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La cultura etnica dei poggiatesta d'Etiopia L’arte dei sogni Arner Quaderni

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La cultura etnica dei poggiatesta d'Etiopia

L’arte dei sogni

Arner Quaderni

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L’arte dei sogni

La storia d’Etiopia è un racconto emozionan-te, ricco di valori e di straordinaria passione,nel quale si ritrovano le questioni, i dubbi, ledifficoltà, le riflessioni di chi illustra l’umanitàintera con infiniti tasselli di un mosaico com-posito che non permette di distinguere trarealtà e immaginazione. Le vicende di questaterra, fatta di antichissime certezze e non disemplici ricordi, impongono anche, e soprat-tutto, un confronto con idee, principi, dottri-ne, fondamenti diversi e di fatto tanto inesplo-rati, quanto più si cerca di scoprirli con l’ango-scioso intralcio dei silenzi, delle rimozioni edei tabù imposti da qualsiasi tentativo diinterpretare con occhi d’Occidente la mute-volezza e l’aleatorietà di altre culture.

Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni

William Shakespeare

Questa mostra è dedicata a un singolo oggettod’uso quotidiano tra varie etnie del suddell’Etiopia: il poggiatesta che sorregge l'ac-conciatura durante il sonno. Utensile ‘mino-re’, il poggiatesta è tuttavia carico di significatimagici, legati al risveglio del Sole ogni mattinae alla sua vittoria contro le forze del male.Materiali naturali, quasi esclusivamente illegno, forme anatomiche e primordiali, sim-metrie, linee archetipe, decorazioni geometri-che ritmate da un’arte istintiva e antica, pecu-liarità tribali, uso pratico determinano la con-cretezza di un attrezzo semplice e sobrio chetuttavia costituisce lo spunto per un itinerarioin regioni singolari, poco note, talora sorpren-denti, in cui si affolla un passato più anticodell’Uomo.

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L’Etiopia è un giacimento culturale, naturale eantropologico immenso, stretto tra la necessi-tà di cambiare e il suo glorioso passato semprevivo che non può essere estirpato, folto di per-sonaggi mitici, colossali, romanzeschi. Sullosfondo, s’incontrano caratteri biblici, guerrie-ri, imperatori, preti, esploratori, eroi, popoliaffamati, politici avidi, scrittori geniali, pro-blemi irrisolti, condottieri, poveri uomini.Anche da questo è nata la tendenza, tutta afri-cana, a non assumere iniziative azzardate, apensare in modo autoreferenziale, a esprimereuna bellezza senza tempo, apparentementeindolente, ma aggraziata e arcaica insieme.

L’Etiopia ha enormi potenzialità, importantirisorse, una cultura profonda, una storiamolto più antica della gran parte delle nazionieuropee. È doveroso, quindi, considerare conattenzione il suo difficile approccio con ilmondo globale in una regione geografica stra-tegica e dai fragili equilibri. Per trasformare,dalla preistoria alla Bibbia, dall’architetturaalle battaglie, dai troni alle rivoluzioni, quelloche fu uno scontro di civiltà in frutti possibili.

Nella cronaca e nel mito, l’Etiopia è protago-nista e svolge un ruolo fondamentale perl’Africa, nella parte orientale del continente.La Ityop'iya, dal greco aith’ops, la terra degliuomini dal volto bruciato, o RepubblicaDemocratica Federale d'Etiopia, è il più anticostato africano. Storicamente è stata nota anchecome Abissinia, nome derivato da Habashat,genti semitiche dello Yemen giunte nel VI sec.a.C. nell'altopiano etiopico, India Tertia oIndia Mezzana o ancora India Minore oltre laquale vi era il Paradiso Terrestre, come scrisseil francescano Jourdan de Séverac nel 1330.

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Abitata dall'uomo fin da tempi preistorici,l’Etiopia è una delle culle dell’umanità. Nel1974, infatti, vennero scoperti ad Hadar, sullerive del fiume Awash, i resti fossili di Lucy,chiamata dagli Etiopi Denqenash ovvero “seimeravigliosa” della specie Australopithecusafarensis, una delle ramificazioni che diederoorigine alla specie umana, che datano a 3,2milioni d'anni fa.

La presenza di popolazioni di lingua semiticain Etiopia ed Eritrea risale almeno al II millen-nio a.C. Secondo la tradizione, la monarchiaetiope avrebbe origini bibliche: il Primo librodei Re, Corano, e Nuovo Testamento descri-vono la visita della regina di Saba, che significa

del Sud o del Mezzogiorno, Belkis per gliArabi, o Makeda nella memoria etiope, al red'Israele Salomone, stimato per la sua saggez-za. Dal loro connubio nacque Menelik, ilcapostipite degli imperatori etiopici che, visi-tando il padre da adulto, conobbe i rappresen-tanti delle dodici tribù e gli anziani d’Israele. Ilsuo progetto era di fondare ad Aksum unaseconda Sion, così trafugò l'Arca dell'Alleanzae portò con sé un esponente di ogni tribù.

Secondo alcune fonti, tra Etiopia ed Eritrea sitroverebbe la leggendaria terra di Punt, dovegiunse una spedizione navale egiziana per cer-care avorio, incenso, spezie e mirra; un’identi-ficazione più plausibile la situa nel Cornod'Africa, in Somalia del nord, oggi Puntland,

l’unico posto al mondo dove cresce spontaneol’arbusto dell’incenso, oltre a mirra, spezie,aromi e profumi. Dell'Etiopia è originarioanche il caffé, vocabolo forse derivato daCaffa, nell'Etiopia sud-occidentale, dove lapianta era diffusa allo stato spontaneo. Le sueproprietà stimolanti, dice la leggenda, furonoscoperte dal pastore Kaldi che vide le sue capremangiare bacche di caffé e, anziché dormire,girovagare con vigore. I primi consumatori dicaffé furono i religiosi, per pregare a nottefonda, specie i Sufi, nelle vorticose danze deidervisci rotanti. La Coffea arabica, chiamatalocalmente Bunnà, si diffuse poi nella peniso-la arabica, a Mocha, cui risalgono le primetracce storiche del suo consumo, nel 1450.L'Etiopia produce attualmente le tre pregiatequalità di caffé Sidamo, Harar e Yirga Alem.

