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    Latina 3 (2009)

    Editoriale

    Associazione Culturale Signainferre

    C on il terzo numero di Latina (il quarto in realt` a considerando il numero zero introduttivo) tentiamodi dare un valore monograco alla nostra antologia darticoli pubblicati nel corso di questi lunghisette anni di SignaInferre: ovviamente non sara cos per tutti i prossimi numeri, ma per noi sar` a impor-tante valutare limpatto che avr` a il testo rivolto principalmente agli attenti lettori del sito.Quale migliore occasione quindi per redigere un numero dedicato alla creazione della societ` a mediter-ranea occidentale, quella societ` a costruita sulle due grandi forze politiche, istituzionali e sociali quali lecitta-stato greche e R oma , una societ a che e arrivata no ai nostri giorni e continuer` a ancora per moltotempo.Lanalisi di chi ha scritto i testi si e sviluppata quindi sulla ricerca degli anelli di congiunzione chehanno permesso nei secoli la fusione ideale tra due civilt` a, quella ellenica e quella romana che nironoper dominare incontrastate la scena mediterranea (ed oltre) assorbendo lun laltra i caratteri miglioridellantagonista, facendoli propri e migliorandoli.Giovanni Costa con il suo testo Atene, citt` a che osa - Le Vespe di Aristofane ci propone un viaggio nellacapitale attica in uno dei momenti culminanti per la discussione politica nellAgor` a dovuta al protrarsidella Guerra del Peloponneso contro Sparta sul nire del V secolo che mise a dura prova la democraziaateniese e le sue istituzioni elettive attraverso una rilettura che Aristofane dedic` o allavvenimento del 422a.C. con lopera Le Vespe.Enrico Pantalone analizza come nacque e come si svilupp` o la piu grande civilt`a occidentale, in Grecia epoi a R oma attraverso limpatto dei pensatori e dei loso e limpostazione istituzionale dei territori conla loro naturale evoluzione nelle diverse forme di governo no allassunzione universalistica del principatoromano, senza peraltro trascurare limportante aspetto religioso che appare costruito perfettamente perconsolidare quello civile e dominare la societ`a pur modicando la losoa con cui si presentava nei secoli.Bianca Misitano ci conduce alla comprensione delle prime importanti forme istituzionali della societ` aromana seguendo levoluzione del Senato, elemento davvero unico nel panorama delle civilt` a del bronzoe del ferro, assise dove si deliberava sul bene per la citt` a di R oma in confronti spesso tesi e duri maimportanti visto i risvolti sociali che le decisioni avevano quasi nei secoli doro repubblicani.Inne per la consueta sezione dedicata al teatro ed al cinema e sempre per restare nellambito delletematiche espresse da questo numero monograco saranno analizzati i due drammi teatrali di HenrikIbsen basati sui drammatici risvolti socio-politici che i protagonisti degli stessi vivono nel testo: Catilina,Cesare e Galileo.A noi e sembrato veramente un numero interessante e completo, ora aspettiamo la Vostra risposta spe-rando sia entusiastica come nelle precedenti occasioni.

    Un sentito ringraziamento va a tutti coloro che hanno attivamente partecipato alla stesura ed allariuscita di questo numero di Latina, LAntologia di SignaInferre (in stretto ordine alfabetico):Giovanni Costa (per larticolo)Luciano Demasi (per limpaginazione)Bianca Misitano (per larticolo)Roberto Narducci (per limpaginazione)Massimiliano Pallotta (per limpaginazione in rete)Enrico Pantalone (per larticolo)

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    Atene citt che osa.Le vespe di Aristofane.

    Giovanni Costa

    (Thuc., I, 70, 3)

    (Ancora, loro (gli Ateniesi) audaci oltre le loro proprie forze, sdavano il pericolo senza riettere e sonoottimisti nelle situazioni gravi;)

    Indice

    I Aristofane 1

    II Largomento de le VESPE 4

    IIII tempi e gli uomini 6A I tempi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6B Cleone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7C Lachete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

    IV La commedia 10A Lattacco a Cleone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10B Le ragioni dellattacco a Cleone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

    I. Aristofane

    N ella primavera del 427 a.C., Aristofane present ufficialmente la sua prima commedia che ottenneil secondo premio. Lanno seguente, egli, nella commedia i BABILONESI, mostr come gli Ateniesiamministrassero i loro alleati; . (Aristof.ACAR 642) (avendo persino insegnato come si amministrino, democraticamente, i paesi alleati ); questacommedia, presentata durante le feste di Bacco del 426 a.C. (mese di Marzo), suscit un grande odiodei cittadini. Infatti, in quella stagione erano presenti ad Atene molti dei suoi alleati ed essi, anche,sedevano in teatro alla rappresentazione della commedia; la miserrima sorte che era toccata agli abitantidi Mitilene (Thuc. III, 50), nel 427 a.C., faceva s che fosse difficile credere che il comico solamentegiocasse e che non avesse mescolato bile al suo brio. Per la qual ragione il poeta apparve essere andatoal di l della licenza Bacchica ed il preposto che aveva presentato col suo nome la commedia, Callistratofu accusato di a . Infatti, nel teatro comico attico, nessuna legge vietava dideridere gli uomini o, anche, i potenti, ma non si tollerava che venisse deriso il popolo (Vecchio Oligarca, COST. ATEN. II, 18) (Non permettono di deridere il popolo o di parlarne male ,).

    Non sappiamo se Callistrato sia stato condannato o meno; sicuramente egli promise che, dopo ci,

    non avrebbe pi fatto niente di simile. Invero, mentre il comico scriveva una nuova commedia, aveva Giovanni Costa V. Tigor, 14 34124 Trieste e-mail: [email protected] Cf. Aristofane, ACAR. 377-382, 501 - 508, 630-642.

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    insso nella memoria il ricordo di tale misfatto; ragione per cui; , , (Aristof. ACAR, 630s)

    (calunniato, per, dai nemici, tra gli Ateniesi precipitosi nelle deliberazioni, di deridere la citt e di ingiuriare il popolo.).

    Ma, una volta che la commedia ACARNESI ebbe ottenuto il primo premio, accolta con un grandeplauso, Aristofane decise di attenersi alla promessa che aveva fatto a Callistrato;

    , . (Aristof. ACAR., 300s) (ti odio ancor pi di Cleone

    e farei di te suole delle scarpe per i cavalieri .). Infatti, egli present col suo nome la commedia iCAVALIERIb nella quale presentava ad essere deriso quelluomo che, poco prima, a Pilo, grazie aduna sorte molto favorevole, era riuscito a mantenere la promessa fatta, contro ragione, al popolo, diconquistare Sfacteria entro venti giornic . Sotto lombra di un servo turpe e doloso si attaccava Cleone;la vittoria, per mezzo della quale egli era diventato illustred , viene attribuita al cieco caso od alla suafallacia;

    . .. , ;. ;

    , .

    . . (Aristof. CAV., 741ss)

    (PAFL. Sono un benemerito del popolo! SALS. Dimmi, facendo cosa? PAFL. Cosa? Facendo lo sgambetto ai generali da Pilo, sbarcato laggi portai prigionieri gli Spartani SALS. Io, invece, andando a zonzo, rubai da una bottega la pignatta che un altro aveva messo sul fuoco.).

    Diceva poi che Cleone non brillava per nessuna altra arte se non quella di gridare, di mentire e dirubare. La commedia non aveva molti fatti pieni di cose apertamente probe, n il poeta, tra i litigidelle diverse fazioni, aveva trovato spazio per i giochi innocenti, quale era stato, ne gli ACARNESI quelfestivo episodio di Diceopoli che vede Euripide. Tuttavia, la conclusione dei CAVALIERI, richiama allamemoria quella lotta di mendicanti di cui leggiamo nellODISSEA (Om. OD. XVIII) ; infatti, come Iroviene gettato in un angolo della casa, la porta esterna,

    , (Om. OD. XVIII, 105)(Sta seduto sopra qui a scacciare i porci ed i cani,), cos, ne i CAVALIERI, Paagone (Cleone) veniva

    gettato fuori a stare, da allora in poi, colla feccia della citt (Aristof. CAV. 1398ss). Ma luomo che, nellacommedia di Aristofane teneva la parte principale, Agoracrito il salsicciaio, distava moltissimo dalluomocantato da Omero, al quale, sotto la ne arte del poeta, veniva ridato il vigore giovanile, n questa guraaveva alcunch che colpisse lanimo degli spettatori o che suscitasse il riso. Tuttavia, queste ragioni nonfurono di impedimento che la commedia i CAVALIERI riportasse, alle Lenee del 424 a. C., il primopremio.

    Ma, subito Cleone ed i suoi amici passarono al contrattacco. Non si conosce esattamente cosa siaavvenuto, siamo nelle tenebre. Certamente Aristofane stesso scrive;

    , , , , , , . (Aristof. VESPE, 1284ss).

    (Certi dicevano che sono sceso a patti, quando Cleone pass al contrattacco, con la famosa strigliata.Che brutto scherzo! Mentre mi spellava, fuori ridevano a vedermi gettare urla.Di me, se ne inschiavano; volevano vedere se in mezzo ai tormenti sparavo uno sberle ff o, anche piccolo! ).

    b Alle Leenesi, ossia Febbraio, 424 a.C.c Thuc. IV, 3-38d La conquista di Pilo e di Sfacteria, nel 425 a.C., Thuc., IV, 3-38.

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    II. Largomento de le VESPE

    Non c da meravigliarsi che questi uomini che vinsero in quella grande lotta che furono le guerrepersiane, siano stati ritenuti degli eroi; dunque, le loro imprese sono state celebrate pubblicamente, adesempio da Eschilo ne i PERSIANI.

    Le cose grandi diventate piccole generano un senso del ridicolo, cos, certamente, nessuno fu piesperto nellarte dellirridere che questo poeta che presenta questi uomini, gloriosi veterani, che, altermine della loro vita, si sono mutati in persone di valore minimo; n il comico lancia con ingiuriaquesta nuova commedia, se non, copertamente, verso Cleone, essa non si eleva al di sopra della vitaquotidiana, tuttavia ha un qualche spessore;

    , (Aristof. VESPE, 64)(Ma abbiamo un racconto che ha il suo signicato,). Si tratter di un argomento che non futile e cheha dentro di s molto di pi di quanto si veda dal di fuori.

    Apparentemente, da come dichiara il poeta, non si vuole attaccare Cleone; ,

    . (Aristof. VESPE, 62s)(n, se Cleone brilla grazie ad un colpo di fortuna, ne faremo di nuovo un pesto.), in realt, per allusioni,qui sia si attacca, sia si critica quasi tutta la condotta Ateniese della lunga guerra del Pelopponeso(431404 a. C.).

