Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

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per vincere le guerre del futuro ci sarà bisogno dei civili e per affrontare i disastri che non possiamo anticipare ci sarà bisogno di militari... Nella mia Tesi di Dottorato in Scienze Strategiche, difesa con successo a maggio 2012, presento alcune idee per incominciare a discuterne.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

in cooperazione con la Scuola di Applicazione e Istituto di Studi Militari dell'Esercito di Torino

SCUOLA UNIVERSITARIA INTERATENEO DI SCIENZE STRATEGICHE

DOTTORATO DI RICERCA XXIV CICLO

LA DIFESA CIVILE NEL XXI SECOLO:

DALLA COOPERAZIONE CIVILE - MILITARE

ALL'INTEGRAZIONE DELLE FORZE

TESI PRESENTATA DA MASSIMO LANFRANCO

Tutor: Ten. Gen. Domenico Benedetti

Co-Tutor: Prof. Roberto Caranta

Coordinatore del Dottorato: Prof. Luigi Bonanate

TORINO, MAGGIO 2012

Settore Scientifico-Disciplinare di Afferenza SPS/04

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Israel.

Bus Line A.

35 passengers.

6 children, 11 women, 18 men.

One terrorist.

34 soldiers.

… evolution step three

i

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Ringraziamenti

Una nuova idea, a differenza delle prime due, che è mia propria,

assolutamente mia. La difficoltà questa volta è stata come lavorarci sopra.

In questo, il primo ringraziamento, al mio dirigente in Provincia di Savona

– Ing. Vincenzo Gareri, che mi ha dato lo spunto per usufruire dell’art. 2 L.

476/84.

Un sincero ringraziamento quindi al team che a Savona si è sobbarcato del

lavoro che gli ho lasciato: geologi (Paolo e Ottavio), ingegneri (Michele e

Massimo) e architetto (Paola).

Il Generale Domenico Benedetti è stato un tutor fantastico, solo la distanza

mi ha impedito di parlargli quanto avrei voluto.

Grazie al Prof. Roberto Caranta, già mio relatore della tesi di diritto, vedrai

che fatica che ti aspetta!

Un ringraziamento speciale per i fondi messi a disposizione dalla Dott. E.

Zanella, Ph.D., che mi hanno permesso di girare l’Europa e scoprire posti che era

meglio lasciare celati.

Effi e Clips per avermi sopportato quando gli urlavo di lasciarmi in pace e

tutti gli amici, e sono proprio tanti, per la silenziosa compassione.

Lorenzo ed Alice, la pacchia è finita!

Elena lo so che è stata dura sopportarmi ... ora vedremo se la faticaccia

servirà a qualcosa.

ii

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RIASSUNTO

Il presente progetto di ricerca ha l’obbiettivo di concorrere ad una ridefinizione

del tradizionale concetto di difesa civile, che veda rafforzati l’attività ed il ruolo

delle strutture intergovernative nella gestione di situazioni di crisi, estendendosi a

comprendere sia le nuove operazioni di peacekeeping, sia le attività di supporto

militare alle autorità civili in caso di disastri naturali ed altre emergenze di

carattere umanitario, sempre, tuttavia nell’ambito della cooperazione civile -

militare, che costituisce il connotato saliente dell’intero sistema.

In particolare voglio sottolineare che tale ridefinizione normativa ed organizzativa

deve essere sviluppata in funzione di una forte presenza delle Forze Armate nelle

strutture decisionali della nuova organizzazione di gestione delle crisi (termine

con il quale sostituire sia protezione civile sia difesa civile), in quanto gli attuali

scenari geopolitici richiedono una costante presenza delle unità militari: le Forze

Armate, grazie all’ottimo comportamento delle unità impegnate nelle operazioni

di risposta alle crisi internazionali ed al supporto alle operazioni di mantenimento

dell’ordine pubblico nazionale, hanno pienamente dimostrato che la loro presenza

è imprescindibile non solo in scenari dove la minaccia armata è anche solo latente,

ma anche in situazioni di emergenza dove il supporto ICT e logistico sono

fondamentali.

Uno sviluppo dell’organizzazione della gestione delle crisi nel senso sopra

descritto porterebbe ad una maggiore integrazione delle strutture civili e militari,

con evidenti ricadute positive nel campo economico (risparmi di spesa),

organizzativo (risparmi di personale) ed amministrativo (semplificazione

legislativa).

iii

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INDICE

Ringraziamenti ii

Riassunto iii

Indice iv

PREMESSA (PERCHÉ CAMBIARE QUALCOSA CHE NON ESISTE) 1

INTRODUZIONE 7

Obbiettivo della tesi 7 Metodologia 11

PRIMA PARTE: STORIA E TEORIA

CAPITOLO PRIMO: LA STORIA DELLA DIFESA CIVILE IN ITALIA 15

1.1 La reazione alla catastrofe (o approccio lineare) 17 1.2 L’approccio circolare 20 1.3 Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale 23 1.4 La nascita della difesa civile ed il dopoguerra 25 1.5 La Guerra Fredda 28 1.6 Dalla difesa civile alla protezione civile 29 1.7 L’Irpinia 31 1.8 La calamità diventa evento mediatico 33 1.9 L’organizzazione della protezione civile in Italia 36 1.10 L’evoluzione recente 39

iv

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CAPITOLO SECONDO: DIFESA E SICUREZZA 46

2.1 La difesa della Repubblica 49 2.2 Difesa civile come difesa non armata 51 2.3 Il significato della sicurezza 52 2.4 Nozioni di “sicurezza pubblica” e “ordine pubblico” 57 2.5 Gli scenari NBCR-E 60 2.6 Il terrorismo 69

CAPITOLO TERZO: LA DIFESA CIVILE 74

3.1 Difesa civile come complemento o come opposizione alla Difesa militare? 75

3.2 Perché stravolgere e riformulare il concetto di difesa civile? 79

SECONDA PARTE: COSA STA SUCCEDENDO?

CAPITOLO QUARTO: LA SITUAZIONE ATTUALE 82

4.1 Paesi dell’Unione Europea 82 4.1.1 Italia 83 4.1.2 Francia 89 4.1.3 Germania 96 4.1.4 Regno Unito 99

4.2 Paesi extraeuropei 103 4.2.1 Svizzera 103 4.2.2 Canada 106

4.3 Organizzazioni Internazionali 110 4.3.1 ONU 111 4.3.2 UE 117 4.3.3 NATO 124

CAPITOLO QUINTO: NUOVE MINACCE E FUTURE CRISI 130

5.1 Le nuove guerre 132 5.2 Crisi 136 5.3 Disastri innaturali 142 5.4 Infrastrutture critiche e disastri tecnologici 145

v

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CAPITOLO SESTO: L’INTEGRAZIONE 148

6.1 Whole of government approach 149 6.2 Resilienza 152

TERZA PARTE: CONCLUSIONI

CAPITOLO SETTIMO: CHI, COSA, COME, DOVE E PERCHÉ 159

7.1 Gestione delle crisi, delle emergenze e dei disastri 161 7.2 Cooperazione Civile – Militare 165 7.3 Riforma costituzionale, legislazione nazionale e normativa

regionale 168

APPENDICE 1 172

BIBLIOGRAFIA 183

vi

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Nessun limite come limite

Bruce Lee

Premessa (perché cambiare qualcosa che non esiste)

La guerra1 è una costante della razza umana2. Ma all’interno di questo continuo affacciarsi

nella storia, la scontro armato ha visto grandi cambiamenti di cultura, armi e tattiche.

L’uso della forza (fisica) per garantire i propri interessi è strettamente legato alla lotta

interspecifica (lotta per l’esistenza) e direttamente correlata, nelle teorie evoluzionistiche, alla

concorrenza per le risorse territoriali e naturali. Mentre le motivazioni alla base della lotta tra

individui non mostrano correlazioni dirette con le armi utilizzate, la violenza di gruppo si

configura come aggressione distruttiva ed è sensibilmente influenzata dagli armamenti

adottati; la tecnologia degli armamenti ha un forte impatto sulla soppressione delle inibizioni

innate3 che limitano la distruttività dei conflitti.

É probabile che la guerra sia comparsa con i primi scontri tra tribù di ominidi (età della pietra:

Paleolitico, circa due milioni e mezzo di anni fa)4, come ampiamente testimoniato dalle

lesioni sugli scheletri e da pitture murali, ed ha sicuramente rappresentato un importante

fattore di pressione selettiva nell’evoluzione biologica e culturale.

Lo scontro tra i primi rappresentanti della razza umana, per garantirsi un adeguato “spazio

vitale” o per appropriarsi delle “risorse” altrui ha visto successivamente lo sviluppo 1 La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste dimensioni che consiste nel confronto armato fra due o più soggetti collettivi significativi http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra (ultimo accesso 20/02/2012). La guerra è un atto di violenza per costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà (von Clausewitz, 2000). La guerra è un fenomeno multiforme, che assume forme differenti in tempi e contesti storici diversi, a seconda delle strutture del sistema internazionale, della cultura etico politica, dell’organizzazione sociale e politica e delle tecnologie disponibili (Jean, 2004). La guerra è un processo dinamico pieno di casualità e creatività. Qualsiasi tentativo di subordinare una guerra ad una serie di idee entro un piano predefinito è quasi un’assurdità o un’ingenuità (Liang & Xiangsui 2001). 2 Per un’ampia disamina del comportamento umano in relazione alla guerra vedi: Irenäus Eibl-Eibesfeldt “Etologia della guerra”. 3 Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”. 4 Reynolds (1966). I primi disegni raffiguranti scontri tra umani sono stati rinvenuti nelle pitture murali della grotta di Morella la Vella (Spagna) e datati al Paleolitico. Secondo alcuni autori la prima grande guerra umana fu combattuta tra Cro-Magnon e Neanderthal e portò allo xenocidio di questi ultimi.

1

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dell’”entusiasmo militare”5 e della ritualizzazione dei comportamenti aggressivi che hanno

portato alla creazione di individui destinati a servire la società mediante il combattimento: i

militari. Leggi biologiche, riti sociali e usanze tradizionali hanno portato a concezioni

differenziate del concetto stesso di guerra, nonché dei comportamenti da adottare verso i

combattenti e verso la popolazione civile.

Il continuo evolversi della società ha portato una parallela crescita delle capacità di

“uccidere” il nemico fino a raggiungere la possibilità di sterminarlo completamente con l’uso

delle armi NBC (nucleari, batteriologiche e chimiche), che durante la guerra fredda sono

rimaste sospese sulla nostra testa, pronte ad essere attivate in un conflitto nucleare globale

che ha giustamente preso il nome MAD [mutual assured distruction].

La difesa civile è tradizionalmente associata allo stato di guerra, ed in particolare alle guerre

combattute a partire dal XX secolo da stati sovrani post - westfaliani6.

Giuridicamente è materia trattata dal diritto internazionale umanitario ed in particolare dal

Primo Protocollo Integrativo dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)7, dal

titolo “Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI

Protezione Civile, presenta la seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171

paesi firmatari della convenzione, e ratificata in Italia con legge 11 dicembre 1985, n. 762:

art. 61, comma a)

con l’espressione « protezione civile » si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti i compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla sopravvivenza.

La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro

personale, come quella della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della

5 Cfr. Konrad Lorenz “L’aggressività”, pag. 341. 6 La Pace di Westfalia, sancita nel 1648 con la firma di quattro trattati, pose fine al ciclo di guerre legate alla frammentazione dell’Impero Asburgico, a scontri religiosi tra cattolici e protestanti e dispute territoriali tra vari stati europei. I trattati disegnarono la geografia europea con un nuovo ordine internazionale in cui gli Stati si riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati. 7 Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera (http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizzano il termine “protezione civile”. La documentazione ufficiale è reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa [ICRC] - http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470.

2

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Mezzaluna Rossa [International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies –

IFRC], il primo Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione

civile durante i conflitti armati.

L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile»:

Tali compiti sono i seguenti: i) servizio di allarme; ii) sgombero; iii) organizzazione di ricoveri; iv) messa in opera di misure di oscuramento; v) salvataggio; vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa; vii) lotta contro gli incendi; viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose; ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione; x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza; xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine

nelle zone sinistrate; xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili; xiii) trasporti funebri urgenti; xiv) assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza; xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei

compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e l'organizzazione, ma non si limitano solo ad esse;

dalla lettura del Protocollo e della legge di conversione risulta chiaro che:

1. a livello internazionale l’uso dei due termini difesa civile e protezione civile è legato

unicamente alle forme linguistiche (civil defence era già usato dagli inglesi, e quindi

più in generale dagli anglosassoni mentre i francesi distinguevano nettamente la

Defence – difesa armata della Repubblica – dai compiti di Securité);

2. il protocollo, nel definire la civil defence / protection civile parla esplicitamente di

ostilità e calamità, riconoscendo quindi che i servizi successivamente descritti

possono essere analogamente svolti in qualunque situazione d’emergenza;

3. i servizi individuati quali facenti parte della civil defence / protection civile fanno

stretto riferimento ad attività post-attacco, o al limite di allarme, la pianificazione è

3

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relegata tra le attività complementari e considerata funzionale alle attività di

soccorso8.

Le definizioni del Primo Protocollo Integrativo alla Convenzione di Ginevra sono esattamente

recepite dal NATO Glossary of Terms and Definitions (English and French)9:

civil defence / protection civile [CD]

Mobilization, organization, and direction of the civil population, designed to minimize by

passive measures the effects of enemy action against all aspects of civil life (01 Mar 1973).

A livello internazionale, la modifica del concetto di guerra, iniziata dopo la caduta del Muro

di Berlino, e la sua evoluzione dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, insieme a nuovi

concetti sulla centralità dell’individuo nella società, hanno portato ad un’effettiva

obsolescenza del concetto e del termine difesa civile. Non delle operazioni (e pianificazioni)

ad esso collegate, ma nella necessità di esprimere i bisogni di tutela della popolazione con

termini più efficaci e maggiormente aderenti alla realtà delle società contemporanee.

Fig. 1. Le forme della guerra, spettro dei conflitti moderni. Da Combination Warfare: Faber et al. (2003).

8 D’altronde le attività di predisposizione di rifugi e di attrezzature funzionali al primo soccorso (soprattutto antincendi) dovrebbero essere intraprese prima dello scoppio di un conflitto, e quindi sfuggono all’interesse prioritario della Convenzione, che è la tutela dei civili durante le guerre. Analogamente per le attività di ricostruzione, che è ovviamente inutile iniziare durante la guerra. 9 Listing terms of military significance and their definitions for use in NATO. Pubblicazione AAP-6(2008), Agenzia di Standardizzazione della NATO, recepita da tutti i paesi membri.

4

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In Italia la difesa civile è stata concettualmente contrapposta alla protezione civile a partire

dagli anni ’70 del secolo scorso. A seconda degli autori, l’una è stata considerata

comprensiva dell’altra e viceversa. Contrapposizioni tra individuo e stato sono state

teorizzate per giustificare l’esistenza di due distinte e separate organizzazioni volte a tutelare

la vita ed i beni dei cittadini italiani.

In questa tesi vedremo come i concetti di difesa civile e protezione civile (che si ritengono in

realtà inscindibili) si siano modificati negli ultimi 50 anni e perché ad oggi risultano superati

dall’evoluzione della società e dalle minacce10.

Fig. 2: lo spettro operativo della protezione dei cittadini. Modificato da David Alexander (2011).

La proposta che discuterò nei successivi capitoli è quella di una radicale riforma della

gestione delle crisi e dei disastri, che renda la Repubblica Italiana, ed i suoi cittadini, più

adatta ad affrontare le minacce attuali e future da parte degli attori più disparati. Sia che si

10 Per un’analisi del concetto si sicurezza, alla base di quello di difesa (civile e militare), vedi Lipschutz (1995), On Security. Per il nuovo concetto di natural security vedi Burke (2009), e Bobos (2007) per una tipizzazione delle possibili risposte organizzative a livello europeo (EU).

5

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chiamino rogue states o terroristi, che affrontino l’Italia11 in una guerra convenzionale “old

style” o utilizzando insidiose armi di distruzione di massa12, o che sia la “natura” resa sempre

più “aggressiva” dal cambiamento climatico, dallo sfruttamento ambientale e dalla

sottovalutazione dei rischi e del loro impatto sociale ed economico.

Tale proposta rappresenta inoltre un tentativo di semplificazione concettuale in un campo

reso estremamente complesso dai diversi termini utilizzati a livello europeo ed

internazionale13 dove le traduzioni da e verso il termine inglese di civil defence causano

notevoli incomprensioni concettuali, organizzative ed operative.

11 E la NATO ai sensi dell’art. 5 del Trattato dell’Atlantico del nord. 12 Armamenti in grado di uccidere o ferire un gran numero di esseri umani, senza riguardo dello status di combattenti, generalmente associate all’acronimo inglese CBRN-E che descrive tali tipologie di armi: chimiche, batteriologiche, radiologiche, nucleari, esplosive [weapons of mass destruction – WMD]. 13 Per un divertente commento su questo problema a livello europeo cfr. Wendlig (2009) pagg. 100 – 101.

6

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When the doors of perception are cleansed, things will appear to man as they truly are...infinite

William Blake

Introduzione

Obbiettivo della tesi

Difesa civile è un termine piuttosto recente, anche se relativo a tematiche da sempre presenti

nelle organizzazioni sociali umane, e soprattutto racchiude in se concetti diversi e molto

distanti tra loro. Se la II Guerra Mondiale ha visto la nascita “ufficiale” di questo termine e

delle azioni necessarie a proteggere la popolazione civile da armi sempre più letali e

distruttive, la rapida evoluzione delle relazioni internazionali nel post-Guerra Fredda ne ha

visto la radicale trasformazione dopo un cinquantennio di stasi legata all’oggettiva

impossibilità di sopravvivenza nel caso di una guerra nucleare totale tra USA ed URSS.

In questa tesi, in linea di massima, quando citerò il termine difesa civile14 mi riferirò al

sistema di difesa civile italiano, utilizzando il termine inglese civil defence15 per le

organizzazioni di altri stati, dove gli obbiettivi sono sensibilmente diversi. Per il termine

protezione civile c’é un accordo internazionale molto più ampio, anche perché è il termine

adottato negli atti ufficiali dell’Unione Europea a partire dagli anni ’8016.

Analogamente utilizzerò il termine protezione dei cittadini quando intenderò riferirmi in

generale alle attività svolte dal duopolio italiano difesa civile / protezione civile, ispirandomi

alla struttura che studia questi argomenti in seno al Centro Comune di Ricerca della

14 La ricerca del termine difesa civile su Google genera circa 10.000.000 di risultati. 15 La ricerca del termine civil defence genera circa 192.000.000 di risultati, il termine americano civil defense ne genera 193.000.000, solo in parte coincidenti con i precedenti. 16 Per i motivi di questa scelta, legata alla presenza in seno alla Commissione Europea di due Commissari all’ambiente italiani, vedi Wendling (2009) pag. 102: “At the origin, civil protection was very shy. But due to the presence of Italian officials at the DG ENV, an embryo of team emerged”.

7

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Commissione Europea (Istituto per la Protezione e la Sicurezza dei Cittadini – Institute for

the Protection and Security of the Citizen - www.ipsc.jrc.europa.eu ).

In Italia la comunità scientifica è fortemente condizionata dal peso delle definizioni

giuridiche e la materia difesa civile / protezione civile è considerata di interesse sia

costituzionale sia amministrativo.

Mentre dal punto di vista del diritto costituzionale17 non sono presenti riferimenti alla difesa

civile, la protezione civile è richiamata dall’articolo 11718 ed inserita tra le materie a

legislazione concorrente19. La Corte Costituzionale si è espressa numerose volte

sull’argomento protezione civile,20 mentre il termine difesa civile non è mai stato utilizzato

nonostante sia a più riprese toccato il dovere di concorrere alla difesa della Repubblica anche

senza armi21.

La legislazione specifica sulla difesa civile sarà ampiamente trattata nei successivi capitoli: i

riferimenti relativi alla sua organizzazione sono presenti nelle leggi di organizzazione del

Ministero dell’interno22, nella quale è incardinata la funzione difesa civile, ma sempre senza

una sua definizione terminologica. Solo la l. 401/200123 presenta nel titolo un chiaro

riferimento alla difesa civile, ma tale riferimento fu aggiunto in sede di conversione del d.l.

17 Anche se gli articoli 2 e 32 contengono dichiarazioni di principio che sottintendono la necessità della protezione dei cittadini (diritti inviolabili, diritto alla salute). 18 Articolo così sostituito dall’art. 3 della Legge Costituzionale 18/10/2001, n. .3, recante "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione", pubblicata sulla GU n. 248 del 24/10/01. 19 La legislazione concorrente prevede potestà legislativa delle Regioni con i limiti della determinazione dei principi fondamentali da parte dello Stato (leggi – cornice). 20 Da ultimo con Sentenza 22/2012, che esamina nel dispositivo la situazione attuale del sistema Protezione Civile. 21 Sentenza C. Cost., 18 maggio 1999, n. 172, che associa lo strumento militare « non più all’idea della potenza dello Stato o, come si è detto in relazione al passato, dello “Stato di potenza”, ma all’idea di garanzia della libertà dei popoli e dell’integrità dell’ordinamento nazionale » ma anche le Sentenze 228/2004, 229/2004 e 431/2005 che hanno statuito che il Servizio Civile costituisce una forma di difesa «per così dire, “civile”» 22 A partire dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” (vedi art. 14: attribuzioni del Ministero dell’interno) e dal relativo decreto di organizzazione interna del ministero e degli organi periferici: Decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398 “Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno” e D.P.R. 17 maggio 2001, n. 287 “Disposizioni in materia di ordinamento degli uffici territoriali del Governo, ai sensi dell'articolo 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300”. 23 Legge 9 novembre 2001, n. 401 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile”.

8

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343/200124 (che in origine trattava solo della riforma organizzativa della protezione civile) a

causa dei clamorosi eventi terroristici dell’11 settembre 2001 e con l’unico obbiettivo di

stanziare risorse straordinarie per la manutenzione delle sedi dei Vigili del Fuoco (l. 401/2001

art. 5-ter Strutture logistiche della Direzione generale della protezione civile e dei servizi

antincendi del Ministero dell’interno).

Dal punto di vista del diritto amministrativo esiste un’ampia bibliografia inerente la

protezione civile25, per quanto riguarda la difesa civile è invece difficile trovare testi di

livello universitario non connotati da faziosità organizzative26.

Le definizioni riportate di seguito, costituiscono il punto di partenza concettuale per

comprendere come la materia sia incompresa anche dai cultori del diritto; sono tratte dal

Trattato di Diritto Amministrativo curato da Sabino Cassese27.

Nozione di difesa civile in Cassese (2003), redatta da A. Baldanza:

Libro I. LE FUNZIONI DI ORDINE

“La « difesa civile » esprime invece quel complesso di misure che consentono alla

collettività di assorbire « con minori danni possibili, gli effetti di attacchi diretti e di

provvedere ai rifornimenti indispensabili per le popolazioni e per il sostegno dello

sforzo militare »28, tale da coinvolgere, in maniera trasversale, tutti gli apparati

pubblici, in quanto chiamati, in caso di emergenza, a provvedere per quanto di

competenza.”

Nozione di protezione civile in Cassese (2003), redatta da C. Meoli:

Libro V. I BENI, I LAVORI PUBBLICI E L’AMBIENTE

“… l’origine della funzione di protezione civile, nel suo primitivo significato

essenziale, può ricercarsi nella tutela della « sicurezza » e dell’« incolumità dei

24 Decreto legge 7 settembre 2001, n. 343 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile”. 25 L’analisi dell’approccio del diritto alla protezione civile si trova in Pepe (1996); per una bibliografia completa e ragionata dei testi reperibili fino al 2000: http://www.francescosantoianni.it/disastri/biblibri.htm26 Tutti i testi rinvenuti, che presentano un carattere analitico della materia e non prettamente riepilogativo, sono redatti o curati da appartenenti alla carriera prefettizia. 27 Cassese S. (ed.): Trattato di diritto amministrativo. Giuffré Editore, Milano. Pagine 5270. 28 Citato da Cassese (2003): C. Jean, Il Ministero della difesa, Roma, Nuova Italia Scientifica, 1991, p. 31.

9

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cittadini », affidata, secondo l’art. 1 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza,

approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, all’autorità di pubblica sicurezza.” … ed

in seguito … si evidenziano definitivamente i contenuti peculiari della funzione di

protezione civile, individuati nella natura dell’evento dannoso (sia esso calamità

naturale o catastrofe dovuta a fatto dell’uomo) e nella situazione di emergenza

determinata dalla sua gravità o estensione.

Nello stesso capitolo si rinvengono altresì le seguenti definizioni di difesa civile (p. 2146):

“… nozione più chiara della protezione civile, da tenere a sua volta distinta dalla

difesa civile, che è quel sistema di organizzazione generale della difesa non militare

del territorio nazionale rispetto alle minacce non riconducibili alle calamità naturali.

Compiti primari della difesa civile sono quelli di assicurare nei momenti di crisi la

continuità dell’azione di governo, della erogazione dei servizi pubblici essenziali e

degli approvvigionamenti, di approntare le strutture presso cui i cittadini possano

rivolgersi e rifugiarsi, di gestire la vigilanza e l’allarme.”

Lo stesso Autore, poche pagine dopo (p. 2165), attribuisce i compiti di difesa civile alle forze

armate, confondendola con la cooperazione civile-militare (COCIM)29:

“la difesa civile, che l’art. 14, d.lg. n. 300/1999 già enumera espressamente tra le

attribuzioni del Ministero dell’interno, è un’attività diversa (anche se parallela a

quella di protezione civile), prevalentemente di competenza delle Forze armate, come

difesa della popolazione in tempo di guerra, a cui oggi, per certi versi, possono

essere equiparati i grandi eventi del terrorismo internazionale. Tale attività ha quindi

come presupposto un evento di tipo bellico, che determina una esigenza di difesa

della vita civile (territorio, infrastrutture, servizi essenziali e popolazione) e si

identifica in tutto quel complesso di misure adottate, in tempi di normalità, per

garantire al Paese uno stato di efficienza nei periodi di guerra.”

29 La COCIM è stata inizialmente concettualizzata dello Stato Maggiore dell’Esercito (vedi infra) per costruire un’architettura operativa in grado di gestire le attività civili in tempo di guerra. Oggi è sicuramente preferibile utilizzare i termini, ed i relativi concetti, derivati dalla terminologia dell’esercito americano di MACA (Military Assistance to Civilian Autorities) e CMCO (Civil – Military Co-Ordination). Nel primo caso l’uso della forza, caratteristico delle forze armate, è tassativamente escluso (a parte il ricorso all’autodifesa od al supporto alle operazioni di polizia). Nel secondo le opzioni cinetiche sono subordinate solo alle regole di ingaggio.

10

Page 18: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Come si può quindi concludere in questa breve introduzione del punto di vista giuridico,

nello stesso trattato (che costituisce uno dei più rinomati testi nel panorama del diritto

amministrativo in Italia), due autori attribuiscono alla difesa civile un significato

completamente diverso, ed ancora peggio, lo stesso autore, a distanza di alcune pagine,

riesce ad attribuirgli due significati completamente diversi, se non opposti.

Metodologia

In Italia la maggior parte della ricerca sulla difesa civile analizza esclusivamente l’approccio

concettuale a livello governativo. Analogamente, per quanto riguarda i campi paralleli di

gestione delle crisi e protezione civile, i testi reperibili riguardano generalmente il livello

nazionale, o descrivono analiticamente l’organizzazione a livello comunale.

La bibliografia internazionale comprende valutazioni molto più approfondite a tutti i livelli

ma le singole pubblicazioni hanno raramente un approccio trasversale orizzontale (tra le tre

organizzazioni) o verticale (tra livelli governativi differenti).

Questo è il motivo per cui nel mio lavoro ho cercato di puntualizzare le connessioni tra

questi aspetti che sono generalmente considerati separatamente.

La mia ricerca ha come obbiettivo l’analisi dei processi che costituiscono minacce e pericoli

e delle risposte messe in atto da diversi governi ed organizzazioni per affrontarli.

Questa tesi di dottorato è basata su “fonti aperte” reperibili in bibliografia, su corsi, seminari

e convegni seguiti direttamente e su interviste tenute con addetti ai lavori, sia a livello di

ricercatori [scholars], sia a livello di personale appartenente ad organizzazioni pubbliche e

private che sono coinvolte nelle tre aree della protezione dei cittadini [practitioners].

Un importante ruolo nelle analisi riportate di seguito è giocato dalla mia attività lavorativa

passata e presente, in particolare il servizio militare quale ufficiale dell’Esercito Italiano

durante la missione di peacekeeping “Albatros” (UNOMOZ30) e le operazioni di supporto

all’ordine pubblico “Vespri Siciliani”, immediatamente dopo gli attentati terroristici

compiuti dalla mafia a Firenze31, Milano32 e Roma33. Le mie esperienze sui disastri naturali,

30 http://www.un.org/en/peacekeeping/missions/past/onumoz.htm 31 Attentato di Via dei Georgofili, Firenze, 26 maggio 1993. 5 morti.

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Page 19: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

che comprendono tutte le fasi del “ciclo dei disastri”, hanno altresì influenzato il mio punto

di vista sugli aspetti tattici ed operativi, ponendo particolare enfasi sulla necessità di una

seria analisi degli errori che conduca non a processi giurisdizionali ma alla revisione dei

processi organizzativi34.

Nel mio studio ho utilizzato diversi tipi di comparazione: tra modelli organizzativi nazionali,

tra sviluppi storici, tra analoghe organizzazioni in stati diversi, tra minacce e pericoli.

L’originalità della ricerca risiede nel modo in cui ho cercato di integrare i diversi aspetti e di

discutere i punti di forza e di debolezza delle possibili risposte ad ogni livello.

La ricerca bibliografica si è basata innanzi tutto sull’analisi di documenti legislativi e sugli

atti propedeutici, sia degli stati su cui inizialmente ho indirizzato le analisi35 sia delle

principali organizzazioni internazionali36.

Per quanto riguarda la difesa civile in Italia è stato impossibile, nonostante una richiesta

diretta alla prefettura competente37, ottenere la visione di un Piano di Difesa Civile

provinciale. Colloqui informali e presentazioni presso lo Stato Maggiore della Difesa e la

NATO School mi hanno permesso comunque di delinearne la struttura e le componenti

principali, più che sufficienti per gli obbiettivi del presente lavoro.

In particolare i documenti NATO relativi alla minaccia CBRN-E ed al terrorismo, a cui fa

riferimento la pianificazione nazionale, presentano un livello di riservatezza generalmente

inferiore38 a quello italiano. I dati a cui ero interessato li ho ottenuti direttamente presso i

32 Attentato di Via Palestro, Milano, 27 luglio 1993. 5 morti. 33 Falliti attentati a San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, Roma, 28 luglio 1993. 34 Soprattutto di quelle che in ambito militare sono individuate come tattiche, tecniche e procedure [Tactics, Tecniques and Procedures – TTPs]. 35 Italia, Australia, Austria, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Iran, Irlanda, Islanda, Israele, Malaysia, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Regno Unito, Russia (ed Unione Sovietica), Stati Uniti, Singapore, Sri Lanka, Svezia, Svizzera. 36 Nazioni Unite [UN], Unione Europea [EU], Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord [NATO], Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa [OSCE]. 37 Girata al Ministero dell’interno, che ha risposto negativamente. 38 NATO Security Policy C-M(2002)49.

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Page 20: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Centri di Eccellenza NATO39, che mantengono stretti rapporti con l’ambito accademico o

intervistando esperti non italiani (sia accademici che ricercatori di think thank).

In questo punto risiede comunque il principale limite a questa ricerca: affrontando argomenti

parzialmente ricadenti tra le informazioni classificate, si riscontrano ovviamente notevoli

difficoltà a comparare i dati internazionali con quelli italiani, soprattutto perché i documenti

italiani non presentano versioni “depurate” dalle quali si possa comunque valutare

l’organizzazione complessiva del sistema.

In totale ho condotto 30 interviste semi strutturate, di durata compresa tra 30 e 120 minuti,

sia di persona sia via telefono / skype. Dato che il discorso poteva sempre toccare argomenti

riservati non ho effettuato registrazioni.

Una risorsa preziosa in questo campo sono stati quindi i partecipanti ai corsi ed alle

conferenze a cui ho partecipato40, la conoscenza personale mi ha permesso di richiedere ed

ottenere documenti o link che difficilmente avrei scoperto via Google o per i quali avrei

dovuto recarmi direttamente in biblioteche sparse in Europa e Nord-America41.

I colloqui informali con gli altri partecipanti a questi corsi/convegni sono stati fondamentali

anche per poter discutere le tematiche legate a documenti riservati42 e per verificare le

informazioni fornite durante le interviste da personale di diverse organizzazioni (che

incorporano prospettive sempre leggermente diverse).

Dal punto di vista della bibliografia ho cercato di renderla il più completa possibile, non

limitando né la tipologia di fonti né la loro data di pubblicazione. Nel complesso ho

consultato 3600 fonti documentarie, delle quali ne ho direttamente utilizzate 300 per la

stesura della tesi, che sono quindi citate in bibliografia. Altra fonte importante è stato

39 Civil-Military Co-operation Centre of Exellence [CIMIC COE], Enschende (NL) - http://www.cimic-coe.org/; Joint Chemical Biological Radiological and Nuclear Defence Centre of Exellence [JCBRN Defence COE], Vyskov (CZ) - http://jcbrncoe.cz/joomla/. 40 In particolare, per i contatti tra partecipanti e relatori: 1° Corso junior in Post Conflict Rebuilding Management (2009), 30° Corso di cooperazione civile – militare COCIM (2009), Civil Emergency Planning Course (2010); CyberSecurity: Protecting Our Critical infrastructures (2009), La minaccia NBCR:potenziali rischi e possibili risposte (2009), International Disaster and Risk Conference IDRC2010, Global Platform for Disaster Risk Reduction 2011, VALgEO2011 3rd International workshop on validation of geoinformation products for crisis management (2011). 41 Per non parlare di Iran, Singapore, Malaysia, Australia e Nuova Zelanda. 42 In Italia i piani di difesa civile ed il manuale per le crisi sono documenti classificati “riservato”, ai quali non è possibile accedere direttamente

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Page 21: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

ovviamente il web, sia mediante l’accesso a siti ufficiali od il monitoraggio di riviste on-line

sia con la verifica periodica della blogosfera, dove spesso si rinvengono interessanti

commenti anche se privi di affidabilità.

Per le definizioni e gli avvenimenti ho utilizzato Wikipedia, l’enciclopedia libera, sia in

italiano sia in inglese. Quale dizionario per la traduzione dei documenti in lingua inglese, il

Merriam-Webster Collegiate Dictionary.

Per i dati sui paesi del mondo, il World Factbook della CIA43 per reperire quelli più

aggiornati ed una serie di atlanti Mondatori per verificare le modifiche degli ultimi 60 anni.

Le fonti principali per la raccolta di dati sui disastri sono il database EM-DAT44, il sito di

bibliografia di UNISDR45 e quello della Commissione Europea46; su quest’ultimo sito si trova

anche la descrizione delle organizzazioni dei paesi europei, che può essere integrata

dall’International CEP Handbook edito dal MSB svedese.

Infine i principali Autori da cui ho tratto ispirazione per la concettualizzazione della tesi, e

devo quindi ringraziare, sono:

David Alexander (chief scientist al Global Risk Forum), Susan L. Cutter (Distinguished

Professor alla University of South Carolina), Enrico L. Quarantelli (Professor Emeritus al

Disaster Research Centre at University of Dalaware), David J. Kilcullen (senior counter-

insurgency consultant) Cecile Wendling (Research fellow at Fondation nationale des

sciences politiques), Ben Winser (indipendent scholar).

Nella redazione del presente elaborato, sono presenti molti termini inglesi che non sempre ho

tradotto in italiano, la scelta se tradurre o no i termini è legata all’utilizzo estensivo di tali

termini in inglese anche tra addetti ai lavori (scholars e practitioners, che definiscono nel

complesso gli addetti ai lavori, ne sono un esempio).

43 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html44 The International Disaster Database edito dal Centre for Research on the Epidemiology of Disasters [CRED]: http://www.emdat.be/45 http://www.preventionweb.net/english/46 Vademecum di Protezione Civile: http://ec.europa.eu/echo/civil_protection/civil/vademecum/index.html

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Page 22: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

In this imperfect world, war in natural

A.M. Low

Capitolo primo: la storia della difesa civile in Italia

La difesa civile è strettamente legata ai concetti di soccorso e di emergenza. Un’analisi

storico-politica della nozione del pensiero “emergenza”, e delle conseguenze che la sua

applicazione ha prodotto in Italia ed in Europa, ci consente anche di valutare il pensiero

moderno relativo al “soccorso umanitario” che nei paesi in via di sviluppo (PVS) ormai è

strettamente associato agli aiuti allo sviluppo.

I valori guida di questa grande area comprendono termini quali solidarietà, partecipazione,

autoprotezione, sussidiarietà, cooperazione, ma anche i nuovi concetti di vulnerabilità,

sostenibilità, resilienza, panarchia. Tutti questi termini sono riportati nel glossario in allegato

e descritti nei capitoli seguenti.

In Italia il ciclo operativo della protezione dei cittadini, dall’unità d’Italia ad oggi, si è evoluto

passando progressivamente da un’impostazione di tipo sequenziale (di seguito denominata

approccio lineare) che basandosi sui meccanismi di causa – effetto / azione – reazione,

considera soltanto le azioni di intervento al momento dell’evento, ad una impostazione di tipo

ripetitivo (di seguito denominata approccio circolare47) che considera le fasi di previsione,

prevenzione e preparazione per la mitigazione del danno, integrandole con le fasi di soccorso,

superamento dell’emergenza, ricostruzione e ripristino della normalità.

Questi due “modus operandi” hanno visto fasi evolutive simili anche negli altri paesi europei

e stanno lasciando il campo a nuove concezioni operative descritte alla fine del presente

capitolo e di seguito al sesto capitolo.

47 La scelta dei due termini si richiama alle teorie di resilienza in psicologia. Per una trattazione approfondita vedi Loriedo e Vella, Il paradosso ed il sistema familiare, Bollati Boringhieri, 1989.

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Page 23: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il primo approccio, di tipo verticistico, e di diretta discendenza militare, vede cittadini e

territorio passivi ed uno Stato che, ad evento accaduto, si cala sul territorio con poteri

straordinari, senza ricercare il contatto con il territorio stesso od un feed-back alle sue azioni.

In quest’approccio predomina solo la figura autoritaria del commissario delegato. In

quest’ottica le attività di previsione e prevenzione vengono svolte altrove, disperse nelle

molteplici sedi ed organizzazioni preposte al governo del territorio o alla ricerca, e sono

totalmente scollegate dalle attività di emergenza, per le quali si considera solo la fase di

intervento, durante le quali emerge la figura del commissario straordinario.

La seconda impostazione, al contrario, vede il cittadino ed il territorio parte attiva, che

inizialmente si autoproteggono e si autodifendono, e solo quando sono travolti da un evento di

magnitudo maggiore della loro capacità di reazione, in virtù del principio di sussidiarietà,

chiedono aiuto alle altre componenti pubbliche di livello via via più alto a seconda

dell’intensità dell’evento stesso. Questo metodo integra tutte le attività di protezione dei

cittadini (previsione, prevenzione, soccorso, superamento dell’emergenza), e prevede che esse

vengano svolte ai vari livelli secondo i principi della progettazione e gestione partecipata.

Non c’è quindi una figura che emerge, ma un “coro” di cooperanti. È quindi un approccio di

tipo sistemico, che adotta un modello distribuito basato sul principio della sussidiarietà e

implica processi multi - attore e multi - obiettivo.

Di seguito, dopo la descrizione delle due tipologie di approccio ai disastri (ma anche alle crisi

in generale), descriverò come la protezione dei cittadini si è evoluta nel tempo attraverso le

due metodologie citate: dal 1919 la linea si curva fino a chiudersi in un cerchio (legge

225/1992) per poi spezzarsi di nuovo (legge 401/2001) tornando ad essere un meccanismo

incentrato sulla risposta ai disastri48, senza raggiungere pienamente gli standard internazionali

descritti al paragrafo 4.3.1.

48 Cfr. intervento di Stefano Torelli su Lo Spazio della Politica (02/02/2010): www.lospaziodellapolitica.com

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Page 24: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1.1 La reazione alla catastrofe (o approccio lineare)

L’organizzazione della protezione dei cittadini, nella storia, si è sostanzialmente basata sul

concetto sequenziale causa–effetto: a fronte di un evento conclamato (ad es. terremoto,

alluvione, incidente ferroviario, pandemia) vi è la reazione dello Stato che invia soccorsi

(organizzati solo in parte) e poi provvede ad un aiuto per il ristoro dei danni.

Quest’approccio metodologico implica che l’unica azione intrapresa sia quella sintetizzata

dalla triade «disastro => soccorso => ricostruzione»49 (da qui il concetto di “linea”, in quanto

azione sequenziale con un inizio e una fine). Nel tempo d’intervallo tra un fenomeno e l’altro,

ci si limita ad aspettare gli eventi (o crisi), ai quali si risponde sempre con lo stesso modo:

nomina di un commissario straordinario, invio dei soccorsi, aiuto alla popolazione superstite e

ricostruzione. La tipologia d’azione del approccio lineare è di tipo passivo, riconducibile allo

schema d’azione di difesa civile.

La nomina del commissario straordinario è l’azione che, più delle altre, caratterizza

l’approccio lineare italiano e, tranne una breve pausa nel 1925, è sempre stato applicato senza

soluzione di continuità fin dal terremoto verificatosi nella zona di Napoli nel 62 d.C..

L’imperatore Nerone, affezionato all’area circumvesuviana (Massimo Fini, Nerone. Duemila

anni di calunnie, Mondadori, Milano, 1993), nominò l’ex console Clemente come suo

commissario e lo inviò nell’area disastrata per censire danni e provvedere in merito; in seguito

l’imperatore Tito50, in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., inviò due ex-consoli a

dirigere la ricostruzione nella piana campana.51.

49 Inizialmente pienamente amplificato nel concetto di difesa civile: salvaguardia dei cittadini durante la guerra. Pianificazione e ricostruzione erano qui estranee al periodo di crisi, essendo preliminari alla dichiarazione di guerra e successive alla firma della pace. 50 in Svetonio, De Vita Caesarum, Divus Titus: Quaedam sub eo fortuita ac tristia acciderunt, ut conflagratio Vesuvii montis in Campania, et incendium Romae per triduum totidemque noctes, item pestilentia quanta non temere alias. In iis tot adversis ac talibus non modo principis sollicitudinem sed et parentis affectum unicum praestitit, nunc consolando per edicta, nunc opitulando quatenus suppeteret facultas. Curatores restituendae Campaniae e consularium numero sorte duxit; bona oppressorum in Vesuvio, quorum heredes non exstabant, restitutioni afflictarum civitatum attribuit. Urbis incendio nihil publice nisi periisse testatus, cuncta praetoriorum suorum ornamenta operibus ac templis destinavit praeposuitque complures ex equestri ordine, quo quaeque maturius peragerentur. Medendae valitudini leniendisque morbis nullam divinam humanamque opem non adhibuit inquisito omni sacrificiorum remediorumque genere. There were some dreadful disasters during his reign, such as the eruption of Mount Vesuvius in Campania, a fire at Rome which continued three days and as many nights, and a plague the like of which had hardly ever been known before. In these many great calamities

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Page 25: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

I Commissari ad acta per i disastri rappresentano simbolicamente lo Stato (prima il Dominus)

che reagisce; essi assumono nelle aree colpite poteri straordinari e spesso in deroga

all’ordinamento vigente.

La struttura finalizzata per l’intervento di soccorso esiste nel nostro Paese da molti anni.

L’Imperatore Augusto, per proteggere Roma dai ricorrenti incendi, istituì nel 22 a.C. i

“pompieri imperiali” (vigiles). Durante l’Impero Napoleonico (1806) l’organizzazione

francese dei Corpo delle “Garde-pompes” fu estesa a tutto l’Impero.

Fig. 3: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo iniziale del Regno d’Italia.

he showed not merely the concern of an emperor, but even a father's surpassing love, now offering consolation in edicts, and now lending aid so far as his means allowed. He chose commissioners by lot from among the ex-consuls for the relief of Campania; and the property of those who lost their lives by Vesuvius and had no heirs left alive he applied to the rebuilding of the buried cities. During the fire in Rome he made no remark except “I am ruined”, and he set aside all the ornaments of his villas for the public buildings and temples, and put several men of the equestrian order in charge of the work, that everything might be done with the greater dispatch. For curing the plague and diminishing the force of the epidemic there was no aid, human or divine, which he did not employ, searching for every kind of sacrifice and all kinds of medicines (trad. dal latino by Bill Thayer – University of Chicago) 51 Per un’analisi approfondita dell’evento del 79 d.C., e dei risvolti di “protezione civile” ante-littam, vedi Allison (2010) e la bibliografia ivi citata.

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Page 26: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

All’inizio del novecento a livello comunale operavano i civici pompieri, che divennero poi

corpo provinciale e successivamente nazionale, fino ad assumere l’attuale denominazione di

Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (il cui ordinamento è stato definito in ultimo dal d.lgs.

139/2006) e che rappresentano l’ente deputato al soccorso pubblico e alla prevenzione ed

estinzione incendi.

Nel periodo che intercorre tra un evento e l’altro, l’organizzazione del soccorso consiste

unicamente nella semplice stesura di elenchi di materiali, di uomini e di mezzi da utilizzare e

di quant’altro necessario alle operazioni di soccorso e nella predisposizione di magazzini per

lo stoccaggio del materiale. Il Regio Decreto 06/11/1926 n. 1848 (Testo Unico delle Leggi di

Pubblica Sicurezza – TULPS) stabilì che questi elenchi dovevano essere predisposti,

aggiornati annualmente e trasmessi ai Ministeri dell’Interno e dei Lavori Pubblici.

Fig. 4: l’organizzazione della protezione dei cittadini durante il periodo fascista del Regno d’Italia.

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Page 27: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

L’introduzione di questa competenza a carico del Ministero dell’Interno aprì la strada ad una

concezione sempre più dualistica delle attività di protezione dei cittadini: soccorso nel caso di

disastri (protezione dei cittadini) ma anche controllo e repressione dei disordini (protezione

dai cittadini).

L’approccio lineare definisce quindi un’impostazione della protezione dei cittadini di tipo

verticistico, che vede un territorio e un cittadino passivi e uno Stato che, ad evento accaduto,

si cala sul territorio con poteri straordinari e senza ricercare il contatto con il territorio stesso;

ciò che emerge è solo la figura autoritaria del commissario straordinario e le attività di

soccorso improntate a modelli militari risalenti alla Grande Guerra.

1.2 L’approccio circolare

Il passaggio da una logica lineare e sequenziale di causa-effetto ad una logica sistemica di tipo

circolare è stato graduale. L’organizzazione di protezione dei cittadini del nostro Paese

secondo una logica di sistema, si è concretizzata nella prassi nel periodo che va dalla fine

degli anni ottanta al 2000, evolvendosi in un sistema interdisciplinare e multioperativo fino a

quando, con la legge 225/1992 è ufficialmente nata la protezione civile,.