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Il territorio etiope conta grandi varietà geo-grafiche, climatiche, faunistiche - tra cui irarissimi stambecco del Simien (Capra walie),lupo etiope (Canis simensis), babbuino Gelada(Theropithecus gelada) - ed etniche, unicitàd’espressioni, preziose culture, religioni,leggende e vanta 3000 anni di storia sovrana. Ècaratterizzato dalle montagne dell’AcrocoroEtiopico e da altipiani divisi dalla Rift Valleyche incide profondamente il continente afri-cano. La superficie è di 1.133.380 km2, conuna popolazione di 76.511.887 abitanti, con80 gruppi etnici e 289 lingue e dialetti.Cristiana dal IV secolo, la prevalente Chiesaortodossa etiopica vede il suo primato contesodal proselitismo musulmano.

Il primo regno importante dell'Etiopia sorsefra il IV e il I secolo a.C. citato dal profeta per-siano Mani, l’iniziatore del manicheismo,come grande potenza equivalente a Roma,Cina e Persia con cui competeva per il control-lo delle rotte tra Africa e Oriente dal porto diAdulis, presso Massawa, dove giungevano lecarovane. Nella prima metà del 300, un cristia-no siriaco, Frumenzio, convertì re Ezana cheregnò all'apogeo del regno aksumita.Chiamato in Etiopia Rivelatore della luce eAbuna Salama, Padre pacifico, Frumenzio fu

il primo vescovo d'Etiopia. Così il regno diAksum, il cui capo portava il titolo di re dei renegus neghesti che venne trasmesso fino alsecolo XX, fu il primo stato a usare la croce cri-stiana sulle monete. Sviluppatosi dal I al IXsec. d. C. il periodo di massima espansione siebbe nel IV secolo d.C. con il dominio suEtiopia, Eritrea, Sudan settentrionale, Egittomeridionale, Gibuti, Somalia occidentale e,oltremare, sullo Yemen, confinando con l'im-pero romano che occupava l'Egitto settentrio-nale. Da qui, Giuliano, ambasciatore dell'im-peratore bizantino Giustiniano, fu testimonestupefatto della grandezza del regno di Aksum

e in Etiopia vige ancora il calendario giuliano.Dopo il VI secolo, anche in seguito a una con-troffensiva persiana, il regno iniziò a declinare.Il regno si spaccò in principati autonomi, tut-tavia, quando nel VII secolo eserciti musulma-ni occuparono Egitto e Medio Oriente, i rap-porti tra Islam e Aksum non furono rovinosi.Centinaia di musulmani perseguitati si rifugia-rono in Etiopia, tra cui una delle future moglidi Maometto che fu riconoscente chiedendo aisuoi fedeli di non combattere gli abissini.

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Nonostante ciò, alla fine del VII secolo i calif-fi arabi reagirono alle scorribande delle navidei principi aksumiti a Jeddah attaccando lacosta dell'Etiopia. Aksum fu abbandonata ecadde in rovina, crollando intorno all'anno1000, anche in seguito all'invasione da parte diGudit o Giuditta, una regina pagana, nel 970.

Dal 1140 al 1270 la dinastia Zagwé si stabilì aest del lago Tana, con capitale Roha, oggiLalibela dal nome del re fondatore, dove ilnegus fece scavare e scolpire nella roccia leeccezionali chiese monolitiche nell'idea dicreare una copia di Gerusalemme. Altre perlearchitettoniche sono Aksum con i celebri obe-lischi anteriori al 300 d.C. e Gondar, città deicastelli, nel diciassettesimo secolo capitaledella monarchia di re Fasilidas.

Intorno al 1270-1285, Yekuno Amlak fondòun nuovo impero etiope che controllava il ter-ritorio di Tigray, Amhara e Scioa e strinse unpatto con Tekle Haymanot, santo celebrenella Chiesa copta cui diede terre e monasteri,ordinando la scrittura della Gloria dei Re, lanarrazione epica nazionale. Il più noto tra i redei re fu Zara Yacob che tra il 1413 e il 1468riconquistò varie regioni ai mussulmani spin-gendosi fino al Sidamo, riorganizzò l'ammini-

strazione dello stato, impose tasse, diede sfar-zo alle feste cristiane e dettò il Feta Negast, oLegge dei Re, le norme della tradizione impe-riale applicate fino al 1930. Riuscì ad allaccia-re i rapporti con l'occidente, mandando nel1439 teologi al concilio di Firenze e ad aprirea Roma la chiesa abissina di Santo Stefano deiMori.

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Nel XVI secolo i Portoghesi scoprirono ilpaese, identificandolo con il regno fantasticodel Prete Gianni, una figura leggendaria, sca-turita da alcuni elementi autentici insaporitida ingredienti immaginari, che poteva aiutarei cristiani d’occidente a sconfiggere l’Islam.Prete Gianni o Giovanni, Presbitero, grazieall'Onnipotenza di Dio, Re dei re e Sovrano deisovrani, signore delle tre Indie nel 1165 inviòall'imperatore bizantino Manuele I Comnenouna lettera, poi trasmessa a papa AlessandroIII e a Federico Barbarossa, che riferiva di unre prete, seguace dell'eresia nestoriana (secon-do la quale le due nature di Gesù erano rigida-mente separate) che regnava su uomini, blem-mi, centauri, ciclopi, cinocefali, folletti, gigan-ti, minotauri, nani, sciapodi. Nel suo regno sisarebbe trovato il Santo Graal; LudovicoAriosto lo cita nell’Orlando furioso comeSenapo, re d'Etiopia, nella letteratura europeaParsifal era addirittura definito come zio diPrete Gianni d’India, e numerosi viaggiatorimedievali avrebbero voluto rintracciare, senzasuccesso, il suo mitico regno cristiano, comefanno sapere le cronache di Ascelino daCremona, Giovanni da Pian del Carpine,Guglielmo da Rubroek, fino a Marco Polo checominciò a dubitarne l’esistenza.

I rapporti pratici con i Portoghesi ebbero ini-zio nel 1490, quando l'esploratore Pêro daCovilhã giunse in Etiopia per consegnare unalettera al mitico Prete Gianni. Nel 1507 ilnegus spedì una missiva al re del Portogallo,chiedendogli aiuto nello scontro contro imusulmani. Il Portogallo inviò nel 1520 unaflotta in Mar Rosso con Francisco Álvares chescrisse un importante resoconto sull'Etiopiadell'epoca. Addirittura, nel 1525, il missiona-rio Bermudez, proclamando una sostanzialeidentità con il Cattolicesimo, divenne prima-te della Chiesa etiope. La posizione strategicae delicata dell’Etiopia in prossimitàdell’Arabia e la pressione dell’Islam, diffuso in

tutti i territori confinanti, provocarono dal1528 al 1543 una guerra con il sultanato diAdal, una regione musulmana dell'imperoetiope che non pagava il tributo annuale alnegus, guidata dall’Imam Ahmad ibn Ibrihimal-Ghazi detto Gragn, il mancino, con unesercito di somali e dancali dotati per la primavolta di armi da fuoco fornite dai turchi. Ildecisivo contributo di una nuova flotta porto-ghese e delle forze di Cristóvão da Gama,figlio del navigatore Vasco, che fu catturato eimpiccato dopo una sconfitta a Wofla, portòalla vittoria di Wayna Daga, nei pressi delLago Tana, dove lo scudiero del capo porto-ghese, Pedro Leon, uccise per caso Ahmad el'esercito invasore senza guida si disperse e fusconfitto definitivamente nel 1559. In quelperiodo, gli altipiani etiopici furono attaccatianche da sud dal popolo cuscitico degliOromo che si spinsero nello Scioa e fino alTigray, e a questo si farebbe risalire l’ostilitàancora attuale tra Somalia ed Etiopia.

