L’EDITORIALE Contro Gomorra dopo i militari Estate a ... · La giunta de Magistris è sta-ta la...

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n’estate al mare? No. Un’estate a scuola. È questa la grande novità napoletana. Accolti gli appelli a non rispondere al crescendo cri- minale solo con la repressione, il governo si è affrettato a varare un piano straordinario che coin- volgerà decine di scuole e cen- tinaia di ragazzi, scelti in modo particolare tra quelli dei quartieri a rischio. È il tema principale del numero di Inchiostro che state leggendo, curato questa volta da Anna Capasso e a cui hanno par- tecipato, come sempre, tutti gli allievi della scuola di giornalismo di Suor Orsola Benincasa. Tutto bene, dunque? Scuola aperte ca- morra in gabbia? Niente affatto. Intanto, perché come si spiega nell’articolo di Paola Corona non è questa la prima volta che Napoli sperimenta una simile soluzione. Il che deve far riflettere sul perché sia stata abbandonata col tempo. Poi, perché i fondi stanziati sono davvero pochi: anche se l’impor- tante è cominciare. Infine, perché non risolve il problema di fondo, e cioè che Napoli è la città con più dispersione scolastica (con- tinua a crescere, secondo i dati comunali più recenti), con meno asili nido e con la più bassa per- centuale di scuole a tempo pieno. Se a questo si aggiungono poi altri due fenomeni, quello della rinuncia, da parte di molti giova- ni, alla formazione universitaria e quello della laurea conseguita, con sempre maggiore frequenza, fuori regione, allora sì che c’è da allertarsi. Come se non bastasse è in questo quadro che - giusta- mente- si è aperta la discussione sugli stili di vita proposti da una fiction come Gomorra - La serie. Vacanze tra aule e cortili per contrasta- re l’alto tasso di dispersione scolastica e la criminalità giovanile. Napoli è la città capofila del progetto «La Scuola al cen- tro» previsto dal decreto del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Oltre 4 milioni dei fondi PON 2014-20 sono destinati ad attività ludiche e ricreati- ve, musica, sport e laboratori di legalità. Molti, in città, sono scettici: occorrono più risorse per interventi strutturali, non le iniziative discontinue del passato. «Da 40 anni ripropongono le scuole aperte d’estate, ma gli istituti sono in forte difficoltà tutti i giorni», racconta il presidente dell’Associazione «Maestri di strada» Cesare Moreno. Ogni parola e movimen- to del politico è studiata e controllata da uno spin doctor. Spesso considerato come un personaggio che manipola l’informazione, il consulente si muove come se fosse una mano invisibi- le dietro la campagna elet- torale. A Napoli si confrontano di- versi candidati per la carica di sindaco, ognuno con la propria strategia di comu- nicazione: dai tradizionali cartelloni 6X3 ai “caffè” su Facebook. Con molta atten- zione al web. Un palazzo del 1600, un ex ospedale psichiatrico giudiziario, un vecchio monastero, una villa vincolata da un testamento che non sarebbe stato ri- spettato e un ex carcere minorile. Mi- gliaia di metri quadri dimenticati nel cuore dei quartieri in cui insistono che, se non fosse stato per l’iniziativa dei cittadini, non sarebbero mai stati ricordati. La giunta de Magistris è sta- ta la prima in Italia, non meno di un anno fa, a deliberare sull’uso civico dei beni comuni. Gianni Lettieri, candida- to sindaco, in opposizione all’attuale primo cittadino, vorrebbe sgomberare per «dare – dice – un tetto ai napoleta- ni che sono in difficoltà». Contro Gomorra dopo i militari arrivano i maestri L’EDITORIALE Nel backstage del candidato Estate a scuola, comincia Napoli «Giovani borghesi affascinati da Genny e Ciro» La tesi della psicologa Ferraro riapre il dibattito sulla serie tv ispirata al libro-saggio di Saviano Con il ritorno della serie su Sky cresce il fenomeno Gomorra. Per i primi due epi- sodi oltre un milione di telespettatori e grande seguito sui social. A dieci anni dall’uscita dell’opera di Ro- berto Saviano non si fermano le accuse di chi gli rimprovera di influenzare negati- vamente la realtà napoletana. «Critiche superficiali. Una fiction non può peggio- rare la situazione», si difende lo scrittore. Secondo l’esperta non sarebbero i baby-boss ma i ragazzi di buona famiglia ad essere più esposti al pericolo emula- zione. Lo confermano gli adolescenti che sono stati a contatto con la criminalità: su di loro Gomorra non fa presa. James Senese e i 99Posse: «Non è più tempo di urlare» «In un momento in cui tutti gridano - dice O’ Zulù, alias Luca Persico, voce e autore dei testi dei 99 Posse - noi non vogliamo più gridare». Con loro ha smesso di fare il ribel- le anche James Senese. I nuovi dischi del sassofonista nero di Napoli Centrale e dei “cattivi guagliuni” dell’Officina 99 sono un rifiuto ai toni più aggressivi. Si cambia stile per non assecondare il mercato discografico. Musica U Paola Corona a pag. 3 Mautone, Cappelli a pag. 2 Erminia Voccia a pag. 12 Antonio Esposito a pag. 4 A. Caligiuri, M. Malvestuto a pag. 6-7 Marco Demarco Decreto Giannini, dopo gli entusiasmi dei primi giorni arrivano critiche e preoccupazioni Parte il piano del governo. Moreno: «Idea vecchia, cifre ridicole» Gli effetti della fiction di Sky Chi sono e cosa fanno gli spin doctor La città occupata che piace al sindaco I collettivi napoletani recuperano strutture abbandonate Periodico della Scuola di Giornalismo dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli diretto da Marco Demarco anno XVI n.4 11 maggio 2016

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n’estate al mare? No. Un’estate a scuola. È questa la grande novità napoletana. Accolti gli appelli a

non rispondere al crescendo cri-minale solo con la repressione, il governo si è affrettato a varare un piano straordinario che coin-volgerà decine di scuole e cen-tinaia di ragazzi, scelti in modo particolare tra quelli dei quartieri a rischio. È il tema principale del numero di Inchiostro che state leggendo, curato questa volta da Anna Capasso e a cui hanno par-tecipato, come sempre, tutti gli allievi della scuola di giornalismo di Suor Orsola Benincasa. Tutto bene, dunque? Scuola aperte ca-morra in gabbia? Niente affatto. Intanto, perché come si spiega nell’articolo di Paola Corona non è questa la prima volta che Napoli sperimenta una simile soluzione. Il che deve far riflettere sul perché sia stata abbandonata col tempo. Poi, perché i fondi stanziati sono davvero pochi: anche se l’impor-tante è cominciare. Infine, perché non risolve il problema di fondo, e cioè che Napoli è la città con più dispersione scolastica (con-tinua a crescere, secondo i dati comunali più recenti), con meno asili nido e con la più bassa per-centuale di scuole a tempo pieno. Se a questo si aggiungono poi altri due fenomeni, quello della rinuncia, da parte di molti giova-ni, alla formazione universitaria e quello della laurea conseguita, con sempre maggiore frequenza, fuori regione, allora sì che c’è da allertarsi. Come se non bastasse è in questo quadro che - giusta-mente- si è aperta la discussione sugli stili di vita proposti da una fiction come Gomorra - La serie.

Vacanze tra aule e cortili per contrasta-re l’alto tasso di dispersione scolastica e la criminalità giovanile. Napoli è la città capofila del progetto «La Scuola al cen-tro» previsto dal decreto del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Oltre 4 milioni dei fondi PON 2014-20 sono destinati ad attività ludiche e ricreati-ve, musica, sport e laboratori di legalità. Molti, in città, sono scettici: occorrono più risorse per interventi strutturali, non le iniziative discontinue del passato. «Da 40 anni ripropongono le scuole aperte d’estate, ma gli istituti sono in forte difficoltà tutti i giorni», racconta il presidente dell’Associazione «Maestri di strada» Cesare Moreno.

Ogni parola e movimen-to del politico è studiata e controllata da uno spin doctor. Spesso considerato come un personaggio che manipola l’informazione, il consulente si muove come se fosse una mano invisibi-le dietro la campagna elet-torale.

A Napoli si confrontano di-versi candidati per la carica di sindaco, ognuno con la propria strategia di comu-nicazione: dai tradizionali cartelloni 6X3 ai “caffè” su Facebook. Con molta atten-zione al web.

Un palazzo del 1600, un ex ospedale psichiatrico giudiziario, un vecchio monastero, una villa vincolata da un testamento che non sarebbe stato ri-spettato e un ex carcere minorile. Mi-gliaia di metri quadri dimenticati nel cuore dei quartieri in cui insistono che, se non fosse stato per l’iniziativa dei cittadini, non sarebbero mai stati

ricordati. La giunta de Magistris è sta-ta la prima in Italia, non meno di un anno fa, a deliberare sull’uso civico dei beni comuni. Gianni Lettieri, candida-to sindaco, in opposizione all’attuale primo cittadino, vorrebbe sgomberare per «dare – dice – un tetto ai napoleta-ni che sono in difficoltà».

Contro Gomorra dopo i militari arrivano i maestri

L’EDITORIALE

Nel backstage del candidato

Estate a scuola, comincia Napoli

«Giovani borghesiaffascinati da Genny e Ciro»La tesi della psicologa Ferraro riapre il dibattito sulla serie tv ispirata al libro-saggio di Saviano

Con il ritorno della serie su Sky cresce il fenomeno Gomorra. Per i primi due epi-sodi oltre un milione di telespettatori e grande seguito sui social.

A dieci anni dall’uscita dell’opera di Ro-berto Saviano non si fermano le accuse di chi gli rimprovera di influenzare negati-vamente la realtà napoletana. «Critiche superficiali. Una fiction non può peggio-rare la situazione», si difende lo scrittore.

Secondo l’esperta non sarebbero i baby-boss ma i ragazzi di buona famiglia ad essere più esposti al pericolo emula-zione. Lo confermano gli adolescenti che sono stati a contatto con la criminalità: su di loro Gomorra non fa presa.

James Senese e i 99Posse:«Non è più tempo di urlare»«In un momento in cui tutti gridano - dice O’ Zulù, alias Luca Persico, voce e autore dei testi dei 99 Posse - noi non vogliamo più gridare».

Con loro ha smesso di fare il ribel-le anche James Senese. I nuovi dischi

del sassofonista nero di Napoli Centrale e dei “cattivi guagliuni” dell’Officina 99 sono un rifiuto ai toni più aggressivi.

Si cambia stile per non assecondare il mercato discografico.

