L’inaccettabile riduzione dei diritti garantismo sì e no · garantismo sì e no Escludendo...

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Giovedì 16 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 52 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QuotiDiano LiberaLe Per Le garanzie, Le riforMe eD i Diritti uMani delle Libertà LETIZIA A PAGINA 5 Israele, Italia, Ue e le prospettive energetiche ESTERI ROSSI-MOSCA A PAGINA 2 Promesse da marinaio a un popolo di navigatori POLITICA GRANARA A PAGINA 4 La Repubblica di Weimar e il sistema proporzionale POLITICA Riforma penale, approvato il fine processo mai C’è voluta la mozione di fiducia posta dal Governo per approvare la riforma del Codice penale che allunga a dismisura la prescrizione e rende interminabile la fase processuale. Il Ncd chiede modifiche alla Camera dove, però, i giustizialisti hanno la maggioranza PRIMO PIANO Riforma del processo penale, un grave vulnus alla civiltà giuridica aLeSSanDrini a pagina 3 di arturo DiaconaLe Appello a liberali, riformisti e popolari O gnuno ha tirato l’acqua al suo mulino. Sia il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, impegnato a riesumare il cadavere del meridio- nalismo borbonico contro l’op- pressione nordista per consolidare la propria posizione. Sia il leader della Lega, Matteo Salvini, deciso a nazionalizzare il suo partito in vista delle elezioni di fine legislatura proponendosi come l’alfiere di un le- ghismo meridionalista. Ma è un fatto che ognuno abbia fatto fin troppo volentieri il gioco dell’altro. De Magistris ha fomen- tato i centri sociali ben felice di poter cavalcare la loro guerriglia urbana per porsi come il solo difensore della napoletanità contro il leghista inva- sore. Salvini ha sfruttato il rilevo me- diatico degli incidenti di Napoli per presentarsi agli occhi del popolo na- zionale dei moderati come la vittima delle prevaricazioni dei soliti vetero- comunisti. Se si fossero accordati segreta- mente non sarebbero riusciti a con- seguire un risultato così utile per entrambi. Continua a pagina 2 S ono io che non ricordo bene o quando il presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, finì nel mirino della magistratura e fu indagato, l’allora segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, ha replicato illico et immediate: “Errani, resta al tuo posto! Lo so che sei innocente!”. Sono sempre io che continuo a ri- cordare a fatica (ce ne vuole, pur- troppo) che la persona che oggi vuole le dimissioni di Luca Lotti (in- dagato pure lui) è proprio il suddetto Bersani? Voi direte: ma sono affari interni del Pd. Beh, se lo fossero, non ci prenderemmo nessuna briga a fi- nirla lì; il fatto è che non si tratta di affari interni di nessuno, partito o no, di sinistra o no. Si tratta né più né meno che di garantismo; e sic- come lo dice la parola stessa, ecco che il contenuto e la forma del ga- rantismo stanno nel termine “garan- zia” che è sempre e soltanto a senso unico, non tocca questo o quello, fi- guriamoci se del governo e dell’op- posizione. Tocca ciascuno di noi. Punto e basta. di PaoLo PiLLitteri Continua a pagina 2 Politica, giustizia, garantismo sì e no E scludendo quelli del gruppo M5S (che Iddio abbia compassione di loro, non sanno quello che fanno), ora contiamo quanti avvocati parla- mentari ieri hanno avuto il coraggio di votare la fiducia su un disegno di legge che, tra le altre ferite ai principi della civiltà giuridica e dello stato di diritto, nega agli imputati detenuti di stare in aula davanti al giudice. Men- tre il Senato della Repubblica, con- sumando per mere ragioni di opportunità politica uno strappo con alcuni tra i principi fondanti dell’or- dinamento, si accinge a votare la fi- ducia a un Governo alla ricerca della sopravvivenza, noi dobbiamo levare la nostra voce, protestare. Reagire senza paura. A differenza di altri, ai quali è consentito cercare spazi di media- zione, noi, oggi, non possiamo per- metterci il lusso di tergiversare, di- scutere, batterci per trovare un punto di compromesso. Non pos- siamo farlo, come è chiaro a cia- scuno di noi, perché i diritti alla cui protezione abbiamo dedicato la vita non ci appartengono e non sono nella nostra disponibilità. Noi siamo la voce di chi quei diritti non può esercitare; di chi affida a noi il pro- prio destino, confidando nella nostra lealtà e nella fedeltà ai nostri doveri. Noi non accetteremo riduzioni di quei diritti perché, cedendo alle ten- tazioni, ci renderemmo responsabili del tradimento dei valori in cui di- ciamo di credere. E di noi stessi. Altri rappresentano e servono lo Stato. Noi serviamo e difendiamo la Costi- tuzione repubblicana e i diritti che la rendono democratica. Oggi, io scelgo la via dell’Aven- tino: tornerò a dialogare - con chiun- que, visto che non ho governi o ministri amici - quando agli imputati detenuti sarà consentito di stare da- vanti al giudice e quando si darà corso ad una riforma vera della Giu- stizia. Fino ad allora, come mi im- pone l’indisponibilità dei diritti che rappresento, io farò ostruzionismo, protesterò e ricorderò ai miei amici che, insieme, la spunteremo noi. Viva la Repubblica, Viva la libertà. di Mauro anetrini L’inaccettabile riduzione dei diritti

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Giovedì 16 Marzo 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 52 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale QuotiDiano LiberaLe Per Le garanzie, Le riforMe eD i Diritti uMani

delle Libertà

LETIZIA A PAGINA 5

Israele, Italia, Ue

e le prospettive energetiche

ESTERI

ROSSI-MOSCA A PAGINA 2

Promesse da marinaio

a un popolo di navigatori

POLITICA

GRANARA A PAGINA 4

La Repubblica di Weimar

e il sistema proporzionale

POLITICA

Riforma penale, approvato il fine processo maiC’è voluta la mozione di fiducia posta dal Governo per approvare la riforma del Codicepenale che allunga a dismisura la prescrizione e rende interminabile la fase processuale.Il Ncd chiede modifiche alla Camera dove, però, i giustizialisti hanno la maggioranza

PRIMO PIANO

Riforma del processo penale,

un grave vulnus

alla civiltà giuridicaaLeSSanDrini

a pagina 3

di arturo DiaconaLe

Appello a liberali,riformisti e popolari

Ognuno ha tirato l’acqua al suomulino. Sia il sindaco di Napoli,

Luigi de Magistris, impegnato ariesumare il cadavere del meridio-nalismo borbonico contro l’op-pressione nordista per consolidarela propria posizione. Sia il leaderdella Lega, Matteo Salvini, decisoa nazionalizzare il suo partito invista delle elezioni di fine legislaturaproponendosi come l’alfiere di un le-ghismo meridionalista.

