziodel vivere sociale, quello che LordMoulton, un rispettato giudice in-glese, in un articolo del 1924 (JohnFletcher Moulton, Law and Mannersin «The Atlantic Monthly», luglio1924, pag. 1-5.) ha chiamato spazioetico. Secondo Moulton ogni azioneumana avviene in tre settori. Ad unestremo è il dominio della legge,«dove le nostre azioni sono prescrit-te da leggi vincolanti per noi che de-vono essere rispettate». All’a l t roestremo c’è il dominio della liberascelta, «che include tutte quelleazioni per le quali rivendichiamo egodiamo della completa libertà».Tra questi due, si trova un settore incui le nostre azioni non sono deter-

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 22 luglio 2020

Arcipelago povertàNei secoli il termine ha assunto nuovi sensi e differenti maschere

Jean-Francois Millet e la missione dell’arte a beneficio degli emarginati

L’ep op eadell’umile gente

Le persone di modeste origini vennero elevatea protagonisti delle sue telecome testimonia il quadro «Le spigolatrici»che suscitò l’aspro malcontento della borghesiaPerché nell’opera vide un atto d’accusa nei confrontidei propri privilegi e delle disparità sociali

Anonimo, «Lucia e Renzo» (XX secolo). Con «I Promessi Sposi» due poverihanno la prima apparizione in un testo di rilievo della lingua italiana

«Le spigolatrici» (1857)

«Pastorella con il suo gregge» (1864)

di GABRIELE NICOLÒ

Sviluppò nei suoi quadriuna “epopea dei campi”,ritraendo gente di originimodeste nell’atto di prov-vedere a un lavoro tanto

umile quanto dignitoso, nonché red-ditizio per la collettività. Non fu so-lo una scelta di carattere artisticoquella del pittore francese Jean-Francois Millet, considerato uno deimaggiori esponenti del realismo inpittura: si trattava, anzitutto, di unamissione da compiere a beneficiodei poveri, troppo spesso fatti og-getto, da parte delle autorità istitu-zionali, di soprusi e di angherie.All’artista, dunque, spetta il compi-to, nell’ambito ristretto ma pur sem-pre ricco di importanti potenzialità,di invertire questa perniciosa ten-denza, elevando appunto i poveri aprotagonisti di una tela e, dunque,di un evento culturale diretto ad ab-battere pregiudizi e discriminazioni.

Victor Hugo fu tra i primi a in-tuire la portata innovativa di taleconcezione applicata al mondodell’arte, tanto da forgiare l’e s p re s -sione, poi divenuta celebre, del «ge-sto augusto del seminatore». Inquel gesto si esprime sia il valore diun lavoro utile alla società, sia ilsimbolo di un sacrificio che richiedeabnegazione, forza e pazienza.

Per corroborare la propria perso-nale teoria dell’atto pittorico che sinutre della dimensione eroica sotte-sa alla figura dei suoi contadini,Millet, nel 1851, scrisse: «Come po-tete capire dai titoli dei miei quadri,non ci sono donne nude o soggettimitologici. Voglio cimentarmi contemi diversi da questi. A costo di

passare ancor più per socialista, è illato umano, schiettamente umano,quello che in arte mi tocca di più. Enon è mai il lato gioioso quello chemi appare, non so dove sia e nonl’ho mai visto. Ciò che di più alle-gro conosco è questa calma, questosilenzio di cui si gioisce così intima-mente all’interno del bosco o suicampi. Mi direte — sottolinea Millet— che questo discorso è molto dasognatore, di un sogno triste, anchese dolcissimo, ma è lì, secondo me,che si trova la vera umanità, lagrande poesia».

Con Constant Troyon, NarcisseDiaz, Charles Jacque e ThéodoreRousseau, l’artista formò il primonucleo della scuola di Barbizon,movimento che propugnava un rea-lismo in cui, bandendo vacue idea-lizzazioni, si specchiava anzituttol’amore per la natura e per le mera-viglie del creato. Ed è all’interno diquesto movimento che Millet ebbemodo di sviluppare, nella sua pie-nezza, la tendenza a concentrarel’attenzione sulla gente di umileestrazione per elevarla a soggettoprincipale dei suoi quadri. Tra que-

sti spicca quello intitolato Le spigo-latrici (1857), un vero e proprio innosciolto in onore del mondo rurale.Il dipinto fu presentato al Salon diParigi dove diede scandalo e suscitòle ire della borghesia che non gradìla rappresentazione, di carattere pa-lesemente elogiativo, della povertàQuella rappresentazione la borghe-sia la sentiva come un atto di accusanei suoi confronti. Il quadro rischiòdapprima di cadere nell’oblio, mapoi gli arrise ben altra sorte. Nonsolo fu assunto come un importanteriferimento da artisti quali Pissarro,Renoir e van Gogh, ma nel 1914 di-

ventò addirittura il simbolo del pa-triottismo francese: fu infatti ripro-dotto in volantini a scopo propa-gandistico nell’ambito del processodi arruolamento per la prima guerramondiale. Quella tela trasudava im-pegno nel lavoro, spirito di soppor-tazione di fronte alla fatica, dignitàvissuta con garbato decoro. Tutti va-lori, questi, di cui la patria, in pro-cinto di entrare in guerra, non pote-va non sentirsi fiera.

Il quadro Le spigolatrici raffiguratre contadine, chine a terra e con laschiena ricurva, intente a raccoglierele spighe di grano disperse nei cam-pi dopo la mietitura. Particolare esuggestiva è l’angolazione scelta daMillet.

Pur nascondendone i visi, l’artistane mette in rilievo i lineamenti unp o’ grossolani, le mani arrossate egonfie per la durezza del lavoro. Gliabiti sono frusti e la pelle è ustiona-ta dal sole cocente. Le spigolatricisono di bassa estrazione sociale ep-pure l’opera si carica di un respiroepico grazie proprio alle loro figure,sapientemente colte in una plasticae solenne monumentalità.

Le tre donne indicano il simbolodel proletariato rurale, la cui sussi-stenza era legata proprio a questotipo di sostegno comunitari, qualil’autorizzazione a spigolare per icampi. Fa da contraltare a questomicrocosmo, carico di implicazioni,un uomo a cavallo, che s’intravedesullo sfondo. Egli sovrintende al la-voro delle spigolatrici, vigilando sulregolare svolgimento delle loromansioni. Questo uomo a cavallo èconcepito da Millet come l’emblemadelle disparità sociali che intercorro-no tra i diversi gruppi di lavoratori,nonché come l’emanazione del lati-fondista, proprietario delle terre sul-le quali le tre spigolatrici, per so-pravvivere, prodigano energie e ver-sano sudore.

Pubblichiamo stralci dalla prefazione della curatrice a«Povertà. Atti del sesto Colloquio internazionale di Lette-ratura italiana» dell’Università degli Studi Suor OrsolaBenincasa, che si è svolto a Napoli, dal 27 al 29 maggio2015 (Roma, Salerno Editrice 2020, pagine 456, euro38 ).

di SI LV I A ZOPPI GARAMPI

Dalla lettura del volume, nella varietà deicontesti storici e delle prospettive in cuiè studiato il significato di “p overtà”, sidelineano alcuni motivi che conduconoalle due accezioni dominanti del termine

come ci vengono trasmesse dal Grande dizionariodella lingua italiana di Salvatore Battaglia.

La prima voce recita: «Mancanza più o meno com-pleta o accentuata insufficienza dei mezzi necessariper vivere; la condizione di chi ha a disposizione in-sufficienti mezzi di sussistenza» e, in senso concreto,«insieme delle persone che vivono in grave indigen-za»; segue poi la definizione: «Nella morale cattolica,distacco dai beni terreni che porta a ottenere un altogrado di perfezione spirituale». Se la povertà inquanto virtù oppure piaga sociale è al centro degli in-terventi introduttivi dello storico delle idee e filologoCorrado Bologna e del costituzionalista Marco Ruo-tolo, appare subito come dal confronto con i testi del-le specifiche letterature la parola acquisti nel temponuovi sensi e differenti maschere.

Nel primo saggio colpisce il forte nesso tra la lette-ratura e la povertà, non solo perché quest’ultima è ar-gomento e manifesto ideologico in testi fondativiquali i Vangeli e il Cantico delle creature o in opereche si richiamano a questa tradizione come il Sacrumcommercium saldi Prancisci cumdomina Paupertate, trat-

e del sapere in generale hanno allontanano l’uomodal contatto con la natura, lo hanno privato dei sognie delle speranze, rendendo poveri la creatività e ilsentimento. Fabiana Cacciapuoti indaga l’intero per-corso delle occorrenze del lemma povertà nel diarioleopardiano e mentre sottolinea l’impegno del recana-tese nello studio etimologico dei vocaboli, dimostrache il senso dato a questa parola dal poeta confermail suo ruolo di precursore delle filosofie dell'esseresorte tra fine Ottocento e i primi trent’anni del Nove-cento.

Filosofie che trovano in Giovanni Pascoli un singo-lare rappresentante, come argomenta Alberto Folinnel suo contributo sul poeta romagnolo, partendo daiverso di Holderlin «perché i poeti nel tempo dellapovertà?» (dall’elegia Pane e vino), commentato daHeidegger nel saggio Perché i poeti?, dove «il tempodella povertà» è definito come «tempo della notte delinondo», povero in quanto «non solo gli Dei e Diosono fuggiti, ma si è spento lo splendore di Dio nellastoria universale».

Nei versi di Pascoli assistiamo al passaggio dallapovertà in quanto luogo di una narrazione biografica

alla povertà quale dimensione esistenziale in sensoleopardiano e heideggeriano, capace di esprimersinella creazione di un originale linguaggio poetico. IlNovecento continuerà a fare i conti con il depaupe-rarsi dell’io lirico, come ci dice Daniele Piccini nellesue pagine, indicandoci la stretta dialettica tra rifles-sioni sulla povertà e ricerca sul linguaggio. Una rico-gnizione che attraversa lo spleen e l’ennui dei crepu-scolari, per giungere alla nuova poesia di Montale,Saba, Penna, Betocchi e Pasolini; per poi approfondi-re due esperienze di povertà vissuta e testimoniata inversi che inquietano ed elevano, quelle di Aldo Capi-tini e di David Maria Turoldo.