Musica

U

Paola Corona a pag. 3

Mautone, Cappelli a pag. 2 Erminia Voccia a pag. 12

Antonio Esposito a pag. 4A. Caligiuri, M. Malvestuto

a pag. 6-7

Marco Demarco

Decreto Giannini, dopo gli entusiasmi dei primi giorni arrivano critiche e preoccupazioni

Parte il piano del governo. Moreno: «Idea vecchia, cifre ridicole»

Gli effetti della fiction di Sky

Chi sono e cosa fanno gli spin doctor

La città occupata che piace al sindacoI collettivi napoletani recuperano strutture abbandonate

Periodico della Scuola di Giornalismo dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli diretto da Marco Demarco

anno XVI n.4 11 maggio 2016

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i vestono con i giub-botti di pelle al grido

di «Sta senza pensier» e si rasano i capelli come Gen-ny Savastano. Dal Vomero alla Sanità, a Napoli sono centinaia i ragazzi fan di Gomorra - La serie. La Go-morra mania si è diffusa a tal punto da attirare disap-provazioni da più lati. «È un modello negativo per i giovani» l’analisi più diffu-sa. Ma il confine tra sempli-ce ammirazione ed emula-zione è labile. «Ci facciamo la cresta come Genny però non andiamo a fare le ra-pine» dice il diciassettenne Ciro (il nome è di fantasia) che frequenta un liceo in periferia di Napoli. Eppu-re quella periferia è l’am-bientazione di Gomorra, la stessa dove le “paranze” di baby boss sparano in pieno giorno e dove le rapine non sono solo fiction. Dall’altro lato, si moltiplicano le voci di chi difende la serie per-ché in fondo non aggiunge niente alla realtà. È d’accor-do Silvia Ricciardi, respon-sabile dell’associazione Jo-nathan Onlus che dal 1993 svolge attività a favore dei minori a rischio. «La televi-sione non fa altro che por-tare sullo schermo quello che realmente accade. Il male certi giovani lo vivono “in diretta”. Non c’è alcuna emulazione» dice. Persino i ragazzi dell’Isti-tuto penale per minorenni guardano Gomorra e non battono ciglio: Maria Fran-co, insegnante di lettere a Nisida, ha dato loro una traccia per il compito in

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Giovani borghesi a rischio GomorraL’esperta: «I rampolli della Napoli bene sonoi più influenzabili»

Carolina Mautone

dieci anni dall’u-scita del libro che

gli ha cambiato la vita, Roberto Saviano ha rac-contato se stesso e Go-morra in un’intervista rilasciata a Il Mattino. Ha parlato dell’evolu-zione della sua opera e di come si è trasfor-mata in un modello per altri autori, ma anche dell’impatto travolgente che ha avuto sulla realtà napoletana.Il rapporto dello scrit-tore con Napoli non è idilliaco, ma è il libro a legarlo per davvero al territorio. E quello è sta-to un vero successo. So-prattutto sotto l’aspetto culturale poiché, dopo Gomorra, si sono molti-plicate le pubblicazioni sulle mafie e, ammette lo scrittore: «Conoscere non è solo impegno mo-rale, ma una necessità».Saviano riconosce i me-riti del film, scritto con Matteo Garrone, e della fiction, girata da Stefano Sollima. Entrambi han-no contribuito signifi-cativamente alla diffu-sione dei contenuti, ma è totalmente estranea al suo pensiero l’idea che possano aver influenza-to negativamente la re-altà: «Dire che una serie tv possa peggiorare la situazione è una vergo-gna», spiega Saviano. Al massimo individua un tentativo di emulazio-ne da parte di chi vive a contatto con quel mon-do criminale, immerso da protagonista in una realtà scellerata ripro-dotta in tv.

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Dieci anni dopo l’uscitadel bestsellerAlessandro Cappelli

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Giovani e tvL’insegnante: «I ragazzi “difficili” non si sentono condizionati dalla serie»

classe esortandoli a dare un giudizio sulla serie. Pur esprimendo preoccupazio-ne per «l’immagine negati-va di Napoli» dipinta dalla fiction, le risposte sono sta-te univoche: «Da Gomorra non possiamo essere con-dizionati né impariamo nulla, perché certe espe-rienze le abbiamo vissute in prima persona».Viene da chiedersi, allora, se esista e in cosa consista questo pericolo di emu-lazione, lo spauracchio sventolato a più riprese dai detrattori di Gomorra. Se-condo Francesca Ferraro psicologa e psicoterapeuta che si occupa proprio di ra-gazzi e famiglie in contesti difficili, il pericolo c’è ma non risiede là dove molti credono. «I baby boss non sono stati creati da Gomor-

fatti i ragazzi distanti dalle realtà descritte nella serie e il rischio maggiore risie-derebbe nel loro modo di rapportarsi agli altri. «Sono i napoletani delle famiglie borghesi - precisa - quelli che non solo si vestono e parlano come i personaggi della serie ma spesso adot-tano un comportamento di prepotenza verso i loro coetanei atteggiandosi da bulli perché non sanno di-stinguere in modo chiaro il bene dal male».Se ne deduce, allora, che il problema è di natura cul-turale. «Solo affiancando alla visione una discussio-ne sulla camorra e solo af-finando il senso critico di questi ragazzi - conclude Ferraro - si possono far ca-pire loro le conseguenze di certe azioni».

ra - dice - ma sono frutto di ambienti disagiati, in cui violenza e ostentazione sono all’ordine del giorno». La dottoressa non mette in dubbio il potere persua-sivo della televisione, so-prattutto sugli adolescenti. «Bisogna però distinguere - continua - tra fasce sociali su cui un modello televisi-vo come quello proposto in Gomorra può avere più ef-fetto». Ad essere maggior-mente influenzati, secondo il suo parere, sarebbero in-

La polemica Torna la serie su Sky e si riaccende il dibattito sui modelli negativi proposti dalla tv ai ragazziL’anniversario

Sì del web all’esordio della nuova stagioneL’hashtag ufficiale#Gomorra2 è uno dei trending topic

Alessandro Cappelli

attesa è finita. Grande suc-

cesso per la prima serata dedicata alla seconda stagione di Gomorra – La Serie: la fiction ispirata dal libro di Saviano ha convinto quasi 1,2 milioni di italiani a sintonizzarsi sul SkyAtlantic, l’80% in più rispetto ai primi episodi della prima stagione.Contempo-raneamente la con-tro-fiction di Rai Uno

su Felicia Impastato registra numeri mi-gliori: quasi 7 milio-ni di spettatori. Solo il Festival di Sanre-mo e Rischiatutto hanno fatto meglio quest’anno.Genny Savastano e Ciro Di Marzio, però, non vanno in scena solo sul satellite: è del responsabile dei contenuti non spor-tivi di SKY, Andrea Scrosati, il tweet che annuncia il record

di visualizzazioni su SkyOnline, la piat-taforma web che permette di seguire i programmi dell’e-mittente televisiva in streaming.A proposito di cin-guettii, nessuna serie tv può dire di avere successo se non c’è una schiera di fol-lower che twitta pri-ma, durante e dopo la visione. Ed ecco che spopola l’ha-shtag #Gomorra2,

quello ufficiale per-ché sponsorizzato dalla stessa SkyAt-lantic, diventato vi-rale già alle 19, due ore prima del primo episodio. Si sprecano i commenti positivi e i complimenti ad at-tori e regista. Si sono accavallate le voci di chi benedice i sotto-titoli, di chi vede rife-rimenti e citazioni in ogni scena e di quelli che saltano in piedi sul divano ad ogni I protagonisti della nuova stagione

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Record di spettatori collegati con Sky Online. Miglior debutto di sempre per una serie tv pugno, sparo o pa-rolaccia. Che ad oc-chio e croce dovreb-be essere ogni trenta secondi. Pochissimi quelli che nuotano controcorrente: usci-ti allo scoperto quasi tutti durante il secon-do episodio, criticato perché meno vivace del precedente.Molto attivi sui social anche protagonisti e autori. Salvatore Esposito e Roberto Saviano hanno crea-to un filo diretto con i fan, condividendo con loro selfie e foto della “prima” della fiction.

Una scena dalla prima stagione di Gomorra

Genny Savastano, protagonista della serie

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e aule al posto del-la spiaggia. È quanto

prevede il decreto ministe-riale «La Scuola al centro» che stanzia 4.132.333 euro per lasciare aperte anche d’estate le scuole della pe-riferia di Napoli. L’entusia-smo dei primi giorni, per un progetto che dovrebbe contrastare la dispersione scolastica e la criminalità giovanile, offre l’occasio-ne per una riflessione più attenta. La novità del mo-mento si scopre essere una pagina stantia della storia scolastica cittadina e i fi-nanziamenti si mutano in un dejà vu con risorse in-sufficienti per fare la diffe-renza nelle vite dei ragazzi. Un dirigente scolastico, presidenti di associazioni locali, un sacerdote mis-sionario, l’assessore comu-nale, un esperto del settore sono le voci di Napoli che raccontano cosa è stato realizzato fin qui e come potrebbe evolversi il piano «La Scuola al centro». «Queste sono le vacanze dei miei figli: venire a scuo-la». I genitori degli alunni della scuola primaria 69° Circolo di Barra si rivolgo-no così alla Dirigente dell’I-stituto Marisa Esposito. La sua è una delle scuole che ha già sperimentato, da tre anni, l’apertura nel mese di luglio, grazie a fondi co-munali. «Un’esperienza positivissima - racconta il Dirigente - per una trentina di ragazzi. Le risorse sono scarse e il bisogno è di gran lunga superiore». È questo il motivo per cui Cesare

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Scuole d’estate: la città ci riprova C’è chi polemizza«Risorse insufficienti, inutili e discontinue»

Paola Corona

aranno presìdi con-tro la dispersione

scolastica, l’esclusione e il disagio sociale delle periferie: così vengono immaginate le scuo-le aperte d’estate dal decreto del Ministro dell’Istruzione Stefa-nia Giannini firmato lo scorso 27 aprile. Il nome è eloquente e inverte le categorie geografiche: «Scuole al centro». Napoli, Palermo, Roma e Milano sono le città prescelte: qui gli istitu-ti di periferia resteran-no aperti a partire dal 1° luglio. Il pacchetto di risorse ammonta a 10 milioni di euro, una prima quota dei fondi PON della programma-zione europea 2014-20. Alla città metropolita-na di Napoli andranno 4.132.333 euro, cioè fino a 15.000 euro per scuo-la, coinvolgendo circa 275 istituti. A sceglierli saranno gli Uffici Sco-lastici Regionali sulla base dei dati relativi a tre parametri: tasso di abbandono scolastico, di ripetenti e di studenti stranieri. Poi, entreran-no in gioco le singole scuole proponendo, sul sito areearischio.it, progetti riguardanti la rosa tematica indicata dal MIUR. Tra queste ci sono attività musicali, sportive, di conoscenza del territorio, corsi di re-cupero, di lingue, oltre a laboratori artistico-e-spressivi e di promozio-ne della legalità. Il piano coinvolge associazioni ed enti locali.