Ma è un fatto che ognuno abbiafatto fin troppo volentieri il giocodell’altro. De Magistris ha fomen-tato i centri sociali ben felice di potercavalcare la loro guerriglia urbanaper porsi come il solo difensore dellanapoletanità contro il leghista inva-sore. Salvini ha sfruttato il rilevo me-diatico degli incidenti di Napoli perpresentarsi agli occhi del popolo na-zionale dei moderati come la vittimadelle prevaricazioni dei soliti vetero-comunisti.

Se si fossero accordati segreta-mente non sarebbero riusciti a con-seguire un risultato così utile perentrambi.

Continua a pagina 2

Sono io che non ricordo bene oquando il presidente della giunta

regionale dell’Emilia-Romagna,Vasco Errani, finì nel mirino dellamagistratura e fu indagato, l’allorasegretario del Partito Democratico,Pier Luigi Bersani, ha replicato illicoet immediate: “Errani, resta al tuoposto! Lo so che sei innocente!”.Sono sempre io che continuo a ri-cordare a fatica (ce ne vuole, pur-troppo) che la persona che oggivuole le dimissioni di Luca Lotti (in-dagato pure lui) è proprio il suddettoBersani? Voi direte: ma sono affariinterni del Pd. Beh, se lo fossero, nonci prenderemmo nessuna briga a fi-nirla lì; il fatto è che non si tratta diaffari interni di nessuno, partito o

no, di sinistra o no. Si tratta né piùné meno che di garantismo; e sic-come lo dice la parola stessa, eccoche il contenuto e la forma del ga-rantismo stanno nel termine “garan-zia” che è sempre e soltanto a sensounico, non tocca questo o quello, fi-guriamoci se del governo e dell’op-posizione. Tocca ciascuno di noi.Punto e basta.

di PaoLo PiLLitteri

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Politica, giustizia,garantismo sì e no

Escludendo quelli del gruppo M5S(che Iddio abbia compassione di

loro, non sanno quello che fanno),ora contiamo quanti avvocati parla-mentari ieri hanno avuto il coraggiodi votare la fiducia su un disegno dilegge che, tra le altre ferite ai principidella civiltà giuridica e dello stato didiritto, nega agli imputati detenuti distare in aula davanti al giudice. Men-tre il Senato della Repubblica, con-sumando per mere ragioni diopportunità politica uno strappo conalcuni tra i principi fondanti dell’or-dinamento, si accinge a votare la fi-ducia a un Governo alla ricerca dellasopravvivenza, noi dobbiamo levarela nostra voce, protestare. Reagiresenza paura.

A differenza di altri, ai quali èconsentito cercare spazi di media-zione, noi, oggi, non possiamo per-

metterci il lusso di tergiversare, di-scutere, batterci per trovare unpunto di compromesso. Non pos-siamo farlo, come è chiaro a cia-scuno di noi, perché i diritti alla cuiprotezione abbiamo dedicato la vitanon ci appartengono e non sononella nostra disponibilità. Noi siamola voce di chi quei diritti non puòesercitare; di chi affida a noi il pro-

prio destino, confidando nella nostralealtà e nella fedeltà ai nostri doveri.Noi non accetteremo riduzioni diquei diritti perché, cedendo alle ten-tazioni, ci renderemmo responsabilidel tradimento dei valori in cui di-ciamo di credere. E di noi stessi. Altrirappresentano e servono lo Stato.Noi serviamo e difendiamo la Costi-tuzione repubblicana e i diritti che larendono democratica.

Oggi, io scelgo la via dell’Aven-tino: tornerò a dialogare - con chiun-que, visto che non ho governi oministri amici - quando agli imputatidetenuti sarà consentito di stare da-vanti al giudice e quando si daràcorso ad una riforma vera della Giu-stizia. Fino ad allora, come mi im-pone l’indisponibilità dei diritti cherappresento, io farò ostruzionismo,protesterò e ricorderò ai miei amiciche, insieme, la spunteremo noi. Vivala Repubblica, Viva la libertà.

di Mauro anetrini

L’inaccettabile riduzione dei diritti

ropa non conta. Non conta nem-meno un fisco persecutorio e osses-sivo, l’assurdità della Legge Fornero,non contano i privilegi delle pensionid’oro.

Per le maggioranze e i governi chesi sono succeduti dal 2011 a ogginon conta nemmeno che l’Italia stiapeggio di tutte, che al referendumdello scorso dicembre gli italianihanno detto qualcosa. Secondo loro,comprese le più alte cariche delloStato, il “No” è stato un semplice in-cidente di percorso. Dunque tantovale far finta di niente, per questonon ci fanno votare. Per la classe di-rigente il sentimento popolare o è afavore oppure è un fastidio, un ri-schio, un populismo di destra peri-coloso. Roba da matti.