La logica di sistema pone, quale base di lavoro, l’approccio della circolarità ricorsiva (da qui

il concetto del cerchio derivata dal “ciclo dei disastri”): si passa cioè dalla fase della

ordinarietà dove vengono svolte le attività di previsione, prevenzione e preparazione alle crisi

ed ai disastri, alle fasi successive del soccorso integrato e del superamento dell’emergenza,

per proseguire con la ricostruzione e il ripristino della normalità ritornando infine nuovamente

alla fase della ordinarietà con le attività di previsione, prevenzione e preparazione

dell’emergenza.

La tipologia d’azione dell’approccio circolare è di tipo proattivo, essa quindi presuppone la

costruzione ed il consolidamento di una relazione gruppo sociale – territorio quale condizione

indissolubile dall’azione di protezione dei cittadini.

Il “cerchio” intende la protezione dei cittadini come servizio orizzontale e verticale, in cui i

soggetti hanno pari dignità ed obbligo di concorso nel caso gli altri attori non riescano ad

affrontare la situazione di crisi prevista od in atto.

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Page 28: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 5: il ciclo dei disastri.

Gli elementi portanti dell’attuale organizzazione di protezione civile in Italia, fondata su

questa metodologia sono:

1. gli strumenti per la pianificazione, direzione ed il coordinamento delle attività di

protezione dei cittadini (i programmi di previsione e prevenzione e i piani di

emergenza);

2. il metodo di lavoro (il metodo Augustus52), che consente sia ai vari attori di

colloquiare tra loro secondo linguaggi condivisi, sia di organizzare e gestire le varie

attività con lo stesso approccio;

3. la definizione chiara dei compiti di ciascun attore;

4. la definizione chiara delle finalità;

52 Per un approfondimento, a cura del suo ideatore Elvezio Galanti, vedi: http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf

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Page 29: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

5. l’adozione dei principi della sussidiarietà, dell’autoprotezione e dell’autodifesa: il

metodo adotta quanto sancito a Strasburgo nel 1978 nella Conferenza dei poteri locali

e regionali d’Europa53.

Fig. 6. Attività e modelli organizzativi della Difesa Civile / Protezione Civile

L’approccio circolare considera ugualmente importanti tutte le attività di protezione dei

cittadini (previsione, prevenzione, emergenza, soccorso, ricostruzione) e le porta avanti

secondo i principi della progettazione e gestione partecipata, attraverso il coinvolgimento di

tutte le componenti, ciascuna con il proprio ruolo e i propri compiti. Non c’è quindi una figura

che emerge ma un coro di attori. Quest’impostazione si basa sul dialogo tra le istituzioni a

tutti i livelli e fa proprio e realizza il principio costituzionale della sussidiarietà.

53 Il cittadino prima cellula fondamentale di una società “è individuo maturo, dotato di senso civico ... che al momento opportuno reagisce all'inerzia e all'abbandono...e comincia a operare”: Council of Europe – Conference of Local and Regional Authorities of Europe (CLRAE), The Bordeaux Declaration (1978), CoE, Strasbourg, 1978.

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Page 30: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1.3 Dalla linea al cerchio - dal 1908 alla II Guerra Mondiale

Agli inizi del 900, in Italia, i principali attori proposti alla protezione dei cittadini ed al

soccorso erano il Ministero della Guerra, il Ministero dei Lavori Pubblici, con il Genio Civile,

il Ministero degli Interni, con i prefetti, ed il Ministero del Tesoro (che doveva garantire

adeguati finanziamenti). A livello locale c’erano i Sindaci con i civici pompieri e i volontari

comunali, molto diffusi in particolare nell’area tosco-emiliana (Misericordie).

Uno dei primi esempi di intervento governativo fu la proclamazione dello stato di assedio in

occasione del terremoto di Reggio Calabria e di Messina (decreto reale del 2 gennaio 1909),

che permise tra l’altro la promulgazione della legge marziale e la fucilazione di alcuni

sciacalli dopo sommari processi54.

Dopo il terremoto / maremoto di Messina del 1908, benché ci sia stato negli anni successivi

un primo esempio di azione di prevenzione sul piano sismico, non si riuscì a consolidare

un’azione diversa da quella di reagire esclusivamente alla catastrofe.

Tuttavia il disastro di Messina indusse nella classe dirigente l’idea di un coordinamento per le

emergenze. Tale idea si rafforzò con la pandemia influenzale del 1916, la famosa “spagnola”,

che causò circa mezzo milione di morti.

L’idea venne recepita dal legislatore che, con il regio decreto legge 02/09/1919 n. 1915

“Ordinamento dei servizi di pronto soccorso in occasione di eventi tellurici”, affida al

Ministro dei Lavori Pubblici, e più precisamente alla struttura provinciale del Ministero

(Genio Civile), il comando delle operazioni di soccorso nel caso di terremoti. I Sindaci, subito

dopo l’evento, dovevano inviare sul luogo del disastro i pompieri (allora comunali) e il

personale a loro disposizione; Il Ministero dell’Interno, attraverso il Prefetto, aveva solo

compiti di coordinamento del soccorso sanitario.

All’epoca il Genio Civile aveva già le competenze in materia di acque pubbliche (r.d.

523/190455) ed era quindi incaricato di realizzare le opere di difesa degli abitati (primo

esempio di prevenzione) ed intervenire durante le alluvioni: con il r.d.l. 1915 abbiamo quindi

54 Per una descrizione degli eventi, http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_di_Messina, e per l’operato del governo, anche se acritica, vedi: http://diamante.uniroma3.it/hipparcos/TerremotoSiciliaCalabria1908.htm55 Regio decreto 25 luglio 1904, n. 523. “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”.

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un nucleo di organizzazione di approccio lineare (prevenzione – soccorso – ricostruzione) ma

rivolto unicamente alla realizzazione, mantenimento e ricostruzione degli argini.

Con il r.d.l. 09/12/1926 n. 2389 “Disposizioni per i servizi di pronto soccorso in caso di

disastri tellurici o di altra natura” (convertito poi con legge 883/1928), e con il suo

regolamento di attuazione (contenuto nel D.M. 15 dicembre 1927), il Genio Civile è chiamato

stabilmente anche a svolgere il compito di coordinamento delle attività di preparazione in

caso di “eventi tellurici” con la predisposizione di elenchi relativi ai funzionari da mobilitare,

all’ubicazione degli ospedali, dei magazzini, dei depositi di carburante e di quant’altro

necessario alle operazioni di soccorso.

Il RDL 2389/1926 pur affidando all’allora Ministero dei lavori pubblici la direzione dei

servizi a livello nazionale, ed il comando delle operazioni di soccorso al Genio Civile,

incarica il Prefetto del coordinamento politico ed amministrativo.

C’era già quindi il seme della dicotomia operativa che si è trascinata fino ai giorni nostri: da

una parte il Prefetto a rappresentare il Governo, con l’alto incarico di coordinamento generale

e in particolare delle strutture statali prevalentemente militari o paramilitari; dall’altro il

funzionario del genio civile, al momento più alto in grado, preposto al coordinamento di

quelli che oggi chiameremmo Vigili del Fuoco, Enti locali e Volontariato.

Per quanto attiene la figura del Commissario delegato, individuato nella persona del Ministro

dei lavori pubblici, il RDL statuisce:

Art. 12 Appena il Ministro per i lavori pubblici abbia assunto nella zona colpita la direzione dei servizi di soccorso, segnalerà al Presidente del Consiglio dei ministri, alle autorità operanti nella zona colpita e a tutti i prefetti del Regno la sede da lui prescelta e presso la quale dovranno essere indirizzate tutte le comunicazioni

Nel 1933 durante un’esercitazione nazionale di difesa civile, si prese atto che i pompieri,

dimensionati a livello comunale e attrezzati ed organizzati per esigenze territoriali limitate,

non potevano operare in maniera integrata e soprattutto a livello nazionale. Questo pose il

problema di creare una struttura unica e omologata su tutto il territorio. Nel 1935 il compito di

organizzarla fu affidato al Prefetto Giombini, “camicia nera tra le camice nere”. Nasce così,

nel 1939, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, improntato alla prestanza fisica ed

inquadrato in maniera fortemente militaresca: il lemma “pompieri” fu abrogato per legge e

sostituito con l’antica locuzione vigiles, più rispondente al costante richiamo culturale del

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Page 32: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

fascismo alle antiche vestigia dell’Impero Romano e ai suoi valori, linguaggi e simbologie: i

pompieri diventano vigili del fuoco.

Un ulteriore esempio della commistione concettuale tra protezione dei cittadini ed ordine

pubblico è dato dal regio decreto 27 luglio 1934 n. 1256, istituente il Ministero della Sanità,

che all’art. 21 (ora abrogato) prevedeva la proclamazione dello “stato di epidemia”, e

l’imposizione di una censura preventiva per impedire il diffondersi di notizie atte a turbare

l’ordine pubblico.

D’altronde lo stato di assedio previsto nel nostro ordinamento legislativo all’art. 215 del

TULPS56 permette ai prefetti, al Ministro dell’interno o ai vertici dell'apparato militare di

assumere pieni poteri in deroga alle leggi vigenti sostituendosi, addirittura, alla magistratura;

1.4 La nascita della difesa civile ed il dopoguerra

In Italia il concetto di difesa civile nasce al tempo della Ia Guerra Mondiale come risposta al

sorgere di una tipologia di conflitto che, grazie all'armamento aereo ed a quello a lunga

gittata, vede nella distruzione dell'apparato industriale e logistico del nemico un obbiettivo

importante quanto lo sfondamento del fronte o l’annientamento delle forze militari avversarie;

in tal modo la popolazione e le strutture civili del nemico divengono esse stesse obbiettivo

militare (secondo le teorie della guerra aerea di Giulio Douhet “Il dominio dell’aria”), e

devono quindi essere protette in qualità di elementi di vitale importanza per la nazione

belligerante.

L’estensivo utilizzo di armi chimiche sui fronti della I Guerra Mondiale aveva intimorito tutti

i governi, facendo ritenere che la prossima guerra57 sarebbe stata combattuta con ampio

utilizzo dei gas tossici. Gli italiani d’altronde furono i primi utilizzatori delle armi chimiche su

popolazioni civili.

56 R.d. 18/06/1931 n. 773, Titolo IX “dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra”, art. 215 Durante lo stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico. 57 Cfr. Low, The Future, George Routledge and Sons, Aberdeen, 1925 (Preface pag. vii; Warfare pag. 130)

25

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Anche se l’utilizzo di armi “chimiche” è testimoniato perlomeno dall’età del bronzo con l’uso

di frecce avvelenate da parte delle tribù San in Sudafrica intorno al 10.000 a.C. (citazione), il

fascismo ricorse all’uso di gas tossici durante la lotta contro la resistenza libica della Libia,

con gli attacchi con fosgene ed iprite su villaggi libici nel 1928.

Con lo scoppio della II Guerra Mondiale aumentarono le esigenze di tutela e soccorso alle

popolazioni civili in quasi tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, e in Italia fu istituito con il

regio decreto legge del 27 febbraio 1939, successivamente convertito in legge 27 dicembre

1941 n. 1570, il Corpo dei Vigili del Fuoco, che riunì tutti i corpi dei pompieri

precedentemente presenti sul territorio nazionale nelle varie città. Lo scopo della legge era

quello di garantire un adeguato soccorso a tutta la popolazione Italiana, uniformando le

attrezzature e le procedure che erano prima differenti in ogni città, e a tal fine fu istituita

presso il Ministero dell’Interno, la Direzione generale dei servizi antincendio alla quale era

preposto un Prefetto – il primo fu Giombini – e alle cui dipendenze furono posti i Vigili del

Fuoco. Tale atto normativo completò l’assimilazione del soccorso pubblico nel più ampio

campo dell’ “ordine pubblico”, togliendo ai Sindaci il braccio tecnico operativo che era

necessario per svolgere le funzioni di protezione dei cittadini.

Durante la guerra l’organizzazione della difesa civile fu messa alla prova dai bombardamenti

alleati sulle città del Nord Italia58, ma dato il carattere inizialmente saltuario degli attacchi

(rispetto a quelli effettuati sulle città tedesche od inglesi) e gli obbiettivi generalmente

industriali, il governo fascista ritenne l’impegno dei Vigili del Fuoco sufficiente e

l’organizzazione di difesa dei civili non vide particolari innovazioni.

Fondamentalmente si basava sul binomio rifugi e sirene, con il successivo intervento dei

Vigili del Fuoco per lo spegnimento degli incendi ed il salvataggio dei civili. L’evacuazione

dei civili dalle principali città oggetto d’attacco non fu sempre pianificato dal regime, ma

spesso iniziativa personale dei cittadini che allontanavano perlomeno donne e bambini.

Nel primo dopoguerra, la situazione sociale particolarmente tesa trovò in Parlamento motivo

di duro scontro ideologico quando si trattò di affrontare il binomio emergenza – protezione

58 Rastelli, Bombe sulla città. Gli attacchi aerei alleati: le vittime civili a Milano, Mursia, Milano, 2000.

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dei cittadini59. Nel 1950 fu presentato da quattro Ministri del Governo di allora (Scelba60,

Pacciardi, Pella, Aldisio) un primo disegno di legge dal titolo: “Disposizioni per la protezione

delle popolazioni civili in caso di guerra o calamità”.

Tale progetto non utilizzava i termini “Difesa civile” o “Protezione Civile” bensì il termine

“protezione delle popolazioni civili” e conteneva volutamente ambiguità e tendenziosità sul

termine “emergenza”: ... da una parte si punta alla riorganizzazione dei servizi assistenziali a

favore delle popolazioni civili in caso di calamità naturali; dall’altro provvedere alla difesa

passiva del territorio in caso di eventi bellici o connessi con la guerra. Questo

provvedimento, almeno per una parte, è intimamente connesso con la difesa del Paese ...

È molto probabile che il fine di Scelba (Ministro dell’interno) fosse quello di ottenere uno

strumento che gli permettesse di impedire i movimenti di piazza, in un contesto storico –

politico, in cui si riaccendevano le lotte operaie e iniziava a delinearsi il mondo bipolare e la

Guerra Fredda. La possibilità assoluta e incontrollata di promulgare lo “stato di emergenza”

fu duramente osteggiata dall’opposizione comunista durante il dibattito parlamentare61 che

seguì alla presentazione del provvedimento, conducendo alla bocciatura del progetto per

incostituzionalità.

Da questo momento il termine “difesa civile” assunse un nuovo significato: uno strumento

“reazionario”62 per impedire l’insurrezione dei partigiani comunisti in caso di guerra con

l’Unione Sovietica e successivamente una sorta di legittimazione di Stay Behind63, struttura

sorta in ambito NATO, e dell’italiana Gladio64.

59 Per una trattazione ufficiale vedi: proposta di legge n. 480 del 20/09/1983 “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile” http://www.camera.it/_dati/leg09/lavori/stampati/pdf/04800001.pdf60 Per un inquadramento politico del personaggio e del suo peso negli anni ’50 soprattutto nelle tematiche di ordine pubblico: http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Scelba61 [...] La Camera, riconosciuto che il contenuto del disegno di legge sulla «difesa civile» costituisce una aperta violazione di precetti costituzionali e un rinnegamento di diritti e di libertà, garantiti ai cittadini dalla nostra, legge fondamentale; constatato che il detto disegno di legge, attribuendo facoltà di arbitri al ministro dell’interno spianerebbe la via ad un manifesto regime di polizia, delibera il non passaggio all’esame degli articoli. On. Giorgio Amendola. [...] La Camera, considerato: che il progetto di legge sulla cosiddetta «difesa civile » maschera la riserva di arbitrio che il Governo si vuol assicurare per reprimere le agitazioni sindacali e politiche, alle quali soltanto devonsi alcune misure legislative di carattere sociale, se pur di assai limitato contenuto; che tale «difesa civile» serve come strumento del Governo per esimersi dalla sollecita integrale applicazione delle dette leggi e per sottrarsi alla pressione che tende ad ampliarne la portata, delibera di respingere il passaggio agli articoli. On. Remo Scappini. 62 Fortemente conservatore, in opposizione alla dottrina social – comunista. 63 L’espressione inglese stay-behind (letteralmente “rimanere indietro”) si riferisce ad una organizzazione che un Paese mette in piedi nei propri territori, perché si possa attivare in seguito ad una eventuale invasione nemica,

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Page 35: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1.5 La Guerra Fredda

Nel 1956 fu ripresentato un progetto di legge simile, dal titolo “Norme sulla protezione civile

in caso di eventi bellici e calamità naturali”, che contiene per la prima volta,

nell’ordinamento italiano, il termine “Protezione Civile”. Come il progetto precedente, e due

successivi65, fu bocciato a causa della dura opposizione dei partiti della Sinistra ed i continui

cambi di governo. I quattro disegni di legge, nonostante una diversa fraseologia, da difesa

civile a protezione civile, avevano la stessa struttura normativa, incentrata sulle attività di

soccorso gestite dal Ministero dell’Interno e volte ad interventi in caso di qualunque

emergenza.

La legge 13 maggio 1961 n. 469, riformo il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVF),

incardinati nel Ministero dell’Interno, quale organo tecnico operativo dello Stato a livello

generale e braccio operativo dei Prefetti, i quali diventarono l’organo politico e tecnico

principale attorno al quale si incentrerà l’impianto della prima legge di protezione dei cittadini

che arriverà solo nel 1970.

La legge del 1961, proprio in ragione della filosofia che la ispirò, segnò il passaggio delle

competenze in materia di prima assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali o

catastrofi, al Ministero dell'Interno, privilegiando una guida “politica” a quella strettamente

tecnica svolta precedentemente dall’Ingegnere capo del Genio Civile. Il processo di

svuotamento delle funzioni di protezione dei cittadini posto in carico al Ministero dei lavori

pubblici fu progressivamente portato avanti in parallelo ai tentativi di legislazione

precedentemente citati.

Le calamità naturali che colpirono l’Italia negli anni seguenti, tra cui il Vajont nel 1963,

l’alluvione di Firenze nel 1966 e il terremoto del Belice nel 1968, spinsero il Parlamento a

legiferare superando le divisioni ideologiche. La Legge 996/70 - considerata dagli opposti

per formare la base di un movimento di resistenza o per operazioni di spionaggio sul suolo occupato, dietro le linee nemiche. Da wikipedia. 64 L’organizzazione Gladio fu istituita in Italia, come negli altri paesi della NATO, con lo scopo di contrastare un’eventuale invasione del Patto di Varsavia e l’influenza politica e militare dei paesi comunisti. Da wikipedia.65 Progetti di legge 16/07/1962 e 21/03/1967.

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schieramenti politici una legge di compromesso66 - denominata “Norme sul soccorso e

l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile”, non riuscì, però, a

superare l’ambivalenza che l’onnipresente lemma emergenza implicava. Da una parte infatti,

la legge 996/70 non chiariva quale tipo di calamità si dovesse fronteggiare, essendo

scomparso, nella stesura definitiva della legge, il termine “calamità naturale”, richiesto fin

dall’inizio dallo schieramento della sinistra e sostituito dall’onnicomprensivo vocabolo

“emergenza”. Dall’altra pur contenendo sin dal titolo il termine “protezione civile67”, e pur

presentando alcune aperture per il riconoscimento del volontariato, manteneva un assetto

fortemente stato-centrico basato sul Ministero dell’Interno ed i Vigili del Fuoco.

Con questa legge vengono comunque definiti alcuni rudimenti del più ampio concetto di

preparazione all’emergenza (che si affermerà nella sua globalità nel metodo dell’approccio

circolare), limitandoli però ai soli servizi di soccorso. Occorreranno però altri trent’anni per

arrivare a condividere, tra le diverse strutture operative, linguaggi e procedure.

La legge del ’70, infine, continuò a mantenere viva la nomina di un commissario straordinario

da inviare sul posto ai fini della direzione unitaria dei soccorsi e del coordinamento politico di

enti e strutture pubbliche e private coinvolte durante la fase della gestione emergenziale.

1.6 Dalla difesa civile alla protezione civile

L’Italia, nel ratificare con legge 11 dicembre 1985, n. 762, il Primo Protocollo Integrativo

dell’8 giugno 1977 alla Convenzione di Ginevra (1949)68, dal titolo “Protezione delle vittime

dei conflitti armati internazionali” che al Capitolo VI Protezione Civile, recepisce la

66 Come brillantemente spiegato da Wendling (2009), pagg. 37 – 38: “organizations are driven to incorporate the practices and rules defined by prevailing organizational models” dove sono riprese le analisi di Meyer & Rowan (1977) e Boeker (1988). 67“l’attività volta alla predisposizione concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di soccorso e di assistenza, nonché, al verificarsi della calamità, ad organizzare, in forma coordinata ed unitaria, tutti gli interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali e degli altri enti pubblici istituzionali” 68 Il documento originale, redatto in Inglese e Francese, presenta rispettivamente i termini civil defence e protection civile. La ratifica italiana, come la traduzione reperibile sul sito della Confederazione Svizzera (http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_518_521/index.html#id-6), utilizza il termine “protezione civile”. La documentazione ufficiale è invece reperibile sul sito del Comitato Internazionale della Croce Rossa - http://www.icrc.org/ihl.nsf/INTRO/470.

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seguente definizione, riconosciuta internazionalmente dai 171 paesi firmatari della

convenzione:

art. 61, comma a)

con l’espressione «protezione civile» si intende l’assolvimento di alcuni o di tutti i compiti umanitari qui di seguito elencati, che sono destinati a proteggere la popolazione civile dai pericoli delle ostilità o delle calamità, e ad aiutarla a superare gli effetti immediati, nonché ad assicurare le condizioni necessarie alla sopravvivenza.

La Convenzione di Ginevra tutelava già le attività delle organizzazioni di soccorso ed il loro

personale come quella della Federazione della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa

(International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies - IFRC), il primo

Protocollo espanse la tutela alle organizzazioni di difesa civile / protezione civile durante i

conflitti armati.

L’articolo 61 prosegue individuando i compiti della «protezione civile69»:

Tali compiti sono i seguenti: i) servizio di allarme; ii) sgombero; iii) organizzazione di ricoveri; iv) messa in opera di misure di oscuramento; v) salvataggio; vi) servizi sanitari, inclusi i primi soccorsi, e assistenza religiosa; vii) lotta contro gli incendi; viii) individuazione e segnalamento delle zone pericolose; ix) decontaminazione e altre misure analoghe di protezione; x) alloggiamenti e approvvigionamenti d'urgenza; xi) aiuto in caso di urgenza per il ristabilimento e il mantenimento dell’ordine

nelle zone sinistrate; xii) ristabilimento urgente dei servizi di pubblica utilità indispensabili; xiii) trasporti funebri urgenti; xiv)assistenza per la salvaguardia dei beni essenziali alla sopravvivenza; xv) attività complementari necessarie all'assolvimento di uno qualsiasi dei

compiti sopra elencati, i quali comprendono la pianificazione e l’organizzazione, ma non si limitano solo ad esse;

Ed individua inoltre gli «organismi di protezione civile70», il «personale71» ed il «materiale72»

degli organismi di protezione civile necessari per l’assolvimento dei compiti elencati

precedentemente.

69 Art. 61 lett. a. 70 Art. 61 lett. b.

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Page 38: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1.7 L’Irpinia

Il terremoto dell’Irpinia del 1980 rivelò che l’organizzazione di protezione dei cittadini

imperniata sul Ministero dell’Interno, slegata se non avversa al tessuto sociale del

volontariato, deficitaria di quella relazione “gruppo sociale – territorio”, era fallimentare.

Celebre è la denuncia del Presidente della Repubblica Pertini, in diretta televisiva, circa

l’inefficacia dei soccorsi: una severa requisitoria contro l’inadeguatezza degli apparati dello

Stato e del Governo. Dopo l’esternazione di Pertini, a tempo di record (solo 3 mesi dopo

l’Irpinia), venne promulgato il regolamento d’attuazione della Legge 996/70, ossia il d.p.r. n.

66/81 che affidò ai Prefetti il compito di occuparsi pienamente della protezione dei cittadini.

A loro furono assegnati i compiti di:

1. stilare i piani provinciali di protezione civile / difesa civile, che non era altro che una

raccolta di elenchi di uomini, di materiali e di mezzi censiti sul territorio di

competenza, rilegati in libroni ben confezionati e ben sigillati, chiusi nel cassetto della

scrivania prefettizia e assolutamente sconosciuti anche a chi doveva poi intervenire

(anche perché soggetti a classifica di segretezza);

2. assumere la direzione dei soccorsi e del coordinamento di enti militari e civili (sia

pubblici sia privati);

3. diffondere gli allarmi;

4. rendere affidabile la comunicazione e l’informazione alla popolazione.

Per la prima volta si definì la necessaria catena di comando, mutuata dalla Difesa Civile, e

nacquero così a livello locale i Centri Coordinamento Soccorsi (CCS) e i Centri Operativi

Misti (COM) istituiti dal Prefetto con proprio decreto, mentre a livello nazionale venne

istituito, presso il Ministro dell’Interno, il Centro Operativo Combinato (COC).

L’aspetto estremamente positivo del regolamento del 1981 fu l’inclusione, nelle attività di

“prevenzione”, degli studi sugli eventi calamitosi e sulle loro cause. Questo fece sì che la

71 Art. 61 lett. c: “destinato esclusivamente all’amministrazione di detti organismi dall’autorità competente”. 72 Art. 61 lett. d: “l’equipaggiamento, gli approvvigionamenti e mezzi di trasporto che detti organismi utilizzano”.

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Page 39: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

comunità scientifica ed altri apparati dello Stato, fino allora esclusi, iniziassero ad occuparsi e

ad essere coinvolti nelle tematiche di protezione dei cittadini.

Uno degli aspetti negativi del regolamento del 1981 è la triplicazione della catena di

Comando che invece di essere ricondotta ad una sola figura istituzionale, così da offrire la

certezza di comando (storicamente riconducibile al Commissario ad acta), venne suddivisa in

tre parti; durante l’evento infatti erano tre le figure con poteri di coordinamento:

- il Commissario straordinario,

- il Prefetto direttore generale dei Servizi Antincendi e Protezione Civile (DGSA e PC)

- il Prefetto della Provincia colpita.

Fig. 7. Organizzazione vigente della difesa civile, derivata dall’originaria DC-2 del 1982 e dal Manuale nazionale per la gestione delle crisi - ed. marzo 199473.

73 Modificata con: d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, Capo II Il Ministero dell’interno, art. 14 Attribuzioni; decreto ministeriale 28 settembre 2001 del Ministro dell'interno “Istituzione della Commissione interministeriale tecnica di difesa civile”; Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010 “Organizzazione nazionale per la gestione di crisi”.

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Page 40: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1.8 La calamità diventa evento mediatico

L’11 giugno del 1981 alle ore 19 circa Alfredino Rampi precipitò in un pozzo artesiano

profondo 30 metri; il 13 giugno alle 7 del mattino, dopo 18 ore di diretta a reti unificate,

l’Italia, con il Presidente della Repubblica sul posto, assistette alla sua morte74.

Nasce così in Italia “il soccorso spettacolo”.

Il caso Vermicino, pur nella sua tragicità, rappresenta un punto importante nel percorso

evolutivo della PC, poiché impose una forte accelerazione al disegno di un nuovo impianto di

PC, che fosse più rispondente alle necessità di cui il Paese aveva bisogno.

Il Decreto del Presidente della Repubblica del 8 gennaio 1982, getta le basi per consolidare

altri due presidi fondamentali della PC e cioè la previsione e la prevenzione dei rischi,

elementi strutturali dell’approccio circolare.

Il 5 Febbraio 1982 viene presentato un disegno di legge a firma congiunta Spadolini –

Zamberletti, per l’istituzione di un “servizio nazionale” di protezione dei cittadini. L’intento

del disegno di legge era quello di abbandonare l’impostazione sostanzialmente militare – e per

questo semi segreta - e centralista presente nella legge del ’70, e dare al Paese una nuova PC

quale funzione permanente e organica alle sue esigenze.

Gli obiettivi salienti di questo progetto di legge erano:

L’obiettivo più qualificante del disegno di legge era riconoscere l'autorità e la responsabilità

primaria del Sindaco:

“... è riconosciuta al sindaco e alla collettività comunale una responsabilità primaria

nell'organizzazione e nell'attuazione del servizio nazionale della protezione civile, in quanto

destinati ad affrontare il primo impatto con la realtà determinata dall'evento calamitoso … I

comuni provvedono, in attuazione dei piani di cui al precedente comma, all'organizzazione

permanente dei servizi e delle strutture operative necessarie agli interventi di soccorso ed

all'adozione di misure per il loro coordinamento a livello locale …”

Il Disegno di Legge Spadolini - Zamberletti non sarà mai approvato dal Parlamento a causa

della caduta del Governo.

74 http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Rampi e www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=84

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Page 41: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Nell’ottica dell’attuale idea di una protezione civile olistica e comprensiva, ancora si nota

l’assenza delle altre attività dell’approccio circolare quali la ricostruzione e il ripristino della

normalità. Attività che non vennero considerate neanche nei numerosi disegni di legge

seguenti quello di Spadolini - Zamberletti. Per esempio il Ddl Zaniboni - Zamberletti del 20

settembre 1983, che riprendeva il precedente, così precisava:

"... non rientrano nei compiti del servizio nazionale della protezione civile gli interventi e le

attività di ricostruzione delle zone colpite da calamità naturali o catastrofi di cui alla

presente legge ..."

Neanche oggi si dà per scontato che le fasi di ricostruzione e di ripristino della normalità

siano degli automatismi conseguenti al disastro, allora era inconcepibile che le attività di

protezione dei cittadini non fossero incentrate sull’emergenza: era semplicemente

inconcepibile che le attività di ricostruzione fossero anche funzionali alla prevenzione di

futuri disastri.

Come era già successo nel periodo precedente, nominalmente dominato dalla difesa civile, il

Presidente del Consiglio (Spadolini) nell’aprile 1982, con un semplice Ordine di Servizio

denominato “Ordinamento del Gabinetto”, istituì il Dipartimento della Protezione Civile:

venne creata una struttura che nei fatti era un doppione della Direzione Generale dei Servizi

Antincendi e Protezione Civile presente presso il Ministero dell’Interno75.

L’istituzione di questo Dipartimento, seppur non realizzata per via normativa, fu necessaria

poiché ci si era accorti sul campo che per lo svolgimento delle attività di protezione dei

cittadini occorreva, ed occorre, una struttura sovraordinata ai Ministeri.

La letteratura sull’Organizzazione Aziendale presenta spesso il concetto di “miopia degli

attori”76 in cui è teorizzata la tendenza degli attori istituzionali a sovrastimare alcuni aspetti

dell’organizzazione in cui lavorano. Questi comportamenti portano a fallimenti organizzativi,

soprattutto nel caso di funzioni aziendali od organizzative.

L’improvvisa nascita di una nuova figura istituzionale non ben vista dagli altri soggetti di

Governo, in particolare il Ministero dell’Interno temeva la perdita di prestigio e di figure

75 “This myopia of actors can contribute to a growing number of situations in which two organizational structures of an entity have exactly the same functions although being independent structures” da Wendling (2009). 76 Levinthal & March (1993).

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Page 42: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

apicali legate alla difesa civile77, mentre i Vigili del Fuoco osteggiavano la creazione di nuove

organizzazioni di volontari esterne al CNVF.

Il decreto legge 159/84 (convertito con legge 363/8478) intervenne nella regolarizzazione del

volontariato, con la copertura assicurativa ed il rimborso economico ai datori di lavoro, e

sull’istituzione della componente scientifica con il Gruppo Nazionale per la Difesa dalla

Catastrofi Idrogeologiche ed il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti.

Nel 1988, l’allora ministro alla PC (Lattanzio) fece direttamente al Parlamento la richiesta di

varare la legge istitutiva del Servizio Nazionale della PC nella quale “non potrà mancare di

una precisa definizione dell’importanza di tutti e tre i «momenti» dell’attività di protezione

civile:

- la previsione e la prevenzione delle varie ipotesi di rischio,

- il soccorso delle popolazioni sinistrate

- l’avvio della ripresa socio-economica delle zone colpite dalle calamità”.

Con la legge 400/8879, che disciplina complessivamente l’attività del Governo, del Consiglio

dei Ministri e della Presidenza del Consiglio, prendeva l’avvio il lungo iter che avrebbe

portato alla vera Protezione Civile. L’art. 19 prevedeva che il Segretario Generale della

Presidenza del Consiglio dei ministri doveva: “predisporre gli adempimenti e i mezzi

necessari a promuovere e raccordare a livello centrale le iniziative e le strutture che

concorrono all'attuazione del servizio nazionale della protezione civile fino all'entrata in

vigore della legge istitutiva del servizio stesso”.

Durante la IX Legislatura (1983 - 1987) venne istituito una Commissione speciale80 che

doveva riunire i provvedimenti giacenti in parlamento per dare una regolamentazione

complessiva ed organica alla materia di protezione dei cittadini.

77 Wendling (2009), pag. 23 e seguenti. La ricostruzione dello sviluppo della Protezione Civile in seno all’Unione Europea ha molti punti di analogia con la storia italiana della Difesa Civile. 78 Legge 24/0771984 n. 363 “Interventi per le popolazioni colpite dal sisma del 7 e 11 maggio 1984”. 79 Legge 23 agosto 1988, n. 400 “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.” 80 “Commissione speciale per l'esame di provvedimenti recanti interventi per i territori colpiti da eventi sismici” http://www.senato.it/leg/09/BGT/Schede/CommissioniStoriche/0-00030.htm

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Page 43: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Tale Commissione, successivamente estensore materiale della legge 225, inviò alle Camere

l'auspicio di promulgare una legge che tenesse conto di un Servizio nazionale di protezione

civile finalizzato a tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni

o dal pericolo di danni derivanti da catastrofi, calamità naturali o altri eventi calamitosi, e

auspicò l’adozione della metodologia operativa dei “tre momenti” e cioè: previsione degli

eventi, prevenzione delle calamità e del soccorso delle popolazioni colpite.

Finalmente il principio dell’approccio circolare era completamente recepito dal legislatore

italiano.

L’iter parlamentare della legge si allungò dal 1990 al 1992 quando, con la promulgazione

della legge 22581, che organizza la Protezione Civile come Servizio Nazionale coordinato dal

Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dalle amministrazioni dello Stato, centrali e

periferiche, delle Regioni, dalle Province, dai Comuni, degli Enti pubblici nazionali e

territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul

territorio nazionale, si realizza il completo passaggio dall’approccio lineare della difesa civile

all’approccio circolare caratteristico della protezione civile italiana.

1.9 L’organizzazione della protezione civile in Italia

L’attuale organizzazione delle due componenti destinate dalla legislazione italiana alla

protezione del cittadino – difesa civile e protezione civile – si fonda su questa legge che,

nonostante i numerosi interventi successivi, recepisce ed amplifica i concetti di

coordinamento, sussidiarietà, capacità tecnica, volontariato.

L’attività di coordinamento si rende necessaria sia in rapporto alla complessità del sistema nel

momento dell’emergenza, quando occorre integrare enti, strutture e componenti anche molto

diverse tra loro82, sia durante il regime “ordinario”quando occorre coordinare le attività di

previsione e prevenzione, in capo ad una molteplicità di attori e stakeholders.

81 Legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”. 82 Secondo quanto previsto dal “Metodo AUGUSTUS”, strumento di riferimento per la pianificazione nel campo delle emergenze che prevede 14 “funzioni di supporto” su cui organizzare la pianificazione e gestire le emergenze.

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Page 44: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 8. Organizzazione vigente della protezione civile.

Il concetto di coordinamento ha completamente cancellato quello di comando e controllo,

generando una complessiva instabilità del sistema operativo. Nell’architrave organizzativa

italiana il concetto di comando83 era ed è ancora strettamente riferito alla difesa civile, per la

quale si suppone necessario il controllo dei cittadini (folla incapace di affrontare le

emergenze). Questo mito è smentito dalla bibliografia scientifica84 e dai recenti disastri85

documentati da citizen journalists e social networks.

83 Command: The authority that a commander in the armed forces lawfully exercises over subordinates by virtue of rank or assignment. Command includes the authority and responsibility for effectively using available resources and for planning the employment of, organizing, directing, coordinating, and controlling military forces for the accomplishment of assigned missions. It also includes responsibility for health, welfare, morale, and discipline of assigned personnel (FM3-0, 2008). 84 Mitchell et al. (2000); Dynes & Quarantelli (1968); Quarantelli & Dynes (1968); Quarantelli & Dynes (1970). 85 Vedi ad es. l’ampia bibliografia sull’Uragano Katrina, ampiamente investigato dal punto di vista dell’analisi sociale (tra gli altri Gheytanchy et al. 2007; Alexander 2006; Rodriguez & Dynes, 2006 e la bibliografia cit.) e da ultimo l’affondamento della Costa Concordia (14/01/2012): nonostante il collasso della struttura di comando, l’abbandono della nave è complessivamente riuscito perfettamente, con oltre 4000 persone sbarcate a terra e nessuna notizia di furti, atti di violenza o omicidi per imbarcarsi sulle lance di salvataggio (“the therapeutic community” vs. “the Hollywood disaster style”: Barton, 1970).

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Il concetto di sussidiarietà86, fortemente radicato a livello europeo87, è stato recepito nella

legislazione italiana dalla l.cost. 3/200188, che ha altresì introdotto il concetto di legislazione

concorrente in Costituzione89.

La 225/92 ha definitivamente avvicinato la protezione civile alle Regioni ed agli enti locali

(Province e Comuni) ma, tuttavia, li tiene lontani dalla gestione dell’emergenza, affidata ai

prefetti, e non riesce a coinvolgere i comuni nelle fasi di preparazione e di ripristino, per le

quali sono necessarie competenze specialistiche non possedute dalla maggior parte dei

comuni italiani90.

I Vigili del Fuoco, componente fondamentale della protezione civile (art. 11, comma 1 lettera

a) della l. 225/92), rappresentano l’unica vera organizzazione tecnica dello Stato diffusa sul

territorio nazionale, al cui interno si rintraccia la più alta concentrazione di tecnici –

ingegneri, architetti, geologi, geometri, periti – del mondo (circa 1300). I Funzionari del VVF

ed i loro Comandanti provinciali e regionali svolgono le funzioni di Direttore Tecnico dei

soccorsi.

Le Regioni hanno iniziato a formare i loro specialisti in protezione dei cittadini con i corsi di

Disaster Management (DiMa)91, purtroppo interrotti nel 2001. Non si è quindi mai sviluppato

un “corpo” di funzionari pubblici in grado di custodire e trasmettere una cultura olistica di

approccio ai disastri e non limitata all’intervento emergenziale.

86 Sussidiarietà verticale: le attività amministrative vengono svolte dall’entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini (i comuni), ma esse possono essere esercitate dai livelli amministrativi territoriali superiori (Regioni, Province, Città metropolitane, Stato) solo se questi possono rendere il servizio in maniera più efficace ed efficiente. La sussidiarietà orizzontale prevede invece che siano i cittadini, e le relative organizzazioni associative, a soddisfare le necessità sociali. 87 Il Trattato di Maastricht, siglato il 7 febbraio 1992, ha individuato la sussidiarietà come principio cardine dell'Unione Europea. 88 Art.118: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza …” 89 Art. 117: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. … Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: … protezione civile …” 90 In Italia ci sono 8.092 Comuni, di cui 6.886 con meno di 10.000 abitanti e circa 2.000 con meno di 1.000. 91 Un esempio del ottimo livello internazionale di preparazione si può trovare nelle lezioni di David Alexander, docente ai corsi della Regione Lombardia, reperibili su www.slideshare.net/dealexander

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I volontari rappresentano un vero è proprio “esercito di pace”92 che attualmente conta su un

potenziale operativo di 300.000 persone riunite in oltre 4.000 associazioni disseminate su

tutto il territorio nazionale che assommano a un totale di 800.000 di persone affiliate.

1.10 L’evoluzione recente

Nel decennio successivo all’emanazione della l. 225/1992, intervennero numerose leggi di

modifica ed integrazione ma soprattutto una complessiva riforma dell’impianto

amministrativo dello stato culminato nella riforma del Titolo V della Costituzione93.

L’avvicinamento della protezione civile agli enti locali trova un primo tassello nella “riforma

Bassanini”94, composta da quattro leggi cornice e oltre 20 decreti delegati tra i quali il d.lgs.

112/199895, in base al quale la protezione civile diventa materia a competenza mista, Stato –

Regioni - Enti Locali (Province, Comuni, Comunità Montane), e per questa detta

“concorrente”.

Nel 1999, il decreto legislativo n. 30096 riorganizza la struttura ministeriale, attribuendo al

Ministero dell’Interno le competenze in merito a difesa civile, protezione civile e soccorso

pubblico, e costituisce gli Uffici Territoriali del Governo, in capo ai quali sono attribuite tutte

le competenze dell’amministrazione periferica dello stato, comprese le attribuzioni inerenti la

difesa civile e la protezione civile. La neo istituita Agenzia di Protezione Civile è stata

successivamente cancellata con il decreto legge 7 settembre 2001, n. 343.

92 Decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994 n. 613 “Regolamento recante norme concernenti la partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di protezione civile”. 93 Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/01, recante “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”, pubblicata sulla GU n. 248 del 24/10/01. 94 Legge 15 marzo 1997, n. 59 “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa nell’istituzione”; Legge 15 maggio 1997, n. 127 (Bassanini bis), Legge 16 giugno 1998, n. 191 (Bassanini tir); Legge 8 marzo 1999, n. 50 (Bassanini quater). 95 Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Ulteriore conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali.”; decreto legislativo 8 agosto 2000 n.267 96 Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300 “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

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Page 47: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La legge costituzionale 3/200197 introduce le competenze locali in materia di protezione civile

nella Costituzione, completando (dal punto di vista teorico) l’evoluzione in chiave “localista”

della difesa dai disastri naturali ed antropici. Purtroppo l’adeguamento dell’ordinamento della

Repubblica a tale legge costituzionale98 (con la c.d. legge La Loggia) si è interrotto a causa

degli interventi della Corte Costituzionale99 e dell’abrogazione con referendum delle nuove

modifiche costituzionali proposte dal Governo ed approvate in Parlamento nell’anno 2003100.

Quello che è venuto a mancare sono quindi sia una nuova legge “cornice” sia la governance101

del sistema “protezione dei cittadini”, rimasto in sospeso tra costituzione, leggi, ordinanze e

direttive spesso inorganiche se non addirittura contrastanti102.

La legge 401 del 2001103. inserisce all’interno della normativa l’utilizzo dello strumento

dell’ordinanza in materia di protezione civile per manifestazioni e cerimonie istituzionali o

religiose denominate grandi eventi104. Il decreto legge, emanato quattro giorni prima del

tragico 11 settembre, abolisce l’Agenzia di Protezione Civile e, nella versione originale, non

riporta alcun accenno alla difesa civile. Nella successiva conversione in legge, la difesa civile

viene nominata, ma solo per autorizzare spese eccezionali per l’adeguamento delle caserme

dei Vigili del Fuoco.

97 Per un commento sull’impatto della riforma costituzionale in chiave federalista vedi: Pizzetti (2003), che lamenta la mancata attuazione della riforma, soprattutto in riferimento ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”. 98 Legge 5 giugno 2003, n. 131 “Adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”. 99 Sentenze della Corte Costituzionale ne. 236, 238, 239, 280 del 2004.100 Per un’analisi approfondita del parziale fallimento vedi: Bassanini (2010). 101 “con riferimento all’adozione di modalità procedimentali o di strumenti di natura pattizia o convenzionale finalizzati ad assicurare reciproco coordinamento nell’ambito delle attività svolte da diversi soggetti”: Franco Pizzeti nella Relazione al Convegno “La funzione normativa di Comuni, Province e Città metropolitane nel nuovo sistema costituzionale”, Trapani, 3-4 maggio 2002. 102 Come ad es. la Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile - 30 settembre 2002, n. 5114 Ripartizione delle competenze amministrative in materia di protezione civile, e la antitetica Circolare del Ministero dell’Interno - Gabinetto del ministro 8 novembre 2011 n. 14520/134. 103 Conversione del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343 “Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile” 104 “una situazione straordinaria in grado di generare stravolgimenti nell'ordinario sistema sociale. Esso è sicuramente un elemento di probabile accentuazione dei rischi legati allo svolgimento della vita di relazione, solo parzialmente prevedibili e prevenibili, ma che debbono essere comunque oggetto di adeguata pianificazione per la gestione delle ipotizzabili situazioni di crisi, al fine di assicurare condizioni di adeguata tutela della pubblica e privata incolumità. Il fenomeno del grande evento è dunque equiparabile ad una vera e propria situazione di emergenza conseguente ad un evento calamitoso.”

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Page 48: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il punto più interessante della legge è l’art. 5 che prevede che il Presidente del Consiglio dei

Ministri coordini ogni attività “…finalizzate alla tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli

insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali,

da catastrofi o da altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio …”

Questo articolo mette sullo stesso piano le attività relative alla protezione civile e alla difesa

civile, inserendo inoltre quelle attività di “controllo della folla” che negli altri paesi sono

strettamente riservate al Ministero dell’interno ed alle forze di polizia105.

Ulteriori accenni alla difesa civile si rinvengono nel decreto legislativo106 che definisce

organizzazione ed attività del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco; in questo caso vengono

stabilite le funzioni di soccorso esercitate dei vigili del fuoco in caso di eventi di difesa

civile, ma nel decreto non è fornita alcuna definizione o esemplificazione di cosa si intenda

per difesa civile.

Sulla base dell’apparato normativo descritto sembrerebbe che la Protezione Civile, quale

strumento diretto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sia posta al di sopra della Difesa

Civile così come modellata dal Ministero della difesa nella SMD-DC2, che continua a

rimanere l’unico riferimento completo sulla materia107.

In realtà le due componenti della protezione dei cittadini hanno continuato a coesistere, in

particolare durante le rispettive esercitazioni nazionali ed internazionali: mentre le

esercitazioni di difesa civile108, svolte in Italia dopo gli attentati delle Torri Gemelle, sono

105 Tutta la legge sembra guidata da quello che Wendlig (2009) definisce “drawer opener”: The role played by bureaucrats seems to be the main trigger, disasters being only used as “drawer opener”. ... I use the expression “drawer opener” to express the idea that the texts are already in the pipeline and that officials only have to grab them when they are asked to produce a text by their hierarchy at the moment of the emergency. 106 Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139 “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229” 107 Vedi ad esempio i documenti redatti dai frequentatori dei corsi dell’Istituto Alti Studi per la Difesa [IASD] e dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze [ISSMI] quali ad es. Ordine (2002) e Biagetti (2008). Anche il sito del Ministero dell’interno, alla voce difesa civile (ultimo accesso 20/02/2012), non riporta una precisa definizione del termine ma rimanda semplicemente alle minacce NBCR ed all’importanza delle infrastrutture critiche. 108 Un esempio è la simulazione di attentato terroristico nella stazione Piazza Cadorna della metropolitana di Milano il 23 maggio 2005, di cui è reperibile una sintesi su: http://www.youtube.com/watch?v=yFqTFz0-xLw&feature=related

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Page 49: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

state attivate e coordinate dal Ministero degli interni109, le esercitazioni di protezione civile

(anche internazionali) sono sempre state coordinate dal Dipartimento Nazionale di

Protezione Civile110.

Il dibattito sui temi della protezione dei cittadini si è però focalizzato su argomenti specifici,

quali l’oggetto delle attività o l’organizzazione governativa in cui incardinare le competenze.