    Questo attacco reso tanto pi stridente dal confronto tra il comportamento glorioso, in giovent,degli altri giudici, colleghi di Cleone e quello, assolutamente inglorioso, tenuto da questultimo. Dalsostantivo derivano, eff ettivamente, i due nomi di e di , (Filocleone oamico di Cleone e Bdelicleone o Schifa Cleone); , anche, vero che da questa stessa radice derivanoanche altri nomi di personaggi spesso trattati da Aristofane, come Cleonimo e Cleofonte; tuttavia, sicomprende chiaramente che ora si sta deridendo proprio Cleone. Dunque Santia, il servo che aff erma non ne faremo di nuovo un pesto, non svela la vera intenzione del poeta ma, giocosamente, ingannagli spettatori; nella commedia vengono, in realt, proposti al disprezzo Cleone e la sua amministrazione,soprattutto della guerra in corso. Siamo nel 422 a. C., in piena guerra del Pelopponeso, nel momento dimassima gloria del demagogo Cleone che morir di l a poco presso Anpoli nella tarda estate del 422 a.C. (Thuc. V, 10, 9, per il periodo V, 12, 1).

    Veramente, ben presto appare essere cos, infatti, se Cleone non viene nominato se non una volta edi passaggio, egli viene deriso nella persona delluomo che si presenta come suo ammiratore e seguace.

    Alcuni studiosi aff

    ermano che si deride il fatto che Cleone aveva portato il salario per la partecipazioneai tribunali, decretato da Pericle (Arist. COST. ATEN. XXVII, 4) a tre oboli (Arist. COST: ATEN:LXII, 2) e;

    , , . . . . (Aristof. CAV. 255s)

    (Vecchi eliasti, compagni di triobolo, che io mantengo. . . ) .Come vedremo, non questa la ragione, il salario dei giudici consentiva al popolo di partecipare ai

    tribunali, questi, in Atene, erano numerosi, 10 tribunali, ognuno competente per un tipo specico dicause; i giudici erano molto numerosi,600 giudici per tribunale, il che porta a6 .000 giudici in totale, unaparte considerevole della popolazione maschile dellAtene di allora. Se4 non vi fosse stato il triobolo acompensare il lavoro dei giudici, sarebbe venuto meno il principio della democrazia , . (Arist. COST. ATEN. XLI, 2)f (tutto si decide mediante decreti e tribunali in cui il popolo predomina .). Contrariamente a quanto, comunemente,si ritiene non questo che Aristofane vuole deridere, egli vuole, bens, mettere in guardia gli Ateniesi perla loro audacia e per quella dei demagoghi. Anche queste parole del servo Santia ci svelano lintento dellacommedia; ; (Aristof. VESPE, 61) (n Euripide, ingiuriatoancora una volta ), sospettiamo, quindi, che analogamente a quanto avviene per Cleone, Aristofane nonsi asterr neppure dal deridere Euripide. Invero, il nale della commedia che ci ricorda il nale de ilCICLOPE di Euripide, ci mostra che i fatti sono cos; questa imitazione si riscontra nei fatti stessiche avvengono. Infatti, il mantello di lana che il glio dona a Filocleone (VESPE, 1131 ss), una voltaindossato, fa molto buff amente assomigliare il protagonista al ciclope Polifemo di Euripide. Inoltre, ilnale della commedia ci presenta Filocleone che, avendo ben bevuto, aff erma di essere intenzionato adivorare alcuni piccoli uomini come se fossero dei granchi (VESPE, 1502ss), nello stesso modo in cui,

    f La cifra di 6 .000 giudici attestata da Aristotele, COST. ATEN. XXIV, 3. Da Aristofane, VESPE, 654ss, apprendiamoche il reddito totale di Atene, al tempo, ammontava a circa 2 .000 talenti allanno, mentre il salario dei 6 .000 giudici costava150 talenti ( 6 .000 giudici volte 3 oboli d 18 .000 oboli al giorno ovvero 3 .000 dracme e, volte, 300 , i giorni di lavoro annuali,d 5 .400 .000 oboli allanno, ovvero 900 .000 dracme o 150 talenti). La cifra di 2 .000 talenti annui per il reddito di Atene diversa, ma non poi tanto, da quella di 1 .000 riportata da Senofonte, ANAB. VII, 1, 27.

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    alla ne del dramma di Euripide, il Ciclope, ebrio ed accecato, cerca inutilmente di ghermire i compagnidi Ulisse che fuggono per le rocce.

    Tuttavia, in questi passi, viene attaccato molto pi aspramente il governo di Cleone. Infatti, se ilsuo grandissimo ammiratore sostiene la parte di Polifemo, il modo dagire di Cleone al governo dAtene,ricorda quellantica barbarie dei Ciclopi; , (Om., OD.IX, 112) (Essi non hanno assemblee per consigliarsi, n leggi,), ove nessuno conosce o si cura delle leggie, quindi, del lecito. Il Ciclope non conosceva diritto divino e religione, non rispettava gli ospiti protetti

    da Zeus (Om., OD., IX, 269ss).Aristofane, per presentare cosa mai fosse Cleone, introduce in scena il suo do seguace, dopo di cigli spettatori chiameranno Cleone signore dei Ciclopi:

    La commedia piacque ed ottenne, alle Lenee del 422 a, C., il secondo posto.Pochi mesi dopo, Cleone periva lontano dalla patria; una volta morto, subito, come avviene, la sua

    memoria prese a svanire dalla mente del popolo; un altro demagogo prese a regnare ad Atene ed adattirare su di s i dardi del comico. Dopo Cleone venne Iperbolo, una volta mandato in esilio venne ilturno di Cleofonte, attaccato da Aristofane ne le RANE.

    Nella parabasi de la PACE, presentata pochi mesi dopo la morte di Cleone, il poeta si loda, egli nonprende in giro n la povera gente n le donne, ma;

    , ,. . . . . . . . . . . . . . . . . . ,

    . . (Aristof., PACE, 754ss)

    (Primo di tutti me la sono presa con la Belva in persona, dai cui occhi tremendi dardeggiavano lampi,. . . . . . . . . . . . . . . . . .Non ho tremato, a vedere un mostro simile; gli ho sempre tenuto testa, battendomi per voi e per le altreisole. Mi aspetto, per questo, che mi restituiate il favore che dovete, dimostrando una buona memoria.).

    Ormai Cleone era morto, si poteva parlare apertamente di lui come la Belva in persona.Lultima parte de le VESPE non di una specie pi austera, essa ilare, festiva. Mentre il vecchio,

    ubriaco, gira per il palcoscenico, gli Ateniesi, divertiti da un nuovo e ridicolo spettacolo, non si chieseroquanto giusto fosse il nale della commedia. Qui il poeta supera s stesso, infatti, mentre appare portarein scena semplici bazzecole, in realt attacca lavversario con lazzi mordacissimi e lascia un aculeo nella

    mente degli spettatori.Ma cosa voleva realmente attaccare Aristofane? Il sistema giudiziario ed i giudici Ateniesi, forse? mai possibile criticare in massa tutti i reduci di Maratona e di Salamina? No, essi, complessivamentee, ricordiamo, che ad Atene vi erano seimila giudici, si erano coperti di gloria, gloria che veniva loroben riconosciuta. Qui, sotto il nome di Filocleone, si attacca Cleone e tutti i demagoghi come lui.Essi erano troppo audaci, arditi nel gestire la guerra in corso; nel 415 a. C., vi sarebbe stata la secondaspedizione in Sicilia, Atene cio, si sarebbe addossata una seconda, grossa, guerra che si sarebbe conclusacol fallimento; , , , . (Thuc., VI, 1, 1) (Nello stesso inverno gli Ateniesi volevano far vela per la Sicilia una seconda volta, con preparativi superiori a quelli inviati con Lachete ed Eurimedonte e sottometterla, se potevano, ignari i pi della grandezza dellisola e del numero degli abitanti, Greci e barbari e del fatto che stavano per addossarsi una guerra di poco inferiore a quella contro i Peloponnesiaci.)

    Questo il vero motivo, si tendeva ad osare, ad essere troppo audaci ed a non valutare le difficoltdelle intraprese. Questo avrebbe portato alla scontta, questa la ragione dellattacco di Aristofane aCleone ne le VESPE.

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    III. I tempi e gli uomini

    A. I tempi

    Nel 422 a. C., anno in cui fu presentata la commedia le VESPE, siamo in piena guerra del Peloponneso,durata, con un importante periodo di semibelligeranza, dal 431 al 404 a,. C. Questo fu il pi grandesommovimento che sia mai avvenuto fra i Greci e per una parte dei Barbari (vedasi Thuc. I, 1, 2).Questa guerra fu intrapresa con audacia durante il governo di Pericle che, per, la condusse con prudenzae con calcolo. Quando gli Spartani, nella primavera del 431 a. C., invasero lAttica con60 .000 oplitied avanzarono sino al demo di Acarne, dove posero gli accampamenti, persuasi che gli Ateniesi nonlo avrebbero tollerato e, spinti dallira e dallorgoglio, sarebbero usciti a combattere in campo aperto,Pericle non si lasci trascinare ad ingaggiare battaglia con forze superiori (vedasi Plut., PER., 33, 4-6e Thuc., II, 20-22). A lui, come scrive Plutarco, sembr rischioso, essendo in gioco le sorti della cittstessa, dare battaglia a 60 .000 opliti peloponnesiaci e beoti; cerc di calmare le acque, di acquietarequanti, in citt, volevano combattere e mal sopportavano ci che accadeva. Pericle persegu il suo pianopoco badando a quanti protestavano e si agitavano.

    Nel 429 a. C., Pericle mor nella peste di Atene; allora queste tendenze audaci, quanti avevanoprotestato perch egli non aveva osato, direi quasi sino allirrazionale, ebbero il sopravvento. Cos laguerra condotta da Atene prese la caratteristica di; ; (Thuc. I, 70, 3) (Ancora, loro (gli Ateniesi), audaci

    oltre le proprie forze, sdano il pericolo senza riettere e sono ottimisti nelle situazione gravi;).Fra le due grandi rivali, Sparta ed Atene, fu questultima ad impostare piani ispirati a grandiositdiniziative e di progetti, alla capacit di muoversi in uno spazio pi ampio e di condurre guerre adistanza. In un primo momento la nuova strategia sembrava rendere bene. Per il momento le concezionistrategiche grandiose sembrano ancora avere buoni risultati; doveva passare qualche tempo perch lalentezza delladeguamento dei fatti e dei risultati concreti alle impostazioni grandiose gettasse una lucedi sospetto sulle linee strategiche.