La meditazione sul sentimento di povertà crea unospazio di confronto tra poeti atei e religiosi, ognunodei quali lo ha arricchito di esperienze personali finoa farlo diventare uno dei luoghi piú affascinanti delpensiero del secolo scorso. Speculare alla povertà inquanto rinuncia determinata, recupero dell’inno cenza,condizione di prossimità o cosciente lontananzadall’assoluto, nel libro non si tace la rappresentazionedella povertà nel senso di insufficienza dei mezzi ne-cessari per vivere.

Marco Ruotolo, nel saggio Povertà e diritto, ci por-ta nella nostra quotidianità: chi sono, oggi, i poveri,come sono cambiati rispetto al passato, quali i diversilivelli di povertà e gli strumenti per misurarla, quali idoveri del diritto — con lo sguardo attento alla nostraCostituzione — e della Repubblica italiana per rimuo-vere le disuguaglianze e la povertà, condizione cheimpedisce la libertà. Il discorso, intrecciandosi con ilpreoccupante peso che assumono le attuali esigenzedi bilancio nazionali ed europee, esprime la posizioneferma e propositiva dell’autore con precisi riferimential pensiero giuridico, economico e sociale degli ultimidue secoli.

È saldo e fecondo il nesso che legala povertà e le varie forme di culturadalla letteratura all’artedalla poesia alla musicaperché l’artista deve rendere poveroil proprio spirito per permettereche vi penetri la graziae la potente forza ispiratrice

La duplice faccia della povertà era già impressanelle Beatitudini. Se Matteo scrive: «Beati i poveri inspirito, perché di essi è il regno dei cieli», Luca, piúattento alla dimensione sociale, afferma: «Beati voi,poveri, perché vostro è il regno di Dio».

In una ricognizione storica e critico-filologica Gae-tano Di Palma spiega le parole dei due evangelisti al-la luce della tradizione vetero e neotestamentaria pergiungere a una proposta interpretativa. TommasoCampanella all’inizio del XVII secolo, nei suoi avan-guardistici scritti di estetica, considerava la Bibbia illibro dei libri.

Sebbene al problema della povertà sia dato rilievonell’Antico Testamento e sia la condizione prevalentedella società in cui vive Gesù, sfondo di non pochenarrazioni evangeliche, la letteratura italiana è stataparca nei confronti dei personaggi poveri e della que-stione “p overtà”, privilegiando scenari bucolici o ele-giaci, cavallereschi e cortesi. A scuola si impara checon i Promessi sposi due poveri fanno la loro primaapparizione da protagonisti in un testo di rilievo inlingua italiana. Nelle pagine che seguono vediamoche non bisogna attendere il XIX secolo.

Con il romanzo Lazarillo de Tortues, a metà Cin-quecento, si diffonde in una Spagna segnata da unaprofonda crisi economica un’opera rimasta anonimache racconta in prima persona la storia di un emargi-nato costretto a vivere ogni giorno con l’angoscia dimorire di fame. Il libro inizia a circolare in tutta Eu-ropa e sorgono negli anni immediatamente successiviuna letteratura e una pittura che raffiguravano la sof-ferenza assillante della fame: non dovuta a casi straor-dinari della vita, a rovesci della fortuna, come potevacapitare nelle novelle del D e c a m e ro n , ma sofferta qua-le fatale normalità; celebri sono rimaste anche nei di-pinti di quei decenni le rappresentazioni dei poveri,ovvero dei “pito cchi” (dal greco ptokós, “mendico”). Èl’inizio di una tematica destinata a proseguire fino aoggi, che nell’Ottocento incrocia la grande musicacon il melodramma di Giuseppe Verdi. Proprio nellerelazioni di Battistini sul romanzo picaresco dei secoliXVI e XVII, e in particolare su Giulio Cesare Croce, ein quella di Rostagno dedicata a Verdi si ha modo divedere la messa in scena di personaggi poveri e il si-gnificato della povertà nelle vicende personali degliautori.

tatello allegorico a cui sembraalludere Dante nell’XI cantodel P a ra d i s o , al quale è dedi-cato il contributo di VincenzaTambura. Anche perché leteorie estetiche del secoloscorso (Rilke, Weil, Suzuki,Hisamatsu, Agamben) consi-derano la disposizione allapovertà un atteggiamento es-senziale del fare poetico. Lapoesia trova la propria unicitànel togliere e ridurre, lo stessoverso è testimonianza di un li-mite posto alla scrittura. At-traverso una disamina tra di-verse espressioni d’arte e dipensiero affiora come l’esigui-tà della forma in una poesia,o in un quadro, o in un branomusicale si origini da una pre-parazione della mente, sia ri-cerca e punto di conquista,fonte di nuova ricchezza.

Ma c’è qualcosa di altro: ilpoeta o l’artista devono ren-dere povero il proprio spiritoper permettere che vi penetrila grazia, la forza ispiratrice,così come la stessa opera d’ar-te dovrà concedere al suofruitore di completarla affer-randone l’inespresso. Un ra-gionamento sul nesso tra po-vertà e poesia era stato antici-pato da quel grande “filosofo poetante” che è Leopar-di, il quale nello Zibaldone di pensieri, nel rileggereuna tematica centrale della Scienza nuova di Vico, ve-de la “p overtà” come il risultato di un progresso li-neare che ha portato l’uomo moderno a uno statosimboleggiato dal deserto. L’evoluzione delle scienze

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 luglio 2020 pagina 5

uscirne vivo. Soffro di asma da tuttala vita, e questo virus a quanto pareattacca i polmoni più spesso chequalsiasi altra parte del corpo. Misono reso conto che avrei potutodavvero tirare il mio ultimo respiroin quella stanza della mia casa cheera stata un rifugio e ora era diven-tata una specie di fortezza, e stavoiniziando a sentirla come la mia pri-gione. Mi sono ritrovato solo, nellamia stanza, a vivere da un respiroall’a l t ro » .

Leggere queste parole fa, quasiautomaticamente, pensare a PapaFrancesco che, come è noto, a 21 an-ni a causa di una grave forma dipolmonite ha subito l’asp ortazionechirurgica di una parte del polmonedestro e che ha spesso usato la meta-fora del polmone, del respiro, del

con me stesso? Potrò mai soltantoe s s e re ? ”. Ed ecco che, tanti anni do-po, di colpo, eccomi qui, da solonella mia stanza, a vivere l’attimo,ogni attimo prezioso del mio esserevivo. Ovviamente è stata una situa-zione pesante, ma eccola».

Il momento critico viene vissutofino in fondo, senza sconti, ma poiaccade qualcosa: «Poi, qualcosa... èarrivato. Si è posato su di me e den-tro di me. Non so descriverlo diver-samente. All’improvviso ho visto tut-to da un punto di vista diverso, mi-gliore. Sì, non sapevo ancora che co-sa sarebbe successo, ma non lo sape-va nessuno. Avrei potuto ammalarmie non lasciare mai più quella stanza,ma, se fosse accaduto, non avrei po-tuto farci niente. È divenuto tuttopiù semplice e ho provato un senso

forza semplice che impedisce di ap-porre qualsiasi forma, anche la piùdiscreta, di commento.

Emerge da questo parlare così nu-do, essenziale, la consapevolezza diaver ricevuto un dono: «E poi qual-cosa ci è stato rivelato, ci è stato do-nato. Le vecchie domande abituali:

Scorsese e Bergoglio, legati nonsolo dai comuni problemi respirato-ri, ma anche da un rapporto di sti-ma profonda e grande affetto, senti-menti tangibili anche nel loro ultimorapido incontro di ottobre, duranteil Sinodo per l’Amazzonia, quandoil Papa e il regista hanno conversatodel film The Irishman e, quindi, diDostoevskij, comune passione lette-raria.

Stimolato dalle domande di padreSpadaro, il regista italo-americanoha ricollegato quel momento di crisivissuto durante la pandemia ad unaprecedente crisi, vissuta circa 40 annifa, ai tempi del grande successo diToro scatenato, un momento dramma-tico in cui Scorsese ha praticamenteincarnato il pensiero di Pascal percui «tutta l’infelicità degli uominideriva da una sola causa, dal non sa-pere starsene da soli, in una camera»e si è trovato a pensare: «“Potrò maistare da solo in una stanza, da solo

Civiltà Cattolica, dice ai giovani:«Quanto sono fortunati a essere viviin un momento così illuminante.Molti di noi pensano che tutto tor-nerà come prima, ma ovviamentenon va mai così: tutto cambia sem-pre, e proprio questo periodo ce loricorda con forza. Può ispirarci a ri-conoscere la nostra capacità di cam-biare in meglio. Di fatto è questoche sta succedendo, al momento,con le proteste di massa in tutto ilmondo: i giovani stanno combatten-do per migliorare le cose».

Il finale dell'intervista è sull’arte,sul cinema, la letteratura. Rispuntaquindi Dostoevskij e i suoi fratelli

Karamazov e poi Steinbeck e Ki-pling e infine un film di Ken Burnsdedicato alla figura di William Se-gal. Toccanti le parole con cui Scor-sese commenta questo film conclu-dendo la sua intervista, e anche inquesto caso si tratta di parole cosìvere e poetiche che non convieneprovare a commentarle: «C’è unascena in cui Segal invita, con l’esp e-rienza della sua quiete e della suameditazione, a puntare la nostra at-tenzione su ciò che è essenziale, suciò che accade proprio ora, tra unrespiro e l’altro. Essere. Respirare.Qui. Adesso. Tutto questo non ègrazia?».

Rileggendo l’intervista di Martin Scorsese a «La Civiltà Cattolica»

«Respirare. Qui. Adesso»La malattia e la benedizioneIl regista, il Papa, il gesuita

L’uomo capace di chiamare le cosecon il loro nome

Nell’ultimo libro di Don Winslow, voce del dissenso

«Molti di noi pensano che tutto tornerà come primama ovviamente non va mai cosìtutto cambia sempree proprio questo periodo ce lo ricorda con forzaPuò ispirarci a riconoscerela nostra capacità di cambiare in meglio»

di ANDREA MONDA

«N on sono maistata altroveche malata.In un certosenso la ma-

lattia è un luogo, più istruttivo di unlungo viaggio in Europa, e un luogodove nessuno ti può seguire. La ma-lattia prima della morte è cosa quan-to mai opportuna e chi non ci passasi perde una benedizione del Signo-re. Quasi altrettanto isola il successo,e niente mette in luce la vanità al-trettanto bene».