Nessuna seria discussione ha affrontato i concetti di base che ancora sembrano separare

difesa civile e protezione civile, anzi le interviste e le presentazioni rilasciate e prodotte da

attori istituzionali sottolineano la caoticità concettuale dei maggiori referenti istituzionali.

In una delle ultime apparizioni ad un congresso, il precedente Capo Dipartimento Nazionale

della Protezione Civile, di fronte alla Organizzazioni Internazionali invitate a Ginevra111,

diceva:

“the attention devoted to the new definition of “civil protection” as a structure

that is specialized in the “real time” of the emergency cycle … can produce real

occasions for synergy with all those working on the same problems regarding

safety and protection from acute risk situations”

mischiando quindi, ed imputandoli tutti alla protezione civile, i concetti di disaster

management, emergency management e crisis management.

D’altra parte un esempio del dibattito parlamentare in corso può essere tratto dal sito della

Camera dei Deputati (Temi dell’attività Parlamentare: Ambiente, territorio e protezione

civile, Le emergenze di protezione civile112), dove l’ultima audizione del capo Dipartimento

Nazionale della Protezione Civile risale al 21/02/2012 ed ha trattato la fallita organizzazione

in occasione delle forti nevicate che hanno interessato l’Italia tra il 10 ed il 20 febbraio 2012.

109 Un riassunto delle attività del Ministero è reperibile nelle presentazioni del dott. Giovanni Ricatti e della dott.ssa Maria Leone al 30° Corso COCIM, che si focalizzano sulle esercitazioni di difesa civile che hanno per oggetto gli scenari di attentati NBCR o di tutela delle infrastrutture critiche. 110 Di cui le due più importanti, per tema trattato ed estensione dell’esercitazione (full scale exercice) sono state Mesimex [Major Emergency Simulation Excercise], con focus sul rischio vulcanico indotto nell’area napoletana dalla ripresa dell’attività del Vesuvio (18 - 23 ottobre 2006), e Terex [Tuscany Earthquake Relief Exercise], con focus sul rischio terremoti, svoltasi in Toscana (25 - 28 novembre 2010). 111 Workshop “The role of modern civil protection systems and the new global challenges - From the Hyogo framework for action to real time response”, Geneva, 25 giugno 2008. 112 Reperibile su: http://www.camera.it/465?area=5&tema=196&Le+emergenze+di+protezione+civile, alcune degli interventi in Commissione Ambiente sono reperibili su : http://url.ie/e5g2, http://url.ie/e5g3, http://url.ie/e5g4

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Page 50: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

L’evoluzione delle minacce alla sicurezza dei cittadini sia interne, sotto forma di una crescita

della magnitudo e della frequenza dei disastri naturali113 legata al cambiamento climatico, e

della pericolosità delle attività antropiche114, sia esterne115, con la possibilità di utilizzo di

“armi non cinetiche” (cyberwarfare, biowarfare, guerra economica), rendono imperativa una

riconcettualizzazione dell’approccio ai disastri ed alle crisi.

Fig. 9. Le operazioni NATO [NATO spectrum of operations], modificato da Cucchini (2004).

Per quanto riguarda l’approccio del Ministero della Difesa alle nuove minacce alla sicurezza,

le concettualizzazioni strategiche, operative e tattiche hanno visto un’importante scambio

con la parallela discussione in ambito NATO. L’analisi delle minacce strategiche e

113 EM-DAT, Emergency Events Database: data base dei disastri naturali pubblicato on line dal CRED – Università di Lovanio (http://www.emdat.be/): rappresenta il riferimento internazionale per lo studio dei disastri naturali. 114 Come ad esempio il rischio NaTech o l’effetto domino: recentemente è stato registrato il peggior disastro di questo genere della storia, con terremoto di Tohoku ed il successivo maremoto e relativo incidente della centrale atomica di Fukushima Dai-Ichi (11 marzo 2011) 115 Terrorismo, proliferazione delle armi di distruzione di massa [weapons of mass destruction – WMD] ma anche migrazioni ambientali, carenza dell’acqua e delle materie prime.

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Page 51: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l’evoluzione dottrinale del crisis management sono perfettamente allineate con quelle degli

alleati (e d’altronde non potrebbe essere diversamente)116;

Per tener conto dei fattori sopra esposti, dall’approccio circolare ai disastri è necessario

passare ad un approccio circolare alla resilienza, che in parziale opposizione alla

vulnerabilità117 permette di affrontare con maggior efficienza ed efficacia anche le minacce

tradizionalmente assegnate (in Italia) alla difesa civile118.

La resilienza, come sarà descritto al capitolo 6.3, è l’evoluzione del concetto anglosassone di

“all-hazard approach” ed il complemento dell’emergency management formalizzato negli

USA come evoluzione della difesa civile negli anni ’80119.

Una linea di pensiero parallela è quella militare del “comprehensive approach”120: che

teorizza un approccio a 360° (olistico) alle crisi internazionali ma anche alle operazioni

militari (cinetiche e/o non cinetiche).

Per poter assegnare un termine utilizzerò di seguito il concetto di approccio areale, che sarà

ripreso ed approfondito nel sesto capitolo.

L’idea di questo termine mi è venuta mettendo in relazione le attività di difesa civile /

protezione civile con il concetto geografico del campo di battaglia121.

Dalla battaglia puntuale dei guerrieri armati di spada e scudo, si è passati allo scontro in linea

caratteristico delle guerre napoleoniche e delle armi da fuoco, per giungere infine all’utilizzo

dell’aviazione e delle concettualizzazioni tridimensionali del battlespace122.

Dal punto di vista della difesa civile, non è più sufficiente pensare alla reazione alle

catastrofi (approccio lineare) e neanche ad una sequenzialità ciclica che permetta di

prepararsi agli eventi e ridurne le conseguenze in attesa dell’evento successivo (approccio

circolare). 116 Per un esempio degli interessi dello Stato Maggiore della Difesa vedi il piano di ricerche del CEMISS: http://www.difesa.it/SMD/CASD/Istituti_militari/CeMISS/Pagine/AvvisoPiano2011.aspx117 Come per esempio descritto da David Alexander nel post Society’s Resilience in Withstanding Disaster su http://emergency-planning.blogspot.com (18/03/2009) 118 Per una critica del ciclo dei disastri vedi Godschalk in FEMA (2004) 119 La più recente concettualizzazione è fornita dal Chemical, Biological, Radiological, Nuclear and Explosives Resilience Action Plan for Canada –redatto nel gennaio 2011 dal Governo Canadese. 120 Per l’evoluzione del comprehensive approach nell’EU e nella NATO vedi: Wendling (2010). 121 Cfr. Jean (2004) e Cucchini (2006), pag. 43. 122 Dalla Blitzkrieg tedesca all’Air-land Battle della NATO

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Page 52: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il contrasto degli eventi imprevedibili e catastrofici123 che ci aspettano nel prossimo futuro,

nonostante l’evidente ossimoro, deve essere pianificato. E non potendo pianificare per

l’inaspettato, l’unica alternativa è quella di costruire un’organizzazione di gestione delle crisi

ed una società civile in grado di reagire collettivamente su un unico “fronte civile –

militare”124 (approccio areale). In termini geometrici una nuova multidimensionalità

dell’originale ciclo dei disastri, che permetta spostamenti “per linee interne” e approcci non

lineari o sequenziali alle crisi.

Fig. 10. La concettualizzazione del “Ciclo della Resilienza”. Modificato da Galderisi et al (2010).

123 La teoria del cigno nero [the black swan theory] così come sviluppata da Taleb (2007). 124 Cfr. Renna “Il Fronte Civile-Militare: la Gestione Integrata degli Scenari Postbellici”,2008.

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Page 53: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

“not to observe and comment but to warn and protect”

Cynthia M. Grabo, CIA Senior Analyst.

Capitolo secondo: difesa e sicurezza

La difesa è l’insieme delle predisposizioni legislative ed organizzative e delle attività di ogni

ordine e grado che lo Stato attua per garantire la propria sicurezza nei confronti delle

minacce internazionali125.

Storicamente la difesa era intrinsecamente associata al concetto di guerra126, e dalla nascita

degli Stati-nazione127 è sempre stata affidata a personale delle Forze Armate, dotato di

armamenti cinetici, il cui compito comprende sia l’effetto dissuasivo128 sia il contrasto

dinamico delle forze di aggressione, essendo esclusa dalla Carta delle Nazioni Unite129, l’idea

stessa di utilizzare la “guerra” come strumento di risoluzione delle controversie

internazionali.

Il contesto internazionale è oggi caratterizzato da una forte instabilità, in cui i paradigmi

legati alla difesa così come concepiti da Macchiavelli130 e von Clausewitz131, hanno perso in

parte contatto con la realtà contemporanea132. Un approccio al concetto di difesa più coerente

con gli attuali scenari internazionali si ritrova negli autori cinesi: in particolare “L’arte della

125 Per un’analisi del termine e delle sue implicazioni negli studi strategici vedi Jean (2004), pp. 57 e segg. 126 Vedi pag. 1. 127 Stato in cui i cittadini condividono, all’interno di un’areale geografico definito, linguaggio, cultura e valori. Il nazionalismo, con l’identificazione del cittadino quale membro di un gruppo nazionale, ne rappresenta l’esasperazione. 128 Persuadendo un eventuale avversario dell’impossibilità della conquista del territorio nazionale. 129 E per quanto ci riguarda essendo tassativamente vietata dalla Costituzione Italiana (art. 11). 130 Dell’arte della guerra (ed. originale 1521) 131 Della Guerra. (ed. originale 1832). 132 Vedi ad es. Alessandro Corneli, nell’Introduzione alla traduzione italiana de L’arte della guerra (ed originale 500 a.C. circa).

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Page 54: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

guerra” di Sun Tzu133 rappresenta la base di partenza per lo studio dell’approccio olistico alle

crisi, recentemente ripreso da Liang & Xiangsui134.

Le caratteristiche principali di tale instabilità non sono univocamente determinabili, ma

possono essere ricondotte, con le semplificazioni che non ne intaccano l’interesse per

l’obbiettivo della presente tesi, alla combinazione di quattro tipologie di eventi.

Innanzi tutto le conseguenze del crollo del Muro di Berlino e degli attentati dell’11 settembre

2001. Le conseguenza più visibili sono state generate dagli attentati alle Torri Gemelle con la

“guerra globale al terrorismo” [Global War on Terror – GWOT] o come meglio nominata

dopo l’inizio della presidenza Obama, “la lunga guerra” [the long war135]. Questa espressione

per gli Stati Uniti d’America non è un modo di dire come spesso inteso in Italia, bensì una

vera campagna militare con una sua specifica prospettiva strategica di riaffermazione della

potenza Americana136.

In analogia a quanto realizzato durante la Guerra Fredda, gli USA hanno cercato, senza

riuscirci, di definire quali siano, nel nuovo contesto internazionale, gli amici e i nemici137. La

fine della Guerra Fredda ha però favorito da un lato la frammentazione di entità statali deboli

od artificiali e, dall’altro, l’affermazione sulla scena internazionale di attori non statuali con

una notevole influenza sulle tematiche della difesa e della sicurezza138.

Parallelamente sussiste anche una forte intensificazione della frequenza dei conflitti, negli

ultimi quindici anni si è assistito ad un crescente coinvolgimento militare diretto degli USA e

dei paesi europei dopo che nel 1989 alcuni ricercatori139 avevano manifestato una ventata di

133 Disponibile in italiano nel volume che rappresenta la traduzione italiana del saggio di Ralph D. Sawyer “The Complete Art of War”, Neri Pozza Editore, 1996. 134 Guerra senza limiti (ed. originale 1999). 135 Per una cronologia ed una discussione vedi: http://www.longwarjournal.org/; l’origine del termine è attribuita a David J. Kilcullen nell’articolo on-line Countering Global Insurgency, ripreso ed approfondito in una successiva pubblicazione e descritto nella presentazione: Counterinsurgency in Iraq: Theory and Practice, Small Wars Centre of Exellence, Marines Corps Base, Quantico, 26 settembre 2007; disponibile su: usacac.army.mil/cac2/coin/repository/Dr_Kilcullen_COIN_Brief(Sep07).ppt136 Cfr. Andrew J. Bacevich “The long war: a new history of U.S. national security policy since World War II”; per la riorganizzazione delle strutture statali vedi: Waugh & Sylves: Organizing the War on Terrorism. 137 Cfr. Unterseher (2003) e Shapiro (2008). 138 Se dal lato delle capacità offensive cinetiche la jahad islamica rappresenta sicuramente un importante minaccia alla sicurezza dei cittadini, non la si può certo considerare una minaccia per la sopravvivenza degli stati occidentali. 139 A partire dallo slogan politico del Presidente Bush dei “dividendi di pace” (riallocazione delle spese militari verso obbiettivi sociali), e del concetto di “fine della storia”, proposto da Fukuyama nel 1989 (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Fine_della_storia). Per un esempio dell’atmosfera di allora vedi per esempio il

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ottimismo sulla necessità degli interventi militari e la speranza che la guerra avesse cessato

di essere una delle opzioni della politica estera. Anche l’applicazione delle leggi di guerra

diventa più difficile poiché, col mutare delle forme di guerra, le interpretazioni del diritto

bellico perdono l’oggettività consolidatasi nel corso delle situazioni di conflitto ormai

superate.

Alla globalizzazione140 non è conseguita la smilitarizzazione della politica estera come

auspicato dagli accordi di Bretton Woods141. La globalizzazione esiste senz’altro dal punto di

vista economico e finanziario, ma non significa che si tratti anche di globalizzazione politica

e culturale. La guerra nell’era globalizzata, come scrivono Liang & Xiangsui nelle

Conclusioni del loro libro, è solo più complicata. L’interconnessione globale dei mercati ha

inoltre aumentato i rischi associati ai grandi fallimenti economici, visto che la rete di

investitori è totalmente interconnessa e reagisce in tempo reale. Eventuali shock economici142

hanno dimostrato di poter causare danni economi e vittime pari a quelli di una “vera”

guerra143.

Infine, la trasversalità e pervasività dell’informatica applicata alle comunicazioni ed al

mondo delle informazioni [information and communication technologies – ICT] ha cambiato

completamente la gestione della trasmissione digitale.

quotidiano La Repubblica, in un articolo di poco posteriore alla “vittoriosa” fine della 1° Guerra del Golfo: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/10/11/il-dividendo-della-pace-diventa-realta.html140 http://it.wikipedia.org/wiki/Globalizzazione: fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale. 141 Gli accordi di Bretton Woods furono firmati fra i rappresentanti dei 44 paesi impegnati nella guerra contro l'Asse, durante la Conferenza tenutasi nell’omonima località (1 –22 luglio 1944), e riguardano il tentativo di stabilizzare gli scambi commerciali mediante un regime di cambi fissi fra le monete sulla base della loro convertibilità in oro o in altra valuta convertibile, e la creazione di due organismi di cooperazione per favorire lo sviluppo dei paesi membri e agevolare l’equilibrio delle bilance dei pagamenti: la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Sono considerati il primo passo verso la globalizzazione dell’economia. 142 Come la bolla tecnologica (11 marzo 2000) che costò circa 7.000 miliardi di dollari, 2 milioni di posti di lavoro e la caduta dell’indice di borsa NASDAQ da 5.048 a 1.300; o la bolla immobiliare americana del novembre 2007, e la successiva crisi economica globale, che hanno causato un aumento complessivo del 15% dei suicidi nei paesi europei e cioè un aumento di circa 2.000 morti/anno nei paesi UE/27 (http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(11)61079-9/fulltext). 143 D’altronde la guerra economica è una forma di guerra (Jean 2004), o meglio una forma di attacco non cinetico (Liang & Xiangsui, 2001).

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Non solo si è passati, nel mondo militare, dall’utilizzo dell’elettronica per disturbare le

attività nemiche [jamming]144 ad una vera e propria concettualizzazione della guerra

cibernetica145: internet, che rappresentava solo un mezzo (per quanto evoluto e

rivoluzionario) per scambiare informazioni, è diventato il web 2.0146. I social network147, che

del web 2.0 sono solo il movimento più evidente hanno dimostrato le loro potenzialità

“militari” con la Primavera Araba, che iniziata nel Dicembre 2010 e diffusasi in tutti gli stati

arabi del medio-oriente, ha portato alla caduta di tre governi (Tunisia, Egitto e Libia) ed alla

guerra civile in Siria148.

2.1 La difesa della Repubblica

La difesa della Repubblica è, secondo la Costituzione, “sacro dovere del cittadino”149.

Inizialmente, visto il periodo storico immediatamente successivo alla II Guerra Mondiale,

era univocamente intesa come difesa in armi effettuata dai cittadini di sesso maschile,

soggetti al servizio militare obbligatorio (leva).

La difesa nazionale costituisce quindi uno dei compiti propri e dei fini essenziali dello Stato

che si realizza evidentemente sotto forme diverse, fra le quali occupa una posizione specifica

quella militare, e viene prevalentemente intesa come difesa organizzata in modo permanente

per rispondere agli attacchi che provengano da un nemico esterno.

Una necessità ancora attuale, ammessa sia dalla Carta Costituzionale150, che non esclude la

possibilità di una “guerra di difesa”, sia dalla Carta delle Nazioni Unite, che a sua volta pur

144 Nato con l’intercettazione ed il disturbo delle comunicazioni radio e con le primitive interferenze ai sistemi radar già durante la IIa Guerra Mondiale ( 145 Per una recente breve analisi della tematica vedi Speranza (2011). 146 Cfr. Tim O’Reilly (presentazione del 30/09/2005): http://oreilly.com/web2/archive/what-is-web-20.html147 Rete sociale: una comunità di persone che interagiscono scambiando informazioni. I social media più conosciuti, come facebook, Google+ e Twitter, permettono apparentemente di violare la regola di Dunbar, che fissa a 150 le relazioni sociali che ogni individuo può mantenere su base cognitiva (http://www.guardian.co.uk/technology/2010/mar/14/my-bright-idea-robin-dunbar) 148 We use Facebook to schedule our protests, Twitter to coordinate and YouTube to tell the world. Cit. in Maier (2011), che contiene la più recente ed approfondita analisi delle possibilità offerte dalle ICT nella lotte per la democrazia. Per un aggiornamento si possono seguire i suoi post su iRevolution ed i tweet su #patrickmeier. 149 Costituzione della Repubblica Italiana, art. 54. Definizioni analoghe (anche se generalmente meno retoriche) si trovano in tutte le carte costituzionali europee o negli atti legislativi principali. 150 Costituzione della Repubblica Italiana, art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali …”

49

Page 57: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

vietando in principio l’uso della forza (art. 2), precisa che nessuna delle sue disposizioni

pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale e collettiva, e prevede espressamente la

possibilità di utilizzare la forza armata per reagire ad un’aggressione (art. 51), ovvero nel caso

in cui occorra difendere la pace (Titolo VII).

Progressivamente presero piede prima il “servizio civile”151, poi il servizio militare esteso ai

cittadini di sesso femminile152 ed infine il servizio militare professionale153. Attualmente la

difesa militare è quindi svolta da militari volontari di entrambi i sessi appartenenti alle Forze

Armate154, mentre la leva è solamente sospesa e riattivabile in caso di guerra o grave crisi

internazionale. Il servizio civile155 è diventato un servizio volontario pagato, a servizio delle

istituzioni e delle organizzazioni non governative che ne fanno richiesta.

Nell’ordinamento e nella pratica non esiste quindi nessun collegamento tra la funzione difesa

civile ed il personale del servizio civile, che svolge a tutti gli effetti un servizio sociale a

basso prezzo156. In ogni caso, interessa segnalare che la difesa nazionale è senza dubbio

intesa dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale come un compito che riguarda allo

stesso tempo sia attività militari sia attività civili, ed accosta quindi in un unico «insieme

difesa» quella militare come quella civile.

I vocaboli anglosassoni di civil servant157 e civil service158 non hanno nessuna corrispondenza

italiana, né alcun collegamento con i termini difesa civile o servizio civile.

151 La legge 1998, n. 230 “Nuove norme in materia di obiezione di coscienza”, ha riformato l’obiezione di coscienza, istituendo l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile (UNSC) 152 Decreto Legislativo 31 gennaio 2000, n. 24 “Disposizioni in materia di reclutamento su base volontaria, stato giuridico e avanzamento del personale militare femminile nelle Forze armate e nel Corpo della guardia di finanza, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 20 ottobre 1999, n. 380” 153 Legge 14 novembre 2000, n. 331 “Norme per l’istituzione del servizio militare professionale”. 154 Art. 1 comma 3) Compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato. 155 Legge 6 marzo 2001, n. 64 “Istituzione del servizio civile nazionale”. 156 Lo stipendio mensile del personale del servizio civile si aggira su 800 euro, per contratti di durata annuale. 157 A member of the civil service: Merriam – Webster 2003. 158 The administrative service of a government or international agency exclusive of the armed forces: Merriam – Webster 2003.

50

Page 58: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

2.2 Difesa civile come difesa non armata

In Italia il coinvolgimento del volontariato (inteso come personale delle organizzazioni non

governative) fu sancito negli anni ‘80 del secolo scorso, dopo una lunga lotta da parte degli

obbiettori di coscienza, anche a seguito delle in indicazioni riportate in una sentenza della

Corte Costituzionale159 secondo cui: “la nozione di difesa non esaurisce il suo valore nella

accezione militare ma è ben più ampia. Comprende, in una parola, le tematiche della

sicurezza civile (dell’uomo e del territorio) e può, anzi deve, legittimamente manifestarsi

nelle forme di una forza non circoscritta al fenomeno bellico, ma idonea per sua natura a

fornire una risposta di tipo civile. Equipollente, nelle finalità e nella dedizione, al servizio

militare, quello civile volontario ha dunque pieno titolo per integrare il sistema della

sicurezza collettiva in tempo di pace”.

La sentenza, estremamente innovativa per l’epoca, riprendeva le istanze delle organizzazioni

pacifiste160 che con la lotta ideologica per l’abolizione delle forze armate utilizzavano i

termini di “Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta” per rompere l’equilibrio del terrore

esistente tra USA / NATO e USSR / Patto di Varsavia.

Purtroppo i concetti di onnicomprensività della sicurezza civile, che la sentenza associava ai

diritti civili, sociali ed economici dei cittadini, non trovò sponda in una parallela evoluzione

concettuale della difesa civile verso principi più moderni di salvaguardia della popolazione,

vista non come un’entità astratta soggetta al benvolere dello stato161, ma all’insieme delle

singole persone che lo costituiscono.

Il Servizio Civile, anche se nella legge è definito «diverso per natura ed autonomo dal

servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e

ordinato ai fini enunciati nei “Principi fondamentali” della Costituzione»162 deve «concorrere,

in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività 159 Sentenza Corte Costituzionale 24 maggio 1985, n. 164. 160 Cfr. il sito della Caritas (http://www.caritasitaliana.it/) e soprattutto il documento “La Difesa civile non armata e nonviolenta” a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio nazionale per il servizio civile - Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta. Reperibile sul sito del Servizio Civile nazionale: http://www.serviziocivile.gov.it/DCNAN 30 gen 06.pdf161 Come già presente in Alexis de Tocqueville “Democracy in America” (vedi il Chapter IV: the principle of the sovereignty of the people of America), e in Thomas Hobbes “Leviathan or The Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiastical and Civil” (vedi il Chapter XVIII: of the rights of sovereigns by institution). 162 Legge 64/2001 art. 1.

51

Page 59: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

non militari». Questa definizione sembrerebbe perfettamente adatta a descrivere il personale

della difesa civile, rispondente in pieno a quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra e

dalle “Oslo Guidelines”163.

Il successivo d.lgs. n. 77/2002164 significativamente considera il “servizio civile nazionale

quale modalità operativa concorrente ed alternativa alla difesa dello Stato, con mezzi ed

attività non militari” (art. 1, comma 1). Tale formulazione parrebbe espandere la difesa della

patria ai “mezzi non militari” teorizzati da Liang & Xiangsui (come ad es. la guerra

economica, la guerra informatica, etc.). ma purtroppo la Sentenza della Corte Costituzionale

non è così innovativa. Semplicemente convalida la scelta degli obbiettori di coscienza, che

rifiutano qualunque forma di aggressione: “alla luce delle evoluzioni normative e

giurisprudenziali che già avevano consentito di ritenere che la “difesa della Patria” non si

risolvesse soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire una aggressione esterna,

potendo comprendere anche attività di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del

1985). Accanto alla difesa “militare”, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben

dunque collocarsi un’altra forma di difesa, per così dire, “civile”, che si traduce nella

prestazione dei già evocati comportamenti di impegno sociale non armato.”165

2.3 Il significato della sicurezza

In via di prima approssimazione, le diverse prospettive che caratterizzano la sicurezza, e la

sua rilevanza giuridica, possono essere riassunte seconde le seguenti direttrici166:

a) sicurezza esterna – sicurezza interna, con particolare riferimento ai differenti

problemi connessi alla tutela dalle aggressioni e dai pericoli esterni al gruppo sociale,

oppure in relazione ai fattori di rischio endogeni ad un determinata collettività

organizzata (differenti, in questo senso, appaiono non solo i problemi, ma anche le

soluzioni e gli strumenti tradizionalmente individuati);

163 The Use of Military and Civil Defence Assets in Disaster Relief. UNOCHA, 28 November 2007. Reperibile su: http://reliefweb.int/node/22924164 Decreto Legislativo 5 aprile 2002, n. 77. “Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64”. 165 Sentenza Corte Costituzionale 08 luglio 2004, n. 228. 166 Magnificamente sintetizzate dalle parole di in Kofi Annan sulla human security: “freedom from want, freedom from fear and freedom to live with dignity”.

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Page 60: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

b) sicurezza individuale (o sicurezza da) – sicurezza collettiva (o sicurezza di),

attraverso la valorizzazione non solo della dimensione di tutela dei diritti

fondamentali garantiti da un determinato ordinamento giuridico, ma anche dei profili

connessi all’individuazione di limitazioni all’agere dei singoli individui, in

connessione con la tutela di altre situazioni giuridiche soggettive o in relazione

all’adempimento di specifiche prestazioni (pubbliche, ma non solo) a favore della

collettività di riferimento;

c) sicurezza materiale – sicurezza ideale, in relazione alla tradizionale questione

attinente la categoria dell’ordine pubblico, e alla duplice accezione che può esservi

ricondotta: tutela da forme violente di aggressione ai beni giuridici, oppure garanzia

dell’insieme dei principi e dei valori fondanti caratteristici di un determinato

ordinamento giuridico

Fig. 11. Organizzazione dei Servizi Segreti in Italia.

53

Page 61: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

In generale, la bibliografia internazionale si richiama al termine americano di “National

Security”167, che invece nell’accezione italiana “sicurezza nazionale” richiama alla mente la

parte gestita dai Servizi Segreti (sdoganati con il termine di Servizi di informazione e

sicurezza168) come d’altronde sottolineato dal sito ufficiale (www.sicurezzanazionale.gov.it/).

In ambito europeo il concetto di sicurezza viene richiamato nel contesto del Trattato di Roma

e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo169, redatta in Francese ed Inglese; ai

rispettivi termini facciamo quindi riferimento per una prima analisi comparata dell’area di

azione della difesa civile.

Inoltre l’indeterminatezza presente nel termine “parallelo” di ordine pubblico, costringe a

ricercare gli interessi che, di volta in volta, la norma intende tutelare. Ai fini della difesa

civile, secondo quanto si può estrapolare dal materiale prodotto dal Ministero della difesa e

dal Ministero dell’interno, il termine a cui riferirsi parrebbe essere quello di sicurezza

pubblica.

Mentre gli articoli 8, 10 e 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella

formulazione originale in Francese, riportano i termini securité nationale e sûreté publique,

secondo una dicotomia vicina a quella dell’articolo L2212/2 del Code géneral des

collectivité territoriales170, le clausole comunitarie invece citano soltanto la securité

publique.

Come si vedrà, é a questa nozione di ordine pubblico a cui si fa riferimento in inglese con la

espressione public order o di law and order, che designa la mancanza di disturbi o

alterazioni dell’ordine cittadino.

In questo contesto, e per quanto riguarda la libera circolazione delle persone e dei servizi, la

securité publique si accorda bene con la prevenzione dei disordini e con la lotta contro i

crimini , con un significato abitualmente assegnato alla sûreté.

167 Per una discussione politica sulla Sicurezza Nazionale americana prima del 9/11 cfr. Jessica T. Mathews nei due articoli Redefining Security (1989) e Power Shift (1997). Per un’analisi del concetto stesso: On Security, Lipschutz (ed.) 168 Agenzia informazioni e sicurezza esterna [AISE] e Agenzia informazioni e sicurezza interna [AISI] 169 Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (Consiglio d’Europa, Roma, 1950). Il testo modificato ed attualmente vigente è reperibile su: http://www.echr.coe.int/ 170 http://www.legifrance.gouv.fr/ Version consolidée au 16 mars 2012.

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Page 62: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Peraltro a volte il concetto di securité publique assume una dimensione territoriale

equivalente a quello della sécurité nationale, inglobando tanto la sicurezza interna che quella

esterna di uno stato; altre volte invece la sécurité publique non è facilmente distinguibile

dall’ordine pubblico.

Una delle principali difficoltà che incontriamo nel diritto europeo è costituita dal fatto che

non sempre identiche definizioni hanno il medesimo significato nel nostro ordinamento ed in

quelli della common law.

I seguenti termini, nelle traduzioni sono spesso usati alternativamente:

- ordre public;

- public policy;

- public order;

- law and order.

Il concetto di ordre public (in inglese) ha un ampio significato nella legge comunitaria: il

francese ordre public corrisponde all’italiano ordine pubblico e allo spagnolo orden publico.

Mentre in tutte le tre lingue ha un significato largo e variabile, la lingua inglese consente una

maggiore specificazione.

Nel testo inglese, ordine pubblico corrisponde:

- a volte public policy;

- a volte public order;

- a volte law and order.

Nel linguaggio della common law i concetti di public policy, public order o law and order

sono di volta in volta usati per significare diverse sfumature di ordine pubblico/sicurezza

pubblica. Invece il termine public policy si impiega in inglese con due accezioni, il che

produce una ulteriore confusione.

In un primo significato si tratta di politica pubblica, espressione abbastanza ambigua e

indeterminata, che fa riferimento alla direzione politica o alla attività politica degli organi

che reggono la nazione, mentre sotto un altro punto di vista (in diritto civile e in diritto

internazionale) l’espressione public policy può essere tradotta con ordine pubblico.

Poiché il termine sembra insoddisfacente, la legge inglese a volte fa ricorso al termine

francese (ordre public) per riferirsi all’intero concetto così come compreso nella civil law.

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Page 63: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Public order si riferisce a quelle regole che assicurano il pacifico ed effettivo funzionamento

di una società o anche di una parte di società; ad esempio può riferirsi al mantenimento di

ordine in un contesto limitato come dentro a una prigione o all’interno di una struttura militare

o in un centro urbano.

Il Trattato che introduce la Costituzione Europea richiama più volte il concetto di ordre

public (nel testo francese) e ordine pubblico (nel testo italiano); nella formulazione inglese il

concetto viene reso di volta in volta con law and order, oppure più spesso con public policy

mai, però, con l’espressione public order .

Nella formulazione in lingua inglese è detto che l’azione comune in materia di sicurezza è

adottata “… with regard to cooperation on law and order and security”; nella formulazione

in francese si dice che l'azione comune è “... relative à la cooperation dans le demaine de

l’ordre et de la sècuritè publics”; nella formulazione di lingua italiana si parla di “...

cooperazione nel settore dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza”; nel testo dell’

azione comune quindi, il concetto di ordine e sicurezza pubblica di piazza viene fatto

corrispondere a quello di law and order and security (in inglese) ed a quello di ordre et

securité publics (in francese).

Il problema di definire la sicurezza è ancora più complesso nel diritto di polizia italiano, in cui

un solo termine assume significati diversi a seconda del contesto; per capire meglio occorre

allora ricorrere alla traduzione di sicurezza in lingua inglese.

- Sicurezza uguale safety. Nell’ambito di attività lecite, è la condizione che

assicura l’incolumità delle persone in conseguenza di anomalie e rischi di

funzionamento. Abbiamo così congegni, valvole, fiammiferi, lampade di

sicurezza. In quest’ambito rientra anche la sicurezza stradale.

- Sicurezza uguale security. Con grande semplificazione, può essere definita la

condizione per evitare, prevenire o impedire l’illegalità, le aggressioni, in

relazione ad attività illecite o criminali. Abbiamo così le forze di sicurezza, gli

uomini della sicurezza, la sicurezza nazionale.

In quale di queste due categorie ricade la sicurezza garantita dalla difesa civile? E quale

quella invece garantita dalla protezione civile?

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Page 64: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

2.4 Nozioni di “sicurezza pubblica” e “ordine pubblico”

Lo Stato prevede, fra i suoi compiti di primo rilievo, quello di garantire la pacifica convivenza

dei cittadini attraverso il mantenimento della sicurezza pubblica interna, attività non meno

importante della tutela della sicurezza per il contrasto ad eventuali offese provenienti

dall’esterno.

In Italia il concetto di sicurezza pubblica (s.p.)171 non è definito dalle norme giuridiche

vigenti: sul suo significato molto si è dibattuto e continua a dibattersi, soprattutto con

riferimento ai rapporti con quello di ordine pubblico. In termini generali, essa può intendersi

come quel particolare stato di fatto della società, da realizzare in aderenza alle norme

dell’ordinamento giuridico, in cui la collettività e i singoli cittadini sono garantiti da ogni

lesione o minaccia di lesione al normale e pacifico esercizio dei loro diritti.

Tale concetto non è definibile in modo aprioristico, la sua corretta definizione può essere

concretamente esplicitata soltanto con riferimento alle concezioni politiche e sociali

dominanti nei tempi e nei luoghi di applicazione172.

La locuzione di sicurezza pubblica è spesso confusa con quella di Pubblica Sicurezza (P.S.)

che discende direttamente dal Regio Decreto 18/06/1931, n. 773 “Testo Unico delle leggi di

pubblica sicurezza” (in vigore), che definiva le attività di polizia173 e gli organi a cui ne è

demandata l’attuazione (Ministro dell’Interno, Prefetto, Questore, Sindaco).

Analoghe considerazioni valgono per la nozione di ordine pubblico (o.p.), che nel nostro

ordinamento giuridico ha varietà di contenuti in rapporto alle diverse branche del diritto

positivo. Nel diritto civile designa le disposizioni inderogabili dalle pattuizioni contrattuali dei

privati, ma ha particolare rilievo nel diritto penale ai cui fini, secondo alcuni autori174,

indicherebbe sempre la sicurezza pubblica, ma in un’accezione più ristretta: si tratta, da un

lato, del buon assetto e regolare andamento della vita sociale, dell’armonica convivenza dei

171 Per tre differenti definizioni e concezioni vedi: Carboni, L’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, p. 307; Virga, La potestà di polizia, p. 12; Corso, voce Ordine pubblico nel diritto amministrativo, in Digesto delle Discipline pubblicistiche, p. 1063. 172 In Italia, la creazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (1852), che successivamente diede vita alla polizia del Regno d’Italia, attribuì al Ministero dell’interno le competenze di “pubblica sicurezza”. 173 Definite attività di pubblica sicurezza. 174 Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1989, p. 941.

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Page 65: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

cittadini sotto la sovranità dello Stato e del diritto, assumendo così il significato di “pace

pubblica”, cui corrisponde nei consociati il senso della tranquillità e della sicurezza (ordine

pubblico in senso materiale); dall’altro, dell’assenza di manifestazioni esteriori di insofferenza

o ribellione ai principi legislativi e ai legittimi ordini dell’autorità costituita (ordine pubblico

in senso ideale).

Anche la definizione di ordine pubblico causa, comunque, difficoltà e incertezze: infatti,

benché esso sia il presupposto di numerosi reati previsti dal codice penale e da leggi speciali

ed alla necessità di difenderlo si faccia costante riferimento come a un’esigenza essenziale per

la convivenza civile e la stabilità dell’ordine democratico, la Costituzione non ne fa menzione

in alcuna norma. In effetti, anche l’ordine pubblico può essere interpretato in diversi modi,

che risentono del periodo storico e del modello di regime politico e sociale preso in

considerazione.

Conferma del caos concettuale e normativo in materia si può trovare nella recente l.

15/07/2009 n. 94 “Disposizioni in materia di pubblica sicurezza” e la relativa lettera del

Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio del 05/07/2009, che nel criticare le

modifiche introdotte nei codici penale e civile (oltre che a numerosissimi altri testi normativi)

definisce la “pubblica sicurezza nella sua accezione più ampia, funzionale all’intento di

migliorare la qualità della vita dei cittadini rimuovendo situazioni di degrado, disagio e

illegalità avvertite da tempo”. Anche in questo caso il termine “pubblica sicurezza” è

strettamente associato a quello di “ordine pubblico”.

L’originaria impostazione della tutela penale dell’”ordine pubblico” è stata concepita dal

codice penale del 1930175 (in vigore) avendo di mira una duplice esigenza: sotto il profilo

materiale, quella dei cittadini di svolgere le ordinarie occupazioni senza essere turbati da fatti

di violenza, da ingiustificati allarmi, da disordini ovvero dalla presenza di organizzazioni

criminali dedite a reati; sotto il profilo ideale, quella (tipica dei regimi autoritari) di reprimere

il dissenso politico e ideologico176 ().

175 Regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, cd. “Codice Rocco” 176 Il Codice Rocco è stato voluto, concepito, scritto e promulgato durante il periodo della dittatura fascista, 1922 – 1943.

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Page 66: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

I Governi ed il Parlamento del secondo dopoguerra, non hanno ritenuto necessario modificare

sostanzialmente tale impostazione, mantenendo in vigore tal quali (giusto con modeste

modifiche lessicali dovute al passaggio dal Regno d’Italia alla Repubblica) sia il Codice

Rocco sia il TULPS. La funzione di pubblica sicurezza è stata circoscritta nella portata, grazie

all’opera di cesello compiuta dalla Corte Costituzionale.

In questo periodo iniziò il concorso delle Forze Armate nella tutela dell’ordine pubblico, con

la sorveglianza di “obbiettivi sensibili” in Alto Adige, in risposta ad un’ondata di attentati

terroristici messi in atto dal movimento indipendentista sud-tirolese.

A far tempo dalla metà degli anni ‘70, in conseguenza del diffondersi del terrorismo di

matrice politica e di nuove e più aggressive forme di criminalità organizzata, si è affermata

una diversa nozione di ordine pubblico, inteso come l’insieme degli strumenti e degli

interventi degli apparati statali preposti alla prevenzione e repressione di queste

manifestazioni criminali177: quasi a voler ben distinguere, anche sul piano terminologico,

questo nuovo indirizzo di politica legislativa dalla tradizionale nozione di ordine pubblico, si

è parlato - non senza suscitare dispute, anche accese, sui rischi di arbitraria compressione dei

diritti e delle garanzie di libertà costituzionalmente sanciti - di tutela dell’ordine pubblico

democratico, al fine di sottolineare che l’obiettivo delle nuove misure era la salvaguardia

delle istituzioni democratiche dall’attacco dell’eversione politica e della criminalità

organizzata.

Su questa stessa linea di pensiero si pone l’interpretazione del concetto di Difesa Civile, dalla

semplice difesa dei cittadini dai bombardamenti del tempo della II Guerra Mondiale, si passò

alla necessità di garantire il funzionamento del Governo nel caso di III Guerra Mondiale, con

tutte le problematiche che allora erano temute a causa dell’appartenenza alla NATO ed alla

presenza del maggior partito comunista in Europa.

Dopo i primi anni ‘80, il problema della tutela dell’ordine pubblico è stato affrontato

soprattutto nell’ottica della difesa dei diritti della collettività dalle intimidazioni e dalla

violenza del potere mafioso, che si esprime spesso, nelle regioni del Meridione, in vere e

proprie forme di occupazione di zone del territorio: in tale contesto, l’esigenza primaria di

177 Un evoluzione parallela si è avuta negli Stati Uniti negli ultimi 35 anni, accelerata a seguito degli attentati delle Torri Gemelle: cfr. Miller (2012) e la bibliografia citata, in particolare Garland (2001).

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Page 67: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

assicurare l’ordine pubblico materiale si è tradotta anche nell’invio di contingenti

dell’Esercito che, a partire dall’estate del 1992 (Operazione “Forza Paris”) e successivamente

in Sicilia dopo gli attentati ai giudici falcone e Borsellino (Operazione “Vespri Siciliani”,

hanno svolto per alcuni anni un controllo capillare del territorio, rendendo così visibile la

presenza dello Stato e dei suoi apparati coercitivi e consentendo inoltre di concentrare gli

sforzi delle forze di polizia su compiti connotati da maggiore specializzazione quali le

indagini di Polizia Giudiziaria e la scorta di persone nel mirino della mafia.

Da ultimo, la necessità di intensificare l’impegno delle forze di polizia nel contrasto alla

criminalità ha indotto il legislatore a prevedere che, in relazione a specifiche ed eccezionali

esigenze, il Governo possa adottare specifici programmi di utilizzazione, da parte dei

Prefetti178, di assetti di forza armata in supporto alle ordinarie attività di pubblica sicurezza, sia

quando chiaramente ricadenti nel concetto di ordine pubblico179 (citizen security)o di semplice

supporto per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini180 (citizen safety).

2.5 Gli scenari NBCR-E

Le armi di distruzione di massa [WMD], tra le quali sono state recentemente inserite gli

esplosivi181, sono stati il motivo principale della nascita della difesa civile e rappresentano

sicuramente uno dei più importanti rischi per le popolazioni civili nel caso di conflitto od

attentati terroristici.

Proteggere la popolazione dell'Unione europea dal terrorismo e da altre minacce criminali è

un’altissima priorità per la Commissione. Vari esempi a livello mondiale dimostrano il

continuo interesse dei terroristi a procurarsi materiali chimici, biologici, radiologici e

nucleari (CBRN). L’Unione europea si è impegnata a garantire che tali ipotesi di minaccia

178 Ai sensi della legge 24 luglio 2008, n. 125 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”. 179 Pattugliamenti e posti fissi quali Operazione Strade Sicure (e prima con le operazioni Forza Paris e Vespri Siciliani). http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Strade_Sicure, ultimo accesso 30/12/2011. 180 Operazione strade pulite. http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Strade_Pulite, ultimo accesso 30/12/2011. 181 In effetti l’uso degli esplosivi è sicuramente antecedente quello delle armi nucleari e radiologiche, nonché utilizzato durante la IIa Guerra Mondiale come WMD ed arma terroristica (bombardamenti sulle città).

60

Page 68: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

non convenzionale non si concretizzino, e il piano d'azione CBRN contribuirà ampiamente a

realizzare questo obiettivo.182

L’acronimo CBRN è la sigla che individua la minaccia chimica, biologica, radiologica e

nucleare. Il termine CBRN ha integrato la minaccia NBC (nucleare, biologica e chimica),

usata durante la guerra fredda, che aveva già sostituito il termine ABC (atomiche, biologiche

e chimiche), utilizzato negli anni Cinquanta. L’aggiunta della R (per radiologico) è una

conseguenza della “nuova” minaccia di un’arma radioattiva (“bombe sporche”). Dall’inizio

del nuovo millennio183, un nuovo acronimo - CBRN-E - è stato introdotto in sostituzione /

alternativa a CBRN. La “E” rappresenta la crescente minaccia dell’uso terroristico di

esplosivi.

Nel recente passato, esplosivi e CBRN sono stati generalmente trattati come problematiche

separate, perché l’uso combinato di agenti CBRN ed esplosivi è stato visto raramente. Con

l’aumento della pericolosità del terrorismo, l’individuazione e neutralizzazione degli ordigni

esplosivi e degli agenti CBRN stanno diventando domini sempre più sovrapposti, perché le

unità di intervento che si occupano di pacchi sospetti dovranno confrontarsi con qualsiasi

tipo di materiale.

Inoltre, la dispersione di alcuni dei materiali CBRN può basarsi sull’uso di esplosivi. A rigor

di termini, gli esplosivi sono sostanze chimiche o nucleari con proprietà esplosive, quindi in

teoria si potrebbe omettere la “E” da CBRN-E, tuttavia il suo uso marca la distinzione tra

materiali con proprietà tossiche od esplosive.

Al fine della presente tesi sono considerati insieme gli scenari di crisi ed i relativi possibili

disastri, derivanti dall’uso intenzionale (terrorismo o conflitto) o da incidente dovuto ad

intervento antropico (incidente tecnologico / industriale) o a disastro naturale (pandemia,

zoonosi od incidente NaTech), relativi all’impiego di armi o sostanze Nucleari, Biologiche,

Chimiche, Radiologiche ed Esplosive [Chemical Biological Radiological Nuclear Explosives

182 COM(2009)273 sul rafforzamento della sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare nell’Unione europea – Piano d’azione CBRN dell'UE (Brussels, 24/06/2009). 183 Nonostante gli attentati dinamitardi abbiano una lunga storia nel terrorismo mondiale, la guerra in Iraq (3a Guerra del Golfo) ha portato alla ribalta delle cronache giornalistiche, delle ricerche militari e degli studi scientifici la problematica dei “congegni esplosivi improvvisati” [Improvvised Esplosive Devices - IED].

61

Page 69: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

– CBRN-E]. L’approccio corretto è quindi quello multi-rischio184 dettagliatamente descritto

nella pubblicazione dell’Unione Europea prodotta durante il progetto “NaRAs” finanziato

con il 6° Programma Quadro.

L’elevata vulnerabilità delle moderne società verso questo nuovo tipo di minaccia ci spinge a

considerare gli eventi CBRN-E in scenari non di guerra, ma piuttosto in ambiente

metropolitano, con coinvolgimento della popolazione civile e/o di attacco alle infrastrutture

critiche185 [critical infrastructure – CI].

Le armi / agenti CBRN-E sono spesso, come prima anticipato, chiamate anche armi di

distruzione di massa. In effetti questo non è sempre corretto. Sebbene gli agenti CBRN-E

possano causare elevate perdite e gravi danni, il loro uso da parte dei terroristi può avere come

obbiettivo principale (o anche unico) l’intimidazione di un’intera società e la frammentazione

delle relazioni sociali186.

Un evento CBRN-E differisce da un incidente con materiali pericolosi [hazardous materials –

HAZMAT] per la volontà di causare vittime e danni (evento doloso). La risposta agli eventi

CBRN-E è guidata dall’assunzione che siano deliberati, malevoli e con l’intenzione di

uccidere, ferire o danneggiare la società in generale. La raccolta delle prove (scena del

crimine) e l’individuazione dei colpevoli rappresentano un punto molto più importante negli

eventi CBRN-E invece che negli incidenti HAZMAT. La risposta è comunque la stessa, anche

se gli attentati possono, ovviamente, essere più pericolosi per i soccorritori visto l’elevato

valore187 che ha il personale altamente addestrato destinato a tali operazioni.

A conclusione di queste valutazioni sui rischi CBRN-E, è importante aggiungere un dato sul

valore della prevenzione. Questa è perseguita principalmente dai sevizi di intelligence e,

184 Marzocchi et al. (2011) Principles of multi-risk assessment Interaction amongst natural and man-induced risks. 185 Per una analisi metodologica dell’approccio quantitativo del rischio indotto nelle società occidentali dal terrorismo vedi Chatterjee & Abkowitz (2011). 186 Basta pensare all’effetto che ha una forte epidemia di influenza sugli utilizzatori di mezzi di trasporto pubblico o sugli eventi pubblici. L’epidemia di SARS dell’anno 2009 ne ha fornito un chiaro esempio. 187 E la scarsa numerosità.