    Sarebbe necessario ricordare tutti gli avvenimenti, per i quali si rimanda a Tucidide od a qualchebuon testo di storia Greca. Dopo Pericle, apparvero, sulla scena politica di Atene, i demagoghi, Cleone,Alcibiade, Cleofonte; di Cleone si parler nel paragrafo che segue, descrivendo le sue ardite e spericolateimprese; di parte contraria, propensa alla pace e moderata, vi fu, invece, Nicia. Scrive Plutarco;

    , . , , . (Plut. ALC. 9,1s) (Cos la natura di Alcibiade essendo corsa, impetuosa e

    veemente verso ambedue gli estremi, caus inizi di grandi rivolgimenti politici. Per la qual cosa Nicia,una volta liberatosi di Cleone, non ebbe neppure il tempo di riposarsi a ff atto e di sedare la citt, ma,dopo aver disposto gli a ff ari della citt su di una via che salva, egli cadde, di nuovo spinto alla guerra dalla foga e dalla veemenza dellambizione di Alcibiade.).

    Allora gli Ateniesi vollero far vela verso la Sicilia con grandi preparativi e sottometterla, ignari ipi della grandezza dellisola e del numero degli abitanti, Greci e Barbari, e del fatto che stavano peraddossarsi una guerra di poco inferiore a quella contro gli Spartani (vedasi Thuc., VI, 1, 1).

    Questo della spedizione in Sicilia fu il massimo atto daudacia, era gi in corso una guerra gravosacontro Sparta, citt con forze almeno uguali a quelle di Atene, aprire un altro teatro doperazioni,altrettanto importante ed impegnativo, era, sicuramente, unimpresa azzardata.

    Nicia fu spinto alla guerra contro voglia; egli aveva agito per ricostruire lamicizia tra le due cittnemiche, Atene e Sparta ma, una parte della popolazione Ateniese era audace e bellicosa; invero;

    , (Plut. NICIA, 9, 5) (Trovava i ricchi e pi anziani e la massa dei contadini gi disposti alla pace; poich poi incontrava ed ammaestrava privatamente anche molti degli altri, li rese meno ardenti verso la guerra,). Vediamo, cos, che una partedella popolazione aveva intenzioni tranquille, direi assennate, i ricchi e pi anziani ed i contadini, mauna parte, verosimilmente maggiore, aveva intenzioni bellicose che Nicia riusc, in parte, a smorzare lirese meno ardenti verso la guerra, ma che dovevano fornire ad Alcibiade ampia possibilit di vedereraticati dal popolo i suoi audaci progetti. Aristofane, ne le VESPE ed, anche, in altre sue commedie,attacca questa eccessiva audacia. Morto Pericle, rampollo dellaristocrazia terriera, ed escluso Nicia, sisono aff ermati demagoghi come Cleone che sfruttano, per le loro ambizioni, laudacia e la bellicositdel popolo. Essi, magari, non sono privi di mezzi, ma non sono di estrazione aristocratica, persone chedevono le loro sostanze al lavoro (Cleone possedeva una conceria), prive dellantica educazione, queste

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    sono persone ardite e, andando dietro a loro, Atene giunger alla disfatta, prima a Siracusa, nel 413 a.C., poi, a quella nale, contro gli Spartani ad Egospotami, nel 404 a. C.

    B. Cleone

    Cleone non proveniva dal ceto dei proprietari terrieri, era, bens, proprietario di una conceria; , (Aristof. CAV. 44) (s comprato un conciapelle come servo, il

    Paagone ), del demo Citadene. Venne alla ribalta negli anni 30 del V sec. a. C., per mezzo della suaopposizione a Pericle; ,

    , , , , ; , . (Plut. PER. 33, 8)(E gi si levava ad attaccarlo (Pericle) anche Cleone che, sfruttando il malcontento dei cittadini, si

    apriva la strada alla conquista del popolo Ateniese, come attestano questi versi anapestici di Ermippo;O re dei satiri, perch mai non vuoi prendere lasta, ma soltanto discorsi terribili o ff ri per la guerra

    ed hai in te lanima di un Telete? E se su dura pietra un pugnale si a ffi la, tu batti i denti per la paura,morso dal feroce Cleone.)Come qui specica Plutarco, questo contrasto avvenne perch Cleone voleva una condotta pi audace

    della guerra contro gli Spartani.Dopo la morte dello statista Ateniese, il demagogo Cleone entr in contrasto con Nicia, persona con

    cui i ricchi ed i notabili volevano opporsi alla sua audacia ed impudenza (Plut. NICIA, 2). AncheAristotele ci informa a riguardo, specicando che sembra che egli sia stato il massimo responsabile dellacorruzione popolare ed aff erma che egli fu il primo ad urlare dalla tribuna e ad insultare ed a parlare inpubblico dopo essersi messo un grembiule, mentre gli altri oratori parlavano in modo dignitoso (vedasiArist. COST. AT., XXVIII, 3).

    Nel 427 a. C., lo troviamo al dibattimento in assemblea riguardo a Mitilene; egli aveva fatto trionfarela proposta, poi abrogata dallassemblea, di far uccidere tutti i Mitilenesi che si erano ribellati ad Atene.Cos scrive di lui Tucidide;

    , (Thuc. III, 36, 6) (era il pi violento dei cittadini sotto ogni rispetto e colui che, a quei tempi, meglio riusciva a persuadere il popolo,).

    Nelle trattative di tregua seguenti alloccupazione di Pilo nel 425 a. C., egli il promotore dellassolutoriuto ed ottiene, per mezzo delle sue pretese di capitolazione per Sfacteria e di evacuazione, da partedegli Spartani, di Nisea, Pege, Trezene e dellAcaia, luoghi che essi non avevano conquistato durantequella guerra ma che tenevano dai tempi passati, come pure per mezzo del trasferimento delle trattativeda una commissione speciale ad uneccitata assemblea, la continuazione della guerra (Thuc. IV, 21, 3 e22, 1).

    Per la sua posizione peggior a causa dellarresto delle, ancora continuate, operazioni contro Sfacteriae del deludente rapporto del comando dellesercito a Pilo. Egli, allora, attacc aspramente Nicia, che, almomento, era stratego, in unassemblea e riut di vedere il danno che stava accadendo come osservatoreinviato da popolo. Alludendo a Nicia, che era stratego, Cleone disse, con tono di rimprovero, che, se glistrateghi fossero stati degli uomini, sarebbe stato facile salpare e catturare i soldati dellisola e che eglistesso lavrebbe fatto, se fosse stato capitano. Qui Nicia lo inchiod, gli trasmise il comando, gli ordindi prendere con s le forze che voleva e di iniziare limpresa, perch gli strateghi non si sarebbero opposti.Cleone oppose resistenza nella coscienza della sua inesperienza nellarte militare, per comprese, poichla folla eccitata acconsentiva entusiasta alla proposta, che era necessario dare battaglia colle proprie armie prese il comando della spedizione (vedasi Thuc. IV, 27s e Plut. NICIA, 7). Egli guid loperazione edin meno di venti giorni, come aveva promesso al popolo (Thuc., IV, 28, 4) con grande sconsideratezza,lisola cadde. Tucidide scrive;

    , . (Thuc., IV, 39, 3) (e la promessa di Cleone, per quanto pazza, fu adempiuta, ch, entro

    venti giorni, egli port via gli uomini dallisola, secondo limpegno preso.). Plutarco scrive che Nicia feceun gran torto ad Atene permettere che Cleone acquistasse un tale credito ed inuenza (mediante la sua

    vittoria a Pilo ed a Sfacteria). Egli si lasci trascinare ad un orgoglio insopportabile ed ad unaudaciafortissima, le quali dovevano procurare altri danni alla citt (Vedasi Plut. NICIA, 8, 5). Certo, Tucididescrive, come visto, che la promessa di Cleone era stata pazza, fatta con grande sconsideratezza ed il suo

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    buon successo, per un caso favorevole della sorte, non fece altro che aumentare laudacia del personaggio.Si deve aggiungere che, anche il popolo, non solo si lasciava trascinare, ma era parte attiva dellaudaciadel demagogo, a parte gli ottimati, come era stato Pericle e come era Nicia, tutta la citt si rivela audacee pronta ad osare.

    Nel 424 a. C, egli fu eletto stratego; , , (Aristof. NUV. 581s) (In seguito, quando eleggeste come stratego il Paagone, conciapelli,).Il suo successo sorprendente a Pilo gli dava diritto e lo rese, senza contrasto, il pi eminente uomo politico

    dAtene. Ottenne tutti gli onori decretati ai vincitori ma, prima di tutto, la gestione della guerra controSparta, prese lenergico ed aggressivo carattere cui aspirava Cleone. Seguirono le operazioni controMegara e la Beozia.

    La severa scontta di Delio, nel 424 a. C., ed il crollo dellimpero Ateniese in Tracia furono unsensibile colpo per Cleone; un indubbio insuccesso della direzione della guerra che, nel 423 a. C.venne a capo una tregua. Quando Scione cadde nuovamente nel 423 a. C. e la durevolezza della treguadarmi fu messa in pericolo subito dopo la sua conclusione, egli si fece avanti e stabil, se non anchela ripresa delle ostilit, per, tuttavia, di distruggere Scione nonostante la tregua (vedasi Thuc. IV,122, 6). Senza dubbio i ferventi armamenti degli anni 423/22 a. C. sono il suo ne. Per il 422/21 a.C., egli fu di nuovo nominato stratego e, nellestate del 422 a. C., prese nuovamente il mare. LasciScione da parte, prese, per, Torone (Thuc. V, 2, 1ss), diede lassalto, senza successo, ad Eione ed aStagira, quindi cadde Galepsos. Egli chiam Perdicca in aiuto per una battaglia decisiva contro Brasida,il generale Spartano, che stava presso Anboli ed assold mercenari da quelli di Odomante. Durantequesti preparativi egli saggi il nemico; durante questo tentativo di sciogliere il contatto con lavversarioche era avvenuto contro la sua volont davanti ad Anpoli, tutto il suo esercito fu attaccato in un luogosfavorevole e completamente sbaragliato, Cleone stesso cadde (estate 422 a. C. Thuc. V, 11, 3; ladescrizione delloperazione Thuc. V, 6, 1 ss).