Le parole usate, con la solita pre-cisione chirurgica, dalla scrittriceFlannery O’Connor, racchiudono inmodo estremamente efficace il sensodell’intensa intervista rilasciata dalregista Martin Scorsese al direttorede «La Civiltà Cattolica», AntonioSpadaro. Tra i due ormai si è conso-lidata una vera e profonda amiciziache trapela anche tra le righe di que-st’ultima conversazione apparsa nelnumero della rivista dei gesuiti usci-to il 18 luglio con il titolo significati-vo L’asma e la grazia.

Tra questi due poli, già evidenzia-ti dalle parole della O’Connor cheparlava di malattia e di benedizione,si sviluppa una riflessione a trattitoccante, vertiginosa, che parte dauna meditazione sul periodo che staattraversando il mondo investito dal“tifone” del covid-19, un periodo incui ha fatto la sua apparizione, affer-ma Scorsese, «una nuova forma diansia. L’ansia di non sapere nulla.Proprio nulla. Era tutto in sospeso,rinviato a non si sapeva quando, co-me in un sogno in cui corri a perdi-fiato, ma non arrivi mai alla meta.In una certa misura, è ancora così.Quando sarebbe finita? E poi unadomanda precisa: Se non avessi po-tuto girare il mio film, chi ero io?».

Il viaggio all’interno del polo ne-gativo (la malattia, l’asma) vienecompiuto fino in fondo: «L’ansia èandata crescendo, e con essa la con-sapevolezza che avrei potuto non

palpito. Ad esempio nella recentepubblicazione La preghiera. Il respirodi vita nuova (pubblicato dalla Li-breria Editrice Vaticana) ha afferma-to: «Ci sono nel corpo umano alcu-ne funzioni essenziali come il battitodel cuore e il respiro. Mi piace im-maginare che la preghiera personalee comunitaria di noi cristiani sia ilrespiro, il battito cardiaco dellaChiesa, che infonde la propria forzanel servizio di chi lavora, di chi stu-dia, di chi insegna (...). Non sempresi è coscienti di respirare, ma non sipuò smettere di respirare».

di sollievo. E questa consapevolezzami ha riportato agli aspetti essenzialidella mia vita. Ai miei amici e allepersone che amo, alle persone di cuidevo prendermi cura. Alle benedi-zioni che ho ricevuto: ai miei figli, aogni momento trascorso con loro, aogni abbraccio, ogni bacio e ogni sa-luto... a mia moglie, e quanto sonofortunato ad aver trovato qualcunocon cui sono riuscito a crescere e afar crescere insieme una bambina eal tempo stesso... a poter fare il la-voro che amo». Parole, quelle usateda Scorsese che possiedono quella

“Come stai?”, “Stai bene?” sono di-ventate immediate e cruciali. Sonodiventate vitali. Abbiamo scopertodi essere davvero tutti insieme, nonsolo nella pandemia, ma nell’esisten-za, nella vita. Siamo diventati vera-mente uno».

Un pensiero l’anziano regista loinvia ai giovani e qui viene in menteun altro incontro tra Scorsese e ilPapa, quando, durante il Sinodo deigiovani, nel 2018, fu presentato il li-bro La saggezza del tempo, curato dapadre Spadaro, in un momento diincontro tra generazioni e ci fu unbel dialogo tra il Papa e l’artista cheoggi, per mezzo dei microfoni della

Ken Burns e William Segal nel 1992

C’è qualcosa che Cal non può ignorareed è il fatto di chiamare un errorecon il suo nomeUn errore che è il risultato finale di tanti erroriche sommati non si elidono né si annullanoCal sa che non può salvaretutti i bambini rinchiusi in gabbiama può salvarne unaE «forse è abbastanza»

di GIULIA GALEOTTI

È una potentissima voce del dissensoquella di Don Winslow, scrittorestatunitense che, con naturalezza esenza paura di inimicarsi il pubbli-co, fa del suo oggettivo talento una

via per ascoltare un altro canto. Lo conferma il

solo che quelle erano persone, non vitelli, enon muggivano, ma parlavano, gridavano,chiedevano aiuto o piangevano, come quellabambina».

Cal sa per chi ha votato, lo ha votato ancheper quello. Ma Cal è un uomo capace di chia-mare le cose con il loro nome, e chiamare lecose con il loro nome è anche riconoscere chel’uomo per cui ha votato «ha iniziato una

È il suo lavoro, Cal lo sa, ma qualcosa è an-dato storto se quel lavoro è diventato l’arte dimettere i bambini in gabbia, strappandoli ai lo-ro genitori. C’è qualcosa che Cal non puòignorare, ed è il fatto di chiamare un errorecon il suo nome — errore, appunto. Un erroreche è il risultato finale di tanti errori che som-mati non si elidono né si annullano. Cal, ilcowboy che chiama le cose con il loro nome,sa che l’assurdità non è quello che vuole farelui, ma quello che stanno facendo Loro. Cal sache non può salvarli tutti, ma può salvarneuna. E «forse è abbastanza».

Ne L’ultima cavalcata c’è davvero molto. C’èla migrazione raccontata dalla prospettiva dichi il confine lo pattuglia quotidianamente co-me lavoro che si è volontariamente scelto. C’èla solitudine causata dall’incomunicabilità, edal dolore che — come gli errori — si sommadecuplicandosi. C’è la potenza della narrazionepubblica, profondamente ambivalente nella suacapacità di distruggere ma anche di salvare.C’è chi è capace di essere davvero diversoquando essere diversi significa fare ciò che ègiusto «quando costa tutto». C’è, soprattutto,la nuda, radicale, estrema verità di due scene:«La prima volta che l’ha vista, la bambina erain gabbia. L’ultima volta che l’ha vista, era li-b era».

Perché l’arte in cui da tempo Don Winsloweccelle è quella di far «saltare in aria la narra-zione costruita finora come una bomba a ma-no». Lo fa benissimo, lo fa come nessuno.

sta che vigila su New Orleans (smistando lechiamate che di notte arrivano alla sala opera-tiva del Pronto intervento, sente la disperazio-ne umana, «sente la paura, il panico, la rabbia,la furia, il caos»), è la madre che parla, stra-parla, sbaglia e prega («Eva conosce quella vi-ta. Conosce quel mondo. Sa che puoi uscirne,ma comunque ne uscirai sempre a pezzi»).L’altra, Gabriela, salvadoregna, è la madre tra-volta dai due mondi (quello di partenza equello in cui vorrebbe arrivare), e la cui unicaparola pronunciata sarà «Grazie».

Nei sei romanzi brevi appena proposti alpubblico italiano compaiono i temi centralidella lunga produzione di Winslow; tornanoalcuni dei personaggi che negli anni abbiamoimparato a conoscere, ma irrompono anchenuove figure.

Indimenticabile quella di Calvin Strickland(protagonista di L’ultima cavalcata), l’agente difrontiera che ogni giorno pattuglia il confinetra Messico e Stati Uniti e che nei migranti ve-de solo una massa senza nome da respingere.Ma Cal è anche un uomo che sa chiamare lecose con il loro nome. E come quello che haucciso suo padre non era «un problema di sa-lute» ma un cancro alle ossa, così il luogo incui sta quella bambina che non riesce a toglier-si dalla testa non è un centro di detenzione, dicustodia o di prima accoglienza, ma è — sem-plicemente — una gabbia. Una gabbia «così af-follata da sembrare un recinto per il bestiame,

guerra senza alcun progetto su come condur-la, e ora eccoci qui. I bambini hanno i pidoc-chi, prendono la varicella, la scabbia, piango-no tutto il tempo. È un rumore di fondo con-tinuo, come la NPR a casa di Bobbie, con ladifferenza che ti spezza il cuore e non puoisp egnerlo».

recente B ro k e n (Milano, Harper-Collins 2020, pagine 544, euro20), che raccoglie — nella tradu-zione di Alfredo Colitto e Giu-seppe Costigliola — sei romanzibrevi. Tormentati, avvincenti,sofferti, da cardiopalma non so-lo per la capacità di Winslow dicostruire e raccontare l’azione,ma soprattutto per l’arte di met-tere in scena la ferocia e la poe-sia dell’animo umano. E la suaforza di dire «no».

Aprono (B ro k e n ) e chiudono(L’ultima cavalcata) il libro dueindelebili figure di madri, unadi qua e l’altra di là dal confine.Una, l’americana, è la centralini-

Particolare dalla copertina di «Broken» (HarperCollins, 2020)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 22 luglio 2020

Come ripensare la teologia dopo il trauma collettivo della pandemia

Nel mistero della Croceil superamento della sofferenza

di GIUSEPPE LORIZIO

La domanda di Theodor Ador-no ritorna dopo ogni catastro-fe: possiamo ancora filosofare

o non dobbiamo rassegnarci al silen-zio? E per il teologo ciò comportafar proprio il silenzio di Dio. Il si-sma di Lisbona (1755), seguitodall’irrisione di Voltaire verso Leib-niz, la shoah, e ora la pandemia, co-me ogni altra catastrofe, impongonola rinuncia al pensiero (logos che èanche linguaggio) o un “nuovo pen-s i e ro ” (F. Rosenzweig)? E la comu-nità credente può rinunciare alla ri-flessione? Di fronte all’attuale trage-dia i credenti si sono impegnati so-prattutto su due fronti: quello cheAntonio Rosmini chiamerebbe la“carità temporale” ossia la vicinanzae il soccorso delle persone colpitedal virus a diversi livelli e quello del-la devozione e dell’invocazione. Difronte a queste scelte fondamentalil’opzione del silenzio teologico miera sembrata la più opportuna, fin-ché non mi ha raggiunto il grido di

un amico/collega ormai in pensione:«Ci avete consolati, ma non ci aveteilluminati!». Di qui l’impegno pro-fuso ad accompagnare i momenti deldramma con riflessioni teologichepubblicate sui media. Braccia (lemie) sottratte alla cura dei corpi edelle anime, con la pungente do-manda rivolta da Lazzaro al buonEmanuele: «Poca teologia, eh? Pocateologia; religione, religione», men-tre la sorella Angela si chiedeva senon era teologia anche questa (Mi-guel de Unamuno). E ora? Se è veroche tutto non sarà più come prima,non possiamo esimerci dalla doman-da: che ne sarà della teologia in ge-nere e in particolare di quella regio-ne teologica che sono chiamato adabitare nella didattica e nella ricerca,denominata teologia fondamentale?A meno di non essere stati infetti dalvirus della cecità, così ben descrittoda José Saramago, non potremocontinuare ad insegnare e a svolgerele nostre ricerche come se nulla fosseaccaduto. In particolare la teologiafondamentale chiede di essere ripen-

sata e dovrà subire una profondametamorfosi, visto che la sua voca-zione è quella di mostrare la credibi-lità della rivelazione cristiana nel-l’oggi della storia.