Non solo non sanno fare autocri-tica e le performance di Renzi al Lin-gotto lo testimoniano, mavorrebbero una cittadinanza silente

e acefala. Silente versogli scandali, i disservizi,la malagiustizia, silenteverso la persecuzionefiscale e verso la barcadi miliardi che si spen-dono ingiustamente.Insomma, la protesta,la critica, il disappunto,la voglia di cambiare èpopulismo, la peggioredelle devianze sociali.Non vogliono capireche le pensioni d’orosono un assurdo del di-ritto, un’ingiustizia so-ciale e contabile, cosìcome i super-stipendidei manager e i vitalizi.Non vogliono capireche il mantenimento invita di decine di enti,aziende, organismi inu-tili e decotti, è antieco-

nomico e iniquo. Nonvogliono capire, infine,che insistere nel tartas-sare, punire chi si di-fende dalla criminalità,trascurare gli italiani emantenere i clandestini,è scriteriato e insoppor-tabile.

In buona sostanzanon vogliono capire chela corda si sta spezzandoe anni e anni di scandali,terrorismo fiscale, privi-legi di casta e disservizihanno corroso la fiduciae la pazienza sociale.Ecco perché la gente nonne può più. Altro che po-pulismo, è la reazionealle bugie, alle promesse,alle cartelle pazze, allalentezza della giustizia,

alla disoccupazione, all’insicurezza.È la reazione a Mafia Capitale, Expo,Mose, Monte dei Paschi di Siena, lareazione ai bonus elettorali, a “MareNostrum”, al calibro delle mele, allalunghezza dei cetrioli e alle quotelatte. La reazione, in conclusione, auna serie di tasse aggiuntive per com-pensare gli sperperi e i buchi di bi-lancio. Altro che populismo! È lavoglia di normalità, libertà, certezzadella pena; la voglia di una politicache rispetti la cosa pubblica e il sensolaico dell’amor patrio. Lo chiamas-sero pure populismo, ma dietro c’è lavoce di milioni di persone, di tutte leestrazioni, professioni, fede, convin-zioni, età e cultura. È il mondo checambia, la collettività che riflette egiudica. È la conseguenza di frontealla cecità, arroganza e ipocrisia diuna classe dirigente egoista e inca-pace.

Da Mario Monti a Paolo Genti-loni, passando per Enrico Letta

e soprattutto Matteo Renzi, solopromesse, sbrasate e tonnellated’ipocrisia politica e intellettuale.

Insomma, promesse da marinaioin un Paese di navigatori che daqualche tempo ha iniziato a ribellarsialla mediocrità, all’ambiguità e al-l’arroganza della classe politica. Gliipocriti lo chiamano “populismo”,cioè il fenomeno della presa di co-scienza dei cittadini di non volersipiù far prendere in giro e trattare dasudditi. Insomma, secondo loro pernon essere populista la società civile,reale, la gente, avrebbe dovuto con-tinuare a tacere, ad accettare supina-mente, a non esprimere dissensoverso la politica.

Per farla breve, da Monti a Gen-tiloni, gli italiani avrebbero dovutofar finta di non vedere quattro Pre-mier non eletti, non sentire le pro-messe disattese, non reagire allebatoste fiscali. Non avendolo fatto escegliendo al contrario di protestarecontro l’invasione d’immigrati, ilcrollo della sicurezza, la persecuzionefiscale, la trascuratezza per i terre-motati, è scattata la parola magica:“populismo”. Come se non bastasse,visto che la protesta si rivolge conforza anche all’Europa, ai Trattati eall’Euro, apriti cielo.

Il soccorso cattocomunista, cleri-cale e falso bigotto, è scattato comeuna molla per strillare e far strillaredall’informazione compiacente, alpericolo populista, sovranista, razzi-sta delle destre intolleranti. In-somma, i soloni dei governi e dellemaggioranze di questi anni fanno agara a minacciare contro il rischiodella gente che, stanca degli abusi,protesta. Fanno a gara perché perloro gli scandali e gli sprechi noncontano, l’invasione di sconosciutiovunque non conta, la disoccupa-zione non conta, l’imbroglio dell’Eu-

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

partire proprio dall’avviso di garanzia.Del resto le contraddizioni dei politici di si-

nistra, la loro strutturale difficoltà a renderegiustizia (è proprio il caso di dirlo) alla parolariformista della quale si riempiono la bocca, ri-formando, non a parole, ciò che va riformatoin quel settore nevralgico, hanno regalato aBeppe Grillo uno spazio, una prateria, un vastopotenziale elettorale che si basa, soprattutto,sulla criminalizzazione degli altri e sulla colpe-volezza appiccicata ai loro nemici, sul grido di“In galera, in galera, tutti corrotti, tutti ladri!”la cui indicazione così obbligatoriamente e me-diaticamente cogente per gli altri, non lo è perse stessi, vedi l’emblematico caso di VirginiaRaggi. Garantismo peloso. Peggio che a giornialterni: a senso unico.

PAOLO PILLITTERI

2 L’OPINIONE delle Libertà giovedì 16 marzo 2017Politica

sterà proporzionale e puntando sul dato iden-titario populista per svuotare del maggior nu-mero di voti Forza Italia e gli stessi Fratellid’Italia.

Se questo è lo scenario diventa indispensa-bile, sia nella prospettiva della legge maggiori-taria con premio alla coalizione e a maggiorragione in quella della conservazione del pro-porzionale, contrapporre al richiamo identita-rio populista del leader leghista quelloaltrettanto identitario delle radici liberali, ri-formiste e popolari di chi non vuole morire le-penista.

Se Forza Italia vuole essere un alleato e nonun suddito della Lega in un sistema maggiori-tario deve obbligatoriamente rivendicare la suanatura originaria. Se vuole resistere alla suaconcorrenza in un sistema proporzionale devecompiere con maggior forza la stessa opera-zione. I liberali, i riformisti, i popolari (e glistessi sovranisti italiani e non filo-francesi ofilo-americani) ci sono. E hanno la ferma in-tenzione di sostenere i loro valori e le loro idee!