    Cleone fu un rappresentante dellAtene audace, bellicosa, possiamo fare suo il motto io faccio laguerra e nientaltro che la guerra. Giunto in posizione eminente, come ogni politico nellAtene dellademocrazia, per mezzo, semplicemente, dellopposizione e del negare i provvedimenti del governo, deltutto ugualmente perch non si mai soddisfatti dei provvedimenti di questo o perch essi stessi, spesso,sono disordinati, egli, a poco a poco, concentr tutta la sua forza su di ununica direzione, di deciderecolle armi sino allestremo la guerra con Sparta, di impedire ogni pace innanzi tempo e parziale e diabbattere ogni accordo nelle proprie regioni od in quelle degli alleati. Qui si riconduce il suo impedirela pace nel 424 a. C. (avvenimenti di Pilo e di Sfacteria), la brutalit delle sue richieste a Mitilene ed a

    Scione, lenorme spiegamento di forze del 425/24 a. C.Pu essere dinteresse il fatto che egli prese provvedimenti contro la prostituzione maschile; , (Aristof. CAV., 876s) (io che ho sradicato i pederasti,).

    C. Lachete

    Nel 425 a. C., quando Cleone disse che entro venti giorni o avrebbe portato via i Lacedemonida Sfacteria o sarebbe morto sul posto, gli Ateniesi furono mossi al riso; gli aristocratici, invece, ebberopiacere di queste parole, essi, infatti, consideravano che le alternative possibili erano due, o Cleone sarebbemorto e, cos, si sarebbero liberati di lui, o avrebbe sottomesso gli Spartani. Tra questi aristocratici viera anche Lachete, glio di Melanopo (Thuc. III, 86, 1).

    Originario del demo di Essone (Plat. LACH. 197c), egli fu posto al comando della otta di venti naviche, nel 427 a. C. gli Ateniesi inviarono in Sicilia (Thuc. III, 86 e 90), ma egli col non concluse grandiimprese. Venti navi erano, in rapporto alle dimensioni ed alla forza dellisola, una forza estremamenteesigua, ricordiamo che la spedizione contro Siracusa del 415 a. C. contava 136 navi (Thuc. VI, 43). Daqui si deduce, chiaramente, che il comportamento di Lachete, in tale occasione, fu saggio e prudente,poco poteva fare e doveva badare a non essere sbaragliato. Gli Ateniesi cercavano un nuovo dominionella parte occidentale del mare Mediterraneo, un dominio non meno grande di quello che avevano ginellEgeo, forse egli riteneva ci eccessivo, certamente le forze a lui affidate erano troppo esigue, 20triremi. Dopo un anno e mezzo gli fu revocato il comando e gli subentr Pitodoro che, per, non feceniente pi di lui (Thuc. III, 115). Nel 424 a. C. costui, coi colleghi Eurimedonte e Sofocle, pose ne allaspedizione con una pace di nessuna utilit. Tornati ad Atene, essi furono sottoposti a processo, Pitodoroe Sofocle vennero esiliati ed ad Eurimedonte fu comminata una multa. Anche Lachete fu processato, manon riport nessuna pena.

    Nel 423 a. C., egli fu promotore di una tregua di un anno cogli Spartani, disse che essa doveva

    essere di un anno conforme alle clausole concesse dai Lacedemoni e dai loro alleati ed omologate dalpopolo. Nel frattempo ambasciatori ed araldi dovevano intavolare trattative sul modo di porre ne allaguerra e quando gli strateghi ed i pritani avrebbero convocato lassemblea, gli Ateniesi avrebbero dovuto

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    deliberare intorno alle proposte fatte dallambasceria incaricata di porre ne alla guerra (vedasi Thuc.IV, 118, 11 ss). Iniziativa, questa del tutto opposta a quella di Cleone e degli altri demagoghi.

    Si insimula ne le VESPE che egli si fosse arricchito; . (Aristof. VESPE, 240s) (oggi tocca a Lachete; invero tutti dicono che ha unarnia

    piena di denaro.); anche Demostene, settanta anni dopo, insinua qualcosa a suo riguardo; , , (Dem. XXIV,

    Contro Timocrate, 127) (Ma, riguardo a suo padre (Lachete, padre di Melanopo, di cui si parla)non avrei

    da dire niente di cattivo, neppure se io ho da dire molte cose riguardo al furto,), ma sono insinuazioni,non si pu essere certi che esse corrispondano a verit.Nel 421 a. C., dopo la presentazione de le VESPE, avvenuta nel 422 a. C., Lachete fu tra i sotto-

    scrittori della pace collo spartano Pitodoro (Thuc. V, 19) ; egli giur anche, per gli Ateniesi, lalleanzacogli Spartani avvenuta poco dopo (Thuc. V, 24).

    Ormai si era alla ne di una guerra decennale e le citt degli Ateniesi e degli Spartani, che troppo alungo si erano combattute, erano alleate. La pace, per, era labile, i Lacedemoni divennero sospetti agliAteniesi perch in certe questioni non facevano quello che era stato detto secondo i patti. Per quasi setteanni si trattennero dallinvadersi reciprocamente la terra, ma, dallesterno, con una tregua insicura, sidanneggiavano reciprocamente il pi possibile; inne, sciolta per necessit la pace, di nuovo si posero inaperto conitto (vedasi Thuc. V, 25).

    Lachete trov la morte combattendo eroicamente a Mantinea, nel 418 a. C.; Morirono . . . degliAteniesi con gli Egineti duecento ed entrambi gli strateghi. (Thuc. V, 74, 3) ; Thuc. V, 61, 1 ci informache erano strateghi Lachete e Nicostrato.

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    IV. La commedia

    Come quasi tutte le commedie di Aristofane, anche questa a luci rosse, invero, le VESPE lo in maniera particolare; le oscenit, i paragoni e le immagini sconvenienti ed altrimenti impronunciabilinon si contano. Il tutto fa restare stupiti; anche gli antichi Ateniesi si erano accorti di ci, tant; , . (Plut. DE GLORIA ATHEN., 348B) (Delle composizioni grammaticali ritenevano (gli Ateniesi)la commedia cos sconveniente e volgare, che vi era una legge che nessun membrodellAreopago componesse commedie.) Questa la realt de le VESPE, lattacco a Cleone, che avvieneindirettamente e copertamente, presentando il suo ammiratore, Filocleone, come vedremo nel prossimoparagrafo, proprio osceno.

    Chi non gradisse cose grossolane e sconvenienti pu interrompere qui la lettura e passare, magari alparagrafo 4.3.

    A. Lattacco a Cleone

    Lattacco a Cleone dato dallopposizione tra Filocleone, che lo rappresenta, e gli altri giudici;al momento della rappresentazione de le VESPE, infatti, egli siede in Tribunale insieme agli altri aguadagnarsi il modesto compenso dei tre oboli, ma c una grandissima diversit tra quanto lui ha fattoin giovent e quanto hanno fatto gli altri giudici, ora suoi anziani colleghi. Vediamo il coro dei giudici

    vespe; , , ,

    , .

    , , , , ,

    , .

    , ,

    , . ;

    . , ,

    . (Aristof. VESPE, 1071ss)

    (O spettatori, se qualcuno di voi, avendo visto la mia natura, poi si stupisce vedendomi diventato come le vespe e si chiede quale sia lidea del pungiglione, glielo spiegher facilmente, anche se prima non losapeva. Noi, che abbiamo questo coderizzo, siamo, a buon diritto, i soli Attici veramente autoctoni,schiatta valorosissima che tanto giov a questa citt nelle battaglie, quando venne il barbaro, ad accecare

    col fumo ed a distruggere col fuoco tutta quanta la citt, meditando di distruggere a forza i nostri nidi di calabroni. Subito, infatti, corsi fuori di corsa con lancia e con scudo, combattevamo contro di loro,imbevuti di aspra collera, stretti uomo contro contro uomo, mordendoci le labbra per lira. Allora, a causa delle frecce, non si vedeva il cielo. Tuttavia con laiuto divino, verso sera, li respingemmo; prima della battaglia una civetta pass in volo sul nostro esercito. Poi li inseguivamo inlzandoli nelle brache come se fossero tonni ed essi fuggivano, punti sulle gote e sulle ciglia, cosicch dappertutto, presso i barbari,ancor oggi si dice che niente pi valoroso di un vespa Attica.)

    I giudici, dunque, in giovent si sono coperti di gloria; il pungiglione, loro coderizzo, segno che essisono i soli Attici veramente autoctoni, schiatta valorosissima che vinse a Maratona ed a Salamina. LeVESPE, di conseguenza, non possono essere un attacco tanto violento al sistema giudiziario Atenieseed al fatto che gli Ateniesi stessi fossero causidici; esse sono un attacco indiretto allaudacia di Cleone.Vediamo, infatti, che non tutti i giudici sono come appena descritto;

    , , .

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    , , . . (Aristof. VESPE, 1114ss)

    (Ma fra di noi si sono insediati fuchi senza pungiglione, che aspettano il frutto del nostro tributo e se lo mangiano, senza fare fatica; soprattutto questo che ci addolora: che, senza avere fatto il servizio

    militare, si pappi la nostra paga uno che non ha preso, a difesa di questa terra, n remo, n lancia,n vescichette. Ma, in breve, per lavvenire, i cittadini senza il pungiglione non dovrebbero riscuotere,a mio parere, il triobolo.) Dunque, fra i giudici, ve ne sono alcuni privi del pungiglione, simbolo delvalore con cui essi, da giovani, avevano scontto gli invasori persiani alle Termopili, allArtemisio ed aSalamina. Questi si prendono la paga senza aver fatto il servizio militare, questi non hanno preso inmano i simboli del combattere di allora, la lancia ed il remo per vogare sulle trireme e, quindi, non sisono presi le vesciche alle mani causate dallaspra fatica della voga in guerra. Questi non dovrebberoriscuotere il triobolo di giudici

    Tra costoro vi Filocleone, infatti;

    ;

    . , . (Aristof. VESPE, 1197ss)

    (Ma dimmi unaltra cosa; se ti trovassi a bere con degli stranieri, qual limpresa pi valorosa della tua giovinezza che riterresti opportuno raccontare? FIL. La pi valorosa delle mie imprese? Fu quando rubai i pali delle viti ad Ergasione.).

    Ora se si chiede ad un vecchio cosa mai abbia fatto di valoroso da giovane, se questi ha partecipato adavventure, tanto pi se gloriose e stimate da tutti, saranno certamente queste loggetto dei suoi racconti.Egli far, come dire, vedere le medaglie che si guadagnato da giovane. Se, invece, un vecchio ricordacome impresa pi valorosa della sua giovinezza niente altro che aver rubato i pali delle viti, vuol propriodire che non ha fatto niente di meritorio.

    Che Filocleone non avesse fatto alcunch di meritorio, anzi, di risibile, risulta anche da; . ;

    .

    . (Aristof. VESPE, 1186s)(FIL. Ma quali storie devo scontare? SCHIF. Quelle importanti; che fosti teoro insieme con Androcle e Clistere.)