«Nessuna parola altisonante, nem-meno teologica, ha un immutato di-ritto dopo Auschwitz» (ancoraAdorno). Allora una teologia umile,come anche una metafisica umile —in senso etimologico non spirituali-stico — ma non rinunciataria potran-no illuminare la consolazione e ilconforto della pietà. Se infatti siamochiamati a vigilare contro ogni mani-festazione idolatrica e superstiziosanel rapporto col sacro, non possia-mo a nostra volta ricadere nell’idola-tria del concetto, delle nostre idee,dei nostri filosofemi e delle nostresuperbe teologie. E da questa sem-pre incombente tentazione PapaFrancesco ci mette continuamente inguardia, per esempio allorché am-monisce nel suo twitter del 14 luglio(data storica e simbolica, spessoideologicamente evocata): «Nel gior-no del giudizio non saremo giudicatiper le nostre idee, ma per la com-passione che avremo avuto».

Per quanto riguarda la teologiafondamentale, mi sembra di poterindicare alcuni compiti imprescindi-bili per il suo new normal p ostpande-mico. Un primo appello/compito,sul quale spesso ci si è interrogati, aprescindere dalla tragedia, ma cheora acquisisce ben altra qualità spe-culativa riguarda il rapporto fraesperienza religiosa e fede, orizzontiche non dobbiamo sbrigativamenteidentificare. L’epidemia si è intrec-ciata all’esperienza religiosa dei gre-ci, come mostra Laurent de Sutternel suo Cambiare il mondo. L’epide-mia e gli dei (Roma, Edizioni Tlon,2020, euro 3,99), dove emerge conforza il tema del “sacrificio”, caro aAndrej Tarkovskij. Quando leggia-mo che nel periodo di maggiore crisisi riscopre la preghiera, non sempresi tratta del vissuto credente. «Lamaggiore sacralità di un tempio è

data dal fatto che in esso si va apiangere in comune» (de Unamu-no), ma si tratta del “pianto inutile”di Solone per la morte del figlio.Diffondere l’idea che la preghieracambia solo noi stessi e non la realtàrisulterà fuorviante e tutt’altro checristiano, in quanto la nostra pre-ghiera è invocazione destinata acambiare la realtà, anche quandonon viene immediatamente esaudita,nella logica dominante del tutto esubito. Infatti la nostra preghiera eu-caristica ottiene da Dio che il pane eil vino trasmutino la loro sostanzanel corpo e nel sangue di Cristo:non è solo il nostro modo di porcidi fronte alle specie eucaristiche chesi modifica, ma la realtà stessa in es-se contenuta e che siamo invitati amangiare e bere. E quando la pre-ghiera non viene esaudita non dob-biamo dimenticare quanto scrivevaDietrich Bonhoeffer all’amico Ebe-rhard Bethge dal carcere di Tegel il14 agosto del 1944: «Dio non realiz-za tutti i nostri desideri, ma tutte lesue promesse, cioè egli rimane il si-gnore della terra […]». In Giobbe eGesù di Nazareth Dio ha realmenteesaudito le loro invocazioni, mante-nendo tutte le sue promesse: al “pa-ziente” di Uz Egli restituisce quantoha perduto, come a Gesù la vita chegli era stata tolta. Ma non si trattadi un puro e semplice ritorno alla vi-ta precedente, ma di una reale e pro-fonda novità (new normal), donataattraverso la sofferenza e la croce,perché «l’amore è contemporanea-mente fratello, figlio e padre dellamorte» (de Unamuno).

Giobbe e il Crocifisso impongonoun secondo compito al teologo fon-damentale: quello di farsi carico del-la teodicea, ovvero della riflessionesul rapporto fra l’esistenza di Dio eil male del mondo, soprattutto nellaforma del dolore innocente. Accadeche i teologi si fermino, nella letturadi Giobbe alla teofania del capitolo38 del testo sapienziale e nella vicen-da di Gesù al venerdì santo, ritenen-

do le loro invocazioni non esaudite,adottando così una teodicea apofati-ca e, non so quanto consapevolmen-te, obbedendo al divieto kantiano dimettere in atto ogni tentativo di ri-flessione filosofico-razionale sul temadel dolore innocente. Già Rosminiha infranto, con la sua monumentalee geniale Te o d i c e a (1845), il divietokantiano riportando la questioneall’“ordine soprannaturale”, ossia of-frendo una teodicea staurologica ecristocentrica, incentrata sul misterodella croce e il suo compimento nelmistero pasquale. Tale orizzonte vaoltre una concezione che vede ognimale (anche la pandemia) come ca-stigo (teodicea amartiocentrica) e su-pera anche il silenzio assoluto difronte al mistero (teodicea apofati-ca). Nel secolo breve, grazie al lavo-ro di Johann Baptist Metz, abbiamoimparato a declinare teologicamentela teodicea. Oggi l’icona del crocifis-so grondante di pioggia nella pre-ghiera di piazza San Pietro del 27marzo mi sembra atta ad esprimerequesta prospettiva, che il teologo èchiamato ad elaborare ed articolarecon l’esercizio del pensiero credente.Le prime due prospettive abitano ri-spettivamente le due prediche di pa-dre Paneloux ne La peste di AlbertCamus, il cui protagonista resta noncredente. L’icona che emoziona ecommuove deve farci pensare e po-trà convertirci ad un cristianesimoautentico e non convenzionale. Inquesto contesto si tratta di ripensareil “principio di causalità”, attenzio-nando la dinamica della “causalitàerrante” evocata da Platone nel Ti -meo (letteralmente una causa che“plana”, guidata non da un “m o t o reimmobile”, ma dal vento che tira etrasmette anche virus). Ma anche su-perando la formula della “p ermissio-ne del male” per orientare la rifles-sione verso il fatto che Dio non per-mette il male, ma lo “subisce”. Ed èquesta “compassione di Dio” a espri-mersi nella nostra compassione(espressa nel twitter del Papa). Un

paradosso perché se Dio non patissenon potrebbe essere compassionevo-le, così se noi non patissimo non po-tremmo avere compassione per nes-suno, nemmeno per Dio stesso e ilsuo Figlio.

In terzo luogo ed infine, se iltrauma diventa luogo di invocazionee di esperienza religiosa, esso tutta-via ci pone soprattutto di fronte allaParola, da cui si genera la fede chesalva, come ha brillantemente mo-strato il teologo quacchero DavidM. Carr, nel suo saggio Santa resi-lienza. Le origini traumatiche dellaBibbia (Brescia, Queriniana, 2020,pagine 272, euro 27). La scrittura, alivello personale, spesso nasce daldolore e dal trauma di una malattia,della perdita di una persona cara, diuna delusione amorosa, ma qui sia-mo di fronte al trauma collettivo,che Israele racconta e cristallizza neltesto santo, mentre ad esempio, inoccasione del ritorno dall’esilio, ri-trova il rotolo di quello che possia-mo indicare come un proto-Deutero-nomio, e gli scribi «leggono nel Li-bro» e commentano il testo, inter-pretandone il senso. Siamo quindichiamati, nel trauma e nel suo post,non a leggere il Libro, ma in esso lanostra storia, le nostre vicissitudini,le nostre angosce e speranze. E se larivelazione eccede la Scrittura, dob-biamo saper ritrovare nelle devozionie nelle pratiche autentiche e non su-perstiziose della pietà popolare ilmessaggio che la Parola di Dio in-tende porgere alle nostre personali ecomuni esistenze. Così ad esempiosarà sempre necessario riportare aimisteri di Gesù, che meditiamo nelrosario, la nostra preghiera. È il van-gelo che va annunciato, anche senon solo attraverso la lettura, e lastoria ci insegna che, nelle espressio-ni pittoriche, scultoree ed architetto-niche della fede, si consegna una bi-blia pauperum soprattutto a quantinon hanno accesso ai testi biblici operché non sanno leggerli e interpre-tarli o perché si smarrirebbero nellaloro complessità.

Il rapporto tra fede cristiana e affetti in un libro di Pierangelo Sequeri

La logica dell’agap edi GI O VA N N I CESARE PAGAZZI

Ascoltando Mozart si può stu-diare, cucinare, stirare. Lamusica di Messiaen si ascolta

e basta. Sono suoni esigenti che ri-chiedono dedizione, ma assai gene-rosi con chi vi presta attenzione, tan-to che, dopo averli sentiti, non si èpiù come prima. Così è per l’ultimolibro di Pierangelo Sequeri, presidedel Pontificio Istituto teologico Gio-vanni Paolo II per le scienze del ma-trimonio e della famiglia e membrodella Commissione teologica interna-zionale, dal titolo La fede e la giusti-zia degli affetti. Teologia fondamentaledella forma cristiana (Siena, EdizioniCantagalli, 2019, pagine 304, euro17). Il testo richiede impegno, ma illettore si ritrova una nuova aperturanella facciata della sua casa. Comecento anni fa la stesura de L’Epistolaai Romani di Barth (1919) inauguròil ventesimo secolo teologico, cosìLa fede e la giustizia degli affetti hatutte le caratteristiche per segnare unnuovo inizio, un varco inedito agliesordi del terzo millennio.

