LABORATORIO STORICO SINDACALI TRA OTTOCENTO E NOVECENTO · 2019. 4. 28. · Pippo Rizzo, Treno...

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1 LABORATORIO STORICO SOLIDARIETÀ E PROGRESSO: DALLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO ALLE LOTTE SINDACALI TRA OTTOCENTO E NOVECENTO CESARE POZZO, FIGURA EMBLEMATICA DELLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO Ivo Pannaggi, Treno in corsa Introduzione Con i miei studenti della classe IV A del Liceo Scientifico Francesco Severi di Milano, abbiamo lavorato, in Archivio e in classe, sul tema del lavoro nell’Ottocento, con particolare riferimento al lavoro nelle Ferrovie dei macchinisti e fuochisti e con il fine di avviare una riflessione sulle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori italiani nell’Ottocento e nel Novecento, nel nostro Paese. È fondamentale rendere consapevoli gli studenti, nel corso della loro formazione, delle durissime condizioni di lavoro, nel nostro Paese, e fino a pochi decenni orsono. Abbiamo così pensato di ripercorrere la lunga lotta dei lavoratori per ottenere il riconoscimento di alcuni basilari diritti sul lavoro. Il percorso si articola in due momenti: un approfondimento sul lavoro dei ferrovieri, gruppo di operai emblematico, nell’Ottocento, quest’anno in classe quarta, e uno sul lavoro nel Novecento e ai giorni nostri, in classe quinta. Prima di recarci in Archivio, avevamo già affrontato nelle lezioni in classe, all’interno del nostro programma di storia dell’Ottocento, le questioni legate all’industrializzazione in Europa e in Italia. Il docente aveva già preparato e tenuto agli studenti le lezioni introduttive, dopo aver letto un saggio storico sul mutualismo e sulla figura di Cesare Pozzo e aver accostato preliminarmente in classe alcuni dei temi presenti nei documenti che i professori e gli archivisti ci hanno mostrato in Archivio e inviato, in seguito, alla docente e agli studenti da leggere.

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LABORATORIO STORICO

SOLIDARIETÀ E PROGRESSO: DALLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO ALLE LOTTE SINDACALI TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

CESARE POZZO, FIGURA EMBLEMATICA DELLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO

Ivo Pannaggi, Treno in corsa

Introduzione

Con i miei studenti della classe IV A del Liceo Scientifico Francesco Severi di Milano, abbiamo lavorato, in Archivio e in classe, sul tema del lavoro nell’Ottocento, con particolare riferimento al lavoro nelle Ferrovie dei macchinisti e fuochisti e con il fine di avviare una riflessione sulle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori italiani nell’Ottocento e nel Novecento, nel nostro Paese.

È fondamentale rendere consapevoli gli studenti, nel corso della loro formazione, delle durissime condizioni di lavoro, nel nostro Paese, e fino a pochi decenni orsono. Abbiamo così pensato di ripercorrere la lunga lotta dei lavoratori per ottenere il riconoscimento di alcuni basilari diritti sul lavoro.

Il percorso si articola in due momenti: un approfondimento sul lavoro dei ferrovieri, gruppo di operai emblematico, nell’Ottocento, quest’anno in classe quarta, e uno sul lavoro nel Novecento e ai giorni nostri, in classe quinta.

Prima di recarci in Archivio, avevamo già affrontato nelle lezioni in classe, all’interno del nostro programma di storia dell’Ottocento, le questioni legate all’industrializzazione in Europa e in Italia. Il docente aveva già preparato e tenuto agli studenti le lezioni introduttive, dopo aver letto un saggio storico sul mutualismo e sulla figura di Cesare Pozzo e aver accostato preliminarmente in classe alcuni dei temi presenti nei documenti che i professori e gli archivisti ci hanno mostrato in Archivio e inviato, in seguito, alla docente e agli studenti da leggere.

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Dopo esserci recati all’Archivio della Società nazionale di mutuo soccorso Cesare Pozzo, ci siamo immersi nella consultazione dei documenti storici e nello studio dei testi. I documenti che abbiamo analizzato attestano le durissime condizioni di lavoro nelle locomotive, causa di malattie ‘professionali’ e infermità permanenti e invalidanti, mettono inoltre in luce i conflitti che si crearono tra i ferrovieri, soprattutto i macchinisti e fuochisti sottoposti alle condizioni di lavoro più dure e le compagnie ferroviarie.

Dallo studio dei saggi storici e dalla lettura dei documenti, emerge un quadro di grande complessità che richiede un’interpretazione che sia capace di contemperare la constatazione degli elementi di potenzialità dell’economia industriale -che dava lavoro a molti- alla consapevolezza degli alti costi sociali del progresso.

Approfondiremo questo tema da diverse prospettive (storiche, letterarie, artistiche) e con una certa apertura di temi e di orizzonti per suscitare questioni e riflessioni di natura storica, etica, culturale. L’approccio interdisciplinare è fondamentale nell’educazione delle menti degli studenti alla comparazione, alla comprensione della complessità dei fattori in gioco, alla consapevolezza della loro evoluzione nel tempo. Di tutto questo occorre che gli studenti sappiano fare sintesi, certo sintesi provvisorie e aperte a nuove ristrutturazioni della visione della realtà, ma pur sempre sintesi che li aiutino a pensare la complessità della realtà del lavoro. Della nostra riflessione e lavoro di ricerca ampio e articolato in vari aspetti, daremo di seguito solo una sinteticissima esposizione. Contiamo di presentare ad altri studenti della scuola il frutto della nostra ricerca per renderli partecipi degli elementi che sono emersi nella nostra ricerca: inter alia, quanto fossero dure le condizioni di lavoro, anche prima del processo di industrializzazione, quanti decenni siano occorsi a conseguire il riconoscimento di alcuni diritti sul lavoro che tutti noi siamo inclini a dare per scontati, l’importanza dell’acquisizione di una coscienza dei propri diritti e della lotta politica per ottenerne il riconoscimento.