    Quali sono le storie importanti della giovinezza di Filocleone? Che egli tenne lincarico di teoroinsieme con Androcle e con Clistene. Chi mai fossero costoro ci dice chiaramente quale mai fosse statoFilocleone; essi erano quello che con parola attuale si direbbe dei viados; questo ce lo dice, secondo gliSCHOLIA, lo stesso Aritofane, riguardo ad Androcle, ne le ORE, sua commedia andata perduta; riguardoa Clistere abbiamo uguali notizie, ma nelle commedie a noi pervenute e, precisamente, ACARNESI, 118e RANE, 48. Questo , dunque, Filocleone e, indirettamente e copertamente, con lui, Cleone, altro chechi si coperto di gloria per respingere linvasore Persiano, ma uno che, quando succedevano quei fatti,quando cera da mettere a repentaglio la vita, si era imboscato e, per giunta, insieme a due noti viados.

    Ora Filocleone Cleone che, una volta; , , (Aristof. VESPE, 357)

    (Allora ero giovane, per di pi ero in grado di rubare ed ero nel pieno delle mie forze,), ora egli il pisevero di tutti i giudici;

    , ,

    , . (Aristof. VESPE, 277bss) (Eppure egli (Filocleone)era di tutti noi il pi

    aspro ed il solo a non lasciarsi commuovere, ma quando qualcuno lo supplicava, chinando il capo, diceva cos stai cercando di cuocere un sasso .).

    Egli il solo, tra tutti i giudici, a non lasciarsi commuovere, a non avere piet per nessuno, ci inaperto contrasto con quanto ha fatto da giovane. Non solo, ma anche si approtta della sua carica perscopi proprio vergognosi;

    . . (Aristof., VESPE, 577)( possibile, dunque, quando i ragazzi passano la visita, vedere i loro genitali.).

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    La docimasia, o visita, era un esame attraverso il quale i giovani venivano ammessi alla vita dicittadino, con i suoi diritti e doveri, tra i quali il servizio militare; ragione per cui si vericava lintegritsica dei candidati. Qui si deride, quindi, Filocleone di approttarsi della sua carica pubblica persoddisfare suoi istinti vergognosi. Se Filocleone rappresenta Cleone che un aff ermato governante diAtene, possiamo vedere cosa sia uno tiene una carica pubblica, in mano di chi sia nita la citt, capitanatada Cleone;

    , ,

    . , , , , .

    , (Aristof. VESPE, 686ss)(Oltre tutto, ed questa la cosa che pi mimporta, ti muovi ai loro ordini; ti entra in casa il gliodi Cherea, quel ragazzaccio rotto in culo e, cos, postosi a gambe divaricate, muovendosi col corpo e comportandosi da efeminato, ti ingiunge di venire in Tribunale di buonora, puntuale; chi di voi giunger dopo il segnale, non prender i tre oboli. Ma lui la paga di procuratore, una dracma, la prende, anche se giunge in ritardo! ).

    Questo Filocleone e, con lui, Cleone che egli ammira; simili a questo ragazzaccio rotto in culo(sic!) sono molti di coloro che, al momento, detengono una carica pubblica ad Atene. Che questa nonsia poi una concezione sbagliata, lo si vedr col disastro della spedizione contro Siracusa del 415 413a. C. e con la scontta nale di Atene da parte di Sparta nel 404 a. C.

    B. Le ragioni dellattacco a Cleone

    Le ragione di questo attacco a Cleone, coperto dalla gura di Filocleone, suo ammiratore, le desu-miamo chiaramente dal processo farsa che il cane Citadeneo intenta al cane Labete di Essone (VESPE,893ss). Questi due cani, accusatore ed accusato, rappresentano, infatti, i due uomini politici, cos diff e-renti, Cleone e Lachete. Il primo era del demo di Citadeneg , il secondo di quello di Essone (Plat. LACH.,197c) ; anche laccusa contro il cane Labete ci conferma chi si voglia indicare;

    . (Aristof., VESPE, 910s)

    (ha aferrato un gran pezzo di formaggio siciliano, abbofandosi al buio.)Chiaro riferimento alla spedizione in Sicilia, del 427 a. C., con a capo Lachete. Pure ci conferma ci;

    . (Aristof., VESPE, 924s)

    (il quale ha navgigato intorno al mortaio mangiandosi la crosta delle citt.)Si pu navigare solamente intorno ad unisola e non sicuramente intorno alla terra ferma, anche

    questo, di conseguenza un riferimento alla Sicilia ed a Lachete, l, appunto inviato nel 427 a. C.Qui abbiamo la chiave della commedia, Cleone era ardito, osava, aveva avuto un certo successo

    solamente grazie alla fortuna; , (Aristof. VESPE, 62)

    (n, se Cleone brilla grazie ad un colpo di fortuna,).Questo il punto fondamentale, la fortuna, il caso, la sorte era stata favorevole a Cleone ed egli aveva

    ottenuto successi, tra laltro allisola di Sfacteria, ma la fortuna cieca, non poteva andare sempre cos.Difatti, di l a poco, Cleone sarebbe morto; , , , . . . (Thuc., V, 10, 9) (e Cleone, poich sin da principio non pensava di tener duro, subito fuggendo e ad assalito da un peltasta mircinio, muore . . . ), forse c una certa ironia in quel subito fuggendo), Tucidide ci starebbe a dire che questo era unuomo di poco valore.

    In questo processo farsa, la gura di Lachete si contrappone a quella di Cleone; il primo, nel 427 a.C., era stato inviato in Sicilia con 20 navi, forze irrisorie, quando si consideri che la spedizione del 415a. C. conclusasi con la scontta, era forte, come si visto, di 136 navi, inviare queste 20 navi era stato,solamente, un colpo daudacia degli Ateniesi. Nonostante questo, Lachete se lera cavata egregiamente.Poi, egli, nel 423 a. C., era stato promotore di una tregua di un anno con gli Spartani; anno duranteil quale ambasciatori ed araldi dovevano intavolare trattative sul modo di porre ne alla guerra. Qui lopposizione dei due uomini politici. Cleone, ardito e temerario che promette di conquistare in ventigiorni lisola di Sfacteria e che, grazie solamente alla fortuna, dea bendata, vi riesce, ma che morir di l

    a poco subito fuggendo, quando la fortuna lo ha abbandonato. Lachete, prudente, accorto, calcolatore,g Vedasi PAYLYS R. E. voce Kleon.

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    che non causa disastri o disfatte nonostante sia stato inviato in una spedizione oltremodo audace etemeraria, contro unisola, la Sicilia molto grande, popolata e, per lepoca, lontana da Atene; Lacheteche si fatto promotore di tregua e di trattative di pace. Egli ;

    , . (Aristof. VESPE, 954s) (ma egli il migliore di tutti i cani

    di oggi ed capace di fare la guardia a tante pecorelle .).E, ancora;

    , . (Aristof., VESPE, 957s) (Combatte per te e fa la guardia alla tua porta e, in tutto il resto bravissimo.)

    Infatti, seppure per sbaglio, il cane LabeteLachete viene assolto (VESPE, 994). Questa la moraledella nostra commedia, la gura positiva quella di Lachete, uomo prudente, fautore della pace, razioci-natore. La gura negativa quella di Cleone, uomo che, come quasi tutta Atene, sda la sorte, magari inun primo momento questa gli favorevole, ma, poi, gli si volta contro, cos, prima Cleone muore subitofuggendo, poi, Atene subisce la disfatta di Siracusa nel 413 a. C. e, inne, quella nale, contro Sparta,nel 404 a. C.

    Aristofane stato un premonitore.

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    Nascita e sviluppo della pi` u grande civiltaoccidentale

    Enrico Pantalone

    Iniziamo con una precisazione dovuta: questo testo vuole omaggiare limportanzadella storia ellenico-latina come base per levoluzione delloccidente europeo di oggi,fondato sui presupposti creati al tempo dai greci prima e dai latini successivamente:la nostra analisi prende lavvio da queste due grandi civilt a che trovarono il mododi fondersi incessantemente in maniera coordinata durante i numerosi secoli del lorosviluppo politico-sociale.

    I. Introduzione

    E i ndubbio che la nascita e la crescita della losoa abbiano avuto un impatto immenso per la societ` ae la cultura occidentale antica, un nesso inscindibile per comprendere appieno lo sviluppo dei secolisuccessivi, probabilmente senza la losoa non avremmo avuto la Grecia e R oma , cioe le fondamentadel nostro mondo moderno, almeno non nei termini che oggi conosciamo, probabilmente levoluzione diqueste civilt`a sarebbe avvenuta in maniera molto pi` u lenta rispetto a ci`o che e poi stato realmente. Igreci, precursori in questa disciplina come anche in altri campi, istituzionalizzarono le conoscenze e lecoordinarono in maniera razionale, i pensatori ellenici diedero il l` a allo sviluppo culturale di spessore delpensiero che prima mancava in maniera indiscutibile.

    II. La losoa antica

    L a losoa antica, greca e poi greco-romana indubbiamente ebbe modo di resistere sino allintroduzionenel periodo imperiale di quella cristiana che man mano assorb e sostitu nel tempo la prima, anchese tradizionalmente essa e considerata pi` u alto medievale che antica.La losoa antica e essenzialmente greca perche porta con se tutti i tratti caratteristici delle polis edin qualche modo le fa sopravvivere anche dopo la conquista romana proprio perche esse fanno parteintegrante della vita di tutti i giorni e sono dominanti nella socialit` a ellenica, cos R oma non pu o cheadeguarsi, dominer` a politicamente sulla regione, ma non potr` a e non riuscir a mai a farlo ideologicamente,semplicemente prender` a atto della grandezza di questa cultura e la far` a propria contribuendo in manieraimportante a costruire il pensiero della nostra societ` a occidentale. La losoa greca nasce cos e sisviluppa intorno ad uno sforzo comune di riessione, e quindi unimportante, se non basilare, veicolo disviluppo sociale, poco importa se allesordio appare ristretta a pochi personaggi, perche essa recupera intempi brevissimi la comunione dintenti tra la popolazione e chi enuncia alcuni suoi principi.I loso cercano di convogliare attraverso coloro che ascoltano e traggono giovamento intellettuale i lorosforzi per far comprendere la natura delle cose e la sua trasformazione attraverso gli atti quotidiani, manon solo, incitano gli stessi ascoltatori a criticare le loro allocuzioni creando i presupposti per dettareenunciazioni scientiche oppure di costume sociale: insomma pongono le basi per creare una coscienzacivile comune e per consolidare unetica ed una morale a cui fare riferimento, da trasmettere sicuramenteai giovani, logico terminale per i loro studi e dialoghi.