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Page 70: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

secondariamente, dai sistemi di monitoraggio e di allerta188 e dai piani di sicurezza degli

impianti industriali.

In relazione al rischio terrorismo, un approccio realistico legato alla difficoltà, se non

impossibilità, di prevenzione di alcuni eventi189, si riscontra in diversi livelli di operatori

italiani della sicurezza190 e conferma la linea di concentrare gli sforzi di risorse umane e

finanziarie, di tecnologie, di preparazione operativa e procedurale, sulla fase di gestione

dell’evento e delle sue conseguenze [Crisis / Consequence Management].

Il ciclo dei disastri descritto al capitolo 1 (vedi fig. 5) , che comprende scenari in evoluzione

da una situazione di pre-crisi allo sviluppo della stessa ed infine al superamento

dell’emergenza, dovrebbe essere comprensivo di:

1. Prevenzione, per ridurre la minaccia [prevention - to reduce threat];

2. Protezione, per ridurre la vulnerabilità dell’obbiettivo [protection - to reduce

vulnerability of targets];

3. Gestione della crisi [crisis management - to control /to minimize damage];

4. Gestione delle conseguenze [consequences management – to remediate damages];

5. Ritorno alle condizioni di vita antecedenti e ricostruzione [recovery and

reconstruction].

Questo approccio risulta inoltre particolarmente adatto ad ottimizzare la risposta

indipendentemente alla presenza di eventi dolosi o colposi, dato che le unità di soccorso

(Vigili del Fuoco e 118) sono sempre le stesse.

La NATO ha da sempre prestato particolare attenzione alla minaccia CBRN191, dato che la

possibile guerra con il Patto di Varsavia prevedeva l’utilizzo di tali armi; l’evoluzione più

188 Ad esempio sulle malattie infettive (con le nuove possibilità offerte dal web 2.0 e dai cittadini sensori, ad es. http://www.epicollect.net/), ma anche in relazione alla radioattività con la rete di rivelazione radiologica presente sul territorio nazionale dalla fine degli anni ’90 che fa capo alla Centrale DC-75 (Difesa Civile – anno 1975) presso il Ministero dell’interno. 189 Chatterjee & Abkowitz riportano la presenza negli Stati Uniti (dato aggiornato al 2006, in aumento) di 77.089 bersagli critici, di cui 600 con assoluta priorità di difesa. 190 Presentazioni a cura di funzionari appartenenti al Ministero degli interni ed all’osservatorio di Sicurezza nazionale [OSN] durante il 30° e 31° Corso COCIM (Roma, 2010 e 2011). 191 A seguito del Summit di Praga (21/11/2002) la NATO ha deciso di sviluppare la difesa contro la minaccia CBRN di matrice terroristica creato a Praga un centro di eccellenza multinazionale per la difesa CBRN (http://jcbrncoe.cz/joomla/) e la NATO Combined Joint CBRN Defence Task Force [CJ-CBRND-TF] composta da un battaglione multinazionale ed un team di esperti.

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Page 71: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

recente della cooperazione militare in risposta a crisi civili prevede l’utilizzo delle forze

specializzate in supporto agli stati membri o appartenenti alla Partnership for Peace192.

Per alcuni elementi sulle iniziative in ambito NATO si consideri l’esempio organizzativo del

“NATO’s Multinational Chemical, Biological, Radiological and Nuclear (CBRN) Defence

Battalion”193, e delle “Minimum Standards and Non-Binding Guidelines for responses to

chemical, biological, radiological and nuclear (CBRN) incidents”, dove si legge: «… Allies

and Partners are working together to improve civil preparedness against possible terrorist

attacks. Of special concern is the possibility of catastrophic damage from attacks with

chemical, biological, nuclear or radiological agents against civilian populations. … for

responding to such attacks through, for example, the Euro-Atlantic Disaster Response

Coordination Centre (EADRCC) and the possible use of Alliance CBRN defence assets.»194

Recentemente anche il Consiglio Europeo e la Commissione195, in alcuni documenti e nelle

corrispondenti esercitazioni finanziate dallo Strumento Finanziario di Protezione Civile196,

confermano l’approccio che vede un equilibrio tra cause intenzionali e cause naturali od

accidentali: la preparazione e l’addestramento alla decontaminazione delle vittime a seguito di

incidenti di tipo chimico, biologico, radiologico e nucleare pongono sullo stesso piano

“catastrofi di tipo chimico, biologico, radiologico e nucleare (CBRN) nonché il terrorismo

CBRN”.

L’importanza del tema è segnalata infine dall’istituzione, in Italia, di un centro d’eccellenza

congiunto UN – EU sulla prevenzione degli eventi CBRN (CBRN Centre of Exellence –

CBRN-CoE) con sede a Torino, presso lo United Nations Interregional Crime and Justice

Research Institute [UNICRI] ed ad ISPRA (VA) presso il Centro Comune di Ricerca della

Commissione Europea [JRC]197. L’agenda politica dell’Unione Europea e delle Nazioni

192 Lezioni e comunicazioni personali al NATO Civil Emergency Planning Course (Obergammergau, 1-5/11/2010). 193 Cfr. “Boosting NATO's CBRN capabilities”, NATO Review, Autumn 2005, http://www.nato.int/docu/review/2005/issue3/english/features1.html 194 Cfr. “NATO’s response to terrorism”, NATO Review, Autumn 2005, http://www.nato.int/docu/review/2005/issue3/english/art1.htm1195 In ultimo nella COM(2010)600 Towards a stronger European disaster response: the role of civil protection and humanitarian assistance (Brussels, 26/10/2010) 196 Decisione della Commissione 18712/2008 on the annual work programme for the actions to be financed in 2009 pursuant to Council Decision No. 2007/162/EC, Euratom establishing a Civil Protection Financial Instrument. 197 http://www.cbrn-coe.eu/

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Page 72: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Unite nel campo della minaccia CBRN è coerente con l’azione sviluppata nel campo dei

rischi naturali e tecnologici198 e comprende:

JRC/UNICRI systematic approach to CBRN policy through regional Centres of

Excellence;

EU/UN norms (promoting our standards, guidelines and norms);

EU industry (promoting our industry for possible security and development markets);

EU/MS open sources (getting our own network);

Encouraging regional dynamics (local ownership)

Encouraging partnership at regional level with UN and EU support;

Incorporating existing EU assistance programmes under the same and unique

framework;

Relying on local and European experts to develop a culture of safety and security;

Coordinating with international donors (UN, G8, US, Japan, OSCE, NATO).

Armi Nucleari

In generale, in Italia (e in Europa) la necessità di difendersi e di gestire le conseguenze di un

attacco con armi nucleari è considerato ad un ordine minimo di priorità, soprattutto rispetto

alle altre tipologie di eventi. L’impiego di armi nucleari è difficilmente mascherabile ed il

loro uso sottintende quindi un conflitto aperto con uno stato estero.

Ciascuna amministrazione coinvolta nella pianificazione, pur preparandosi in principio a

tutte le tipologie di evento, tende a privilegiare gli obbiettivi primari dell’organizzazione, ma

l’idea di considerare gli scenari di armi di distruzione di massa “N” come trascurabili e di

minore urgenza, almeno nel breve periodo, è sufficientemente condivisa199.

Armi radiologiche ed incidenti nucleari

Molto diverso è il discorso per gli scenari “R”, che in Italia sono ritenuti seriamente

possibili, in particolare nella versione aggressiva della bomba sporca [dirty bomb].

198 Presentazione del CBRN CoE a cura di Bruno Dupré (Brussels, 21/10/2011) CBRN Centres of Excellence: Political rationale Information meeting to EU representatives 21 October 2011. Disponibile su cbrn-coe.eu/199 Comunicazioni personali, 30° Corso COCIM (Roma, 7-18/09/2009)

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Page 73: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le scorie radioattive200, insieme ad esplosivo convenzionale, possono diventare una arma di

distruzione di massa se usate in ambiente urbano. E comunque anche nel caso in cui le

conseguenze di un evento “R” causino una bassa mortalità, seguono importanti effetti

economici e psicologici, a causa dell’evacuazione di vaste aree urbane per un lungo periodo di

tempo e dei costi della bonifica.

Numerosi studi201 sottolineano la possibilità (o certezza) che entità non-statali fabbrichino tali

ordigni, data la relativa facilità con cui si può entrare in possesso di materiale radioattivo.

Anche in Italia, ed in Europa più in generale, è forte l’aggravante dei fattori legati al traffico

illecito di tali materiali.

C’è poi la questione degli incidenti e degli attacchi che possono interessare centrali nucleari,

industrie e centri di stoccaggio per materiale radiologico.

In Italia sono presenti almeno una dozzina di siti di deposito temporaneo di materiale

radioattivo che presentano un inventario radiologico altamente significativo e dunque delle

reali caratteristiche di vulnerabilità.

Secondo dati forniti alla Commissione ambiente della Camera202: “… in Italia ci sono circa

60.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di seconda e terza categoria, ai quali vanno aggiunte

298,5 tonnellate di combustibile irraggiato. Le centrali nucleari italiane (chiuse dopo il

referendum del 1987) hanno prodotto 55 mila metri cubi di scorie. Ma la verità è che più che

chiuse le centrali sono in stato di “custodia protetta passiva”, dunque continuano a produrre

ogni anno una certa quantità di rifiuti radioattivi. A questi vanno aggiunti altri 2 mila metri

cubi di rifiuti radioattivi, di origine medica e sanitaria, o creati durante le attività di ricerca o

simili, e poi rottami metallici, vecchi quadranti luminescenti, parafulmini. E inoltre è bene

ricordare che ospedali e aziende producono ogni anno 500 tonnellate di nuove scorie.(…)”.

Questi siti, i materiali stoccati e le catene dei trasporti di tali sostanze sono vulnerabili ad

attacchi terroristici e perciò richiedono una messa in sicurezza non solo da incidenti tecnici e

naturali (safety), ma anche da attacchi (security)203.

200 Prodotte da reattori nucleari o a seguito di utilizzo a fini tecnologici e medici di materiali radioattivi. 201 Cfr. per l’Italia gli atti del Convegno “Coordinating Global and Regional Efforts to Combat WMD Terrorism” (Rome, 24/10/2008) e a livello mondiale il Chemical, Biological, Radiological, Nuclear and Explosives Resilience Action Plan for Canada e la bibliografia ivi contenuta. 202 Rapporto del Generale Carlo Jean, Commissario delegato della SOGIN (25/06/2003). 203 Rapporto sullo stato del decommisioning e della gestione rifiuti radioattivi: la situazione internazionale e in Italia, a cura dell’ENEA (2009).

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Page 74: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Alcune recenti iniziative in ambito NATO testimoniano la realtà della minaccia “R”, come ad

esempio l’esercitazione tenutasi in Italia “Lazio 2006204” che ha visto impegnate squadre di

emergenza dei paesi NATO e della Federazione Russa su uno scenario fittizio basato su un

attacco terroristico perpetrato con una bomba sporca, o all’esercizio CARPATEX 2011, che

ha visto impegnate in Polonia squadre di emergenza dei paesi dell’Europa Orientale,

impegnate su eventi naturali, contaminazioni chimiche e danneggiamento di una centrale

nucleare, con conseguente rilascio di materiale radiologico.

Armi ed agenti chimici

Gli agenti utilizzati come armi chimiche205 presentano un alto grado di pericolosità dovuto al

rapido o immediato effetto che li caratterizza.

Tra i probabili scenari emergono incidenti o attacchi presso le industrie chimiche, durante il

trasporto HAZMAT e l’utilizzo di agenti chimici contro infrastrutture o in occasione di grandi

eventi (questo ultimo ben immaginabile, ad esempio con dispersione aerea degli agenti

aggressivi sulla folla).

Nel primo caso ci può essere un maggior controllo della crisi ed una più facile riduzione del

danno poiché sono presenti i piani di emergenza già predisposti dalle aziende ed è possibile

conoscere in anticipo il tipo di aggressivo coinvolto, dal momento che le prefetture in Italia

mantengono un apposito registro.

La questione, più pacifica, della safety dell’ambiente industriale è ripresa anche a livello UE,

che ha creato la nuova “Agenzia europea per le sostanze chimiche”.

Le esercitazioni NATO volte a perfezionare le capacità di protezione civile gestite dal Euro-

Atlantic Disaster Response Coordination Centre [EADRCC] sono spesso orientate alla

gestione delle conseguenze del rischio chimico, come per esempio lo scenario “Idassa

2007”206 che descriveva proprio il caso di un incidente chimico in un porto commerciale

croato. Armi Biologiche, pandemie, zoonosi

204 Field Exercise and the Table Top exercise on same scenario (Rome, 23-26/10/2006) http://www.nato.int/eadrcc/2006/10-lazio/index.htm205 Le armi chimiche sono state bandite nel 1993 con il Chemical Weapon Convention [CWC]. La OPCW [Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons] è l’organizzazione internazionale che cura l’implementazione della Convenzione. 206 Per la descrizione dell’esercitazione vedi: http://www.nato.int/eadrcc/2007/05-idassa/index.htm

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Page 75: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Gli scenari “B” hanno una chiara priorità. Questo per una serie di fattori, amplificati nel caso

di utilizzo di armi chimiche207, che comprendono:

bassa possibilità di prevenzione;

aggravante dovuta al tempo di incubazione di agenti contagiosi, che può arrivare a

settimane;

saturazione delle strutture sanitarie;

difficoltà della risposta sanitaria su larga scala, legata alla messa a punto di vaccini.

La priorità di scenari “B” trova un forte riscontro anche in ambito europeo, sia per diffusioni

naturali che intenzionali. Il Libro Verde sulla preparazione contro gli attacchi biologici208 ha

dettato le linee guida europee sulla prevenzione e reazione agli eventi biologici, con

particolare attenzione ad eventuali attacchi terroristici contro la catena alimentare e

l’approvvigionamento idrico209.

La Commissione Europea ha fondato nel 2005 lo European Centre of Disease Prevention and

Control [ECDC], al fine di identificare, valutare e comunicare minacce di malattie infettive in

corso o emergenti, e più recentemente ha attivato un sistema di informazione in tempo reale

curato dalla DG SANCO e gestito dal Joint Research Centre, con una sezione speciale sul

bioterrorismo.

Esplosivi

Il primo uso documentato di esplosivi proviene dalla Cina, dove già nel X secolo, gli

esplosivi sono stati utilizzati in fuochi d’artificio e per la segnalazione. L'utilizzo di esplosivi

come strumento di guerra è stato scoperto in occidente nel XIII secolo e la loro utilità

militare è stata ben presto percepita ed assimilata da tutte le forze armate.

Gli ordigni esplosivi improvvisati [Improvised Explosive Device - IED] sono ordigni

realizzati in maniera improvvisata in grado di causare gravi danni anche a mezzi corazzati

pesanti, visto che la quantità di esplosivo utilizzato può essere semplicemente aumentata a

207 le armi biologiche sono state bandite nel 1975 con il trattato Convention on the prohibition of the development, production and stockpiling of bacteriological and toxin weapons and on their destruction [BTWC]. 208 COM(2007)399 Green Paper on bio-preparedness. 209 Food safety: sicurezza alimentare relative alla sicurezza sanitaria degli alimenti, a corretti processi di produzione e al controllo della qualità dei prodotti agricoli in tutte le fasi della catena di trasformazione. Food security: sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, definito dall’Organizzazione mondiale della sanità come l’accesso a cibo sufficiente, sicuro e nutritivo.

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Page 76: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

volontà, in funzione degli obiettivi. Questa tipologia di armi, già ampiamente utilizzata

soprattutto durante la guerra libanese con le prime autobomba, è stata ampiamente utilizzata

in Iraq (III Guerra del Golfo)sia contro obbiettivi militari (mezzi in transito) sia contro

obbiettivi civili, venendo quindi a rappresentare un’arma di distruzione di massa.

La rapida crescita del commercio globale e la disponibilità di tecnologie e know-how nel

settore della chimica e della biologia (insieme al crescente accumulo di scorie nucleari),

rendono più facile l’acquisizione di WMD anche da parte di paesi meno sviluppati, molti dei

quali supportano, anche se non ufficialmente, i gruppi di terroristi, fanatici religiosi e gruppi

criminali, tutti potenzialmente disponibili all’uso delle armi di distruzione di massa210.

Le restrizioni del passato imposte nelle aree regionali dall’ordine bipolare USA-URSS non

esistono più. In un mondo sempre più globale e confini, soprattutto in Occidente, sempre più

permeabili, fenomeni come l’immigrazione clandestina, la diffusione di malattie, il

commercio di armi illegali, il movimento di capitali, etc., hanno richiamato la preoccupata

attenzione del mondo intero. In particolare il terrorismo, che non usa le regole codificate

durante la guerra fredda, rappresenta con l’uso delle WMD una minaccia globale attuale e

credibile211.

2.6 Il terrorismo

Il terrorismo, per quanto anch’esso presente nella storia umana dai suoi albori, ha raggiunto

solo nel post-guerra fredda un interesse parossistico212. L’uso della violenza fisica per

intimorire gli avversari è ben documentato nella storia213, ma solo recentemente è stato visto

come una minaccia per la sovranità statale e non solo per i singoli cittadini.

210 Per un’analisi dell’evoluzione degli scenari e delle possibili risposte vedi: Palanga (1997), Paci (2003) e Nones (2008). 211 Negli Stati Uniti gli scenari di risposta ad eventi CBRN-E contenuti nel National Planning Scenarios, a cura del Department of Homeland Security [DHS], sono stati aggiornati almeno 20 volte tra la prima versione (2004) e l’ultima versione disponibile (2006). 212 Per un’analisi complessiva del fenomeno, che sfugge agli obbiettivi di questa tesi nonostante il notevole interesse, vedi Bonanate (2001), limitatamente agli eventi precedenti l’attentato delle Torri Gemelle, e 213 Vedi ad es. le guerre civili romane (82 a.C. e 44-31 a.C.) che portarono alla fine della Repubblica (http://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_civili_romane) ed il periodo del “Terrore” che seguì la rivoluzione francese (1793 - 1794), che portò all’ascesa di napoleone (http://it.wikipedia.org/wiki/Regime_del_Terrore)

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Page 77: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

D’altronde l’uso del terrorismo in guerra, per quanto disdegnato a parole sino alla seconda

guerra mondiale, ha visto un utilizzo costante in funzione della sua utilità: è stato

semplicemente un arma tra le tante a disposizione di un generale214.

La stessa nascita della difesa civile fu resa necessaria dalle caratteristiche, anche

terroristiche, dei bombardamenti aerei associati ad armamenti inizialmente CB-E e

successivamente CBRN-E215. La principale azione politica della guerra fredda, “l’equilibrio

del terrore”, con la continua minaccia dell’utilizzo di armamenti sproporzionati agli

obbiettivi militari, può essere senza dubbio considerata come un uso terroristico (volto ad

influenzare politicamente l’avversario) delle armi di distruzione di massa216.

Al fine dell’obbiettivo del presente elaborato, il terrorismo riveste un notevole interesse

limitatamente a quello internazionale, anche se gli effetti nel caso di utilizzo di armi od

agenti CBRN-E sono ovviamente analoghi a quelli del terrorismo interno.

La definizione riportata in wikipedia217, la cui voce è soggetta a continua modifica a causa

del forte contrasto politico che genera, è la seguente:

Il terrorismo è una forma di lotta politica che consiste in una successione di

azioni clamorose, violente e premeditate come attentati, omicidi, stragi, sequestri,

sabotaggi, ai danni di enti quali istituzioni statali, governi, esponenti politici o

pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi. (ultimo accesso 30/12/2011).

La versione inglese è molto più precisa218, e non attribuisce al termine particolari

orientamenti politici:

Terrorism is the systematic use of terror, especially as a means of coercion. …

Although “terrorism” originally referred acts committed by a government,

currently it usually refers to the killing of innocent people by a non-government

group in such a way as to create a media spectacle. (ultimo accesso 30/12/2011).

214 Per una descrizione del terrorismo internazionale nel XX secolo (prima degli attentati delle Torri Gemelle) vedi Luigi Bonanate (2001) e la cronologia allegata. 215 Come concettualizzata per primo da Giulio Douhet, nel libro Probabili aspetti della guerra futura (1928). 216 Gli atti terroristici hanno usualmente come obiettivo principale non tanto gli effetti diretti derivanti dai danni a persone o cose (morti e feriti inclusi), quanto quello delle loro ricadute indirette, come ad esempio la modifica di linea politica dei destinatari finali delle azioni o la risonanza mediatica che le stesse azioni conseguono. 217 http://it.wikipedia.org/wiki/Terrorismo218 http://en.wikipedia.org/wiki/Terrorism

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Page 78: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La più recente bibliografia scientifica219 sui disastri tende ad inquadrare il terrorismo con gli

altri rischi. In generale si ammette che la maggior differenza è legata alla tipologia di azioni

da intraprendere nelle fasi di pianificazione e preparazione, in quanto risulta fondamentale

l’azione investigativa di polizia (e dei servizi segreti).

Numerosi autori sottolineano inoltre che gli attentati compiuti dai terroristi islamisti tra il

2001 e il 2005 (New York, Londra e Madrid soprattutto), hanno distolto eccessive risorse

dalle altre tipologie di rischi220, portando, nel caso degli Stati Uniti, alla catastrofe

dell’Uragano Katrina221, che rispetto alla vittime degli attentati terroristici riportate in fig. 12,

ha causato 1836 vittime222.

Fig. 12: numero delle vittime di attentati terroristici internazionali, da Global Conflict Trends - http://www.systemicpeace.org/conflict.htm

219 Cfr. ad es. Von Lubitz et al. (2008) e Chatterjee & Abkowit (2011) e la bibliografia citata. 220 Tra gli altri Alexander (2005); Lakoff (2005); Phelps (2009) e prima di tutti Mileti (1999). 221 Per un’analisi delle cause del disastro e degli errori nella risposta vedi: http://understandingkatrina.ssrc.org/ 222 Il terremoto / maremoto di Sendai e Tohoku del marzo 2011 ha causato 15.703 vittime; più di tutti gli attentati terroristici internazionali dal 2000.

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Page 79: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La politica intergovernativa Europea223 inizio ad interessarsi del terrorismo nel 1976,

all’interno del TREVI Group, nato per coordinare gli sforzi dell’antiterrorismo, che all’epoca

interessava numerosi paesi europei sia come minaccia interna sia come minaccia esterna,

portata principalmente dai terroristi palestinesi224.

Successivamente agli attentati dell’11 Settembre l’attenzione sul terrorismo è sensibilmente

cresciuta, raggiungendo la priorità d’azione a seguito degli attentati di Madrid e Londra.

La Dichiarazione del Consiglio Europeo del 25 marzo 2005 sottolinea la necessità di

aumentare il coordinamento e la cooperazione antiterrorismo, le principali decisioni, attuate

negli anni successivi, riguardano:

⇒ la creazione di un coordinatore antiterrorismo per le attività dell’Unione e dei paesi

membri;

⇒ l’integrazione delle strutture di intelligence all’interno del Segretariato;

⇒ il rinforzo del ruolo di Europol225 ed Eurojust226;

⇒ l’adozione di una clausola di solidarietà a favore dei paesi membri colpiti da atti di

terrorismo per favorire l’assistenza reciproca;

⇒ l’istituzione dell’ Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne227 [Frontex];

⇒ nuove formule di finanziamento per i progetti e programmi legati

all’antiterrorismo228;

⇒ proposte legislative per prevenire il finanziamento alle organizzazioni terroristiche.

Il meccanismo europeo di risposta ai disastri, inizialmente previsto solo per i disastri naturali,

è stato ampliato a comprendere qualunque catastrofe, indipendentemente dalla causa

seguendo la linea di pensiero di Quarantelli (1993), Confort (2002) e Peek & Sutton (2003).

223 Cfr. Dittrich (2005). 224 Vedi Bunyan, 1993. 225 Decisione del Consiglio 2009/371/GAI, del 6 aprile 2009,che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol). 226 Decisione del Consiglio 2002/187/GAI, del 28 febbraio 2002, che istituisce Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità. 227 Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea. 228 COM(2005)124 che istituisce il programma quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” per il periodo 2007-2013 (Brussels, 17/06/2005). Il 7 Programma Quadro è stato finanziato con circa 100M€ per le attività CBRN-E e antiterrorismo.

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Page 80: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Sulla stessa linea, per quanto riguardano ovviamente diverse competenze, si è mossa la

NATO. In particolare lo sviluppo del Comprehensive Approach229 successivamente al nuovo

Concetto strategico dell’Alleanza, è volto ad affrontare con più efficacia le minacce

asimmetriche quali quella portata dal terrorismo e dalle armi di distruzione di massa.

Un appunto speciale merita la storia del terrorismo in mare; a partire dai pirati, che fin dalla

loro nascita hanno utilizzato il terrore quale moltiplicatore della loro forza, per seguire con i

corsari230, che agendo in nome e per conto di stati sovrani hanno rappresentato uno dei primi

sistemi istituzionalizzati di guerra asimmetrica, lo scontro sui mari ha sempre rappresentato

un’anticipazione di tattiche e strategie successivamente applicate nella guerra terrestre.231

John Parker, nella sua storia dei sommergibili della Royal Navy232, riporta le parole

dell’Ammiraglio Sir Arthur Wilson all’inizio del XX secolo:

“[submarines are] underhand, under water and damned un-English, certainly no

occupation for a gentleman. Submarine crews, if captured, should be hanged as

pirates”

Il primo sommergibile della marina americana233 fu d’altronde sviluppato da John Philiph

Holland, un patriota irlandese che aveva già sviluppato un prototipo, per attaccare la marina

inglese, con un finanziamento della società segreta che divenne poi l’Irish Republican Army

[IRA].

229 Commento personale del moderatore della sezione Comprehensive Approach della Security Jam 2009: “Thank you for your comments. We agree that no single organization can adequately address the challenge of global terrorism. One aspect of the Comprehensive Approach is the idea that organizations with expertise in different fields will have to work together for peace and security”. October 16, 2009 at 1:41 pm. 230 La guerra da corsa viene fatta risalire alle Crociate e fu abolita dal Congresso di Parigi nel 1856. Secondo la terminologia marinaresca inglese i corsari sono chiamati Privateers. 231 Il rifiorire della pirateria in acque internazionali («di nessuno») sempre anticipare gli scenari attuali e futuri di cyberwarfare. 232 Parker (2001) The Silent Service. 233 USS Holland, 1900.

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Page 81: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Leggi Sun-Tzu - L'arte della guerra: “ogni battaglia é vinta prima che sia combattuta”

Gordon Gekko, in Wall Street

Capitolo terzo: la difesa civile

I primi accenni al concetto ed al termine Difesa Civile si trovano in pubblicazioni di poco

precedenti la seconda guerra mondiale. In particolare il Regno Unito aveva meglio degli altri

Stati sentito la necessità di “difendere i cittadini”, probabilmente anche a causa dei raid degli

Zeppellin tedeschi durante la I Guerra Mondiale.

Coerentemente con il clima seguito alla Crisi di Monaco, l’organizzazione inglese preposta

alla Difesa Civile pubblicava poco prima della II Guerra Mondiale un volantino intitolato

“Some things you should know if war should come”234, dove in otto punti contenuti in quattro

facciate A5, erano riportate tutte le notizie basiche per assicurare un’informazione minima ai

cittadini, dagli allarmi per i bombardamenti aerei alle maschere antigas, alle procedure di

evacuazione e di informazione in caso di necessità.

Dopo la guerra, l’orrore della distruzione, in particolare delle città tedesche, convinse tutti gli

stati a sviluppare dei programmi di difesa civile. L’avvento della contrapposizione dei due

blocchi, occidentale e sovietico, e lo sviluppo delle armi atomiche focalizzarono l’attenzione

dei governi sullo sviluppo di piani di realizzazione di shelter e bunker235, con l’obbiettivo di

garantire la sopravvivenza della popolazione in caso di attacco nucleare.

Dagli anni ’70 divenne predominante l’idea che la sopravvivenza dell’intero genere umano,

o comunque di una società organizzata, fosse impossibile nel caso di una guerra nucleare

globale236. L’idea di base della difesa civile (difesa dei civili dai bombardamenti) fu quindi

abbandonata in quanto considerata una spreco di risorse per scopi irraggiungibili.

234 Lord Privy Seal’s Office, London, July 1939. Per altre informazioni sulla preparazione del Regno Unito alla II GM vedi anche http://en.wikipedia.org/wiki/John_Anderson,_1st_Viscount_Waverley e http://en.wikipedia.org/wiki/Air-raid_shelter#Anderson_shelter235 Due esempi delle strategie di difesa civile nei due blocchi si possono trovare in due ricerche simmetriche sulle strategie di “sopravvivenza” in USA - Mitchell (1965) – e in URSS – Gouré (1969). 236 L’inverno nucleare avrebbe causato l’estinzione della specie umana. Cfr. John Hampson,. Nature, Vol. 250, 19 July 1974, pp. 189-191.

74

Page 82: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

3.1 Difesa civile come complemento o come opposizione alla Difesa militare?

Secondo numerosi autori ed un ampia bibliografia237 nata con l’avvento degli stati-nazione, la

salvaguardia dello stato dalle interferenze straniere (che all’epoca potevano sfociare nella

guerra “dichiarata”) era compito del monarca e solo con la Rivoluzione Francese divenne

“sacro” dovere dei cittadini238. Analogamente, l’interesse del monarca era quello di

salvaguardare la propria posizione di dominus, per cui stato e monarca stesso venivano ad

assumere un’unica identità.

Nonostante che sforzi locali di tutela della popolazione (per esempio con l’utilizzo dei

pompieri per lo spegnimento degli incendi) risalgano per lo meno all’Impero Romano, solo

con il riconoscimento della primaria importanza delle singole persone239 si sviluppò

progressivamente la necessità di provvedere alla loro completa salvaguardia240.

Il concetto di Difesa Civile non è definito da precise statuizione di carattere normativo ma, in

linea generale e omnicomprensiva, si può considerare il risultato di una serie di esperienze ed

elaborazioni pratiche da cui discende un uso direttamente applicabile per fronteggiare le

emergenze (crisi) che possono mettere in pericolo la sopravvivenza delle popolazioni civile.

A livello internazionale la definizione più rappresentativa è quella presente nel testo prodotto

dalla Civil Defence Association, che nonostante sia un’organizzazione Inglese (non

internazionale) ha profondamente influenzato la concettualizzazione della Difesa Civile,

anche perché il suo fondatore, Sir John Hodsoll, fu il “padre della difesa civile” nel Regno

Unito241 e successivamente il capo della sezione Civil Emergency Planning [CEP] della

237 Primo tra tutti Niccolò Macchiavelli ne “Il Principe” e poi Karl von Clausewitz nel celeberrimo “Vom Kriege” (trad. eng. On war – trad. it Della Guerra) 238 Cfr. Feldmaresciallo Helmuth von Moltke (1891), che nella cronaca della Guerra Franco Tedesca del 1870, descrive lo sviluppo del concetto di guerra tra la fine degli imperi europei e la nascita degli stati – nazione. 239 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. reperibile su: http://www.ohchr.org/en/udhr/pages/language.aspx?langid=itn240 Uno dei primi esempi di attività di difesa civile propriamente detta è descritta dal feldmaresciallo von Molke durante l’assedio di Parigi nella II Guerra Franco-Prussiana (1870 – 1871). 241 Responsabile del Air Raid Precautions Department (Home Office) dal 1938 al 1945.

75

Page 83: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

NATO242 ed uno degli ispiratori della nascita dell’Organizzazione Internazionale della Difesa

Civile [International Civil Defence Organization – ICDO: http://www.icdo.org/].

Definition of Civil Defence243

Civil Defence is defined as being the preparation for and actual non-combatant assistance to

individuals, groups or communities in need of immediate assistance as a result of natural or

man-made events whether large or small whether war be declared or not. The assistance may

include, but is not limited to, Rescue, Firefighting, Search, First Aid, Shelter, Feeding,

Communication, Nursing, Counselling and Befriending. It also includes the activities of

organisation and support of assistance in these and similar areas.

Oggi, la Difesa Civile, nella sua accezione italiana assolutamente non condivisa a livello

internazionale244, ha assunto il significato di un sistema complesso di “misure e forze civili

pubbliche e private”, che devono essere organizzate e, all’occorrenza, mobilitate per

garantire la continuità dell’azione di Governo, salvaguardare gli interessi vitali dello Stato,

proteggere la popolazione, difendere la capacità economica, produttiva, logistica e sociale

della Nazione, nonché fornire sostegno alla Difesa Militare245.

I piani di Difesa Civile possono essere attivati a fronte di un qualunque tipo di emergenza in

grado di minacciare la sicurezza dello Stato, quale, ad esempio, una calamità naturale, un fatto

calamitoso intenzionalmente provocato dall’uomo, un atto terroristico, una crisi nazionale e/o

internazionale oppure un conflitto bellico.

Ad oggi il sistema di Difesa Civile risulta attivato una sola volta: in occasione del

famoso “Millenium Bug”246, il baco dei sistemi informatici Windows che, in

occasione del cambio di data tra il 31/12/1999 ed il 01/01/2000, avrebbe dovuto

mandare in tilt i sistemi di gestione informatica del sistema bancario e dei gestori 242 Vedi cap. 4.3.3 per un approfondimento della CEP. 243 Essex-Lopresti (2005), p. 1; e reperibile in: www.civildefenceassociation.org.uk 244 vedi le due antitetiche definizioni presenti in Wikipedia, l’enciclopedia libera (ultimo accesso 11/2011): http://it.wikipedia.org/wiki/Difesa_civile e http://en.wikipedia.org/wiki/Civil_defense 245 Cfr. le direttive edite dal Ministero della Difesa sulla Difesa Civile (DC): Stato Maggiore della Difesa - Centro Militare Studi per la Difesa civile - DC-1: “Direttiva per i concorsi delle Forze Armate in caso di Calamità Naturali”, ed. 1996; DC-2: “La cooperazione civile-militare”, ed. 1985; DC-3: “Direttiva di pianificazione per l’impiego della Forza di Pronto Intervento per le Pubbliche Calamità”, ed. 1996. 246 Per le attività di prevenzione poste in essere dalle prefetture vedi: Di Matteo, 1999.

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Page 84: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

delle infrastrutture critiche. Il baco informatico si rivelò molto meno pericoloso

del previsto e non richiese quindi alcuna particolare azione247.

In questa concezione “stato-centrica” la Difesa Civile è inserita nel più ampio e sovrastante

concetto di Difesa Nazionale, intesa come insieme delle predisposizioni, delle strutture e

delle attività dello Stato volte a garantirne l’integrità e la sicurezza della Repubblica per

mezzo delle sue tre componenti fondamentali: la Difesa Militare, la Difesa Civile e la

Cooperazione Civile-Militare (COCIM).

In assenza di una specifica legislazione primaria in materia, il concetto di difesa civile si è

evoluto per via amministrativa e la libretta “DC 2 – La Cooperazione Civile-Militare”, edita

dallo Stato Maggiore della Difesa nel 1985, è considerata la principale fonte normativa del

settore.

È interessante considerare che tale testo (SMD DC-2) ricomprende la Protezione Civile nel

più ampio settore della Difesa Civile, ed arriva ad esprimere una vera e propria formula

descrittiva del fattore moltiplicativo della cooperazione di soggetti ed organismi civili e

militari nella Difesa Nazionale:

DN = COCIM (DC + DM) difesa nazionale = cooperazione civile militare

moltiplicato per la somma della difesa civile e della

difesa militare

La SMD DC–2 contiene anche una sorta di elencazione, per settori di attività, di ciò che

costituisce materia della difesa civile, che viene sinteticamente riunito in sei settori, ovvero:

1. continuità dell’azione di Governo,

2. telecomunicazioni e sistema di allarme,

3. salvaguardia dell’apparato economico e logistico,

4. protezione civile,

5. salvaguardia della sanità pubblica,

6. informazione pubblica,

7. addestramento alla protezione e salvaguardia dei beni artistici e culturali.

247 Presentazione del vice-prefetto Giovanni Ricatti al 30° Corso COCIM, Roma, 7 – 18 settembre 2009.

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Page 85: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

È del tutto evidente la vetustà di questa elencazione: nella SMD DC-2 la concezione della

difesa civile è proprio quella derivata della guerra fredda, in cui la preparazione alla guerra

nucleare presupponeva la previsione del completo stravolgimento del tessuto economico e

sociale. Il punto saliente di tutto il sistema era quindi la “continuità di Governo”, intendendo

chiaramente la continuità del Governo centrale e del suo controllo del territorio248.

L’attribuzione delle competenze al Ministero dell’interno, e quindi ai Prefetti ed alle forza

dell’ordine, sottolineava la necessità di controllare in primo luogo la situazione sociale.

In quest’ottica, che è ormai solo italiana, la sopravvivenza della popolazione e della struttura

di governo sono viste come oggetti separati, in cui solo l’esistenza di Governo centrale in

grado di esercitare il controllo della popolazione civile, garantisce l’attuazione delle misure

di protezione e recupero post- disastro.

Se durante la guerra fredda, e con l’effettiva possibilità di una guerra NBC e della successiva

invasione delle truppe del Patto di Varsavia, tale impostazione poteva apparire

ragionevole249, con l’avvento del terrorismo mondiale (attentati di New York / Washington

nel 2001250, di Madrid nel 2004251 e di Londra nel 2005252) solo in Italia si è continuato a

parlare di difesa civile mentre in tutti gli altri paesi si è passati a concetti culturalmente più

moderni ed a organizzazioni generalmente più vicine alla protezione civile italiana.

248 Vedi ad esempio la presentazione del Dott. Giovanni Ricatti al 31° Corso COCIM Le infrastrutture critiche nella difesa civile ( Roma, 07/09/2010) secondo il quale: “la difesa civile attiene alla sicurezza dello Stato comprendendo tutte le situazioni emergenziali determinate da qualsiasi evento, aggressivo e non”. 249 E oggi appare invece irragionevole vista l’impossibilità per un esercito invasore di controllare e pacificare le moderne aree urbane come dimostrato dall’invasione americana ed alleata di Iraq ed Afghanistan. 250 Conosciuto come 9/11, dalla data dell’11 settembre 2001, o Attentato delle Twin Towers (le Torri gemelle, distrutte dall’attacco suicida con aerei passeggeri). 251 Conosciuto come 11-M, dalla data dell’11 marzo 2004, o Attentato di Atocha (la principale stazione ferroviaria colpita). 252 Conosciuto come Attentato della Metropolitana di Londra.

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Page 86: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

3.2 Perché stravolgere e riformulare il concetto di difesa civile?

Innanzi tutto, dal punto di vista delle ricadute sulle dinamiche sociali, l’utilizzo del termine

difesa richiama alla mente un comportamento passivo dei cittadini253. Il fatto di considerare il

bene collettivo rappresentato dallo Stato (ed il relativo Governo) come un’entità separata

dalla collettività che lo compone (e lo elegge) contrasta con i più recenti concetti di sicurezza

umana [human security254] proposti dalla comunità accademica ed accettati dalle Nazioni

Unite255. Il benessere e la sicurezza degli esseri umani non è più legato alla semplice salute

fisica, e quindi alla sola tutela dell’integrità della vita, ma è inscindibilmente collegato al

benessere psicologico, sociale ed economico.

The traditional goal of ‘national security’ has been the defence of the state from

external threats. The focus of human security, by contrast, is the protection of

individuals.256

Ecco quindi che il fatto di vivere in una struttura sociale complessa (stato) è di per sé una

necessità della sicurezza umana, e deve essere tutelato in stretta relazione con i desideri dei

singoli cittadini.

Come analizzato da Lakoff (2006)257, in relazione alla risposta statale e federale all’Uragano

Katrina (occorso mentre la maggior parte dei reparti operativi della Guardia Nazionale e

253 Per un chiaro esempio dell’arretratezza culturale italiana riporto le parole del Prefetto Francesco Palmeri, (all’epoca Vice Capo Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e della Difesa Civile e Direttore Centrale della Difesa Civile) espresse durante la conferenza “L’organizzazione della Difesa Civile del Paese a fronte del terrorismo internazionale”, tenutasi allo IASD, Roma il 6 aprile 2004: “La Protezione Civile, che è pur parte rilevante della Difesa Civile, ha un obiettivo più limitato che è quello di assicurare specificatamente l'incolumità dei cittadini e la salvaguardia del loro patrimonio da qualunque evento calamitoso, incluso il conflitto bellico”. 254 La prima concettualizzazione è da attribuire al rapporto dell’agenzia specializzata per lo sviluppo delle Nazioni unite (UN Development Programme): Human Development Report, 1994. 255 Per mezzo della campagna mondiale di riduzione dei disastri (sottoscritta da tutti I paesi europei). Cfr. United Nations (2005). Hyogo Framework for Action 2005-2015: Building the resilience of nations and communities to disasters. 256 Human Security Report 2005: war and peace in 21st Century. Edito dallo Human Security Centre (University of British Columbia) istituito dall’ex Ministro degli esteri canadese Lloyd Axworthy. http://www.hsrgroup.org/257 two types of collective or public security that have co-existed in complementary and contradictory relation over the course of the last century: “population security” and “nation-state security.”

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Page 87: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

dell’Esercito erano impegnate in Iraq258), ogni organizzazione tende a salvaguardare in primis

se stessa: e uno stato sovrano è a tutti gli effetti un’organizzazione, che tenta di orientare le

risorse disponibili (concettuali ed economiche) per salvaguardare la “sicurezza nazionale” a

scapito della sicurezza della popolazione.

Un’ulteriore recente concettualizzazione delle risposte alle crisi è venuta dall’analisi sociale

dei disastri. La scuola della disaster sociology americana ha inizialmente puntualizzato il

fatto che i disastri naturali sono sempre causati da fattori antropici259. Esemplificativa di

questa concettualizzazione è la recente pubblicazione delle della Banca Mondiale e delle

Nazioni Unite “Natural Hazards. Unnatural disasters”. Ne consegue che sono centrali i

concetti di vulnerabilità260 e resilienza, e cioè la capacità degli individui, delle comunità e

della società di affrontare i rischi e superare i disastri senza conseguenze a lungo termine.

È chiaro che questi concetti sono antitetici all’idea di “scudo261” fornito dalla difesa civile.

In ultimo, dal punto di vista del mondo militare, negli anni recenti si è assistito alla

cosiddetta Rivoluzione degli affari militari [Revolution in Military Affairs – RMA262], legata

alla progressiva digitalizzazione del campo di battaglia ed alla pervasività degli strumenti

informatici263. La difesa civile (italiana) è rimasta silente spettatrice di questa rivoluzione e

del contemporaneo sorgere, nel mondo civile, dei social network264, del web 2.0265 e dei

sistemi di comunicazione virale266.

258 Per un commento critico dell’operato dell’amministrazione vedi (letteralmente) U2 & Green Day The Saints are Coming . 259 Per un’analisi recente ed attuale di un caso-scuola in un paese occidentale, il disastro conseguente all’uragano Katrina, vedi: http://www.soros.org/resources/multimedia/katrina260 Cfr. Cutter at al. (2003). 261 In questo caso contrapposto alla “spada” fornita dalla difesa militare (Palmeri, 2004) 262 Creatore e principale sponsor di questo concetto è stato Andrew Marshall, per più di 20 anni direttore dell’ “Office of Net Assessment” del Pentagono: “Una rivoluzione negli affari militari è un cambiamento importante nella natura della guerra originato dell’applicazione innovativa di nuove tecnologie che, combinate con cambiamenti improvvisi nella dottrina militare e nei concetti di organizzazione operativa, altera fondamentalmente il carattere e la condotta delle operazioni militari” (cit. in http://www.iwar.org.uk/rma/#es). 263 Per l’importanza della tecnologia e della situational awareness generata dalla RMA nella lotta al terrorismo, vedi: Donald H. Rumsfeld Transforming the Military, pagg. 22-23. 264 Cfr. Goodchild (2007) e Meier (2011). 265 Cfr. Giardino et al. (2012), in cui è sottolineato l’utilizzo della geomatica nella risposta ai disastri naturali. 266 Che rendono antidiluviano il concetto di restrizione delle informazioni e delle comunicazioni, come hanno dimostrato i disastri del 2011/2012 e le insurrezioni della “primavera araba”. Per l’importanza di Twitter e il

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Page 88: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Parallelamente la difesa militare è stata attraversata da un lungo dibattito sul metodo di

sviluppo delle operazioni: i concetti di EBO267, EBAO268 e CA269 sono stati adottati dalle

Forze Armate Americane, dalla NATO e dall’Unione Europea270. Le ricadute sul settore della

gestione delle crisi e dei disastri sono ancora in corso (e saranno dettagliatamente analizzate

al capitolo sesto)271, ma non sono state assolutamente recepite dalla nostra difesa civile.

Tutti questi fattori rendono obsoleta sia la concettualizzazione sia l’organizzazione della

protezione dei cittadini in Italia. È necessario ricondurre ad una razionalizzazione organica i

termini (e relativi concetti) di difesa civile, protezione civile, cooperazione civile militare,

gestione delle crisi, protezione delle infrastrutture critiche, minacce NBCR-E, minacce

cibernetiche.

Analogamente va ripensata, e non è possibile affidarsi a modesti aggiustamenti soggetti

all’intervento degli apparati che li hanno sempre trattati272, l’organizzazione complessiva

della protezione dei cittadini273. Così come d’altronde hanno fatto Stati Uniti, Regno Unito,

Canada e Svezia, che per primi si sono adattati a nuovi avversari, nuove minacce, nuovi

scenari274.

possibile utilizzo militare vedi: Mcleary (2011) e Gambaro & Puglisi (2012). Per l’uso di network radio vedi Lippman (2011) 267 Per una formulazione matematica del concetto vedi Thuve (2006); 268 Per un’analisi del termine e delle sue implicazioni nella dottrina NATO vedi Johnson (2009). 269 Per l’evoluzione da EBAO a CA (che potremmo riassumere con la formula CA = EBAO + CIMIC) vedi Johnsos (2010). 270 Cfr. Wendlig (2010) per un’analisi di questi concetti applicati alla gestione delle crisi. 271 Vedi ad es. Shapiro (2008) 272 Cfr. Wendlig (2009), che nella Tesi di Dottorato analizza il processo di istitualizzazione della protezione civile nelle strutture dell’Unione Europea e l’evoluzione verso una struttura omnicomprensiva per la gestione delle emergenze. In particolare l’analisi sociologica è descritta a pag. 23 e seg., mentre a pag. 37 (cit. da Boeker, 1988: the nature of its founders and its foundation can greatly influence the nature of the organization) sono riportati i concetti guida per l’analisi dei risultati delle riorganizzazioni delle strutture burocratiche coordinate da personale delle stesse strutture. Nella tesi, Wendling dimostra come le strutture europee sono state modellate da funzionari di origine italiana secondo la teoria organizzativa dell’isomorfismo. 273 D’altronde nelle stesse parole di Guido Bertolaso, allora Capo del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e Sottosegretario del Governo, pronunciate nel corso dell’85 congresso della Società geologica Italiana (2010), affiora la totale assenza del concetto di riduzione del rischio da disastri: “Ma c’è un secondo versante sul quale chi fa seriamente il lavoro scientifico del geologo può interagire con la Protezione Civile, ed è quello della riduzione delle soglie di rischio presenti sul nostro territorio. Non è compito della Protezione Civile occuparsi di questa forma di prevenzione strutturale dei rischi, ma delle Amministrazioni che hanno la responsabilità della gestione ordinaria del territorio.” 274 Sulle analogie / diversità delle minacce / pericoli dei disastri naturali ed eventi terroristici vedi Quarantelli (1993), Alexander (2002) e Peek & Sutton (2003).