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Nel 1632, Fasilidas volle ritentare l'unificazio-ne del paese, con capitale religiosa e culturaleGondar dove fece costruire castelli e monaste-ri. Poi i ras della periferia dell'impero si ribella-rono e lo scontro fra clero e gerarchia imperia-le si fece palese. Nel XVII-XVIII sec. il paese sichiuse gradualmente a europei e musulmani.

Il negus Teodoro II (Kassa Haylù, 1818-1868) diede segni di voler uscire dall’isola-mento medievale e di aspirare a modernizzarel’Etiopia. Indispettito dal non vedersi assegna-re i professionisti che richiedeva per rinnovareil paese, nel 1864 Teodoro mise in catene icirca 70 europei che si trovavano nel regno,compresi il missionario Stern che voleva con-vertire i Falasha ebrei ed Henry Blanc che nelasciò una narrazione, per punire il consoleinglese Cameron, recatosi in Sudan a rendereomaggio ai musulmani egiziani, mentre laregina Vittoria non si degnava di risponderealle richieste abissine d’aiuto tecnico per lo svi-luppo.

In questo senso, aveva anche fatto sposare unasua nipote all’artigiano e missionario laicosvizzero Theophil Waldmeier, da cui discen-derebbe l’attore Peter Ustinov. Lord Napierfu incaricato della spedizione militare di rap-presaglia del 1867-68 cui partecipò ancheHenry Morton Stanley come giornalista delNew York Herald e guidata localmente dal-l’esploratore svizzero Werner Munzinger(1832-1875) console inglese d’Abissinia, ucci-so in seguito nello Aussa.

Il lunedì di Pasqua del 1868, all’amba diMagdala, gli inglesi sconfissero il negus che sisuicidò con una pistola regalatagli dalla reginaVittoria. Magdala fu bruciata e saccheggiata ene partirono 15 elefanti e 200 muli carichi ditutti i tesori dell’Etiopia tra cui 600 preziosimanoscritti che racchiudevano tutta la fede ele tradizioni abissine, dal Kebra Neghèst dellacattedrale di Aksum all’icona del KwerataReesù raffigurante Cristo con la corona dispine, che aveva accompagnato i negus nelleloro battaglie.

Tra il 1889-1913, il negus degli Scioa divenneil negus neghesti Menelik II che fondò la nuovacapitale Addis Abeba il cui nome significaNuovo fiore, avvalendosi del contributo del-l’ingegnere svizzero Alfred Ilg (1854-1916)che collaborò alla costruzione della ferroviaper Gibuti e di banche, uffici postali, ospedali,scuole, oltre ad armi progredite e importare leprime automobili e biciclette.

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Protagonisti delle esplorazioni in Abissinia furonoviaggiatori, avventurieri, missionari, geografi,diplomatici, studiosi, militari che, in forma e inmisura diverse, hanno contribuito alla costruzionedi quella poderosa testimonianza della civiltà che èil sapere. Tra questi, il gesuita Jerónimo Lobo(1593-1678) che ha lasciato un ampio resocontodella regione, numerosi altri gesuiti e cappuccini, ilfrancese Charles Jacques Poncet nel 1698 e l’esplo-ratore inglese James Bruce (1730-1794). Questogigante scozzese, illuminista e massone che parlava14 lingue, viaggiò in Etiopia dal 1765 al 1773 conil disegnatore Luigi Balugani, visitando Gondar eAksum, e ritenne di aver trovato nel 1770 le sor-genti del Nilo presso il villaggio di Geesh. In realtà, si trattava di un affluente, il NiloAzzurro. Lo stile impetuoso dei suoi racconti e lesbalorditive descrizioni di usi e costumi esotici furo-no messi in dubbio da molti, tanto che, come sati-ra dei suoi resoconti, venne scritto un seguito delleAvventure del Barone di Münchausen a lui dedi-cato. Le sorgenti del Nilo Azzurro erano già stateviste nel 1615 dal gesuita spagnolo Pedro Páez daEvora (1564-1622), inviato in Etiopia da Goaper unire la Chiesa cattolica romana e quella etio-pe. Giunto in Abissinia dopo sette anni di prigio-nia nello Yemen, Páez apprese la lingua, tradusseil catechismo e si fece una fama come predicatore,arrivando a convertire l’imperatore. Numerosi furono nel secolo XIX religiosi, geografi,antropologi, diplomatici a proposito dei quali lasaggezza del negus Teodoro fece notare che “primaarrivano i missionari, poi i consoli, infine i soldatistranieri”. Tra i principali, Henry Salt (1780-1827),Charles Tilstone Beke, William CornwallisHarris, Antoine Thomson d'Abbadie (1810-1897), Giuseppe Sapeto (1838-1862), Ehrenberged Hemprich, Théophile Lefebvre, EduardRüppell, Guillaume Lejean, Johann LudwigKrapf e Charles William Isenberg, Karl Tutschek,Eduard Rüppell, Anton Stecker, Gerhard Rohlfs.Nel 1846 papa Leone XIII incaricò il vescovoGuglielmo Massaia di evangelizzare gli Oromo.

