24 giugno 2012 - MAXXI | Museo nazionale delle arti del XXI secolo€¦ · MAXXI – Museo...

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Indice cartella stampa 1. Comunicato stampa DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 2. Sponsor 3. Doris Salcedo 4. Pio Baldi, Presidente Fondazione MAXXI 5. Anna Mattirolo, Direttore MAXXI Arte 6. Isabel Carlos, Direttore CAM Fundação Calouste Gulbenkian 7. Monia Trombetta, Curatore MAXXI Arte 8. MAXXI B.A.S.E. e LIMES : Le frontiere come ferita 9. DORIS SALCEDO : scheda catalogo Electa 10. Sponsor: Arcus 11. Sponsor: BMW 12. Sponsor: Telecom italia 13. Sponsor: Il Gioco del Lotto 14. Sponsor: Zumtobel

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Indice cartella stampa

1. Comunicato stampa DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA

2. Sponsor

3. Doris Salcedo

4. Pio Baldi, Presidente Fondazione MAXXI

5. Anna Mattirolo, Direttore MAXXI Arte

6. Isabel Carlos, Direttore CAM Fundação Calouste Gulbenkian

7. Monia Trombetta, Curatore MAXXI Arte

8. MAXXI B.A.S.E. e LIMES : Le frontiere come ferita

9. DORIS SALCEDO : scheda catalogo Electa

10. Sponsor: Arcus

11. Sponsor: BMW

12. Sponsor: Telecom italia

13. Sponsor: Il Gioco del Lotto

14. Sponsor: Zumtobel

                               

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AL MAXXI

LA “PREGHIERA MUTA” DI DORIS SALCEDO

15 marzo – 24 giugno 2012

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma

GIOVEDÌ 15 MARZO DORIS SALCEDO INCONTRA IL PUBBLICO DEL MAXXI – INGRESSO LIBERO

inaugurazione mercoledì 14 marzo | www.fondazionemaxxi.it

Roma 14 marzo 2012. Ha squarciato il pavimento della Turbine Hall alla Tate Modern di Londra (2007), murato una sala del Castello di Rivoli a Torino (2005), riempito con più di 1500 sedie il “vuoto umano” lasciato dalla distruzione di un edificio a Istanbul (2003).

E’ Doris Salcedo, artista di grandissima forza espressiva, scultrice della memoria e della vita, del disagio e della dignità. Al MAXXI presenta il suo ultimo lavoro, l’installazione Plegaria Muda, un messaggio di dolore ma anche e soprattutto di speranza (dal 15 marzo al 24 giugno 2012).

L’esposizione romana, di grande forza espressiva e impatto emozionale, è organizzata dal MAXXI Arte diretto da Anna Mattirolo e curata da Monia Trombetta. E’ parte di un progetto itinerante curato da Isabel Carlos, commissionato dalla CAM Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona e dal Museet, Malmö, prodotto in partneship con il MAXXI, il MUAC – Museo Universitario Arte Contemporáneo di Città del Messico e la Pinacoteca do Estado di San Paolo. Come pensato insieme all’artista, venti unità scultoree dell’allestimento romano entreranno nella collezione permanente del MAXXI Arte.

Giovedì 15 marzo alle ore 17.30 Doris Salcedo incontra il pubblico del Museo, in una conversazione con Carlos Basualdo, Curator at Large MAXXI Arte (Auditorium del MAXXI, ingresso libero).

PLEGARIA MUDA Spesso Doris Salcedo utilizza nei suoi lavori oggetti di uso quotidiano, impregnati della vita dei protagonisti delle storie raccontate. Plegaria Muda è un’installazione costituita da oltre cento coppie di tavoli di legno sovrapposti, dai quali nascono esili fili d’erba. Nel suo ripetersi modulare, evoca un luogo di sepoltura collettivo ed è metafora di vite condotte ai margini della società. L’artista ha trovato ispirazione rivolgendo lo sguardo alle vittime delle stragi avvenute per mano dell’esercito in Colombia, suo paese natale, ma anche alle morti violente nei sobborghi di Los Angeles, dove ha vissuto per qualche tempo e riconosciuto i germi e gli effetti di una stessa violenza, gratuita e insensata in ogni parte del mondo. Plegaria Muda è una preghiera dedicata a quelle persone che, in situazioni di disagio, non hanno voce per parlare della propria esistenza e per questo sembrano non esistere. Ma Plegaria Muda è anche e soprattutto un omaggio alla vita: dai tavoli/bare di questo rito funebre mai avvenuto che restituisce umanità a ogni esistenza profanata, crescono piante, simbolo di vita e resurrezione perché, come scrive la stessa artista, “spero che, nonostante tutto, anche in condizioni difficili, possa vincere la vita... come avviene in Plegaria Muda”. Plegaria Muda è essa stessa un’opera viva: gli odori della terra umida e dell’erba fresca, la disposizione labirintica dei tavoli che costringe a percorsi obbligati, ci immergono in un’esperienza intensa e totalizzante

che coinvolge la mente, il corpo e i sensi. L’impatto emotivo è forte e totale e genera commozione, pietas, turbamento, speranza.

“Si tratta di un lavoro particolarmente suggestivo – dice Anna Mattirolo - che si rapporta, come una danza, alla struttura e all’anima multiforme del MAXXI, attraverso un processo di adattamento spaziale che ne amplia il potere evocativo e simbolico. In questa sede, il lavoro della Salcedo si arricchisce della particolare luce del museo, che ne valorizza la forza espressiva. Il MAXXI ospita un lavoro che non solo accresce la particolarità dello spazio che lo contiene, ma è anche capace di instaurare con questo un rapporto di simbiosi dal valore indiscutibile”.

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Nel percorso di mostra, è allestita una reading room: cataloghi, monografie, descrizioni e fotografie dei suoi principali lavori guideranno il pubblico alla conoscenza di Doris Salcedo, tanto forte ed empatica quanto complessa.

LE FRONTIERE COME FERITA: UNA MOSTRA E DUE INCONTRI A partire dal lavoro di Doris Salcedo, MAXXI B.A.S.E. (il centro di ricerca del museo) e Limes (la rivista italiana di geopolitica) hanno pensato il progetto Le frontiere come ferita: 5 creazioni cartografiche in mostra e due tavole rotonde. Le carte (Sala Incontri MAXXI B.A.S.E., dal 15 maggio, ingresso libero). Limes ha prodotto e pubblicato in quasi vent’anni oltre 3mila creazioni cartografiche originali. In mostra al MAXXI B.A.S.E. una selezione di cinque grandi carte di frontiera, tra cui una nuova carta geopolitica pensata ad hoc. Le tavole rotonde (Auditorium del MAXXI, 15 maggio e 19 giugno, ingresso libero). Due incontri sulle frontiere italiane e quelle europee, per riflettere sui conflitti, sulle migrazioni, sui confini culturali, etnici e mentali all’interno degli spazi disegnati dalle frontiere ufficiali. L’edizione italiana del catalogo Plegaria Muda, aggiornata e ampliata, è curata da Carolina Italiano e edita da Electa. L’edizione originale è curata da Isabel Carlos, Direttore della CAM Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona.