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Page 89: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

We use Facebook to schedule our protests, Twitter to coordinate and YouTube to tell the world

cited in Patrick P. Meier (2011)

Capitolo quarto: la situazione attuale

4.1 PAESI DELL’UNIONE EUROPEA

Quasi tutti gli stati europei hanno sperimentato (tranne Portogallo, Svizzera e Svezia) una

delle due guerre mondiali o un evento simile (Guerra Civile in Spagna, guerre di

decolonizzazione dei territori Portoghesi). Il concetto originale della Difesa Civile, come

salvaguardia della popolazione civile durante un evento bellico, è quindi ampiamente

condiviso.

Le stesse idee sono ovviamente presenti sia nella dottrina NATO sia nei trattati costitutivi

delle Comunità Europee e nei successivi atti, che costituisco una base comune di

coordinamento estesa, attraverso la Partnership for Peace ed i Trattati cooperazione, a paesi

europei.

Per una descrizione delle organizzazioni di protezione dei cittadini (Civil Emergency

Planning) di tutti i paesi NATO/EAPC275 si veda il fondamentale International CEP

Handbook 2009 edito dalla protezione civile svedese [Swedish Civil Contingencies Agency –

MSB]276

275 Member Countries of Euro-Atlantic Partnership Council (EAPC): Albania, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belarus, Bosnia and Herzegovina, Belgium, Bulgaria, Canada, Croatia, Czech Republic, Denmark, Estonia, Finland, France, Georgia, Germany, Greece, Hungary, Iceland, Ireland, Italy, Kazakhstan, Kyrgyz Republic, Latvia, Lithuania, Luxembourg, Malta, Moldova, Montenegro, Netherlands, Norway, Poland, Portugal, Romania, Russia, Serbia, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, Switzerland, Tajikistan, The Former Yugoslav Republic of Macedonia, Turkey, Turkmenistan, Ukraine, United Kingdom, United States, Uzbekistan. 276 E reperibile sul sito istituzionale: https://www.msb.se/RibData/Filer/pdf/24677.pdf

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Page 90: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

4.1.1 Italia

Nell’esperienza istituzionale italiana il concetto di difesa civile non risiede in una precisa

definizione di carattere normativo primario, bensì è il prodotto di elaborazioni pratiche ad uso

applicativo politico-militare come descritto al capitolo 1.4; queste elaborazioni discendono, in

linea di massima, dal sovrastante concetto di difesa nazionale, intesa come insieme delle

predisposizioni, delle strutture e delle attività dello Stato volte a garantirne l’integrità e la

sicurezza, per mezzo delle sue tre componenti fondamentali: la difesa militare, la difesa civile

e la cooperazione civile-militare277.

A sua volta, la definizione del concetto di difesa civile non è pacifica; l’assenza di una

definizione normativa primaria rende infatti il concetto molto variabile a seconda degli

scenari politici e delle situazioni operative; senza addentrarsi troppo in questioni dottrinarie

che esulerebbero dai limiti del presente lavoro, basti evidenziare che il problema della

definizione precisa della difesa civile dipende oggi, nel nostro ordinamento, per buona parte

da come si intendono i relativi rapporti col contiguo concetto di protezione civile.

Secondo la linea di pensiero portata avanti dal Ministero dell’interno, titolare della funzione

difesa civile, si dovrebbe distinguere una difesa civile “in senso lato”, corrispondente al

modello teorico tradizionale sopra descritto, da una difesa civile “in senso stretto”,

corrispondente a quanto la realtà istituzionale del Paese oggi effettivamente riconosce e

limitata alla protezione della popolazione in caso di attentato terroristico CBRN-E.

D’altra parte l’ampliamento delle competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (e

quindi del Dipartimento nazionale della Protezione Civile) hanno portato ad incardinare in

questa sede parte delle competenze prima esercitate dal Ministero dell’interno.

Tra gli esempi recenti di nuova difesa civile troviamo:

1. il decreto legge sull’emergenza rifiuti in Campania (d.l. 80/2008), prevede la nomina

del Commissario Straordinario, l’istituzione a sua discrezione delle aree di interesse

strategico nazionale e l’arresto per chiunque si introduca in tali “aree”278;

277 Cfr. la citatissima DC-2. 278 Decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, art. 2.

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Page 91: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

2. il decreto legge per il terremoto in Abruzzo (d.l. 39/2009), che ha svuotato il ruolo

affidato ai sindaci ed al Prefetto, demandando al Commissario Straordinario non solo

la localizzazione delle aree di ricostruzione e la progettazione e realizzazione delle

abitazioni279, ma anche competenze aggiuntive in materia di ordine pubblico e

limitazione d’accesso alla cosiddetta “Zona rossa” (compreso l’utilizzo di reparti

dell’Esercito per il controllo delle aree interdette;

3. le dichiarazioni del ex- capo del Dipartimento Protezione Civile Guido Bertolaso: “La

Protezione civile serve per superare quegli ostacoli di natura burocratica che fino ad

oggi hanno impedito la realizzazione di infrastrutture importanti”280;

4. da ultimo la nuova “organizzazione per le crisi”281 che, all’art. 2 comma 1, ha

individuato le seguenti definizioni:

a) «situazione di crisi»: ogni situazione suscettibile di poter coinvolgere o

mettere a rischio gli interessi nazionali, che può avere origine dalla

percezione di un potenziale pericolo o in coincidenza di eventi clamorosi o

gravemente significativi;

b) «situazione di emergenza»: manifestarsi di una situazione pericolosa che

richiede attività e provvedimenti specifici, urgenti, necessari ed eccezionali;

c) «crisi internazionale»: eventi che turbano le relazioni tra Stati o, comunque,

suscettibili di mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza

internazionale e che possono coinvolgere o mettere a rischio gli interessi

nazionali;

d) «interessi nazionali»: complesso di elementi ed attività, la cui

compromissione può arrecare un danno allo Stato; maggiore è l'interesse

quanto maggiore è il possibile danno;

e) «sicurezza nazionale»: complesso di misure per la tutela degli interessi

nazionali;

f) «misure di prevenzione»: provvedimenti ed attività di preparazione per

affrontare un'ipotetica situazione di crisi, comprendenti, tra l'altro,

279 Decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”. 280 Quotidiano La Repubblica, 17 febbraio 2010. 281 Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 05 maggio 2010 “Organizzazione nazionale per la gestione di crisi”.

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Page 92: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l'individuazione delle procedure decisionali, la programmazione, la

pianificazione operativa e l'addestramento del personale, ai diversi livelli;

g) «misure di risposta»: provvedimenti che vengono adottati ed attività che

vengono svolte per evitare che una particolare situazione possa degenerare in

una situazione di crisi;

h) «misure di gestione»: provvedimenti che vengono adottati ed attività che

vengono svolte in una situazione di crisi per evitare, o quantomeno limitare, il

danno e per ridurne, comunque, la durata;

i) «misure di contrasto»: complesso di misure di prevenzione, risposta e

gestione di situazioni di crisi. In tale elencazione non è purtroppo presente il termine difesa civile, né vengono considerate le

azioni di gestione delle conseguenze di una crisi.

Al fine di chiarire meglio le attività attualmente soggette al coordinamento del Ministero

dell’interno, si parte dalla seguente definizione di “Difesa Civile (CD)282”:

«È il complesso delle attività che hanno i seguenti scopi (in ordine di priorità):

1. garantire a livello centrale e periferico – quale che sia la condizione di emergenza

in atto - la continuità, l’efficacia e la visibilità dell’azione di governo e dei Poteri

costituzionali dello Stato;

2. salvaguardare e mobilitare gli apparati finanziario, economico-produttivo e

logistico, nonché gli strumenti di comunicazione di massa della Nazione;

3. sostenere la popolazione e le sue strutture sociali nello sforzo da condursi

compatibilmente con la situazione;

4. assicurare la continuità e l’efficacia del sostegno alla difesa militare, agli

organismi di difesa interna ovvero a tutti gli apparati di sicurezza dello Stato, i

quali, sempre e comunque:

− si determinano per la propria sicurezza ed efficacia;

282 Per un’approfondita analisi della situazione, dal punto di vista delle Forze Armate, vedi la ricerca della 3° Sezione della 55° Sessione del CASD “Difesa civile del territorio e sua integrazione con la difesa militare” (Natale et al. 2004). Si noti, sin dal titolo, l’attenzione al territorio dello Stato e non ai cittadini che lo compongono.

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Page 93: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

− concorrono, in forme e modi da stabilirsi, sulla base della pianificazione

contingente, alle azioni di Difesa Civile definite dal Governo della Repubblica».

Il precedente “Manuale per la gestione delle crisi” (1980283) era indirizzato alla gestione di

emergenze di tipo militare, volto a realizzare una comunicazione operativa con la NATO ed

un allineamento con il manuale NATO Crisis Response System, che all’epoca era incentrato

sulla risposta alla minaccia dell’invasione sovietica e quindi ad una progressiva

militarizzazione della Repubblica nel caso di aggressione armata.

Si pensò di ovviare attraverso una serie di adattamenti senza un vero e proprio riconoscimento

istituzionale, al fine di evitare un dibattito pubblico in parlamento.

Figura 13. Le aree d’interesse che compongono la difesa civile [modificato da Natale et al. (2005)]

Il manuale nazionale previde negli anni ’80 un nuovo organo, il Comitato politico strategico

[COPS], composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri degli Esteri, Interno e Difesa. Il

COPS aveva compiti di concertazione, valutazione e di decisione sui problemi attinenti alle

situazioni di crisi284.

283 Aggiornato nel 1994 ma senza modifiche concettuali, nonostante la “cortina di ferro” fosse ormai caduta. 284 Vedi Fig. 7 a pagina 30.

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Page 94: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il COPS era coadiuvato da un Nucleo politico-militare [NPM], attivabile anche in semplice

previsione di una crisi, e supportato dalla Commissione Interministeriale Tecnica per la

Difesa Civile [CITDC], con compiti di segreteria e di consulenza tecnica.

Alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, ma presso la sede del SISMI a Forte Raschi,

fu costituito il Centro Decisionale Nazionale [CDN], comprendente le sale “decisionale”,

“controllo” e “situazione”. Lo Stato Maggiore Difesa disponeva inoltre di un Centro

OPerativo Interforze [COPI]285.

La Farnesina si dette il “Centro cifra e telecomunicazioni” e il “Centro situazioni-operazioni”,

quest’ultimo presso la DG dell'Emigrazione. L’Interno ebbe da allora un “Centro situazione”

nel Dipartimento di Pubblica Sicurezza e due Sale operative, una presso il gabinetto del Capo

della polizia e una presso l’allora Direzione Generale della Protezione Civile.

Nel 1986 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, costituì una “sala operativa di

crisi” al Quirinale e, nel 1992, ne fu allestita un’altra a Palazzo Chigi (sede della Presidenza

del Consiglio dei Ministri).

Dopo la sua nascita il Dipartimento di Protezione Civile organizzò la Sala Situazione “Italia”

e la sala di gestione crisi “SISTEMA”, senza, tra l’altro, che venisse cancellata l’esistente sala

presso il Ministero degli interni, che divenne la sala operativa nazionale dei Vigili del Fuoco.

Tanto numerose286 sono le realizzazioni di quel periodo, altrettanto numerosi i dubbi circa la

funzionalità dell’organizzazione e dei i provvedimenti287.

Finalmente con il citato d.p.c.m. 05/05/2010 sono state sanate alcune delle mancanze più

gravi, anche se si sente la mancanza di una legge organica che disciplini compiutamente le

competenze visto che il decreto prevede esplicitamente che «restano ferme le competenze di

ogni Ministero ed Ente e dei consessi interministeriali esistenti, fissate per legge» (art. 1

comma 2).

285 Sostituito successivamente alla riorganizzazione delle Forze Armate dal Comando di Vertice Interforze [COI]. 286 Almeno 11, senza contare le sale di coordinamento nazionale dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza. 287 Per un’analisi dell’organizzazione italiana di risposta alle crisi CBRN prima dell’9/11 vedi Palanga, 1997.

87

Page 95: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Viene invece modificata la struttura interministeriale con la sostituzione del NPM con il

nuovo Nucleo interministeriale situazione e pianificazione [NISP] che comprende i

rappresentanti di tutti i ministeri ed organizzazioni interessati dagli argomenti da trattare.

A livello periferico il Prefetto è responsabile della protezione civile, difesa civile e

coordinamento del soccorso pubblico mentre il Sindaco, autorità locale sanitaria e di pubblica

sicurezza, ha competenze proprie solo quale autorità comunale di protezione civile.

Il braccio operativo è rappresentato dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, organizzato su

base provinciale, ed integrato per alcune competenze specialistiche relative al

rischio/minaccia CBRN da personale e mezzi delle Agenzie Regionali di Protezione

dell’Ambiente [ARPA] e dalla Aziende Sanitarie Locali [ASL].

Fig. 14. Organizzazione per la gestione delle crisi prima del d.p.c.m. 05/05/2010 “Manuale di gestione delle crisi” (che ha modificato semplicemente la sigla del NPM in NISP, vedi fig. 12). Nel cerchio rosso gli organi di “crisi”.

La distribuzione attuale sul suolo nazionale delle forze terrestri, ai fini del presente studio,

rileva per la collocazione dei Comandi operativi e di quelli territoriali e logistici.

88

Page 96: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La componente militare è basata sui quattro comandi operativi, alle dipendenze del Comando

delle Forze Terrestri di Verona [COMFOTER], posti su due livelli differenti di prontezza

operativa. Il Comando delle Forze di Proiezione di MILANO [FOP] e il Comando Truppe

Alpine in Bolzano (TA), che sono immediatamente “spendibili”, ed 1° Comando delle Forze

Operative di Difesa in Vittorio Veneto [1° FOD] e il 2° Comando delle Forze Operative di

Difesa in Napoli [2°FOD]. Alle loro dipendenze operano le Brigate e le unità di supporto al

combattimento e per il sostegno logistico orientate prevalentemente alla presenza e

sorveglianza degli spazi nazionali. Particolare prontezza operativa per contrastare la minaccia

CBRN è fornita dalla “Scuola Interforze per la difesa NBC”288 e dal 7°Reggimento Difesa

NBC “CREMONA”. Per la minaccia “E” sono costantemente disponibili, in supporto a

Polizia di Stato e Carabinieri, i nuclei di bonifica ordigni esplosivi.

Infine la “forza armata” Carabinieri, con circa 112.500 effettivi, ha espanso e consolidato la

sua presenza sul territorio, che si realizza mediante una articolazione su “Comandi Regionali”

e “Comandi Provinciali” i cui confini sono esattamente quelli amministrativi delle Regioni e

delle Province della Repubblica, al di sotto delle quali c’è un tessuto fitto di comandi minori,

il tutto poggiato sulle 4.650 Stazioni.

In tale contesto è facile concludere che, dal punto di vista del controllo del territorio,

l’arretramento dell’Esercito sul territorio è pienamente compensato da questa presenza

capillare.

4.1.2 Francia

L’amministrazione governativa francese è molto simile a quella italiana, derivando ambedue

dall’organizzazione prefettizia instaurata durante l’Impero Napoleonico.

La Repubblica francese si configura come uno Stato unitario, con una tradizione di

accentramento amministrativo e politico molto radicata, che muove dalla concezione dello

Stato napoleonico come fattore di compressione assoluta di ogni forma di autonomia locale.

In Francia esistono quattro livelli territoriali di amministrazione:

288 Vedi presentazione del gen. Adami “tecnologie duali per la security: strategie locali e prospettive europee” al workshop COPIT, Roma, 04 marzo 2009.

89

Page 97: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

- lo Stato;

- le Regioni;

- i Dipartimenti;

- i Comuni.

La Difesa Civile Francese è parte della Difesa [Défense] sin dal 1959 con l’Ordinanza

sull’organizzazione generale della difesa, il cui articolo 1 recita: “La difesa ha lo scopo di

assicurare, in ogni tempo e in tutte le circostanze e contro ogni forma di aggressione, la

sicurezza e l’integrità del territorio e la vita della popolazione”.

La competenza operativa è però demandata ad un funzionario civile dall’art. L1311-1289 del

Code de la défense290; tale alto funzionario è un rappresentate del Ministero dell’interno,

secondo quanto recita l’artico L1142-2:

Le ministre de l'intérieur est responsable de la préparation et de l'exécution des

politiques de sécurité intérieure et de sécurité civile qui concourent à la défense

et à la sécurité nationale et il est, à ce titre, sur le territoire de la République,

responsable de l'ordre public, de la protection des personnes et des biens ainsi

que de la sauvegarde des installations et ressources d'intérêt général.

A ce titre :

1. Il est chargé de l'anticipation et du suivi des crises susceptibles d'affecter

la sécurité intérieure et la sécurité civile ;

2. Il contribue à la planification interministérielle en matière de sécurité

nationale. Il prépare les plans à dominante d'ordre public, de protection

et de sécurité civiles ;

3. Il assure la conduite opérationnelle des crises ;

4. Il s'assure de la transposition et de l'application de l'ensemble de la

planification gouvernementale par les représentants de l'Etat dans les

zones de défense et de sécurité, les départements et les collectivités

d'outre-mer ;

289 Dans chaque zone de défense, un haut fonctionnaire civil détient les pouvoirs nécessaires au contrôle des efforts non militaires prescrits en vue de la défense, au respect des priorités et à la réalisation des aides réciproques entre services civils et militaires, en vue de la défense civile et de la sécurité intérieure du territoire. 290 http://www.legifrance.gouv.fr/. Version consolidée au 14 mars 2012.

90

Page 98: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

5. Il est responsable du renseignement intérieur, sans préjudice des

compétences des ministres chargés de l'économie et du budget.

En matière de sécurité économique, sous réserve des compétences du ministre de

la défense dans le domaine de l'armement, le ministre de l'intérieur assure la

protection du patrimoine matériel et immatériel de l'économie française.

Son action s'exerce sur le territoire en liaison avec les autorités militaires en

s'appuyant sur le représentant de l'Etat dans les zones de défense et de sécurité.

Lo stesso codice presenta un intero titolo291 dedicato alla difesa civile [défense civile], dove,

l’articolo L1322-1 recita:

L'organisation de la défense civile contre le danger d'attaque aérienne est

obligatoire sur tout le territoire national.

La pianificazione ed i servizi necessari alla difesa civile sono demandati, in tempo di pace,

alle rispettive amministrazioni pubbliche, con il supporto del Servizio Dipartimentale

d’Incendio e Soccorso [Service Départemental d'Incendie et de Secours – SDIS]292, del

servizio volontario della protezione civile293 e dal personale della riserva militare.

Attribuendo quindi al termine “défence civile” un significato esattamente combaciante con

l’originaria definizione inglese “civil defense” ed italiana “difesa civile”, e cioè la protezione

delle popolazioni civili in caso di attacco aereo in tempo di guerra.

I principi su cui si basa la difesa sono quelli di prevenzione, proiezione e protezione. È una

concezione globale della difesa che associa alla dimensione militare quelle civile ed

economica, sociale e culturale, come risposta alla diversità di minacce che pesano sulla

società. La difesa civile, in tale contesto, è parte della nozione generale di “Difesa” e si fonda

su tre capisaldi.

Il primo è la protezione delle popolazioni, che implica la prevenzione e il contrasto dei rischi

provenienti dalla natura e dalla tecnologia. C’è, in questa formulazione, l’arcaico concetto che

291 Titre II Dèfense Civile (Livre III: Mise en ouvre de la dèfense non militaire) 292 Ente pubblico gestito da un consorzio Dipartimento – Comuni (vedi ad es. http://www.sdis01.fr/ ). 293 In convenzione con il Ministero dell’interno.

91

Page 99: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

i cittadini si attendono che lo Stato sappia attuare permanentemente la prevenzione e, se

questa non fosse sufficiente, disponga dei mezzi di soccorso necessari294.

Il secondo è il mantenimento dell’ordine pubblico. Lo Stato si fa garante che le autorità

locali, in attuazione del principio di sussidiarietà, agiscano quali primi responsabili di tale

settore. Il mantenimento dell’ordine pubblico implica la continuità del servizio pubblico,

necessario all’azione pubblica ed alla vita economica.

Infine il governo si fa garante della continuità della propria azione, mediante la protezione

delle installazioni e delle reti, la cui efficienza e disponibilità è irrinunciabile affinché la vita

della popolazione si svolga normalmente e la difesa nazionale possa operare con efficacia.

Fig. 15. Il modello all-hazard dell’organizzazione francese di difesa civile. Dalla presentazione del Colonnello Remi Chassaing “National Approaches to civil-military interface. French organization” (NATO CEP Course, Oberammergau, 05/11/2010).

La difesa civile non esaurisce, insieme alla difesa militare, il ventaglio delle opzioni di difesa.

La Repubblica Francese, infatti, ritiene indispensabile la difesa economica, per garantire le

risorse (energia, materie prime, telecomunicazioni, trasporti, servizi finanziari e informatici)

294 Un comportamento passivo dei cittadini esattamente identico a quello della difesa civile italiana.

92

Page 100: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

alle due precedenti difese e per sostenere il ciclo di produzione industriale, con particolare

riguardo a quello dei settori strategici (armamenti).

Il successivo Libro bianco sulla Difesa e la Sicurezza Nazionale (2009) non prevede strutture

nuove ma amplia il concetto di difesa civile in funzione delle nuove minacce globali, e che le

unità di sicurezza civile devono essere in grado di assicurare la loro missione di protezione

della popolazione, attribuendo loro nuovi compiti di prevenzione e di soccorso.

Fig. 16. La struttura organizzativa delle unità d’istruzione e d’intervento di sicurezza civile [U.I.I.S.C.]. Dalla presentazione del Colonnello Remi Chassaing “National Approaches to civil-military interface. French organization” (NATO CEP Course, Oberammergau, 05/11/2010).

I ruoli e le responsabilità

Il Ministero dell’Interno provvede, a livello centrale, alle attività di pianificazione per la

protezione dei cittadini e dei loro beni, dell’ambiente e dei beni materiali. A livello locale lo

stesso compito è svolto dai Dipartimenti e dai Comuni.

Il Ministero dell’Interno dispone della Gendarmeria. Essa costituisce una forza militare di

sicurezza polivalente, presente su tutto il territorio. Essa assicura la protezione delle persone,

93

Page 101: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

delle istituzioni e del territorio e contribuisce alla continuità della risposta alle minacce contro

la sicurezza interna e alla difesa.

Per quanto riguarda le tematiche di soccorso pubblico urgente e di servizi antincendi, il

Ministero dell’Interno si avvale del Corpo dei Vigili del Fuoco [Sapeurs Pompiers]. Il Corpo

dei Vigili del Fuoco Francesi si compone di una componente maggioritaria civile e di unità

militari. Queste sono composte da cinque unità militari: i Sapeurs-pompiers de Paris (7800

uomini), i Marins-pompiers de Marseille (1500 uomini) e 3 unità del genio, proiettabili e di

pronto impiego295 (vedi fig. 14), che svolgono anche i compiti di aiuto umanitario in paesi

esteri con reperibilità 24/7 e completa autonomia operativa.

Se la richiesta di soccorso è limitata ad un’area comunale, le operazioni di soccorso sono

dirette dal sindaco. Quando l’intervento superi i confini (o le possibilità) comunali, il soccorso

è responsabilità del prefetto.

Organizzazione delle Forze Armate

La Difesa coordina gli sforzi civili e militari in un quadro geografico comune, il territorio

nazionale, ripartito in “zone di difesa” (ZD) nelle quali il coordinamento è assicurato da un

Comandate di Zona di Difesa (UGZD), assistito da uno Stato maggiore interforze e

rappresentato, a livello di dipartimento, da un Delegato militare dipartimentale (DMD).

L’organizzazione territoriale interforze di difesa è sottoposta all’autorità del Capo di Stato

Maggiore delle Forze Armate, che può mettere a disposizione della società civile le capacità

ed i mezzi delle Forze Armate. In situazioni di emergenza il Delegato Militare Dipartimentale

ha la facoltà di impiegare direttamente le forze armate stanziate nel territorio di competenza,

salvo riferire sulla catena di comando nel più breve tempo possibile.

295 Le unità d’istruzione e d’intervento di sicurezza civile [U.I.I.S.C.]. http://uiisc1.fr/

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Page 102: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

DC Regione Terrestre – Gendarmeria

DC Regione Aerea

DC Regione Marittima

Limite Regione Marittima

Fig. 17. L’organizzazione territoriale statale del sistema Francese di difesa civile.

Le missioni MACA delle Forze Armate sono:

1. la difesa civile (protezione civile, concorso di mezzi militari per la prevenzione dei

rischi di ogni genere, il soccorso e la protezione delle persone, dei beni e

dell’ambiente in caso di incidenti o catastrofi);

2. la difesa operativa del territorio (protezione delle strutture essenziali dello Stato, delle

installazioni civili, prevenzione e risposta alle minacce terroristiche, mantenimento

ordine pubblico),

3. il coordinamento e la concertazione interforze (comunicazione operativa e di difesa,

cooperazione inter-ministeriale).

Nell’organizzazione francese l’utilizzo del termine protection civile è riservato alle

organizzazione volontarie, sul sito internet della Federazione Nazionale della Protezione

Civile296 si trova la seguente definizione:

La Protection Civile en France est une importante association agréée de sécurité

civile par arrêté du 30 août 2006, paru au journal officiel le 3 septembre 2006.

Elle regroupe 32.000 bénévoles, femmes et hommes, de tous les horizons, qui au

travers de leur engagement, de leur formation et de leur expérience acquise sont

de véritables professionnels des secours.

296 http://protection-civile.org/fnpc/index.jsp

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Page 103: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La protezione civile francese si occupa di soccorso, in supporto ai Vigili del Fuoco, di aiuto

umanitario alle popolazioni sinistrate e supporto sociale ai comuni, in particolare per

l’organizzazione delle manifestazioni dal punto di vista della sicurezza.

4.1.3 Germania

La Repubblica Federale Tedesca viene spesso considerata uno dei modelli di federalismo più

interessanti297. Infatti, la Germania rappresenta l’emblema del cosiddetto federalismo

cooperativo, in cui al fianco dell’unità centrale (federale) coesistono altri livelli di governo

non in competizione tra di loro bensì in mutua relazione, in base ai principi dell’unità nella

molteplicità, della sussidiarietà e della perequazione fiscale.

Più in particolare, la Repubblica Federale Tedesca si compone di cinque diversi livelli di

governo: il Governo federale centrale (Bund), i 16 Stati (Länder), i dipartimenti

amministrativi (Regierungsbezirke) e, a livello locale, le Province (Landkreise e kreisfreie

Städte) e i Comuni (Gemeinden). Per l’importanza dei poteri che detengono, tre sono i livelli

fondamentali di Governo: quello centrale, quello regionale (cioè degli Stati membri della

Federazione) e quello locale (cioè dei Comuni).

L’intreccio istituzionale ed operativo fra i vari livelli di Governo, caratteristica peculiare del

modello federale tedesco mostra come, nonostante le rilevanti prerogative e responsabilità del

governo federale, l’organizzazione politico-amministrativa del sistema non sia affatto

accentrata o gerarchica, quanto piuttosto dotata di una complessità istituzionale che favorisce

la collaborazione continua fra i Länder e il confronto con lo Stato federale.

La Repubblica Federale si occupa della protezione della popolazione dalle minacce causate

dalle guerre, sostiene le capacità dei Länder con finanziamenti e formazione, conduce i

soccorsi quando siano compromesse più regioni o l’intera nazione. Ai sensi dell’art. 73

comma 1 della Legge Fondamentale, il Ministero dell’interno è responsabile

dell’organizzazione della protezione civile e della gestione delle crisi di livello federale.

297 Per un’analisi dei meccanismi di solidarietà e sussidiarietà nella risposta ai disastri vedi: Andreas Walus (2010) “Subsidiarity and Solidarity as Guiding Principles in U.S. and German Disaster Response Law.”

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Page 104: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Dopo la caduta del Muto di Berlino (1989), la Germania, pervasa da un senso di sicurezza,

prestò scarsa attenzione alla difesa civile, sciogliendo la preesistente Agenzia di Difesa

Civile298 che risaliva al 1958. In tal modo la Germania disperse sia le capacità di protezione

civile sul territorio federale, sia la capacità di sostegno ai Länder in caso di catastrofe.

Se l’11 settembre 2001 obbligò ad una riflessione, nella evidente possibilità di attacchi

catastrofici al di fuori della logica di contrapposizione fra Est ed Ovest, dopo le esondazioni

del Danubio e dell’Elba nell’agosto del 2002 si giunse ad “Una nuova strategia per la

protezione della popolazione in Germania”.

Impostata su una condivisione di responsabilità della Repubblica federale e dei Länder, tale

strategia si attua in caso di catastrofi naturali (tempeste gravi/uragani, esondazioni, ecc.),

incidenti gravi (ferroviari, stradali, nautici, d’aviazione), incidenti industriali gravi (centrali

elettriche nucleari, industrie chimiche e biotecnologiche), emergenze sanitarie di massa,

conseguenze del terrorismo internazionale299.

La responsabilità a livello federale è attribuita all’ufficio Federale di Protezione Civile e

Assistenza ai Disastri [Bundesamt für Bevölkerungsschutz und Katastrophenhilfe – BBK],

reso operativo il 1° maggio 2004300.

Il sistema è basato sulle associazioni di pompieri volontari cui aderiscono 1,2 milioni di

persone. La Repubblica federale fornisce sostegno a questo sistema mediante un servizio

tecnico [THW] basato su personale specializzato e circa 75.000 volontari.

A questo si aggiungano altre cinque organizzazioni di volontariato (la Croce Rossa tedesca,

l’Associazione samaritana dei lavoratori, l’Associazione di salvaguardia della vita, i

Johanniter e i Cavalieri di Malta) nelle quali vi è mezzo milione di associati.

Condotta operativa di soccorso

La condotta delle operazioni di soccorso è differenziata a seconda della gravità dell’evento

quattro tipi:

- livello A: sinistri ordinari di piccola entità, totale competenza dei pompieri;

- livello B: sinistri d’ampia portata, le operazioni vengono coordinate da una direzione

d’intervento tecnico comune composta, a seconda della situazione, da specialisti

298 299 La concettualizzazione della protezione civile tedesca è quella dell’all-hazard approach. 300 Per maggiori informazioni vedi: http://www.bmi.bund.de/EN/

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Page 105: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

provenienti dalle organizzazioni coinvolte (pompieri, servizio di soccorso, polizia e

Forze armate);

- livello C: in caso di sinistri classificabili tra “l’ampia portata” e le “catastrofi”, le

operazioni vengono condotte da una direzione d’intervento tecnico composta da

specialisti provenienti dalle organizzazioni coinvolte (pompieri, servizio di soccorso,

polizia e Forze armate) e da rappresentanti del Ministero dell’Interno (BBK);

- livello D: in caso di catastrofe, le operazioni vengono dirette dal BBK con il concorso di

specialisti provenienti dalle organizzazioni coinvolte.

La protezione civile

L’Ente Assistenziale Tecnico [Bundesanstalt Technisches Hilfswerk – THW] è il braccio

operativo della Repubblica federale per la reazione ai disastri sin dal 1950. La sua missione

comprende il soccorso ed evacuazione di persone, la salvaguardia dei beni nonché i lavori di

sgombero e di riparazione delle infrastrutture.

Il THW è suddiviso 810 sezioni tecniche, quali unità base d’impiego, che possono essere

rinforzate con diversi gruppi di specialisti – sulla base dei parametri della missione - per

assicurare, ad esempio, il flusso di corrente elettrica e acqua, il soccorso alla popolazione di

aree inondate, la riparazione di dighe, la ricerca di persone sotto le macerie con l’aiuto di cani

o di equipaggiamento elettronico, la costruzione di ponti d’emergenza. Esiste anche una

sezione di pronto intervento per le missioni di salvataggio all’estero.

Centro informazione e situazione

Il centro d’informazione e di situazione della Repubblica federale e dei Länder [GMLZ] fu

creato nell’autunno del 2002 a seguito delle esperienze tratte dalla inondazione nell’estate. Il

GMLZ assicura il management delle informazioni e delle risorse, quando il disastro interessa

più regioni e si devono impiegare più organizzazioni, oppure per fronteggiare emergenze di

particolare intensità nel paese ed all’estero.

Collaborazione con le Forze armate

L’articolo 35 della Legge Fondamentale tedesca stabilisce che, in caso di catastrofi naturali o

di grave sinistro, il Land può chiedere rinforzi alla Polizia di altre regioni, a forze e dispositivi

di altre amministrazioni, così come alla Polizia Federale [Bundes polizei] ed alle forze armate.

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Page 106: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

I Länder sono responsabili della gestione delle crisi. In caso di disastri naturali e nell’ambito

del soccorso d’emergenza urgente, e su richiesta delle regioni, le forze armate possono

prestare un aiuto sussidiario quando tutte le altre possibilità ed organizzazioni sono state

esaurite. Gli enti e le organizzazioni civili devono assumersene direttamente l’onere.

Le autorità militari territoriali hanno una funzione di coordinamento per far giungere il

soccorso delle forze armate e la direzione delle operazioni ed il coordinamento sono di

competenza delle autorità civili.

L’aspetto più interessante della protezione civile tedesca è il forte affidamento sull’auto-

protezione, già vivo ai tempi della Guerra Fredda. Il concetto di resilienza, per quanto non

direttamente citato fino ai tempi più recenti, è sempre stato la principale linea guida della

protezione dei cittadini.

Fig. 18. Estratto da Civil Defence in Germany. A cura di Arthur A. McGee, Stanford Research Institute (1965).

4.1.4 Regno Unito

Il Regno Unito era uno Stato “tradizionalmente” qualificato come fortemente accentrato. La

devolution iniziata nel 1997 ha rivisto completamente l’impianto delle relazioni tra governo

centrale e stati: anche l’organizzazione della gestione delle crisi e della protezione dei

cittadini è stata completamente rivista. Dal punto legislativo la materia è regolata dal Civil

Contingencies Act 2004301, e da una serie di regolamenti che disegnano un quadro

301 Reperibile su: http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2004/36/contents

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comprensivo della protezione civile, ritenuto in grado di affrontare le minacce del XXI

secolo. La norma non utilizza più il termine civil defence ma i termini emergency,

contingency planning e civil protection ed individua due categorie di organizzazioni

coinvolte: enti locali e servizi di emergenza, e gestori di pubblici servizi302.

Nel Regno Unito la difesa civile venne istituita prima della II Guerra Mondiale303, con il

compito di prepara la popolazione civile ai bombardamenti304. Dopo la guerra, con la vivida

memoria dei bombardamenti di Londra e la minaccia di una nuova guerra contro l’Unione

Sovietica, la difesa civile mantenne la sua importanza305. L’equivalente del Ministero

dell’interno, l’Home Office, pubblicò una serie di manuali306 che rimangono il migliore

esempio di come era intesa e quali erano gli obbiettivi della difesa civile.

È opinione diffusa che la preparazione inglese nella difesa civile influenzo Hitler nella

decisione di non utilizzare armi chimiche o biologiche durante i bombardamenti del 1940-

1941. I cittadini britannici avevano a disposizione rifugi ritenuti ragionevoli e circa 28

milioni di maschere antigas, mentre i tedeschi, a causa della penuria di gomma, non

potevano produrre mezzi protettivi per i civili307.

L’organizzazione governativa Difesa Civile [Civil Defence Corps] fu ufficialmente sciolta nel

1968, ma il nome continua ad essere utilizzato da molte organizzazioni di volontari di

protezione civile.

302 The Civil Contingencies Act 2004 repeals the Civil Defence Act 1948 and the Civil Defence Act (Northern Ireland) 1950. The Act establishes a new definition for “emergency”, which is broadly defined including war or attack by a foreign power, as well as terrorism and events which threaten serious damage to human welfare or to the environment. Previous legislation, which was enacted during or after the second world war, provided for civil protection solely in terms of “civil defence”, which was defined as “measures, other than actual combat, for affording defence against a hostile attack by a foreign power”. Modificato da: http://en.wikipedia.org/wiki/Civil_Contingencies_Act_2004303 Per la storia completa e dettaglia, sia dell’organizzazione sia del comportamento della popolazione vedi: O’Brien (1955) History of the Second World War: Civil Defence. 304 Vedi i volantini [leaflet] editi nel 1939: Some things you should know if war should come (n. 1); Your gas mask - Masking your windows (n. 2) Evacuation: when and how? (n. 3); Your food in war-time ( n. 4). 305 Per un’analisi della ricerca scientifica alla base dell’organizzazione di difesa civile nel Regno Unito vedi : Melissa Smith, 2010. 306 Home Office: Civil Defence: manual of basic training (1950); Rescue manual (1952); Civil Defence: rescue manual (1954). 307 O’Brien (1955), che effettua anche una completa analisi delle spese sostenute per la difesa civile e delle vittime occorse durante la guerra, dimostrando l’efficacia del binomio evacuazione + rifugi e l’importanza della preparazione, che nel regno unito inizio a tutti gli effetti nel 1929, 10 anni prima dello scoppio della guerra.

100

Page 108: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 19. Estratto da Takeley Civil Defence Plan (1943).

La competenza inerente l’attività di protezione civile è affidata alle autorità locali sulla base

della convinzione che il soccorso, gestito da un’autorità nazionale, non permetterebbe di

migliorare l’efficienza dell’organizzazione locale, basata sull’immediatezza dei servizi di

soccorso (polizia, pompieri, ambulanze). Alle autorità locali anche il compito di assicurare il

funzionamento dei servizi pubblici e sono tenute ad elaborare dei piani specifici di protezione

civile per i casi di incidente chimico o industriale308.

Quando il disastro supera le risorse di cui dispongono le autorità locali, queste possono

chiedere aiuto al Governo centrale.

La responsabilità del coordinamento e della pianificazione delle emergenze civili in

Inghilterra e Galles è demandata al Segretariato per le Contingenze Civili [Civil

Contingencies Secretariat – CCS], incardinato nell’ufficio di gabinetto [Cabinet Office] nel

cuore del governo centrale. Per la Scozia e l’Irlanda del Nord esistono uffici simili presso i

relativi governi.

308 V. Pepe, Il diritto alla protezione civile, Milano, Giuffrè, 1996, pp. 175-176.

101

Page 109: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Per le tematiche di sicurezza nazionale esiste un organizzazione parallela, il National Security

Council che rappresenta il forum principale per le discussioni sulla gestione delle crisi a

livello internazionale309:

there are currently three ministerial sub-committees of the Council:

⇒ to consider Threats, Hazards, Resilience and Contingencies including a

restricted group to consider intelligence matters;

⇒ to consider Nuclear Deterrence and Security and

⇒ the UK’s relationship with emerging international powers

Il Governo centrale può istituire dei comitati di soccorso regionali [Regional Resilience

Teams - RRT], con il compito di coordinare i soccorsi di tutte le autorità locali, dei ministri

nazionali interessati, i servizi di polizia e i pompieri. Le responsabilità delle disposizioni

inerenti l’assistenza medica sono di competenza delle autorità sanitarie regionali, che

preparano dei piani di emergenza sanitaria sulla scorta dei criteri adottati dal Ministro della

Sanità. Nel caso di eventi catastrofici il Governo può attivare un Comitato Contingenze Civili

[Civil Contingencies Committee - CCC], che funziona da posto di comando nazionale.

UK Resilience310

Lo sforzo governativo di revisione del Civil Contingencies Act 2004, tuttora in corso, è volto

a ridurre ulteriormente il rischio di disastri. Le parole d’ordine della riforma inglese sono

quanto di più avanzato è stato proposto dalle principali organizzazioni internazionali e dalla

ricerca nel campo sociale ed organizzativo:

Preparazione all’emergenza [Emergency Preparedness]

É volta a definire lo scenario normativo e le linee guida per affrontare minacce e pericoli.

Prende in considerazione i principi dell’all-hazards approach, del Risk Assessment e della

Business Continuity, oltre a prevedere un apposito programma per lo sviluppo di un sistema di

comunicazioni resiliente [Resilient Telecommunications].

Risposta e recupero dell’emergenza [Emergency Response & Recovery]

309 http://www.cabinetoffice.gov.uk/content/national-security-council/310 http://www.cabinetoffice.gov.uk/ukresilience

102

Page 110: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Riguarda sia la fase di soccorso, sia la ricostruzione. Definisce chiaramente il livello di

risposta agli eventi e l’eventuale Dipartimento governativo designato come “lead agency”. Gli

obbiettivi principale sono l’unità di comando e la chiarezza della linea di comando.

Definisce altresì gli standard di formazione, addestramento ed esercitazione.

Resilienza locale [Community Resilience311]

Definisce come le comunità locali devono prepararsi all’emergenza e come reagire ai disastri.

Il piano di emergenza locale [Community Emergency Plan] è considerato la base per costruire

una società resiliente ai disastri.

I compiti delle forze armate

Le forze armate sono a disposizione del CCC nel caso di eventi che richiedono

specializzazioni particolari o per il soccorso durante ed immediatamente dopo i disastri.

Le forze della riserva provvedono una forza regionale civile di reazione all’emergenza [Civil

Contingency Reaction Forces – CCRFs] che può essere mobilitata nel caso di attentati

terroristici, disastri naturali o crisi all’interno del territorio del Regno Unito.

4.2 PAESI EXTRAEUROPEI

L’analisi dei sistemi di difesa civile non può ovviamente limitarsi ai paesi europei.

Gli esempi interessanti i realtà sono molti ed alcune realtà, soprattutto di piccola dimensione,

hanno sviluppato degli esperimenti organizzativi estremamente interessanti.

4.2.1 Svizzera

La Difesa Civile in Svizzera si esprime con la formula “protezione della popolazione e

protezione civile”312. La Svizzera ha organizzato il sistema in stretto ossequio alla

Convenzione di Ginevra313.

311 Communities and individual harnessing local resources and expertise to help themselves during an emergency, in a way that complements the work of the emergency services. 312 Legge federale 4 ottobre 2002 sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile (LPPC). Reperibile su: http://www.admin.ch/ch/i/rs/c520_1.html

103

Page 111: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le responsabilità operative sono di competenza dei Cantoni, che devono definire sia le

misure preventive sia le misure di soccorso in caso di disastri.

La Confederazione disciplina gli aspetti generali e il coordinamento per gli interventi salvo il

caso in cui:

- assume la direzione delle operazioni in caso di eventi che colpiscono più Cantoni,

l’intero Paese o le zone ai confini esterni;

- coordina, in caso di conflitti armati, la protezione della popolazione e la collega con a

politica di difesa e sicurezza.

In altri termini, la Protezione della popolazione si materializza attraverso prevenzione,

protezione e soccorso in caso di disastri naturali o tecnologici e di conflitto armato.

armato. Secondo tale concetto la Protezione Civile Svizzera svolge i seguenti compiti:

informare la popolazione in merito ai pericoli, alle possibilità e alle misure di protezione;

allarmare la popolazione e diffondere le istruzioni sul comportamento da adottare;

assicurare i soccorsi;

coordinare preparativi ed interventi delle organizzazioni cooperanti;

curare che la prontezza operativa sia adeguata alla situazione;

potenziare i mezzi.

La Difesa civile svizzera è un sistema coordinato che si avvale della collaborazione

armonizzata delle cinque organizzazioni : polizia, pompieri, sanità pubblica, servizi tecnici e

protezione civile.

Tali organizzazioni sono strumenti di intervento immediato, in relazione alle caratteristiche

dell’emergenza, secondo le discipline di servizio stabilite dai Cantoni, con il tassativo dovere

di sostenersi a vicenda.

L’organizzazione più importante è quella della Protezione civile, che si fonda sul servizio

obbligatorio dei cittadini maschi e volontario delle femmine. Tale servizio è alternativo al

servizio militare ed al servizio civile e ne condivide gli obblighi temporali.

313 Protocollo aggiuntivo dell’8 giugno 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 sulla protezione delle vittime di conflitti armati internazionali.

104

Page 112: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La protezione civile è organizzata secondo le disposizioni cantonali e le leggi federali,

predispone i mezzi, istruisce, allarma e soccorre la popolazione, protegge i beni culturali.

Inoltre esegue lavori di ripristino e si impegna in interventi di pubblica utilità.

Il Governo federale ha la responsabilità generale della sicurezza della popolazione e quindi

anche del sistema coordinato della protezione della popolazione. Esso designa un

“Organismo di Condotta”, politicamente legittimato, a cui competono:

valutazione dei rischi e delle minacce (all-hazard approach);

emissione dell’ordine operativo per preparare ed avviare l’esecuzione dei piani di

emergenza;

coordinamento dell’intervento in caso di eventi intensi/ampi.

La conduzione delle operazioni è basata su tre livelli in funzione della loro severità:

sinistri ordinari di limitata entità: operazioni condotte dalle singole organizzazioni in

cooperazione diretta;

disastri: le operazioni sono coordinate da specialisti e da rappresentanti degli enti territoriali;

disastri che richiedono interventi complessi e/o prolungati: l’Organismo di Condotta,

designato dal Governo federale, assume il comando delle operazioni.

L’Organismo di Condotta può identificarsi con il Capo di stato maggiore dell’Esercito, con

alti rappresentanti dell’amministrazione, ovvero con capi settore delle organizzazioni

cooperanti. Possono inoltre essere designati altri specialisti, in relazione ai parametri

operativi.

La Centrale nazionale d’allarme [CENAL] dipende dalla Confederazione e la sua

competenza spazia dagli incidenti in centrali nucleari, ai sinistri con materiale fissile fino alle

esplosioni con armi nucleari, senza escludere le minacce con WMD del terrorismo

internazionale.

Il Laboratorio Spiez è indirizzato alla protezione contro le minacce ed i pericoli atomici,

biologici e chimici [CBRN]

I Centri di Allarme Cantonali hanno competenza in caso di catastrofi naturali o incidenti

industriali, in particolare nel settore chimico. Le modalità di diffusione dell’allarme, la

trasmissione orizzontale e verticale dei dati dei disastri e l’individuazione

105

Page 113: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

dell’organizzazione competente sono effettuate dai Centri cantonali. La Svizzera mantiene in

piena efficacia un sistema ci circa 8.200 sirene, testato su base annuale314, per l’allerta della

popolazione.

Inoltre in Svizzera si applica il principio secondo cui ogni abitante deve disporre di un posto

protetto in un rifugio nelle vicinanze del proprio domicilio; la costruzione dei rifugi è

obbligatoria.

La Cooperazione con l’Esercito

Il Consiglio Federale regola l’intervento e l’impiego militare in caso di catastrofe315: il

soccorso militare si informa al principio di sussidiarietà e dell’intervento minimo.

Specialisti ad alta professionalità possono essere impiegati singolarmente mentre truppe e

personale professionista sono impiegate per il soccorso e la protezione di persone, animali e

beni materiali, aiutare la popolazione isolata, contenere i danni nella zona sinistrata,

ripristinare le infrastrutture vitali, procedendo alle evacuazioni, sostenendo logisticamente gli

enti locali o le altre organizzazioni coinvolte.