Indicazioni metodologiche

Dopo aver svolto, insieme, in classe, alcune lezioni introduttive preparate dalla professoressa, dopo esserci recati all’Archivio e avervi consultati i documenti, dopo aver letto in classe i documenti, ci siamo ripartiti per un approfondimento individuale di temi da mettere in seguito in comune aspetti diversi del lavoro e del lavoro operaio.

Qui sotto i temi che sono stati assegnati a ciascuno studente. Gli studenti hanno rielaborato questi temi, in gran parte già affrontati insieme, con parole loro, per farne comprendere il senso ai loro compagni e alla loro professoressa, anche nella prospettiva di riprenderli nella loro esposizione scritta o orale agli esami di maturità.

La professoressa è sicura che il laboratorio storico abbia suscitato un vivo interesse negli studenti e che la comprensione delle dure condizioni di lavoro, nel nostro Paese, fino a pochi decenni orsono, sia stata per loro un’esperienza formativa.

Dopo aver tenuto delle lezioni introduttive ed aver inviato ad ogni studente, immagini e testi per approfondire, abbiamo raccolto e armonizzato in un unico testo, letto e corretto dalla professoressa, l’apporto di singoli studenti. Riproponiamo di seguito, alcuni degli elaborati degli studenti di classe IVA sui temi loro assegnati per l’approfondimento.

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La lettura dei documenti da parte degli studenti della classe IV A del Liceo Severi

La stele commemorativa della figura di Cesare Pozzo Lorenzo Anzaghi In ricordo del macchinista Cesare Pozzo, dopo la sua tragica morte, venne eretta da Macchinisti e Fuochisti una stele, sulla quale Carlo Romussi fece incidere alcune parole per rendere omaggio all’ormai defunto Cesare Pozzo. Dalla lettura di quella incisione, si percepisce che tutti ricordavano il macchinista come una persona che si era sacrificata ed impegnata per far crescere il sindacato ferroviario italiano; tutti sapevano che aveva sempre cercato di affermare la giustizia sociale e che i suoi compagni lo avrebbero ricordato per sempre. Con la morte di Cesare Pozzo, che viene considerato come il primo grande dirigente del sindacalismo ferroviario italiano, si chiude una

pagina importante della storia italiana e della lotta per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori.

Tomba di Cesare Pozzo al Cimitero Monumentale, 1899

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Come la penso? Giovanni Enrico Cattani

Il documento storico che mi è stato assegnato è un opuscolo, scritto da Cesare Pozzo, intitolato “Come la penso?”. In esso, viene trattato il tema della difesa dei diritti dei ferrovieri nei confronti degli abusi che la borghesia che possedeva le azioni delle Compagnie ferroviarie private esercitava su quest’ultimi.

Il macchinista era inizialmente restio ad esprimere la propria opinione sull’argomento, ma si decise a pronunciarsi in seguito alla richiesta del suo amico (e reggente della “Società dei macchinisti e fuochisti ferroviari italiani”) Sig. Carlo Manfredi.

Pozzo si trovava in completo disaccordo con l’opinione dominante di affidare la difesa dei lavoratori nell’ambito ferroviario a terzi, sia pur competenti e preparati, i quali mai avevano svolto mansioni simili. Il motivo di questo dissenso risiede nel fatto che i rappresentanti di questa classe sociale dei lavoratori nelle amministrazioni non potrebbero esercitare direttamente il potere di fare applicare le decisioni prese, potendosi soltanto limitare a ‘far pubblicità’, ovvero a divulgarne le direttive assunte, e creando più che altro disordini, che, come si era potuto vedere in passato, non avevano mai portato benefici ai lavoratori. Inoltre, questi rappresentanti dei lavoratori che non appartenessero alla classe degli stessi lavoratori, sarebbero meno determinati e meno disposti a rischiare in quanto che essi non verrebbero direttamente danneggiati dalle decisioni prese in assemblea.

Un’altra motivazione a rifiutare la sopraddetta modalità di rappresentanza risiede nelle parole di Giuseppe Mazzini. Per il “maestro” la patria è “un tutto che vive, come gli individui che la compongono, di vita morale, intellettuale, economica e, in ogni passo innanzi, deve promuoverle in armonia”. I ferrovieri, quindi, avrebbero dovuto farsi carico in prima persona delle questioni che gravavano sulle loro spalle. Oltre a questo, venne proposto di formare un fondo comune a chiunque volesse investire, con il quale comprare azioni delle industrie ferroviarie. Così facendo, i proletari non solo avrebbero acquistato una quota dell’azienda e avrebbero ricevuto una parte degli utili, ma avrebbero acquisito il diritto ad avere un posto al tavolo delle decisioni. Sempre secondo questa proposta, essi avrebbero acquistato il diritto di voto in assemblea, potendo influenzare direttamente le decisioni prese e potendo, quindi, far valere in modo più efficacie le proprie posizioni. Quest’azione avrebbe infine potuto essere presa da esempio per altre, analoghe, in tutti i settori dell’industria che avrebbe portato le condizioni di lavoro ad un livello più umano.

Personalmente, ritengo molto interessante il documento perché, pur riferendosi ad un campo specifico dell’industria, riflette una condizione generale del proletariato in quegli anni. Un proletariato in cerca di ‘rappresentanza’, che voleva sovvertire un ordine precedentemente stabilito che risultava così dannoso per le condizioni di vita nelle quali versavano.

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Pippo Rizzo, Treno notturno in corsa, 1926.

Storia dell’organizzazione dei macchinisti e fuochisti Lorenzo Giulio Chiodini

Le cause che indussero i macchinisti e fuochisti delle strade ferrate dell’Alta Italia a creare una società di mutuo soccorso, i lavoratori dell’Inghilterra a fondare le potenti Trade Unions e gli operai americani ad unirsi nella forte associazione dei cavalieri del lavoro sono le medesime.

Questi avvenimenti fecero sorgere in Europa e in America i sindacati nazionali dei ferrovieri.

L’amministrazione dell’Alta Italia aveva aumentato la giornata di lavoro; queste ed altre richieste provocarono la costituzione della Società di Mutuo Soccorso tra i Macchinisti e Fuochisti.