Il testo non è solo un saggio diteologia fondamentale ben riuscito,ma la convincente proposta di uncambio di paradigma per la teologiafondamentale e quindi per la dog-matica, la pastorale, la spiritualità.Significativamente la ricerca più chequarantennale di Sequeri collimacon l’insegnamento degli ultimi duePontefici. Infatti, da Deus caritas estdi Benedetto XVI e dai timbri affetti-vi del magistero di Francesco —Evangelii gaudium, Amoris laetitia, Ve-ritatis gaudium, Gaudete et exsultate,ad esempio — è chiesto a tutti i cri-stiani, e ai teologi in modo partico-lare, un cambio di velocità e stile:collocare la precedente ellisse orbi-tante attorno a “ragione” e “fede”all’interno di quella più originaria-mente cristiana data da “ragione” e“a m o re ”, o, nel linguaggio di Seque-ri, “logos” e “agap e”.

Certo, vengono riconosciuti i me-riti di chi per secoli ha cercato dicomporre, con ottimi risultati, quan-to la modernità presentava come al-

ternative, cioè la ragione e la fede.Tuttavia il prezzo pagato è stato al-to, rappresentato dalla tendenzialecomprensione intellettualistica dellafede, a disagio nel cogliere un’ele-mentare verità: lo spunto originaria-mente affettivo di ogni atto umano edella fede stessa. Solo un’“e-mozio-ne” (Sequeri preferisce affetto, perevitare facili derive sentimentalisti-che) può smuovere un uomo, moti-varlo. Senza e-mozione non esistemovimento, in nessuna direzione,anche la più sinistra. Questo approc-cio affettivo sta all’altezza delle pro-fondità umane e gode di maggioreariosità. È capace di rendere ragionedi tutto l’uomo e di tutti gli uomini,non solo gli “o ccidentali”, non solo i“mo derni”, artefici sia della scompo-sizione sia dei tentativi di riconcilia-zione tra ragione e fede. A una don-na o un uomo cinese, iracheno, nige-riano, ad un abitante dell’Amazzo-nia, a un indigeno australiano quan-to interessa Cartesio o l’Illumini-smo? Certo, sia l’uno sia l’altro sonostati interlocutori serissimi con cui laChiesa che vive in occidente ha do-vuto giustamente confrontarsi. Tutta-via è stato un problema culturale oc-cidentale, non di tutta l’umanità. Ec-co, la degnissima questione del rap-porto tra ragione e fede che ha legit-timamente requisito le migliori ener-gie della teologia occidentale, è stataestesa a questione di tutti, e tutti nehanno pagato il prezzo altissimo.Come se si somministrasse all’uma-nità intera una pesante cura contro ilmal di stomaco, poiché un foltogruppo di persone soffre di gastrite.Né l’abitante dell’Amazzonia nél’australiano hanno mai sofferto digastrite illuminista, ma sia l’uno sial’altro, come ogni figlio e figlia diAdamo, si muovono solo in forza diun’emozione, di un affetto.

Ora, un affetto è sempre accesoda qualcun altro, da qualcos’altro. Èla cosa più intima, eppure il suospunto proviene da altrove, findall’inizio della vita. Sequeri ha pa-gine toccanti quando scrive dellamadre che nutrendo, accudendo,guardando il bambino, sorridendo-

gli, dischiude quella miracolosa ecoaffettiva che trova nella restituzionedello sguardo e del sorriso del picco-lo la prima scintilla del suo «Ergosum!”» (con buona pace di Carte-sio). Per l’adulto è scontato che do-mani sorga il sole, è ovvio che cam-minando passo dopo passo il terrenocontinui a sostenere il corpo, è pre-vedibile che la persona amata si fac-cia trovare all’appuntamento fissato.Ci si aspetta queste cose poiché so-no affidabili. Per il bambino non ècosì; la fiducia deve essergli accesada esperienze che affettivamente glidimostrino l’esistenza di realtà atten-dibili: come la mamma che arrivatutte le volte che piange, i giocattolirimasti al loro posto e sempre prontia far compagnia, il pavimento cheesibisce metro dopo metro la sua fe-dele solidità mentre il piccolo, gatto-nando, lo tasta. Senza l’accensioneaffettiva del senso di affidabilità findagli esordi della vita, non ci siaspetterebbe niente da nessuno, perl’ottima ragione che niente e nessu-no risultano attendibili. Naturalmen-te, questo vale anche per Dio.

Se è l’e-mozione il principio diogni movimento, se l’affetto è sem-pre innescato da qualcun altro, alprincipio di ogni vita, il principio diogni vita è un “legame” che — guar-da, guarda — è proprio il senso ori-ginario del vocabolo logos. Esso deri-va da leghein, indicante “p a r l a re ”,“d i s c o r re re ”, “r a g i o n a re ”, ma innan-zitutto significa “l e g a re ”. Prova tu aparlare e ragionare senza legare in-sieme le parole e le frasi, i pensieri.Ora, senza l’originaria logica degliaffetti non esisterebbe nessun’altralogica, matematica e argomentativacomprese. «In principio era il Lo-gos», recita il vangelista. «In princi-pio era il Legame». Non onorandola magnanimità di quel termine simanca il bersaglio dell’uomo e diD io.

Ciò non significa che gli affettisiano chiari, tondi e luminosi. Sonoforze e, come tali, assumono formediverse. Come la forza di gravità: èla medesima potenza che fa cadere eche tiene i piedi ben saldi a terra,

permettendo l’equilibrio della posi-zione eretta. Chi la nega o, presun-tuoso, la provoca, prima o poi cade;chi ne rimane succube, non si rialza;chi accoglie le sue possibilità e ri-spetta le sue resistenze si mette inpiedi e cammina. Gli affetti hannosempre una dimensione drammaticae faticosa, ma non sono “forze cie-che”, bisognose di essere guidatedalla ragione o dalla morale, poiché— in quanto forze — gli affetti hannogià in se stessi la giustizia. Altrimen-ti, insiste Sequeri, nemmeno appari-rebbero. Un esempio: una forza siesprime solo di fronte a qualcosa chele resiste, l’affronta e le si oppone.Nessuna forza sarebbe reale e prati-ca senza sforzo: cos’è la potenza delmuscolo senza un peso da sollevare?Maggiore è il peso alzato, più robu-sto è il braccio. Così pure la luce èvisibile e capace di rischiarare formee colori solo grazie a qualcosa che leresiste, come un pianeta, l’atmosfera

o un tavolo. Inoltre, quanto si oppo-ne alla forza la determina e specifi-ca, conferendole una forma: il poteredi muoversi diventa “stare in piedi”,resistendo alla forza di gravità cheinduce a cadere; o si trasforma in“a c c a re z z a re ’’ alla presenza di unvolto. La luce diviene il colore “ro s -so” imbattendosi in una cosa, oppu-re volge al blu investendone un’al-tra. Perciò la forza è l’esito del facciaa faccia con quanto le si oppone. Sela forza eliminasse quanto la fron-teggia, diverrebbe impalpabile einefficace: la luce senza cose sarebbebuio; il potere di muoversi senza ter-ritori da percorrere, punti di appog-gio, cose da prendere sarebbe unatotale paralisi. Insomma, la forza re-clama la presenza di altro, affinchési orienti e prenda forma efficace. Laforza irrispettosa della resistenza dicose ed altri è una contraddizione,poiché impedisce a se stessa di dive-nire reale. Gli affetti sono giusti,

poiché, esattamente in quanto forze,reclamano l’altro, difendendone lareale consistenza. In questo sensoessi hanno una componente genera-tiva: sono poteri che desideranomettere e mantenere altri in condi-zione di potere. Questa è la lorogiustizia, l’esigentissima legge scolpi-ta sulle loro tavole. Prevaricando, unaffetto non è forza cieca, ma aborto:impotenza incapace di nascere, farnascere e mantenere in vita. Insom-ma: il logos dell’affetto è sempregiusto, proprio a motivo della sualogica, del legame che richiede, pro-pizia e custodisce. La rivelazione cri-stiana chiama questa logica “agap e”,“a m o re ”, manifestando che è il mi-stero stesso di Dio, la sua forza e lasua forma.

Leggendo il saggio di Sequeri nonsi apre un libro, ma si spalanca unaporta. Qualcuno avrà il coraggio divarcarne la soglia?

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 luglio 2020 pagina 7

Salute e speranzaper le popolazioni indigene

Da un anno la nave-ospedale Papa Francesco fornisce assistenza medica a 700.000 persone

BRASÍLIA, 21. «Questa nave ha giàfatto miracoli, portando salute esperanza nella vita dei popoli fluvia-li»: parole di fra Joel Sousa, mem-bro del coordinamento della nave-ospedale intitolata a “Papa France-sco”, che da circa un anno navigalungo il fiume Rio delle Amazzoniper portare aiuto medico-sanitarioalle popolazioni rivierasche e dellaforesta amazzonica per un totale di700.000 abitanti.

In un’intervista riportata dal sitodel Consiglio episcopale latinoame-ricano (Celam), fra Joel nel sottoli-neare l’emergenza sanitaria nellaquale si trova il Brasile, ha ricorda-to: «Non potevamo esimerci dallalotta contro il covid-19, ci siamoquindi riorganizzati appositamenteper combattere la pandemia», insie-me a «professionisti della sanità ead assistenza medica specifica».L’equipaggio a bordo contribuisceanche alla sensibilizzazione dellapopolazione locale, oltre che alle cu-re ambulatoriali al primo stadio. «Cistiamo occupando principalmente —ha precisato fra Sousa — dei sintomiinfluenzali e dei casi lievi di covid-19. I medici effettuano i consulti,

mentre noi ci dedichiamo alla distri-buzione dei farmaci».