ARTURO DIACONALE

...Basta? Mica tanto, se è vero com’è vero chequalcun’altro dei seguaci di Bersani nella scis-sione da poco attuata lo imita, ma in peggio,parlando delle dimissioni di Lotti come unfatto di dignità e di stile, manco si trattasse diuno sgarbo morale al Paese quando, invece, èil Paese che dovrebbe capire fino in fondo chele garanzie non sono un’offa, una mancia, nonconsistono in un dono del sovrano, ma rap-presentano l’essenza di un’autentica democra-zia. Il garantismo non è mai un pretesto, un

segue dalla prima

...Ma ora che de Magistris può vestirsi daFranceschiello e Salvini da Nino Bixio (per in-dossare i panni di Giuseppe Garibaldi il leaderleghista deve compiere ancora lunghissimastrada), è necessario che i due fenomeni che sialimentano a vicenda trovino una qualche ri-sposta politica. Il problema di Luigi De Magi-stris rientra nel novero dei tanti che affliggonola sinistra e l’ultra-sinistra italiana. E da lorodovrà essere affrontato e risolto quando il suoprotagonista tenterà di uscire dal recinto do-mestico napoletano per espandersi in tutto ilmeridione.

Il problema Salvini, invece, investe imme-diatamente e direttamente il centrodestra. Enon può essere rinviato a data da destinarsi oderubricato a faccenda da risolvere con unqualche accordo pre-elettorale. Perché il leaderdella Lega non si muove affatto nella direzionedi sostituirsi a Silvio Berlusconi e diventare ilnuovo federatore dello schieramento dei mo-derati. Punta a diventare il leader incontrastatodel centrodestra, imponendo a tutti l’egemoniaculturale del proprio sovranismo intransigente.

Salvini, in sostanza, non cerca punti di com-promesso tra le varie anime dello schieramentocon l’obiettivo di creare una coalizione pluralee diventarne il capo più o meno tollerante e il-luminato. Come se ci fosse già una legge elet-torale con premio di maggioranza per lecoalizioni. Vuole imporre la linea sovranistapiù radicale piegando le resistenze di chi noncondivide il lepenismo all’italiana e rotta-mando tutti i riottosi rispetto al corso dellaLega nazionale. Si muove, in altri termini,dando per scontato che la legge elettorale re-

modo di dire o un salvataggio di un amico maè, o dovrebbe essere, un baluardo a difesa del-l’innocenza di qualsiasi indagato. Appunto,l’indagato.

Togliamoci pure dalla scarpa alcuni sasso-lini renziani, non tanto dissimili dai macigniancorché politici di cui l’allora occupante diPalazzo Chigi si liberò a sua volta, solo cheavevano il nome dei suoi ministri; in primisquel Maurizio Lupi che resta pur sempre unodei più preparati politici di questa maggio-ranza, poi Federica Guidi, Annamaria Cancel-lieri e Nunzia De Girolamo, tanto per nonparteggiare sia per i rimasti che per i scissi dalPd.

Il punto vero è che da tanti, troppi anni, legaranzie all’indagato, al raggiunto da un av-viso di garanzia, sono alternate e vengono dateo rifiutate a seconda dell’interesse particolare;viaggiano un giorno sul sì e l’altro sul no senzaneppure rendersi conto, da parte dei negatori,che quel principio del quale si fanno gioco, unavolta negato pro domo sua, fa venir meno unpilastro della convivenza e, al tempo stesso,rende sempre più impetuoso, almeno da unquarto di secolo, l’incedere chiodato della ma-gistratura. E le sue retate pressoché quotidiane,in ispecie verso politici od ex, insegnano o do-vrebbero insegnare che proprio l’avviso di ga-ranzia dovrebbe diventare il pilastrodell’innocenza, naturalmente fino a sentenza fi-nale; invece è l’opposto. L’indagato è colpevolea priori, ipso facto, messo alla berlina e all’in-dice, sputtanato e abbandonato. Risultato: lamagistratura, istituzione indubbiamente indi-pendente ma non facente parte ancora del po-tere legislativo (che fa cioè le leggi daapplicare) va avanti per la sua strada e sonoinutili i lai della politica, tanto più alti quandone vengono toccati ma tanto meno capaci dispingere ad autentiche riforme del settore, a

Appello a liberali,riformisti e popolari

Politica, giustizia,garantismo sì e no

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

Promesse da marinaio a un popolo di navigatori

Ecco fatto. Anche la seconda let-tura del ddl delega con cui viene

riformato (?) il processo penale èpassata ieri al Senato, che ha accor-dato la fiducia chiesta dall’Esecutivoproprio sulla riforma.

Con l’ormai tristemente usualeprassi di evitare il dibattito ed esclu-dere la discussione parlamentare suldelicatissimo tema della giustizia pe-nale, cui sono strettamente collegatii diritti, le garanzie e la dignità dellapersona, il Governo ha incassato lafiducia dando l’ennesima prova dicurarsi solo degli interessi di chi nefa parte. Una mossa a dir poco op-portunistica da parte del guardasi-gilli Andrea Orlando che pure sullariforma del sistema penitenziario si èmosso in modo da lasciar intrave-dere uno spiraglio di miglioramentosotto il profilo del rispetto costitu-zionale dell’esecuzione della pena,ma il cui interesse a presentarsi alleprimarie del Partito Democraticocon il colpo della (contestatissima)riforma del processo penale mandatoa segno ha prevalso.

All’insegna della più smaccata ar-rendevolezza alle esigenze di populi-smo penale dell’opinione pubblica edi personale retribuzione elettorali-stica, alle “indicazioni” e pressionidei settori più invadenti della magi-stratura e in spregio ai diritti, alle ga-ranzie del singolo, al giusto processoe alla civiltà giuridica che contrasse-gna la democrazia. I temi scottanticontenuti nel ddl sono le intercetta-zioni telefoniche e il nuovo pervasivostrumento di indagine, il Trojan diStato, l’aumento delle pene edittali,il processo a distanza che lede inmodo plateale il diritto di difesa e ingenerale i cardini del giusto processo,quello in cui la prova si costruiscedurante il dibattimento nel contrad-dittorio tra le parti dell’accusa e della

difesa e prevedendo per l’imputato lapossibilità di essere vicino a chi rico-pre la sacrosanta e costituzionalefunzione difensiva, le nuove regole

sulle indagini preliminari, i tempidella prescrizione, per i cui temi èprevista una folle dilatazione.