Queste informazioni sono certe grazie ad un manifesto della fine dell’Ottocento che evidenziava la mancanza di una società di mutuo soccorso dei lavoratori delle ferrovie e la conseguente necessità di crearne una autonoma sostenendola con le iscrizioni di molti lavoratori.

Il manifesto inoltre affermava che l’obiettivo della Società creata fosse quello di ripararsi dalle eventuali disgrazie e faceva riferimento alla precedente esperienza dei lavoratori americani, che in dieci anni, avevano raccolto l’equivalente di 2,5 milioni di Lire.

Il manifesto era corredato da alcuni articoli che stabilivano che il socio iscritto acquistasse con l’adesione un sussidio in caso di malattia ed il diritto ad un soccorso anche in caso di trasloco. Il manifesto diffuso esprime l’idea di trasportare l’assicurazione che c’era tra le aziende tra i lavoratori finanziandola mediante le iscrizioni dei singoli, creando così un nuovo concetto di comunità.

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Disonestà e ruberie da parte di alcuni lavoratori: un richiamo all’etica professionale Andrea Cogliati

Cesare Pozzo, Presidente della Società Macchinisti e Fuochisti delle Ferrovie Italiane, era un uomo dalle ampie vedute e dotato di grandi ideali.

Egli decise infatti di affrontare il tema della riduzione degli assegni percepiti da lui e dai sui colleghi a causa della presenza di Macchinisti e Fuochisti tutt’altro che onesti che sottraevano quantità di olio e carbone alle Ferrovie in modo disonesto e illegale, obbligando di conseguenza la società a comprarne di più di quello necessario per sopperire alle mancanze generate da quest’ultimi.

In questo modo, venivano aumentate le spese da sostenere e questo portava la Società delle Ferrovie Italiane ad essere nelle condizioni di dover e poter ridurre gli assegni destinati ai suoi dipendenti, coinvolgendo in questo modo anche coloro che erano onesti.

Erano, infatti, molti i Macchinisti che caricavano una quantità di carbone nettamente più ampia di quella necessaria per poi appropriarsi di quella rimanente; ovviamente una quantità di carbone maggiore comportava un peso maggiore e di conseguenza un consumo sicuramente maggiore e tutto ciò peggiorava le condizioni di lavoro di tutti.

Era altresì noto che molti macchinisti operassero con le valvole di sicurezza totalmente chiuse; è chiaro che coloro che agivano in questo modo scorretto e illegale consumassero meno carbone e potessero portare a casa quello risparmiato, ma che per fare ciò mettessero a repentaglio la loro sicurezza e quella dei passeggeri, e questa cosa, secondo Cesare Pozzo, non era in alcun modo accettabile.

Sicuramente, coloro che erano stati scoperti a compiere queste manovre erano stati licenziati in tronco, ma erano, secondo Pozzo, necessarie manovre preventive per fare in modo che avvenimenti come questi non accadessero più.

Pozzo si pose la questione in modo serio e responsabile ed ebbe il coraggio di affrontare a viso scoperto un diffuso malcostume tra i suoi compagni di lavoro che nessuno osava apertamente condannare. Così si chiese: non sarebbe bastato che ciascuno avesse fatto il suo lavoro al meglio delle sue possibilità, rimanendo all’interno delle leggi per fare in modo che la società potesse premiare coloro che davvero lo meritavano e che potesse risparmiare in modo che tutti ne traessero beneficio?

Condivido questo pensiero di Cesare Pozzo. E’ sicuramente necessario che l’uomo impari ad agire non più solo come singolo, bensì come una comunità, mettendo al secondo posto il bene proprio per favorire il bene comune.

“Solo il tempo saprà”, diceva Cesare Pozzo; solo il tempo saprà dirci se la Società Macchinisti e Fuochisti, da lui stesso fondata, porterà a un miglioramento delle condizioni generali di lavoro e di vita dei lavoratori della categoria; solo il tempo saprà dirci se i lavoratori avranno sviluppato quel sentimento di appartenenza a una comunità tanto ricercato e tanto necessario ai fini di una vita migliore.

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Una dura lezione al genere umano Elena Colucci

A Parigi, in un giardino, conosciuto come “la terra promessa”, per le sue ricchezze e per la presenza di dieci vaschette dell’acquario, Cesare Pozzo ci racconta di aver assistito a una scena vera, efficace ed istruttiva.

La settima vaschetta è abitata da due aragoste, una più grande che occupa una tana, l’altra più piccola che abita uno degli angoli anteriori della vaschetta. Dopo pochi minuti, l’aragosta più grande inizia a muoversi lentamente verso l’altra che, dopo aver indovinato le intenzioni della rivale, comincia ad aguzzare lo sguardo, prendendo un atteggiamento di difesa.

Quell’atteggiamento non piace all’aragosta più grande che tenta l’assalto.

L’aragosta minore arresta la rivale e la colpisce ripetutamente; quest’ultima esce dallo scontro vinta e umiliata. L’aragosta maggiore voleva esercitare il diritto del più forte; l’aragosta più piccola le ha insegnato che la pazienza ha un limite, oltre al quale, l’animo è incline a ribellarsi. L’aragosta minore, ribellandosi si mostrò ottima vindice del buon diritto, offrendo a molti uomini una lezione di dignità e giustizia.

Il racconto di Cesare Pozzo risuona alle nostre orecchie come un apologo, volto a richiamare l’attenzione dei suoi compagni ferrovieri sulla necessità di lottare per il riconoscimento dei propri diritti, mostrando di avere il coraggio di sfidare anche nemici più forti e prepotenti.

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Il Mutualismo Simone Cordara

Il primo maggio 1877, venne fondata la Società di Mutuo Soccorso per i lavoratori delle ferrovie del Nord Italia.

Il mutualismo era una forma di società già conosciuta al nord, che si fondava sul principio di solidarietà fra lavoratori, gli altri punti caratterizzanti erano l’autogestione dei fondi sociali e la questione della moralità.