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10 milioni per combatterela dispersionePaola Corona

Il progetto «Scuole al centro» prevede attività ludiche e ricreative per ragazzi

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69° CircoloIn basso la scuola primaria di Barra: già dal 2012 rimane aperta a luglio

Moreno, presidente dell’as-sociazione «Maestri di stra-da», si dice «indignato». «Ogni scuola avrà fino a 15.000 euro - spiega - quin-di potrà spenderne circa 300 al giorno. Cifre ridico-le». Esperto di attività di re-cupero degli adolescenti in situazioni difficili, Moreno è scettico: «Di che novità parliamo? Sono 40 anni che “inventano” questa ricetta non risolutiva. Ma perché non fanno funzionare bene la scuola?» Sfata un cliché ricorrente. «Il reale perico-lo per i ragazzi non è stare in strada - afferma Moreno - ma il fatto che nessuno se ne occupa seriamente». Gli fa eco padre Alex Zanotelli, missionario del rione Sa-nità: «Abbiamo chiesto un intervento diverso: struttu-rale, di lungo periodo e di

un primo stralcio dei PON europei 2014-20». Un ruolo importante, nei precedenti progetti come nel nuovo piano ministe-riale, è ricoperto dalle asso-ciazioni. «A Napoli - spiega Marco Rossi-Doria dell’Uf-ficio scolastico regionale della Campania - c’è una competenza diffusa, ma l’iniziativa è utile solo con risorse continue per attività non didattiche, ma educa-tive». L’associazione «Gio-co Immagine e Parole» l’ha sperimentato sul campo. «I laboratori funzionano – spiega la presidente Ma-riarosaria Teatro – perché gli spazi scolastici promuo-vono la socialità. Bisogne-rebbe ascoltare il territorio evitando quello che, da sempre, è un grande limite: i progetti calati dall’alto».

qualità, non queste bricio-le». Inoltre, sottolinea che non è un intervento ad hoc per il Sud: «Il volontariato c’è, ma non basta. Manca lo Stato». L’Assessore alla Scuola e all’Istruzione del Comune di Napoli Annamaria Pal-mieri teme la discontinuità dei fondi: «Occorrono alle-anze durature, sistemiche e strutturali tra tutte le isti-tuzioni, non gli interventi frammentati del passato. Questi finanziamenti sono

Istruzione In arrivo circa 4 milioni di fondi europei dal Miur. Le opinioni di Rossi-Doria, Moreno e Palmieri Decreto Giannini

Ricerca: tanto Sud, ma Napoli vuole i fattiLa proposta eil dibattitoEmanuele La VegliaDavide Uccella

«Entro il 2018 sarà il faro della ricerca». Il Sud come la Silicon Valley? Ne è convinta il Ministro dell’Istru-zione Stefania Gian-nini, presentando il Piano Nazionale per la Ricerca. Tante le risorse destinate al Meridione, si par-la di un miliardo e mezzo totale di cui 436 milioni prove-nienti da fondi eu-ropei e un miliardo del MIUR per assu-

mere nuovi ricerca-tori. In teoria una piccola rivoluzione, ma che divide la co-munità scientifica. Ottimista Roberto Montanari, direttore del centro “Scien-za Nuova” dell’Uni-versità Suor Orsola Benincasa: «E’ esat-tamente quello che serve a una realtà come Napoli, dove c’è cultura e compe-tenza». Più scettico Franco Salvatore, di-

rettore del CEINGE, centro della Federi-co II nel campo delle biotecnologie: «Se i fondi europei si le-gano al programma della Commissione “Horizon 2020”, ce li aspettavamo. Ed è ancora poco, visto che entro quella data dovrebbero arriva-re 4 miliardi». Altro problema, secondo Salvatore, riguarda il passaggio da dot-tore a ricercatore:

«Non sappiamo se il miliardo del MIUR si limita a coprire le falle del 2014-15. Di chi diventa ne ri-mangono il 30-40%, inoltre percepisco-no poco rispetto alla media UE». A metà strada Andrea Ballabio, direttore del CNR-TIGEM di Pozzuoli, finanziato dalla fondazione Te-lethon per la ricerca genetica: «Non mi aspettavo questa no-

2016-2018La durata del nuovo Piano Nazionale per la Ricerca lanciato dal Governo Renzi

Franco Salvatore, direttore CEINGE

Ballabio, Montanari, Salvatore: tre eccellenze della ricerca in città, dubbi e speranze sul nuovo piano del Governo vità, ma penso che i criteri di assegnazio-ne dei fondi debbano essere più chiari e condivisi». Monta-nari invece apprezza i cosiddetti “dottorati innovativi” previsti dal piano: «Si parla di aerospazio, agrifood, design, beni culturali e tutela del territorio: sono eccellenze na-poletane e campane, penso sia molto utile incrociarle con i bi-sogni dell’Europa». Servirà questa svolta per andare oltre l’1% di PIL oggi destinato alla ricerca? Il dibat-tito è aperto.

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pochi passi da San Gregorio Armeno, il

2 marzo del 2012, un mo-vimento di artisti occupa l’ex Asilo Filangieri. In un palazzo risalente al 1600, iniziava così, a Napoli, il processo di riappropriazio-ne cittadina dei beni comu-ni. Quel processo che piace tanto al sindaco de Magi-stris, e che spesso il primo cittadino porta ad esempio della vulcanica energia ri-voluzionaria della città.

In Italia, esistono miglia-ia di strutture pubbliche dimenticate. A Napoli sono decine. Molte fanno par-te della storia dei quartieri in cui insistono. Alcune di queste sono state salvate grazie all’iniziativa di col-lettivi cittadini. Tutto parte da un’occupazione abusi-va: i cittadini scavalcano muri o cancelli, rompo-no serrature e s’insediano nella struttura. Entrando nell’ex Asilo Filangieri, sul-la sinistra, c’è la cappel-la dove ogni lunedì, da 4 anni, si tiene l’assemblea di gestione del centro. Tut-ti sono i benvenuti. Tutte le idee vengono ascoltate, discusse, riformulate e in-fine selezionate alla pre-senza dei partecipanti. C’è chi come Luigi propone la presentazione del suo libro sul Brasile. «Ma non quello dei sederi, quello dei crimi-ni nelle favelas» dice. E c’è chi, come Concetta, spera di trovare uno spazio libe-ro per i bambini del suo quartiere. «Per quando - spiega - a giugno, la scuola finirà». Ma oltre la cappella, ci sono il teatro, il cinema, il refettorio, l’armeria, il la-boratorio digitale, le galle-rie fotografiche. E ancora: l’orto urbano, la bibliote-ca e i corsi d’italiano per i migranti. Tutto regolato da uno statuto interno, scritto in 3 anni. Presentato al Co-mune, è stato recepito dalla giunta De Magistris. «Lun-ghe battaglie, ma alla fine l’Amministrazione ha de-liberato l’uso civico del’a-silo» sottolinea Andrea, uno dei ragazzi che hanno costruito l’asilo così com’è. Ma non era un centro so-ciale? C’è chi pensa che sia solo un centro culturale.

Il Filangieri non è l’unico esempio di questo tipo. Ha le finestre su salita Imbria-

Viaggio nei beni comuni occupatiIniziative culturali, arte, teatro, pasti per anziani queste le attività svolte

Antonio Esposito

oltiviamo ebbrez-za creativa, dice lo

slogan della nona edi-zione di Wine&Thecity. Una “festa mobile” che trova il suo carburante nel buon vino italiano e coinvolge un centinaio di luoghi del napoleta-no. Per il 2016 la manifesta-zione ha progettato il gran finale del 25 mag-gio a Nisida, già sede dell’Istituto Penale Mi-norile. In quell’occasio-ne il maestro pizzaiolo Ciro Salvo, di 50 Kalò, e lo chef Francesco Spo-sito, di Taverna Estia, si esibiranno in cucina ac-compagnati dai ragazzi dell’Istituto.

Durante le tre setti-mane in cui si sposta per le strade della città, Wine&Thecity offre un menu di degustazione di oltre settanta vini pro-venienti da ogni angolo dello Stivale.

Campania in testa, ov-viamente, perché nes-sun’altra regione ha un ventaglio di scelte così ampio. Vasta gamma di scelte anche in termini di location: ogni anno la rassegna fa tappa in luoghi diversi. Stavolta spalancheranno le por-te, tra gli altri, il Museo del Tesoro di San Gen-naro, il Teatro Bellini e il nuovo cinema-teatro Hart.

Non solo vino. Sono molti gli ingredienti che si affiancheranno ad esso: arte, musica, poe-sia, alta cucina e street food si mescoleranno con la Falanghina, l’A-glianico e il Fiano in una lunga serie di eventi che ogni giorno coloreran-no le strade di Napoli.

Festa mobilePartecipano più di 100 location tra boutique, gioiellerie e ristoranti

C

Wine&ThecityL’ultima tappa sarà a NisidaAlessandro Cappelli

ni, a Materdei, l’ex Ospeda-le Psichiatrico Giudiziario. «Per 8 anni questo posto è rimasto vuoto, è stato sac-cheggiato» spiega Rosa, abitante dell’ex OPG Je So’ Pazzo. Ancora il 2 marzo ma con 3 anni di ritardo rispetto all’ex Asilo, Rosa e altri ragazzi hanno deciso che quel posto doveva di-ventare di utilità sociale e l’hanno occupato. Dopo 14 mesi d’iniziative e di lavori autofinanziati, visitando la struttura, si percepisce che il centro funziona. I corsi di yoga, di kick boxe, di tango, il doposcuola per bambini, i corsi teatrali e la palestra fanno registrare sempre il tutto esaurito. «Le perso-ne del rione ci aiutano con sottoscrizioni volontarie. Questa idea di società fa bene. Potere al popolo!» grida Rosa. Musica, per le orecchie del sindaco zapa-tista.

Raffaele e Roberto, di San-ta Fede Liberata, hanno la stessa carica di Rosa. Loro, insieme ad altri residenti di via Maggiore Pignatelli, nel cuore del centro storico, tra il 12 e il 13 dicembre 2014, hanno occupato quello che era un vecchio monastero. «Durante la notte bianca» spiegano mentre da impal-cature improvvisate into-nacano le pareti decadenti. «Abbiamo laboratori arti-gianali, corsi di francese e d’inglese e ora -continua-no- vogliamo creare una biblioteca per bambini». Durante lo scorso inver-no, nei giorni in cui il fred-do era più rigido, hanno

ospitato in collaborazione con l’ex Asilo e Napolinsie-me, 15 persone senza fissa dimora. Poi fieri dicono: «L’abbiamo liberato questo posto, non occupato».

Lo stesso pensiero emer-ge nelle parole di France-sco, primo a entrare abu-sivamente a Villa Medusa, Bagnoli. La splendida abi-tazione, con tanto di pano-rama sul monte di Procida, era stata lasciata al Comu-ne da una vecchia signora. Nel testamento il vincolo di farne una casa per an-ziani. L’amministrazione, se non fosse stato per l’in-tervento di Francesco, l’a-vrebbe venduta al miglior offerente. Anche qui, pasti per anziani meno fortunati, serate spettacolo, una pic-cola biblioteca, una stanza messa a disposizione dei bambini, un corso per bu-rattinai, la palestra, i corsi di pugilato, quelli d’inglese e di francese, tutto per tutti.