UFFICIO STAMPA MAXXI - +39 06 322.51.78, [email protected] MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo info: 06.399.67.350; [email protected] | www.fondazionemaxxi.it - www.romaexhibit.it orario di apertura: 11.00 – 19.00 (martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, domenica) 11.00 – 22.00 (sabato) giorni di chiusura: chiuso il lunedì, il 1° maggio e il 25 dicembre biglietto: €11,00 intero, € 8,00 ridotto La cartella stampa e le immagini della mostra sono scaricabili nell’Area Riservata del sito della Fondazione

MAXXI all’indirizzo http://www.fondazionemaxxi.it/?page_id=5176 inserendo la password areariservatamaxxi.

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MAXXI – MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO, ROMA

con il sostegno

partner partner tecnologico partner per le institutional XXI

attività educative

DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA sponsor tecnico

si ringrazia

media partner

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Doris Salcedo Quest’opera è il risultato di un accurato processo di ricerca e di riflessione che ha avuto inizio nel 2004 con un viaggio nei ghetti di Los Angeles e con un rapporto ufficiale che dichiarava che nell’arco di vent’anni oltre diecimila giovani sono deceduti di morte violenta. Ho focalizzato l’attenzione sull’aggressività delle gang giovanili, e in particolare sul rapporto confuso che viene a crearsi tra il ruolo della vittima e l’autore dell’omicidio. Dopo avere riflettuto su questo aspetto, mi sono resa conto che questo labile e perverso scambio di ruoli era possibile perché entrambi abitano una regione grigia e indefinita che alcuni autori hanno chiamato ‘morte sociale’ o ‘morte nella vita’. Vivendo con altri individui che abitano in aree povere e in situazioni precarie, si comincia a comprendere la correlazione esistente tra questa condizione, e la conseguente morte violenta, anonima e invisibile. La ‘morte sociale’ o ‘morte nella vita’ che ho potuto vedere a Los Angeles mi ha fatto comprendere che, nonostante la diversità del luogo, la situazione non era diversa da quanto vissuto dai giovani delle aree depresse delle città colombiane. In Plegaria muda cerco di articolare immagini ed esperienze diverse che sono parte costitutiva della natura violenta del conflitto colombiano. Desidero in tal senso riunire una serie di episodi che determinano quella spirale inarrestabile di violenza emulativa e fratricida che contraddistingue i conflitti interni e le guerre civili di tutto il mondo. Plegaria muda ci pone di fronte al dolore insondato e represso e alla morte violenta, quando essa si riduce alla totale mancanza di significato e fa parte di una realtà taciuta come una strategia di guerra. L’opera è inoltre una risposta a un particolare episodio verificatosi tra il 2003 e il 2009, quando circa 1500 giovani colombiani provenienti da aree depresse del Paese vennero uccisi dall’esercito senza alcuna ragione apparente. Era chiaro, invece, che il governo colombiano aveva implementato un sistema di incentivi e di ricompense per l’esercito, se quest’ultimo avesse provato di avere ucciso un grande numero di guerriglieri in combattimento. Di fronte a questo sistema l’esercito cominciò a pagare giovani provenienti da aree lontane e depresse, offrendo loro un lavoro per poi trasportarli in luoghi dove venivano uccisi e classificati come ‘guerriglieri non identificati: morti in combattimento con arma da fuoco’. Ho accompagnato per diversi mesi un gruppo di madri che cercavano i loro figli scomparsi o che stavano provando a identificarli nelle tombe rivelate dagli assassini. Quindi mi unii a loro nel doloroso e arduo processo di elaborare il lutto e di impegnarsi nel vano tentativo di ottenere giustizia malgrado la barbarie commessa dallo Stato. Reyes Mate scrive che ogni omicidio crea un’assenza nelle nostre vite ed esige l’assunzione di responsabilità per la persona uccisa, considerato che l’unico modo in cui essa può esistere è dentro di noi, nel processo di elaborazione del dolore. Plegaria muda è un tentativo di rielaborare questo dolore, uno spazio delimitato dal confine radicale imposto dalla morte. Uno spazio che è al di fuori della vita, un luogo a sé stante che ci riporta alla mente i nostri defunti. Credo che la Colombia sia il Paese della morte senza sepoltura, delle fosse comuni e delle morti anonime. Per questo motivo è importante porre l’accento su ogni singola tomba, per articolare una strategia estetica che ci consenta di riconoscere il valore di ogni vita perduta e l’irriducibile unicità di ogni sepoltura. Pur non essendo contraddistinta da un nome, ogni scultura è chiusa ermeticamente e ha un carattere individuale, ad indicare un funerale che ha avuto luogo. La ripetizione implacabile e ossessiva della sepoltura vuole sottolineare la dolorosa ripetizione di queste inutili morti. Credo che la ripetizione metta inoltre in evidenza la natura traumatica di morti considerate poco rilevanti dalla maggior parte della popolazione. Attribuendo un valore individuale all’esperienza traumatica attraverso la ripetizione, mi auguro che quest’opera possa in qualche modo evocare ogni morte e riportarla alla sua vera dimensione, permettendo così a queste vite profanate di essere condotte nella sfera dell’umano. Spero che, nonostante tutto, anche in condizioni difficili possa vincere la vita … come avviene in Plegaria muda.

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Pio Baldi, Presidente Fondazione MAXXI Doris Salcedo, protagonista del nuovo evento espositivo curato dal MAXXI Arte, è un artista che ricerca e esplora le tracce della violenza sociale e politica nella vita di persone vissute ai margini della società. Le sue opere sono momenti di riflessione sull’impossibilità di cambiamento e sulla distruzione che caratterizza parte della storia recente soprattutto colombiana. Interprete e narratrice di un disagio collettivo, Doris Salcedo ricorre nei suoi lavori all’utilizzo di oggetti di uso quotidiano impregnati della vita delle vittime protagoniste delle storie raccontate attraverso installazioni di grande impatto estetico ed emozionale. “Plegaria Muda”, opera con la quale Doris Salcedo entra per la prima volta negli spazi del MAXXI, è un’interessante dimostrazione dell’attenzione che l’artista pone ai dettagli di ogni sua opera. In questo progetto la cura della forma, evidente nel rapporto armonioso tra terra, erba e legno dei tavoli, è difatti sapientemente pensata in relazione al minuzioso processo di crescita, stabilizzazione e adattamento climatico che rende vivo ogni singolo elemento di cui è composto il lavoro. Con questa mostra il MAXXI si conferma luogo di sperimentazione e produzione artistica aperta alla collaborazione con le istituzioni dedicate alla creatività contemporanea finalizzato all’incremento di una rete di rapporti sempre più produttivi e a uno scambio culturale intenso e fruttuoso a livello nazionale e internazionale. La collaborazione con la Fundação Calouste Gulbenkian e il Museet Malmö, il MUAC – Museo Universitario Arte Contemporáneo del Messico e la Pinacoteca do Estado di San Paolo ha in questo senso dato modo di produrre un’installazione capace di riportarci a una dimensione espressiva che, nel suo stimolante rapporto con l’architettura del MAXXI, si arricchisce di una nuova linfa vitale.