Questi risalì altipiani etiopici e regioni inesplorate;imprigionato più volte, divenne poi consigliere diMenelik, favorendo la Società Geografica Italianache inviò in Abissinia gli esploratori GiovanniChiarini, Sebastiano Martini Bernardi e OrazioAntinori cui si aggiunsero Antonelli, Cecchi,Landini, Augusto Franzoj, Giovanni Stella,Ludovico Maria Nesbitt, Eugenio Ruspoli uccisoda un elefante, Enrico Baudi Di Vesme, CarloCiterni, Giuseppe Colli Di Felizzano. Tra i caratteri più singolari, Alexander Bulatovich(1870-1919) ufficiale, esploratore e poi monacorusso, fu dapprima nella Croce Rossa per aiutare iferiti abissini di Adua, poi confidente e consiglieremilitare di Menelik II contro gli italiani. Moltifurono gli esploratori europei, taluni ormai dimen-ticati, attratti dalle terre d’Etiopia, da AntoinePetit ucciso da un coccodrillo al Quartin-Dillon,da Rouget a Reitz e Vayssière, e De Jacobis, VonBarnim, Léon des Avanchers, Steudner, Schubert,Dufton, Lucereau, Giulietti, Bianchi, Porro,Barral, Ambroise, Etienne. Nel 1875 morì nelloScioa l’esploratore svizzero GustaveHaggenmacher, compagno di Werner Munzinger.Nel 1888, l’ungherese Sámuel Teleki fu il primoeuropeo a visitare il lago Chew Bahir che chiamòStefania in onore della principessa del Belgio,moglie di Rodolfo d’Austria cui aveva già dedicatoil Turkana. Nel 1890, il capitano Vittorio Bottegocondusse spedizioni in Dancalia e nell’alto Giubafino ai limiti della Great Rift Valley e dal 1895esplorò il fiume Omo fino al lago Rodolfo. Dopoaver svelato il sistema idrografico della regione,Bottego cadde con la sciabola in pugno, finito dagliOromo. Nei primi decenni del XX secolo possiamocitare lo svizzero Georges Montandon, RaimondoFranchetti, Alberto Pollera, Richard E.Cheesman, Wilfred Thesiger, Alberto DentiAmari di Pirajno. Non mancarono i cacciatori,come Samuel Baker che esplorò i tributari del Niloin Etiopia, Ernst von Sachsen-Coburg-Gotha,Dimitrie Ghica-Comăneşti, Chauncey HughStigand, Percy Powell-Cotton e Nassos Roussos.

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Sotto il regno di Menelik, il poeta Jean NicolasArthur Rimbaud (1854-1891) viaggiò e lavoròtra Yemen, Gibuti, Etiopia, Eritrea. Ad Hararin Etiopia, città dei 99 minareti, nel 1880 com-merciava in avorio, caffé, pelli, oro, contro tessu-ti di Lione, casseruole, chincaglieria e soprattut-to in armi anche per l’esercito di Menelik, tra cuigli allora modernissimi Remington. Nel 1891,malato alla gamba, ritornò in Francia dovemorì tra sofferenze atroci.

Il 5 febbraio 1885 il colonnello TancrediSaletta sbarcò a Massawa con 807 uomini ediede inizio all’avventura etiopica italianacostellata di tragedie e atti di valore. Ras Alulaimprigionò alcuni italiani tra cui il figlio undi-cenne del colonnello Piano e il 26 gennaio1887 decimò a Dogali in un’imboscata unacolonna di 500 militari italiani che portavanosoccorso alla guarnigione di Sahatì. La piazzadei Cinquecento a Roma, davanti alla stazioneTermini, ricorda questa battaglia. Nel 1889Menelik firmò il controverso trattato diUccialli, o Wuchale, con l’Italia che poi saràun casus belli e Addis Abeba divenne la capita-le dell’Etiopia. Il 1° gennaio 1890 fu procla-mata la Colonia Eritrea, da cui il governo ita-liano mirava all’Abissinia: nel 1895 gli etiopi-ci al comando di ras Maconnen, padre delfuturo Haile Selassie, annientarono i 2000uomini del maggiore Toselli sull’Amba Alagi.Un’altra figura coloniale, Giuseppe Galliano(1846-1896) si distinse nelle battaglie diAgordat e di Coatit e per la strenua difesa delforte di Macallè; cadde nella battaglia di Adua,a suo nome fu intitolato un liquore forte e aro-matico.

Nella battaglia di Adua del 1° marzo 1896, leforze italiane del tenente generale OresteBaratieri subirono una pesante sconfitta adopera dell'esercito abissino del negus MenelikII. La disfatta fu causata da inadeguatezze stra-tegiche ed errori tattici, oltre che da armi emunizioni antiquate, carte geografiche caren-ti, comunicazioni inefficienti e scarponi ina-datti per il terreno roccioso, penuria di muli edi selle e arrestò per molti anni le ambizionicoloniali sul corno d'Africa. Ad Adua perse lavita anche Luigi Bocconi, figlio del fondatoredell'Università Commerciale di Milano, la“Bocconi” chiamata così in suo ricordo. Aduafu una vittoria campale di Africani controEuropei che anticipò un altro successo inter-

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Un altro francese senza scrupoli, Henry de Monfreid (1879-1974)partì nel 1911 per Gibuti, a commerciare caffé e pellami. Si costruì uncaicco navigando il Mar Rosso, informando dei segreti di quelle coste laMarina francese, nella Prima Guerra Mondiale. Contrabbandiere, siconvertì all'Islam, come Abd el Haï, trafficando in perle, armi,hashish. Lo scrittore Joseph Kessel lo convinse a scrivere e da avventu-riero divenne un romanziere prolifico e di successo negli anni 1930 conle storie delle sue imprese. Fu anche giornalista, sostenendo con i suoiarticoli gli italiani impegnati dapprima nella Guerra d’Abissinia e poinella Seconda Guerra Mondiale. Prigioniero dei britannici in Kenya,sopravvisse di caccia e pesca, per rientrare in Francia nel 1947.

razziale: il trionfo giapponese di Tsushimasulla Russia nel 1905. La disfatta di un eserci-to regolare europeo e il riconoscimento dellasovranità africana divennero un punto di rife-rimento per i successivi nazionalismi africani,sfociati nella decolonizzazione degli anni1960.

Nel 1917, gli europei, dominatori delle coste,imposero ras Tafari come reggente che diven-ne imperatore come Haile Selassie I nel 1930,promuovendo una costituzione di tipo occi-dentale. In seguito alla crisi economica del1929, l'espansione territoriale per dare terra elavoro alle classi indigenti divenne una priori-tà del governo Mussolini che aspirava a impor-tanti colonie in Africa, come avevano GranBretagna e Francia. Solo le deboli Liberia edEtiopia erano ancora indipendenti e un’inva-sione non avrebbe dovuto provocare un inter-vento internazionale. L’adiacenza dell’Etiopiacon Eritrea e Somalia, poi, si prestava a facili-tare un attacco e a completare la zona d’in-fluenza italiana, mentre, dall’altra parte,l’obiettivo del negus Haile Selassie era di con-quistare uno sbocco al mare che ottenne daibritannici solo nel 1941 con l'annessionedell'Eritrea.