D’altronde è lo stesso motto dei cittadini di via salita Pontecorvo. Le per-sone del quartiere regalano mobili, attrezzi per la pale-

stra, vestiti usati che ven-gono messi a disposizione di chiunque ne abbia biso-gno, allo Scugnizzo Libera-to, l’ex carcere minorile che dal 1997 era rimasto vuoto dopo il trasferimento dei giovani detenuti a Nisida. Giaccio, abitante dello spa-zio occupato si racconta: «Ero uno di quei ragazzi del muretto della strada. Qui dentro ho trovato la mia espressione artistica» dice mostrando a chi lo ascolta «il disegnatoio», una stanza ristrutturata e colorata con tonalità vivaci.

Eppure, questa Napoli occupata non piace a tutti. Tra questi c’è Gianni Let-tieri, candidato sindaco di Napoli, antagonista di de Magistris. «Prima di regala-re edifici di pregio a centri sociali e collettivi estremi-sti che fanno la campagna elettorale al sindaco - dice- dobbiamo pensare a dare un tetto ai napoletani che sono in difficoltà». Ma sia-mo in campagna elettorale. E si vota anche per questo: per sostenere o “sfrattare” la Napoli occupata.

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Centri sociali Dall’Asilo Filangieri a due passi da San Gregorio Armeno a Villa Medusa di via Napoli a Bagnoli Nona edizione

In altoL’ex Asilo Filangeri occupato da quattro anni

In bassoIngresso dell’ex OPGJe So’ Pazzooccupato il 2 marzo 2015

A

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Tra mercato e didattica, la condizione dello strumento simbolo della città

Domus di StabiaSoprintendenza assente nel sito

Per il momento ci sono solo loro, i ragazzi del circolo Le-

gambiente Woodwardia, a bat-tersi per la valorizzazione degli scavi di Stabia. Mentre a Castel-lammare qualcuno ancora spe-ra che parte dei fondi del Cipe destinati alla Soprintendenza di Pompei vadano alla riqualifica-zione delle Ville romane, i gio-vani volontari si rimboccano le maniche.Stella e Clara hanno 18 anni e grazie alla collaborazione tra Le-gambiente e il loro liceo, parte-cipano a Salvalarte Ager Stabia-nus. «L’iniziativa» spiega Stefano Scanu, promotore del progetto, «è nata quattro anni fa grazie ai giovani volontari stabiesi, con l’obiettivo di valorizzare il patri-monio archeologico della città attraverso visite guidate gratuite alle Ville d’otium nelle domeni-

che di Maggio».Mentre aspetta lo scorrere della fila all’ingresso di Villa Arianna, Stella racconta la storia del sito archeologico: la domus, insie-me alla vicina Villa San Marco, fu scoperta quasi per sbaglio nel 1750, durante una campagna di scavi promossa da Carlo III di Borbone. «Credendo di essere sulle tracce di Pompei - spiega Stella - gli archeologi portarono invece alla luce le ville d’otium dei patrizi romani del I sec. d.c., ma col passare del tempo, il sito fu dimenticato». Solo nel 1950, grazie all’iniziativa personale di Libero D’Orsi, preside della scuola media Stabia, la campa-gna di scavi riprese. «In dodici anni - spiega Clara - riportò alla luce le ville e con i reperti raccolti fu creato l’Antiquarium stabiano all’interno della scuola media». Ma la costante mancanza di fon-di ha portato, nel 1997, alla chiu-sura del museo, che ancora oggi è in attesa di ricollocazione. Al termine della visita i ragazzi

Castellammare, control’incuria degli scavi in campo i giovaniEmilia Missione

Curiosità

Da un’idea di George Horn e Florian Nast, nasce la maglietta che permette di co-municare all’estero. Si chiama Iconspeak e aiuta a cavarsela in situazoni linguistiche ostili grazie alle icone stampate, come l’oro-logio, la toilette o la tazzina di caffè.

La trovata

La t-shirt poliglotta

Le volontarie Stella e Clara durante una visita guidata

Celebrato all’estero più che nella patria ai piedi del Vesuvio

Antonio Lamorte

l tintinnio delle tazze e il vociare

dei clienti. Poi all’im-provviso dei man-dolini accennano antiche melodie na-poletane. Una scena frequente, ma non è il Gambrinus e nem-meno il Parker. È il Caffè Trieste, a San Francisco. «Il mandolino esi-ste grazie all’estero» sentenzia Raffaele Calace, rappresen-tante della dinastia più celebre di liutai partenopei. «Conse-gniamo soprattutto in Giappone e in Sud Corea – dice - il fatto di trovarci a Napoli, non fa differenza». Al lavoro tra acero e palissandro nel labo-ratorio a piazza San Domenico ci sono anche alcuni giova-ni. Perché qui non c’è crisi, anzi. Da San

Sebastiano, Giusep-pe Miletti conferma che il mandolino se la gioca con chitar-re e violini, grazie ai turisti (che cercano il Made in Italy) e agli studenti dei licei che hanno adottato l’insegnamento. Un trend cominciato negli anni novanta, quando il conser-vatorio di Napoli in-trodusse la cattedra specifica. Vent’anni in ritardo rispetto a Padova. È il nord in anticipo sul sud. Oggi, per le più numerose orchestre a plettro, come ieri, quando già al XVI secolo si at-testa l’uso dello stru-mento, importato poi sulle carovane della

commedia dell’arte nel meridione, dove trovò la sua capitale, Napoli. A precisarlo è Pietro Ragni dell’E-studiantina di Ber-gamo che considera «positiva la profes-sionalizzazione dello studio. L’autodidatti-smo potrebbe creare degli ottimi solisti, ma non una scena importante».Per Mauro Squillan-te, a Napoli «l’offerta musicale non è ade-guata. Colpa anche delle istituzioni che non fanno niente». Nonostante il decre-to 201 del 1999 non lo introduca nelle scuole, secondo il presidente dell’Ac-cademia Mandolini-stica la speranza ri-siede in quei giovani che studiano lo stru-mento, rinnovandolo. Insomma, dicitencel-lo vuje, alle autorità, che viene valorizzato più all’estero che in Italia. Lui infatti gira il mondo da virtuoso

Fondata nel 1825, la liuteria Calace conta oggi sei ar-tigiani. Nelle foto, alcuni al lavoro nel laboratorio.

I

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Villa Arianna e Villa San Marco oscurate da Pompei

di Legambiente forniscono a cia-scun visitatore un questionario utile a valutare non solo l’inizia-tiva dei volontari, ma anche i ser-vizi che qualificano il sito, come la conservazione, la divulgazio-ne e l’accoglienza. Nelle doman-de relative a quest’ultimo aspet-to tra parentesi si legge: «senza considerare l’iniziativa del Cir-colo Woodwardia». Il perché di questa necessaria specifica lo si intuisce facilmente: all’impegno dei giovani volontari si contrap-

pone un generale abbandono. La segnaletica è scarsa, l’erba è così alta da ricoprire le anfore e i ser-vizi basilari, come bagni e colle-gamenti, sono scarsi o del tutto inesistenti. Eppure, basterebbe guardare lo stupore dei turisti mentre visi-tano questo luogo meraviglioso per capire che il potenziale non manca. Alla scoperta degli Scavi di Sta-bia. Il video su inchiostronline.it

Presentato Super Victor, il personag-gio-simbolo degli europei di calcio. Re-alizzata in 3D dall’a-zienda Zebrand, l’i-cona rappresenta un bambino, figlio di un calciatore, dotato di superpoteri.

Francia 2016Pronta la mascotte

Schlong nello slang yiddish indica l’orga-no sessuale maschile. Quello che ha “fottu-to” la favorita Hillary Clinton all’epoca del-le primarie democra-tiche del 2008 contro Obama. «Got schon-gled» ha dichiarato infatti Trump in un comizio nel Michi-gan.

L’insultoTrump l’elegante

Performance live, fil-mati sulla storia della musica e sulla carrie-ra degli artisti. Questi i contenuti video ap-pena introdotti dalla piattaforma musicale.

Streaming

Spotify: ora i video

Raddoppia il nume-ro di pianeti scovati al di fuori dei confi-ni del sistema solare. La scoperta di 1284 esopianeti è stata an-nunciata dalla Nasa e resa possibile grazie al telescopio spaziale Kepler.

ScienzaI nuovi esopianeti

raccogliendo applau-si, mentre prova a smuovere le cose nel capoluogo campano con la sua associa-zione. Nel program-ma dell’Accademia ci sono il primo cam-pus internazionale del mandolino (il prossimo agosto) e il crowfunding per isti-tuire una casa muse-ale stabile nella Basi-lica di San Giovanni Maggiore.«L’ex-Zeppelin John Paul Jones suona il mandolino. Prova

che lo strumento è vivo» suggerisce Fa-bio Menditto, titolare della cattedra a San Pietro a Majella. Per il maestro, il problema però è duplice: «Si associa troppo alla tarantella e poco a Mozart - reclama - e mancano mezzi più efficaci per trasmet-terlo alle nuove ge-nerazioni».Il mandolino, in so-stanza, non è morto, ma Napoli oggi non assomiglia più alla sua culla.

Il mandolino dimenticato a Napoli

P

A. Lamorte, A. Capasso

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Effetto spin doctor

Il consulente politico È una figura nata negli Stati Uniti, sempre più richiesta in Italia, utilizzata anche per le amministrative

portata dagli Stati Uniti che ha un ruolo fondamentale nelle campagne elettorali. «Se capi-sci i meccanismi e le logiche che regolano il comportamen-to di un gruppo, puoi control-lare e irregimantare le masse a tuo piacimento e a loro insa-puta» così Edward Bernays, il primo vero spin doctor della storia, teorizzava la pratica del consulente politico in L’inge-gneria del consenso (1928). Un autore che, per la rivista Life, è tra le figure più influenti del ventesimo secolo. Pubblici-

tario di professione, a lui va il merito di aver inventato una comunicazione capace di pro-durre effetti concreti, a volte anche dirompenti. Dalla fine degli anni Venti a oggi questa figura, che si muove dietro i politici come una mano invisibile, diventa sempre più protagonista anche grazie a una sorta di mitizzazione operata dal grande schermo. L’azione del consulente politi-co è raccontata in film come: Wag the Dog (Sesso e Potere) diretto da Barry Levinson del