Tuttavia, la Società di Mutuo Soccorso fu la prima a essere specializzata in una sola categoria di lavoratori su ampia scala geografica; fatto che venne sottolineato dal manifesto di propaganda “In mezzo a tante Società di Mutuo Soccorso sorte da ogni parte, ne mancava una che raccogliesse una classe numerosa e bisognevole di soccorso, quale è quello dei Macchinisti e Fuochisti della ferrovia dell’Alta Italia “

Queste parole ebbero l’effetto di diffondere moltissimo la società e ad arrivare a tenere, il 6 luglio 1878 a Milano, la prima adunanza generale allo scopo di approvare lo statuto costitutivo.

Nel 1885, Cesare Pozzo convinse la società a estendere il suo raggio di azione a livello nazionale.

Nel primo Novecento, anche lo Stato incominciò ad occuparsi dei problemi sociali con l’estensione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e la creazione dell’INA; la società di Mutuo Soccorso incominciò a espandersi in altri settori, anche quello della responsabilità civile.

Nel secondo Novecento, con la nascita dello stato assistenziale, nel 1976, la società di mutuo soccorso venne estesa a tutti i ferrovieri, mentre nel 1977, essa cambiò nome in Società di Mutuo Soccorso fra Ferrovieri F.S.

Nel 1980, la mutua si estese a tutti i lavoratori nel campo dei trasporti e nel 1986 assunse il nome di Società Nazionale del Mutuo Soccorso fra Ferrovieri e Lavoratori dei Trasporti.

Oggigiorno, in Italia, la mutua è un’istituzione alla quale molti si rivolgono e diviso in numerose categorie in base al lavoro.

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Il macchinista ferroviario Giorgia Magno

Diciannovesimo secolo, Rivoluzione industriale: fase di progressi e mutamenti che cambieranno per sempre la storia; una tra questi, e forse una delle invenzioni più significative, è la ferrovia, nata all’incirca alla metà del secolo. Prima le ferrovie furono costruite in Inghilterra, culla della rivoluzione, per poi estendersi in tutta Europa, e quindi, anche in Italia.

La ferrovia offrì la possibilità di un nuovo impiego per i lavoratori, ormai diventati, con la rivoluzione industriale, operai, costretti ad un ritmo e a condizioni di vita durissime: nessuna agevolazione, nessun permesso, nessuna considerazione per l’età fanciullesca, nessuna previdenza o congedo per la maternità; gli operai arrivavano addirittura a lavorare per dodici ore di fila, con qualsiasi tempo, con paghe misere, per non dire da fame.

Della condizione di vita degli operai in Italia ci dà un saggio Cesare Pozzo, macchinista ferroviario e grande animatore della Società di Mutuo Soccorso Macchinisti e Fuochisti, che visse nella seconda metà dell’Ottocento. Egli aveva uno straordinario talento per la scrittura: con parole semplici e frasi essenziali e concise, riesce a farci immaginare uno scorcio di ciò che era la loro vita.

Proprio in un “bozzetto”, Cesare Pozzo ci parla della pericolosità e dell’eroismo di un macchinista ferroviere, Giorgio, il quale passa ogni giorno sul treno, viaggiando da una parte all’altra d’Italia, sia sotto il sole cocente, sia sotto la più terribile delle tempeste. Sua moglie, Clelia, piange, si dispera ogni notte, e lo aspetta ad ogni fine turno, il quale sembra infinito ed interminabile, sperando che la tempesta, i fulmini, la natura minacciosa che avvolge tra le sue braccia il cavallo di ferro sul quale Giorgio trascorre la maggior parte delle ore della sua giornata, non abbiano fatto crollare un ponte o distrutto i binari sui quali passa la strada ferrata.

Felice Casorati, Daphne a Pavarolo

Ogni mattina al suo ritorno, ella abbraccia forte a sé l’amato marito, tra lacrime di disperazione e di gioia. Tutto questo fino ad un disgraziato giorno, quando il marito non rientrò in casa, dopo la fine del suo interminabile turno di lavoro; quel giorno, Giorgio è andato ad urtare con il suo treno contro una fila di carri depositati ed era morto. Lo Stato, figura assenteista fin da subito, se ne lava le mani, assegnando alla povera vedova una misera pensione, insufficiente a poter sfamare e far vivere dignitosamente la famiglia del suo lavoratore. In questa narrazione, Cesare Pozzo ci riporta una tragica storia, e questa è solo una delle tante.

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Cesare Pozzo “Il dieci marzo” Tommaso Manfrin

In questo breve testo, firmato da Cesare Pozzo, emerge chiaramente quanto il ferroviere - il primo macchinista che curò l'organizzazione dei ferrovieri e in particolare dei macchinisti in Italia, diventando anche presidente della Mutua di Milano - fosse legato agli ideali mazziniani. Pubblicato il X Marzo 1884, a dodici anni dalla morte di Giuseppe Mazzini, l'articolo infatti, a partire proprio dalla data, sottolinea che tutti i popoli ricorderanno per sempre quel giorno in cui, dodici anni prima, moriva a Pisa, dopo un'esistenza gloriosa, un uomo eccezionale.

Grande pensatore, ricorda Pozzo, Mazzini era stato una figura che suscitava terrore nei sovrani, negli imperatori e nei Papi; anche dopo morto, la sua figura era stata così grande che sarebbe stata ricordata in eterno dai popoli.

L'articolo continua ricordando gli ideali mazziniani e la forza morale e spirituale di un uomo eccezionale che aveva sempre pensato alla libertà e all’uguaglianza del popolo, senza pensare mai ai propri interessi personali, né cedere ad alcuna forma di ambizione.

Altruismo, grandezza e impegno a garantire la libertà e la giustizia per tutto il popolo, considerando sempre anche le classi più povere, fino ad ora abbandonate e sempre nel rispetto di una profonda fede.

Questi gli ideali espressi da Mazzini attraverso poche e importanti parole, quali Dio, Patria, Umanità e Libertà. Pozzo ricorda anche che per perseguire questi principi, Mazzini ha sopportato soprusi e persecuzioni, il carcere e l'esilio, senza mai abbandonare la lotta per assicurare la libertà di tutto il popolo, anticipando il percorso verso l'Unità d'Italia: una patria del popolo, libera, potente e forte. Per concludere, il ferroviere che scrive questo ricordo di Mazzini rivolge un pensiero a tutti coloro che, nel giorno della ricorrenza della morte di Mazzini, si stavano recando alla sua tomba, nel Cimitero di Staglieno, per ricordare e onorare un uomo tanto grande, e per continuare a lottare per un futuro più sereno facendo propri i suoi ideali, in un periodo di grande scetticismo.