I trattati non precisavano il confine traSomalia italiana ed Etiopia, causando gli scon-tri che furono la causa immediata della guerra,come, dal 1934, le incursioni di bande armatein Eritrea tra cui l'attacco al consolato aGondar e l'incidente di Ual Ual. L’Italia siapprestò così ad occupare l’Etiopia che venivarifornita di armi, mezzi e istruttori da Franciae Regno Unito.

Il 3 ottobre 1935 le truppe del Regno d’Italiainvasero l’Etiopia, occuparono Adua, Aksum,capitale religiosa dell'Etiopia, e il 2 maggioHaile Selassie fuggì in esilio con il tesoro dellaCorona. Il 5 maggio, le truppe di Badoglio

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Nella fase d’intelligence preparatoria alla Guerra d’Etiopia, si distin-se Paolo Caccia Dominioni, il Capitano Sillavengo, che parlava ingle-se e arabo, socio di uno studio d’ingegneria al Cairo cui ilDipartimento Egiziano per l'Irrigazione aveva commissionato i pro-getti di alcune dighe dell'Alto Nilo, ideale copertura per viaggiare inSudan. L’ufficiale entrò nella rete informativa K come agente K2, sco-prendo la concentrazione di bombardieri, di trasporti di truppe emateriali al confine tra Sudan ed Eritrea. In seguito, al Cap.Sillavengo fu ordinato di costituire una pattuglia informativa, laPattuglia Astrale, composta da ascari che parlavano arabo, tigrino eamarico, incaricata di precedere le colonne in avanzata, riconoscere ilterreno, contattare gli abitanti per ottenerne informazioni e indivi-duare le piste per Gondar e Lago Tana. Sillavengo, il muntaz, capora-le, Idris Ahmed, alcuni ascari, un cammello e due muletti aprirono in10 giorni per una colonna motorizzata 275 km inaccessibili. In segui-to, Caccia Dominioni si distinse nella battaglia di El Alamein con il31° Guastatori d’Africa e nel recupero delle salme di migliaia di cadu-ti in quel deserto.

entrarono in Addis Abeba. Eritrea, Abissinia eSomalia italiana vennero riunite sotto ununico Governatore e il nuovo possedimentocoloniale venne denominato Africa OrientaleItaliana.

Dopo lo scoppio della Seconda Guerra mon-diale, nell’agosto 1940 gli italiani conquistaro-no la Somalia britannica, ma le truppe inglesisi concentrarono in Kenya per attaccare laSomalia italiana nel febbraio 1941 utilizzan-dola come base per invadere l'Etiopia, mentresferrarono dal Sudan un’offensiva control’Eritrea e dopo aspri combattimenti a Cherenentrarono all’Asmara. Dalla Somalia, la capi-tale etiopica Addis Abeba si trovava solamen-te a 250 km e il Vicerè Amedeo d'Aosta lacedette ai britannici per evitare rappresaglie daparte dei guerriglieri Arbegnoch Ginbar checercavano vendetta per taluni eccessi dell’oc-cupazione militare italiana. PerduteMogadiscio e Addis Abeba, il Regio Esercitocercò di resistere a Gondar, a Gimma, nellaregione dei Laghi, e sull'Amba Alagi, una for-tezza naturale che il Duca d'Aosta difese finoall'esaurimento di acqua e munizioni. Già duemesi prima della resa di Gondar (27 novembre1941) si formò un movimento clandestino, iFigli d'Italia e ad Addis Abeba il Fronte diResistenza, oltre a bande indipendenti, comequella, leggendaria, dei cavalieri amhara deltenente Amedeo Guillet, che diede filo da tor-cere agli inglesi per due anni. Le ultime azionifurono condotte dalla dottoressa RosaDainelli che nell'agosto del 1942 penetrò dinotte nel deposito di munizioni inglese diAddis Abeba facendolo esplodere e dal capita-no del SIM (Servizio informazioni militari)Francesco De Martini che incendiò i depositidi munizioni di Daga (Massawa).

Durante le ostilità, il conte svedese Carl GustafEricsson von Rosen (1909-1977) pilotò aerei inmissioni a favore del negus con cui stabilì un rap-porto duraturo. Dopo aver volato per laFinlandia contro la Russia e aver cercato diarruolarsi nella RAF, dove non fu accettato per-ché parente del capo della Luftwaffe HermannGöring, tornò in Etiopia come istruttore del-l’aviazione imperiale. Seguirono missioni inCongo e in seguito costituì con piccoli aerei SAABMFI-9 l’aviazione militare della provincia nige-riana secessionista del Biafra. Nel 1977, nellaguerra dell’Ogaden tra Etiopia e Somalia, fuucciso in un attacco somalo all’aeroporto di Gode.

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Occupata l’Africa Orientale Italiana dalletruppe imperiali britanniche, nel 1941 ilnegus Haile Selassie tornò al potere. Nel 1962annetté l’Eritrea, ottenendo lo sbocco al mare,ma da questo momento si ebbero ribellioni eguerre sino al 2000. L'opposizione indipen-dentista in Eritrea nacque inizialmente con ilFronte di Liberazione dell'Eritrea che venneestromesso nel 1981 dal Fronte Popolare perla Liberazione dell'Eritrea (Fple). L’Eritreaconquistò l’indipendenza dopo una lotta san-guinosa tramite il referendum dell'aprile1993. In seguito alla successiva guerra di con-fine tra Etiopia ed Eritrea dal 1997 al 2000 peril controllo delle terre comprese tra i fiumiTacazzé e Mareb, le relazioni tra i due statisono rimaste tese e la questione dei confininon è ancora risolta.Il negus regnò fino al 1974, quando il colpo distato di una giunta militare, il Derg (consiglioamministrativo militare provvisorio) lo depo-se (in carica dal 1930, il negus fu fatto moriree sepolto in modo barbaro, per essere degna-mente inumato solo nel 2000) e impose unregime socialista guidato da Teferi Benti e poidal 1977 da Haile Mariam Menghistu il cuigoverno fu noto come il terrore rosso.Menghistu rafforzò i legami con l'URSS eCuba che lo sostennero nel conflitto eritreo enella lotta contro la Somalia per l'Ogaden.Una nuova costituzione, nel 1987, fecedell'Etiopia una repubblica popolare e demo-cratica a partito unico, creato nel 1984.Stremato da golpe sanguinosi, rivolte, siccitàsu larga scala carestie di vastissime proporzio-ni negli anni 1973-4 e 1984-1985 e dal proble-ma dei rifugiati da Eritrea e Tigray, nel 1988Menghistu firmò un accordo di pace con laSomalia. Nei due anni successivi, la ritiratadelle truppe cubane e il disimpegno progressi-vo dell'URSS indebolirono il regime, alleprese con una guerra civile. Fu il colpo finale alregime di Menghistu che venne deposto da