1997. Una commedia nera con Robert De Niro nei panni dello spin doctor del Presidente degli Stati Uniti, interpreta-to da Dustin Hoffman, che abilmente manipola l’opinione pubblica attraverso il controllo dei mass media. Negli stessi anni anche in Italia si formano squadre di giornalisti, strateghi e comunicatori, indaffarati a scrivere i discorsi per il politi-co, preparandolo a rispondere alle interviste e decidendo per lui le tattiche per la campagna elettorale. E questo è proprio

lla fine di aprile alla Città della Scienza, durante l’evento di apertura della cam-

pagna elettorale per l’elezione del sindaco di Napoli, Gianni Lettieri sale sul palco corren-do. Il candidato di centrode-stra indossa una felpa con il cappuccio e la sfila prima di iniziare a parlare a circa 3000 sostenitori che lo accolgono con clamore, restando in ca-micia bianca. Niente è lasciato al caso. Ognuno di questi gesti è studiato della sua squadra di comunicazione che vuole diffondere l’idea di un politico dinamico. Valeria Valente il candidato del Pd, invece, prende “un caffè” virtuale su Facebook ogni ve-nerdì con i suoi interlocutori. Si tratta di un video in diretta, durante il quale risponde alle domande degli utenti.Anche questa non è scelta casuale. L’evento è costruito e pensato dal suo staff, per dare l’idea di un candidato giovane e a suo agio con gli strumenti del web. Luigi De Magistris, che si rimette in gioco nella corsa per Palazzo San Giacomo, si avvicina alla Capoeira, una danza brasiliana che si sposa con l’arte marziale. Il sindaco uscente pubblica una foto su Facebook, che lo immortala mentre si muove a ritmo di musica ed esegue i movimenti di questa disciplina, alla quale si avvicina per la prima volta. Nulla è lasciato al caso anche per De Magistris. Il team che lavora dietro la sua candida-tura, cerca di dare l’idea di un sindaco che partecipa ed è a stretto contatto con i cittadini. Classico è lo stile di Matteo Brambilla, il candidato del Movimento 5 Stelle. Anche le sue decisioni sono studiate da chi si occupa della strategia di comunicazione. Per Marcello Tagliatatela di Fratelli d’Italia, l’addetto stampa ha scelto una comunicazione politica tradi-zionale a suon di slogan. Dietro ogni candidato c’è uno spin doctor, ovvero un consu-lente politico, una figura im-

AMarina Malvestuto

FacebookÈ lo strumento di comunicazione più usato dai politicinelle elezioni a Napoli

Addetto StampaSegue il candidatoe intrattienei rapporti con i giornalisti

Arrivano dagli Stati Uniti gli inventori della nuova comunicazione politicaGli Spin Doctor, dagli anni Ottanta protago-nisti della politica ame-ricana, sono i registi delle campagne eletto-rali. Si muovono dietro le quinte e orientano le scelte dei candidati. Questa speciale cate-goria di consiglieri cura e promuove l’immagi-

ne pubblica di un po-litico, con strategie di comunicazione in cui tutto ha un significato e uno scopo preciso, anche le maniche della camicia arrotolate e il tono di voce usato nei dibattiti. Il candidato si confeziona, si raccon-ta e si vende, come un

prodotto nel marketing. Il termine Spin viene dallo sport, nel tennis indica un colpo molto rapido. Proprio la ve-locità nella diffusione di commenti, notizie e foto, attraverso i nuovi mezzi di comunicazio-ne è oggi il tratto distin-tivo della nuova comu-

nicazione politica. Non solo curare l’immagine dei candidati, lo Spin Doctor ha anche altri compiti: gestrire le cri-si con messaggi tatti-ci, fornire informazioni alla stampa, in forma confidenziale e creare eventi per convicere l’opinione pubblica.

La definizione

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Dentro la campagna elettorale

Da sinistra Marcello Taglialatela, Gianni Lettieri, Luigi de Magistris, Valeria Valente e Matteo Brambilla

La Casa Bianca

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Edward Bernays è il primo spin doctor della storia che ha teorizzato la pratica degli addetti alla comunicazione politica

quello che avviene anche a Napoli, in occasione delle elezioni amministrative del 5 giugno. Il team di Gianni Lettieri è composta da: un portavoce, un addetto stampa e da un gruppo di circa dieci persone che si oc-cupano della gestione del web. A guidarla è un vero e proprio spin doctor, il piacentino Mau-ro Ferrari che aveva iniziato a muovere i primi passi, nel settore della comunicazione, già alla fine degli anni Sessan-ta. Ma solo nel 1994 sceglie il mondo del marketing politico. La sua attività si divide tra comunicazione per le aziende e organizzazione di campagne. Venti volte su 23 ha vinto la sfida. «Uno spin doctor che sfrutta a 360 gradi la piattafor-ma online - racconta Vincenzo Strino, responsabile social me-dia manager della squadra che lavora per Lettieri - Una scelta che però non esclude l’utilizzo dei tradizionali cartelloni 6x3», sottolinea il comunicatore.

Una decisione simile è stata fatta dal gruppo che affianca Valeria Valente. La sua squadra è composta da giovani dai 25 ai 40 anni, un fotografo, un video maker e responsabili web. In una foto la candidata del Pd è ritratta in motorino, intenta a fare manovra nei pressi del teatro San Ferdinado. Secondo qualche utente di Facebook, però, la Valente era contro mano. Ed è scattata subito la polemica. «L’immagine è diventata virale - raccontano dallo staff della candidata a sindaco - Lettieri riprendendo la foto ci ha fatto una cortesia». Infatti, l’imprenditore napole-tano ironizzando si è fatto foto-grafare anche lui sul motorino, ma nel senso giusto. «Comun-que il mezzo era fermo accan-to a un marciapiede, si vede benissimo dalla foto» spiegano dallo staff della candidata. Si distingue, invece, l’orga-nizzazione del Movimento 5 Stelle. Ad occuparsi della comunicazione politica di

Matteo Brambilla c’è il suo addetto stampa che punta a una campagna elettorale “low cost”, proprio per la sua strut-tura del M5S che è diversa da un partito. I candidati pen-tastellati non sono sostenuti da finanziamenti pubblici e hanno modalità organizzative diverse dagli altri avversari. Sono proprio i cittadini, gli stessi candidati e gli attivisti a contribuire all’organizzazio-ne degli eventi. I principali strumenti di comunicazione sono, infatti, gli stand tematici e le agorà, dove si affrontano i diversi temi della campagna elettorale, dai trasporti ai beni culturali.Più tradizionale è la la strate-gia del candidato di Fratelli d’Italia, Marcello Taglialatela, seguito da un addetto stampa che, senza tralasciare il web, punta alla comunicazione attraverso le grandi affissioni stradali. «Casa per casa e in-contri frontali a diretto contat-to con le persone» è la strategia

scelta Stefano Pisaniello, che da diversi anni lavora per Ta-glialatela. Molto attivo sul web Luigi De Magistris, anche lui sostenu-to da una squadra di esperti del settore. Probabilmente è parte della sua strategia anche l’attacco a Renzi. L’ex pm di Catanzaro, durante un comizio al PalaPartenope, ha usato un linguaggio durissimo e volgare contro il Premier. Risultato, il video è diventato subito virale. Parte così un botta e risposta tra i due politici. «Il sindaco di Napoli mi insulta e minaccia con volgarità indegne di un uomo pubblico» fa sapere il Presidente del Consiglio nella sua e-news. «In questo Paese si è persa l’abitudine ai co-mizi. Capisco che la politica si fa sempre di più nei salotti televisivi e nelle cabine di re-gia» contrattacca De Magistris che sembra non farsi scrupoli nell’utilizzare parole volgari. Sarà anche questa una strate-gia di comunicazione? Chissà.

Vincenzo StrinoNon escludiamo l’utilizzo dei tradizionalicartelloni elettorali

Stefano PisanielloCasa per casa e incontri direttia stretto contatto con i cittadini

«A Napoli si confrontano quat-tro personalità ben distinte, mentre a Milano lo scontro tra Sala e Parisi è uno scon-tro tra simili, i due candidati sono sovrapponibili, in quanto espressione di due destre». Lo sostiene il professor Genna-ro Carillo, ordinario di Storia del pensiero politico all’uni-versità Suor Orsola Benincasa.Professore, le campagne elet-torali incidono sul risultato delle elezioni?«Le campagne elettorali con-tano, ma incidono anche le appartenenze, che non sono più ideologiche. Le liste elet-torali sono oramai composte sempre più in base ad appar-tenenze familiari, che scelgo-no candidati che hanno bacini elettorali molto ampi, non le-gati alla reputazione politica».I nuovi media hanno inciso nella comunicazione politica?«Twitter ha cambiato la comu-nicazione politica, rendendo-la sempre più veloce. Ma sulla rete non si elabora un pensie-ro, si procede per slogan. Per i nuovi media basta anche solo che l’affermazione sia reputa-ta vera e produca effetti, con-ta l’efficacia persuasiva del discorso, non la sua verità».Che ruolo hanno le liste civiche?«Le liste civiche funzionano se legate a un candidato forte. La lista veramente partecipa-tiva dal basso, svincolata dal-

nazionale. De Magistris è un leader cittadino, che rivendica un ruolo anche di livello na-zionale o comunque si pone in maniera molto dialettica nei confronti del governo centrale. Questo potrebbe premiarlo in termini elettorali, ma dall’al-tra parte crea nell’elettorato una sensazione di isolamento. Napoli si isola e il governo la isola, si è visto nella questione Bagnoli, da cui la città è stata esclusa. Dall’altra parte la Na-poli di de Magistris è una Na-poli che registra un incremento dei flussi turistici. Io su questo avrei costruito la campagna elettorale, mentre il sindaco punta sull’opposizione a Renzi. E le campagne di Lettieri e Brambilla?Lettieri ha già perso alle scorse elezioni ed ha sbagliato buona parte della campagna elettora-le. Ha portato avanti una propa-ganda anti-napoletana con de-gli slogan, che mostravano una Napoli del tutto coerente con lo stereotipo nazionale e inter-nazionale, così ha polarizzato tutta l’attenzione sulle negati-vità, senza evidenziare le cose positive. Il candidato 5 stelle è sulla carta debole, perché è stato selezionato in maniera poco rappresentativa con delle strane primarie. Ma si presenta molto bene: ha dimostrato una competenza da fare invidia ai parlamentari e alla classe di-rigente attuale del Pd che mi sembra abbastanza mediocre».

to di professionismo politico» Quali sono le caratteristiche dei candidati alle ammini-strative?«La campagna della Valen-te risente delle modalità con cui si sono svolte le primarie. L’appello della candidata Dem a Roberto Saviano per riceve-re indicazioni di candidature provenienti dalla società civile è dettato dalla disperazione de-rivante dai sondaggi. È chiaro che era una manovra diversiva rispetto alla questione morale

le logiche dei partiti, non c’è».In riferimento all’elevato nu-mero di candidati alle munici-palità, Bassolino ha dichiarato che quando aumenta il nu-mero dei candidati, ma dimi-nuiscono i votanti, è il segno di una grave crisi politica. Lei cosa ne pensa?«Ha perfettamente ragione, l’impressione è che ci siano più candidati che votanti. Bisogne-rebbe chiedersi quanto ci sia nelle candidature di messa a servizio della comunità e quan-

Alessandra Caligiuri

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L’intervista Il giurista del Suor Orsola commenta la campagna elettorale

Carillo: sembra che ci siano più candidati che votanti«I nuovi media hanno cambiato radicalmente la politica»

Gennaro Carillo

Schede elettorali

Scena dal film Wag the dog

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I venti anni di “Un posto al sole”,il perché di un successo italiano

Storie verePatrizio Rispo: «Napoli è la principale protagonista della nostra soap»

tanti i personaggi entrati nell’immaginario colletti-vo: dal tycoon Roberto Fer-ri alla spregiudicata Marina Giordano, fino a Raffaele Giordano. Ma anche Sara De Vita, impersonata dal-la bionda Serena Autieri.