Stampa raffigurante Mazzini, con l'epitaffio della tomba a Staglieno

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“Centone” tratto da Eco vicine e eco lontane Federico Maria Micheletti

Cesare Pozzo, col fine di far riflettere i ferrovieri sulla possibilità di ottenere di più dalla loro compagnia ferroviaria, attraverso una forma di memoriale che presenti in una forma sintetica quanto dovrebbe essere migliorato, raccoglie lettere di lamentela dai vari macchinisti della penisola.

Le lettere mostrano l’inadeguata o addirittura assente tutela nei confronti dei fuochisti e macchinisti da parte della amministrazione ferroviaria, a partire dalla paga e dalle condizioni di lavoro fino ad arrivare ai dormitori e alle multe.

Con la nuova amministrazione, sono dunque cambiati i sistemi per il calcolo dei salari; infatti, l'ammontare dell'indennizzo non si basa più sulla quantità di chilometri percorsi, ma si avvale di nuovi provvedimenti riguardanti sia macchinisti che fochisti, i quali ricevono ora paghe inferiori e non equamente suddivise.

Un altro problema per i ferrovieri sono i pernottamenti che innanzitutto vengono pagati diversamente, a seconda che l'individuo appartenga a un'amministrazione o ad un’altra, e in secondo luogo, spesso i macchinisti si devono andare a cercare perché se ne trovano sempre due o tre mancanti.

Inoltre, con la nuova amministrazione, è diventato anche difficile se non impossibile ricevere un aumento di stipendio in seguito ai molti anni di servizio, a meno che non si faccia parte di una ristretta cerchia di ‘raccomandati’.

Nelle lettere riportate da Pozzo, è ricorrente il problema dell’assegnazione delle multe; infatti, queste risultano spesso assegnate in modo irragionevole e insensato ed utilizzate dai capistazione in modo tale da non dover concedere l'aumento di stipendio; infatti se un macchinista aveva ricevuto la multa di almeno 5 lire non poteva richiedere un aumento del Salario.

Le pessime condizioni medico sanitarie a cui sono sottoposti i macchinisti acquisiscono finalmente voce, grazie alle altre lettere raccolte da Pozzo; in quest’ultime infatti, vengono descritte le condizioni dei dormitori delle stazioni. Questi si presentano spesso come luoghi umidi, chiusi e privi di ventilazione; erano spesso pieni di sporcizia, alcuni erano sprovvisti addirittura di lumi per la notte; una caratteristica li accomuna tutti: i materassi le lenzuola non vengono mai cambiati o lavati.

Ritengo che Cesare Pozzo non intenda fare un semplice elenco dei problemi che affliggono le compagnie ferroviarie di fine Ottocento in Italia, bensì che la sua intenzione sia porre l'attenzione su un problema più grande e importante: in qualsiasi ambito, in qualsiasi settore, per qualsiasi problema, la difficoltà più grande risiede nel comunicare questi disagi ai capistazione e ai superiori perché quest'ultimi non si preoccupano minimamente del benessere degli operai. Pozzo sente dunque la necessità di avere un gruppo rappresentativo di macchinisti che possa, con la coscienza dei propri diritti, interagire con i superiori; e tramite questa raccolta di lettere, intende sensibilizzare i ferrovieri sull’argomento.

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Lettera di Cesare Pozzo al Ministro degli Interni Francesco Crispi Margherita Milani

In questa lettera, Cesare Pozzo (presidente della Società di Mutuo Soccorso tra Macchinisti e Fuochisti dell’Alta Italia) espone al Ministro degli Interni le condizioni di lavoro dei ferrovieri e in particolare dei macchinisti e fuochisti e gli propone una soluzione parziale per risolvere il problema degli scoppi delle caldaie delle locomotive. Nella lettera, inizia il discorso riportando le ragioni che lo hanno portato a scriverla tra cui la sua esperienza lavorativa e le incomplete disposizioni contenute nell’Articolo 27 della Legge di Pubblica Sicurezza. Cesare Pozzo vuole proporre a Crispi di omologare tutte le caldaie delle locomotive con un sistema che aveva inventato l‘ingegnere Romsbotten che consisteva nell’introdurre un doppio filo di rame nei fori della caldaia e suggellarli all’estremità. Questo sistema permetteva una maggiore sicurezza per macchinisti poiché riduceva il rischio degli scoppi. Nella parte centrale della lettera, Cesare Pozzo descrive le diverse innovazioni che erano state messe a punto in precedenza in Europa da altri ingegneri; questi miglioramenti non riuscivano ancora a soddisfare le esigenze dei macchinisti poiché non tenevano conto della possibilità che i macchinisti si distraessero, a causa della stanchezza per i turni di lavoro estenuanti che li esponevano al rischio di commettere degli errori.

Leggendo questa lettera, si può notare il ruolo che avevano le società di Mutuo Soccorso nel mondo del lavoro, soprattutto in tutti i casi in cui i mestieri erano stremanti e gli operai non erano in condizioni di sicurezza. Mostra anche la totale indifferenza da parte dello Stato nel riconoscere ai lavoratori delle condizioni consone al lavoro che svolgevano; infatti le società di mutuo soccorso sono nate, proprio per tutelare i diritti dei lavoratori, tra gli operai che cercavano di aiutare i loro compagni con sostegni economici e con la richiesta di riforme, da parte dello Stato, che fossero più attente ai loro diritti. Il nostro ferroviere si spese molto per questo fine, sacrificò tutta la sua vita e indirettamente anche quella della sua famiglia perché questo lavoro lo costrinse a spostarsi per tutta l’Italia, inoltre lo portò a contrarre una