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Anna Mattirolo, Direttore MAXXI Arte Orientato verso una costante collaborazione con Musei, Istituzioni e luoghi dedicati alla creatività contemporanea, il MAXXI conferma con questa mostra il suo impegno nell’incremento e sviluppo di nuove dinamiche di apertura e scambi culturali con le realtà più significative del panorama contemporaneo. Il progetto di Doris Salcedo è difatti parte di una mostra itinerante commissionata dalla CAM - Fundação Calouste Gulbenkian e dal Moderna Museet Malmö, e prodotta in partneship con il MUAC – Museo Universitario Arte Contemporáneo e la Pinacoteca do Estado di San Paolo, che al MAXXI raggiunge un’ estensione di 120 elementi. Plegaria Muda è un lavoro di grande impatto visivo ed emotivo, costituito da una doppia serie di tavoli sovrapposti abitati da esili steli che evocano, nel loro ripetersi di moduli, sia un luogo di sepoltura collettivo, metafora di vite condotte ai margini della società, sia di vita. L’artista ha trovato ispirazione per la sua opera rivolgendo lo sguardo alle vittime delle stragi avvenute in Colombia, suo paese natale, ma anche ai sobborghi di Los Angeles dove ha vissuto per qualche tempo e riconosciuto i germi e gli effetti di una stessa violenza. Plegaria Muda è, innanzitutto, una preghiera dedicata a quelle persone che, in situazioni di disagio, non hanno voce per parlare della propria esistenza e per questo sembrano non esistere. Si tratta di un lavoro particolarmente suggestivo che si rapporta, come una danza, alla struttura e all’anima multiforme del MAXXI attraverso un processo di adattamento spaziale che ne amplia il potere evocativo e simbolico. In questa sede, infatti, il lavoro della Salcedo si arricchisce della nuova luce degli spazi del MAXXI che ne valorizzala forza espressiva. Per la prima volta dalla sua apertura il MAXXI ospita un lavoro che non solo accresce la particolarità dello spazio che lo contiene, ma è anche capace di instaurare con questo un rapporto di simbiosi dal valore indiscutibile. Il catalogo pubblicato in occasione della mostra è frutto della collaborazione di tutte le istituzioni museali coinvolte nelle tappe espositive con il contributo diretto dell’artista.

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Isabel Carlos, Direttore CAM Fundação Calouste Gulbenkian Doppia vulnerabilità Plegaria muda ha avuto inizio per me nel momento in cui Doris Salcedo è arrivata a Lisbona nella primavera del 2009. In particolare, ha avuto inizio con l’esperienza e l’immagine – che non dimenticherò mai, che resta impressa nella memoria come un tatuaggio – della Salcedo seduta un’intera mattina, ora dopo ora, immobile, in silenzio, nella navata della Fondazione Calouste Gulbenkian. È rimasta così a lungo immobile che a un certo punto, per un eccesso di sollecitudine, ho sentito il bisogno di avvicinarmi all’artista e di chiederle se stesse bene. Naturalmente sì. Lo capisco adesso che sono passati quasi due anni da quel momento, che per me è stato lo scenario di apertura del processo che ha portato all’opera Plegaria muda. La Salcedo stava semplicemente lavorando, stava facendo proprio quello spazio, lo stava ascoltando allo stesso modo in cui presta ascolto alle testimoni femminili di atti violenti che sono molto spesso il punto di partenza e di indagine del suo lavoro. Stava trasformando lo spazio in un luogo, in un punto di incontro tra la sua realtà e quest’altra realtà di un museo situato lontano da Bogotá, la città in cui vive. “Penso allo spazio in termini di luogo, di un luogo per mangiare e un luogo per scrivere, un luogo per affrontare la vita. Non esiste la possibilità di isolare l’esperienza della vita dall’esperienza dello spazio: sono esattamente la stessa cosa. Alcuni tipi di opere contemporanee mettono in evidenza questo aspetto della scultura in quanto topografia della vita.”

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La scultura come topografia dell’esistenza può essere una sintesi eccellente dell’opera che l’artista ha sviluppato negli ultimi tre decenni, un corpo di opere che l’ha posta in prima linea nel mondo dell’arte contemporanea. Ora, Plegaria muda incarna pienamente questa definizione: si è fatta materia vivente. La stessa Mieke Bal, una delle autrici che meglio conosce l’opera di Doris Salcedo, ha scritto un testo per questo catalogo che ruota precisamente intorno a questa considerazione: ogni volta che parla delle opere precedenti dell’artista, l’autrice ritorna sempre a Plegaria muda come se questo lavoro abbracciasse l’intera sua ricerca, come se il materiale organico che permette all’erba di spuntare dalle tavole di legno delle sculture, contenesse e sintetizzasse tutte le opere della Salcedo. In effetti, Plegaria muda contiene tutte le caratteristiche che sono poi divenute tratti distintivi dell’artista: l’impiego di vecchi pezzi di legno già utilizzati, contenitori di esperienze e di memoria; il colore grigio dei tavoli che si riferisce a sua volta all’impiego del cemento che è sempre stato uno dei materiali preferiti dall’artista; e infine le sculture come vestigia, come traccia dell’esistenza di un corpo che non è più lì, di un’azione che non abbiamo visto, di atti di esclusione e dell’inesorabile passaggio del tempo. Mentre, in altre opere, questi aspetti sono evocati dalle scarpe di persone scomparse (Atrabiliarios, 1993) o da vecchi mobili (La casa viuda, del 1992, e l’installazione realizzata nel 2003 per la Biennale di Istanbul) o ancora, più di recente, dalla crepa che divide in due la sala d’ingresso di un museo che in passato era una centrale elettrica (Shibboleth, Tate Modern, 2007), ora, in Plegaria muda, i tavoli disposti gli uni sugli altri come un’immagine ribaltata di se stessi – uno che tocca e poggia a terra, l’altro con le gambe all’aria rivolte verso il cielo – hanno le dimensioni di bare che, in senso sia letterale sia figurato, sono contenitori di vita perché da essi nascono e crescono piante. Si tratta di erba che è stata piantata, che ha ricevuto luce e cure, e che viene regolarmente annaffiata in modo che cresca e resti viva. Sottoposta a qualsiasi trascuratezza o movimento brusco avvizzerebbe, o si seccherebbe e morirebbe se la si dimenticasse o abbandonasse. “[…] L’opera presuppone un processo di deterioramento. Mi è sempre piaciuto utilizzare il termine “creature” per descrivere le mie sculture – l’ho imparato da Paul Celan. In quanto creature, noi tutti ci deterioriamo e andiamo in declino. Non costruisco monumenti in bronzo o in marmo ma produco opere che alludono a una dimensione estremamente privata, e che ci sfidano continuamente in virtù della loro fragilità. Tale fragilità è un aspetto essenziale delle mie sculture. Una persona è in grado di modificarle anche solo avvicinandosi troppo; esse ci rivelano quanto può essere fragile un altro essere umano. Mi riferisco alla fragilità di una carezza fugace.”