«Raccontiamo la vita e diventiamo uno spunto per affrontarla. Siamo un cast con delle facce assoluta-mente vere e siamo ispirati dalla cronaca», dichiara Ri-spo, attore presente fin dal-le prime puntate. È proprio per questo che, a differenza di altre fiction, lo sceneg-giato campano si è più volte occupato di tematiche so-ciali, dall’omofobia alla ca-morra, passando per l’HIV, la prostituzione e le ecoma-fie. I protagonisti della soap hanno raccontato tutta Na-poli. Da quella violenta a quella antica, colta e pove-ra, cercando di dare sempre un segnale di ottimismo.

«La cronaca è la forza

dalla quale traiamo ispira-zione», dichiara il protago-nista della serie televisiva. E non è un caso che qual-che mese fa, quando il no-stro Parlamento si divideva nel dibattito sulle unioni civili, la soap raccontava la storia d’amore tra San-dro e Claudio, due ragazzi che faticavano a vivere la loro sessualità in un sud Italia ancora dominato da pregiudizi. Finiranno per lasciarsi, e poi ritrovarsi, fino a vivere il loro fidan-zamento alla luce del sole.

Una love story che ha scatenato polemiche sui social, ma che ha contri-buito a scardinare cer-ti tabù. «Upas racconta storie quotidiane, cose semplici e anche amore, come questo», è l’opinione degli attori Alessio Chio-dini e Gabriele Anagni.

Storie quotidiane, ap-punto, come quelle dell’a-dozione di un minore. Niko

era stato adottato dalla famiglia Poggi, fuggendo dall’orfanotrofio e riuscen-do a realizzarsi nella vita. Ha un figlio, studia giuri-sprudenza e spera di fare carriera per ricordare che nella vita tutto è possibi-le, anche se tua madre ti abbandona in una casa fa-miglia o si proviene da un contesto sociale doloroso.

Un mix tra realtà e finzio-ne, il lavoro dell’attore, che arriva a influenzare perfino la vita fuori dal set. «Raffae-le ha una sua vita che io non posso non tenere presente, anche perché il pubblico che mi ferma si rapporta a lui, non a me. Siamo di-versi, ma mi aiuta a tenere vivo il mio aspetto più in-fantile e ingenuo», conclu-de Rispo, consapevole che dopo venti anni il suo posto al sole lo ha già raggiunto. L’intervista completa a Patrizio Rispo su inchio-stronline.it.

Tanti i temi affrontati nel corso degli anni. Gli attori dichiarano: «La cronaca è la forza dalla quale traiamo ispirazione. Raccontiamo la vita e diventiamo uno spunto per affrontarla»

In ondaOgni giorno su Rai 3 alle 20:35

ono passati ven-ti anni da quel giorno del 1996 quando, sotto un violento tempo-

rale, iniziarono le riprese della prima puntata di Un posto al sole, la soap opera più longeva della televisio-ne italiana, tuttora in onda alle 20:35 su Rai 3. Dagli sceneggiatori agli attori, tutti dello staff, con stracci e secchi, asciugarono il set, permettendo il ciak della prima scena. «Oggi non è più solo una soap, ma una vita parallela. La gente è cresciuta con noi, diventa-ta adulta, invecchiata», ri-vela l’attore Patrizio Rispo, che veste i panni di Raffaele Giordano, portiere del Pa-lazzo Palladini, un edificio sul mare dal quale si può ammirare il golfo di Napoli.

«Ormai siamo dei veri e propri parenti per chi ci guarda. Da parte loro c’è curiosità nel vederci cre-scere, cambiare, ingras-sare, perdere i capelli», spiega Rispo, ribadendo che è Napoli la grande protagonista della serie.

Basata sul format austra-liano Neighbours, la fiction è stata la prima ad essere interamente prodotta in Italia e, nel corso degli anni,

Il più “anziano”

Patrizio RispoL’attore è il portiere di Palazzo Palladini fin dalla prima puntata nel 1996

S

n posto al sole spopo-la nel mondo dei social.

Con oltre 119.000 fan su Facebo-ok e quasi 9000 follower su Twit-ter, i profili ufficiali della soap partenopea sono seguitissimi dai fan che ogni sera commentano

con gli hashtag #upas e #upasli-ve. Un secondo schermo virtuale che permette di seguire, assieme a una community di appassiona-ti, le vicende di Palazzo Palladi-ni e dei suoi numerosi inquilini. Sulle piattaforme sociali anche

gli attori della serie napoleta-na. Presenti su Facebook, Twit-ter e Instagram Patrizio Rispo, Nina Soldano e Ilenia Lazzarin. «Siamo vivi, presenti e attivi sui social. Sappiamo che lì esiste un mondo che va alimentato»,

confermano i protagonisti, ag-giungendo che sono molti i gio-vani che seguono con interesse le vicende della soap campana.Creatività, condivisione e cuo-re. Queste le chiavi del succes-so della fiction che da venti anni tiene compagnia a milioni di te-lespettatori italiani e non solo.

Televisione

Le più social

Lazzarin & Soldano Le protagoniste della fiction più attive su Facebook, Twitter e Instagram

Dalla tv alla community. Una fiction sempre più 2.0

U

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Fausto Egidio Piu

Fausto Egidio Piu

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erminata la festa per la storica promozione in

Serie B la classe politica be-neventana non ha tardato a sottolineare l’importanza del successo sportivo del Bene-vento come occasione di ri-lancio per l’intera comunità. «La Serie B è molto impor-tante per la città sannita» ha detto il candidato sindaco Clemente Mastella. «Questo risultato consegna un mo-mento di grande visibilità e di rilancio alla nostra città» ha replicato l’onorevole Nunzia De Girolamo. «Una Beneven-to che si riscopre città per un traguardo a lungo inseguito. La città che ho visto ieri, uni-ta, ritrovata, è quella che tut-

Alle origini della favola LeicesterQuel Ranieri di NapoliIl mister raccontato da Cannavaro e Ferrara e dal telecronista Alvino

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portò a Napoli come straniero su cui puntare nel dopo Maradona. Accettai perché c’era lui: per con-vincermi mi chiamò ogni giorno per sei mesi. Nella mia carriera ho pianto due volte, entrambe le volte per lui: quando fu esone-rato nel 1992 e poi, di gioia, il 2 maggio 2016 quando è diventato campione d’Inghilterra». Come tutte le storie, però, anche quella del Lord in terra partenopea finì. Il presidente Ferlaino decise di mandarlo via l’8 novembre 1992, dopo l’eliminazione dall’Europa e due sconfitte consecutive in campionato. «Finì per colpa della società, che ebbe paura di conti-nuare sulla strada dell’innovazio-ne -chiarisce Alvino- e il timore di retrocedere prese il sopravvento. La dirigenza non ebbe la forza di tutelarlo». De Rosa narra un re-troscena di quell’addio: «Nel pe-riodo che precedette l’esonero, sdrammatizzava sostenendo che le difficoltà sportive erano cose che capitavano, mentre i veri pro-blemi erano tutt’altro. Mi colpì la maturità con cui ci rincuorava». Un altro ex, Vittorio Pusceddu, lo segue anche in Inghilterra: «Mio figlio studia a Londra e così ho visto alcune partite del Leicester, contro Stoke City ed Everton. Quello di Ranieri è un calcio sem-plice, da applicare con le sue di-rettive».

mai stato così tanto tempo in sala video come in quei giorni». Due i giorni della settimana cruciali, spiega Francini: «La domenica mattina faceva la formazione e ai titolari assegnava le marcature, indicando anche quali avversari sarebbero andati a saltare su cal-ci d’angolo e punizioni. Il marte-dì, alla ripresa degli allenamenti, chiedeva a ogni giocatore cosa c’era da migliorare: voleva sape-re le nostre impressioni». Dello stesso avviso anche l’ex centro-campista Massimo Mauro, oggi commentatore a Sky: «Ranieri è un allenatore che non inventa niente, ma che cerca di sfruttare le qualità dei suoi giocatori». La sfida non era facile. Carlo Alvino, giornalista da anni al seguito del-la squadra partenopea, ammette che pochi allenatori avrebbero accettato quell’avventura: «Era

il primo Napoli post Maradona e dopo Diego puoi solo fare danni. Riuscì a formare un gruppo. La stampa lo accolse bene, lo vede-vamo come un gran lavoratore. Per i modi faceva intuire che il suo habitat era quello della Pre-mier. Era un Lord, oggi è “il Lord”, nato per il lavoro». Un Lord sen-sibile e scherzoso nel rispetto dei ruoli, come lo ritraggono i suoi ragazzi. «Definiva -racconta Alvi-no- la forza del gruppo come una cooperativa di mutuo soccorso». Nonostante siano passati anni, a legare l’avventura napoletana a quella con il Leicester resta l’abi-lità di Ranieri di lavorare sui cal-ciatori cosiddetti “pazzi”. Gaetano De Rosa, coetaneo di Cannavaro e anche lui in prima squadra dal ‘91, individua la componente di magia delle imprese di Ranieri «nella sua capacità di trovare la chiave d’accesso per tirar fuo-ri il meglio da tutti, accogliendo le diversità e incanalando ver-so il campo la pazzia dei gioca-tori per potervi attingere senza combatterla, come invece si fa spesso in Italia». King Claudio fu confermato anche per la stagio-ne successiva. A settembre vinse 5-1 a Valencia, nel primo turno di Coppa Uefa. «Fu la più bella partita in Europa della storia del club» dichiara Alvino, in accordo anche con Giancarlo Corradini, difensore azzurro dall’88 al ’94. Cinque goal, tutti realizzati da Daniel Fonseca. Per l’uruguaia-no, Ranieri è stato come un pa-dre: «Mi volle a Cagliari, poi mi

Emanuele La Veglia, Davide Uccellaa vittoria in Premier del tec-nico romano ha radici lon-

tane, nel tempo e nello spazio. Inizia tutto venticinque anni fa, a Napoli. C’è un Ranieri parte-nopeo perfino dietro al capitano della Nazionale campione del mondo 2006. Fabio Cannavaro era ancora diciassettenne quan-do Claudio arrivò sulla panchina azzurra: «Nel 1991 approdai in prima squadra e, anche se con lui non sono mai sceso in cam-po, è stato il mio primo allenatore vero. Abitava al Vomero, dormiva con le tapparelle alzate e si sve-gliava all’alba». Cannavaro, in-fatti, esordì in A il 7 marzo 1993, quando in panchina era tornato Ottavio Bianchi. I titolari dell’e-poca erano altri. A cominciare dal capitano, Ciro Ferrara, che ri-corda come l’allenatore cercasse già allora «di cambiare l’idea di marcatura a uomo e di avanzare proposte innovative». Giovanni Francini, terzino protagonista già dagli anni degli scudetti, ricorda che il mister utilizzava molto i fil-mati: «Fu uno dei primi allenatori a usare le videocassette. Ci faceva vedere le partite degli avversari, fermando poi l’azione per illu-strare i movimenti più frequenti». Una procedura quasi maniacale, come sottolinea Cannavaro: «Ri-cordo la gara di ritorno del secon-do turno di Coppa Uefa. Dopo aver perso in casa dovevamo af-frontare il Paris Saint Germain in Francia. Facemmo un lavoro maniacale. Credo di non essere

La prima volta

Giuseppe Di Martino

La Serie B per rilanciare Benevento

Tmediatico dell’evento, fan-no loro il pensiero comune dell’elettorato beneventano: il prestigioso risultato otte-nuto sul campo è una con-creta occasione di riscatto sociale oltre che un’opportu-nità economica per la città di Benevento. L’impresa di una società sportiva può garan-tire un miglioramento della qualità della vita?La situazio-ne finanziaria del Comune di Benevento non è limpida; i milioni di debito fuori bilan-cio, i debiti collettivi contratti per decenni e le tariffe in co-stante aumento sono segno di una chiara instabilità po-litica.