malattia per cui, accanto alle amarezza per la repressione da parte dell’esercito dei moti insurrezionali, si suicidò, gettandosi sotto un treno. Per tutta la sua vita, difese i diritti dei lavoratori: cercò di prendere dei provvedimenti per aiutarli, come la proposta delle pensioni, cercò di ridurre i rischi e i carichi di lavoro, come la proposta di modificare tutte le caldaie delle locomotive. In questa lettera, viene messo in luce come i singoli individui lavorassero per un bene comune e come bastassero delle piccole modifiche per migliorare le condizioni di lavoro; inoltre dovevano interessarsi gli stessi lavoratori per poterle attuare a livello nazionale. Questa lettera fu scritta nel 1889, a ridosso dell’inizio del ventesimo secolo, quando l’Italia era ancora molto arretrata nell’industria e nelle riforme che concernevano le condizioni di lavoro degli operai per quanto riguardava i loro diritti e la sicurezza sul lavoro; questo soprattutto rispetto agli altri paesi europei nei quali era già in atto la rivoluzione industriale da quasi un secolo; non solo, ma in Inghilterra, dove la rivoluzione era iniziata un secolo prima, arrivarono in meno tempo alla conquista di condizioni di lavoro più dignitose e sicure; inoltre, all’estero, i salari erano più alti, e in questi anni era in atto la seconda rivoluzione industriale.

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Centone Rebecca Elettra Panigada

Il ‘centone’ è il titolo dato da Cesare Pozzo a un documento, che ha per noi oggi valore storico, che raccoglie le proteste scritte dai lavoratori ferroviari del tempo, i quali riportarono diversi problemi relativi alle loro condizioni di lavoro. Questi, infatti, criticarono i loro superiori diverse volte poiché le loro lamentele raramente venivano ascoltate. Sono state scritte diverse proteste ai superiori, la prima che si prende in considerazione è la ‘scarsità’ dello stipendio: in media, ciascun macchinista doveva prendere tra le 50 alle 60 lire al mese, percorrendo 6000 km, cosa che però molto spesso non accadeva. I dormitori per i lavoratori erano dei posti sudici e vecchi, privi di igiene e nei quali si potevano contrarre diverse malattie. Erano anche stati promessi aumenti di stipendio, in realtà poi mai concessi. Le lamentale arrivarono da diverse città d’Italia, come Milano, Savona, Bologna, Foggia, Torino e Genova. Tutte queste lettere di protesta si concentravano soprattutto sull’assenza di aumenti e sulla scarsità degli stipendi. Tutti gli operai e anche i Macchinisti, inoltre, vedevano molto spesso il loro guadagno diminuire a causa delle multe che ricevevano senza conoscerne il motivo. Queste punizioni causavano la diminuzione dello stipendio anche di 10 lire. Nell’ultima parte del documento, viene anche raccontata una vicenda (ingiusta) che interessò un macchinista di nome Cognacci, il quale fu ingiustamente licenziato e mandato in carcere per un incidente di cui non era responsabile. L’ultima parte del documento infine si concentra sulla descrizione dei vari dormitori di treni nelle diverse città. Personalmente, ho trovato molto interessante questo documento storico perché ci permette di riflettere sulle situazioni di sfruttamento, analoghe anche se diverse, presenti ai nostri giorni. Adesso, ovviamente non esistono più veri e propri operai che lavorano, con fatica, sui treni giorno e notte, per poterli far correre; questo infatti adesso, è possibile grazie alle nuove tecnologie. Non tutti i treni pero sono totalmente elettrici ed è tutt'oggi importante il ruolo del macchinista che, appunto, deve guidarli. La sua condizione di lavoro pero è ben diversa rispetto a quella dei decenni passati; innanzitutto, il guadagno permette all’individuo di condurre una vita dignitosa; ci sono turni di lavoro con un numero di ore di lavoro limitato e senz'altro i luoghi di riposo non sono cosi miseri come un tempo. É incredibile per noi pensare che, non molto tempo fa, solo poco più di un secolo fa, queste erano le condizione in cui i lavoratori dovevano vivere per ricevere uno stipendio cosi povero. Dalla lettura del documento, possiamo anche constatare come questi lavoratori non significassero nulla per la società; infatti, nessuno li prendeva sul serio, proprio come accadde nella storia di Cognacci. Quello che mi ha lasciato più sconcertata è sicuramente la parte in cui vengono descritti i dormitori: per noi, sarebbe impossibile dormire e abitare con altre persone in luoghi così sporchi e privi di igiene, ma per quei poveri lavoratori era la vita quotidiana e nessuno faceva nulla per aiutare a migliorare la situazione.

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Il Primo maggio e la organizzazione di ferrovieri Federico Pieri

Coscienze corrotte, egoismo e interesse personale hanno raggiunto livelli mai visti; il buon senso organizza i ferrovieri del Paese con lo scopo di ottenere e raggiungere il riconoscimento dei diritti e la salvaguardia degli interessi popolari (comuni anche agli altri lavoratori) quali possono essere l’accesso all'istruzione, l’istituzione di forme di sanità pubblica e l’accesso alle attività politiche.

Pozzo sottolinea l'importanza nella società, nonché la ‘bravura’ nello svolgimento di un mestiere di responsabilità, quando non pericoloso, dei ferrovieri e il ruolo sociale cruciale che essi occupano nel Paese: i ferrovieri sono organizzati in associazioni ed esercitano il più importante servizio pubblico. Egli pone l'attenzione sullo spirito di corpo, sulla coscienza di classe e sulle ripercussioni che le loro azioni possono avere sull’intera economia del paese, e nei confronti degli altri lavoratori. Le sorti del loro futuro dipendono dal loro senno, coraggio e tenacia, e suggerisce la suddivisione in categorie affinché sia più facile la difesa dei diritti e degli interessi.

A capo di tale organizzazione, devono esser posti gli stessi ferrovieri, eletti con liberi suffragi dei soci; la sede centrale non deve essere fissa, ma là dove gli uomini sono adatti alla comune ed efficace difesa; è necessario tener viva la solidarietà fra i compagni.