Al momento il giusto processo è

sconfitto, ma intanto può servire acomprendere anche l’ironia del-l’avvocato Domenico Battista dellaCamera penale di Roma, che pro-

prio sulla nuova regolamentazionedella prescrizione ironizza conamarezza: “2035: grazie alla ri-forma Orlando/D’Ascola/Ferranti,il signor Rossi, accusato di corru-zione nel 2017, sarà ancora in at-tesa della propria condanna o dellapropria assoluzione. Ma forse,magra consolazione, avrà diritto aproporre ricorso, sulla base dellaLegge Pinto, per la durata irragione-vole del suo processo (salvo che nelfrattempo gli "orfani dell'inquisito-rio" non riescano a cambiare anchela Costituzione e la Cedu), i dirittifondamentali non si prescrivono”.

“Il processo e i diritti dei citta-dini non possono essere merce discambio di alcuna contesa di poteree tanto meno ostaggi di conflitti dinaturale elettorale”, si legge in co-municato dell’Unione delle CamerePenali Italiane con il quale si comu-nica l’astensione dalle udienze nelsettore penale dal 20 al 24 marzo insegno di protesta e l’organizzazionedi una manifestazione nazionaleprevista a Roma per il 23 marzo.Anche l’Ucpi, forse, avrebbe potutocredere meno alle sirene di Orlandoe non ridursi alla contestazione indifesa dei fondamentali del pro-cesso accusatorio e di diritti e li-bertà fondamentali di cui almomento sembra non importi nullaa nessuno e i rischi della cui viola-zione nessuno vuole vedere. Perchéquesta riforma è un grave vulnusalla civiltà giuridica e sarà ora piùdifficile apportare doverosi corret-tivi.

3l’opinione delle libertàPrimo Piano

di BaRBaRa alessandRini

giovedì 16 marzo 2017

Riforma del processo penale, un grave vulnus alla civiltà giuridica

Gli analisti ora prevedono una mi-grazione epocale verso l’Italia di

uomini e donne di fede mussulmana,ma non da Africa e Medioriente,bensì dai Paesi nordeuropei chestanno introducendo nel propriocorpus giuridico leggi che vietanopratiche islamiche sui posti di lavoro.Soprattutto le aziende di Olanda,Germania, Danimarca e Norvegiahanno celermente provveduto a re-cepire la nuova norma, ispirata dal-l’ultima sentenza della Corte digiustizia europea, che vieta il veloislamico sul posto di lavoro.A questo va aggiunto che lecomunità turche di Olanda,Germania e Danimarca daanni combattono per far sin-dacalmente accettare allegrandi aziende che “la gior-nata di lavoro venga coniu-gata con le esigenze ed i tempida dedicare alle pratiche isla-miche. Si apre la via per vie-tare le pratiche di fedemusulmana sul posto di la-voro - fa notare un responsa-bile sindacale olandese -fortunatamente nel Sud Eu-ropa non c’è questa rigidità”.

“Il divieto di indossare unvelo islamico, se deriva dauna norma interna di un’im-presa privata che vieta di in-dossare in modo visibilequalsiasi segno politico, filo-sofico o religioso sul luogo dilavoro, non costituisce unadiscriminazione diretta fon-data sulla religione o sulleconvinzioni personali” recitala Corte di giustizia europea,pronunciandosi così sull’an-noso caso della donna musul-

mana che venne licenziata nei PaesiBassi per essersi rifiutata di togliersiil velo sul posto di lavoro.

Secondo indiscrezioni, le comu-nità musulmane del Nord Europaavrebbero già iniziato a sondare, tra-mite parenti e referenti religiosi, lemodalità con cui trasferirsi in Italia,Grecia, Spagna e sud della Francia.Una sentenza che potrebbe davverofare la differenza, dividendo l’Eu-ropa in un Nord omogeneamentecristiano-protestante ed un Sud incui dovrebbero convivere cattolici emusulmani. E c’è già chi paragonal’Europa mediterranea a una sorta

di gigantesca Gerusalemme, ovenon sarebbero da escludersi futuriscontri tra musulmani e cattolici,variegando il tutto anche con intem-peranze verso le comunità israeliteitaliane e spagnole. Può l’immediatofuturo non regalarci una grande Ge-rusalemme?

Secondo John Dalhuisen (diret-tore del programma di Amnesty In-ternational per l’Europa e l’Asia), “ladeludente sentenza della Corte offreai datori di lavoro più margini dimanovra per discriminare donne euomini sulla base delle loro credenzereligiose”. Ma altri fanno notare

come questa sentenza, unita al cre-scente numero di sbarchi sulle costeitaliane, stia davvero trasformandol’Italia in una gigantesca favela, dovegli scontri etnico-religiosi potrebberotrasformare molte città in ghetti cherenderebbero impossibile le indaginidi polizia e l’identificazione dei resi-denti.

Obiettivo della sentenza Ue e dellenuove norme sarebbe smantellareSchilderswijk a l’Aia e Neukölln inGermania. Nella capitale olandese, al’Aia, sorge “sharia wijk”, il distrettodella sharia, che ha reso Schilder-swijk impermeabile a ogni forza di

polizia: creando i ben noti problemisull’accertamento dell’estremismo diterza e quarta generazione, soprat-tutto il rigetto verso l’integrazione.Anche in Germania dove sorge il piùgrande ghetto d’Europa, a Neukölln,s’avverte la necessità di smantellarequesti insediamenti e di convincerepopolosi gruppi familiari a migrareverso zone meno evolute dell’Ue.