La vittoria sul Lecce, però, ha aperto al Benevento le

porte di una realtà tutta da scoprire. Tra Lega Pro e Se-rie B ci sono divari facilmen-te immaginabili per quanto riguarda visibilità e incassi. Dalla mutualità e dai diritti televisivi rappresentati dal colosso Sky, detentore esclu-sivo del campionato, arriverà nelle casse dei sanniti una cifra che si aggirerà tra i 4,5 e i 5 milioni di euro. Il mer-chandising tornerà ad avere le casse piene grazie alla ri-apertura annunciata di un punto vendita autorizzato al commercio di prodotti uf-ficiali, che in questi giorni sono andati a ruba. La pro-mozione, inoltre, sarà l’oc-casione per il rilancio di una città che durante l’anno non si è distinta per vivacità. La spinta che arriverà il prossi-mo anno, in termini di ritor-no economico sarà notevole anche in quest’ottica, non solo per una società privata ma per l’intero Sannio.

Maggiore visibilità e introiti derivati dai diritti audiotelevisivi sono un’occasione da cogliere per la comunità

La Curva Sud del Benevento

L

ti noi meritiamo. In fondo, il calcio è la più bella metafora della vita: se si è squadra in campo, non c’è impresa che non diventi possibile» ha ri-lanciato da Facebook il can-didato sindaco Pd Raffele Del Vecchio. E ancora: «Mi piace-rebbe che questa promozio-ne sia un punto di partenza ideale per Benevento in tutti gli ambiti, soprattutto econo-mico e sociale, perché Bene-vento come nel calcio, merita obiettivi sempre più alti: la serie B può essere simbolo di rinascita» ha commenta-to in una nota Gianfranco Ucci, candidato sindaco per la lista #LaCittàdiTutti. Gli sfidanti alle amministrative del 5 giugno, sfruttando l’eco

La partita più bella della sua gestione fu il 5-1 a Valencia il 16 settembre ‘92. E fu un 5-1 anche il risultato per cui venne eso-nerato e cioè la sconfitta interna in campionato contro il Milan l’8 novembre dello stesso anno.

1991-1992 il periodo di Claudio Ranieri al Napoli. 55 partite, di cui 25 vittorie, 16 pareggi e 14 sconfitte

Il Lord Claudio Ranieri a San Siro dopo Milan-Napoli del 5 gennaio ‘92

Fabio Cannavaro

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Antonio Buonansegna

Vip, orgoglio premamanDa Demi Moore a Elisabetta Canalis, la gravidanza è diventata mediatica

Fino a quel momento pizzi e fasce avevano intrappo-lato curve e rotondità di donne famose e non. Si è dovuto attendere la fine del millennio prima che qualcun’altra, del calibro di Cindy Crawford, potesse avere l’ardire di raccoglier-ne il testimone. Certo tanto è cambiato negli ultimi venticinque anni. L’avvento dei Social Network ha rivoluzionato il fenomeno del pancione in bella vista rendendo to-talmente superfluo il foto-grafo. Lo sanno bene i 2,2 milioni di follower di Bar Rafaeli a cui manca, e in molti aspettano speranzo-si, solo il video del conce-pimento per rendere com-pleta la partecipazione al periodo di gestazione della modella israeliana. L’angelo di Victoria’s Secrets ha coinvolto i fedeli segua-ci di Instagram in ogni gioia della maternità: dal test di gravidanza alla crescita del ventre, in verità tanto lenta da sollevare interrogativi.

Va riconosciuto un certo va-lore pionieristico alle pro-tagoniste della casa di lin-gerie più famosa al mondo. La collega di passerella ‘con le ali’ Behati Prin-sloo ha portato davanti l’obiettivo anche testoste-rone, con il marito, Adam Levine, che ha ironizzato: «Anche io sono incinto». Da Anne Hathaway a Oli-via Wilde fino a Blake Lively e Candice Swane-poel passando per le no-strane Elisabetta Canalis e Federica Nargi, nessu-no sembra aver resistito allo scatto della pancia. E c’è già chi è pronto a scom-mettere sul rialzo delle na-scite dopo la proliferazione di gravidanze mediatiche. Per il momento però, la certezza è una soltanto: uomini di tutto il mondo, destiniamo all’oblio l’im-magine del marito che rincasa e trova la moglie ad accoglierlo con la lie-ta novella. E’ più proba-bile scopriate di diventa-re papà da un tag online.

agosto del 1991 è an-noverato dai mete-

orologi tra i più caldi del secolo scorso. Fu allora che Demi Moore, la star di “Ghost” e “Proposta In-decente”, comparve sulla copertina di Vanity Fair poco vestita e decisamen-te incinta. L’onda erotica sollevata dal ‘ciclone Demi’, quando ancora non erano attribuiti nomi fantasiosi ai fenomeni atmosferici, fece schizzare verso l’alto la colonnina di mercurio più delle roventi tempera-ture estive. Accadeva prima dei Social Network, prima di Sex and The City, prima ancora di internet, quando le donne in gravidanza era-no ancora “in stato interes-sante”, sepolte sotto strati e strati di vestiti premaman. Le foto dell’attrice ameri-cana, che in patria solle-varono più polemiche dei recenti discorsi di Donald Trump, resero per la pri-ma volta possibile il bino-mio sensualità-maternità.

Vanity Fair, Agosto 1991

MusicaNapoli, arrivano Giovanni Allevi e Niccolò Fabi

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«Attraverso la musica vedo il mondo con gli occhi di un bambi-no», racconta il genio ribelle della musica classica italiana, Giovanni Allevi. Compositore e pianista allo stesso tempo, ha portato la sua musica in tutto il mondo, dall’E-

stremo Oriente all’America. Ma sarà anche protagonista del palcoscenico italiano con una serie di eventi live, un tour che lo poterà nel capoluogo campano sabato 21 maggio, al Teatro Pala-partenope.

Nella stessa data Napoli ospiterà un altro grande artista del pano-rama musicale italiano, Niccolò Fabi che presenta al Teatro Augu-steo il nuovo album Una somma di piccole cose. Con grande semplicità il cantau-

tore romano ci racconta il suo per-corso umano e musicale in modo sempre anticonvenzionale. Per la prima volta, «dopo 20 anni di onorata carriera», come egli stesso confessa in un post su Face-book, il suo disco è riuscito a sca-lare le classifiche italiane in poche settimane.

Anna Capasso

«Le borse per le donne sono come le palle per gli uomini: è solo una borsa ma ci sentiremmo nude senza». Così Carrie Brad-shaw, eroina di Sex and the City, spiega il rapporto sim-biotico tra una donna e la sua ‘compagna’. Negli anni novanta del secolo scorso venne coniato il termine It Bag: una borsa iconica, che prescinde da una stagione di riferimento, entrata di di-ritto nella lista dei desideri del gentil sesso. Ma a con-sacrare una borsa sono le celebrità che la sfoggiano. La Kelly di Hermes deve il suo nome alla principessa Grace Kelly. Per avere una Birkin, creazione della me-desima casa di moda dedi-cata alla modella Jane Bir-kin, dovrete attendere due anni di lista d’attesa e paga-re una cifra non inferiore a 6000 euro. Più giovane ma di eguale prestigio, la Lady D della Maison Dior vol-le celebrare la principessa di Galles, Diana Spencer, che era solita esibirla nel-le diverse nuances. Dopo il 1997 per le donne di tut-to il mondo comprare una baguette avrebbe assunto un significato differente. La stilista Anna Fendi di-segnò una linea di borse da portare sotto il braccio proprio come il tipico pane francese. Fu Audrey He-pburn la prima a indossare il modello Speedy di Louis Vuitton, la borsa a bauletto che ancora oggi continua a colorare a tinte Mono-gram i sogni delle donne. E parlando di It Bag non ha bisogno di presentazioni la 2.55 di Chanel, diventa-ta l’oggetto di culto della popolare griffe. La borsa è ormai molto più di un ac-cessorio, tanto che se i fra-telli Grimm avessero scritto oggi Cenerentola, avrebbe-ro certamente sostituito la scarpetta di cristallo con una borsetta. E Cenerento-la sarebbe stata più attenta a non perderla.

Non provate a chiamarle solo borseAntonio Buonansegna

Fashion Bible

L’

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Master di Giornalismo dell’Università Suor Orsola Benincasa di NapoliPresidente Lucio d’ AlessandroDirettore Marco Demarco Responsabile inchieste biennali per la collana “Cronaca e Storia” Paolo Mieli Responsabile formazione radio-tv Pierluigi Camilli

Direttore delle testateMarco Demarco

Coordinamento redazionaleFrancesca De LuciaCarla MannelliAlessandra OrigoCoordinamento tecnico audiovisiviRosario CuomoGiuliano Caprara

Segreteria didatticaNancy Polverino In redazioneFilomena Avino, Antonio Buonansegna Alessandra Caligiuri, Anna CapassoAlessandro Cappelli, Paola CoronaGiuseppe Di Martino, Antonio Esposito Antonio Lamorte, Emanuele La Veglia Marina Malvestuto, Maurizia Marcoaldi Carolina Mautone, Emilia MissioneFausto Egidio Piu, Davide UccellaErminia Voccia