Lunga 32 metri, la barca ha a bor-do 23 professionisti del settore sani-tario e ospita locali per servizi medi-ci per i raggi X, la mammografia,l’ecocardiogramma e il test ergome-trico, una sala operatoria, un labora-torio di analisi cliniche, una farma-cia, una sala per le vaccinazioni, stu-di medici specialistici come l’o culi-stico e il dentistico, e letti di degen-za. Ideatore dell’iniziativa, insiemeai religiosi della Fraternità SanFrancesco di Assisi nella Provviden-za di Dio, che gestiscono un ospe-dale a Rio de Janeiro, è stato monsi-gnor Bernardo Bahlmann, vescovodi Óbidos, a luglio 2019. Da allorasono già stati realizzati più di46.000 servizi, distribuiti nei comunilungo il Rio delle Amazzoni (Alen-quer, Almerim, Belterra, Curuá, Fa-ro, Juruti, Monte Alegre, Óbidos,Oriximiná, Prainha, Santarém e Ter-ra Santa).

A sostenere l’iniziativa, anche Pa-pa Francesco che, attraverso l’imp e-gno del suo elemosiniere, il cardina-le Konrad Krajewski, ha donatoall’imbarcazione un ecografo. Inol-

tre, ad agosto dello scorso anno, nelmomento in cui l’imbarcazione haattraccato nel porto di Belém, ilSanto Padre ha inviato ai parteci-panti al progetto una lettera nellaquale ha ricordato come la Chiesasia chiamata ad essere un «ospedaleda campo», accogliendo tutti, senzadistinzioni o condizioni e ha osser-vato che, con questa iniziativa, laChiesa si presenta ora anche comeun «ospedale sull’acqua». E così, haaggiunto, «come Gesù, che è appar-so camminando sulle acque, ha cal-mato la tempesta e rafforzato la fededei discepoli, questa barca porteràconforto spirituale e serenità allepreoccupazioni di uomini e donnebisognosi, abbandonati al loro desti-no». D’altronde, lo stesso PapaFrancesco ha suggerito indiretta-mente il progetto sin dal 2013, du-rante la sua visita all’ospedale dellafraternità San Francesco di Assisinella Provvidenza di Dio a Rio deJaneiro, in occasione della Giornatamondiale della gioventù. Quel gior-no, il 24 luglio 2013, il Papa chiesese i religiosi fossero presenti anchein Amazzonia e quando il sacerdotefondatore, il frate Francisco Belotti,

rispose di «no», il Santo Padre re-plicò: «Allora devi andare».

La costruzione dell’i m b a rc a z i o n eè stata possibile grazie a una con-venzione con lo Stato del Pará, cheha destinato al progetto i proventidi un indennizzo per danno moralecollettivo a carico di alcune multina-zionali del settore petrolifero, in se-guito a un incidente ambientale checausò 60 vittime e ingenti danni.

Tra le molteplici iniziative pro-mosse dalla Chiesa in Brasile, ricor-diamo la campagna «È Tempo deCuidar» (“È tempo di prendersi cu-ra”), che ha mobilitato il Paese peraiutare le persone colpite dalla pan-demia di covid-19, e grazie alla qua-le sono state raccolte 3.161.552 ton-nellate di cibo, 305.285 alimentipronti per il consumo, 231.841 arti-coli per l’igiene, 156.131 dispositivi diprotezione personale, 147.852 articolidi abbigliamento e calzature, e con-tributi per 2.557.401,00 real. La mo-bilitazione continua per sostenere lepersone in situazioni di vulnerabilitàsocioeconomica, oltre che per realiz-zare azioni di solidarietà nelle peri-ferie, sia geografiche che esistenziali.

I 75 anni del Consiglio canadese delle Chiese

Imp egnoper la pace

di RICCARD O BURIGANA

«L avorare insieme, per 75anni, dona una gioia in-finita»: con queste paro-

le il reverendo presbiteriano Ste-phen Kendall, presidente del Con-siglio canadese delle Chiese (Cana-dian Council of Churches), ha pre-sentato pochi giorni fa un bilanciodell’ultimo anno di iniziative ecu-meniche. Il folto programma, cheha avuto al centro il 75° anniversa-rio dell’istituzione del Consiglio ca-nadese delle Chiese (25 settembre1944) è stato poi profondamentemodificato dalla pandemia covid-19che ha aperto nuovi orizzonti nellariflessione e nella testimonianzaecumenica. La pandemia da coro-navirus ha portato a un approfondi-mento della dimensione dell’azionecomune dei cristiani nella promo-zione del dialogo interreligioso. Alriguardo, il reverendo Kendall haricordato il documento Hope, Grati-tude and Solidarity che è natodall’esperienza condivisa di oltre 80leader religiosi in Canada che si so-no interrogati sul significato del co-vid-19 per il presente, ma soprattut-to per il futuro, indicando i valoricomuni con i quali ripensare la so-cietà in termini di accoglienza e dicondivisione. Alla redazione di que-sto documento ha contribuito il la-voro del Gruppo cristiano per irapporto interreligiosi del CanadianCouncil of Churches che ha pro-mosso la realizzazione, la raccolta ela condivisione di modelli per lapartecipazione interreligiosa, oltreche favorire e promuovere la nascitadi gruppi locali di dialogo islamo-cristiano.

Proprio il tempo della pandemiaha rafforzato l’impegno del Consi-glio canadese delle Chiese nel pro-porre dei percorsi per vivere appie-no la propria confessione in unaprospettiva di unità in una società

sempre più plurireligiosa; da questopunto di vista di grande utilità èstato lo studio sulla diversità reli-giosa che ha impegnato per sei anila commissione fede e testimonian-za del Canadian Council of Chur-ches proprio per condividere comele Chiese stanno vivendo questonuovo tempo della società canade-se. Questo studio ha rilanciato lapriorità di «amare il prossimo» nel-la vita quotidiana delle comunità,dopo aver raccolto sensibilità e ap-procci diversi che costituiscono unrichiamo forte alla costruzionedell’unità visibile della Chiesanell’accoglienza dell’altro. Centrale

In un messaggio il vescovo boliviano Fernando Bascopé Müller esorta a non abbassare la guardia in questo momento di pandemia

L’educazione deve continuare

Degna ogni vitaL’arcidiocesi di Buenos Aires contro l’interruzione legale di gravidanza

LA PAZ, 21. «I bambini e i giovanidevono ricevere il meglio che la so-cietà è in grado di offrire e il megliosi chiama educazione». Lo ha di-chiarato in un video messaggio, dif-fuso nei giorni scorsi sulla paginaweb dell’episcopato, il presidentedell'area educazione della Conferen-za episcopale boliviana (Ceb), mon-signor Fernando Bascopé Müller.Una riflessione rivolta ai membridella comunità educativa e agli stu-denti del Paese, per sottolineare co-me l’educazione non debba assolu-tamente fermarsi, anche in tempo dipandemia.

«Non c’è dubbio — ha spiegato —che la cosa migliore sarebbe un’edu-cazione diretta, faccia a faccia, e chel’educazione digitale ha i suoi limitie deve essere migliorata». Tuttavia,secondo il presule, è meglio accon-tentarsi di quello che si ha in questomomento, anziché «non avere nulla

e perdere tempo prezioso nella vitasenza fare nulla che alleni e aiuti asviluppare le proprie capacità».

Inoltre, monsignor Bascopé Mül-ler ritiene «fortunati quei giovaniche possono accedere alle classi vir-tuali grazie a genitori che apprezza-no l’importanza dell’educazione» ea insegnanti che «hanno fatto unosforzo speciale per assicurare che leclassi continuino» anche durante ilperiodo di pandemia».

Rivolgendosi agli studenti, il ve-scovo li ha incoraggiati, nonostantei molteplici disagi causati dalla qua-rantena, ad approfittare dunque diquesto tempo, perché si avvicininodi più ai loro cari e imparino il piùpossibile, poiché il buon Dio ha da-to loro molti talenti che possonos v i l u p p a re .

Al tempo stesso, il presule haespresso la sua vicinanza a coloroche non hanno avuto accesso al-

l’educazione digitale e si sono ritro-vati in un periodo di vuoto formati-vo. «Senza dubbio — ha proseguitomonsignor Bascopé Müller — vi sen-tite frustrati e sconcertati, ma viesortiamo a non lasciarvi sopraffaredallo sconforto e ad incoraggiareanche chi vi sta intorno a dare valo-re all’istruzione e ad organizzarsi almeglio per risolvere la mancanza dieducazione ovunque voi vi trovia-te». Il vescovo ha anche assicuratoche le opere educative della Chiesasono impegnate a cercare nuovi mo-di attraverso strategie diverse e va-

riegate per ovviare alla mancanza dieducazione.

«Vogliamo che sappiate — ha con-tinuato nel video messaggio — chesiete nel cuore di Dio e che il Si-gnore vi guarda con tenerezza epreoccupazione in questo e in ognimomento. Come educatori, voglia-mo che abbiate tutti accesso all’edu-cazione digitale il più presto possi-bile, anche perché è il percorso cheper ora porta alla vostra formazio-ne».

Infine, il presule apprezzando il«nobile sforzo» compiuto dagli edu-

catori in questo periodo di pande-mia, rivolgendosi ai genitori, li hainvitati a continuare «ad essere iprotagonisti principali nell’educazio-ne dei loro figli», e li ha esortati ad«approfittare di questo tempo perprendere coscienza dell’imp ortanzadella loro presenza attenta e amore-vole. Il successo dell’educazione di-gitale — ha concluso — dipende ingran parte dal coordinamento tragenitori e insegnanti». Da qui, l’in-vito, ad entrambe le parti, a soste-nersi a vicenda per il bene di tuttala comunità.

BUENOS AIRES, 21. Con il titolo La vida se dignificas i e m p re , i vescovi dell’arcidiocesi di Buenos Aires han-no diffuso un comunicato in riferimento alla recenteadesione, da parte dell’organismo legislativo della cittàdi Buenos Aires, al protocollo nazionale per la curaintegrale delle persone con diritto all’interruzione lega-le di gravidanza. Tale protocollo, scrivono, «contrad-dice le garanzie costituzionali a favore della vita piùindifesa», precisando di non essere contro i diritti

la vita per salvare quella degli altri, i legislatori riten-gano opportuno portare avanti una legge che certa-mente non è “onorare la vita”, come piace ascoltare ecantare a noi porteños».