La storia d’Etiopia influenzò profondamente ilvignettista Hugo Pratt (1927-1995) che ammi-se di aver tratto ispirazione per il suo stile pro-prio dai disegni di Paolo Caccia Dominioni.Trasferitosi con la famiglia nel 1937 in Etiopia,a Entotto, nel 1940 si arruolò nella polizia colo-niale incaricata di reprimere i banditi Shifta.Nel 1941 assistette all'arrivo delle truppe bri-tanniche. Pratt vagabondò a lungo con dei cam-mellieri dancali per rientrare nel 1943 in Italiadalla Somalia britannica. La sua vita s’intrec-cia con il suo personaggio Corto Maltese che nel-l’estate del 1918 si trova nello Yemen, dovecomanda una nave per conto di un signore dellaguerra arabo. Corto incontra il guerriero danca-lo Cush negli episodi denominati Le Etiopiche elo affiancherà tra Yemen, Somalia ed Etiopia.Cush è un Beni Hamär seguace del Mullah,fiero e indipendente, un vero figlio del deserto,molto attaccato alla sua religione e alle leggi delCorano, ma stringe una profonda amicizia conil marinaio. Tra il 1928 e il 1929 Corto è inEtiopia ad Harar con il romanziere e contrab-bandiere Henry de Monfreid. Cush compareanche in un'altra avventura della serie Gli scor-pioni del deserto, ambientata in Africa durantela seconda guerra mondiale.

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una coalizione di forze ribelli, lo EPRDF nel1991. Melles Zenawi, leader di TPLF e delFronte democratico rivoluzionario del popoloetiope (EPRDF), fu eletto alla guida dellostato in via provvisoria. Nel 1994un'Assemblea Costituente fece dell'Etiopiauno stato federale (nove regioni, formate subasi etniche) e nel 1995 il Fronte democraticorivoluzionario del popolo etiope vinse leprime elezioni pluraliste. Melles abbandonò lapresidenza per diventare primo ministro. Lasituazione rimase instabile per attriti e que-stioni irrisolte, come la spinta nazionalista deitigrini nel volere ampliare il territorio delTigray e degli Oromo e per le frizioni con laSomalia.

Nel 1964 e nel 1977-8 la Somalia combattédue guerre contro l'Etiopia appoggiata daUnione Sovietica e Cuba per il territoriodell’Ogaden popolato da somali, ma rimastoall'Etiopia in seguito alla divisione colonialeattuata dalla Gran Bretagna nell’Ottocento.Una nuova crisi con la Somalia si ebbe nel-l'estate del 2006 con la conquista diMogadiscio da parte delle Corti islamiche chescacciarono i Signori della guerra, prendendoil controllo della parte centro-meridionale delPaese. Per contrastarne l’avanzata e impedireil rovesciamento del governo provvisoriosomalo a Baidoa, l'esercito etiope entrò inSomalia entrando a Mogadiscio. Nel giugno 2008 è stata concordata la firma diun accordo.

Luca M. Venturi

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I poggiatesta di legno sono usati ancora oggi indiverse società nomadiche, soprattuttodell’Africa orientale, dove i gruppi pastoralisono predominanti. I poggiatesta sono gene-ralmente costituiti da tre parti, ciascuna di persé funzionale: il poggiatesta vero e propriodove si poggia il capo, un supporto per staccar-lo da terra e una base per appoggiarvelo.Ciascuno con il suo poggiatesta si sposta da unpascolo all’altro, ma sono usati anche da popo-li sedentari nel resto del continente. La storia dei poggiatesta risale a tempi antichi.Tra la seconda e la terza dinastia del VecchioRegno, intorno al 2600 a.C. apparvero nel-l’antico Egitto in fogge paragonabili ai piùrecenti poggiatesta africani. Anche dall’Africa

Poggiatesta dall’Etiopia sub-sahariana provengono diversi tipi di anti-chi poggiatesta, come quelli ritrovati in Malidatabili all’XI-XII sec. d.C. e altri ancora.Sono oggetti poveri, di legno, che esprimonodifferenti significati legati allo specifico conte-sto sociale dal quale derivano. Gli africani nonsiedono e non si sdraiano direttamente a terra.Durante il sonno (questa è la ragione principa-le per l’uso di poggiatesta: l’uomo passa unterzo della sua vita dormendo) non poggiano ilcapo a terra, come una persona defunta, ma suun poggiatesta che può servire anche comesgabello. Quindi, giorno e notte l’uomo ne è incontatto e lo porta con sé ovunque vada. Faparte della sua identità. Ma ci sono anche altre ragioni per usare i pog-giatesta. In molte culture servono anche perproteggere le loro elaborate acconciature chenecessitano di molto tempo per essere costrui-te e restano per diversi mesi. La più importan-te ragione per preservarle, a parte il tempo e lacura necessarie per realizzarle, è il fatto cheesse frequentemente dichiarano l’età, il genere,lo stato, il rango e il gruppo etnico della perso-na e sono spesso abbellite e cosparse da oggettidi natura magico-religiosa. Alcuni, infatti,pongono l’accento su un ruolo dei poggiatestanell’indurre i sogni, che derivano come espres-sione di potenze e di forze occulte che devonoassolutamente essere favorevolmente seconda-te. Anche per questo, i poggiatesta sono ogget-ti estremamente personali. Sono un attributomaschile. Le donne hanno i loro poggiatesta, ma sonosemplici blocchi arrotondati di legno che ser-vono loro da cuscini, mai usati come sgabello enon vengono portati in pubblico. I giovaninon usano i poggiatesta dei fratelli maggiori eun figlio non siederà mai sullo sgabel-lo/poggiatesta del padre. Quando il padre muore, il poggiatesta vienecon cura deposto con gli altri oggetti apparte-nuti alla persona. Solo in seguito, come partedell’eredità, apparterrà al figlio maggiore.