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Se, attraverso queste parole, ci è possibile comprendere che Doris Salcedo ha sempre considerato le sue sculture come creature, in Plegaria muda questa idea è portata alle estreme conseguenze per il fatto che gli spettatori e i visitatori possono incidere su queste opere tanto quanto le opere possono incidere su coloro che le osservano e ne fanno esperienza. Nulla di tutto questo è però in relazione con il concetto dominante di interazione che caratterizza i nuovi dispositivi tecnologici, la società dei media e dello spettacolo. Ha a che fare invece con la consapevolezza che, semplicemente con la nostra presenza, con il nostro corpo – un’ombra che sottrae luce –, con il nostro respiro o con il nostro sospiro, con il nostro desiderio di percepire gli odori e di toccare – di vedere se l’erba è vera – possiamo modificarla e renderla vulnerabile. In Plegaria muda, gli spettatori non sono i soli a divenire vulnerabili nel momento in cui entrano in contatto con un’opera che parla di morte, di sparizione, di fosse comuni. Anche l’opera d’arte stessa è vulnerabile, fragile e caduca. Ci troviamo quindi di fronte a una doppia vulnerabilità: quella dello spettatore e quella dell’opera. A Bogotá ho avuto la possibilità di osservare l’evoluzione di quest’opera nello studio della Salcedo, uno spazio che assomigliava più a una clinica o a un laboratorio di analisi, e dove il suo gruppo di collaboratori aveva piuttosto l’aspetto di un’équipe di infermiere e dottori che effettuavano trapianti, trasfusioni, operazioni delicate, tagli infinitesimali affinché le “creature” potessero nascere e vivere. Negli ultimi due anni, tra il 2009 e il 2011, l’artista ha richiamato in modo sottile la nostra attenzione su un fatto che si stava verificando in Spagna, dove centinaia di famiglie desideravano recuperare i corpi delle centomila e più di persone scomparse durante la guerra civile e buttate nelle fosse comuni. E su quanto stava accadendo in Bosnia, dove le famiglie di migliaia di persone massacrate a Srebrenica nel 1995, nel più grande genocidio europeo dopo la Seconda guerra mondiale, continuavano a cercare i corpi delle vittime non sapendo dove erano state sepolte o quale fosse stato il loro destino finale. Con queste notizie la Salcedo, colombiana, mi ricordava che queste realtà e sofferenze non esistono soltanto nel suo Paese o in America latina, ma anche in Europa. “L’opera d’arte preserva la vita e fa sì che a un essere umano riesca a sviluppare un senso di familiarità ricevendo qualcosa dell’esperienza di un altro individuo. L’arte favorisce quindi la possibilità di un incontro tra individui provenienti da realtà molto diverse”. L’artista rivendica per sé il ruolo di pensatrice. Una pensatrice, però, che dev’essere in grado di produrre opere che non possano essere ridotte a spiegazioni psicologiche o sociologiche. La sua opera, in particolare, non vuole essere un’illustrazione delle testimonianze delle vittime ma intende liberarle dal silenzio e dall’invisibilità utilizzando altri mezzi espressivi, altre percezioni. Come afferma Georges Didi-Huberman,

2 quello in cui viviamo è un mondo in cui ad avere maggiore

visibilità sono gli sportivi, le celebrità e i dittatori, e in cui gli individui sono minacciati di scomparire o esposti a sparizione a causa della loro sottoesposizione (le loro vite e i loro volti non compaiono sulle copertine o sulle prime pagine dei libri) o della loro sovraesposizione (lo spettacolo di dolore anonimo quando avviene una catastrofe o un incidente). In un mondo come questo, le 162 sculture che compongono Plegaria muda (parole che l’artista ha deciso di non tradurre) sono, di fatto, un sermone o una preghiera muta per coloro che sono vittime e oggetto di violenza, un elogio alla vulnerabilità della condizione umana che ci fa essere allo stesso tempo fragili ma anche capaci di violenza estrema.

1 Tutti i testi citati sono tratti dall’intervista di Carlos Basualdo a Doris Salcedo pubblicata in Nancy Princenthal,

Carlos Basualedo, Andreas Huyssen (a cura di), Doris Salcedo, Londra 2000.

2 Idea espressa da Georges Didi-Huberman alla conferenza intitolata “Povos expostos” presso la Fondazione

Calouste Gulbenkian, 7 novembre 2010.

