La forza dei sogni

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Romanzo - prime pagine

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Arnaldo Baguzzi

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A Cinzia,e a tutte le personeche hanno dovuto

smettere di sognaretroppo presto.

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“La vita e i sognisono fogli

dello stesso libro,leggerli in ordine

è vivere,sfogliarli a caso

è sognare”.(A. Schopenauer)

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Introduzione– di Noemi Bonapace –

Una cena tra amici, l’atmosfera serena e il profumo del cibo che pervade le stanze della superba villa padronale, immersa nel verde delle colline dell’Alto mantovano.

Contesto perfetto, idilliaco, quasi sconta-to se non fosse per quel vino galeotto, dai poteri eccezionali, che scombussola l’esisten-za di René.

Un sorso di vino aromatico e via, lonta-no nel tempo e nello spazio, verso avventure inconcepibili che segnano il cuore e fanno riflettere.

Quante volte abbiamo desiderato rivedere una persona cara, persa nel tempo, oppure rivivere un momento particolare della no-stra vita .

Inutile negarlo, spesso ci rifugiamo nel sogno per ritrovare quegli attimi speciali che tanto ci avevano emozionato.

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Il romanzo, scritto con suggestiva mae-stria, ci prende delicatamente per mano fa-cendoci vivere esperienze straordinarie, tra il reale e l’onirico.

E come un vecchio amico, stuzzicando la nostra curiosità, con semplicità ci trasmette la sua verità: la forza dei sogni, senza i quali la nostra esistenza sarebbe vuota, arida e senza speranza.

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Prefazione

Circa quattrocentomila anni fa, quando ebbe termine il periodo delle glaciazioni alpine a cau-sa dell’innalzamento della temperatura, enormi masse di ghiaccio e detriti scivolarono a valle.

Questi depositi, chiamati morene, dettero origine a dolci rilievi che, nel corso dei millenni, modellarono il territorio compreso tra la zona prealpina, il bacino gardesano e la Pianura Pa-dana, in parte ancora invasa dalle acque del mar Adriatico.

Le piogge dei secoli successivi spostarono sabbia e ghiaia verso valle, creando l’alveo di di-versi fiumi, tra cui il Mincio, che ancora oggi costituisce il naturale collegamento tra il Lago di Garda e il fiume Po.

Oggi parte di questo territorio, conosciuto come Alto mantovano, è apprezzato per la bel-lezza naturalistica, per gli ottimi prodotti eno-gastronomici e, non di meno, per essere stato

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teatro di importanti fatti d’arme, come la famo-sa battaglia di San Martino e Solferino del 24 giugno 1859, che contribuì in maniera determi-nante all’unità della nostra bella Italia.

Ed è anche cornice dei fatti narrati in questo romanzo; nella fattispecie, il paese di Monzam-bano, piccolo centro agricolo di questo estremo lembo di terra mantovana, adagiato tra le colli-ne che coronano il Garda, con il quale condivi-de il clima e la vegetazione.

Sui colli, tra i vigneti, spiccano ulivi e cipressi che si armonizzano in un paesaggio suggestivo di particolare bellezza.

Il paese è dominato dall’antico Castello e protetto dalla splendida chiesa di San Michele, situati in una felice posizione, tale che da essi lo sguardo abbraccia la sottostante valle del Min-cio e, più lontano, l’ampio panorama del monte Baldo e delle Prealpi bresciane e veronesi.

Poco distante, in prossimità di un laghetto di origine morenica, spicca Castellaro Lagusello, antichissimo borgo che conserva pressoché in-tatta la pregevole struttura medievale di origine scaligera.

Le risorse di Monzambano poggiano esclu-sivamente sull’agricoltura, che è condotta con

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mezzi modesti sul terreno arido e sassoso, il cui il prodotto principale sono i vigneti che danno un ottimo vino.

E proprio il vino è uno dei protagonisti del-la nostra storia, forse il principale, insieme ai componenti maschi di una facoltosa famiglia borghese, proprietari di una grande tenuta in frazione Olfino, tutti con una prerogativa che li rende speciali e che influenzerà, per quanto in epoche diverse, le vite di alcuni di loro.

Sarà proprio l’ultimo discendente della fami-glia Fabbricini, René, che cercherà di dare una spiegazione al mistero che si cela dietro una pic-cola porta in legno, occultata per molti anni, per mezzo della quale si può accedere ad un buio locale attiguo alla cantina della villa.

Questo romanzo vuole anche essere un pic-colo atto di fede, una testimonianza di come si possano veder realizzati molti dei nostri desi-deri, basta che lo si voglia veramente e che si abbiano le giuste motivazioni. È un aspetto cen-trale della storia che si vuole raccontare.

Le normali vicende della vita spesso ci pongono davanti a svariate situazioni. Dolore e gioia si alternano con logiche che non siamo in grado di comprendere fino in fondo, ma

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che ci fanno capire quanto sia minimo il mar-gine di manovra a nostra disposizione per ag-girare quella sensazione di assoluta impoten-za che proviamo soprattutto al verificarsi di eventi tragici. Viene naturale chiedersi perché certi fatti accadano e in quale misura siano in grado di influenzare le scelte di ognuno di noi se non, addirittura, la vita stessa.

Cercare risposte a questo interrogativo signi-fica ripensare alla propria storia. Da qui a desi-derare di rivivere momenti del proprio passato per comprendere questi perché, il passo è breve. Ma è veramente possibile tutto questo ? C’è chi sostiene di sì… basta desiderarlo intensamente.

Personalmente, nei momenti difficili, ho preferito affidare le mie richieste alle preghiere, ottenendo nella quasi totalità dei casi, un posi-tivo riscontro. Di conseguenza ho maturato la convinzione che la soluzione ai nostri problemi è già dentro di noi e le preghiere altro non sono che uno strumento per farla emergere.

Basta, appunto, desiderarlo. Intensamente !

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Prologo

“Buon Dio ! Ero sicuro che ce ne fosse solo una del 1958; e questa da dove è saltata fuori ?”.

Rimasi per un buon istante davanti allo scaffale con le bottiglie, pensieroso, esaminando ogni pos-sibilità. Poi un’intuizione illuminò la mia mente come l’interruttore elettrico aveva fatto, poco pri-ma, con le luci della cantina.

“No, non può essere ! Non posso credere che ci sia riuscito. Quel gran figlio di…” .

Sorrisi immaginando come e, soprattutto, quando avrei potuto mettere in atto il mio piano.

E la cosa mi eccitava moltissimo.