Pozzo incita e sprona i compagni ferrovieri a conseguire la consapevolezza della forza del loro ruolo politico-sociale, ricordando il ruolo del partito dei lavoratori, fondato e diretto da operai in cui evidenzia l'ingegno e la perseveranza del carattere austero del gruppo ferroviario; se questo viene amministrato da un consiglio direttivo composto di avvocati, medici ed altri estranei al servizio è incontrollabile. L'unico mezzo per non essere colpiti dalle Società ferrovieri è quello di arrendersi alla loro discrezione.

Considera che l'emancipazione dei ferrovieri non è conseguibile senza lotta determinata, combattuta con la penna, la parola e l'azione. Invita a trovare forza e coraggio nell'unione e nella ribellione, ricordando che i fondi sociali della società di mutuo soccorso soccorreranno i colpiti; la propaganda ne guadagnerà in numero di partecipanti e attivisti; se saranno colpiti dalla sospensione, la cassa sociale provvederà all'indennizzo. Invita a non temere il licenziamento poiché nessun ferroviere è stato sollevato dall'incarico, sottolineando il fatto che non sono ladri o impostori coloro che lottano per il proprio miglioramento economico.

Invita a creare un'organizzazione numerosa, diretta da uomini che abbiano una visione chiara del da farsi, che siano leali, onesti, spogli di preconcetti, d'ambizioni personali, che siano in una parola ‘apostoli’ sinceri e convinti della causa, alla quale offrono mente e corpo; auspica che siano capaci di infondere stima e rispetto nelle masse, di predicare la disciplina del corpo e di acquisire una coscienza di classe affinché siano volti a un solo fine: il miglioramento economico delle loro condizioni.

I soci e i ferrovieri devono seguire il consiglio dato dai capi affinché tali associazioni acquistino valore nelle considerazioni del pubblico. Pozzo afferma che lo sciopero è un'arma a due tagli e che esso può essere utile ed opportuno solo quando nelle tristi e precarie circostanze in cui versano i lavoratori, si presenti loro come il minore dei mali. Ricorda che i ferrovieri sono i motori essenziali del commercio di un paese, supponendo che gli associati siano in condizioni tali da mettersi in sciopero con probabilità di vincere affinché costringano le Compagnie a scendere a patti.

Egli ricorda infine tutta la storia del conflitto fra capitalisti e salariati e l'azione esercitata sul mercato del lavoro dei conduttori di locomotive americani sono conforto e sostegno alla causa.

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Necrologie, in Vent’anni di vita ferroviaria Claudia Polerani

Abbiamo letto quattro necrologi, rispettivamente della ‘Gazzetta Ticinese’ di Lugano, dell’ ‘Avanti’ di Roma, del ‘Journal Suisse des Cheminis de Fer’ e de ‘il Treno’, tutte riguardanti “l’onorevolissimo” Cesare Pozzo. Egli era nato il 1 Gennaio del 1853, a Serravalle Scrivia. Viene ricordato per i suoi molteplici incarichi e per il grande impegno da lui svolto.

Fu il primo a tentare, assieme a Mantovani, di realizzare l’organizzazione della Lega ferrovieri, scrisse diversi documenti, nel 1877 fondò a Genova l’Eco dell’operaio ferroviario, il primo giornale pubblicato a servizio esclusivo della causa dei ferrovieri, e infine fu presidente della Società Macchinisti e Fuochisti e segretario internazionale della Federazione delle associazioni ferroviarie.

Il sovraccarico di impegni e pensieri gli procurò una malattia nervosa, per la quale fu mandato dai medici di Livorno ad Udine. Pareva guarito ma, in seguito, il livello di stress fu tale da arrivare all’atto estremo del suicidio.

Questo fatto di cronaca sconvolse sia l’opinione pubblica italiana che quella svizzera.

Dobbiamo far rilevare che nei necrologi, a differenza che negli articoli sul suicidio, non si menzionano le tensioni politiche che grande parte ebbero nel gesto disperato di Pozzo.

Il raccapricciante suicidio Rosa Daniel

Tratto dall’Articolo La Patria del Friuli, da Il Giornale di Udine,e da Il Friuli 15/05/1898

Il corpo venne identificato. Cesare Pozzo, anni 45. Di professione macchinista, era nato a Serravalle Scrivia, ora dimorante a Livorno e trovatosi a Udine poiché seguiva un ciclo di cure per una malattia nervosa, presso lo stabilimento idro-elettro-terapico del dott. Calligaris. Erano più o meno le ore 10 di mattina, quando alcune persone lo avevano visto passeggiare sul cavalcavia della linea ferroviaria di porta Grizzano. Probabilmente a nessuno di loro passò per la mente ciò che quell’uomo stesse meditando di fare. Cesare si arrampicò per la rampa, stando attento a non essere scoperto dal casellante e attese il diretto per Venezia che lascia la stazione alle 11.25. Il luogo era deserto. Ecco un fischio. Il treno avanza e il Pozzo lo fissa con gli occhi sbarrati e quando la locomotiva ormai non è più lontana si getta. Un contadino lo vide, si voltò per l’orrore. Il treno si arrestò. Il macchinista Pietro Beretta e il fuochista Domenico Zecchinato fecero il possibile per fermare al più presto il treno, ma le ruote erano già passate sul corpo e lo avevan ridotto in miserevole stato. Le gambe erano state troncate e per l’urto spinte a 10 metri dal corpo, il tronco sanguinava, il suicida respirava ancora mandando qualche rantolo. Cesare Pozzo si spense intorno alle 12.30 del 15 maggio 1898, dopo un’ora di agonia.