GraficaAnanda Ferrentino

StampaCentro Stampa di Ateneo

RegistrazioneTribunale di Napoli n. 5210 del 2/5/2001

EditoreUniversità degli Studi Suor Orsola Benincasa081 2522236

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Filomena Avino

Antony Morato La moda dalle falde del Vesuvio agli Champs Élysées

però, risale ad un altro periodo. A quando, ancora adolescenti, giravano nella fabbrichetta di abbigliamento da donna, in quel di Terzigno, paese ai piedi del Vesuvio. Ma, allora, come nasce l’idea di un brand da uomo? «La decisione di spo-stare l’attenzione dal mondo femminile a quello maschile è stata dettata concretamen-te dalla poca competizione sul campo con altri marchi da uomo», è la spiegazione del giovane imprenditore. Agli esordi, i negozi erano solo in Italia, e neanche in ogni regio-ne. E gli obiettivi iniziali, per quanto fossero già alti, furo-no inaspettatamente superati. «La nostra intenzione non era quella di essere una meteora». E, a dimostrazione di questo c’è l’inarrestabile crescita della casa di moda Morato, soprat-tutto sul mercato internazio-nale, il quale, ad oggi, produ-ce il 70% del fatturato totale.I primi capi griffati Antony Mo-rato a varcare il confine italia-no furono quelli della collezio-ne primavera/estate 2008 che raggiunsero il territorio spa-

ello, Giovanni e Tania Cal-darelli. Sono loro i “ge-

nitori” del brand napoletano Antony Morato. Un nome che di napoletano ha poco visto che la ricerca ha portato i fra-telli Caldarelli a spingersi fino al Nord Europa, più precisa-mente in Olanda. È qui che nasce, nel 2007, la maison di moda Antony Morato. «Ave-vamo bisogno di un nome che potesse essere internaziona-lizzato, che suonasse bene in tutti i paesi e che fosse facile da pronunciare. Così, sfogliando un elenco telefonico, la scel-ta è caduta casualmente su questo nome e cognome». In questo modo, Giovanni spiega l’origine del nome del brand.Step by step, paese dopo pa-ese, i tre fratelli si stanno pre-parando a portare a Parigi, più precisamente sugli Champs Élysées, il primo monomar-ca d’oltralpe. «Sarà l’equiva-lente dell’esame di maturità ed è previsto per la primavera del 2017», dichiara il 34enne.La prima volta dei fratelli Cal-darelli nel mondo della moda,

opinione comune che Eduardo De Filippo

fosse un uomo dal caratte-re chiuso e sfuggente, che Sophia Loren sia un’ico-na del cinema italiano per bellezza e per talento e che Franca Valeri mantenga ancora oggi il piglio anti-conformista e battagliero che sempre l’ha contraddi-stinta.Ma pur partendo da queste considerazioni, non si può che definire sorprendente il giudizio di Franca Valeri espresso in un’intervista a il Corriere della Sera. Pas-sando in rassegna alcuni grandi artisti del 900 defi-nisce Eduardo «un cane ro-gnoso» e la Loren un’attrice modesta da cui «De Sica sapeva cavare il meglio». Un vero e proprio schiaffo all’orgoglio napoletano.Stefano De Stefano, criti-co de Il Corriere del Mez-zogiorno, non nega che la grandezza della Loren sia stata collegata a De Sica: un rapporto in cui «la forza espressiva e fisica di Sophia è stata un regalo per De Sica, una simbiosi dove la Loren se non diretta da De Sica sembra perdere qual-cosa».D’altronde continua De Stefano «lo stesso figlio di De Sica, Christian, in una recente puntata dei I mi-gliori anni di Carlo Con-ti, ha rivelato che i due si completavano, avevano un rapporto di osmosi». «E’ anche vero però - aggiunge De Stefano - che la carriera della Loren è di valore as-soluto e che è stata molto apprezzata anche in Ame-rica». Per Valerio Caprara, critico cinematografico de Il Mat-tino, non bisogna giudica-re troppo severamente le dichiarazioni della Valeri, «meravigliosa e particolare, mai ovvia, senza peli sulla lingua».Per il giornalista le dichia-razioni dell’attrice non sono però totalmente con-

Èdivisibili perché «anche se non ho mai considerato la Loren una tra le mie prefe-rite, in lei prevale la solidità di chi si è messa sulle spalle il cinema italiano con pa-triottismo». E aggiunge «Al di là del talento, in lei conta di più il suo carattere indo-mito, la voglia di migliorare e di non cedere a una sola faccia della propria perso-nalità».Ma tollerando il colpo sul-la Loren si può assolvere la Valeri per la sua dichiara-zione su Eduardo?«Cane rognoso è un giu-dizio sicuramente ecces-sivo», secondo Stefano De Stefano, ma «sicuramente Eduardo non aveva un ca-rattere facilissimo; era mol-to severo sia con se stesso che con i suoi compagni di scena. Tanti gli attori che hanno recitato con lui per-ché, pur di mantenere una struttura piramidale, evi-tava di costituire una com-pagnia fissa. Dava poco spazio anche alla gratifica-

Maurizia Marcoaldi

zione dei suoi compagni di scena».Lo stesso Eduardo non negò mai di avere un carat-tere complesso. Lui stesso si definiva «un orso, con un carattere spinoso e sfug-gente», per poi aggiungere che «proprio grazie a ciò ho potuto scrivere 50 comme-die». Accostare però que-sto autoritratto a quello di «cane rognoso» è probabil-mente eccessivo. E di fatto neanche un carattere scon-troso avrebbe potuto oscu-rare il genio di Eduardo.

Franca Valeri

gnolo; territorio che continua a confermarsi il secondo merca-to per fatturato con 10 negozi. Dopo la Spagna, le filiali di Morato arrivano in Olanda, Germania, Portogallo fino a conquistare i mercati d’oltre-oceano e orientale. «Quello che ci rende diversi dagli altri ed unici è il nostro stile casual chic, il che fa in modo che non ci siano competitor. Anche sul piano internazionale», affer-ma. E dichiara, inoltre, il suo desiderio di poter essere ri-cordato come l’emblema del total look maschile. I fratelli Caldarelli vogliono osare e si pongono obiettivi sempre più alti. Non è un caso, infatti, che l’azienda stia percorrendo la strada che ha come traguardo la quotazione in Borsa che do-vrebbe accadere entro il 2020. E, alla domanda riguardo ad un possibile progetto fem-minile, conferma il luogo comune secondo cui, per fare bene con le donne, biso-gna dedicargli molto tempo. «Mai dire mai ma il nostro diktat è: o bene, o niente», conclude Giovanni Caldarelli.

Intervista al vetriolo su Il Corriere della Sera

Le sberle di FrancaLa Valeri contro la Loren e Eduardo

L

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i abbassa il volume e si ar-rotondano le parole. La

musica napoletana ha smesso di urlare. “Non si scappa, non c’è niente da fare, la rabbia dei compagni non la si può ferma-re, come non si può fermare il proprio stesso respirare”: era questo il “Rigurgito antifasci-sta” dei 99 Posse. L’ira di un tempo ha lasciato il posto ad una nuova forma espressiva, più riflessiva, meno “incazzata”. Nel 1977 nell’album “Qualcosa ca nu’ mmore”, James Senese con i Napoli Centrale parlava già di rivoluzione, ma ora an-che per lui sembrano passati i tempi nervosi di ‘Ngazzate Nire”.A cosa ha portato alzare la voce? Meglio cambiare stile. «In un momento in cui tutti gri-dano- dice O’ Zulù dei 99 Pos-se- noi non vogliamo più grida-re». Da qui l’ultimo album che celebra anche i 25 anni di car-riera del gruppo partenopeo: “Il tempo. Le parole. Il suono”. E fare i ribelli per assecondare il mercato è anche quanto di più lontano dalle intenzioni di “O sanghe”, l’ ultimo lavoro disco-grafico di Senese. Il suo sax si fa più avvolgente e ti abbraccia con toni più soul, mentre con i Posse il sound “bastardo” me-tropolitano del raggamuffin ri-apre le porte ai ritmi rap e folk. La critica verace e schietta del-la società continua a ritrovarsi, però, in entrambi i dischi, solo più addolcita: da una maturità

appena scoperta, nel caso dei Posse; da una presa di coscien-za sul mondo che a mano a mano appassisce, nel caso in-vece di Senese.«In ognuno di noi ci sono tem-pi diversi e parole diverse» è la riflessione dei Posse, che spie-gano: «“Curre curre guagliò”, “Odio” o “Rappresaglia” erano una spinta a vivere da antago-nisti. Anche l’ultimo disco ha un valore fortemente politico, ma viene fuori dalla conside-razione che una società è tale solo se non tutti dicono la stes-sa cosa». I Posse sono cresciuti, ma rimangono fedeli a quel-la “Vocazione rivoluzionaria” che li ha fatti nascere e che dà il nome ad uno dei nuovi bra-ni. “Ce l’hai dentro e quando chiama, chiama, vocazione ri-voluzionaria. Nave senza rotta nella tempesta, che smuove i soli e le lune, in una parte più o meno altrove, mostraci il co-lore del cuore” è il canto scrit-to con Enzo Avitabile, che sa tanto di world music. «Quello con Avitabile- racconta Luca Persico, detto O’ Zulù- è sta-to il featuring più bello del cd. Pura magia». Frutti di uno sta-to catatonico, come la voce e l’autore dei testi dei 99 Posse definisce la sua fase creativa, i brani “Tempi un poco strani” e “Prosperano i mostri”. Nel primo la società è “da riciclare in un paese lontano. Tanto noi non la usiamo”. “Il sonno della ragione genera mostri” era in-vece il nome dell’opera del pit-tore spagnolo Francisco Goya.

Napoli cantaparole diversein tempi diversi

SErminia Voccia

«Ce l’hai dentro e quando chiama chia-ma, vocazione rivolu-zionaria. Nave senza rotta nella tempesta, che smuo-ve i soli e le lune. In una parte più o meno altrove, mo-straci il colore del cuore». «Per tutte le domande che nessuno si farà. Per tutta l’incoscien-za e la stupidità.Per la cieca ottusità che inibisce il cam-biamento».

99 Posse

99 Posse«In ognuno di noi ci sono tempi diversi e parole diverse»

Senese«Il senso del disco: pregare il Signore è l’unica strada possi-bile»

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Musica Senese e i 99 Posse cambiano stile

Quei mostri per i Posse sono “tutte le domande che nessuno si farà, tutta l’incoscienza e la stupidità, e la cieca ottusità che inibisce il cambiamento”.L’ultimo lavoro del nero na-poletano invece è un’accorata preghiera a Dio, perché salvi questa terra con un miraco-lo. L’intervento divino sembra ormai l’unica salvezza di un popolo perdente, che versa

«Quant sanghe rinto a terra, lacrim d’ a’ gente. O’ sanghe d’ o’ popo-lo perdente. Comme facc’ a te preà si tu nun vien a ce salvà?» «A’ Mezzaluna sta abbruciann. A’ colpa a chi a vulimm rà?» «Ppe nu mur che è carut, ati cient stann aiz໫Nun abbasta nu Francesc, chianu chianu sta affunnà»

James Senese

sangue e lacrime. In “O’ san-ghe” Senese si rivolge al Signo-re affinché fermi le guerre. Il tema dei conflitti torna anche in “Addò se va”, in particolare quelli che affliggono il Medio Oriente: “Sta brucian a Mezza-lun. A colpa a chi a vulimm ra’?”. Nello stesso brano anche un ri-ferimento a Papa Bergoglio. In un mondo senza più compas-sione, Senese dice: “Non ab-bast nu Francesco. Chian chian sta affunà, ten sul na speranza: ritornare in povertà”.Rifiuta-re di essere ribelli è stata una scelta, lo è stato per Senese e per i Posse, che insieme, senza saperlo, sono passati dalle urla alle metafore. Entrambi però hanno cercato di non deludere chi si aspetta da loro le armi e la luce per la rivoluzione.