Chi studia il fenomeno reputa chel’80 per cento sceglierà l’Italia che,pur recependo gran parte delle nor-mative europee in tema bancario emanifatturiero, si conferma l’unicoPaese europeo che non intende chiu-

dere le frontiere a una semprepiù massiva migrazione. Delresto l’islamizzazione delPaese sembrerebbe dietrol’angolo, con la differenzache, da un lato, la laicizza-zione italiana non prevede(anzi respinge) sempre più isimboli del cattolicesimo,mentre l’islamizzazione oc-cupa sempre più spazi co-muni, favorita da aperture edelibere delle amministra-zioni locali (soprattutto delMeridione). Sicilia, Puglia eCampania in testa, dove sem-pre più spesso vengono vie-tate processioni in onore deisanti locali e allestite manife-stazioni per far conoscere lapresenza della fede musul-mana sul territorio. In moltisi chiedono se questo possacomportare un decadimentodelle nostre conquiste sociali,soprattutto per quanto ri-guarda la libertà, i rapportiuomo-donna. E forse questedomande verranno poste dal-l’Italia proprio alla Corte eu-ropea.

L’islamizzazione dell’Italia dopo l’ultima sentenza europeadi RuggieRo Capone

Il dibattito apparentemente sopitosulla legge elettorale di Camera e

Senato sembra aver comportato l’ac-cettazione, quantomeno, del princi-pio proporzionale, quale metodooggi ritenuto più adeguato per for-mare la rappresentanza parlamen-tare delle forze politiche.

Il sistema proporzionale, peraltro,non ha mai trovato applicazione allostato puro, ma ha subito semprevarie correzioni, secondo i diversimetodi prescelti, tesi a garantire larappresentanza a liste di almeno ap-prezzabile seguito elettorale (divi-sione numerica progressiva dellecifre elettorali nei diversi collegi se-condo il metodo D’Hondt, applicatoper il Senato fino al 1993 e fino al2005, per la quota proporzionaleprevista dal Mattarellum; aumentodel denominatore del quoziente elet-torale, secondo il metodo del Quo-ziente Imperiali, applicato allaCamera fino al 1993; introduzione diclausole di sbarramento che le liste de-vono raggiungere per essere ammessealla distribuzione dei seggi, come inGermania (5 per cento dei voti validi)e in Spagna (3 tre per cento).

In attesa che il principio prendaconcreta forma, dato che non si è ri-tenuto di andare alle urne con i si-stemi vigenti e risultante, per laCamera dei deputati, dalla dichiara-zione di illegittimità costituzionaleparziale dell’Italicum da parte dellaCorte costituzionale, si è da più partipaventato il rischio che il sistemaproporzionale provochi l’ingoverna-bilità permanente. In proposito, èstata rievocata l’esperienza della Re-pubblica di Weimar, forma di go-verno semipresidenziale con sistemaelettorale proporzionale, adottato inGermania nel 1919 alla fine dellaGrande Guerra e sulle ceneri del

quale si affermò, nel 1933, il regimenazista. Ne ha accennato GustavoZagrebelsky nell’intervista, pubbli-cata su “La Stampa” e “Il SecoloXIX” di giovedì scorso e, più diffu-samente, Francesco Perfetti sull’in-serto domenicale del QuotidianoNazionale della settimana scorsa.

La Repubblica di Weimar, fondatasu una costituzione democratica permolti aspetti antesignana della no-stra, si caratterizzò per un’instabilitàcronica dei suoi governi di coali-

zione, tanto che, dal 1920 al 1933, vifurono ben otto ricorsi alle urne. No-nostante i luoghi comuni, da unesame più approfondito, emerge cheil richiamo a quella esperienza, peradditare il rischio di un sistema elet-torale proporzionale, è tuttavia in-giustificato per due motivi.

1) Il nazismo non fu provocatodalla Costituzione di Weimar e daisuoi principi liberali, ma dalla gra-vissima crisi economica e sociale se-guita alla disfatta militare tedesca

nella Prima guerra mondiale e dallaquale, come è tristemente noto conl’avvento del fascismo, l’Italia fucoinvolta, nonostante apparente-mente vincitrice.

2) Peso non indifferente nella ri-bellione sociale, che aprì la strada alregime hitleriano, ebbero anche leinique e gravose condizioni impostedalle potenze vincitrici (Usa, Inghil-terra e Francia) alla Germania, per lariparazione dei danni e, addirittura,dei costi della guerra, che acuirono

la crisi sociale e finanziaria, tipicadella fine di ogni conflitto bellico, so-prattutto per i Paesi sconfitti.

Alle nobili e civili istituzioni wei-mariane fu imposto l’obbligo di farfronte a tale fardello, con una pesanteimposizione fiscale sulle rendite, pa-trimoni e redditi dei cittadini ed im-prese tedeschi. Di ciò è indizio la notaaffermazione di Winston Churchill,secondo la quale “la Repubblica diWeimar, coi suoi simboli ed incorag-giamenti progressisti, era vista comeun’imposizione del nemico”.

Pertanto, non vi è alcun fantasmadi Weimar che possa agitare i sonnidella politica italiana, che dovrebbeinvece trarre insegnamento daquanto di positivo vi fu nella PrimaRepubblica, nella quale il sistemaelettorale proporzionale, sancito perentrambe le Camere dalla Costi-tuente, ha garantito, pur nel cambia-mento dei Governi, una sostanzialestabilità politica intorno al partito dimaggioranza relativa.

Il tutto con un costante e appro-fondito dibattito sulle linee evolutivedel Paese che il personalismo media-tico e parolaio e la “logica del capo”propria della Seconda Repubblica,imperniata in vario modo sul sistemamaggioritario, hanno oscurato e ad-dirittura represso. Il ritorno al si-stema proporzionale può pertantofavorire la rinascita della cultura po-litica, che il Paese deve assoluta-mente recuperare per arrestare ladecadenza e invertire la rotta.