La richiesta delle autorità cantonali per un intervento dell’Esercito viene inoltrata allo Stato

Maggiore dell’Esercito attraverso le regioni militari territoriali. Il Dipartimento della Difesa

decide direttamente se accettare la domanda di assistenza. La responsabilità del comando e

del coordinamento delle operazioni ricade comunque sulle autorità civili

4.2.2 Canada

La storia della difesa civile in Canada è stata fortemente influenzata, nel bene e nel male, da

quella degli Stati Uniti. Comunità di lingua, una lunga storia di collaborazione nel campo

della sicurezza e di scambio tra università e centri di ricerca hanno portato ad uno sviluppo in

parte parallelo della concettualizzazione e del sistema organizzativo ed operativo della

protezione dei cittadini. Il supporto reciproco nel caso di disastri è datato all’esplosione di

314 Ultima prova, con il 98% delle sirene funzionanti, lo scorso 01 febbraio 2012: http://www.bevoelkerungsschutz.admin.ch/internet/bs/it/home/dokumente/news/detail.43294.nsb.html315 Ordinanza federale del 1° gennaio 2004 sul soccorso militare in caso di catastrofe

106

Page 114: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

una nave carica di armi nel porto di Halifax (6 Dicembre 1917)316, quando un treno di

soccorso partì da Boston raggiungendo il luogo del disastro entro 24 ore.

La gestione delle emergenze [emergency management - EM] in Canada è stata guidata dai

cambiamenti sociali e politici degli ultimi 80 anni, senza un percorso ben tracciato. Le

circostanze politiche, e l’iniziale dipendenza dal Regno Unito, hanno rallentato lo sviluppo di

una linea di pensiero indipendente fino all’inizio degli anni ’90 quando, con la fine della

Guerra Fredda, le tematiche della difesa militare sono state messe in ombra dai disastri

naturali e dalle catastrofi umanitarie.

Rispetto agli Stati Uniti, l’evoluzione della difesa civile verso gli attuali concetti di emergency

management e di resilienza, è incominciata in ritardo a causa della mancanza di

un’organizzazione come la FEMA [Federal Emergency Management Agency]317.

La Seconda Guerra Mondiale fu fondamentalmente diversa rispetto alle guerre precedenti: la

minaccia della violenza si estese a tutti i paesi del mondo, invece che agli eserciti sui campi di

battaglia, come nella Grande Guerra. Il motivo determinante di questa trasformazione è legato

all’introduzione della dottrina strategica nelle forze aeree318.

Questo fattore, aggiunto alla crescente sofisticazione dei sommergibili e la teorica capacità di

condurre assalti anfibi, porto la guerra alle coste del Nord America, sollevando la necessità di

una milizia territoriale e della difesa della popolazione civile.

Nel 1939, il Canada approvò le “Air Raid Precautions under the Defence of Canada

Regulations” che prevedevano un coordinamento del Ministero della difesa anche in materie

prima riservate alle Province. Dopo l’attacco a Pearl Harbour (1941), il programma è stato

rinominato Difesa Civile [Civil Defence] ed ha coinvolto 775 comunità e circa 280.000

membri.

Alla fine della guerra, centinaia di comunità acquistarono impianti antincendio della Difesa

Civile, che fu dimenticata per breve tempo, fino al sorgere della minaccia nucleare.

316 vedi Prince (1920) la cui tesi di dottorato “Catastrophe and Social Change: based Upon a Sociological Study of the Halifax Disaster.” Rappresenta il primo studio sociologico della reazione della popolazione di una città colpita da un disastro. 317 Vedi McConnell (1998) per la storia della difesa civile in Canada. 318 Cfr. Giulio Douhet “Il dominio dell'aria” (1921). Per la descrizione della figura di Douhet vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Douhet

107

Page 115: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La Costituzione Canadese319 non presenta riferimenti alla difesa civile e stabilisce solo i

rispettivi compiti del governo federale e delle province e territori

In Canada questo solleva un problema costituzionale che non era stato risolto nella struttura di

difesa civile e prima ancora alla base il rapporto tra il governo federale e le province e

territori. Il British North America Act del 1867 non prevedeva le necessità di protezione della

popolazione e quindi mentre la responsabilità per l’esercito è chiaramente federale, la

questione della protezione e cura dei cittadini è legata all’assistenza sanitaria e sociale di

competenza dei livelli inferiori di governo. La difesa civile divenne quindi materia

“concorrente”, in cui il governi federale e provinciali coordinavano pianificazione e

addestramento, ed gli enti locali erano incaricati dell’implementazione dei programmi.

La difesa civile è stata inizialmente incardinata nel Ministero della difesa, trasferita al

Dipartimento di Sanità Nazionale e del Welfare nel 1951, e definitivamente assegnata nel

1959 all’Organizzazione per le Misure di Emergenza [Emergency Measures Organization –

EMO] presso l’ufficio di gabinetto del Primo Ministro [Privy Council Office].

Sin dall’inizio della Guerra Fredda, il Canada abbandonò quindi il concetto “puro” di difesa

civile, passando ad una complessiva gestione dell’emergenza, ed incardinandola al più alto

livello di governo, favorendo così una chiara linea di comando.

L’EMO era responsabile sia della continuità dell’azione di governo, sia del coordinamento

della pianificazione federale nonché della sopravvivenza dei canadesi in caso di attacco

nucleare.

Nel 1988 due leggi federali, Emergencies Act e Emergency Preparedness Act, incorporarono

la difesa dai disastri naturali all’interno della struttura dell’EMO.

Dopo l’11 settembre 2001, in analogia agli Stati Uniti320, vennero integrate tutte le funzioni

federali relative alla sicurezza: il nuovo dipartimento chiamato Pubblica Sicurezza e

Preparazione dall’Emergenza del Canada [Public Safety and Emergency Preparedness

Canada – PSEPC]. Infine nel 2007, il nuovo Emergency Management Act ha portato un

nuovo nome organizzazione nazionale di gestione delle emergenze: Public Safety Canada321.

319 Come d’altronde quella Italiana. 320 Dove fu creato il Dipartimento di sicurezza nazionale [Department of Homeland Security] per gestire qualunque tipo di crisi interna o di disastro. 321 Maggiori e complete informazioni sul sito: http://www.publicsafety.gc.ca/index-eng.aspx

108

Page 116: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

In parallelo ogni provincia e territorio ha subito il proprio processo di passaggio dalla guerra

fredda ( e quindi dal concetto di difesa civile) alla moderna gestione delle emergenze secondo

un approccio all-hazards. Nel complesso, tuttavia, le strutture organizzative provinciali

risultano omogenee.

Vision for Canada's Platform for Disaster Risk Reduction.

A safer and more resilient Canada through the reduction of risks

and leveraging of capacities and opportunities across all levels

of government, the private sector, academia, NGOs,

professional associations, Aboriginal groups, and the general

public.

Fig. 20. Emblema ed obbietti della Piattaforma nazionale per la riduzione dei disastri naturali, istituita nel 2009 per raggiungere gli obbiettivi previsti dallo Hyogo Framework for Action (2005 – 2015)322.

Il Canada non ha quindi una politica di gestione dei disastri e di protezione della popolazione

particolarmente complessa e dettagliata. La maggior parte delle norme si trova nella

legislazione federale e provinciale e relativi regolamenti. Il governo del Canada ed i governi

provinciali e territoriali sono concordi sui principi enunciati in “An Emergency Management

Framework for Canada”323, che riconosce l’importanza delle quattro funzioni interconnesse

di prevenzione / mitigazione, preparazione, risposta e recupero.

Il principio fondamentale è quello della resilienza324, tale termine (e concetto) è utilizzato in

tutti gli scenari considerati dall’EM canadese, compresi gli scenari CBRN-E325 e

terrorismo326. Questo approccio riconosce che l’impatto del disastro sui nostri sistemi fisici e

sociali, è più importante dei semplici effetti fisici connessi ai disastri ed al pericolo in se.

322 Da http://www.publicsafety.gc.ca/prg/em/ndms/drr-eng.aspx. Per l’implementazione dell’ HFA, sottoscritto anche dell’Italia, vedi ad es. la presentazione dei Luigi D’Angelo a Protec2011: http://www.protec-italia.it/public/abstract/33_DAngelo.pdf 323 Con una prima edizione nel 2007 ed un aggiornamento nel 2011, che introduce il fondamentale concetto della resilienza: http://www.publicsafety.gc.ca/prg/em/emfrmwrk-2011-eng.aspx324 Vedi fig. 9. 325 Strategia anti CBRN-E: http://www.publicsafety.gc.ca/prg/em/_fl/cbrne-res-strt-eng.pdf326 Strategia antiterrorismo: http://www.publicsafety.gc.ca/prg/ns/_fl/2012-cts-eng.pdf

109

Page 117: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 21. Strategia antiterrorismo canadese: la resilienza.

4.3 ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

La Organizzazioni Internazionali intergovernative [International Organization – IOs] sono

circa 150 e si occupano di una vasta gamma di materie che spaziano dalle questioni politico-

militari a quelle economiche-finanziarie, dallo sviluppo sociale al settore umanitario, per

arrivare infine al settore ambientale e a quello scientifico e tecnico.

Diverse sono invece le organizzazioni internazionali “volontaristiche” meglio definite come

Organizzazioni Non Governative [Non-Governmental Organisations – NGOs]. Le NGO

partecipano in gran numero alle attività di protezione dei cittadini e di riduzione dei disastri

ma non sono trattate in questa tesi in quanto non rappresentano un modello organizzativo

adatto ad un’entità statale. A livello italiano sono rappresentate dalle associazioni di

volontari di protezione civile, sviluppate a livello locale, e da alcune associazioni a livello

nazionale, di cui la più famosa è probabilmente la Croce Rossa Italiana327.

Oltre alle Nazioni Unite, nella redazione della tesi sono state preliminarmente valutate solo

le organizzazioni europee-occidentali. Questo perché in effetti rappresentano sia i modelli

organizzativi più evoluti e comunque vincenti, sia in quanto sono quelle che maggiormente 327 La Croce Rossa Italiana rappresenta un comitato nazionale della Croce Rossa Internazionale, a sua volta associata alla Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa [International Federation of Red Cros and red Crescent Societies - IFRCCS], nata inizialmente per il soccorso sanitario alle truppe combattenti ed ha successivamente fornito anche servizi propri di difesa civile (soccorso sanitario alla popolazione civile) ed in ultimo ulteriori servizi trasversali alla difesa civile (es. nuclei NBCR), alla protezione civile, all’assistenza umanitaria: http://cri.it/attivita

110

Page 118: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

incentivano la ricerca e la sperimentazione su tutte le tematiche riguardanti il ciclo dei

disastri. per esempio, sia l’ASEAN [Association of southeast asian nations]328 e l’OAS

[Organisation of American States]329 svolgono una funzione di controllo contro l’insorgere

dei conflitti e di disaster management, come d’altronde la Banca Mondiale svolge un

importante ruolo nei progetti di ricerca e di sviluppo volti alla riduzione dei disastri e alla

protezione dei cittadini, ma non per questo rappresentano un “modello” esportabile e quindi

utile alla presente ricerca.

4.3.1 Organizzazione delle Nazioni Unite [United Nations Organization – UN]

Le Nazioni Unite non possiedono una vera e propria organizzazione dedicata alla protezione

di cittadini ma l’obbiettivo fondamentale di tutta l’organizzazione è proprio330:

1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale …

2. Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli …

3. Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi

internazionali di carattere economico, sociale, culturale od umanitario …

4. Costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle nazioni …

Obbiettivo primo delle Nazioni Unite331 è quindi quello di evitare la guerra, e dato che è un

compito impossibile nel breve periodo, regolamentarla e limitare l’impatto per le popolazioni

civili. Immediatamente successivo è l’obbiettivo di limitare i disastri, qualunque ne sia

l’origine, al fine di evitare il successivo degrado della società. Nei paesi in via di sviluppo

questo obbiettivo è particolarmente importante sia perché gli stessi paesi non sono in grado

di affrontarne le conseguenze sia di attuare una strategia preventiva. I disastri naturali, in

particolare a lento sviluppo [slow onset disasters]332, sono la causa principale delle gravi crisi

328 Vedi http://www.aseansec.org/8713.htm per le azioni nel campo della protezione dei cittadini, rafforzatasi dopo la Tsunami del 26 dicembre 2004. 329 Vedi http://www.oas.org/dsd/Working%20Documents/Naturaldesasterandland.htm per l’approccio OAS al risk management. 330 Art. 1 Statuto delle Nazioni Unite. 331 Organi principali delle Nazioni Unite - Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza, ECOSOC, Consiglio di Tutela, Corte Internazionale di Giustizia, Segretariato – ed organi sussidiari - Fondi e Programmi e Agenzie Specializzate. 332 Carestie e crisi idriche, ma anche zoonosi, pandemie e crisi ambientali complesse.

111

Page 119: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

umanitarie che hanno colpito, e stanno colpendo, molti paesi sottosviluppati333. Costituiscono

inoltre una delle cause principali dei conflitti sociali, dato l’impoverimento delle risorse a

disposizione, e dei potenziali inneschi di conflitti bellici (acqua lungo il Tigri e l’Eufrate,

acqua nella valle del Sinai, desertificazione in Nigeria, etc.). La maggior parte degli scenari

relativi al cambiamento climatico334 sono concordi nel prevedere un peggioramento della

situazione ambientale in Africa ed in Medio Oriente335.

Per questi motivi molte delle Agenzie specializzate che la costituiscono le UN si sono

progressivamente focalizzate sulla riduzione dei disastri e sul soccorso umanitario.

Nel 2000 è stata lanciata la campagna “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” [Millennium

Development Goals – MDG]336, sottoscritta da tutti i 191 stati membri delle UN che si sono

si sono impegnati a raggiungere otto obiettivi cruciali da raggiungere entro il 2015:

1. Sradicare la povertà estrema e la fame,

2. Raggiungere l’istruzione primaria universale,

3. Promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne,

4. Ridurre la mortalità infantile,

5. Migliorare la salute materna,

6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie,

7. Garantire la sostenibilità ambientale,

8. Sviluppare un parternariato mondiale per lo sviluppo.

Questi otto obbiettivi sono destinatari della maggior parte dello sforzo economico dei paesi

donatori [donors], dei quali la cooperazione allo sviluppo e la protezione civile

rappresentano le organizzazioni governative più coinvolte.

Alcuni di questi obbiettivi, per quanto non ancora raggiunti, hanno mostrato significativi

miglioramenti. Per esempio il reddito individuale è cresciuto oltre il limite della povertà

assoluta (1,25 $ al giorno) per circa mezzo milione di persone (nonostante il continuo

333 L’UNHCR riportava almeno 9 milioni di rifugiati nel 2006, Il rapporto 2010 ne riporta oltre 25 milioni. Per un riassunto completo dei dati: http://www.unhcr.org/4dfa11499.html334 IPCC (2007) IPCC Fourth Assessment Report: Climate Change 2007. 335 Podesta & Ogaden (2007), per una discussione complessiva: Al Gore, La Terra in bilico (Premio Nobel per la pace 2007). In particolare pag. 138 e seguenti per l’influenza strategica delle crisi idriche. 336 Per maggiori informazioni: http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/Millennium/

112

Page 120: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

aumento della popolazione mondiale) che abitano Cina ed India. D’altronde la povertà

nell’Africa Sub-Sahariana è salita ad oltre il 50% degli abitanti. Nel 2010, i “poveri” hanno

raggiunto la cifra di 878 milioni.

Fig. 22: probabilità di conflitti armati entro 5 anni in base al reddito pro capite. Da HSRP, 2011.

Il motore principale della crescita economica degli ultimi 20 anni stata la globalizzazione ,

ma l’espansione del commercio internazionale e la liberalizzazione negli investimenti hanno

anche aumentato esponenzialmente le perdite economiche e la fragilità dei mercati finanziari,

introducendo un nuovo rischio: il crack economico internazionale.

Secondo quanto previsto dal Capitolo IX “Cooperazione Internazionale Economica e

Sociale” si possono invece ricomprendere le attività più propriamente legate al nuovo

concetto di human security. La recente espansione dei diritti sociali, come parte integrante

della sicurezza porta sotto l’interesse di questo lavoro quasi tutte le agenzie Specializzate

dell’ONU e molte delle IO.

La Carta delle Nazioni Unite, al capitolo VIII prevede

Art. 55:

…le Nazioni Unite promuoveranno:

113

Page 121: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

1. un più elevato tenore di vita, il pieno impiego della manodopera, e

condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale;

2. la soluzione dei problemi internazionali economici, sociali, sanitari e

simili, e la collaborazione internazionale culturale ed educativa;

3. il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà

fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.

Fig. 23. Il ciclo dei disastri integrato dalle politiche di sviluppo (GMES project, 2006). Secondo le UN la protezione civile / difesa civile hanno un compito fondamentale ed insostituibile nella fase di risposta, per salvare i sopravvissuti e fornire loro il necessario per incominciare la ricostruzione.

Le Nazioni Unite non utilizzano il termine protezione civile337, preferendo quelli che

inseriscono all’interno del ciclo dei disastri e, soprattutto, non sottintendono un

comportamento passivo dei cittadini.

Sotto l’egida del Capitolo VIII “Accordi Regionali” la Carta delle Nazioni Unite prevede la

possibilità di raggiungere la prevenzione e la stabilizzazione dei conflitti armati mediante il

337 United Nations International Strategy for Disaster Reduction: Terminology on Disaster (2009).

114

Page 122: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

supporto di “organizzazioni regionali”: … organizzazioni regionali per la trattazione di

quelle questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale che

si prestino ad un’azione regionale, purché tali accordi o organizzazioni e le loro attività

siano conformi ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite.

Diversi esempi di organizzazioni regionale che negli ultimi 10 anni hanno guidato missioni

sotto l’egida UN sono NATO, EU ed OSCE. All’interno di queste missioni coordinate,

generalmente supportate da un mandato dell’Assemblea o del Segretariato, è facile che siano

coinvolte forze militari con compiti di sicurezza o logistici, in questo caso le missioni sono

definite dall’UNOCHA338 missioni “coordinate” [CMCoord].

Le Nazioni Unite non sono un unico organismo, per cui non è difficile trovare posizioni e

definizioni spesso contrastanti. Ma per gli obbiettivi di questa tesi la definizione di difesa

civile è contenuta nel glossario di cooperazione civile militare:339

Civil Defence: The system of measures, usually run by a governmental agency, to

protect the civilian population in wartime, to respond to disasters, and to prevent

and mitigate the consequences of major emergencies in peacetime. The term

“civil defence” is now used increasingly.

Il riferimento all’aumento dell’utilizzo del termine difesa civile, contenuto nel manuale,

considera principalmente i paesi in via di sviluppo, che stanno seguendo un percorso simile a

quello dell’Italia e degli altri paesi europei.

Le Nazioni Unite sono particolarmente sensibili all’utilizzo di unità militari nei contesti di

soccorso umanitario; prima del catastrofico terremoto di Haiti 2010, dove l’utilizzo della

logistica militare è stato fondamentale nei primi giorni, guardavano con particolare sospetto

tale utilizzo in quanto dubitavano dei reali obbiettivi delle missioni “armate”.

Le unità di difesa civile sono pertanto parificate a quelle militari, e costituisco l’ultima

risorsa a cui attingere quando quelle fornite delle NGO ed acquistate mediante i fondi messi

a disposizione dai paesi donatari, risultano insufficienti340.

338 UNOCHA presiede l’attività dell’Inter-Agency Standing Committee (IASC) on civil-military relationship in complex emergencies che ha redatto le Civil-Military Guidelines & Reference for Complex Emergencies http://ochaonline.un.org/cmcs/guidelines339 UNOCHA Cimic Military Coordination [CMCoord] glossary: http://www.unocha.org/what-we-do/coordination-tools/UN-CMCoord/overview340 Military and civil defence assets should be seen as a tool complementing existing relief mechanisms in order to provide specific support to specific requirements, in response to the acknowledged "humanitarian gap"

115

Page 123: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le linee guida per l’utilizzo di asset militari nelle operazioni di soccorso umanitario sono

contenute nelle “Oslo Guidelines”341, dove è presente la seguente definizione:

Military and Civil Defence Assets (MCDA): MCDA comprise relief personnel,

equipment, supplies and services provided by foreign military and civil defence

organizations for IDRA. Further, for the purpose of this project, civil defence

organization means any organization that, under the control of a Government,

performs the functions enumerated in paragraph 61 of Additional Protocol I to

the Geneva Conventions of 1949.

Fig. 24. Il concetto UN di coordinamento civile – militare. Da IASC (2008).

between the disaster needs that the relief community is being asked to satisfy and the resources available to meet them. Therefore, foreign military and civil defence assets should be requested only where there is no comparable civilian alternative and only the use of military or civil defence assets can meet a critical humanitarian need. Oslo Guidelines, pag. 4. 341 Guidelines On The Use of Foreign Military and Civil Defence Assets In Disaster Relief - “Oslo Guidelines”

116

Page 124: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

4.3.2 Unione Europea [European Union – EU]

L’Unione Europea [European Union - EU] favorisce la cooperazione per la protezione civile

ma non sostituisce i sistemi nazionali, in ossequio al “principio di sussidiarietà”, per cui le

azioni devono essere intraprese sempre a livello quanto più possibile locale ovvero nazionale.

Nel lessico della EU “protezione civile” ha uno spettro di applicazione molto più ampio dei

termini difesa civile e protezione civile utilizzati in ambito italiano, in effetti ne rappresenta

complessivamente la sommatoria, comprendendo disastri naturali, rischi industriali, minacce

terroristiche. Nel dettaglio le competenze di protezione civile sono attualmente attribuite alla

Direzione Generale ECHO342 [European Community Humanitarian Office]343. La nascita di

tale direzione, avvenuta nel 2004 dal precedente Ufficio, che prevedeva un meccanismo di

aiuto esterno, in particolare ai paesi in via di sviluppo, nel caso di disastri naturali o

qualunque altra crisi che mettesse in pericolo la vita umana compresa la guerra344. Tali aiuti

sono volti a coprire tutto il ciclo dei disastri, dalla preparazione all’early warning, ai soccorsi

ed alla ricostruzione, nel rispetto delle Convenzioni internazionali e del Diritto umanitario

internazionale [International Humanitarian Law – IHL].

Nel 2010 è stata integrata con il sistema di protezione civile, precedentemente volto a

supportare principalmente i paesi membri, così da ottenere una miglior coordinamento delle

operazioni dentro e fuori l’Europa, e di attivare le sinergie disponibili dall’affiancamento delle

strategie di sviluppo economico e sociale e di soccorso nel caso di disastri.

L’Unione opera attraverso programmi di azione e di finanziamento, oltre che ad aiuti

umanitari immediati nel caso di disastri naturali. Nel 2010 il budget della DG ECHO è stato

di 1,115 miliardi di Euro; è il principale finanziatore di UNISDR.

342 Vedi il sito ufficiale: http://ec.europa.eu/echo/343 Istituita nel 1996 con il Regolamento del Consiglio 1257/96 del 20 giugno 1996 sull’aiuto umanitario [Council Regulation 1257/96 concerning humanitarian aid]. 344 … victims of natural disasters, wars and outbreaks of fighting, or other comparable exceptional circumstances have a right to international humanitarian assistance …

117

Page 125: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il Meccanismo comunitario di protezione civile

La EU cominciò a sviluppare le sue capacità di protezione civile dal 1985345, concentrandosi

sull’incoraggiamento alle capacità locali, sia nazionali sia regionali. A seguito di una proposta

della Commissione, il Consiglio346 ha stabilito che il “Meccanismo Comunitario sulla

Protezione Civile” (nel 2001 l’Unione Europea non era ancora nata) fosse adottato da tutti i

Paesi a partire dal 2001347. Attualmente è composto da 27 stati membri più Croazia,

Macedonia (FYROM), Islanda, Liechtenstein e Norvegia, che cooperano nel campo della

protezione civile per proteggere la popolazione, l’ambiente ed i beni culturali.

Come spesso succede negli stati nazionali, i disastri che anno colpito i paesi membri hanno

portato ad un’evoluzione dell’organizzazione e della concettualizzazione teorica ed operativa

del MIC. Dopo l’attentato di Madrid, nel marzo del 2004, la Commissione ha ampliato la

banca dati che individua i mezzi di soccorso ed il personale potenzialmente disponibili a

livello europeo. È stato quindi sviluppato un programma di formazione ed esercitazioni

comuni, per garantire che le squadre e gli esperti dei diversi paesi possano lavorare insieme348.

Inoltre è stato adottato ufficialmente un distintivo comune per le squadre d’intervento per

“individuare” la forza di protezione civile ad accrescere la visibilità della solidarietà europea.

Questa scelta allinea le unità di protezione civile europee alle previsioni del I Protocollo

aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra: le forze di protezione civile europee sono a tutti gli

effetti unità di difesa civile (sensu strictu) che rispettano le MCDA Guidelines e le Oslo

Guidelines.

Se un disastro colpisce un paese dell’Unione, il Meccanismo di Protezione Civile fornisce

assistenza immediata attraverso i nuclei di protezione civile dei paesi partecipanti. Se l’evento

345 Come citato a pag. 6, vedi Wendling (2009), che fa risalire lo sviluppo della protezione civile a due Commissari all’ambiente italiani, molto vicini all’allora Ministro Giuseppe Zamberletti, il “padre” della protezione civile italiana. 346 2001/792/EC,Euratom: Decisione del Consiglio del 23 ottobre 2001 che istituisce un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile [Council Decision of 23 October 2001 establishing a Community mechanism to facilitate reinforced cooperation in civil protection assistance interventions]. 347 I primi due direttori del MIC furono Italiani: Alessandro Barisich e Maria Pia Buccella. 348 Per esempio il recente progetto ACRIMAS (http://www.acrimas.eu/) volto a definire procedure e strumenti informatici in grado di consentire una reale collaborazione delle unità sul campo e la direzione delle operazioni da parte della sala crisi [On Site Operational Coordination Centre . OSOCC]

118

Page 126: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

concerne un paese terzo, l’azione è coordinata tra DG ECHO e il Servizio Europeo di Azione

Esterna [European External Action Service – EEAS].

Al vertice del Meccanismo comunitario c’è il centro di informazione e monitoraggio

[Monitoring and Information Centre – MIC], collegato permanentemente con i centri di

protezione civile / difesa civile dei paesi partecipanti. Il MIC è collocato nello stesso edificio

che ospita la Commissione a Bruxelles, è attivo 24/7/365 e due funzionari della Commissione

sono permanentemente incaricati per dare risposte immediate alle richieste di assistenza. Una

sala crisi di backup è disponibile presso il JRC.

Fig. 25. La sala crisi di backup della Commissione Europea al JRC di Ispra (Italia) durante il 1st JRC Crisis Technology Workshop on Mobile Interoperability for Crisis Management ACRIMAS Pilot Case, 12-13 March 2012, Ispra, Italy. L’Università di Torino (Massimo Lanfranco e Elena Rapisardi) e i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Torino sono stati invitati a partecipare in virtù dell’agreement esistente con JRC per il test “boots on the ground” dei sistemi di Mobile Surveying e Social Media Emergency Management.

Il MIC riceve la richiesta di soccorso, la smista ai Centri dei Paesi partecipanti e fornisce ai

richiedenti un ventaglio di opzioni possibili di soccorso. Sulla base della risposta dei

richiedenti, ogni Paese partecipante fornisce autonomamente il proprio contributo.

119

Page 127: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Dopo l’11 settembre

Il Meccanismo inizialmente non aveva capacità di prevenzione per i disastri naturali, tanto

meno per quelli originati dal terrorismo. La questione è rimasta così per molti anni, in attesa

di una soluzione. Dopo l’11 settembre 2001 i Capi di Stato e di Governo dell’Unione hanno

deciso che era il momento di incrementare la capacità di protezione civile della UE e, allo

stesso tempo, accelerare la realizzazione del Meccanismo.

Dopo l’attacco terroristico a Madrid, a marzo 2004, le autorità spagnole ricevettero numerose

offerte attraverso il MIC. Sebbene non ne sia stata utilizzata alcuna, secondo fonti della

Commissione349, la sola possibilità di sapere che cosa fosse disponibile in Europa, in caso di

necessità, ha rappresentato una considerevole sicurezza per le autorità iberiche.

Durante le Olimpiadi di Atene (2004) e le Olimpiadi Invernali di Torino (2006)350 il MIC,

insieme alla corrispondente struttura NATO, ha monitorato direttamente la situazione

affiancando le autorità greche.

La crescente – e tuttavia limitata – capacità di intervento della EU in questo settore ha

evidenziato la necessità di perseguire da subito l’interoperabilità degli equipaggiamenti,

comprese le telecomunicazioni, affinché i nuclei che intervengono sui teatri esteri per conto

del EU Civil Protection Mechanism siano in grado di operare e dialogare in orizzontale e in

verticale senza difficoltà351.

La EU ha sviluppato un sistema di esercitazioni denominato CME/CMX [Crisis Management

Exercises]. Vi partecipano i paesi dell’Unione e i paesi NATO, per vagliare l’efficacia e la

tempestività della risposta del processo decisionale politico-militare europeo nel “crisis

management” e la capacità operativa degli asset nazionali dispiegati sul campo.

Nella visione della Commissione, infine, il Civil Protection Mechanism può dare sostanza ad

una eventuale missione a guida EU nell’ambito della PESC. In tal caso le risorse di protezione

349 EU agent at MIC, personal communication. 350 A cui ha fornito un importante contributo anche la NATO, con la predisposizione di presidi antiterrorismo e coordinamento dell’intelligence. Montuoro (2006). 351 Vedi ad es. i risultati del citato workshop ACRIMAS, coorganizzato con il ECML: http://portal.gdacs.org/Expertworkinggroups/Mobiletechnology/2012MobileInterOpWorkshop/tabid/183/Default.aspx

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Page 128: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

civile / difesa civile dei paesi membri potrebbero usufruire del sostegno delle forze militari

impegnate nella medesima missione.

La più recente proposta della Commissione352, volta a contribuire agli obbiettivi di Europa

2020, vuole completare il percorso iniziato con tre atti fondamentali:

- A Community approach on the prevention of natural and man-made disasters353.

- Towards a stronger European disaster response: the role of civil protection and

humanitarian assistance354.

- Risk Assessment and Mapping Guidelines for Disaster Management355.

Questi tre atti costituiscono una vera vision del futuro della protezione dei cittadini in Europa,

dato che uniscono i principali filoni di sviluppo del concetto di ciclo dei disastri e cioè il

coinvolgimento e la responsabilizzazione delle realtà locali, il miglioramento della risposta ai

disastri in Europa e nei paesi in via di sviluppo, la previsione e la prevenzione mediante

un’approfondita analisi dei rischi.

Il Parlamento Europeo sembra disponibile a trattare la materia “protezione civile”, i maggiori

ostacoli sono rappresentati nella ritrosia di alcuni stati membri nell’accettare interferenze

dell’Unione, anche quando si tratta di soccorsi a seguito di catastrofi.

Un quadro normativo più incidente sulle tematiche di prevenzione e prevenzione dell’Unione

Europea potrebbe influenzare la legislazione discendente sugli stati membri e le regioni come

è, per esempio, avvenuto con la “direttiva alluvioni”356 che ha normato le fasi pre-disastro

causati da alluvioni.

I cardini della politica sviluppata dalla proposta di decisione della Commissione sono:

1. Sviluppare l’organizzazione comunale [Community Based Organization]357;

352 COM(2011)934 final: Proposal for a decision of the European Parliament and of the Council on a Union Civil Protection Mechanism. 353 COM(2009)82 final 354 COM(2010)600 final 355 SEC(2010) 1626 final: Commission Staff Working Paper 356 Direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. 357 Il miglior esempio già operativo é stato sviluppato dal Governo Canadese, a cui la vision della Commissione si ispira: http://www.socialservices.gov.sk.ca/cbo/. In Italia la coesione sociale dei piccoli centri urbani è comunque molto elevata, quello che manca è proprio una vision condivisa sugli obbietti relativi alla “sicurezza dei cittadini” non intesa come ordine pubblico.

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Page 129: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

2. Pianificare e gestire mediante un approccio comprensivo alla pericolosità [All-

hazard planning and management];

3. Riduzione dei disastri naturali – ciclo dei disastri [Disaster Risk Reduction]358;

4. Aumentare la resilienza [Improve resilience];

5. Sviluppare una strategia per contrastare il terrorismo transfrontliero e la minaccia

delle armi di distruzione di massa [CBRN-E and transboundary terrorism strategy];

6. Sviluppare la gestione delle crisi civili internazionali – crisi umanitarie

[International civil crisis management].

Su questa linea si rivolgono i finanziamenti comunitari in corso, un esempio sono due recenti

progetti finanziati con il 7° Programma Quadro che hanno portato ad un’interessante serie di

pubblicazioni che rivedono i sistemi di protezione civile dei paesi membri sulla base delle sei

strategie citate.

Il primo esempio sono i documenti redatti dalla European Organisation for Security [EOS]359,

un network di aziende europee che lavorano sulle tematiche della sicurezza e della difesa, per

il progetto CRYSIS360. Lasciate da parte le raccomandazioni rivolte alla protezione civile

europea, alcuni aspetti anticipano quelli che sono i maggiori punti deboli della difesa civile

italiana in particolare per l’imperfetto coordinamento con la protezione civile:

⇒ Miglioramento del sistema di comunicazioni sia tra attori presenti nel teatro

operativo, sia con/da le sale crisi ad ogni livello [C4I361].

⇒ Addestramento ed esercitazioni, aumento del numero dei corsi e delle esercitazioni

per organismi nazionali delegati alle attività di protezione civile e per associazioni di

volontari.

⇒ Contrasto alla minaccia CBRN-E362 basato su una seria valutazione della minaccia e

dei rischi associati.

358 Vedi fig. 23 per il digramma raffigurante il ciclo dei disastri secondo EU / UNISDR. 359 http://www.eos-eu.com/360 EOS Civil Protection Working Group: EOS White Paper on Civil Protection (2009) e Developing a Stronger EU Civil Protection Agenda (2010). 361 C4I: Command, Control, Communication, Computing and Information. 362 Un principale problema delle esercitazioni di difesa civile, che sono state sviluppate in Italia nel periodo 2002 – 2008 a seguito del 9/11, è stata la difficoltà nel coinvolgere le figure apicali delle strutture di risposta (Prefetture, Province, Regioni), da una parte sono state spesso viste con sufficienza ed assenza di partecipazione effettiva, dall’altra il coinvolgimento da parte della Direzione di Esercitazione è stato minimo a causa della

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Page 130: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

⇒ Integrazione della pianificazione basata su scenario con una maggior flessibilità per

affrontare gli eventi catastrofici, intrinsecamente imprevedibili (black swan).

⇒ Aumento della componente logistica363 destinata alla protezione civile, con

particolare enfasi sul trasporto strategico (sul modello di strategic air lift della

NATO) – coinvolgimento delle capacità specialistiche delle forze armate.

Il secondo esempio è l’attività svolta dal progetto PPRD South [Euro-Mediterranean

Programme on Prevention, Preparedness and Response to Natural and Man-made Disasters],

composto dalle autorità di Protezione Civile di Italia, Algeria, Francia, Egitto e dall’UN

ISDR364. Il programma, svolgendo una attività di supporto alle organizzazioni di protezione

civile dei paesi partner, ha comparato le diverse terminologie già esistenti in ambito EU / UN,

ha elaborato un atlante multi rischi basato sull’all-hazards approach ed ha valutato le diverse

organizzazioni di protezione civile / difesa civile365.

Attualmente366 il MIC è comunque in corso di trasformazione in un vero e proprio punto di

coordinamento: il Centro Europeo di Risposta alle Emergenze [European Emergency

Response Centre – ERC], che anticipa una delle parti della Proposta di Decisione

COM(2011)934. In questo documento, uno degli aspetti particolarmente innovativi367, è la

possibilità di pre-posizionare degli assetò di risposta nel caso di richiesta di un paese membro

nell’imminenza di un disastro definito come:

qualunque situazione che può, o potrebbe, avere un impatto negativo sulla

popolazione, sull’ambiente e sui beni [“disaster” means any situation, which has

or may have an adverse impact on people, the environment or property]

natura riservata dei piani di difesa civile (funzionari del Ministero dell’interno, comunicazioni personali, 2009 - 2011). 363 Nonostante l’indirizzo internazionale di questo obbiettivo bisogna tener conto che è l’Italia il paese membro dell’EU che avrà più probabilmente bisogno di questa capacità: i due siti a maggior rischio per eventi naturali in Europa sono Napoli (eruzione del Vesuvio) e la Calabria (zona sismica di Messina). 364 Il progetto prevede la collaborazione di altri 12 paesi mediterranei non appartenenti all’Unione Europea. 365 Vedi Euro-Mediterranean Civil Protection Operational Manual 2011. PPRD South Programme. 366 Aggiornamento all’inaugurazione da parte del presidente della Commissione Europea J.M. Barroso dell’ European Crisis Management Laboratory (ECML) e della sala crisi di backup al JRC Ispra (16/03/2012). http://ec.europa.eu/dgs/jrc/index.cfm?id=2820&obj_id=738&dt_code=HLN&lang=en367 Uno degli obbiettivi della proposta è: … the shift from a reactive and ad hoc coordination to a pre-planned, pre-arranged and predictable EU civil protection system.

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Page 131: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 26. Alcuni screenshot dell’esercitazione full-scale Dora2011, che ha coinvolto tutto il sistema di protezione civile a livello locale: Prefettura di Torino, Comuni di Collegno e Rivoli, Vigili del Fuoco, Carabinieri, volontari di protezione civile. Era ospite una delegazione inglese dell’Essex Search and Rescue. In parallelo è stato testato il sistema iGDACS, sviluppato dal JRC e i Social Media Emergency Management utilizzati dal geoSITlab dell’Università di Torino (http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/index.html?pg=1&idart=4383&idcat=7).

4.3.1 Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord [Nord Atlantic Teatry

Organization – NATO]368

Il modello di Difesa Civile della NATO369 rappresenta un importante esempio per l’ampio

orizzonte che abbraccia attraverso le concettualizzazioni, le pianificazioni, con le conseguenti

agenzie e strutture, che danno anima e corpo alla cosiddetta “pianificazione civile

d’emergenza [Civil Emergency Planning – CEP], da cui prende il nome la struttura dedicata a

368 Le informazioni su questo paragrafo sono state ottenute durante la frequenza del corso NATO CEP Course M9-56-B-10 alla NATO School di Obergammerau. Le discussioni tenutasi durante il role play (a cui partecipava il rappresentante tedesco junior allo CEPC) sono state una base fondamentale dello sviluppo della tesi. 369 Per un vista d’insieme della NATO vedi il NATO Handbook

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Page 132: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

coordinare tali attività370. La necessità di integrare la componente civile in una struttura

strettamente militare risale al rapporto del “Comitato dei tre saggi”371:

… security today is far more than a military matter …

Le strutture, che vennero create a partire dal 1953372, comprendono una serie di comitati

tecnici, con funzioni pianificatorie (i Planning Groups), ed un comitato politico [Civil

Emergency Planning Commitee – CEPC]373 composto da rappresentanti di tutti gli stati

membri con i compiti di crisis management ed informazione e supporto al Consiglio Nord-

Atlantico [North Atlantic Council – NAC]. I ruoli della CEP si differenziano tra quelli

attivabili in caso di ricorso all’art. 5 del Trattato374: e quelli “in tempo di pace375”; il NAC con

il Concetto Strategico del 2000, ha individuato cinque compiti strategici della Civil

Emergency Planning (vedi figura 27 alla pagina seguente):

Supporto alle autorità nazionali (i.e. continuità di governo) Article 5 Supporto civile alle forze militari NATO con focus sul supporto alla

mobilitazione ed al trasferimento di materiali e mezzi dagli USA Assistenza ai paesi membri in caso di disastro naturale (estesa ad attentati terroristici o attacchi CBRN dal 2001) [MACA] Collaborazione con i paesi partner [Partnership for peace – PfP] dal 1991 (estesa con la creazione dell’EADRCC dal 1998)

Non-Article 5 NA5CRO

Operazioni di supporto alla pace [Peace Support Operations – PSO]376

370 Per informazioni vedi il sito del CEP: http://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_49158.htm371 Report of the “Committee of Three Wise Men” on Non-Military Cooperation in NATO, 1956. 372 Il supporto NATO ai paesi membri iniziò con le disastrose inondazioni del 31 gennaio 1953, che colpirono Olanda, Belgio, Inghilterra e Scozia causando oltre 2.000 morti, e determinate da un’eccezionale alta marea nel Mare del Nord concomitante con una fortissima tempesta, conosciuta come “The Greatest Storm”. http://en.wikipedia.org/wiki/North_Sea_flood_of_1953373 Lo CEPC si può riunire in formato NATO (che comprende solo i 28 stati partecipanti) o in formato EAPC (che comprende i 50 stati associati al Consiglio di Cooperazione Euro Atlantica). Inoltre è presente un un comitato ristretto, lo SCEPC [Senior Emergency Planning Commitee], per la gestione ordinaria e continuativa delle attività. 374 Articolo 5:… armed attack against one or more ....shall be considered an attack against them all… and each of them… will assist the party or parties… by taking ..., individually and in concert with the other parties, such action as it deems necessary, including the use of armed force. 375 Articolo 4: ...”Parties will consult...whenever, in the opinion of any of them, the territorial integrity, political independence or security of any of the parties is threatened.” 376 Comprendono Conflict Prevention, Peacemaking, Peace Enforcement, Peacekeeping, Peacebuilding. Per maggiori dettagli vedi: AJP-3.4(A), Allied Joint Doctrine for Non-Article 5 Crisis Response Operations.

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Page 133: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Nella terminologia NATO377 la distinzione fra “Difesa civile” e “Protezione civile” è molto

sfumata, riconducendosi complessivamente a qualunque azione in favore della popolazione

civile in conseguenza di esiti catastrofici di azioni militari ma anche, per esempio, per disastri

di natura meramente industriale. Questo principio è stato esteso dopo l’approvazione del

nuovo concetto strategico con l’attivazione di una nuova Direzione dell’International Staff: la

Divisione Minacce Emergenti alla Sicurezza [Emerging Security Challenges Division –

ESCD] che ha iniziato le attività nell’agosto 2010 focalizzando l’attenzione su terrorismo,

WMD, cyber defence e energy security.

Fig. 27. Struttura della NATO con evidenziazione dei rapporti del CEP. A destra la struttura “burocratica” [International Staff], a sinistra la struttura “politica”. Il CEP dipende funzionalmente dalla Divisione “Operazioni”, ma si interfaccia fondamentalmente con il NCA e il CEPC. Dalle presentazioni preparate durante il Syndacate 5 al CEP Course (NATO School, 2010).

Le aree operative della CEP rispondono alla necessità di poter comunque garantire la difesa

militare del territorio dei paesi membri.

377 NATO AAP6: Civil defence / protection civile: Mobilization, organization, and direction of the civil population, designed to minimize by passive measures the effects of enemy action against all aspects of civil life (1973). Civilian preparedness for war / préparation civile pour le temps de guerre: All measures and means taken in peacetime, by national and Allied agencies, to enable a nation to survive an enemy attack and to contribute more effectively to the common war effort.

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Page 134: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La protezione civile378

Il concetto di protezione civile della NATO è ovviamente ancorato a quello precedente di

difesa civile: proteggere la popolazione dagli effetti diretti della guerra, del fuoco, delle

esplosioni, delle radiazioni e dell’inquinamento chimico. Tipiche predisposizioni di difesa

civile sono:

- sistemi di allarme, per allertare la popolazione in caso di pericolo;

- rifugi, per proteggere la popolazione durante un attacco anche CBRN;

- sistemi di soccorso, comprendenti soccorso sanitario ed antincendi, per intervenire

immediatamente dopo un attacco o un bombardamento.

Una difesa civile / protezione civile così strutturata può chiaramente essere impiegata, sia in

caso di ricorso all’art. 5 sia in tempo di pace, in caso di gravi disastri di origine naturale,

tecnologica, terroristica.

La continuità del Governo

La CEP è tuttavia molto di più della semplice protezione civile. Il secondo grande settore,

infatti, è la “continuità dell’azione di Governo” quando debba affrontare una situazione di

crisi o di guerra, che per la NATO è sempre e comunque responsabilità della politica.

Senza tale “continuità” mancherebbe il requisito essenziale per affrontare il “crisis

management”, dirigere la difesa militare e coordinare le risorse civili.

Le predisposizioni vengono attuate sulla base delle misure dello stato di allertamento NATO

da parte di ogni singolo stato379. Tali misure sono contenute nel NATO crisis response system

manual380. E sono già approvate dagli Stati membri ed in continuo aggiornamento.

Le predisposizioni infrastrutturali riguardano, per esempio, la disponibilità di almeno due sedi

di governo protette, tra loro alternative, e collegate via linee sicure.

La gestione delle risorse

Per la NATO è compito della protezione civile la salvaguardia dagli effetti immediati delle

azioni di guerra. Ma, per sopravvivere nel lungo periodo, devono essere assicurate tutte le

risorse che la società moderna garantisce in condizioni normali. In altri termini la “gestione

delle risorse” deve assicurare che il motore economico e finanziario continui a funzionare, 378 N.B. questo è il termine comunemente utilizzato anche dagli italiani in ambito NATO (NATO official, personal communication) 379 In Italia con il recente Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010 “Organizzazione nazionale per la gestione di crisi”. 380 Un analogo documento è ovviamente stato redatto anche dall’EU: Manual on EU emergency and crisis coordination.

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Page 135: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

sostenuto dalle produzioni alimentare ed agricola, dalle industrie, dai trasporti e dai flussi

sulle reti di energia e telecomunicazioni. La gestione delle risorse comprende quindi quelle

che la EU chiama infrastrutture critiche [Critical Infrastructure - CI].

La gestione delle risorse richiede una pianificazione estremamente complessa, mediante una

gerarchia fra le industrie essenziali per garantirne:

1. la protezione delle infrastrutture e del personale chiave;

2. la regolarità dei flussi di materie prime e di energia;

3. la disponibilità di maestranze;

4. il trasporto dei prodotti.

La pianificazione alleata tiene conto della estrema vulnerabilità delle reti moderne. Tanto

nell’industria come nei trasporti, non è solo la disponibilità di personale ad essere essenziale: i

flussi di energia e di informazione sono altrettanto importanti.

Senza trasmissione istantanea delle informazioni tra le persone e tra i computer, il sistema dei

trasporti e l’industria presto si fermerebbero. Non è quindi sorprendente che l’energia e le

telecomunicazioni vengano considerate aree-chiave nella gestione delle risorse.

Da questo punto di vista le nuove minacce emergenti cybercrime / cyberwarfare

rappresentano una delle principali preoccupazioni per i pianificatori NATO.

Il sostegno civile alle operazioni militari

Il sostegno civile alle forze armate assume importanza fondamentale nel caso di ricorso

all’art. 5, perché la macchina militare nel caso di difesa collettiva, richiede rifornimenti e

trasporti in quantità tali da incidere – in determinate condizioni - sulle disponibilità della

società civile e, quindi, sulla gestione delle risorse.

Ad esempio in caso di conflitto con l’Unione Sovietica, il “Rapid Reinforcement Plan”

prevedeva il trasferimento - in meno di trenta giorni - da Stati Uniti e Canada all’Europa di

più di un milione di uomini e più di quattro milioni di tonnellate di equipaggiamento.