    III. Le societa greche e Roma

    La terra ellenica non e mai stata portata nella maniera pi` u assoluta allo spirito unitario di sviluppo,caro invece a tante altre civilt` a, infatti, tutte le enormi e decise di ff erenze nella morfologia dei vari

    Alias Hadrianus, membro Associazione Culturale Signainferre, Senatore

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    territori e le conseguenti condizioni climatiche diverse hanno consolidato nelle popolazioni locali questi-dea ed in pratica ne hanno fatto n dagli inizi della loro storia (1900 a.C.) il paese dellindividualismopolitico e sociale. La storia della Grecia quindi e, se vogliamo, la storia di diverse entit` a che in nessuncaso riconosceva un organismo superiore comune ed in realt` a sappiamo che nessuno dei territori ellenicitese mai a ci o e le conseguenze furono pagate quando una civilta pi` u agguerrita e senza grossi problemilogistici ( R oma ) perche sostanzialmente attigua, arriv` o e la conquist o.Questo individualismo politico fu, per` o foriero di grandi vantaggi inizialmente soprattutto nellespansione

    ad oriente, attraverso le Isole dellEgeo prima, no alle coste dellAsia Minore poi, in pratica unappendi-ce asiatica del territorio greco, il motivo era dovuto alla grande intraprendenza delle varie citt` a/stato (adesclusione di Sparta) che vedevano nei mercati doltre Egeo unimportante vetrina per i loro manufatti,cos la fondazione di rustici fondaci prima e di vere e proprie colonie poi resero possibile un tra ffi co inten-so, difficilmente uno stato unitario avrebbe potuto creare gli stessi presupposti, il rischio normalmentenon fa parte della mentalita di chi individua primariamente il bene comune e poi il protto. Questoindividualismo e certamente un fenomeno ripetuto nel tempo ed a tratti esasperante, ma nel contempo lecitta/stato greche dimostrarono nella colonizzazione un grande spirito dadattamento nendo per assimi-lare pregi e difetti della popolazione colonizzata, comunque anche nei territori sottomessi non si crearonole condizioni di lavoro e sviluppo comune con altre popolazioni limitrofe specie se provenienti dalla pe-nisola ellenica, comera in patria cos era al di l` a dellEgeo, lautarchia era indubbiamente allordine delgiorno sempre. Secondo alcuni storici questo esasperato individualismo istituzionale potrebbe derivaredal fatto che in Grecia non esisteva nessun grande ume che unisse il territorio e questo n per limita-re molto lo scambio nei secoli iniziali della formazione societaria: la mancanza quindi dun bacino cheavrebbe unito maggiormente il territorio consentendo una certa centralizzazione, divent` o fondamentaleladdove i dirupi tipici della regioni che attraversavano i Balcani ebbero poi la meglio. La vita indivi-duale politica appariva quindi nel greco veramente marcata e nella polis ovviamente poteva esercitaretutto il suo fascino ed esaltare proprio le caratteristiche tipiche della grecita e questo fece s che la vitaquotidiana non fosse per nulla marginale ma attiva nella societ` a, cercando di comprenderne gli sviluppi,magari dominarli e superarli: lo si poteva vedere per esempio anche dal fatto che i greci, diversamente daaltri popoli, trovarono modo di vivere in maniera parca, frugale e direi soprattutto semplice, essenziale,una controtendenza basilare nel momento del massimo fulgore, anche al tempo di Alessandro e delle suegrandi conquiste. Proprio per questo in Grecia lesaltazione per lo spirito agonistico era portante sianegli uomini che nelle donne, in qualche modo vera una ricerca del miglior essere possibile, un individuoche poteva rappresentare al meglio lintera societa, non divino, ma umano, cos mai in questo popolo

    il sico prevalse sullintelletto, entrambe le qualit` a dovevano coesistere, anche forzatamente, cioe ci siaddestrava in maniera completa alla vita, ma nellindividuo politico sempre doveva prevalere la ragione.Il 21 Aprile 753 a.C.: venne fondata secondo la leggenda la citt` a di R oma , nasceva cos la pi`u grandepotenza militare, politica, culturale, sociale, economica dellEuropa antica.In quasi tredici secoli le sue legioni conquistarono uno dopo laltro tutti i territori dellecumene conosciutino allora: un trionfo dellabnegazione e della forza morale, delletica militare, dellespressione giuridica,della lungimiranza economica ed architettonica che ancora oggi noi tutti ammiriamo basiti per la vastit` adei campi che ha toccato ed illuminato, una civilta che ha coinvolto milioni di persone, che ha strutturatoin maniera incredibile come mai nessuno fece prima dallora la societa civile. Tutte le societ` a e le civiltache si susseguirono in Europa dopo il tramonto della Grecia e di R oma sinspirarono ad esse in tutto,dal diritto (ancora oggi presente nelle leggi vigenti in qualsiasi societa civile), alla costruzione dello statodal punto di vista amministrativo e politico, a quello dedicato alla moderna scienza dellingegneria, aquello della struttura organizzativa.

    IV. Laspetto religioso

    U no degli aspetti interessanti nel passaggio o nel connubio tra civilt` a greca e romana e sicuramentequello concernente la religione visto che entrambe le societa sostanzialmente hanno impostato le loroistituzioni su una spiritualit` a che potremmo denire di stato in altre parole con lumanizzazione delledivinit a olimpiche, care ad entrambe.Crescendo la personalit` a individuale umana gli dei devono cambiare anchessi la loro funzione ed ade-guarsi alla societ`a, cos i loro gaudenti spiriti spesso devono essere repressi o in ogni modo modicati.Questo in parte e dovuto al prevalere delle classi inferiori che costrette al buio no allepoca delle polis,trovano il modo demergere maggiormente no ad inuire sulle decisioni generali politiche e spirituali,infatti ne la Grecia ne R oma cedono alle religioni mistiche tipiche di altri popoli, esse preferiscono af-darsi a religioni concrete che spieghino convenientemente laldil` a in una sorta di continuazione dellavita terrena. Cos le divinit` a diventato pi`u moralmente corrette, non sono pi` u indiff erenti, cercano di

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    comprendere luomo e le sue ragioni, nonche le sue esigenze, in poche parole abbandonano lOlimpo perscendere sullAcropoli o sul Palatino, in qualche modo devono legare la loro vita a quella dello spiritoumano, la religione diventa cos un fatto etico grazie alle nuove istituzioni sociali delle due grandi civilt` amediterranee. Assistiamo dunque anche ad una gerarchia semplicata delle divinit` a, in ottemperanzaalle istituzioni che tra Grecia e R oma si vengono a formare in questi secoli. La religione quindi assumeuna certa forma di egemonia socio-culturale anche nei confronti di chi viene conquistato, il culto localedeve fondersi con quello del vincitore, lunita religiosa appare certamente pi` u importante di quella

    politica considerato i vantaggi che ne derivano dallintegrazione spirituale.La Grecia e R oma , loccidente dunque, appaiono gi` a incamminati verso una via religiosa decisamentepiu moderna rispetto a quella daltre civilt` a, meno spirituale, pi`u pragmatica e che sostenesse limpalca-tura istituzionale proposta: cos le divinita a loro volta devono sostenere la stessa politica e le stesserivendicazioni economiche e sociali.Si parla quindi di comunit` a religiosa in senso pi u ampio rispetto al passato, di una collettivizzazione ra-zionale delle risorse spirituali che vedono una societ` a divina con le sue scale di potere e di proponimentiovunque, a Sparta, come ad Atene, come a R oma , importante nucleo per la creazione di una societ` a chepotesse protrarsi nel tempo, in questo senso il successivo cristianesimo trov` o un terreno piuttosto fertileperche sembrava quasi tutto gi` a preparato e solo da ordinare in maniera pi` u sistematica.

    V. I sistemi istituzionali ed amministrativi

    H o sempre assistito con assiduita alle analisi storiche e relative discussioni di docenti e semplici appas-sionati sulla diversita dintendimenti e sulle prerogative istituzionali proprie del periodo repubblicanoe del periodo principesco o imperiale riguardanti R oma e la sua civilt a.Certamente il funzionamento socio-politico e forse soprattutto lideologia cambio in maniera decisivalassetto esterno, quello che si presentava al pubblico, alla gente, ma fondamentale la continuit` a esistevae veniva indubbiamente marcata.Il passaggio tra i due sistemi istituzionali, a mio personale giudizio, non poteva non esserci, era la strut-tura del territorio annesso che pretendeva unimpostazione apparentemente diversa per far fronte allenuove esigenze sia sociali sia economiche.Ottaviano, in altre parole chi per la storia, modic` o il sistema istituzionale (in realta gi` a in atto da decen-ni), per quanto riguarda la citta/stato di R oma (e quindi i territori che dessa facevano parte integrante)si considerava ancora un console repubblicano (13 gennaio 27 a.C.) che governana in collaborazione coni generali che lavevano aiutato nella guerra civile precedente, carica che detenne no al 23 a.C.. Nelfrattempo, egli e anche, questa e la vera novit` a, condottiero per limperium proconsulare, in altre paroleresponsabile per le province non ancora pacicate o di recente conquista e si serviva in questo caso del-lausilio oltre che di generali dati anche di veri e propri legati duciari e con vasta esperienza militaree dequites che curavano la parte amministrativa-scale.In sostanza abbiamo proprio in questo atto la vera di ff erenza tra repubblica e principato, una di ff erenzadovuta appunto al diverso modo dinterpretare la strategia e la politica relativa al territorio dominato.Era francamente impensabile che i nuovi domini potessero essere amministrati secondo un sistema isti-tuzionale ideale per una citt` a/stato se pur parzialmente allargata ai territori limitro mediterranei,Ottaviano che a R oma savvale dellaureola conferitagli da tutte le classi sociali rappresentate in essariconosciutagli principalmente attraverso l auctoritas principis insieme con quella pi u antica dellaucto-ritas senatus, quindi sostanzialmente un consolato dinamico e pi` u moderno, si trova fuori dei territori

    delle province conferite dallimperium ad essere anche lunico rappresentante del Senato, teoricamentein caso demergenza (che diventer` a prassi visto il costante allarme militare) come Auctor, in pratica ilconsulente dei funzionari preposti, modo pratico per dire che egli aveva sempre lultima parola su ogniquestione. Da qui probabilmente parte il dualismo R oma /Augusto, in altre parole da quando il terri-torio non ammesso direttamente a R oma o non pacicato prevale in termini di politica rispetto a quelloconcernente lUrbe o pi`u semplicemente dei vecchi territori.Soprattutto sembra prevalere allinterno delle istituzioni romane la paura che una rappresentanza con-solare non sia intesa perfettamente nei territori lontani, specie orientali, abituati da sempre a satrapie elespressione del principe diventa espressione di potenza della Repubblica in atto di divenire Impero. Ilprincipato diveniva cosa conveniente perche imponeva il dominio di R oma attraverso la personalizzazionedel suo rappresentante maggiore, non per questo veniva meno limpegno sociale nella collettivit` a, mai co-me sotto Ottaviano la plebe ottenne importanti riconoscimenti sociali ed istituzionali: R oma unita sottoil principe simpose al mondo allora conosciuto, Ottaviano fu il simbolo riconosciuto da tutti, il passo perlidenticazione stato/imperatore fu solo un atto burocratico, unappendice successiva. Comprendo chespesso la Repubblica detenga un aspetto certamente pi` u democratico rispetto al Principato visto con gli