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Nella cultura occidentale, la dignità dell’arte è normalmente ricono-sciuta a opere che si pongono come oggetto di contemplazione este-tica, concepite come ‘arte per l’arte’. Ciò non è applicabile all’artetradizionale africana, nella quale la creatività artistica è espressa inoggetti d’uso quotidiano e la sua primaria funzione è comunque uti-litaristica per cui molti oggetti d’uso sono normalmente consideraticome manufatti artigianali. Anche se non sempre, o non soltanto,all’origine l’oggetto fu il risultato di una azione destinata a soddisfa-re una funzione materiale. Benché così circoscritta, l’arte funziona-le è comunque espressione di una creatività individuale, alla ricercadella bellezza all’interno di specifiche tradizioni e canoni estetici. Visi realizza una miscela di estetica e utilità attraverso l’articolazione difogge funzionali, tramite le quali si verifica, ad esempio, la corri-spondenza tra le decorazioni degli oggetti e le scarificazioni delcorpo usate presso molti gruppi etnici.Oggi, antropologi e storici pongono attenzione al contesto socio-culturale dell’arte africana. Come le è tipico, sono gli stessi membridella comunità coloro che utilizzano tali oggetti, normalmenteidentificabili solo in base all’etnia di appartenenza e non dall’indivi-duo che li ha realizzati, ignoto, relegato al ruolo di passivo iteratoredi valori di estetica tribale considerata come statica. Non ostante i predeterminati modelli di forma e di stile, restanocomunque spazi per variazioni da adottare in corso d’opera. Non sitrovano due oggetti uguali e, tuttavia, i modelli precostituiti nonfigurano alterati. Inoltre, lo stile di un oggetto è un indicatore etni-co strettamente legato a un gruppo, e, in quanto tale, è un oggettopersonale da portare sempre con sé. Particolarmente muovendosi inun intorno multietnico, il poggiatesta (come il costume, gli orna-menti, le scarificazioni, l’acconciatura, ecc.) risulta funzionaleall’identificazione di un gruppo o di un sottogruppo.

A detrimento dell’arte e delle tradizioni africane, presso moltepopolazioni l’influenza occidentale ha reso l’uso dei poggiatestaobsoleto, ma molti gruppi etnici che circondano l’acrocoro etiopicocontinuano a usarlo, più che altrove, considerandolo un utensile dibase. L’Etiopia ha sotto questo aspetto una situazione privilegiata.La ricchezza di varianti e di stili, l’uso contemporaneo di poggiate-sta, la presenza di numerose popolazioni di differente origine etnicae linguistica rende il panorama dei poggiatesta etiopici un’appassio-nante approccio per gli studiosi. Si pone, dunque, il problema dellaloro categorizzazione in un preciso contesto geografico ed etnico.Non ostante la quantità di collezioni pubbliche e private, le infor-mazioni su di essi restano ancora scarse e spesso generiche, per cuimolto ancora deve essere approfondito.

Lo scopo di questo catalogo è di offrire aglistudiosi e amatori di arte africana una selezio-ne di vari tipi di poggiatesta etiopici. Non èfacile impresa collocarli nel loro contesto geo-grafico ed etnico sulla base di un’accertata pro-venienza, ponendo attenzione alle caratteristi-che estetiche tipiche di ogni gruppo e alle con-nessioni sviluppatesi tra le differenti etnie (trale quali tipi e forme talvolta si sovrappongo-no). Per questo, si segue un itinerario idealeche attraversa varie regioni del sud Etiopia abi-tate da popolazioni di diversi ceppi linguistici:cuscitici (ai margini del Corno d’Africa),omotici (lungo la valle dell’Omo) e nilo-saha-riani (nei settori sud occidentali), distinti dallagrande famiglia propriamente semitica presen-te sull’altopiano etiopico.

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Gli Afar, i Somali, gli Oromo e i Konsoappartengono al ramo cuscitico orientale dellanumerosa famiglia delle lingue cuscitiche.

Gli Afar, meglio conosciuti come Dancali,sono circa 500.000. Di religione musulmana,Abitano nella depressione dancala tra Etiopia,Eritrea e Gibuti, sino ai piedi dell’altopianoabissino, in una terra arida con vaste zone dilava, pietra e sale sotto il livello del mare, dovele temperature possono superare i 50° C.Costituiscono un vasto gruppo di pastorinomadi allevatori di bestiame. In molte società pastorali - come in quellaprossima dei Somali - i poggiatesta (su due otre sostegni cilindrici, o svasati, o piatti)hanno generalmente una base relativamenteesile (a zampe, troncoconica, o conica) chenon ne assicura una perfetta stabilità, favoren-do di conseguenza una continua vigilanzadurante il sonno.

Etnie di ceppo linguistico cuscitico

Se usato anchecome sgabello,

il poggiatesta è dotato

di quattro solide gambe

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I Somali sono musulmani e vivono inSomalia, ma anche a Gibuti dove sono la mag-gioranza e in vaste regioni a nord-est delKenya e del sud-est dell’Etiopia, nell’Ogaden.I Somali in Etiopia sono nomadi, soprattuttoallevatori. I loro poggiatesta, dal punto di vistastilistico, riprendono il profilo di quelli pro-dotti nell’antico Egitto, ma con la tipica arca-ta superiore simbolicamente a forma di cornadi zebù. Usati solo da uomini adulti, sonomolto leggeri, con una linea elegante, spessocon decorazioni incise sui fianchi, con undistanziale cilindrico o a fasce arcuate innesta-to su una base circolare solitamente esile.

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Gli Arsi (o Arussi) sono una popolazioneoromo prevalentemente musulmana che vivecon attività agro-pastorali nell’Etiopia centromeridionale e centro-orientale (Bale), a estdella Rift Valley. Nei loro poggiatesta quattro bracci ricurvi sidipartono da una colonnetta a collegarlo conle estremità di una base oblunga.

Gli Oromo (un tempo detti Galla, parola chenei vari dialetti significava straniero, nonmusulmano, un’antica popolazione cuscitica dipastori guerrieri nomadi che nel XVI secolo,durante le guerre tra Etiopia e Sultanato diAdal, si espanse verso nord, nelle zone di Scioa,Welega, Gojjam e Wollo) costituiscono il mag-giore gruppo etnico del sud Etiopia ove la socie-tà è organizzata in un complesso sistema perclassi di età. Esprimono varie identità che risen-tono di frammistioni tra gruppi diversi e diinfluenze di etnie adiacenti al loro territorio.Ne deriva una grande varietà di poggiatestaespressa in diverse tipologie.

Alcuni poggiatestasi approssimano atipologie presenti

anche presso iGurage, con un

caratteristico profilo trapeziodisegnato da un

elaborato distan-ziale traforato che

si innesta su unabase a calotta

emisferica.

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I Boorana sono una popolazione oromo dedi-ta alla pastorizia che vive nel sud Etiopia aiconfini con il Kenya, in maggioranza seguacedella religione tradizionale e considerata comegenuina e pura interprete della cultura oromo.Secondo le prossimità, i loro poggiatesta, apatina nera, sono semplicemente poggiati suun gambo che esce da una base per lo più emi-sferica.