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Monia Trombetta, curatore MAXXI Arte Universalità dell’esperienza estetica Il lavoro di Doris Salcedo si fonda sull’analisi del dolore e delle sofferenze causate dalla guerra e dai conflitti locali che l’artista usa come punto di partenza delle sue opere rielaborando esperienze e fatti concreti. Negli ultimi anni Doris Salcedo ha coinvolto importanti istituzioni museali e spazi pubblici con installazioni di grandi dimensioni e alcuni veri e propri interventi architettonici. In Italia nel 2005 con Abyss ha lavorato sull’architettura del Castello di Rivoli realizzando un’opera in grado di provocare nel pubblico un forte senso di oppressione. L’artista ha traslato in forma poetica la condizione di soggezione a cui sono sottoposti i deboli e i diseredati di tutto il mondo e ha indagato il rapporto tra potere e popolazioni povere, tra libertà e sottomissione, tra immigrati e paesi ospitanti, attraverso un linguaggio che trae la sua forza dal coinvolgimento fisico dello spettatore e dal rapporto con il luogo in cui l’opera si inserisce. La cappa di mattoni diventa metafora del senso d’oppressione, sentimento provato dagli immigrati nel mondo. Plegaria muda porta negli spazi del MAXXI il segno dell’esperienza del dolore e, traendo spunto da episodi diversi, dipinge un ritratto della violenza come fenomeno universale. Dal 2004 l’artista ha preso parte a una ricerca che ha indagato sugli omicidi avvenuti nell’arco di vent’anni nei ghetti di Los Angeles, di oltre diecimila giovani vittime di gang giovanili. Doris Salcedo mette in relazione questi fatti con le uccisioni perpetrate tra il 2003 e il 2009 dalle forze armate colombiane su vittime falsamente accusate di aver partecipato a guerriglie sovversive in cambio di una ricompensa promessa dallo Stato, per poi metterle in rapporto con le esperienze violente che segnano parte della storia e del presente di tutta l’umanità. Quello che l’artista sottolinea con quest’opera è il tentativo ricorrente dei governi di seppellire queste vicende nell’anonimato e la mancanza di chiarezza nella ricostruzione dei fatti che asciano spesso senza volto i mandanti e gli assassini. La terra, rappresentazione delle fosse comuni e della sepoltura; l’erba, simbolo di vita e di resurrezione e i tavoli di legno come raffigurazione di bare (in celebrazione di un funerale mai avvenuto) creano uno scenario che accompagna lo spettatore dall’esperienza estetica al reale. Lo spettatore vive un’esperienza che gli permette di provare sensazioni di vulnerabilità e impotenza. Mettendolo nella condizione di prendere parte al vissuto degli altri, quest’opera trasforma singoli avvenimenti in esperienze collettive. Doris Salcedo con Plegaria Muda tenta di avviare un processo di elaborazione del lutto impegnandosi in prima persona, attraverso il coinvolgimento diretto nei fatti, per rendere il dramma un’esperienza comune, innescando in chi esperisce l’opera un’emozione che, secondo un processo di universalizzazione del dolore riporta ai propri morti. La comprensione dell’opera non è dunque strettamente legata all’individuazione degli esatti fatti a cui essa si riferisce. Plegaria muda offre all’osservatore esperienze cognitive e fisiche che aprono la mente a possibili interpretazioni. L’idea di ospitare Plegaria muda al MAXXI è nata nel 2010, in occasione della prima visita di Doris Salcedo al museo. Una passeggiata lunga un’ora negli spazi delle gallerie ha fatto sì che negli occhi e nella mente dell’artista si configurassero la collocazione e l’ambientazione ideali per la sua opera. Gli spazi fluidi della Galleria 2, tra i punti più rappresentativi dell’idea che l’architetto Zaha Hadid ha dell’architettura, si rendono immediatamente adatti ad ospitare il suo nuovo progetto. Doris Salcedo ha una straordinaria capacità di ripensare e far rivivere le sue opere laddove vengono installate, riconoscendo ed esaltando “la dipendenza della scultura dallo spazio”. L’artista parte dalla considerazione di quest’ultimo non come contenitore anonimo di oggetti, ma come elemento che “può giocare un ruolo attivo nella costruzione della coscienza”. Le sue creazioni riflettono sul rapporto tra installazione e architettura in un continuo rimando alle questioni ideologiche della società contemporanea. Plegaria muda non ha un numero preciso di unità scultoree, potrebbe accrescersi all’infinito e non nasce da una collocazione spaziale stabilita, ma muta di volta in volta adattandosi e vivendo nello spazio che la ospita. Nello spazio fluido del MAXXI che, nella sua continuità quasi non permette di fermarsi a riflettere, Plegaria muda a prima vista sembra assecondare le superfici della galleria, creando di fatto una condizione di blocco e di sospensione che costringe a fermarsi e a pensare. E’ evidente la capacità di Doris Salcedo di sconvolgere l’architettura realizzando un percorso espositivo forte che interrompe il lineare andamento e la normale fruizione dello spazio in favore di un’esperienza che

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costringe ad intraprendere un cammino complesso attraverso un allestimento labirintico. Ogni tavolo, nella sua unicità, mantiene le caratteristiche dell’opera scultorea, rendendo allo stesso tempo evidente il riferimento alle vittime a cui è dedicato il funerale mai avvenuto, restituendo loro dignità. La ripetizione modulare amplia ed accentua il potere comunicativo dell’opera, rendendo l’esperienza ancora più forte e intensa. E’ come se l’artista, attraverso la replica di questi elementi, ponesse l’accento sulla diffusione della violenza e ricordasse l’alto numero il dolore provato nel constatarlo. Attraverso la progettazione di quest’opera, composta da due tavoli posti uno sull’altro, tra i quali è inserita (a circa un metro di altezza) una spessa zolla di terra, l’artista decreta un rivoluzionamento spaziale che pone questa all’altezza del busto, suscitando una sensazione avvolgente che forza la nostra percezione. Dalla terra, la stessa che potrebbe ospitare le sepolture e le fosse comuni a cui l’opera si riferisce, nascono e crescono dei fili d’erba. L’odore di quest’ultima unita a quella del terriccio e del legno ci immerge in un’esperienza totalizzante. La temperatura nello spazio espositivo fa percepire che ci troviamo in una condizione particolare. Siamo in presenza di un’opera viva e le condizioni ambientali sono quelle idonee ad ospitarla e a mantenerla in vita. Non solo la mente, ma anche il corpo e i sensi vengono coinvolti dall’intensità di questo lavoro. La potenza estetica e comunicativa di Plegaria muda è immediato molto forte.I sentimenti di commozione e angoscia, ma anche di speranza, non si arrestano : per quanto si possa cercare di nascondere, offuscare, coprire, la morte violenta riemerge attraverso la vita. Doris Salcedo riesce a comunicare con forza espressiva avvenimenti raccontati dai media e quotidianamente spettacolarizzati provocando nello spettatore un’assuefazione che l’artista riconduce al giusto significato attraverso un processo di sottrazione e di assenza. Plegaria muda agisce in memoria di quanto accaduto e di quanti sono state vittime di atrocità e violenza nella consapevolezza che la vita continua attraverso il racconto, il ricordo e la memoria. L’artista combatte l’anonimato e il silenzio con la sua opera e la contrappone, nel rispetto dell’intimità del dolore, al monumento, statico e immutabile, che spesso conquista maggior significato degli avvenimenti e delle persone a cui è dedicato.

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DORIS SALCEDO. PLEGARIA MUDA 15 marzo 2012 – 24 giugno 2012 Le frontiere come ferita a cura di MAXXI B.A.S.E e LIMES

Il progetto Le frontiere come ferita è curato dal MAXXI B.A.S.E, il centro di documentazione del museo, e da LIMES, la rivista italiana di geopolitica. Prevede una mostra cartografica (al MAXXI B.A.S.E. dal 15 maggio) e due tavole rotonde (all’Auditorium del MAXXI, il 15 maggio e il 19 giugno).