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    occhi odierni, ma noi dobbiamo immedesimarci nella pratica quotidiana di quei tempi, agli imperatoriche almeno sino a Traiano ed Adriano rappresentarono ancora lessenza delle istituzioni romane anticheanche se modicate ed adattate, successivamente con ogni probabilit` a bisognerebbe parlare di unaltraistituzione che introduceva un periodo storico diverso anche se come i Franchi secoli dopo (popolazionecerto non latina) insegnarono, tutto venne ricondotto a ci` o che questa grande Civilt` a port o nel mondoanche nei secoli successivi. Riportiamo cos a questo proposito ci` o che e descritto nella nostra home pagedi SignaInferre, un caposaldo sociale e culturale per limpegno didattico che cerchiamo di di ff ondere: e il

    discorso ai senatori romani da parte dellimperatore Claudio per la concessione stessa di poter far partedella grande assemblea istituzionale da parte dei Galli Edui (Tacito Annali XI, 24), in cui ritroviamo,se mai ve ne fosse stato bisogno, tutto lo spirito che questa civilt` a oramai saldamente greco-latina avevadonato alloccidente:

    Maiores mei, quorum antiquissimus Clausus origine Sabina simul in civitatem Romanam et in fami-lias patriciorum adscitus est, hortantur uti paribus consiliis in re publica capessenda, transferendo hucquod usquam egregium fuerit. neque enim ignoro Iulios Alba, Coruncanios Camerio, Porcios Tusculo,et ne vetera scrutemur, Etruria Lucaniaque et omni Italia in senatum accitos, postremo ipsam ad Alpispromotam ut non modo singuli viritim, sed terrae, gentes in nomen nostrum coalescerent. tunc solidadomi quies et adversos externa oruimus, cum Transpadani in civitatem recepti, cum specie deductarumper orbem terrae legionum additis provincialium validissimis fesso imperio subventum est. num paenitetBalbos ex Hispania nec rninus insignis viros e Gallia Narbonensi transivisse? manent posteri eorum necamore in hanc patriam nobis concedunt. quid aliud exitio Lacedaemoniis et Atheniensibus fuit, quam-quam armis pollerent, nisi quod victos pro alienigenis arcebant? at conditor nostri Romulus tantumsapientia valuit ut plerosque populos eodem die hostis, dein civis habuerit. advenae in nos regnaverunt:libertinorum liis magistratus mandare non, ut plerique falluntur, repens, sed priori populo factitatumest. at cum Senonibus pugnavimus: scilicet Vulcsi et Aequi numquam adversam nobis aciem instruxe-re. capti a Gallis sumus: sed et Tuscis obsides dedimus et Samnitium iugum subiimus. ac tamen, sicuncta bella recenseas nullum breviore spatio quam adversus Gallos confectum: continua inde ac dapax. iam moribus artibus adnitatibus nostris mixti aurum et opes suas inferant potius quam separatihabeant. omnia, patres conscripti, quae nunc vetustissima creduntur, nova fuere: plebeii magistratuspost patricios, Latini post plebeios, ceterarum Italiae gentium post Latinos. inveterascet hoc quoque, etquod hodie exemplis tuemur, inter exempla erit.

    (I miei antenati, il pi`u antico dei quali, Clauso, di origine sabina, fu accolto contemporaneamente trai cittadini romani e nel patriziato, mi esortano ad agire con gli stessi criteri nel governo dello stato,trasferendo qui quanto di meglio vi sia altrove. Non ignoro, infatti, che i Giulii sono stati chiamati insenato da Alba, i Coruncanii da Camerio, i Porcii da Tusculo e, se lasciamo da parte i tempi pi` u antichi,dallEtruria, dalla Lucania e da tutta lItalia. LItalia stessa ha da ultimo portato i suoi conni alle Alpi,in modo che, non solo i singoli individui, ma le regioni e i popoli si fondessero nel nostro nome. Abbiamogoduto di una solida pace allinterno, sviluppando tutta la nostra forza contro nemici esterni, proprioallora quando, accolti come cittadini i Transpadani, si pote risollevare limpero stremato, assimilando leforze piu valide delle province, dietro il pretesto di fondare colonie militari in tutto il mondo. Ce forse dapentirsi che siano venuti i Balbi dalla Spagna e uomini non meno insigni dalla Gallia Narbonense? Ci sonoqui i loro discendenti, che non ci sono secondi nellamore verso questa nostra patria. Cosaltro costitula rovina di Spartani e Ateniesi, per quanto forti sul piano militare, se non il fatto che respingevano ivinti come stranieri? Romolo, il fondatore della nostra citt` a, ha espresso la propria saggezza, quando haconsiderato molti popoli, nello stesso giorno, prima nemici e poi concittadini. Stranieri hanno regnatosu di noi: e affidare le magistrature a gli di liberti non e, come molti sbagliano a credere, unimprovvisanovit a, bens una pratica normale adottata dal popolo in antico. Ma, voi dite, abbiamo combattutocoi Senoni: come se Volsci e Equi non si fossero mai scontrati con noi in campo aperto. Siamo staticonquistati dai Galli: ma non abbiamo dato ostaggi anche agli Etruschi e subto il giogo dei Sanniti?Eppure, se passiamo in rassegna tutte le guerre, nessuna s` e conclusa in un tempo pi`u breve che quellacontro i Galli: da allora la pace e stata continua e sicura. Ormai si sono assimilati a noi per costumi,cultura, parentele: ci portino anche il loro oro e le loro ricchezze, invece di tenerli per se! O senatori,tutto ci`o che crediamo vecchissimo e stato nuovo un tempo: i magistrati plebei dopo quelli patrizi, quellilatini dopo i plebei, degli altri popoli dItalia dopo quelli latini. Anche questa decisione si radicher a einvecchier a, e cio per cui oggi ricorriamo ad altri esempi verr` a un giorno annoverato fra gli esempi.)

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    VI. Conclusioni

    T utte le civilt a del passato miravano allespansione, non nesisteva una che badasse ai fatti suoi sulterritorio, le civilt`a euro-asiatiche (in altre parole il mondo antico) muovevano un sistema basatosulla guerra e sulla conquista, logica peraltro naturale: il punto fu che la civilta greco-romana rest` oanche dopo la sua ne, altre civilt` a no, la sua vera forza fu proprio questa, lImpero Romano dOrientedur o no al 1453, il Sacro Romano Impero dur` o no al 1918, giusto qualche decennio fa . . . oggi abbiamolUnione Europea debitrice logica della Grecia e di R oma . LEuropa come idea e nata proprio percheprima la Grecia e poi R oma avevano unito tante societ` a diverse che si riconoscevano in essa ed al loromodo di concepire lo sviluppo socio-economico e questo e una diretta conseguenza dellespansionismo. Adoccidente come ad oriente il diritto esercitava ed ha esercitato una parte fondamentale nella costituzioneterritoriale, gli imperatori tedeschi medievali fecero riscoprire e riadattare i codici giustinianei per daremaggior risalto alla loro politica ed alle istituzioni ad essa legate: perche mai avrebbero dovuto chiedereuna formalizzazione del diritto romano, visto che erano in posizione di forza anche militarmente?La risposta appare ovvia e scontata.Roma copiosamente attinse alle culture che incontrava ed inglobava: greca, etrusca, indoeuropea, celtica,sarmatica, egizia, proprio questa fu la grandezza e la modernita della civilt` a greco-romana nel suo com-plesso, essa non si sostitu completamente (come avevano fatto civilt` a venute prima) a quella precedente,ne assorb tutti i caratteri migliori perche la crescita era necessaria, R oma pensava in grande, era avantianni luce rispetto al resto del mondo, dove esisteva un Senato che discutesse pubblicamente sulle leggi daattuare ? Voglio rispondere anche a coloro che sicuramente obietteranno sul fatto che non era necessarioun espansionismo imperialista per creare una grande civilt` a e che civilt a precedenti alla Grecia ed a R oma ci riuscirono senza essere sempre in guerra e cos via. Era certamente facile essere una grandecivilt a quando non cerano lotte sociali allinterno, quando la tecnica era ancora allo stato primitivo,quando lagricoltura la faceva da padrone, quando le aspettative di vita erano talmente basse da rendereil compito dei governanti certo pi` u agevole, era certamente pi` u diffi cile essere una grande civilt`a quandosi costruivano strade, acquedotti, ponti, vera fermento tra le classi che componevano la societa, quandoanche una guerra non era solamente un fatto di nobilt` a (la riforma mariana dellesercito fece diventaremoderna questa struttura essenziale), ma coinvolgeva tutta la popolazione attiva: R oma riusc a comple-tare tutto ci` o nel corso di molti secoli riprendendo la precedente losoa greca ed ampliandola, la nostrasociet a occidentale e indubbiamente il frutto di tutte queste esperienze passate create da generazioni,una cultura unica, sta a noi completarla adeguatamente e valorizzarla, guardando al passato per gestire

    il futuro.

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    Formazione e prima evoluzione del Senato romanoBianca Misitano

    Lorgano che in assoluto rappresent` o di pi` u Roma e ne divenne quasi lemblemafu il suo Senato. Lassemblea dei patres sara, infatti, in epoca repubblicana, la veraartece di ogni aspetto della politica romana, mentre nellet` a imperiale continuer` aa lungo a giocare un ruolo fondamentale, prima di perdere il suo potere e vedersirimpiazzata dallapparato burocratico creato dai principi e pi` u intimamente legato adessi. Lenorme incidenza che questorgano avr` a per secoli nelle sorti di Roma inuirain maniera fondamentale sulla natura stessa della citt` a ed e perci` o importante farne

    unanalisi. Questarticolo in particolare prender a in considerazione il primo periododella storia romana.