Agenzie civili

Per assicurare che in tempo di guerra le risorse civili vengano impiegate nella maniera più

efficiente, la NATO ha istituito le cosiddette “NATO civil wartime agencies”381 che

381 Defence Shipping Agency (DSA); Interrallied Insurance Organization (IIO); Agency for Coordination of Inland Surface Transport in Central Europe (ACTICE); NATO Civil Aviation Authority (NCAA); Central Shipping Agency (CSA); NATO Wartime Oil Organization (NWOO); NATO Refugee Agency (NRA).

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Page 136: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

pianificano le risorse necessarie e le procedure per garantire la gestione delle risorse e il

supporto civile alle forze militari. Il nuovo Concetto Strategico riflette l’evoluzione della dimensione “sicurezza”: dalla difesa

territoriale alla sicurezza della società [societal security]. Quest’ultima è una nozione più

ampia che comprende anche la tutela dell’incolumità fisica dei singoli individui e la

protezione dei centri nevralgici che assicurano la funzionalità della vita civile, come

infrastrutture nel settore dei trasporti, della produzione energetica, e dell’information &

communication technology [ICT] In questo senso, il nuovo Concetto strategico intende

affrontare le minacce “ovunque e comunque si manifestino”, intendendo quindi non tanto o

non solo come un’indicazione geografica, bensì come indicazione di operazioni a spettro

totale come già definito dall’esercito americano [full spectrum operations]382.

382 Vedi il manuale FM 7.0 dell’US Army: http://usacac.army.mil/cac2/archives/2009/January/FM70.asp. Per un’analisi più dettagliata Fig. 1 a pag. 4 e ed il lavoro di Faber et al. ivi citato.

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Page 137: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

We have met the future and it is now

Walt Kelly

Capitolo quinto: nuove minacce e minacce future

Il mondo è cambiato completamente nel corso dell’ultimo secolo, e non solo per il progresso

tecnologico, ma soprattutto per l’evoluzione della struttura sociale e per l’affermarsi dei

diritti inalienabili di ogni essere umano.

Se la globalizzazione ha contribuito alla progressiva abolizione delle barriere commerciali,

all’aumento del commercio internazionale ed alla crescente integrazione economica degli

stati, dall’altra parte ha intensificato i flussi migratori e portato ad un sovrasfruttamento delle

risorse umane e ambientali.

Un importante effetto moltiplicatore dell’instabilità sociale mondiale è rappresentato

dall’assoluta pervasività della comunicazione: la conoscenza dei fatti in tempo reale e la

possibilità di diffondere le proprie idee a livello globale hanno moltiplicato le istanze di

sviluppo sostenibile e riduzione della povertà. Il terrorismo internazionale383 è diventato

transnazionale384 e la sua componente jahdista ha avviato un campagna globale, che ha

portato ad una vera guerra non guerra (cioè combattuta ma non dichiarata).

La guerra385, come magnificamente descritto da von Clausewitz386, è in effetti uno scontro di

volontà tra due o più stati, ma per coloro che la combattono e la subiscono rappresenta la

somma dei peggiori disastri minacciando indiscriminatamente i beni, le relazioni sociali e la

stessa vita umana. Per un’analisi approfondita dei concetti esposti, che costituisco il

fondamento della necessità di ripensare totalmente il concetto di difesa civile, si rimanda a

Carlo Jean “Manuale di studi strategici”, Rupert Smith “L’arte della guerra nel mondo

contemporaneo” e Quiao Liang & Wang Xiangsui “Guerra senza limiti”. Questi tre libri 383 L’utilizzo del terrorismo nelle relazioni internazionali è una costante utilizzata a seconda dei periodi storici in piena vista o “dietro le quinte”. Victor Davis Hanson fa risalire l’avversione occidentale per questa forma di guerra alle battaglie della grecia classica, che privilegiavano il confronto frontale tra gli opliti. 384 Gli attentati delle Torri Gemelle rappresentano il paradigma della minaccia terroristica. 385 “La guerra non esiste più.” Sir Ruperth Smith: The Utility of Force: the Art of War in Modern World, pag 1. 386 Della Guerra, Capitolo 1 paragrafo 2. Definizione.

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Page 138: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

rappresentano quelli che considero tre approcci parzialmente complementari alla

qualificazione dei conflitti e soprattutto associano al concetto di guerra quelli di sicurezza e

di crisi.

Fig. 28: numero dei conflitti armati, 1946-2011. la linea tratteggiata indica il crollo del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Da http://www.systemicpeace.org/conflict.htm

Anche se è vero che il numero delle guerre387 è fortemente diminuito dopo la fine della

decolonizzazione, la Nazioni Unite hanno sostanzialmente fallito nell’obbiettivo di contenere

i conflitti etnici o tribali meglio noti come “guerre civili” [societal warfare].

Dalle guerre stato-centriche388 si è quindi passati a conflitti armati che oppongono attori non

statuali e che quindi secondo il diritto internazionale umanitario [International Humanitarian

Law – IHL] non sono guerre.

387 Human Security Report: A conflict is coded as a war when the battle-death toll reaches 1,000 or more in a given calendar year: http://hsrgroup.org/our-work/security-stats/Definitions.aspx388 “the state may be defined as the entity that successfully claims the monopoly of legitimate use of physical force within a given territory” Max Weber in The Theory of Social and Economic Organization.

131

Page 139: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Un’evoluzione parallela la ha avuta il concetto di sicurezza militare. Qual è il miglior

approccio alla sicurezza militare secondo le lezioni apprese in Iraq ed Afghanistan?

La cooperazione civile militare ha dimostrato di essere l’unica via per raggiungere un end

state soddisfacente al termine di lunghi conflitti, in cui la sconfitta militare non si è

dimostrata sufficiente per ottenere la vittoria. Anche qui, la CIMIC declinata in ambito

strettamente militare (NATO AJP-9)389 ha dimostrato di essere insufficiente: la risoluzione

delle crisi legate a stati falliti [failed states, ad es. la Somalia]od emergenze complesse

[complex emergencies, ad es. Haiti] non può essere a guida militare390.

5.1 Le nuove guerre

Il concetto di guerra, come intesa durante il periodo “d’oro” degli stati-nazione post

westfaliani, mostra però una significativa sfaldatura. Per quanto la guerra continui ad essere

uno scontro degli opposti interessi (e quindi fondamentalmente uno scontro di volontà come

declinato da von Clausewitz), gli attori ed i metodi militari sono profondamente cambiati391.

Con lo scemare della contrapposizione fra i due blocchi che hanno caratterizzato la “guerra

fredda”, lo scenario internazionale ha presentato molteplici occasioni di crisi, generalmente

non riconducibili però entro il tradizionale concetto di guerra392. I conflitti succedutisi non

possono infatti qualificarsi generalmente come « fatti di violenza armata posti da un membro

della comunità internazionale nei confronti di un altro per distruggerne la forza e piegarne la

389 Definizione NATO della CIMIC: The co-ordination and co-operation, in support of the mission, between the NATO Commander and civil actors, including national populations and local authorities, as well as international, national and non-governmental organisations and agencies. 390 La ricostruzione della Germania dopo la fine della II Guerra Mondiale è spesso considerata la prima operazione CIMIC (Dobbins et al., 2008), per quanto l’utilizzo cooperativo di mezzi militari e civili era pratica comune già durante l’Impero Romano (Luttwak, 1976) ed in particolare nell’Impero Romano d’Oriente tra gli anni 800 – 1400. In particolare la ricostruzione della Germania, culminata con il Piano Marshall, si distinse da quella del Giappone perché le attività di ricostruzione iniziarono, nei territori “liberati”, mentre l’avanzata verso Berlino era ancora in corso. Durante la Guerra del Vietnam attività simili furono tentate durante tutta la guerra ma le attività dell’USOM [United States Operations Mission] e successivamente del CORDS [Civil Operations and Revolutionary Development Support] non furono sufficienti a compensare l’incapacità ed inettitudine del governo di Saigon (Sheehan, 2003). 391 Cfr. Van Creveld The Transformation of War (1991). 392 Unica eccezione degna di nota è stata la seconda guerra del Golfo (Operation Desert Storm, 1990-1991).

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Page 140: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

volontà»393, ed infatti non sono mai stati preceduti dalla tradizionale comunicazione degli

agenti diplomatici di inizio delle ostilità. La partecipazione militare italiana ha quindi trovato il proprio fondamento costituzionale nei

vincoli gravanti sul nostro Paese, ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, in conseguenza

dell’adesione ad organizzazioni internazionali, quali l’Unione Europea, l’OCSE o l’UN,

deputate ad assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni, e quindi legittimate a disporre

l’invio di forze multinazionali. Tale partecipazione non ha però visto una parallela discussione

sulle minacce, le risorse disponibili per affrontarle, le organizzazioni da predisporre e le

metodologie da impiegare.

L’impatto catastrofico della I e II Guerra Mondiale ha focalizzato l’attenzione degli Europei

che la guerra sia la più grande minaccia per la società; la Guerra Fredda, con il rischio

catastrofico di una guerra nucleare, ha aumentato tale percezione influenzando la percezione

dell’importanza della sicurezza dal punto di vista militare. Un analogo discorso può essere

fatto per il rischio “terrorismo”; l’impatto sociale del terrorismo “politico degli anni '70 - '80,

che in effetti aveva l’intenzione di abbattere il sistema di governo394 ha distorto i mezzi

utilizzati dal terrorismo in obbiettivi, tali per cui la stessa “continuità di governo” è messa in

pericolo. Il concetto di guerra395 ha subito un evoluzione comparabile a quello di “sicurezza

nazionale”, al cui servizio è, in fin dei conti, l’utilizzo della forza militare. Schematicamente

abbiamo assistito a tre passaggi paradigmatici del focus centrale del concetto di sicurezza

nazionale396:

1. sicurezza “king-centric” (era pre-stati westfaliani / rivoluzioni – lo stato sono io!397);

2. sicurezza “state-centric” (era degli stati westfaliani / democrazie);

3. sicurezza “non-state-centric” (era della globalizzazione).

393 A. Curti Gialdino, Guerra (dir. internazionale), in Enc. dir., XIX, Milano, Giuffré, 1970. 394 Ed in alcuni stati, in cui il terrorismo era legato alle lotte di liberazione, ha avuto successo. 395 Vedi Alvin Toffler & Heidi Toffler “The Third Wave”. 396 Crisis management seminar discussion, 20/09/2010 (Wendling, 2011). 397 Luigi XIV, re di Francia 1614 – 1715.

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Page 141: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

In molti stati occidentali, stiamo assistendo al passaggio tra le fasi 2 e 3, e cioè il passaggio

tra la national security e la societal security398 / human security, che portano al centro

dell’attenzione la resilienza ed il singolo individuo.

Le minacce che presumibilmente dovranno essere affrontate dalle nazioni Europee399 in un

prossimo futuro continuano a contenere la guerra, ma sono strettamente legate a fattori

ambientali generalmente considerati quali pericoli naturali. Missiroli400 presenta il più

aggiornato scenario concettuale riguardo alla nuova commistione tra difesa e sicurezza in

Europa; in una ricerca del 2005 sottolinea come la degradazione dell’ambiente, le pandemie,

lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, possano essere la causa scatenante di conflitti

armati (ecowars401) molto più facilmente di quanto possano essere motivazioni economiche o

territoriali.

In particolare l’enorme aumento della popolazione globale di sfollati, sia all’interno dei

confini nazionali [Internally Displaced Persons – IDPs] sia verso paesi vicini [refugees], che

è iniziato a metà degli anni 1980 è difficile da quantificare esattamente, ma l’entità può

essere meglio spiegata da una convergenza di almeno quattro fattori:

1. i conflitti armati hanno maggiori probabilità di svilupparsi nei Paesi più poveri402,

2. il protrarsi dei conflitti sociali (guerre civili) mina progressivamente la capacità delle

società di raggiungere e mantenere la produzione dei beni necessari a soddisfare i

bisogni di base (acqua e cibo, ma anche combustibili e materiali da costruzione);

3. la distinzione tra combattenti e popolazione non-combattente e sempre più sfumata;

4. vi è una notevole espansione delle organizzazioni non governative che vogliono

fornire assistenza umanitaria alle società distrutte dalla guerra.

398 the ability of a society to persist in its essential character under changing conditions and possibible or actual threats, Copenhagen School of security studies, Copenhagen Peace Research Institute [COPRI]. 399 Vedi Babos (2007) per un’analisi delle minacce dal punto di vista EU / NATO. 400 Missiroli (ed.) Disaster, Diseases, Disruptions: a new D-drive for the EU. 401 Vedi anche Gore (2007); LaCrosse (2007); Diamond (2007), 402 vedi fig. 29. “si parla di fragilità nei casi in cui le strutture risultano deboli o carenti e il contratto sociale è minato alla base dall’incapacità o dalla mancata volontà delle istituzioni di assolvere alle funzioni di base e di assumere i doveri e le responsabilità connesse allo stato di diritto, alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, alla sicurezza e all’incolumità della popolazione, alla riduzione della povertà, alla fornitura di servizi, alla gestione trasparente ed equa delle risorse e all’accesso al potere” Consiglio dell’Unione europea, 2007. Per una descrizione del concetto di fragilità vedi il report dell’EU: http://ec.europa.eu/development/icenter/repository/ERD_report_2009_IT.pdf

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Page 142: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 29: indice della fragilità degli stati, da Global Conflict Trends - http://www.systemicpeace.org/conflict.htm

Un campo completamente nuovo è quello generato dalle ICT: da una parte hanno portato ad

un nuovo approccio alla forma della guerra con la RMA, dall’altra hanno generato una nuova

debolezza nella sicurezza nazionale ma anche nella human security della popolazione dei

paesi sviluppati. Un collasso anche parziale delle reti tecnologiche403, e di conseguenza delle

infrastrutture critiche, aprirebbe scenari apocalittici all’interno delle grandi aree urbane, dove

i servizi di base sono ormai strettamente legati all’informatica.

Alvin Toffler & Heidi Toffler in Foreword: the new intangibles404 riassumono perfettamente

i cambiamenti nelle relazioni internazionali causati dall’utilizzo pervasivo dell’informatica:

But what if some adversary—state or nonstate—employed intangible means to

damage or destroy that city’s computer networks, including those needed by its

403 Vedi Bengt Sidelius: “Disruptions – Functional Security for the EU” in Missiroli et al. (2007). 404 In: Ronfeldt & Arquilla (1997).

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Page 143: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

police, airport authorities, electrical systems, banks, and the like? Even assuming

the source of the attack could be identified and verified, would the situation call

for a military response? Whose responsibility would it be to retaliate and how?

Nello stesso volume, che riassume le ricerche condotte dalla RAND nel 1997 sugli sviluppi

della RMA allora in corso, i due editori405 introducevano per primi una differenza concettuale

nei termini netwar e cyberwar, generalmente utilizzati indifferentemente:

… “cyberwar” will be an ever-more-important entry at the military end, where

the language is normally about high-intensity conflict (HIC) and middle-range

conflict (MRC). “Netwar” will figure increasingly at the societal end, where the

language is normally about low-intensity conflict (LIC) and operations other than

war (OOTW—a broader concept than LIC that includes peacekeeping and

humanitarian relief operations). Whereas cyberwar will usually see formal

military forces pitted against each other, netwar is more likely to involve

nonstate, paramilitary, and other irregular forces. Both concepts are consistent

with the views of analysts like Van Creveld (1991) who believe that a

transformation of war is under way, leading to increased “irregularization.”

Alla luce di questa evoluzione concettuale diventa sempre più difficile trovare il limite di

impiego della difesa civile, così come normata e descritta in Italia.

5.2 Crisi

La parola crisi, nella sua origine greca, indica un punto di instabilità del sistema sociale: in

quel momento le scelte compiute possono causare grandi effetti sia in positivo sia in

negativo406. Le crisi sono l’ora dalla previsione nel mondo della strategia e l’ora delle

opportunità nel mondo dell’azione407. La citazione della corrispondente parola cinese, in cui

405 Cyberwar is coming! e The advent of netwar in Ronfeldt & Arquilla (1997). 406 Il rapporto di effetti positivi ed effetti negativi sulla popolazione indica la capacità di affrontare la crisi. 407 … crises are “hours of insight” in the world of thought, and hours of opportunity in the world of action cfr. Prince (1920), p.16, dove è riportata probabilmente la prima definizione scientificamente accettabile del termine crisi.

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Page 144: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

“crisi” è scritta con due ideogrammi che singolarmente significano pericolo (危 – wei) ed

opportunità (機 - ji), viene comunemente utilizzata in occidente per descrivere le due facce

sempre presenti in una crisi: un pericolo per alcuni ed una opportunità per altri. Questa

ambivalenza del termine trova particolare apprezzamento nella teoria del ciclo dei disastri, in

cui il periodo post-evento in cui l’attenzione e la ricettività dei governi e della popolazione è

particolarmente alta, con quella che viene definità “finestra di opportunità”, in cui è possibile

avviare interventi e riforme atte a spezzare la ciclicità della minaccia.

Ronfeldt & Arquilla (1997) introducono anche un nuvo significato del termine panarchia

[regno del dio Pan408]. Originariamente fu utilizzato da Paul Emile de Puydt409 nel 1860,

riferendolo ad un governo mondiale ispirato dalle rappresentazioni bucoliche del dio Pan e 

definito  dal  prefisso pan- che, in Greco significa tutto (pan-archia = governo di tutti);

successivamente il termine fu utilizzato dal punto di vista ecologico per definire un sistema

instabile ma in grado di recuperare le oscillazioni dallo stato di climax (sistema “resiliente”):

The cross-scale, interdisciplinary, and dynamic nature of the theory has led us to

coin the term panarchy for it. Its essential focus is to rationalize the interplay

between change and persistence, between the predictable and unpredictable410.

Accostando la panarchia alle netwar, Ronfeldt & Arquilla descrivono la natura

fondamentalmente “casuale” della rete, attribuendo all’interazione tra governi, relazioni

internazionali ed ICT pervasive, un significato di instabilità intrinseca:

The world, thus, is entering into a global order - or disorder, as the case may be -

that is post-Westphalian, and post-Clausewitzian.

Le crisi possono ovviamente essere divise o differenziate in molti modi, ai fini della presente

tesi l’interesse principale è dato dalla differente localizzazione rispetto ai confini nazionali:

408 Ovvero come “dominio del panico”, termine derivato proprio dal dio Pan: condizione di crisi continuativa, per una descrizione storica dei vari significati vedi: http://en.wikipedia.org/wiki/Panarchy409 Paul Emile de Puydt “Panarchy”, Revue Trimestrielle, Bruxelles, July 1860. Reperibile su: http://www.panarchy.org/depuydt/1860.eng.html410 Da Gunderson and Holling (2001) “Panarchy: understanding transformations in human and natural systems”.

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Page 145: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

le crisi interne sono gestite dai competenti organi costituzionali mentre le crisi internazionali

sono materia statale ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

Per le crisi interne, la differenziazione è data dal livello di minaccia che la crisi rappresenta

per i cittadini: sulla falsariga della differenziazione fatta dalla l. 225/92 per quanto riguarda la

tipologia di eventi di protezione civile, possiamo schematizzare le crisi “interne” in tre livelli:

a) crisi che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e

amministrazioni competenti in via ordinaria;

b) crisi che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più

enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

c) crisi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e

poteri straordinari.

I tre livelli di Governo deputati ad affrontare tali crisi sono legati ai principi di sussidiarietà e

adeguatezza ed attualmente in italia sono svolti da Sindaco – Prefetto – Presidente del

Consiglio dei Ministri.

Per quanto riguarda le relazioni internazionali, la dottrina militare italiana considera che i

rapporti tra Stati si riconducano essenzialmente a tre tipi: pace, crisi e guerra411.

La pace è definibile come «una condizione delle relazioni tra gruppi, classi o Stati in assenza

di violenza (diretta o indiretta) e di minaccia di violenza reciproca». In pace, lo strumento

militare deve assicurare la deterrenza e garantire l’adeguato supporto alle decisioni politiche

mediante l’approntamento e la disponibilità di forze prontamente ed efficacemente

impiegabili sia per lo svolgimento di operazioni di guerra (operazioni art. 5 del Trattato

dell’Atlantico del Nord) sia per condurre operazioni di risposta alle crisi [Crisis Response

Operations – CRO].

All’estremo opposto la guerra è «una situazione in cui lo scontro tra opposte volontà si

manifesta con l’uso estensivo e generalizzato della violenza». In questo caso tutte le risorse

della nazione sono mobilitate e le operazioni militari possono svolgersi senza limitazioni.

411 Le definizioni che seguono sono tratte da: Stato Maggiore dell’Esercito “ La dottrina dell’Esercito Italiano”

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Page 146: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

La crisi corrisponde ad «una situazione in cui si manifestano, con evidenza, minacce o rischi,

ovvero dove la violenza viene esercitata in forme varie, sebbene in maniera ancora

contenuta». Il confine che delimita lo stato di pace da quello di crisi è difficilmente

individuabile e, quindi, facilmente oltrepassabile. Generalmente, lo “stato di crisi”412 insorge

quando due o più parti perseguono obiettivi ritenuti incompatibili tra loro, per conseguire i

quali ricorrono alla violenza o minacciano di ricorrervi. La crisi è caratterizzata da una

condizione di precarietà, che può essere ricomposta ovvero degenerare in un conflitto o nello

stato di guerra.

L’esercito Americano non contempla le crisi, che sono di gestione politica, ma solo l’intensità

nell’uso della forza.

Fig. 30. The spectrum of conflict. Da Field Manual 3-0 “Operations”. Department of the Army.

In senso più ampio il concetto di crisi indica qualunque situazione d’incertezza (compresi

quindi i disastri naturali ed antropici, il terrorismo ed i disordini sociali): ai sensi del DPCM

05/05/2010, la terminologia da utilizzare è la seguente:

Art. 2 Terminologia interministeriale

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

j) «situazione di crisi»: ogni situazione suscettibile di poter coinvolgere o

mettere a rischio gli interessi nazionali, che può avere origine dalla

percezione di un potenziale pericolo o in coincidenza di eventi clamorosi o

gravemente significativi;

k) «situazione di emergenza»: manifestarsi di una situazione pericolosa che

richiede attività e provvedimenti specifici, urgenti, necessari ed eccezionali;

l) «crisi internazionale»: eventi che turbano le relazioni tra Stati o, comunque,

suscettibili di mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza

412 Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010. Organizzazione nazionale per la gestione di crisi.

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Page 147: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

internazionale e che possono coinvolgere o mettere a rischio gli interessi

nazionali;

m) «interessi nazionali»: complesso di elementi ed attività, la cui

compromissione può arrecare un danno allo Stato; maggiore è l'interesse

quanto maggiore è il possibile danno;

n) «sicurezza nazionale»: complesso di misure per la tutela degli interessi

nazionali;

o) «misure di prevenzione»: provvedimenti ed attività di preparazione per

affrontare un'ipotetica situazione di crisi, comprendenti, tra l'altro,

l'individuazione delle procedure decisionali, la programmazione, la

pianificazione operativa e l'addestramento del personale, ai diversi livelli;

p) «misure di risposta»: provvedimenti che vengono adottati ed attività che

vengono svolte per evitare che una particolare situazione possa degenerare in

una situazione di crisi;

q) «misure di gestione»: provvedimenti che vengono adottati ed attività che

vengono svolte in una situazione di crisi per evitare, o quantomeno limitare, il

danno e per ridurne, comunque, la durata;

r) «misure di contrasto»: complesso di misure di prevenzione, risposta e

gestione di situazioni di crisi.

Qualora la crisi riguardi direttamente un possibile conflitto, le Forze Militari destinate alla

difesa devono essere in grado di sostenere le decisioni dell’autorità politica con azioni

adeguate alla situazione. Nel caso in cui un Paese si impegni nella soluzione di una crisi fra

altri Stati od attori non statuali, può essere necessario un intervento militare [Peace Support

Operations – PSO], su mandato delle Nazioni Unite, con la condotta di operazioni di risposta

alle crisi.

Le operazioni militari di risposta alle crisi [crisis response operations – CRO] includono

l’uso di strumenti politici, diplomatici e militari, secondo quanto stabilito dalle leggi

internazionali, al fine di prevenire o risolvere un conflitto. Oltre alle forze militari,

coinvolgono le autorità diplomatiche, le organizzazioni internazionali [International

Organizations – IO], la popolazione civile, le organizzazioni governative [Governative

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Page 148: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Organizations – GO] e non governative [Non Governative Organizations – NGO], ed infine

quelle private [Private Volunteer Organizations – PVO].

Nella dottrina militare Americana, generalmente condivisa da NATO ed EU, la categoria

delle Operazioni diverse dalla guerra [Military Operations Other Than War – MOOTW]

rientrano diverse tipologie di azione che godono di specifiche definizioni sviluppate a livello

UN413, tutte caratterizzate da un intervento misto civile – militare.

Fig. 31. Joint military operations. Da Field Manual 3-0 “Operations”. Department of the Army.

Le operazioni per il mantenimento della pace [peacekeeping] riguardano attività sviluppate a

seguito di un accordo di pace o di un cessate il fuoco che abbia realizzato un ambiente dove il

livello del consenso o della condiscendenza è alto mentre la minaccia di un’azione

disgregativa è bassa. Esse hanno lo scopo di monitorare e favorire l’implementazione

dell'accordo stesso. In questo contesto le formazioni militari devono possedere la capacità di

utilizzare la forza, anche se, normalmente, essa sarà applicata solo per autodifesa.

Le operazioni per l’imposizione della pace [peace enforcement] concernono operazioni di

natura coercitiva condotte qualora non sia stato raggiunto il consenso di tutte le parti in causa,

o quando esso sia incerto. Hanno lo scopo di mantenere o di ristabilire la pace, o di imporre le

condizioni specificate nel mandato.

La prevenzione dei conflitti [conflict prevention] comprende una vasta gamma di attività,

diplomatiche e/o militari, finalizzate ad individuare le possibili cause del conflitto,

413 Department of Peacekeeping Operations – DPKO: http://www.un.org/en/peacekeeping/

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Page 149: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

monitorarne gli indicatori e assumere tutte le azioni opportune per impedirne l’insorgere,

l’intensificazione ovvero la ripresa delle ostilità.

Le operazioni di edificazione della pace [peacemaking] riguardano un’ampia gamma di

attività diplomatiche, e possono anche includere la minaccia dell’uso della forza. Esse sono

condotte dopo l’insorgere di un conflitto armato, al fine di stabilire un cessate il fuoco o

raggiungere un sollecito accordo di pace.

Quelle per il consolidamento della pace [peace building] sono condotte normalmente da

organizzazioni civili con il supporto militare, se richiesto, e agiscono sulle cause alla base del

conflitto e, nel lungo termine, sulle necessità della popolazione. Possono svolgersi nell’ambito

dell’intero spettro delle operazioni di sostegno alla pace, ed in particolare nelle operazioni di

peacekeeping e peace enforcement.

5.3 Disastri innaturali

Per disastro intendiamo: “una violenta e relativamente improvvisa, e quindi inattesa,

distruzione di normali accordi strutturali all’interno di un sistema sociale causato da una

forza naturale o sociale, interna od esterna ad esso, sulla quale il sistema non ha un

controllo sicuro”414.

Caratteristica fondamentale di un disastro è l’impatto fisico, talmente ampio da determinare

lo sconvolgimento della vita sociale415. L’impatto psicologico è stato, e continua ad essere,

fortemente sottovalutato, nonostante i costi sociali siano altissimi.

Il termine catastrofe, spesso utilizzato insieme a quello di disastro, si riferisce al collasso del

sistema sociale. E di per se ovvio che i due termini sono interscambiabili a seconda del

contesto organizzativo a cui ci si riferisce: un’alluvione può avere effetti catastrofici a livello

di comunità municipale ed essere trascurabile a livello di impatto sociale nazionale.

414 Cfr. Fritz C.E., voce Disaster, in: International Encyclopedia of the Social Sciences, McMillon, London, 1968. 415 Cfr. Quarantelli E.L. e Wenger D., voce Disastro, in: Nuovo dizionario di sociologia, ed. Paoline, 1987.

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Page 150: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

L’approccio concettuale alla triade pericoli – rischi - disastri naturali ha due punti di vista:

a. l’approccio ingegneristico, sviluppatosi dopo il terremoto di Lisbona del 1755416,

volto a ridurre la pericolosità e la vulnerabilità con interventi ingegneristici,

azzerando il rischio e quindi la possibilità di disastri;

b. l’approccio sociologico, sviluppatosi negli Stati Uniti dagli anni '50, in cui i pericoli

sono considerati “naturali” ed è l’uomo a costruire gli scenari di rischio che portano

al disastro.

Fig. 32. Principali disastri in Europa e nel mondo dal 1999 al 2006. Da Barnier (2006)417.

416 Che ebbe un importantissimo impatto sui pensatori dell’Illuminismo, con scritti di Voltaire, Rousseau, Leibniz, Kant. 417 Per i dati complessivi vedi: EM-DAT The International Disaster Database: http://www.emdat.be/

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Page 151: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

L’impatto dei disastri, a scapito degli sforzi ingegneristici intrapresi in tutto il mondo,

continua a cresce sia nei paesi in via di sviluppo, sia in quelli sviluppati.

Mentre le vittime sono diminuite ovunque, gli impatti hanno due diverse valenze:

⇒ nei PVS i danni dei disastri raggiungono livelli catastrofici e causano un

sostanziale fallimento delle politiche volte al raggiungimento dei Millenium Goals;

⇒ nei paesi sviluppati l’impatto economico dei disastri causa ripercussioni globali,

venendo a costituire una minaccia alla sicurezza di tutti gli stati.

Il primo articolo scientifico ad affrontare la sociologia dei disastri, fu pubblicato nel 1920

con il titolo “Catastrophe and Social Change”: era la tesi di dottorato di Samuel Henry

Prince, un sacerdote canadese che prestò il suo aiuto nel 1917 nei soccorsi alla popolazione

di Halifax, Canada, colpita dall’esplosione di una nave francese carica di esplosivo, e per il

recupero delle vittime della tragedia del Titanic.

Successivamente alcuni ricercatori, tra cui Drabek418, Dynes419, Mileti420, Perry421,

Quarantelli422 e recentemente Alexander423, hanno sottolineato l’importanza della

vulnerabilità sociale delle popolazioni a rischio portando all’attenzione generale il fatto che i

disastri hanno sempre radici profonde, legate allo sviluppo della società, alla sua

organizzazione ed alle differenze di genere, etnia, reddito, cultura ed educazione. Dal punto

di vista dell’approccio sociologico ai disastri, lo stesso concetto di difesa è privo di effettività

e destinato al fallimento. Il catastrofico terremoto / tsunami di Tohoku 2011 (20.000 morti e

danni per 235 miliardi di dollari) ha dimostrato che le difese passive spesso non sono in

grado di difendere la popolazione da eventi di cui non è possibile prevedere la magnitudo424.

418 Drabek T. (1986). Human System Responses to Disaster: An Inventory of Sociological Findings. Springer Verlag, New York. 419 Dynes R.R. & Quarantelli E.L. (1977). The Role of Local Civil Defence in Disaster Planning. Disaster Research Center, University of Delaware, Newark, DE 420 Mileti D.S. (1999). Disasters by Design: A Reassessment of Natural Hazards in the United States. Joseph Henry, Washington, DC. 421 Perry R. (1982). The Social Psichology of Civil Defence. D.C. Heath. Lexington, MA 422 Quarantelli E. L. (1998). What Is a Disaster? Perspectives on the Question. Routledge, London. 423 Alexander D.E. (2010). The L'Aquila earthquake of 6 April 2009 and Italian Government policy on disaster response. Journal of Natural Resources Policy Research 2(4): 325-342. 424 Ad esempio i muri anti-onda [tsunami sea walls] della centrale nucleare di Fukushima Daiichi erano stati progettati per onde di 5,7 metri: sono stati colpiti da onde di 15 metri . In una località vicina sono state rilevate onde alte 24 metri, le più alte mai registrate nel mondo.

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Page 152: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Il cambiamento climatico in atto aumenta inoltre l’incertezza dei modelli matematici su cui

sono basati molti degli scenari di rischio da eventi meteoidrologici.

La necessità di ripensare le strategie nazionali e comunitarie nell’affrontare pericoli e

minacce è stata sottolineata recentemente dal Commissario Europeo alla Cooperazione

internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi [International Cooperation,

Humanitarian Aid and Crisis Response – DG ECHO], Ms. Kristalina Georgieva425:

“It would seem as if 2010 has been a particularly unlucky time. But the reality is

that the frequency and intensity of disasters is on the increase. The number of

recorded disasters has risen five-fold since 1975. World-wide, disasters affect

approximately 230 million individuals and claim an average of 85,000 lives each

year. In an average year damages are almost €70 billion or about 0,25% of

global GDP. […] We are faced with an increasingly disaster prone world and this

is something that both individuals and policy makers need to prepare for.” 426

5.4 Infrastrutture critiche e disastri tecnologici

La necessità di difendere quelle che oggi sono definite infrastrutture critiche427 era ben

presente già durante le pianificazioni di difesa civile sviluppate in tutte le nazioni durante la

Guerra Fredda428. Allora erano individuate come “corridoi strategici” o come “linee vitali”

[lifelines] ed erano intese in caso di guerra a sostenere lo sforzo militare ai confini orientali.

Attualmente il concetto si è esteso a comprendere da una parte tutte le supply chains

necessarie all’industria privata (trasporti pesanti, combustibili e materie prime, etc.) e

dall’altra ai servizi fondamentali per i cittadini (acquedotti, fognature, rete gas, rete elettrica,

rete telefonica, rete internet, etc.) ed è ben rappresentato dal concetto di sicurezza

425 Madeira, 13 October 2010: Study days of the EPP Group. 13-15 ottobre 2010. 426 L’impatto economico annuale dei disastri in Europa è stato stimato a 15 miliardi di euro (ABI, 2005; Munich Re, 2008; Swiss Re, 2009. http://media.swissre.com/documents/sigma1_2010_en.pdf). 427 Critiche perché fondamentali a mantenere intatte le strutture sociali ma anche atte a garantire la sopravvivenza nelle grandi aree urbane. 428 Vedi Blanchard (1984) per gli USA ed Egorov (1976) per l’URSS.

145

Page 153: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

funzionale429 che, ponendo al centro il fattore umano, è primariamente volto ad assicurare la

continuità efficace ed efficiente delle funzioni vitali delle società moderne a fronte di eventi

che ne possano causare interruzioni.

L’interruzione delle infrastrutture critiche rappresenta inoltre un autonomo fattore di

pericolosità, una volta chiamato rischio industriale ed oggi meglio definito come rischio

tecnologico. Le infrastrutture sono particolarmente soggette agli usuali rischi naturali: nel

caso ne siano coinvolte con l’amplificazione degli effetti distruttivi si parla di rischio

NaTech430 e di effetto “domino”.

La centralità della sicurezza delle infrastrutture è considerata anche a livello UE con il

Programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche [EPCIP] da cui è derivata

la Direttiva 114/08CE431 che definisce le infrastrutture critiche [Critical Infrastructure] quali:

those assets, systems or parts thereof located in the EU Member States which are

essential for the maintenance of vital societal functions, health, safety, security,

economic or social wellbeing of people, and the disruption or destruction of

which would have a significant impact in a Member State as a result of the failure

to maintain those functions.

Il Libro Verde presentato dalla Commissione nel 2005 indicava tra i settori critici: energia;

tecnologie di informazione e comunicazione (ICT); acqua; cibo; salute; finanza; ordine

pubblico e giudiziario, sicurezza; amministrazione civile; trasporti; industria chimica e

nucleare; spazio e ricerca. Successivamente alla Direttiva è stato varato un piano d’azione

per la difesa delle infrastrutture informatiche, che rappresenta ormai il punto di unione di

tutti gli altri sistemi e reti432.

La protezione delle infrastrutture critiche è ben presente anche a livello NATO; dal 2001 il

NAC ha incominciato a coordinare i planning groups per garantire la sicurezza delle 429 Cfr. Sundelius “Disruption – Functional security for the EU” in Missiroli (2007) 430 L’incidente alla centrale di Fukushima Daiichi a seguito del terremoto di Tohoku ne rappresenta l’icona più recente. Per maggiori dettagli: http://enatech.jrc.ec.europa.eu/431 European Commission Directive 2008/114/EC (8 December 2008) Process for the identification and designation of European Critical Infrastructure (ECI). 432 Comunicazione della Commissione 30/03/2009, COM(2009)149 Proteggere le infrastrutture critiche informatizzate: “Rafforzare la preparazione, la sicurezza e la resilienza per proteggere l’Europa dai ciberattacchi e dalle ciberperturbazioni” [Critical Information Infrastructure Protection: “Protecting Europe from large scale cyber-attacks and disruptions: enhancing preparedness, security and resilience”

146

Page 154: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

infrastrutture di interesse energetico anche in tempo di pace. A partire dal 2007, la strategia

di protezione delle infrastrutture critiche è cresciuta negli obbiettivi NATO433 fino a che è

diventata un main topic della Divisione Minacce Emergenti alla Sicurezza (vedi pag. 126 e

seguenti).

È chiaro che qualsiasi iniziativa di protezione delle infrastrutture critiche deve coinvolgere il

settore privato: le compagnie private sono prima di tutto sempre più proprietarie e/o gestrici

(del controllo) dei sistemi, sono fornitrici di beni e servizi, e sono sede di ricerche e

tecnologie innovative per la sicurezza.

Questi motivi, uniti a quelli più tradizionali legati alle limitatezze di bilancio, rendono

particolarmente necessario lo sviluppo di adeguate partnership pubblico / private. In questo

caso la cooperazione civile militare avviene per definizione, non semplicemente tra attori

“governativi”, ma in un settore esteso a tutta lo società.

Fig. 33. La strategia CIP della Repubblica Federale Tedesca

433 Per la strategia CIP della NATO vedi: http://www.nato-pa.int/default.asp?SHORTCUT=1165

147

Page 155: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

If it's stupid but works, it's not stupid

Murphy’s laws of combat

Capitolo sesto: l’integrazione

We will strive to create a fully integrated national emergency response system

that is adaptable enough to deal with any terrorist attack, no matter how unlikely

or catastrophic .... Our Federal, State, and local governments would ensure that

all response personnel and organizations—including the law enforcement,

military, emergency response, healthcare, public works, and environmental

communities—are properly equipped, trained, and exercised to respond to all

terrorist threats and attacks in the United States.

U.S. National Strategy for Homeland Security, July 2002.

Da quanto riportato nei precedenti capitoli risulta abbastanza assodata la necessità di un

cambio di prospettiva riguardo al metodo di affrontare pericoli e minacce, gestire rischi ed

emergenze, fornite soccorso ed aiuto umanitario. Il ripristino e la ricostruzione devono

anch’essi essere ovviamente visti nell’ottica del lungo periodo, e quindi favorire il recupero di

una società colpita da un evento catastrofico non semplicemente alla situazione precedente ma

ad un end state che prevenga un nuovo disastro.

L’integrazione tra le forze civile e militari a livello strategico ed operativo può essere fatta

risalire alle fasi immediatamente successive alla sconfitta della Germania durante la II

Guerra Mondiale434. Le necessità di ricostruzione e pacificazione, diversamente dalle guerre

precedenti, e la volontà di non ripetere gli errori che alla fine della I Guerra Mondiale

avevano portato al nazismo, portarono gli USA a “vincere i cuori e le menti” tedesche

mediante un sistema integrato ed allargato di governance435 ed aiuti economici allo sviluppo.

434 Vedi Dobbins et al (2008) “After the War: Nation-Building from FDR to George W. Bush”, per la descrizione dei primi Intergovernmental Committees che si occuparono della ricostruzione di Germania e Giappone. 435 NATO e CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) ne furono i primi risultati.

148

Page 156: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le competenze congiunte civili e militari sono finalmente viste in un’ottica olistica, in cui le

attività sono sincronizzate grazie al fondamentale contributo dell’ICT a partire da quanto

concettualizzato nella linea di pensiero sviluppata dal New Public Management436, per quanto

riguarda la paerte civile, ed il Comprehensive Approach per qualla militare.

Un esempio di integrazione è fornito per quanto riguarda le crisi internazionali dal modello

dei Provincial Reconstruction Team437 e per le crisi nazionali dall’organizzazione locale di

Protezione Civile sviluppata secondo il metodo “Augustus” (Centro Operativo Misto –

COM438).

6.1 Whole of government approach439

L’origine del Whole of Government Approach [WoGA] può essere fatto risalire alla Guerra

del Vietnam, in cui l’amministrazione del presidente Kennedy, tento di favorire il governo

del Vietnam del Sud con un programma di pacificazione che comprendeva una complessa

rete di aiuti allo sviluppo440.

A livello strategico furono creati dei team intergovernativi con incarichi ad hoc, che

pianificavano le attività che successivamente sviluppate sul campo da strutture civili (quale

ad es. AID – Agency for International development, poi diventata l’attuale USAID441) e

militari. Una particolarità di tali team fu la massiccia presenza di laureati di alto livello (le

“teste d’uovo”) provenienti dalle migliori università e reclutati appositamente. Insieme a loro

erano presenti ufficiali regolari distaccati, spesso dopo un master in management o logistica.

Alcuni degli effetti inattesi delle riforme ispirate dal New Public Management (eccessiva

frammentazione e assenza di coordinamento, mancati aumenti di efficienza, crescita

436 Per un’applicazione italiana vedi: Merloni (2006) “Dirigenza pubblica ed amministrazione imparziale”. Per una descizione complessiva: http://it.wikipedia.org/wiki/New_public_management437 Gauster M. (2008), Rietjens (2008), Crane et al. (2009). 438 Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_Augustus439 http://www.defense.gov/news/newsarticle.aspx?id=59377440 Per una descrizione critica vedi: Sheehan (2003), in particolare pag. 503 e segg. 441 http://www.usaid.gov/

149

Page 157: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

dell’incertezza) hanno innescato un nuovo movimento di riforma a livello globale definito

come “Post-New Public Management” caratterizzato da:

- “whole of government approach”, rafforzamento del coordinamento dal centro

- “joined up government” and “networked governance”, le amministrazioni lavorano in

rete per raggiungere obiettivi condivisi.

Fig. 36. L’ambiente operativo olistico secondo il documento Developing a Stronger EU Civil Protection Agenda (EOS Civil Protection Working Group, Settembre 2010). Applicazione in chiave europea della dottrina WoGA.

Da questi sviluppi si è definitivamente stabilizzato il nuovo WoGA, recentemente rilanciato

dal presidente Obama durante la presentazione al Congresso della National Security Strategy

2010, che rappresenta una seria rimodulazione della precedente strategia del governo Bush a

seguito delle lessons learned delle guerre in Afghanistan ed Iraq. Il Segretario di Stato

Hillary Rodham Clinton ha in seguito commentato:

150

Page 158: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

“One of our goals coming into the administration was … to begin to make the

case that defense, diplomacy and development were not separate entities, either in

substance or process, but that indeed they had to be viewed as part of an

integrated whole and that the whole of government then had to be enlisted in their

pursuit,”

La traduzione italiana di Approccio Nazionale Multi-Dimensionale è stata adottata da un

documento congiunto Ministero della Difesa – Ministero degli Esteri relativo alla gestione

delle crisi internazionali442 che rimanda alla dottrina sviluppata per il Comprehensive

Approach della NATO443. Tali concetti sono stati inseriti, con notevole enfasi, nella

pubblicazione PID/S-1 “La Dottrina Militare Italiana”444:

Metodologia di gestione delle crisi attraverso la quale si concepiscono,

pianificano e conducono missioni, in situazioni nelle quali gli sforzi

(comprendenti volontà, risorse e capacità) dei singoli Dicasteri ed agenzie

vengono coordinati e sincronizzati, sul piano nazionale e su quello multilaterale,

per il raggiungimento del risultato desiderato, considerando che i vari attori

possono essere chiamati a svolgere, anche simultaneamente ed inmaniera

integrata, le rispettive attività di combattimento, stabilizzazione, ricostruzione,

riconciliazione e supporto umanitario.

Insomma, parliamo finalmente di un approccio olistico alla gestione delle crisi, anche se il

punto di vista delle Forze Armate italiane è ancora incentrato solo sulle operazioni “fuori

area” tralasciando di prendere in considerazione le operazioni MACA445, anche se nelle

figure successive le forze armate sono viste come una componente di un “sistema paese”

adatto ad affrontare qualunque pericolo o minaccia. Curiosamente nella figura 1.6, riportata

di seguito, sono assenti sia il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e I volontari di

PC, sia il Ministero dell’interno per la parte soccorso pubblico.

442 Approccio Nazionale Multi-Dimensionale alla gestione delle crisi. Documento di riflessione congiunto Ministeri Esteri – Difesa. Edizione dicembre 2010. Versione 7.1 disponibile su: http://www.difesa.it/SMD/Staff/Reparti/III-reparto/Dottrina443 Che ha visto lo sviluppo dell’EBO [Effect Based Operations], poi dell’EBAO [Effect Based Approach to Operations] e poi del CA. Vedi Johnson, 2009 e 2010; Wendling, 2010. 444 Stato Maggiore della Difesa. Edizione 2011. Pag. 15 e segg. 445 Citate però successivamente, a pag. 29 all’interno del capitolo 2 “Compiti istituzionali delle Forze Armate”

151

Page 159: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 37. Il sistema paese nella risposta alle crisi internazionali. Da Dottrina Militare Italiana, Figura 1.6: Il contributo militare nell’ambito dell’approccio integrato.

6.2 Resilienza

La concettualizzazione del termine “resilienza” nelle scienze sociali è sostanzialmente diverso

dalla comune accezione ingegneristica. Anche la classica definizione ecologica (buncing

back) risulta inadeguata a caratterizzare i sistemi sociali complessi come quelli dei paesi

sviluppati.

Nella struttura sociale “occidentale”, che accetta una notevole compenetrazione con altri

sistemi sociali e ne risulta fortemente influenzata in particolar modo dal punto di vista

economico (base fondante della nostra società!), i principali punti di criticità sono

rappresentati dalle infrastrutture tecnologiche.

152

Page 160: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Su Wikipedia Italia446 ad oggi non esiste una definizione di “resilienza” applicata alle scienze

sociali e ancor meno nel caso di gestione crisi, emergenza o disastro (crisis, emergency and

disaster management), mentre sulla pagina in inglese447, pur essendo associata al mero

concetto ingegneristico, attraverso la ricerca delle disambiguità di può però trovarne il

significato dal punto di vista ecologico, con la citazione del lavoro di Holling (1973), che ha

per primo richiamato il concetto nel campo delle scienze ambientali, definendo il termine

“resilienza” come:

“a measure of the persistence of systems and of their ability to absorb change and

disturbances and still maintain the same relationships between populations or

state variables”448.

Questa concettualizzazione, sebbene molto datata e limitata al contesto ecologico, resta

comunque estremamente utile per la definizione della risposta della società umana (state

variabiles) agli shock determinati da crisi o disastri.

La resilienza può, in prima approssimazione, comunque essere considerata come l’opposto

della vulnerabilità, per la quale è più facile trovare una definizione condivisa:

vulnerability: the conditions determined by physical, social, economic and

environmental factors or processes, which increase the susceptibility of a

community to the impact of hazards. (UN-ISDR, 2004).

O, anche se parzialmente in contrasto, secondo l’ United Nation Development Programme

[UNDP]:

vulnerability: a human condition or process resulting from physical, social,

economic and environmental factors, which determine the likelihood and scale of

damage from the impact of a given hazard. (UNDP, 2004).