Nel comunicato — che porta la firma tra gli altri delcardinale arcivescovo di Buenos Aires, Mario AurelioPoli — si afferma che «il proclamato diritto di abortire,specialmente fra le adolescenti più vulnerabili, coloroche, secondo le argomentazioni avanzate, non hanno

delle donne ma a favore dellavita «così com’è, in ogni circo-stanza».

L’episcopato critica anche ilmomento in cui è avvenutal’approvazione: «Mentre noiporteños patiamo i momenti piùnefasti della pandemia, nelmezzo di una quarantena ne-cessaria ma allo stesso tempolunga ed estenuante, mentre ilnumero dei contagi e dei mortici fa sobbalzare ogni giorno, laLegislatura della Città Autono-ma ha approvato ad ampiamaggioranza l’Ile, cioè l’ab ortonon punibile, che già si praticain gran parte del paese. Fa ma-le che, nel mezzo di un conta-gio letale, in cui così tanti ope-ratori sanitari e di servizi es-senziali espongono e rischiano

altra scelta che ricorrere a unaborto illegale, si contrapponeal desiderio di tante, tante altreragazze» che si mettono ingioco per salvarla quella vita, ildiritto «di un essere umanonon ancora nato». Perché«quando viene negato il dirittofondamentale alla vita, tutti idiritti umani sono appesi a unfilo. Senza vita non c’è liber-tà». Nel 2019 sono state ese-guite 8.388 interruzioni legalidi gravidanza: «Comprendia-mo che è in gioco la salute, macomprendiamo anche — con-cludono i presuli — che la salu-te non può essere raggiuntascartando un altro essere uma-no», favorendo un debole con-tro un altro ancora più debole.

nell’anno trascorso, anche duranteil tempo di pandemia, è stato l’im-pegno del Consiglio canadese delleChiese in favore della pace nelladenuncia di ogni forma di violenza;da questo punto di vista esemplareè la lettera, inviata il 9 luglio scorsoal ministro degli esteri del Canada,François-Philippe Champagne, daparte della commissione giustizia epace per sollecitare, ancora una vol-ta, il governo a firmare il trattatodelle Nazioni Uniti per la proibi-zione delle armi nucleari; questo at-to sarebbe un gesto concreto per lapace in un anno nel quale la me-moria del 75° anniversario di Hiro-shima e Nagasaki rappresenta«un’opportunità per la comunitàglobale delle voci cristiane per par-lare insieme chiedendo l’ab olizionedelle armi nucleari».

La pluralità di iniziative del Ca-nadian Council of Churches, moltedelle quali rivolte non solo alleChiese, ma soprattutto alla societàcanadese, con un’attenzione parti-colare a un ulteriore sviluppo deldialogo interreligioso per la giusti-zia e per la pace, non hanno messoin secondo piano lo scopo per ilquale è stato fondato l’o rg a n i s m oecumenico. Come ha ricordato il re-verendo Kendall, proprio la cele-brazione del 75° della fondazione èstata l’occasione per guardare oltrei tanti risultati del dialogo ecumeni-co in Canada; i 25 membri del Ca-nadian Council of Churches, delquale fa parte anche la Conferenzadei vescovi cattolici del Canada, sisono interrogati su come il Consi-glio possa contribuire a sostenere ilcammino ecumenico, aiutando tuttii cristiani a proseguire nella sceltadi superare le divisioni per renderepiù efficace la testimonianza cristia-na. Si tratta, in sostanza, di offrire«una riflessione forte, teologica-mente guidata, e un’azione comu-ne» con le quali poter rinnovare lagioia di rispondere, tutti insieme,all’appello di Cristo all’unità e allapace per agire insieme nell’a m o re .

†Il Cavaliere Supremo Prof. Carl A. An-derson, il Direttore Arch. Enrico PietroDemajo e tutti i dipendenti dei Cavalieridi Colombo partecipano al grande doloredell’amico fraterno Dott. Pietro Zander edella sua famiglia per la scomparsadell’adorata mamma

FRANCESCA

Roma, 21 luglio 2020

Page 8: L’Unione europea trova l’a c c o rd o sul Recovery fund la crisi … · 2020. 7. 21. · All’alba, al termine di un negoziato a Bruxelles durato quattro giorni e quattro notti,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 22 luglio 2020

Visita a sorpresa di Francesco ai piccoli ospiti dell’«Estate ragazzi in Vaticano»

Da solinon ci si diverte

di NICOLA GORI

«L e persone che soltantosanno divertirsi da solesono egoiste, per divertir-

si bisogna essere insieme, con gliamici». Con queste parole PapaFrancesco si è rivolto a un centinaiodi ragazzine e ragazzini che frequen-tano l’iniziativa «Estate ragazzi inVaticano». Il dialogo è avvenuto lu-nedì mattina, 20 luglio, quando ilPontefice è giunto a sorpresanell’Aula Paolo VI, dove i piccoli sta-vano facendo colazione prima di de-dicarsi ai giochi, alle avventure e al-lo sport. Lo ha riferito il direttoredella Sala stampa della Santa Sede,Matteo Bruni, il quale ha spiegatoche «dopo essere passato per i tavo-li, il Papa ha visitato gli spazi per i giochi allestiti nell’aula e si è intrat-

zi». Garozzo ha raccontato che unabambina aveva la curiosità di saperecosa facesse il Papa durante il giornoe «lui ha risposto che è un prete e faquello che fanno tutti i preti».Un’altra ha parlato del proprio non-no defunto e ha chiesto al Ponteficese il Paradiso fosse come glielo ave-vano descritto: un luogo bello, felicee tranquillo. Il vescovo di Roma l’harassicurata benedicendo una collanache le ricordava l’amato nonnino.

Non poteva esserci miglior epilo-go per questo centro estivo che stavolgendo al termine. Tra tuffi in pi-scina, tornei di calcetto, tennis, pal-lacanestro e ping-pong, ma anche vi-site guidate nei Giardini vaticani, ibambini e i ragazzi hanno potutoanche imparare e formarsi nello spi-rito di don Bosco. L’iniziativa, infat-ti, è stata animata dai salesiani insie-

Come avete vissuto la visita inaspettatadi Papa Francesco?

È stata una grande sorpresa pernoi. Io non ero nell’Aula Paolo VI,ma sono stato avvisato dell’arrivodel Papa e quindi sono tornato in-dietro. Lui era uscito da solo da Ca-sa Santa Marta e si è diretto all’Aulaper salutare i ragazzi che stavano fi-nendo la colazione. È passato tra itavoli, prima si è intrattenuto con ipiù piccolini, poi con quelli delleelementari e delle medie. Si è inte-ressato su cosa fanno, come passanola giornata, ha chiesto loro se eranocontenti.

Possiamo immaginare lo stupore deira g a z z i . . .

Sono rimasti strabiliati tanto darestare completamente in silenzio.Poi, dopo il giro, siamo scesi all’Au-la Paolo VI, abbiamo fatto quelloche facciamo tutte le mattine, nonabbiamo sconvolto gli orari. Lo stes-so Papa ha voluto che fosse così. Intre gli hanno posto delle domandeche avevamo formulato la scorsa set-timana, perché era nostra intenzionescrivergli. Lui ha risposto in modomolto semplice. Infine, ci ha rivoltoun saluto generale e poi ha ringra-ziato calorosamente i 22 animatori.Ci siamo fatti anche una foto tuttiinsieme. A piedi il Pontefice è poiritornato a Santa Marta. I bambinisono rimasti colpiti dalla familiarità,dalla semplicità e dalla paternità delPapa che ha voluto vivere questomomento.

Quanti hanno partecipato all’«Estateragazzi in Vaticano»?

Hanno frequentato l’iniziativaqualche centinaio tra ragazzi e ra-gazze, coinvolgendo circa 140 fami-glie. Ogni settimana vi sono stati 125piccoli. Alcuni dei quali hanno fattouna sola settimana, i più due setti-mane, un certo numero ne farannotre. Alcuni parteciperanno per l’inte-ro mese di luglio intervenendo a tut-te le quattro settimane di program-mazione. Per quanto riguarda le pro-venienze posso dire che vengono daivari luoghi in cui vivono i loro geni-tori che lavorano in Vaticano.

Quali sono stati gli obiettivi dell’inizia-tiva?

L’obiettivo primario è stato quellodi far scoprire ai ragazzi la bellezzadello stare insieme, del giocare, madel “giocare in gruppo anche a unmetro di distanza”, del condividerepassioni, emozioni e sorrisi. Il mes-saggio che vorremmo fosse passato èche la Chiesa, da sempre, non chiu-

de e non abbandona i ragazzi a séstessi soprattutto in questa fase stori-ca. La Chiesa, con la passione edu-cativa che la caratterizza, non vuolevenire meno al proprio e tipico im-pegno nella crescita e nella forma-zione delle nuove generazioni, so-prattutto in questo momento dove lacura dei ragazzi e adolescenti nonpuò rimanere solo a carico delle fa-miglie.

Quanto dell’insegnamento di san Gio-vanni Bosco si ritrova nello schemaeducativo?

Don Bosco è stato un sognatore enoi siamo dunque figli di un sogna-tore. Ci siamo dati alcune linee, frut-to dello sforzo di un’équipe di so-gnatori e di persone appassionateall’educazione, che in filigrana han-no tenuto presente il sistema preven-tivo del nostro fondatore. Se il Papaci sprona a sognare in grande e allagrande, noi non ci siamo tirati indie-tro. Per cui pur essendo sì un tempodi vacanza, tuttavia i ragazzi hannoavuto un’offerta di attività coinvol-genti e intense. Grande ritmo e fre-schezza, per stare al passo dell’ani-mo dei più piccoli, sempre curiosi epieni di energia! Così il “cortile” didon Bosco diventa il gioco, ma nelgiocare, si provano nuove regole enuove dinamiche. Non perdendomai l’idea di gioco e la voglia di gio-care. Da ultimo un’attenzione allestrutture e agli ambienti. Anchel’ambiente educa i ragazzi quindi c’èstata una cura nel rendere accoglien-te e colorata ciascuna area utilizzata.