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Ne esistono altri con funzione oltre che dipoggiatesta anche di sgabello, allora scavaticon ricercatezza a valorizzare le marezzaturedel legno su doppi distanziali a fascia verticaleallungata che fungono anche da base.

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Altri gruppi Oromo concepiscono i poggiate-sta anche come sgabello, dotato di manici, econ doppia fascia di base per meglio assicurar-ne la stabilità.

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con distanziale a colonnine appiattite binate su una base piatta o emisferica;

In altri gruppiOromo ancorasono presentivarie tipologiecaratteristiche dipoggiatesta:

a massello su basecircolare raccor-dato in continuitàal profilo concavosuperiore;

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a base conica con varie confor-mazioni del pog-

giatesta (semplice,a farfalla);

o con due bracci(angolati , curvi)che si innestano

alle estremità delpoggiatesta

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a base ellittica a formare un conoide sul qualeinnestare direttamente il poggiatesta.

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I Konso (circa 167.000) sono un popolo agri-colo del sud-ovest dell’Etiopia. Molti pratica-no la loro religione tradizionale e sono cono-sciuti per le loro caratteristiche stele funerariedi legno. I loro poggiatesta risentono degliinflussi stilistici propri degli Hamär, popola-zione loro confinante nell’area del fiumeOmo: conformati a sella decorata con borchiemetalliche policrome poggiano su un distan-ziale piatto innestato in una base a calottaemisferica.

Etnie di ceppo linguistico semitico

I Gurage parlano dialetti semitici. Vivono asud-ovest di Addis Abeba, soprattutto di agri-coltura e allevamento. Molti Gurage sonomigrati a nord in diverse città etiopiche dovesono apprezzati per le loro capacità di adatta-mento come mercanti e artigiani. I Gurage sidividono tra la Chiesa Ortodossa Etiopica el’Islam, ma molti sono rimasti fedeli alla reli-gione tradizionale. Gruppi di artigiani dellegno, i Fuga, mantengono un’identità separa-ta nell’ambito dei Gurage. Alcuni loro poggia-testa consistono in un unico blocco di legno,che funge da base e da distanziale, pressochéparallelepipedo solo superiormente incavato.In superficie sono per lo più incisi con sempli-ci motivi geometrici e dotati di un’asola entrola quale far passare un listello per legare il pog-giatesta alla persona.20x20x10

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La maggior parte dei poggiatesta Gurage pre-sentano un profilo trapezoidale con un carat-teristico distanziale traforato a motivi cruci-formi, ad H, a forcella semplice o iterata,anche crociata a X, innestato su una base ellit-tica bombata. Frequenti sono le decorazionicon semplici incisioni geometriche.

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In un’altra tipologia Gurage, i poggiatestasono retti da brevi distanziali cilindrici inne-stati su una base parallelepipeda.

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Etnie di ceppo linguistico omotico

Gli Hamär (circa 15.000/20.000), i Kara ealtri gruppi insediati nel sud-ovest dell’Etiopiatra le valli dell’Omo e del Woyto parlano unalingua della famiglia omotica meridionale.Praticano un misto di pastoralismo, agricoltu-ra, apicoltura e caccia. Gli uomini e le donneamano decorare il proprio corpo con elabora-te acconciature. I poggiatesta degli Hamärsono conformati a sella, spesso decorata conborchie metalliche policrome, su un distanzia-le piatto innestato in una calotta emisferica dibase. Hanno una striscia di cuoio per assicu-rarne la presa.

I Kara sono un piccolo gruppo di agricoltoriche vive nel sud-ovest dell’Etiopia sulle rive delfiume Omo. I loro poggiatesta sono tripodi,usati anche come sgabelli

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Etnie di ceppo linguistico nilo-sahariano

Lungo le rive del basso Omo, ad ovest degliHamär nel sud-ovest dell’Etiopia, ai confinicol Sudan, vivono i Nyangatom, i Me’en(circa 80.000) gli Anuak e altri gruppi cheparlano dialetti appartenenti alla grande fami-glia nilo-sahariana.

I Nyangatom sono un piccolo gruppo semi-nomadico agro-pastorale presso il quali il pog-giatesta può assolvere anche la funzione di sga-bello, allora semplicemente dotato di duespesse gambe alle estremità

I Me’en vivono in piccoli villaggi autonomi.Praticano l’agricoltura, l’allevamento, la cac-cia e la pesca lungo i fiumi che attraversano illoro territorio. Fanno uso dei poggiatestaanche come sgabello. La parte superioretonda (quadra in altri esemplari) è legger-mente incassata, con due tacche semilunate aibordi e il supporto può essere d’un sol pezzoo suddiviso in due o quattro parti su una basea calotta emisferica.

Mario Di Salvo

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Arner e la cultura

I valori che sono alla base del modo di essere e dioperare di Banca Arner si riflettono anche nelsuo interesse per il mondo della cultura, unpatrimonio della collettività che va diffuso, pro-tetto e conservato.Arner interviene in ambito culturale a diversilivelli: la tutela e la valorizzazione della pro-pria sede storica di rilevante interesse architet-tonico, il patrocinio dell'opera di artisti e ricer-catori, l’organizzazione di esposizioni d’arte, dicollezioni etnografiche e di mostre fotografiche,progettate e realizzate autonomamente, la col-laborazione come partner attivo con istituzionipubbliche e private per lo sviluppo e la divulga-zione di progetti per la diffusione della cultura.

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Arner Quaderni

Banca Arner traduce in concreto il proprioimpegno istituzionale e sociale per lo sviluppodella cultura come ricerca del dialogo, dell'in-contro, dello scambio, in un progetto che sottoli-nea le affinità tra il mondo del pensiero e quel-lo della finanza.

Negli spazi della sede principale del GruppoArner, nella storica Casa Airoldi affacciata sullungolago di Lugano e sulla Piazza Manzoni,viene presentata un’ideale galleria di proposteoriginali e innovative come stimolo per l’appro-fondimento di caratteri quali ideazione, visio-ne, progettualità, tecnica e intrapresa, matricicomuni alle più intense e proficue conquistedell’Umanità.

Arner Quaderni è la serie di cataloghi illustra-ti, disponibili gratuitamente, che corredano leesposizioni proposte nelle vetrine dell’Istituto,nel centro della città.

Catalogo realizzato in occasione della mostra“L’arte dei sogni” nelle vetrine di Banca Arner,Lugano, 2008

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L’arte dei sogni