La differenza tra le due definizioni è il rapporto con il gruppo sociale considerato da UN-

ISDR (che è strettamente interessata al suo rapporto con i disastri naturali) o l’aspetto

“personale” dell’UNDP. 446 http://it.wikipedia.org/wiki/Resilienza, ultimo accesso 30/01/2012. 447 http://en.wikipedia.org/wiki/Resilience, ultimo accesso 30/01/2012. 448 La capacità di un ecosistema di assorbire i cambiamenti, ovvero la capacità di un sistema di ritornare in equilibrio dopo un’interferenza.

153

Page 161: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Un ulteriore riferimento, nel campo della protezione dei cittadini, è la campagna mondiale

UN-ISDR “Making Cities Resilient, My city is getting ready!”449, che ha l’obiettivo di

diminuire l’impatto dei disastri mediante un approccio bottom-up, scavalcando le

organizzazioni regionali o nazionali e coinvolgendo in prima persona i sindaci.

La vulnerabilità permette di effettuare confronti multi-rischio tra stati e gruppi sociali diversi,

nonché tra pericoli o minacce diverse, mediante valutazione quantitativa fornita dall’Indice di

Rischio da Disastri [Disaster Risk Index] che è direttamente legato alla vulnerabilità.

Il Disaster Risk Index misura la vulnerabilità relativa di un dato paese [country] ad un

determinato pericolo [hazard] dividendo in numero delle vittime (morti) per il numero totale

delle persone esposte. L’uso di questi parametri sottolinea la stretta correlazione tra

vulnerabilità e condizione sociale ed economica delle popolazioni.

Alcuni Autori (Mileti, 1999; Cutter, 2003,) hanno sottolineato che la vulnerabilità (ai disastri

naturali) è:

1. multi-dimensionale e differenziata (varia tra diverse aree e gruppi sociali);

2. dipendente dalla scala di analisi (temporale, spaziale e unità di misura);

3. dinamica (le caratteristiche e le cause variano nel tempo).

Per quanto riguarda il concetto di vulnerabilità sociale [social vulnerability], Cannon et al.

(2003) sottolineano che si tratta di un campo ben più ampio della definizione della possibilità

di crollo dei fabbricati o del collasso delle infrastrutture. Essi descrivono la vulnerabilità

sociale come una serie di caratteristiche che includono:

a. il benessere psico-fisico iniziale di ogni singola persona (alimentazione, salute

mentale, salute fisica);

b. qualità della vita (proprietà, stipendio, titolo di studio);

c. resilienza - qui intesa dal punto di vista economico – (capacità personali, qualifiche);

d. autoprotezione (capacità e volontà a costruire un’abitazione sicura in area priva di

pericoli);

e. protezione sociale (preparazione alle crisi e misure di mitigazione);

f. contatti sociali (possibilità di aiuto materiale ed economico. 449 www.unisdr.org/english/campaign2010-2015

154

Page 162: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Una descrizione di questi fattori, che complessivamente rappresentano un approccio olistico

al concetto di esposizione ai pericoli ed alle minacce, è ben visualizzata da un grafico

sviluppato da Birkmann, 2005 (vedi Fig. 38).

Fig. 38. I fattori caratteristici della vulnerabilità sociale. Da Birkmann, 2005.

Il termine resilienza (resilience) ha ottenuto notevole attenzione ed ha parzialmente sostituito

quello di vulnerabilità soprattutto dopo che lo Hyogo Framework for Action 2005 – 2015450

l’ha messa in relazione alla mancanza di sicurezza umana (human security), un termine molto

caro alle Nazioni Unite in quanto particolarmente adatto alle strutture sociali dei PVS ed agli

sforzi di UN per raggiungere gli Obbiettivi del Millennio [Millenium Development Goals –

MDGs]. L’approccio necessario a comprendere la resilienza di un sistema sociale deve essere,

ovviamente, olistico.

450 Piano decennale per ridurre i danni provocati dai rischi naturali adottato dai 168 Paesi che hanno partecipato alla Conferenza Mondiale sulla Riduzione dei Disastri, che si é tenuta nel gennaio 2005 a Kobe, Hyogo in Giappone: www.unisdr.org

155

Page 163: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Fig. 39. L’effetto di un sistema olistico e resiliente per la risposta alle crisi (Effective System). Da Gazzini, Booz & Company (2011).

La successiva evoluzione del concetto di resilienza ha incorporato sia i pericoli tecnologici sia

la minaccia terroristica, con particolare enfasi sulle infrastrutture critiche451 e sulla minaccia

CBRN-E. La più recente definizione è probabilmente reperibile in An Emergency

Management Framework for Canada452:

Resilience is the capacity of a system, community or society to adapt to

disturbances resulting from hazards by persevering, recuperating or changing to

451 Le analisi sulle concause del disastro causato dall’uragano Katrina, sulle misure implementate a seguito degli attentati delle Torri Gemelle, a protezione delle infrastrutture critiche americane, hanno dimostrato che tale protezione è semplicemente impossibile per l’incredibile numero di bersagli significativi; l’unica strada efficace di difesa è rappresentata da un sistema di sistemi resiliente. 452 http://www.publicsafety.gc.ca/prg/em/emfrmwrk-2011-eng.aspx, ultimo accesso 30/01/2012.

156

Page 164: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

reach and maintain an acceptable level of functioning. Resilient capacity is built

through a process of empowering citizens, responders, organizations, communities,

governments, systems and society to share the responsibility to keep hazards from

becoming disasters. Resilience minimizes vulnerability; dependence and

susceptibility by creating or strengthening social and physical capacity in the

human and built-environment to cope with, adapt to, respond to, and recover and

learn from disasters.

Parallelamente il Canada ha sviluppato una Chemical, Biological, Radiological, Nuclear and

Explosives (CBRNE) Resilience Strategy for Canada453 volta a definire linee-guida politiche

per la creazione e mantenimento di capacità di prevenzione e reazione alla minaccia CBRN-E.

Queste politiche devono essere sviluppate nel contesto di emergenze complesse mediante le

componenti classiche del ciclo dei disastri [emergency management secondo la dottrina

canadese]

a. Prevention / Mitigation;

b. Preparedness;

c. Response;

d. Recovery.

Per essere effettiva, la resilienza CBRN-E deve essere olistica, bilanciata e continuamente

aggiornata.

In particolare, un sistema di infrastrutture critiche è resiliente quando caratterizzato dalla

ridondanza, che fa sì che il fallimento di una delle componenti non provochi il collasso

dell’intero sistema.

Questa strategia rappresenta la somma di tutti i concetti che ho presentato in questo capitolo,

ed è idonea, con le opportune modifiche, ad affrontare le più disparate crisi:

- le minacce del terrorismo alle infrastrutture critiche, in particolare per quanto

riguarda la rete elettrica, la scarsità di cibo, la scarsità di acqua e di petrolio454.

453 Her Majesty the Queen in Right of Canada (2011). 454 Secondo Sir John Beddington, Chief Scientific Adviser to the UK Government, la crisi legata alla scarsità di queste risorse / servizi causerà una “perfetta tempesta globale” nel 2030: http://www.guardian.co.uk/

157

Page 165: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

- le implicazioni della rapida destabilizzazione del clima, comprese anche le

migrazioni di massa che si stima raggiungeranno i 250 milioni a metà del secolo.

- l’aumento della frequenza e delle conseguenze di eventi globali come la crisi

finanziaria del 2008 o di incidenti NaTech come Tohou / Fukushima del 2011455.

455 Black swan event, come previsto da Taleb (2007): “A black swan is a highly improbable event with three principal characteristics: it is unpredictable; it carries a massive impact; and, after the fact, we concoct an explanation that makes it appear less random, and more predictable, than it was.”.

158

Page 166: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le guerre del futuro richiederanno cose che la maggior parte dei soldati non sono preparati a fare:

vincere guerre non convenzionali e combattere battaglie fuori dal campo di battaglia

Qiao Liang & Wang Xiangsui

Capitolo settimo: chi, cosa, come, dove e perché

La protezione dei cittadini è uno degli obbiettivi fondativi dei moderni stati. Parallelamente, il

diritto alla vita di tutti gli esseri umani è un imperativo nell’azione umanitaria, che ormai è

considerata un obbligo della comunità internazionale.

La difesa civile, reazione alle due guerre mondiali della prima metà del XX secolo, fu il primo

passo organico in questa direzione, condiviso tra tutti gli stati membri delle Nazioni Unite.

Come abbiamo visto nella storia della protezione dei cittadini in Italia, il passaggio da

concezioni di pura reazione alle catastrofi ad un approccio olistico alle crisi ed ai disastri è

stata una lenta evoluzione, guidata dai fallimenti del sistema in uso.

Uno sviluppo simile è avvenuto in tutti i paesi, purtroppo generalmente a seguito degli

innumerevoli disastri che non hanno risparmiato nessuno stato456, ma anche grazie alle

concezioni innovative portate avanti dalle Nazioni Unite.

Gli esempi di organizzazioni europee ed internazionali dedicate alla protezione dei cittadini457

disegnano un quadro variegato ma convergente. I concetti sviluppati in seno alle Nazioni

Unite458, per quanto spesso non direttamente applicabili alle organizzazioni nazionali, hanno

fortemente influenzato le due principali organizzazioni regionali: EU e NATO. Le agenzie

specializzate delle Nazioni Unite, con cui collaborano le migliori università del mondo, hanno

456 Negli ultimi 10 anni sono stati registrati almeno 400 disastri all’anno, che hanno colpito una media di 200 milioni di persone (fonte: EM-DAT, UCL, Brussels, http://www.emdat.be ) 457 Un screening dei sistemi di protezione dei cittadini sviluppato per questa tesi ha incluso: Austria, Canada, Danimarca, Federazione Russa, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Islanda, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Singapore, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, 458 Soprattutto dopo l’inizio nel 2005 della campagna mondiale legata allo Hyogo Framework to Action (nata a seguito del disastroso terremoto di Kobe, 17/01/1995: http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_di_Kobe).

159

Page 167: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

rilanciato la parte teorica dell’approccio ai disastri459, ma con un occhio sempre fisso alla parte

operativa, garantita dalle organizzazioni più impegnate nella lotta sul campo a minacce e

pericoli460 per il genere umano.

Il primo obbiettivo che mi sono posto, iniziando il dottorato, era di valutare la necessità di

unificare concetti, procedure ed organizzazioni che si occupano di protezione dei cittadini e

sicurezza della popolazione in Italia. Nonostante i proclami461 che hanno caratterizzato la

passata gestione del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, lavorando all’interno del

settore mi ero reso conto che qualcosa non funzionava. Gli attriti con le prefetture, a livello

tattico-operativo, e gli scontri istituzionali a colpi di circolari e direttive462 sono stati una

costante degli ultimi 20 anni. I corsi ed i seminari che ho seguito durante il dottorato, e le

interviste condotte con rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte, mi hanno confermato

una sostanziale sovrapposizione dei ruoli, ed un progressivo abbandono dell’iniziale concetto

del ciclo dei disastri così come delineato dalla l. 225/92.

Nel corso di questa tesi ho affrontato la storia dell’evoluzione dalla difesa civile

“complemento della difesa militare” della Guerra Fredda al sistema misto in vigore

attualmente, e ne ho descritto l’organizzazione in quattro paesi appartenenti all’Unione

Europea e in due esterni ad essa. La teoria delle organizzazioni, e nel dettaglio specifico delle

organizzazioni di protezione dei cittadini Cécile Wendling nella sua tesi di dottorato463,

offrono una eccellente spiegazione della deriva per cui l’Italia non riesce ad adeguare la sua

organizzazione di gestione delle emergenze e dei disastri.

459 Con un posto di ricerca di primo piano da parte dell’Istituto per la Sicurezza Umana e dell’Ambiente dell’Università delle Nazioni Unite UNU-EHS http://www.ehs.unu.edu/460 Tra gli altri, per gli argomenti di interesse in questa tesi: DPKO (peacekeeping), UNOCHA (coordinamento umanitario), UNICRI (terrorismo e WMD), UNISDR (disastri naturali), FAO (carestie), WHO (pandemie), UNEP (protezione dell’ambiente), UNESCO (ricerca). 461 Vedi ad es. la presentazione di Agostino Miozzo al 3rd Civil Protection Forum (Brussel, 25-26/117200) incentrata sull’intervento a seguito del terremoto dell’Aquila e comparala con il recente Rapporto OSCE sull’attuazione della ricostruzione a tre anni dal sisma (http://www.oecd.org/). 462 Circolare 30 settembre 2002, n.5114 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile: Ripartizione delle competenze amministrative in materia di protezione civile. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 maggio 2010 Organizzazione nazionale per la gestione di crisi. Ministero dell’Interno - Gabinetto del Ministro, Circolare 8 novembre 2011 n. 14520/134 Situazioni di emergenza connesse a fenomeni idrogeologici. 463 The European Union Response to Emergencies: a Sociological Neo-Institutionalist Approach (2009).

160

Page 168: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Questo lavoro non ha la finalità di essere esaustivo, poiché si basa essenzialmente su

un’analisi comparata di soli sei stati, ma vuole fornire, in un contesto in forte evoluzione e in

assenza di ricerche e statistiche dettagliate, un quadro gli aspetti concettuali della difesa dei

cittadini e delle organizzazioni nazionali incaricate di svolgerla.

Ho cercato di trovare un compromesso fra lo studio teorico dei modelli proposti dai vari stati

ed un approccio “boots on the ground”, più consono al mio normale lavoro464, basato su

interviste di key leaders e di personale operativo. Quando possibile, data l’assenza di una

struttura istituzionale a cui fare riferimento, ho partecipato a esercitazioni sia table top sia full

scale, per toccare con mano l’operatività delle varie realtà europee.

Il secondo obbiettivo era di valutare la possibilità concreta di realizzare tale trasformazione. E

la sfida di proporre una modifica della Costituzione e delle principali fonti normative

primarie, è risultata la più lineare e la semplice dal punto di vista della proposta di una riforma

progressiva.

Le difficoltà maggiori nello sviluppare una complessiva riforma di un settore così trasversale

dell’organizzazione statale, regionale, provinciale e comunale, è data dalle rendite di

posizione. La storia dell’evoluzione della difesa civile insegna che, ovunque nel mondo, solo i

grandi disastri portano ad un’evoluzione del sistema. Gli esempi più conosciuti provengono

dagli Stati Uniti: 9/11 e Katrina hanno, nel giro di quattro anni, rivoluzionato completamente

il sistema di Sicurezza Nazionale465 e di Emergency Management.

7.1 Gestione delle crisi, delle emergenze e dei disastri

L’evoluzione della guerra dal punto di vista geografico466 (campo di battaglia puntuale,

lineare, areale) mostra molte analogie con la trasformazione del concetto di protezione del

cittadino (approccio lineare, circolare, reticolare) richiedendo un nuovo tipo di approccio alla

sicurezza nazionale e locale (definite congiuntamente dalla human security).

464 Funzionario tecnico (geologo) della Regione Piemonte e della Provincia di Savona, advisor della Città di Varazze per la campagna mondiale UNISDR “Make your city resilient!”, collaboratore del centro di ricerca interdipartimentale dell’Università di Torino “Natrisk” e del laboratorio di geomatica “geoSITlab”. 465 Con la nascita del Department of Homeland Security [DHS], vedi ad es. Shapiro (2008). 466 Cucchini R. (2006), La geografia militare dopo la guerra fredda.

161

Page 169: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Gestione delle crisi, soccorso umanitario, aiuto allo sviluppo, cooperazione civile – militare,

difesa civile, protezione delle infrastrutture critiche, protezione civile: otto termini che a

livello internazionale hanno ormai significati convergenti, ma che in Italia sono gestiti

disorganicamente. E non voglio dire che debbano essere tutti gestiti dalla stessa

organizzazione: sono la vista d’insieme ed una strategia comune quello di cui si sente la

mancanza.

Un analogo discorso vale per minacce, rischi e crisi. L’approccio “comprensivo” od olistico

[all-hazard / WoGA] ormai domina tutte le organizzazioni nazionali di protezione dei

cittadini. Non in Italia.

Fig. 40. L’approccio integrato alle crisi. Da Raj Rana – ICRC (lesson at CEP course, 2010).

Il tema è simile a quello degli innumerevoli corpi di polizia presenti nel nostro Paese. Una

facile similitudine si può trovare nella differenziazione tra Pubblica Sicurezza (che

inizialmente doveva garantire l’ordine pubblico nelle città) e Carabinieri (a cui erano affidate

162

Page 170: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

le campagne), che trovò fasi alterne a partire dalla fine dell’ottocento, con il fascismo, nel

dopoguerra e con l’era De Lorenzo467, ed infine ha finito per scomparire completamente.

Analogamente la difesa civile doveva difendere i cittadini dai bombardamenti aerei e la

protezione civile dai disastri naturali. Poi la Protezione Civile ha iniziato ad occuparsi di

“grandi opere” e il Ministero dell’Interno di infrastrutture critiche. La protezione civile è

materia costituzionalmente concorrente ma sono le Prefetture si occupano dell’allerta e del

soccorso.

Nessun altro paese, tra quelli considerati in questo lavoro, mantiene distinte queste

competenze o prevede due organizzazioni parallele.

Peggio ancora, l’Italia ha abbandonato le politiche di prevenzione ed il supporto ai comuni

nelle fasi post-disastro. Il miglior esempio (o sarebbe meglio dire peggiore) di questo

fallimento è stata la gestione del rischio terremoto all’Aquila. La fase di soccorso è stata

ovviamente encomiabile: i VVF come sempre si sono prodigati nei primi soccorsi, insieme ai

volontari accorsi da tutta Italia.

La prevenzione è stata carente, demandata alle regione non ha visto alcun supporto da parte

delle strutture centrali né meccanismi di controllo e verifica delle procedure in atto durante il

lungo sciame sismico precedente la scossa delle 3:32 del 6 aprile 2009.

La ricostruzione ha mostrato il completo fallimento del sistema. Dopo tre anni il centro

storico continua ad essere inabitabile con pesanti ripercussioni economiche e sociali sugli

abitanti468.

Nazioni Unite, Unione Europea e NATO offrono tre esempi diversi di organizzazione che,

anche se non possono essere ripresi a livello nazionale o regionale, forniscono però modelli

concettuali ed organizzativi all’avanguardia.

Come abbiamo visto, le Nazioni Unite affrontano tutti i rischi e le minacce che possono

colpire gli esseri umani. UNOCHA si occupa di coordinare gli interventi umanitari di risposta

ai disastri: le altre organizzazioni internazionali, nonché organizzazioni non governative e 467 http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_De_Lorenzo468 In particolare su anziani e bambini: una ricerca condotta dall’Università dell’Aquila riporta il 73% dei bambini soggetti problemi psicopatologici ed il 3% malato di Post Traumatic Stress Disorder [PTSD]. Vedi: http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/index.html?pg=1&idart=5587&idcat=3. I problemi post traumatici nelle fasi successive ai disastri sono spesso sottovalutati od ignorati, il caso – scuola più studiato è quello dell’attacco terroristico alla complesso scolastico di Beslan (Ossezia del Nord, 1-3 settembre 2004) che ha causato 334 morti e circa 500 feriti, lasciando problemi psichiatrici in oltre 300 bambini e PTSD in 58, il 10% dei sopravvissuti (Scrimin et al., 2011).

163

Page 171: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

singoli stati forniscono gli asset di soccorso e ricostruzione. Il paragone più calzante è in

effetti con il concetto base che dovrebbe guidare la Protezione Civile italiana: un piccolo

centro di coordinamento ed una moltitudine di attori direttamente operativi sul terreno.

L’EU invece, nata come organizzazione regolatrice del commercio, ha progressivamente

espanso le sue attività, a partire dal coordinamento del soccorso a seguito di disastri naturali

[MIC] fino alla realizzazione di un vero e proprio comando militare e la capacità di

comandare gli asset di forza armata messi a disposizione dai governi e, in un prossimo futuro,

le forze paramilitari di polizia [constabulary]469.

La NATO, nata come organizzazione puramente militare e difensiva, si è evoluta (o

modificata) fino a diventare un attore internazionale in grado di proiettare forze armate ed

interventi per la stabilizzazione delle aree di crisi. Con il nuovo Concetto Strategico,

approvato a Lisbona nel 2010, la NATO ha aumentato l’importanza della sua componente

civile, che era nata per il solo supporto delle operazioni militari in caso di guerra terrestre in

Europa. L’international staff affronta le sfide della sicurezza del XXI secolo con un nuovo

ufficio chiamato Emerging Security Challenges Division470.

Ambedue quest’ultime organizzazioni si presentano nel campo della “sicurezza” ormai più

simili che complementari: le due sale crisi, EARDCC e MIC condividono la stessa mission:

gestire e coordinare la risposta a crisi umanitarie, attacchi terroristici, incidenti tecnologici e

disastri naturali.

Dal punto di vista terminologico è necessario condividere a livello nazionale il significato dei

tre termini utilizzati a livello internazionale, ma complessivamente evitati in Italia:

⇒ crisis management,

⇒ emergency management,

⇒ disaster management,

e decidere come integrarli o sostituirli ai due termini usati oggi in Italia, protezione civile e

difesa civile.

469 Prüm Decision: Council Decision 2008/617/JHA of 23 June 2008 on the improvement of cooperation between the special intervention units of the Member States of the European Union in crisis situations. 470 Per una disamina delle minacce emergenti: http://www.nato.int/docu/review/topics/EN/emerging-security-challenges.htm

164

Page 172: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Da quanto detto nei precedenti capitoli ritengo il termine difesa civile totalmente superato,

concettualmente e operativamente. L’approccio all-hazard, l’unicità della risposta, la

difficoltà di distinguere un incidente NaTech da un attentato terroristico CBRN-E, rendono

inutile e dannoso l’attuale assetto organizzativo.

Per quanto riguarda il termine protezione civile, il discorso è analogo ma basato sulla

necessità di superare l’approccio centralista, ancora presente nelle nostre istituzioni,

nonostante le recenti prese di posizione dell’attuale Capo Dipartimento Nazionale della

Protezione Civile471.

Lo sviluppo delle procedure WoGA e del concetto di resilienza, fanno privilegiare la scelta

della “gestione delle crisi”: se correttamente affrontato e ben gestito, un evento

potenzialmente disastroso non si evolverà in catastrofe né danneggerà significativamente una

comunità.

7.2 Cooperazione Civile – Militare

L’importanza dell’integrazione degli strumenti civile e militare in caso di crisi è cresciuta

parallelamente a due concomitanti linee di evoluzione dei rapporti internazionali.

L’introduzione del principio del diritto d’intervento umanitario, anche all’interno di singoli

stati in assenza di guerra civile, e il progressivo coinvolgimento di percentuali sempre

maggiori di civili negli scontri armati inter-statuali o inter-etnici. L’impatto del “vincere i

cuori e le menti” non più del nemico, ma della maggior parte degli attori coinvolti sul

terreno, ha ricevuto sempre maggior attenzione dei politici, dei pianificatori e dei media.

Sia l’esempio di collaborazione fornito da UN, EU e NATO nei più recenti interventi

umanitari, sia le attività in corso in Afghanistan, dove Nazioni Unite, NATO ed

organizzazioni non governative cooperano per la stabilizzazione dell’area [end state],

dimostrano senza ombra di dubbio la mutua necessità di un’integrazione sempre maggiore

dei due fattori delle relazioni internazionali.

471 Comunicazione di Franco Gabrielli alla sessione “Science meets Practice - How can Science Contribute to Risk Reduction, Disaster Management and Climate Change Adaptation?” Global Platform for Disaster Risk Reduction 2011. Press release a seguito degli eventi alluvionali ottobre – novembre 2011 e delle nevicate eccezionali del febbraio 2012.

165

Page 173: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Le definizioni di cooperazione / coordinamento civile militare restano però distanti.

United Nations Humanitarian Civil Military Coordination (UNCMCoord Officer Field

Handbook, 2008):

The essential dialogue and interaction between civilian and military actors in

humanitarian emergencies necessary to protect and promote humanitarian

principles, avoid competition, minimize inconsistency, and when appropriate

pursue common goals. The key elements are information sharing, task division,

and planning. Basic strategies range from coexistence to cooperation.

Coordination is a shared responsibility facilitated by liaison and common

training

CIMIC in EU-led CMO (September 2002):

Civil-Military Co-operation [CIMIC] is the co-ordination and co-operation, in

support of the mission, between military components of EU-led Crisis

Management Operations and civil actors (external to the EU), including national

population and local authorities, as well as international, national and

nongovernmental organisations and agencies.

CIMIC NATO (AJP-9, March 2001):

The co-ordination and co-operation, in support of the mission, between the NATO

Commander and civil actors, including national populations and local

authorities, as well as international, national and non-governmental

organisations and agencies.

COCIM Italian Army:

il complesso delle determinazioni, dei provvedimenti adottati e delle attività

svolte da tutte le forze civili e militari per compensare reciprocamente le proprie

capacità operative allo scopo di prevenire e fronteggiare, mettendo in comune

forze e mezzi necessari, stati di emergenza o di crisi, sia in pace che in guerra.

166

Page 174: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

D’altronde la difesa civile era nata completamente integrata nello strumento militare, per

salvaguardare con mezzi principalmente civili, la popolazione civile minacciata dai militari.

Solo in questo campo l’analisi delle organizzazioni effettuata al capitolo 1 mostra

significative differenze. Che non sono però giustificate da motivazioni di migliore

organizzazione ma, anzi, sono legate unicamente alla storia politica dei rispettivi paesi.

Da questo punto di vista, la Svizzera rappresenta l’esempio più interessante: i cittadini

prestano a scelta servizio militare, civile o di protezione civile. E possono essere

indifferentemente impiegati o richiamati in funzione delle necessità.

Concettualmente superiore è la soluzione della Svezia: la Difesa Totale [Totalförsvarets].

Tutte le competenze di security e di safety dei cittadini (escluse quindi le sole competenze

law and order) sono riunite presso il Ministero della difesa, che in questo caso non è

incaricato della difesa dello stato o del territorio, ma dei cittadini.

Qui il concetto stesso di cooperazione civile – militare tende a sfumare verso una vera e

propria integrazione delle forze, con la possibilità di costruire ed utilizzare l’asset ottimale

per rispondere ad una particolare minaccia. Ovviamente questo concetto è impercorribile per

la storia e la situazione politica italiana attuale, ma sembrerebbe la corretta evoluzione per

affrontare gli scenari attesi dal 2020.

Quanto può essere efficace l’integrazione civile-militare all’interno dei sistemi di protezione

dei cittadini esistenti?

Fino a che la cooperazione avviene soltanto a livello tattico, affidandosi alle personalità di un

ufficiale dell’esercito e di un funzionario della protezione civile, le possibilità di reale

integrazione sono basse, l’integrazione bottom-up è fragile ed episodica, visto che dipende

largamente dalle personalità degli attori coinvolti ed ha un carattere organizzativo poco

longevo.472

D’altronde, l’integrazione up-down presuppone la formazione congiunta di personale civile di

pronto intervento e di personale militare opportunamente addestrato a lavorare agli ordini di

civili: questo è il principale limite, il limite culturale che impedisce di considerare possibile

472 Cfr. Rietjens, Civil – Military Cooperation in response to a complex emergeny: just another drill? (2006); Renna, Il fronte civile - militare (2008); Wendling, The comprehensive approach to civil-military crisis management. a critical analysis and perspective (2010).

167

Page 175: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

una catena di comando e controllo mista. Insomma un’organizzazione joint e combined473

perfettamente analoga a quella necessaria ad un’operazione law and order di Carabinieri e

Polizia agli ordini del Questore. La necessità di un giusto mix tra le funzioni di

coordinamento e di comando & controllo è stata più volte sottolineata a seguito degli attentati

dell’9/11474, in cui la risposta ha mostrato grande coesione sociale (classica dei disastri

naturali) ma anche lo sviluppo di aspetti conflittuali tra livelli di governo e cittadini / governo

(classica delle crisi sociali)475.

E questo ci porta all’ultimo obbiettivo della tesi: la necessità di individuare una figura in

grado di dirigere efficacemente le operazioni di soccorso e ricostruzione476, mantenendo fermo

l’obbiettivo di lungo periodo basato su prevenzione e previsione, necessario a ridurre

significativamente la ricorrenza dei disastri od impedire le crisi a lento sviluppo.

7.3 Riforma costituzionale, legislazione nazionale e normativa regionale

La tutela della pubblica sicurezza è stata sempre considerata nel nostro ordinamento come

una funzione di esclusiva competenza dello Stato, restando tale anche nel processo di

decentramento culminato nella riforma del titolo V della Costituzione.

Il nuovo art. 117 della Costituzione, riporta l’ordine e la sicurezza pubblica nell’elenco delle

materie assoggettate alla legislazione esclusiva dello Stato, e tale nozione assume quindi un

ruolo assoluto confine tra la competenza legislativa dello Stato e quella delle Regioni nel

campo della protezione dei cittadini (difesa civile / protezione civile).

473 Il modello Inglese rappresenta un’ottima soluzione dal punto di vista della linearità delle figure di comando; resta da vedere quanto è attuabile in un contesto federale. 474 Vedi Peek & Sutton (2003): “In order to coordinate multi-agency responses effectively, local, state and federal-level agencies within various branches of emergency-management, law-enforcement and national-security inter-organisational ties must be strengthened, greater levels of communication developed and investments made in ‘cultural interoperability.” 475 Vedi Quarantelli (1993) e Alexander (2002) per un’analisi approfondita della risposta sociale a disastri naturali / crisi sociali. 476 Un’interessante analisi delle possibilità di integrazione civile – militare è riportata nel fondamentale rapporto di Michel Barnier (già Ministro degli esteri francese e componente della Commissione Europea) al Presidente dell’Unione Europea Barroso: For a European civil protection force: europe aid (2006).

168

Page 176: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

Malgrado i numerosi interventi della Corte Costituzionale477, tendenti a circoscrivere la

nozione di ordine e sicurezza pubblica, resta aperta la potenziale trasversalità degli interessi

sottesi alla sicurezza pubblica, riguardo una serie di materie attribuite alla competenza

regionale quali, ad esempio, la tutela della salute, la tutela dell’ambiente, il governo del

territorio, la protezione civile.

Nelle pagine che seguono presenterò una serie di modifiche legislative puntuali e limitate, in

grado però di stravolgere il campo della protezione dei cittadini, aprendo la strada ad una

completa revisione dell’organizzazione multilivello che dovrà affrontare la molteplicità di

pericoli e minacce del prossimo futuro.

Il primo punto da affrontare per il superamento del concetto di difesa civile è una riforma

costituzionale o, in alternativa, un intervento legislativo forte che chiarisca (di fatto

ampliandolo) il concetto di protezione civile. Un eventuale positivo vaglio della Corte

Costituzionale rappresenta l’unica possibile validazione indiretta dei nuovi concetti.

L’accentramento di tutte le competenze sulla gestione di crisi, emergenze e disastri478 presso

la Presidenza del Consiglio dei Ministri è la soluzione che permette, parallelamente, di

scorporare le attività operative a favore delle regioni, attuando finalmente i disposti del citato

art. 117 Costituzione.

Contemporaneamente è fondamentale raggiungere il trasferimento del personale del Corpo

Nazionale dei Vigili del Fuoco alle Regioni, al fine di aumentare il coinvolgimento dei livelli

di governo locale garantendone contemporaneamente le capacità di soccorso e la resilienza.

La realizzabilità di tale trasferimento è dimostrata dalla piena operatività dei Corpi

Regionali: Val d’Aosta e Trentino - Alto Adige non solo sono pienamente operativi, alla pari

delle unità di VV.F. delle altre regioni, ma garantiscono una piena integrazione tra i livelli

amministrativo ed operativo della Protezione Civile / Difesa Civile.

Il passo successivo è la risoluzione degli incatastamenti lungo la catena di comando (o di

coordinamento?). L’esempio del sistema canadese, che prevede a fianco del Sindaco [mayor]

477 Vedi le sentenze della Corte Costituzionale n. 497/2002; n. 6/2004; n. 162/2004. 478 Una vera unità di crisi, non limitata ai disastri naturali come attualmente SISTEMA, ma estesa ad ogni possibile scenario.

169

Page 177: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

o del Presidente della Provincia [premier] la presenza di uno specialista di gestione delle

emergenze479 è perfettamente esportabile via legge ordinaria di modifica della l. 225/1992 e

del d.lgs. 267/2000480. Le competenze, in particolare nel caso di gravi crisi o disastri, non

s’improvvisano e, soprattutto, molti Sindaci tendono a trascurare per motivi di politica “a

breve termine” [short-term politics] le fasi di prevenzione e a sopravvalutare le fasi di

ricostruzione, fallendo comunque lo sfruttamento della finestra di opportunità che segue gli

eventi catastrofici per promuovere normative e comportamenti più “resilienti”.

Fondamentale in questo sviluppo è la definizione della persona umana come punto focale

dell’azione di difesa civile/protezione civile.

Questi obbiettivi possono essere raggiunti con un’integrale riscrittura della legge 225/1992 e,

a cascata, delle relative leggi regionali.

Quello che manca insomma è una Grand Strategy per la prevenzione delle minacce e dei

pericoli ed una Emergency Management Agency unica, che si occupi a livello nazionale della

risposta a qualunque situazione di crisi, di emergenza o di disastro, demandando ad una

struttura regionale la prevenzione e la risposta agli eventi locali.

Per riassumere, gli obbiettivi cardine della proposta di integrazione degli asset di difesa

civile e delle Forze Armate, sono:

il superamento della dicotomia difesa civile → protezione civile;

l’assorbimento della Cooperazione Civile - Militare nell’approccio WoGA;

il passaggio ad una visione olistica [joint and combined] della struttura direttiva,

Coordinamento + Comando e Controllo a seconda della tipologia di disastro e dei

livelli di governo coinvolti;

un approccio complessivamente basato sul concetto di crisi, e quindi sulla

prevenzione degli inevitabili eventi dannosi e la gestione delle fasi di criticità;

l’introduzione dei concetti di resilienza e di conseguenze, che sottintendono

l’inevitabilità degli eventi e dei relativi danni o perdite di vite umane;

479 Certificated Emergency Manager [CEM] che in Italia ha assunto il nome di DiMa (disaster manager) ma non ha mai ottenuto vere deleghe operative.raggiunto 480 D.lgs 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.

170

Page 178: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l’integrazione della catena di comando militare in quella civile, con la creazione di un

Ufficio Regionale di Cooperazione incardinato nella sala crisi delle Regioni.

gestione

dell’emergenza COMANDO E CONTROLLO

e delle conseguenze informazione in tempo reale < gestione delle crisi e dei disastri >

resilienza COORDINAMENTO

< prevenzione delle crisi e dei disastri > comunicazione partecipata Fig. 41. L’approccio dinamico alle crisi.

Proposta di modifica normativa

3 livelli di governo Stato / Regioni / Comuni

1 organizzazione leader Vigili del Fuoco

integrazione delle forze Ufficio Regionale armate di Cooperazione Fig. 42. Riassunto delle modifiche necessarie ad avviare la riforma, riportata di seguito in Appendice 1.

In conclusione voglio ricordare la più importante degli insegnamenti impartiti dalle recenti

crisi internazionali e dai disastri naturali ed umanitari: per vincere le guerre del futuro ci sarà

bisogno dei civili481 e per affrontare i disastri che non possiamo anticipare ci sarà bisogno di

militari482.

E allora iniziamo a discuterne!

481 David Galula (1964) “Counterinsurgency Warfare Theory and Practice”: A revolutionary war is 20 per cent military action and 80 per cent political (cit. in Kilcullen, 2007). 482 Cfr. APC-MADRO, 2007.

171

Page 179: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

APPENDICE 1

172

Page 180: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

in dettaglio: la legislazione esclusiva

… d) difesa militare e Forze armate;

sicurezza dello Stato della Repubblica;

armi, munizioni ed esplosivi;

… h) ordine pubblico e sicurezza, ad

esclusione della polizia amministrativa

locale; …

l’inserimento del vocabolo militarerestringe la possibilità di “impiegocinetico” della forza militare allasola entità statale, lasciando peròaperta la possibilità di specificareforme di “difesa civile” [servizio“civile”, “difesa non armata”] l’utilizzo del termine Repubblicainvece di Stato sottolinea lacompetenza trasversale statalenella tematica della “sicurezzaesterna” [homeland security] l’eliminazione del termine sicurezzanel comma h) limita l’interventodello Stato nella “sicurezza interna”a favore di un maggiorcoinvolgimento delle comunità

locali

173

Page 181: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

in dettaglio: la legislazione esclusiva

protezione civile è eliminato poichévetusto (non adeguato apromuovere il coinvolgimento deicittadini) servizi di emergenza attribuisce lacompentenza del soccorsopubblico alle regioni, trasferendo difatto il CNVVF ad un’agenziaindipendente o alle Regioni stesse(con coordinamento statale) gestione delle crisi indica lacompetenza concorrente nellatematica della sicurezza interna riduzione del rischio di disastricoinvolge totalmente regioni ed entilocali nello sviluppo delle politiche

di resilienza

… protezione civile servizi di

emergenza; gestione delle crisi e

riduzione del rischio di disastri;

governo del territorio; porti e

aeroporti civili; grandi reti di

174

Page 182: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

d.lgs. 66/2010 ordinamento militare

vigente proposta di modifica

Art. 89

Compiti delle Forze armate

1. Compito prioritario delle Forze armate

è la difesa dello Stato.

2. Le Forze armate hanno altresì il

compito di operare al fine della

realizzazione della pace e della sicurezza

… .

3. Le Forze armate concorrono alla

salvaguardia delle libere istituzioni e

svolgono compiti specifici in circostanze

di pubblica calamità e in altri casi di

straordinaria necessità e urgenza.

4. In caso di conflitti armati e nel corso

delle operazioni di mantenimento e

ristabilimento della pace e della sicurezza

internazionale ...

Art. 89

Compiti delle Forze armate

1. Compito prioritario delle Forze armate

è sono la difesa dello Stato della

Repubblica ed il soccorso ad i suoi

cittadini in caso di disastri.

2. ...

3. Le Forze armate concorrono alla

salvaguardia delle libere istituzioni e

svolgono compiti specifici in circostanze

di pubblica calamità e in altri casi di

straordinaria necessità e urgenza .

4. ...

175

Page 183: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

d.lgs. 112/1998 bassanini bis

vigente proposta di modifica Capo VIII - PROTEZIONE CIVILE

Art. 107 - Funzioni mantenute allo Stato

… f) alle funzioni operative riguardanti:

… 3) il soccorso tecnico urgente, la

prevenzione e lo spegnimento con mezzi

aerei degli incendi boschivi;

Art. 108 - Funzioni conferite alle regioni e

agli enti locali

… a) sono attribuite alle regioni le

funzioni relative:

… 2. all’attuazione di interventi urgenti in

caso di crisi determinata dal verificarsi o

dall’imminenza di eventi di cui

all’articolo 2, comma 1, lettera b) della

legge 24 febbraio 1992, n. 225, avvalendosi

anche del Corpo Nazionale dei Vigili del

Fuoco …

Art. 107 - Funzioni mantenute allo Stato

3) il coordinamento del soccorso tecnico

urgente, la prevenzione e dello

spegnimento con mezzi aerei degli

incendi boschivi;

3bis) l’impiego e la direzione del

personale militare impegnato nel

soccorso.

Art. 108 - Funzioni conferite alle regioni e

agli enti locali

… 2. alla direzione operativa delle

operazioni di soccorso avvalendosi del

Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco,

all’attuazione di interventi urgenti in caso

di crisi determinata dal verificarsi o

dall’imminenza di eventi di cui

all’articolo 2, comma 1, lettera b) della

legge 24 febbraio 1992, n. 225, avvalendosi

anche, tramite l’ufficio regionale di

cooperazione, delle Forze Armate …

176

Page 184: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

d.lgs. 300/1999 – art. 14

vigente proposta di modifica Capo II Il ministero dell'interno – art. 14

1. Al Ministero dell'interno sono attribuite

le funzioni e i compiti spettanti allo Stato

in materia di: garanzia della regolare

costituzione e del funzionamento degli

organi degli enti locali e funzioni statali

esercitate dagli enti locali, tutela

dell'ordine e della sicurezza pubblica,

difesa civile, protezione civile e

prevenzione incendi, salve le specifiche

competenze in materia del Presidente del

Consiglio dei Ministri, tutela dei diritti

civili, cittadinanza, immigrazione, asilo e

soccorso pubblico.

3. Il ministero svolge attraverso il corpo

nazionale dei vigili del fuoco anche gli

altri compiti ad esso assegnato dalla

normativa vigente.

Capo II Il ministero dell'interno – art. 14

1. Al Ministero dell'interno sono attribuite

le funzioni e i compiti spettanti allo Stato

in materia di: …, tutela dell'ordine e della

sicurezza pubblica, difesa civile,

protezione civile e prevenzione incendi,

salve le specifiche competenze in materia

del Presidente del Consiglio dei Ministri,

tutela dei diritti civili, cittadinanza,

immigrazione, asilo e concorso nel

soccorso pubblico.

3. Il ministero svolge attraverso il corpo

nazionale dei vigili del fuoco anche gli

altri compiti ad esso assegnato dalla

normativa vigente.

177

Page 185: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

d.lgs. 300/1999 – art. 20

vigente proposta di modifica

Capo IV Il ministero della difesa – art. 20

1. Al ministero della difesa sono attribuite

le funzioni e i compiti spettanti allo Stato

in materia di difesa e sicurezza militare

dello Stato, concorso nel soccorso

pubblico, politica militare e

partecipazione a missioni a supporto

della pace, …

2. …area tecnico operativa: difesa e

sicurezza dello Stato, del territorio

nazionale e delle vie di comunicazione

marittime ed aeree, … interventi di tutela

ambientale, concorso nelle attività di

soccorso pubblico protezione civile su

disposizione del Presidente del Consiglio

dei Ministri ed in cooperazione con le

Regioni, concorso alla salvaguardia delle

libere istituzioni ed il bene della

collettività nazionale nei casi di

pubbliche calamità disastri;

Capo IV Il ministero della difesa – art. 20

1. Al ministero della difesa sono attribuite

le funzioni e i compiti spettanti allo Stato

in materia di difesa e sicurezza militare

dello Stato, politica militare e

partecipazione a missioni a supporto

della pace, partecipazione ad organismi

internazionali di settore, pianificazione

generale e operativa delle forze armate e

interforze, pianificazione relativa all'area

industriale di interesse della difesa.

2. …area tecnico operativa: difesa e

sicurezza dello Stato, del territorio

nazionale e delle vie di comunicazione

marittime ed aeree, … interventi di tutela

ambientale, concorso nelle attività di

protezione civile su disposizione del

Governo, concorso alla salvaguardia delle

libere istituzioni ed il bene della

collettività nazionale nei casi di

pubbliche calamità;

178

Page 186: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l. 225/1992 – art. 1

vigente proposta di modifica Art. 1 Servizio nazionale della protezione

civile

1. È istituito il Servizio nazionale della

protezione civile al fine di tutelare la

integrità della vita, i beni, gli

insediamenti e l’ambiente dai danni o dal

pericolo di danni derivanti da calamità

naturali, da catastrofi e da altri eventi

calamitosi.

Art. 1 Servizio nazionale della protezione

civile di gestione delle emergenze e dei

disastri

1. È istituito il Servizio nazionale della

protezione civile di gestione delle

emergenze e dei disastri al fine di tutelare

l’integrità della vita e i beni, gli

insediamenti e l’ambiente dai danni o dal

pericolo di danni derivanti da calamità

naturali, da catastrofi e da altri eventi

calamitosi la sicurezza umana dal rischio

correlato a disastri naturali, antropici e

sociali, e di promuovere la resilienza della

Repubblica Italiana e delle comunità che

la compongono, rispetto agli eventi di cui

all’art. 2.

179

Page 187: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l. 225/1992 – art. 2

vigente proposta di modifica Art. 2 Tipologia degli eventi ed ambiti di

competenze

1. Ai fini dell’attività di protezione civile

gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l’attività

dell’uomo che possono essere

fronteggiati mediante interventi attuabili

dai singoli enti e amministrazioni

competenti in via ordinaria;

b) eventi naturali o connessi con l’attività

dell’uomo che per loro natura ed

estensione comportano l’intervento

coordinato di più enti o amministrazioni

competenti in via ordinaria;

c) calamità naturali, catastrofi o altri

eventi che, per intensità ed estensione,

debbono essere fronteggiati con mezzi e

poteri straordinari.

Art. 2 …

a) eventi naturali o connessi con l’attività

dell’uomo emergenze e disastri che

possono essere fronteggiati mediante

interventi attuabili dai singoli enti e

amministrazioni competenti in via

ordinaria;

b) eventi naturali o connessi con l’attività

dell’uomo emergenze e disastri che per

loro natura ed estensione comportano

l’intervento coordinato di più enti o

amministrazioni competenti in via

ordinaria, coordinati o diretti dalle

Regioni;

c) calamità naturali emergenze, disastri,

catastrofi o altri eventi che, per intensità

ed estensione, debbono essere

fronteggiati con mezzi e poteri

straordinari, coordinati o diretti dal

Presidente del Consiglio dei Ministri.

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Page 188: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l. 225/1992 – art. 11 e 14

vigente proposta di modifica Art. 11 Strutture operative nazionali del

Servizio

1. Costituiscono strutture operative

nazionali del Servizio nazionale della

protezione civile:

a) il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco

quale componente fondamentale della

protezione civile;

b) le Forze Armate;

Articolo 14 Competenze del prefetto

Art. 11 Strutture operative nazionali del

Servizio

1. Costituiscono strutture operative

nazionali del Servizio nazionale della

protezione civile di gestione delle

emergenze e dei disastri:

a) il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco

quale componente fondamentale della

protezione civile per la gestione delle

emergenze ed il soccorso tecnico urgente;

b) le Forze Armate quando impegnate

per il soccorso pubblico alla dipendenze

della Presidenza del Consiglio dei

Ministri ed in cooperazione con le

Regioni;

Articolo 14 Competenze del prefetto

181

Page 189: Lanfranco (2012) La difesa civile nel XXI secolo

l. 225/1992 – art. 12

vigente proposta di modifica

1. Le regioni - … - partecipano

all’organizzazione e all’attuazione delle

attività di protezione civile indicate

nell’articolo 3, assicurando, …, lo

svolgimento delle attività di protezione

civile il supporto agli enti od

amministrazioni interessati da eventi di

tipo a) e coordinando o dirigendo le

attività di gestione delle emergenze e di

soccorso pubblico in caso di eventi di

tipo b).

4. Le disposizioni contenute nella

presente legge costituiscono principi

della legislazione statale in materia di

attività regionale di previsione,

prevenzione gestione delle emergenze,

soccorso pubblico e riduzione del rischio

da disastri di protezione civile, cui

dovranno conformarsi le leggi regionali in

materia.

Art. 12 Competenze delle regioni

1. Le regioni - … - partecipano

all’organizzazione e all’attuazione delle

attività di protezione civile indicate

nell’articolo 3, assicurando, nei limiti

delle competenze proprie o delegate dallo

Stato e nel rispetto dei principi stabiliti

dalla presente legge, lo svolgimento delle

attività di protezione civile.

4. Le disposizioni contenute nella

presente legge costituiscono principi

della legislazione statale in materia di

attività regionale di previsione,

prevenzione e soccorso di protezione

civile, cui dovranno conformarsi le leggi

regionali in materia.

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