La mostra cartografica. Non tutte le frontiere sono uguali. Ve ne sono di virtuali, di innocue, di formali. Poi ci sono le frontiere contro l’uomo, quelle che vogliono far male. Nella sua quasi ventennale storia Limes, la rivista italiana di geopolitica, si è occupata soprattutto di queste ultime. Rappresentandone su carta i tracciati, da cui i poteri contrapposti traggono moniti e lezioni diverse. In occasione della mostra di Doris Salcedo, e in assonanza con essa, Limes intende proporre un’antologia della sua cartografia di frontiere, prodotta da Laura Canali, concentrandosi su quelle che feriscono l’umanità e ne accentuano i conflitti. In mostra 4 carte a colori formato 70x100, dedicate a confini particolarmente dolorosi, e una nuova carta pilota 100x150, che serva come introduzione alle altre e come sinossi ai temi affrontati dalla ricerca artistica di Doris Salcedo. Si tratta infatti di un planisfero che distingue una fascia centrale - appunto il mondo delle frontiere dolorose - dalle aree relativamente privilegiate del Nord e del Sud, dove i confini non fanno male. Saranno poi tratteggiati alcuni casi di frontiera dolorosa, luoghi segnati da traumi, in cui la perdita dei riferimenti geografici, dell’appartenenza a una terra, a una città, a una lingua spinge a tracciare nuove mappe. Sono mappe dinamiche difficili da rappresentare con gli strumenti tradizionali del geografo e del cartografo. Inoltre, in alcuni casi, tengono conto di geografie dell’immaginario che segnano su carta i luoghi della memoria. Le tavole rotonde. Saranno illustrati, analizzati e discussi due casi di frontiere dolorose: quelle europee e a quelle interne all’Italia. Nel caso dell’Europa si parlerà delle nuove barriere psicologiche e culturali alzate dalla crisi dell’Eurozona e dagli effetti delle migrazioni. Anche in seguito alla “primavera araba”. Quanto all’Italia, saranno indagate le frontiere informali prodotte al suo interno dal convergere di diversi fattori storici, economici, culturali e anche criminali. Interverranno a entrambe le tavole rotonde i più autorevoli esperti in materia, esponenti politico-istituzionali., artisti che nel loro lavoro affrontano questi temi. All’incontro conclusivo del 19 giugno sarà presente tra gli altri il Ministro alla Cooperazione Internazionale e all’Integrazione Andrea Riccardi.

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www.electaweb.com

DORIS SALCEDO PLEGARIA MUDA

Catalogo Electa

Formato cm 24X28 Pagine 134 Illustrazioni 50 Prezzo € 30

SOMMARIO

Pag.6 Presentazione Pio Baldi

Pag.8 Introduzione

Anna Mattirolo

Pag.17 Plegaria Muda 2008-2010 Doris Salcedo

Pag.37 Universalità dell’esperienza estetica

Monia Trombetta

Pag.41 Doppia vulnerabilità Isabel Carlos

Pag.61 In attesa del momento politico

Mieke Bal

Pag.93 Inventare la politica Moacir dos Anjos

Pag.117 Elenco delle illustrazioni Pag.119 Biografia di Doris Salcedo Pag.126 Biografie degli autori

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Arcus S.p.A.Via Barberini, 86 - 00187 Roma

Tel. 06 42089 Fax 06 42089227 E-mail: [email protected]

ARCUS: UNO STRUMENTO DI INTERVENTO A SOSTEGNO DEI BENI CULTURALI.

Nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, è stata costituita Arcus, Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura edello spettacolo S.p.A., ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia, mentre l’ope-ratività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i Beni le Attività Culturali – che esercitaaltresì i diritti dell’azionista – di concerto con il Ministro delle Infrastrutture. Arcus può anche sviluppare iniziative autonome.

Il compito dichiarato di Arcus è di sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali, anchenelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese.Nella missione di Arcus sostenere progetti significa individuare iniziative importanti, aiutarne il completamento progettuale, intervenire negli aspetti orga-nizzativi e tecnici, partecipare - ove opportuno o necessario - al finanziamento del progetto, monitorarne l’evoluzione, contribuire ad una conclusione feli-ce dell’iniziativa.E’ importante che venga ben compresa la specificità operativa di Arcus, così come emerge da quanto precede: la Società interviene a sostegno organiz-zativo e finanziario su progetti di rilievo, mentre in nessun modo è assimilabile un’agenzia di erogazione di fondi, né può essere annoverata fra i “distribu-tori a pioggia” di fondi pubblici o privati.Arcus, quindi, si propone come uno strumento originale per il sostegno e il lancio di iniziative e progetti importanti e innovativi nel panorama della cul-tura italiana. Il supporto economico, se interviene, deve essere visto come del tutto strumentale nell’ambito di un progetto culturale che sia concettual-mente valido e operativamente condiviso.

Scendendo in qualche particolare, Arcus fornisce assistenza ad iniziative finalizzate, fra l’altro, a:

* predisporre progetti per il restauro, il recupero e la migliore fruizione dei beni culturali;

* tutelare il paesaggio e i beni culturali attraverso azioni e interventi volti anche a mitigare l’impatto delle infrastrutture esistenti o in via di realizzazione;

* sostenere la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi nel settore dei beni culturali;

* promuovere interventi progettuali nel settore dei beni e delle attività culturali e nel settore dello spettacolo;

* individuare e sostenere progetti di valorizzazione e protezione deibeni culturali attraverso interventi a forte contenuto tecnologi-co;

* sostenere progetti inerenti il turismo culturale nell’accezionepiù ampia del termine;

* promuovere la nascita e la costituzione di bacini culturali, cioè di aree geografichesulle quali insistono beni culturali emblematici, in una visione integrata e sistemica capacedi collegare ai beni culturali locali le infrastrutture, il turismo, le attività dell’indotto, i trasporti;

* intervenire nell’ampio settore delle iniziative tese a rendere pienamente fruibili i beni culturali da parte dei diversamente abili.

Per la realizzazione delle proprie attività Arcus si avvale delle risorse di cui all’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289(Legge Finanziaria 2003). La norma dispone che annualmente il 3% degli stanziamenti previstiper le infrastrutture sia destinato alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni edelle attività culturali. Arcus è individuata come la struttura destinataria di tali fondi. Aisensi, poi, dell’articolo 3 della legge 31 marzo 2005, n. 43, la percentuale sopra indicataviene incrementata annualmente di un ulteriore 2%.La Società, inoltre, può ricevere finanziamenti stanziati dall’Unione Europea, dallo Statoe da altri soggetti pubblici e privati.Arcus si muove anche nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholderspotenzialmente interessati. Di volta in volta, pertanto, vengono contattate fondazioni di origine ban-caria e non, enti locali, esponenti delle autonomie e della società civile, università e anche soggetti pri-vati, al fine di coagulare attorno alle iniziative risorse crescenti e finanziamenti coordinati.Il progetto ambizioso di Arcus è così di diventare il “collante” che consente di rendere operativa la capa-cità sistemica di promozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a miglio-rare il quadro dei beni e delle attività culturali, in un’ottica di sempre migliore conservazione, fruizio-ne e valorizzazione. Arcus, muovendosi opportunamente, favorisce la necessaria convergenza ditutti i soggetti, contribuendo quindi al successo dei progetti culturali di volta in volta identificati.