(*) Docente di Diritto costituzionalenell’Università di Genova

e di Diritto regionale nelle Universitàdi Genova e “Carlo Bo” di Urbino

4 l’OPiniOne delle libertà Politica Giovedì 16 marzo 2017

Weimar e il sistema proporzionaledi Daniele Granara (*)

Nuove e interessanti prospettiveenergetiche tra Israele e Italia.

Recentemente il ministro israelianodell’Energia, infrastrutture e risorseidriche, Yuval Steinitz, incontrandoalla Camera una delegazione di par-lamentari dell'associazione interpar-lamentare di Amicizia Italia-Israele,ha dichiarato: “Realizzare il gasdottoEastMed tra Israele e Italia, attra-verso Cipro e la Grecia, è uno dei no-stri obiettivi, considerati i giacimentidi gas naturale”. Tentiamo di com-prendere le nuove prospettive ener-getiche tra Israele e il nostro Paesecon Dan Haezrachy, vice ambascia-tore di Israele in Italia.

Il ministro Carlo Calenda visiteràIsraele all’inizio del prossimo mese.Tra le priorità della missione vi è ilprogetto del gasdotto EastMed, chepermetterebbe all’Italia di proseguiresulla strada della de-carbonizza-zione. Può spiegarci l’importanza siaper Israele che per il futuro dei rap-porti con l’Italia di questa iniziativa?

Si tratta di un progetto molto im-portante. Le scoperte energetiche nelMediterraneo hanno permesso di ri-definire in primis la geopolitica lo-cale. Tra Israele, Cipro e Grecia si ècreato un dialogo diplomatico strate-gico. All’interno di questo dialogorientra appunto il gasdotto EastMed,che interessa anche l’Italia. Il ministroisraeliano Steinitz ha visitato Roma,incontrando ministri come Calenda eAlfano e un gruppo di parlamentariitaliani, tra cui l’onorevole Abrignani,vice presidente della CommissioneAttività produttive della Camera el’onorevole Bernardo, a capo dellaCommissione Finanza della Camerae presidente dell’associazione inter-parlamentare di Amicizia Italia-Israele. Tutti i rappresentantiistituzionali hanno rimarcato l’im-portanza del progetto, non solo perla diversificazione delle fonti energe-

tiche europee, ma anche per raffor-zare l’integrazione della regione me-diterranea. Alfano, durante l’incontroprivato con il ministro Steinitz, ha di-chiarato che “la questione energeticaè estremamente importante per losviluppo delle relazioni bilaterali emultilaterali”. Un’affermazione checondivido profondamente.

Il progetto è estremamente ambi-zioso e si sta puntando a una suaconclusione nei prossimi 4-5 anni,coinvolgendo anche i privati. Qualisono le difficoltà della burocrazia edelle procedure da superare?

Le scoperte energetiche davantialle coste israeliane hanno rappre-sentato una sfida legislativa perIsraele stesso. Nuove regolamenta-zioni sono state necessarie, capaci diequilibrare le esigenze tra interesse

pubblico e capitale privato. Ovvia-mente questo ha richiesto tempo edibattito, soprattutto tra esecutivo elegislativo. Chiaramente, quandoparliamo di mettere insieme tre oquattro Paesi per realizzare un pro-getto importante come il gasdottoEastMed, siamo consapevoli che ciòcomporta un processo di uniforma-zione legislativa e burocratica. Que-stioni che, anche grazie a visite comequella di Calenda in Israele, pen-siamo di riuscire a superare al fine diraggiungere l’obiettivo strategicoprincipale, condiviso da tutti.

Le scoperte di gas nel bacino delLevante, da Leviathan e Tamar nelleacque di Israele, ad Aphrodite inquelle di Cipro, fino a Zohr in quelleegiziane, hanno fatto crescere l’at-tenzione per le prospettive energeti-

che della regione e per il loro impattosulla sicurezza energetica europea.Che futuro si prevede per la sicurezzaenergetica di Israele?

Le scoperte energetiche davantialle nostre coste hanno cambiatocompletamente il rapporto di Israelecon la sicurezza energetica. Da Paeseimportatore, oggi ci ritroviamo adessere non solo una nazione con po-tenziali capacità di autosufficienza,ma anche come prossimo esporta-tore di gas naturale. Questo imporràimportanti investimenti, ma certa-mente avrà un ritorno molto impor-tante, non solo per l’economia delPaese – e del singolo cittadino – maanche per le alleanze regionali. Perun verso aumenterà la sicurezza diIsraele stesso – si pensi solo agli at-tacchi continui dei terroristi contro i

gasdotti del Sinai, da cui l’Egittoesporta verso Israele e Giordania –ma rafforzerà anche la cooperazioneregionale. Recentemente Israele hafirmato un accordo per esportare ilgas proprio verso la Giordania; unaccordo che rappresenta indiretta-mente anche un rafforzamento delTrattato di pace firmato tra Gerusa-lemme e Amman nel 1994. Inoltresiamo aperti anche ad altri progettiregionali relativi al settore energe-tico: progetti che, grazie ai comuniinteressi, possono favorire la coope-razione con Paesi quali l’Egitto e fa-vorire la stabilizzazione dell’interaregione mediorientale.

Dai progetti energetici al legamecon l’Unione europea. Che rapportipolitici, oltre che economici, si po-trebbero innescare a partire dallacollaborazione energetica?

L’Europa, è noto, punta a diversi-ficare le sue fonti di approvvigiona-mento. L’interesse di Bruxelles, inparticolare dell’Italia, per EastMed,è intrinseco in questo progetto. Unsuccesso in tal senso, quindi, rimet-terebbe al centro il Mediterraneonella geopolitica europea, favorendoprocessi di integrazione regionale estabilizzazione. Una strategia che, seriuscirà ad avere pienamente suc-cesso, potrebbe innescare processi dicrescita economica rilevanti che, in-direttamente, potrebbero rappresen-tare anche parte della soluzione aquestioni centrali per la sicurezzadella stessa Ue, quali l’immigrazione.L’aspetto fondamentale sarà far com-prendere ai policy makers che sitratta di un obiettivo di medio ter-mine che, come tale, richiede un so-stegno costante, al di là del colorepolitico dei governi europei del pros-simo futuro.