Quale tema ha ispirato questa esperien-za estiva?

Il tema scelto per quest’anno èstato «Felicità e Beatitudini». È sta-to individuato un percorso educativopedagogico che poggia su una storiaavvincente ambientata nel mondodello sport per parlare dell’imp or-tanza della vera felicità come obietti-vo e stile della vita di ciascuno adogni età. La felicità non la si compraal supermercato o su internet, ma lasi conquista e quando la si raggiun-ge dà gioia. Ed ecco che entra ingioco lo sport che vuol dire impe-gno, fatica, costanza, gestione dellesconfitte e condivisione con gli altricomponenti della squadra di tuttiquesti aspetti. Lo sport richiede l’im-pegno del singolo e il supporto ditutta la squadra per ottenere una vit-toria e quando arriva la sconfitta lasi affronta tutti insieme e non da so-li. Ogni giorno per vivere “Una vitada campione”. Il collegamento felici-tà e beatitudini nasce da quandoGesù di Nazareth usò otto frasi cheiniziavano tutte con “Beati”. Il mes-saggio era semplice: siate sereni, nonabbiate paura, perché io sono al vo-stro fianco anche quando tutto sem-bra perduto. Siate felici perché iosono al vostro fianco.

Quanto ha influito l’epidemia da co-vid-19 nello svolgimento?

Certamente ha richiesto particolariattenzioni. Abbiamo lavorato, e stia-mo lavorando, per implementare tut-te quelle che sono le attuali indica-zioni delle linee guida dello Stato.L’obiettivo è mettere in campo azio-ni volte a garantire la sicurezza deiragazzi e dello staff. Dispositivi disicurezza, distanziamento, misurazio-ne della temperatura, mascherine,gel igienizzante, sanificazione degliambienti e delle attrezzature, unita-mente alla formazione degli anima-tori, e alla sensibilizzazione dei ra-gazzi. Nonostante tutto e consci de-gli ostacoli che avremmo dovuto ine-vitabilmente affrontare, queste atten-zioni hanno permesso fino ad ora, epermetteranno, di gestire le varie fasidell’estate ragazzi in sicurezza.

Prosegue l’asta solidale We Run Together sostenuta dal Papa

Quando lo sportè sorriso e incontro

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Suore brigidine

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tenuto con i partecipanti», facendorientro a Casa Santa Marta alle ore10, non senza aver ringraziato “indi-vidualmente” gli operatori per il lorol a v o ro .

Un animatore presente all’incon-tro, Sergio Garozzo, ha sottolineatodi aver visto Francesco “molto con-tento”. «Si è complimentato con iragazzi — ha detto — per l’ottimo la-voro, per i risultati che stiamo otte-nendo, per la felicità dei bambini eperché ha sentito che tutti parlanobene di questa esperienza tant’è chesta pensando di riproporla nel tem-po. Li ha spronati poi a fare sempremeglio». I ragazzi hanno accolto ilPapa con musica, balli e il canto del-le strofe scelte per l’«Estate ragaz-

me all’associazione Tutto in una fe-sta. Promossa dal Governatoratodello Stato della Città del Vaticanoha coinvolto qualche centinaio di ra-gazzi e ragazze che ogni settimana,dal 6 luglio, sono stati accolti all’in-terno delle mura leonine per diver-tirsi, imparare e giocare in tutta sicu-rezza, nonostante l’epidemia da co-vid-19. Ne parla in questa intervistaa «L’Osservatore Romano», riviven-do i momenti di stupore e gratitudi-ne per la visita del Papa, don FrancoFontana, coordinatore dell’evento,superiore della comunità salesiana inVaticano e cappellano della Direzio-ne dei servizi di sicurezza e di prote-zione civile e dei Musei vaticani.

Quando l’amore verso i genitori e i figli è animatoe purificato dall’amore del Signore, allora diventa

pienamente fecondo e produce frutti di benenella #famiglia stessa e molto al di là di essa

(@Pontifex_it, 21 luglio)

di GI A M PA O L O MAT T E I

Dev’essere davvero speciale ilsorriso di Sara Vargetto seanche Papa Francesco, ap-

pena l’ha vista il 20 maggio scorso,le ha dato l’“incarico” non solo diessere la “mascotte” di AthleticaVaticana ma anche di portare gioiaa tutti, proprio con quel sorriso.Con una particolarità: Sara ha 12anni e una malattia autoimmuneche le crea serissimi problemi acamminare. Ma a scoraggiarsi e achiudersi in casa non ci pensa pro-prio. E neppure a perdere il sorri-so. E così sfreccia, con la sua sediaa rotelle, sulle strade di ogni possi-bile gara podistica — a spingerla, aturno, sono decine di donne e uo-mini che condividono la “culturadel sorriso” — e sui parquet delcampionato italiano giovanile dibasket in carrozzina.

Per questo suo stile di vita SaraVargetto non poteva proprio man-

utilizzato per l’oro a Rio de Janei-ro nel 2016. E dall’Olimpiade bra-siliana arrivano anche le scarpe uf-ficiali di rappresentanza della na-zionale italiana, indossate nella ce-rimonia di apertura e autografatedal canottiere Matteo Lodo che inquella edizione vinse la medagliadi bronzo. Ottenne, invece, l’a rg e n -to nel judo Odette Giuffrida cheha messo a disposizione il propriojudogi autografato.

Andrea Minguzzi, oro nella lottaai giochi olimpici di Pechino nel2008, ha donato il suo storico bo-dy da gara autografato. E di gran-de valore sono i karategi con le fir-me dei più volte campioni delmondo di karate Stefano Maniscal-co e Luigi Busà. Mentre il canot-tiere Samuele Burgo ha donato gliocchiali da gara e lo zainetto utiliz-zati nel 2019 per la qualificazioneolimpica e per i campionati delmondo.

care tra i protagonistidell’asta solidale We RunTogether (www.chari-t y s t a r s / We R u nTo g e t h e r ) ,sostenuta da Papa Fran-cesco (anche con alcunioggetti personali) a favo-re del personale degliospedali di Bergamo eBrescia. Oltretutto, ap-punto, c’era anche Sara,il 20 maggio, quando ilPontefice, nella sua Bi-blioteca privata, ha lan-ciato il progetto facendoriferimento direttamenteproprio a lei nel suo di-scorso.

E proprio Sara testi-monia che con l’asta WeRun Together, iniziata l’8giugno, non si stanno so-lo raccogliendo fondi (almomento circa 85.000euro), ma si sta anchesuggerendo la possibilitàdi “r i p a r t i re ” attraversol’essenza dello sport cheè inclusione, rispetto, so-lidarietà. Lo stanno testi-moniando insieme cam-pioni olimpici e atleticon disabilità, “tutti conla stessa dignità” come ha afferma-to il Papa.

E intanto nel settimo e penulti-mo lotto dell’asta — da mercoledì22 a venerdì 31 luglio — scende incampo per We Run Together ilComitato olimpico internazionaleche ha messo a disposizione la me-daglia commemorativa per i 125 an-ni, con una lettera di adesione delsegretario generale Christophe DeKepper. Inoltre, nella prospettivadella “cultura dell’i n c o n t ro ” soste-nuta da Papa Francesco, sarà possi-bile condividere un fine settimana,anche di allenamenti, nel CentroSportivo delle Fiamme Gialle aPredazzo con i campioni, tra cuiDorothea Wierer, e i tecnici dellosci nordico. Mentre Roberto DiDonna, campione olimpionico ditiro ad Atlanta 1996, preparerà unacena dopo una sessione di allena-mento nel poligono della sua Vero-na e donerà la propria magliettaolimpica autografata.

Sempre di Olimpiadi si parlacon Niccolò Campriani che di titoliai giochi ne ha vinti ben tre: da luiil guanto per sostenere la carabina

Infine, a “s o s t e n e re ” Sara Varget-to — che dona la sua canottiera delteam Giovani & Tenaci del campio-nato nazionale giovanile in carroz-zina — ci sono tre atleti del basketparalimpico: Chiara Coltri e GiulioMaria Papi con le magliette dellanazionale italiana indossate agliEuropei del 2015. E il capitano del-la nazionale, Simone De Maggi,che ha messo a disposizione la ca-nottiera, autografata, dello storicoteam cestistico di Cantù.

Intanto fino a venerdì 24 lugliosono online anche i protagonistidell’atletica internazionale: Seba-stian Coe, Blanka Vlašić, MaryKeitany, Katerina Stefanidi, SandiMorris, Noah Lyles, Thiago Brazda Silva, Stefano Baldini, FabrizioDonato, Antonella Palmisano, Da-vide Re, Larissa Iapichino, donVincenzo Puccio e Oney Tapia.

I media vaticani continuano adaccompagnare l’asta We Run Toge-ther, che andrà avanti fino all’8agosto, con servizi e intervisteesclusive agli atleti. Per informazio-ni: www.athleticavaticana.org.

Due bande bianche sul capo a formare una croce, uni-ta da una fascia circolare con cinque fiamme a ricorda-re le piaghe di Cristo. Le suore brigidine celebrano laloro fondatrice. Quest’anno in una forma più semplice.Il 23 luglio la Chiesa fa memoria di santa Brigida. Enell’anniversario del “pio transito” avvenuto nel 1373, lacelebrazione eucaristica sarà presieduta nella chiesa alei dedicata a Roma a Piazza Farnese dal prefetto dellaCongregazione per l’evangelizzazione dei popoli, car-dinale Luis Antonio Tagle. Il carisma dell’ordine delSantissimo Salvatore di santa Brigida irrora, con 700religiose in 50 case, tre continenti: America, Asia edEuropa. L’attività contemplativa è accompagnata da unapostolato internazionale di accoglienza con un ricerca-to respiro ecumenico e nella preghiera incessante perl’unità dei cristiani.

La spiritualità di santa Brigida, compatrona d’E u ro -pa, vive nell’eredità del segno lasciato da santa madreM. Elisabetta Hesselblad, luterana svedese convertitasi

alla fede cattolica in America il 15 agosto 1902 e cano-nizzata da Papa Francesco, durante il Giubileo straor-dinario della misericordia, il 5 giugno 2016.

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