    I. La prima eta regia

    I l Senato non si presenta come un elemento statico e monolitico, sebbene esso si sia spesso caratteriz-zato per la sua opera conservatrice della tradizione romana, ma si evolve di pari passo con il cresceredella citt a e dellimpero e subisce diverse trasformazioni inevitabili.Ma, volendo partire dalle origini dellUrbe stessa, bisogna dire che lassemblea dei senatori, a quanto latradizione ci fa sapere, nasce gi` a agli albori di Roma: e infatti una delle istituzioni fondate dal primo reRomolo. Cos Livio ci descrive la decisione del rex : [Romolo ] Elegge cento senatori, sia perche questonumero era su ffi ciente, sia perche erano soltanto cento quelli che potevano ambire a una carica del gene-re. In ogni caso questonore gli valse il titolo di padri, mentre i loro discendenti furono chiamati patrizi (Ab urbe condita, I, 8).Gia al momento della sua creazione, la cooptazione nelle la del Senato viene quindi esplicitamente de-nita un privilegio, quasi che i senatori fossero gi` a divenuti una classe sociale distinta.Se Livio ci narra il modo in cui, perlomeno secondo la tradizione, Romolo procedette nella costituzionedel Senato, non ci informa, per` o, del perche.In realta, quella del consiglio regale, organo che principalmente aveva la funzione di a ffi ancare il sovra-no nella sua attivit` a, sembra essere unistituzione ancora pi` u antica di Roma. Se ne sono, infatti, trovatiparalleli anche in altre civilt` a europee, come la Grecia o la civilt`a celtica. Ad esempio a Sparta esistevauna Gerousia dipendente ancora in epoca classica dal potere dei due sovrani e che anche lessicalmente sicollega al Senatus romano: entrambe le parole, gerousia e senatus , signicano infatti consiglio degli an-ziani. Alla stessa maniera nei territori centro-europei della Gallia no allet` a degli oppida, ossia lepocapiu tarda di quella civilt` a, si attesta lesistenza di unassemblea dei membri pi` u in vista del villaggio che

    veniva riunito dal re quando cerano da prendere importanti decisioni.Questa di ff usione della stesso tipo di assemblea potrebbe fare ipotizzare per esso unorigine indoeuropeaed, in ogni caso, si potrebbe a ff ermare che Romolo non si stava inventando nulla. Il re forse stava dan-do alla nuova citt`a un ordinamento simile alle altre che costellavano il Lazio arcaico e la creazione delconsiglio del re non rientrava altro che in questo programma.Se la versione pi u arcaica del Senato romano, per` o, non rappresentava una novit` a, la rapida crescitadella citta port` o ad un parallelo accrescimento del potere dei senatori e ad un processo di modiche eadattamenti alla nuova situazione. A dimostrazione del veloce aumentare dellinuenza dei patres , ceda dire che gi a durante il regno di Romolo, perlomeno per quanto ci racconta Livio, la dicotomia frapatrizi-senatori ed il resto del popolo, ossia la plebe, aveva preso ad accentuarsi sempre di pi` u.E vero, comunque, che lorigine del potere dei patrizi, piuttosto che nellappartenenza al Senato, varicercata nellappartenenza a determinate gentes, ossia famiglie che possedevano particolare inuenza

    allinterno della comunit` a romana.La famiglia fu infatti il principale nucleo su cui si baso inizialmente la societ` a di R oma e ben presto gli Alias Artemis, membro Associazione Culturale Signainferre, Senatrice

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    aristocratici si organizzarono per lappunto in gentes: tutte le casate che, per tradizione, potevano van-tare un unico capostipite costituivano una gens. Gia in et` a arcaica, pero, potere delle famiglie e poteresenatoriale vennero a fondersi e intersecarsi in maniera profonda. A costituire il Senato, infatti, sarannoi componenti delle famiglie pi`u illustri, che cos ebbero il modo di creare un fondamento istituzionale peril loro potere.Alle origini del Senato, quindi, vi e una netta ed innegabile equivalenza fra importanza delle famiglie edinuenza allinterno del Stato: appartenere ad una gens aristocratica signicava avere un posto assicu-

    rato nellassemblea ed a sua volta entrare fra i senatori signicava dare ancora pi` u lustro alla propriafamiglia.Si capisce come questo circolo vizioso diede presto come esito una presa di controllo totale e strettissimasul Senato da parte di un numero limitato di gentes.Il fatto che quello che si andava delineando come il principale organo di governo romano fosse gestito dauna percentuale minima di cittadini fu una situazione che resse relativamente nche la stessa monarchiafu in piedi, ma non appena, nel clima che caratterizz` o la ne del regime e linstaurazione della repubbli-ca, si creo uninstabilit a politica, le lotte per aprire e allargare il collegio dei senatori si fecero feroci eviolente e gli scontri fra patrizi e plebei non poterono avere ne se non quando e ff ettivamente si mise inatto un reale apertura degli aristocratici verso le classi inferiori.Anche in et a arcaica per`o, nonostante questi conitti abbiano trovato scarse occasioni per venire in su-percie, in conseguenza del rapido accrescersi dellimportanza e delle dimensioni dellUrbe, il Senato sitrov o di fronte alla necessit`a di annoverare nuovi membri non provenienti da gentes di tradizione sena-toria.Gia, secondo un accenno di Livio (Ab urbe condita, I, 30), il terzo re Tullo Ostilio decise di aumentare(non si sa di quanto) il numero di senatori dopo la conquista di Alba, per introdurvi alcuni aristocraticialbani. La pratica di annoverare la classe dirigente delle nuove conquiste fra i ranghi del senato sar` auna delle poche reali costanti di tutta la storia di Roma e dimostra come lassemblea romana fosse unelemento decisivo per favorire la romanizzazione dei territori assoggettati.Il Senato gi a in et a monarchica, quindi, si trasforma ed evolve per reggere al veloce espansionismo diRoma.Se in origine, per o, la classe senatoriale romana era stata un organismo solido e compatto, larrivo dielementi estranei poteva mettere in pericolo la sua unione, determinando divisioni interne che avrebberopotuto essere deleterie per unistituzione che si reggeva soprattutto sulla concordia fra i suoi vari com-ponenti.

    Cos, infatti, successe: i nuovi arrivati furono presto catalogati quasi in una classe senatoriale a par-te, quella delle minores gentes in contrapposizione alle maiores gentes , ossia le famiglie di piu anticatradizione.

    II. I re etruschi

    Q uesta divisione divenne abbastanza denita solo allepoca del primo dei tre re etruschi,TarquinioPrisco: solo in quel momento le due categorie vengono nominate da una testimonianza di Cicerone(La repubblica, II, 35-36) ed una di Livio (Ab urbe condita, I, 35).Per garantirsi lappoggio del Senato, il re, infatti, vi introduce elementi favorevoli alla sua causa, chevanno ad infoltire le la delle minores gentes .Sebbene, come gia detto, la denizione fra le due classi diviene evidente, nelle nostre fonti solo in

    questo momento, e plausibile pensare che gi` a dal tempo dei primi nuovi innesti, come per esempio quelliprovenienti da Alba, si sia creata una sorta di dualismo con la vecchia guardia, anche se non partico-larmente accentuato. Ma un altro aspetto dellimmissione di altri uomini nel Senato fatta da TarquinioPrisco merita di essere preso in considerazione.In merito Livio ci dice: Impegnandosi non meno a rinforzare il proprio regno che a consolidare la po-tenza del lo Stato, nomina cento nuovi senatori, noti di l in poi come secondo ordine, i quali divenneroincrollabili sostenitori del re al cui favore dovevano la loro nomina in Senato. (Ab urbe condita, I, 35)Pur essendo possibile che in questo caso Livio sia inuenzato da ci` o che sarebbe accaduto sia al suotempo che nel passato pi`u immediatamente recente, dove chi prendeva il potere a Roma modicava aproprio piacimento la composizione dellassemblea per assicurarsene lappoggio, il rinnovamento senato-riale eff ettuato da Tarquinio Prisco poteva in e ff etti assolvere in parte a questo ne.E il fatto che il re ne avesse sentito la necessit` a, dimostra la crescente inuenza dei senatori. Da semplicicomponenti di unassemblea consultiva, la cui posizione di lealta verso il re, quindi, non avrebbe dovutoessere messa in discussione, adesso chi saliva al trono si preoccupava di conquistarsene i favori, e ci` osignica che evidentemente non cera la sicurezza che il Senato glieli avrebbe concessi.

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    In eff etti lapprovazione del Senato nei confronti del re diviene un elemento sempre pi` u rilevante negliequilibri di potere fra le istituzioni di et` a monarchica e ci o, soprattutto, derivava dallesistenza di unaparticolare prassi, creata n dallepoca della prima successione fra Romolo e Numa Pompilio e nota comeinterregno.In sostanza la regalit` a romana non e mai stata regolata, come magari si puo comunemente immaginare,da criteri dinastici, di successione fra membri di una stessa famiglia. I re divenivano tali per elezione eda questo ne conseguiva il fatto che coloro i quali avevano il diritto di eleggere il nuovo re si trovavano

    giocoforza con in mano un potere non indiff

    erente. Nelle fonti viene specicato come questo dirittospettasse al Senato e al popolo, ma viene anche detto che, nei fatti, la ratica nale dovessero in ognicaso darla i senatori. Ne il loro potere in questa circostanza si fermava qui: linterregno infatti consistevanellelezione di un senatore che avrebbe dovuto coprire il periodo di vuoto fra la ne di un regno e liniziodellaltro e che disponeva quindi, in un certo senso, del potere regale.Cos Livio ci parla dellorigine di questo particolare aspetto del governo romano: Cos i cento senatori decidono di governare collegialmente: creano dieci decurie e da ognuna di esse traggono un rappresen-tante destinato a gestire lamministrazione dello Stato.Governano quindi in dieci anche se uno solo aveva le insegne ed era scortato dai littori. Il potere di ciascuno di essi durava cinque giorni, poi passava a rotazione a tutti gli altri. Si tratt` o di un intervallodi un anno. Siccome intercorse tra due regni fu chiamato interregno, termine ancor oggi in uso [. . . ].[I senatori ] decretarono che il popolo avrebbe eletto il re, ma la nomina sarebbe stata valida solo dopola ratica. (Ab urbe condita, I, 17) Il peso dei senatori, quindi, nella scelta del nuovo re divenne inbreve uno dei tratti pi` u caratteristici dello stato romano arcaico, nella misura in cui il re eletto si trovavaevidentemente in debito con lassemblea.Questa particolare circostanza, dellinterregno e dellelezione senatoriale, aveva delineato una situazionein cui gia da tempo la principale alternativa al potere del monarca fosse proprio il governo del Senato.Che la classe dei senatori arrivasse a dirigere Roma dopo la fatale caduta della monarchia fu, quindi,quasi un passaggio naturale.

    III. La prima eta repubblicana

    P ur ovviamente, ammettendo, un periodo di instabilit` a politica abbastanza rilevante (generalmentesi considera il primo ventennio dei Fasti, ossia le liste dei consoli, poco attendibile), durante il qualeforse Roma fu anche dominata per un po dal re di Chiusi, Porsenna, il Senato gi