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BMW Group e l’impegno culturale nel mondo e in Italia BMW Italia partner del MAXXI Il programma culturale di BMW contempla oltre 100 progetti di respiro internazionale ed è uno degli elementi chiave delle comunicazioni corporate da quasi 40 anni. Questo impegno culturale si concentra sull'arte moderna e contemporanea, oltre che sulla musica classica, sul jazz, sull'architettura e sul design. Di recente BMW AG ha annunciato una collaborazione a lungo termine con la Fondazione Guggenheim, che prenderà le forme di una struttura mobile itinerante, il BMW Guggenheim Lab, spazio pubblico di dialogo sui temi della vita urbana. Nel corso del tempo artisti del calibro di Gerhard Richter Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Olafur Eliasson, Thomas Demand e Jeff Koons hanno collaborato con BMW. Inoltre, la società ha commissionato ad architetti di fama internazionale, tra cui Karl Schwanzer, Zaha Hadid e la cooperativa Coop Himmelb(l)au, la costruzione degli edifici principali e degli impianti di produzione. In tutte le attività culturali in cui è coinvolta, BMW garantisce una libertà creativa assoluta ai propri partner, condizione essenziale non solo per la creazione di opere artistiche all'avanguardia, ma anche per lo sviluppo di innovazioni pionieristiche in un'azienda di successo.

Il BMW Group in Italia rappresenta un importante player economico all’interno del nostro Paese. Essere la Casa automobilistica premium leader significa essere eccellenti in ogni singolo processo, in ogni attività interna ed esterna, ma impone anche di andare oltre i propri confini commerciali, e svolgere un ruolo attivo e integrato nel tessuto sociale di cui si fa parte. Per questo motivo il BMW Group si impegna nelle mostre, nei concerti e nei festival più esclusivi. L’essere attori sociali significa, infatti, riconoscere l’importanza che il patrimonio culturale e storico rivestono nel proprio paese, e sostenere le iniziative che possono contribuire a mantenerlo vivo. A tal proposito BMW Group Italia affianca da oltre dieci anni il Fondo per l'Ambiente Italiano (F.A.I.) senza dimenticare la collaborazione con il prestigioso Teatro alla Scala di Milano in atto dal 2002.

In questa ottica si colloca anche la partnership con il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, centro di eccellenza e snodo interattivo in cui i contenuti estetici dell’età contemporanea si declinano in forme artistiche radicalmente innovative seppur in continuità con la tradizione artistica moderna. Il grande interesse per l’arte e per l’architettura accomunano il BMW Group e il MAXXI, il cui progetto architettonico è stato affidato all’architetto anglo-irachena Zaha Hadid, autrice anche dello stabilimento BMW a Lipsia. Al principio del movimento e del flusso comunicativo si ispirano entrambi gli edifici, i cui materiali innovativi fondono creatività e evoluzione tecnologica.

L'impegno sociale del BMW Group e l’interesse per la ricerca medica si concretizzano anche nella partnership avviata dal 2002 con l'Istituto Scientifico Universitario S. Raffaele di Milano. La nascita della BMW Research Unit - HSR, il laboratorio di ricerca dedicato alla Medicina Rigenerativa del sistema nervoso con cellule staminali adulte inaugurato ufficialmente il 5 dicembre 2008, costituisce una conferma di quest’impegno. Per ulteriori informazioni: Andrea Frignani Tel. 02.51610164. Fax 02.51610.416 / email: [email protected] Media website: www.press.bmwgroup.com (comunicati e foto) e http://bmw.lulop.com (filmati) BMW Group Il BMW Group, con i marchi BMW, MINI e Rolls-Royce, è uno dei costruttori di automobili e motociclette di maggior successo nel mondo. Essendo un’azienda globale, il BMW Group dispone di 24 stabilimenti di produzione dislocati in 13 paesi e di una rete di vendita diffusa in più di 140 nazioni. Il BMW Group ha raggiunto nel 2009 un volume di vendita di oltre 1,29 milioni di automobili e 87.000 motociclette. I profitti lordi per il 2009 sono stati di 413 milioni di Euro, il fatturato è stato di 50,68 miliardi di Euro. La forza lavoro del BMW Group al 31 dicembre 2009 era di circa 96.000 associati. Il successo del BMW Group è fondato su una visione responsabile e di lungo periodo. Per questo motivo, l’azienda ha sempre adottato una filosofia fondata sull’eco-compatibilità e sulla sostenibilità all’interno dell’intera catena di valore, includendo la responsabilità sui prodotti e un chiaro impegno nell’utilizzo responsabile delle risorse. In virtù di questo impegno, negli ultimi sei anni, il BMW Group è stato riconosciuto come leader di settore nel Dow Jones Sustainability Index.

BMW Group Relazioni Istituzionali e Comunicazione

Società BMW Italia S.p.A.

Società del

BMW Group

Sede Via della Unione

Europea,1 I-20097 San Donato

Milanese (MI)

Telefono 02-51610111

Telefax

02-51610222

Internet www.bmw.it www.mini.it

Capitale sociale

5.000.000 di Euro i.v.

R.E.A. MI 1403223

N. Reg. Impr.

MI 187982/1998

Codice fiscale 01934110154

Partita IVA

IT 12532500159

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   TELECOM  ITALIA  A  SOSTEGNO  DELLA  CULTURA  E  DELL’INNOVAZIONE    Oltre ad offrire piattaforme tecnologiche su cui voce e dati si trasformano in servizi di telecomunicazioni avanzati e soluzioni ICT e media all’avanguardia, Telecom Italia contribuisce allo sviluppo e alla crescita del Paese anche attraverso il sostegno a numerose attività e progetti per la diffusione della cultura e dell’innovazione. Nel settore delle arti figurative, Telecom Italia è partner tecnologico del MAXXI, il museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, mettendo a disposizione le sue infrastrutture di comunicazione più avanzate. L’azienda è inoltre partner del l ’Accademia Nazionale di Santa Ceci l ia e dell’Auditorium Parco del la Musica, le due principali realtà culturali di Roma, con cui sviluppa progetti dedicati a alcuni dei più interessanti eventi in cartellone, permettendo di seguirli in web streaming o proponendo contenuti esclusivi di approfondimento in formato digitale. Anche nell’ambito del teatro e della danza contemporanea Telecom Italia è attiva sostenendo la rassegna internazionale Romaeuropa Festival , con cui collabora per portare in scena la visione del futuro e delle avanguardie tecnologiche attraverso una selezione di spettacoli denominata Metamondi. Sostiene inoltre il Festival del la Letteratura di Mantova con l’obiettivo di sensibilizzare i lettori alle nuove forme digitali di fruizione della letteratura, e il Festival del le Città Impresa che si svolge nel Triveneto, dove concorre alla realizzazione di incontri con personalità di rilievo internazionale provenienti dal mondo dell’economia e dei linguaggi multimediali. In linea con la sua vocazione all’innovazione Telecom Italia prende inoltre parte annualmente al Festival del la Scienza di Genova, con i l quale ha real izzato i l progetto festivalscienzal ive. i t , e al Festival del le Scienze di Roma: i due appuntamenti che consentono al grande pubblico di entrare in contatto con le maggiori tematiche scientifiche, per mezzo di installazioni interattive e conferenze con i protagonisti di fama internazionale. Infine, in occasione del 150esimo anniversario della proclamazione dell’unità d’Italia, Telecom Italia è tra i partner principali del Comitato Ital ia 150 e prende parte alle celebrazioni mettendo a disposizione del Comitato soluzioni innovative basate sul web e le più avanzate tecnologie di telecomunicazioni, oltre che lanciando alcune iniziative specifiche.