5L’oPinione delle Libertàgiovedì 16 marzo 2017

Israele, Italia, Ue e le prospettive energetiche di Domenico Letizia

Esteri

Per la giornata di oggi, Genova di-venta una “Piazza dei diritti”: tea-

tri, festival e associazioni hannocreato un evento a ingresso gratuitoper una rappresentazione di “Fa’afa-fine - mi chiamo Alex e sono un di-nosauro” al Teatro della Tosse. Lospettacolo, vincitore di numerosipremi, patrocinato da Amnesty In-ternational (e per questa replica spe-ciale anche dall’assessorato e dallaCommissione per le Pari opportu-nità, oltre che dal Comune ligure),era sotto attacco per la sua tematica,relativa al gender nell’infanzia. Dopoquesta data, sempre a marzo prose-guirà la tournée in Italia, a Roma(Angelo Mai, il 18 e 19) anche perdei matinée nelle scuole che com-prenderanno poi Lucca e Vicenza(www.cssudine.it). Ne abbiamo par-lato con l’autore e regista, GiulianoScarpinato.

Dove ha avuto origine il progetto?Dalla lettura di un bellissimo arti-

colo su Internazionale riguardante i

bambini “gender creative/fluid”, initaliano “di genere non conforme”,dove c’erano stralci delle esperienzedi famiglie americane con questa ca-sistica. Da lì, ho cominciato a docu-mentarmi attraverso blog, articoli esoprattutto il libro “Il mio bellissimoarcobaleno” di Lori Duron, unamadre che ha tenuto una specie didiario di bordo su cinque anni di vitadi suo figlio.

Su cosa ha puntato, nella messin-scena?

Sulla veridicità del rapporto tragenitori e figlio, e sulle varie fasi diavvicinamento a una identità cosìspecifica, che partono da un’inizialepaura e difficoltà fino ad arrivare -nei migliori casi, come quello vir-tuoso nello spettacolo - a una pienaaccoglienza. Ho voluto anche man-tenere i nomi anglosassoni per starevicino col cuore alle persone di cuiavevo letto, cercando di essergli fe-dele già a partire da lì.

Qual è il punto di vista del piccoloprotagonista?

Mi sono anche imbattuto in bam-

bini italiani: CamillaVivian - una mammamolto coraggiosa,che stimo - ha il blog“Mio figlio in rosa”,e ho avuto modo diconoscere la suasplendida famiglia,venendo quindi a

contatto con un soggetto in carne eossa. Un figlio di questo tipo nonvuole essere inquadrato in qualcosadi preesistente, non capisce perchédebba corrispondere a una categoriaper la quale non si sente giusto, siafisicamente che mentalmente, equindi chiede tempo e spazio per de-finire in modo specifico la propria di-

versa identità.Che gli succede intorno?Questo è molto variabile, a se-

conda dei contesti e soprattutto dellepersone, che sono quelle che fanno ladifferenza: ci può essere un inse-gnante estremamente illuminato inun piccolo luogo di provincia, cosìcome un genitore retrogrado nella

7L’opinione delle Libertà

di Federico raponi

giovedì 16 marzo 2017 Cultura

“Fa’afafine”, il modello del terzo sesso polinesiano

più grossa metro-poli. I livelli di diffi-coltà sono diversi, siparte dalla famiglia,dove avviene il primo

passaggio fondamentale: i genitoripossono decidere o meno di acco-gliere la specificità del figlio e difornirgli gli strumenti per affron-tare il fuori. La scuola, poi, è sem-pre un grande campo di battaglia;sì è esposti in continuazione a fe-nomeni di bullismo e gli inse-gnanti a volte non fanno la loroparte anche per mancanza di in-formazione, che è una lacunamolto grossa.

E intorno alla sua opera, cos’èavvenuto?

Una serie di gruppi, che si di-cono difensori della famiglia, sisono scagliati contro lo spettacolo,perché sosterrebbe un’ideologiagender, che non esiste. Tali sog-getti, vedendo esclusivamente un

tipo di società costituito da uomo,donna e figlio con una identità di ge-nere che corrisponde al suo sessobiologico, mettono in un unico cal-derone tutto quanto esuli da quelloschema tradizionale: da un’identitàdi genere fluida al transgender, finoad arrivare alle coppie monogenito-riali e alle unioni civili. Quindi, è ungenerico attacco al sacrosantoavanzamento della società in mate-ria di affettività e riconoscimentodell’altro, e trovo molto grave epreoccupante che un fenomeno dioscurantismo, di censura preventiva,venga cavalcato anche da figure po-litiche.

C’è però un insieme di strutture,dalla cultura alla società civile, cheinvece si è mosso per proteggere e farcircolare quest’opera.

Sono molto felice di questo, èqualcosa che sostiene me, il lavoro eanche l’umore, perché far fronte aquegli attacchi non è semplice. L’ini-

ziativa di Genova è magnifica, i tea-tri hanno fatto rete per quest’evento,e l’ho trovato un grande segno di ci-viltà. In questi mesi molte personehanno dimostrato una forte solida-rietà. E poi c’è il pubblico che ama lospettacolo: ricevo delle lettere appas-sionate, sono tutti molto entusiasti,e questo mi dà la giusta carica percontinuare.

In chiusura: la parola del titolo?Nella lingua dell’isola di Samoa,

in Polinesia, indica le persone che vi-vono a metà tra uomo e donna, sonoriconosciute dalla società come terzosesso e rispettate in quanto tali.Nello spettacolo, il protagonistaAlex viene a sapere dell’esistenza ditali figure tramite un sito Internet diviaggi aperto dal padre, e per lui ar-rivano a costituire come delle straneentità, dei marziani dai quali auspicadi essere accolto. Perché in ogni fa-vola c’è l’aiutante magico, la figuramitica di riferimento.

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