Telecom  Italia  Ufficio  Stampa  

+39 06 3688 2610 http://www.telecomitalia.com/media

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Il Gioco del Lotto a sostegno dell’arte e della cultura in Italia

Il gioco del Lotto ha una tradizione secolare, nel corso della storia, infatti, ha vissuto alternando la clandestinità alla celebrazione, osteggiato, ma poi legalizzato perché portatore di entrate destinate, in parte, ad opere pie e di pubblica utilità. Le prime notizie certe intorno al gioco del Lotto vengono fatte risalire al 1620 a Genova. Più tardi nella seconda metà del XVII secolo si diffuse il "Lotto della Zitella". Anche questa versione del gioco divenne famosa in tutta Europa. Nello Stato della Chiesa, il gioco del Lotto godette di alterne fortune. Il 9 dicembre 1731, nel quadro degli interventi a sostegno della finanza pubblica, venne definitivamente istituzionalizzato. Grande fu il successo della prima estrazione avvenuta il 14 febbraio 1732 sulla piazza del Campidoglio. Questa improvvisa disponibilità finanziaria permise al papa Clemente XII, di promuovere il rinnovamento edilizio di Roma con la costruzione, tra l'altro, della Fontana di Trevi, della facciata di S. Giovanni in Laterano, del Palazzo della Consulta al Quirinale, della facciata di S. Giovanni dei Fiorentini. L'importanza dei proventi del gioco del lotto per interventi di valenza culturale non verrà meno nei decenni successivi, anzi si consoliderà con la nuova straordinaria impresa museale promossa dai pontefici a Roma: l'istituzione dei Musei Vaticani nel 1771. Molte altre furono le città che beneficiarono dei proventi del Lotto, come, ad esempio, il porto di Ancona, il rifacimento del ponte di Tiberio a Rimini, e la ristrutturazione dell'acquedotto a Perugia. In seguito lo storico legame tra il gioco del Lotto e i beni culturali si è definitivamente consolidato nel 1996 quando, con l’introduzione della seconda estrazione settimanale del mercoledì, una parte dei proventi derivanti dal gioco è stata destinata, in base a una programmazione triennale, al Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il recupero e la conservazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico (legge n.662/96). Da diversi anni, Il Gioco del Lotto è impegnato in progetti e attività di sostegno a iniziative portatrici di valori educativi e sociali. Per questa ragione, Il Gioco del Lotto ha legato il proprio nome alle più importanti istituzioni culturali con il desiderio di contribuire ad arricchire la comunità con iniziative di qualità. E’ quindi nell’ambito di una sempre maggiore attenzione agli interventi finalizzati alla valorizzazione del territorio che il Gioco del Lotto in passato ha partecipato al recupero di luoghi di rilevante impatto sociale nella città di Roma e oggi ha scelto di affiancare importanti istituzioni come il Palazzo delle Esposizioni, le Scuderie del Quirinale, il Vittoriano, la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini e, dalla sua apertura, il MAXXI. Tutti questi sono solo alcuni degli esempi più significativi di come il Gioco del Lotto contribuisca attivamente alla crescita della vita culturale italiana e di come da anni si impegni nella valorizzazione del patrimonio artistico con iniziative di promozione e comunicazione destinate ad avvicinare la cultura a tutti i cittadini.

Lottomatica è il più grande operatore di lotterie al mondo in termini di raccolta ed è l’azienda leader in Italia nel settore dei giochi. In qualità di concessionaria esclusiva dello Stato, la Società gestisce dal 1993 la principale lotteria del mondo, il “Lotto”, e dal 2004 le lotterie Istantanee e Differite. Lottomatica prosegue con successo nella strategia di crescita attraverso la diversificazione del proprio portafoglio giochi (Giochi sportivi, Apparecchi da intrattenimento, Videolotterie, Scommesse a totalizzatore), fornendo tutti i relativi servizi tecnici. Facendo leva sul proprio presidio distributivo e su importanti competenze di processing, Lottomatica offre inoltre servizi automatizzati di pagamento. La Società, della quale il Gruppo De Agostini è azionista di maggioranza, distribuisce giochi e servizi attraverso una delle reti di collegamento on-line in tempo reale più estese in Europa.

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Zumtobel. La luce

Zumtobel è produttore leader internazionale di soluzioni illuminotecniche

all’avanguardia per tutte le applicazioni professionali in edifici. Innovazione, tecnologia,

design, emozione ed efficienza energetica sono le chiavi del suo successo aziendale.

Le organizzazioni distributive presenti in 22 paesi e le rappresentanze in altri 50

garantiscono un servizio di vendite e assistenza altamente qualificato in tutto il mondo.

“Con la luce vogliamo creare sensazioni, semplificare il lavoro, favorire la

comunicazione e la sicurezza, consapevoli della nostra responsabilità nei confronti

dell’ambiente”. Coerente alla sua filosofia aziendale, Zumtobel offre una gamma

completa di apparecchi d’illuminazione, sistemi di comando e di luce di emergenza

destinati ai settori applicativi più svariati. L’azienda è leader anche nella produzione di

LED. La tecnologia LED ha rivoluzionato le possibilità di realizzare impianti

illuminotecnici efficienti tutelando le risorse. Per questo motivo Zumtobel considera

naturale ottimizzare ed estendere incessantemente la sua offerta di prodotti all’insegna

dell’efficienza energetica. In tale contesto l’azienda ha introdotto nel 2010 il nuovo

marchio „eco+“ che certifica prodotti particolarmente sostenibili. Inoltre ha esteso a

cinque anni la garanzia su tutta la sua gamma di produzione.

In qualità di leader innovativo, Zumtobel cerca costantemente il miglior equilibrio

possibile tra qualità della luce ed efficienza energetica. Seguendo questa filosofia, nei

suoi oltre cinquant’anni di storia l’azienda ha sviluppato una profonda competenza

sull’impiego professionale della luce e la mette a disposizione dei clienti in tutto il

mondo.

In ogni fase della collaborazione, l’azienda specialista della luce si pone come obiettivo

quello di avvicinare i clienti alle molteplici possibilità che la luce può offrire se

perfezionata sia esteticamente che tecnicamente. Oggi Zumtobel dispone di diciotto

centri di competenza in cui quest’obiettivo trova espressione visiva. Nei Light Center i

clienti e i partner trovano una qualità d’incontro che va ben oltre la mera presentazione

dei prodotti. Qui infatti si vivono le innovazioni della luce e le tecnologie più moderne

nelle loro applicazioni. Con lo scopo di trovare l’equilibrio ideale tra efficienza

energetica e luce di qualità a misura d’uomo. Perché la luce è vita. Zumtobel. La luce.