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Con una macchina accorsero sul posto il capostazione di servizio, signor Gaio, il direttore del Collegio Aristide Gabelli, che chiese subito un velo per coprire il corpo ed una barella all’Ospedale vicino. Giunsero poi il delegato di P.S. nob. De Portis con alcuni agenti, il Pretore del primo mandamento, dott. Contin e il medico dott. D’Agostini, che fecero le constatazioni di loro competenza; dopodiché il cadavere venne trasportato alla camera mortuaria del cimitero. Tra gli effetti personali del Pozzo vennero trovate quatto piccole chiavi, un temperino, un biglietto da 25 lire, uno da una lira, qualche spicciolo, un orologio e un blocco di note, ma niente che rimandasse alla causa della disperata risoluzione. Parve certo che al triste passo lo avesse condotto il male che lo affiggeva. Cesare Pozzo era stato uno dei capi della Lega dei ferrovieri, ora ritirato da quattro anni, per dedicarsi unicamente all’educazione dei suoi figli. Egli si trovava ora in cura da 6 giorni ed avendo avuto notizia che a casa sua (ossia a Livorno) era stata praticata, anche se infruttuosamente, una perquisizione, si era mostrato alquanto preoccupato e al dott. Calligaris aveva espresso il timore di poter essere arrestato, raccomandando, nel caso, di recapitare la notizia alla famiglia. Il Sabato precedente nel pomeriggio, era stato vittima di un’ulteriore perquisizione proprio presso lo Stabilimento. Il dott. Calligaris, vedendolo in quello stato di agitazione, aveva fatto il possibile per calmarlo, strappandogli una promessa di mantenersi lucido nonostante le pressioni. Invece, forse già in quel momento meditava il suicidio.

La figura del macchinista ferroviario Sacchetti Iacopo

La figura professionale del macchinista ferroviario è una delle più vecchie dell’intero sistema ferrovia; nasce infatti contemporaneamente alla nascita della locomotiva ferroviaria e dato che la prima macchina era a vapore, il macchinista era colui che era in grado di compiere tutte le operazioni necessarie al funzionamento della stessa. Passata l'epoca pionieristica (il primissimo periodo della fase sperimentale nella quale le percorrenze erano brevi e le macchine di piccola dimensione), al macchinista venne affiancato un ‘agente’ di fatica detto fuochista che provvedeva alle operazioni di carico del carbone (o della legna) nel forno e dell'acqua in caldaia, nonché alle operazioni di ordinaria manutenzione prima e durante ogni viaggio quali la rifornitura di scorte, la lubrificazione ed l’ingrassaggio del rotabile.

La paga, sia dei macchinisti che dei fuochisti, era relativamente buona, in confronto alla paga di un semplice operaio. Vi era però un grande problema che affliggeva questi lavoratori; essi infatti lavoravano con turni di lavoro lunghissimi, anche per trentasei ore di fila, con delle ripercussioni gravi sulla loro salute fisica; ci furono svariati casi di morte sul lavoro, soprattutto tra i lavoratori tra i trenta e i quarant'anni, quindi in relazione ai lavoratori con circa vent'anni di attività lavorativa.

Diversi macchinisti e fuochisti, come Cesare Pozzo, scrissero al Parlamento e alla magistratura per cercare di migliorare le loro condizioni di lavoro: senza pero riuscire ad avere alcun riscontro.

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Vent’anni di vita ferroviaria Antonio Solimando

Alla fine dell’Ottocento, si verificarono diverse lotte civili interne alla società, classificate da Filippo Turati in due tipologie: le “lotte brutali”, dalle quali i socialisti cercarono di stare distanti e le lotte combattute con le armi della civiltà, utili a cambiare i rapporti sociali a favore dei socialisti, trattati ingiustamente fino ad allora. Così scrive turati, citato da Pozzo, nel proemio di Vent’anni di vita ferroviaria: “Vi sono due forme di lotta di classe; vi è la lotta di classe selvaggia, che agita la face della insurrezione o ne provoca colla compressione lo scoppio, ed è quella che noi socialisti cerchiamo di allontanare. Vi è la lotta di classe civile, combattuta colle armi della civiltà, e inevitabile finché una trasformazione radicale dei rapporti sociali non ci avrà dato la giustizia, non quella “giustizia” generica, ma quella giustizia che solamente può esser data dalla equa distribuzione dei carichi e dei profitti a ciascun membro della società, e che suppone, per esistere, l'abolizione di tutti i parassatismi, ossia la soppressione delle differenze e degli antagonismi di classe."

Per i ferrovieri del tempo, non era facile formare un gruppo solido poiché ciascuno di essi, quando aveva ideali politici, propendeva per un partito differente; nonostante ciò, essi riuscirono a raggrupparsi sotto la comune ideologia socialista.

Questa organizzazione politica, ispirata agli ideali socialisti, si opponeva alla proprietà privata e alla “prigione” del salario, interpretando un pensiero di ispirazione marxista che prevedeva di sostituire la proprietà privata con quella collettiva e che auspicava una società nella quale non vi fossero più

salari così da essere liberi e potersi godere i frutti del proprio lavoro.

Secondo questa interpretazione del pensiero marxista, i ferrovieri non dovevano essere capeggiati da una persona appartenente ad un'altra classe sociale, anche se preparato e competente in materia, ma esclusivamente da un ferroviere.

I ferrovieri avrebbero dovuto sentirsi investiti, secondo la visione di Cesare Pozzo, del dovere di proseguire la lotta civile, non solo per loro stessi ma anche per gli altri proletari, in linea con il motto: “proletari d’ogni paese unitevi!”.

Le dure lotte tra capitalisti e proletari che si andarono a manifestare in questo periodo furono molto significative per la rivendicazione dei loro diritti da parte dei lavoratori e per la conseguente conquista di fatto di essi.

Gli scontri intrapresi dai ferrovieri avevano un peso differente, e diciamo pure più incisivo, rispetto a quelli intrapresi dagli altri lavoratori, poiché tutti, borghesi e popolani (nonché le merci) si spostava

attraverso la penisola, con il treno e se quest’ultimo, a causa della proclamazione di uno sciopero, fosse rimasto fermo tutto il resto dei lavoratori si sarebbe fermato.

Se ne deduce che l’esito di questa lotta avrebbe inciso in modo rilevante nei confronti degli interessi economici dei capitalisti.

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Il macchinista ferroviario, uno scritto di Cesare Pozzo Ettore Gennaro Pietro Zanfagna Una bufera si sta avvicinando al paese del ferroviere, le nubi diventano nere e dense, il vento fischia con forza spaventosa, il cielo tuona e lampeggia di continuo. Tutti, animali e uomini, sono al riparo da questa bufera che si inesorabilmente avvicina; solo il macchinista ferroviario non è al sicuro, infatti si trova nel mezzo della bufera per guidare il treno.

La famiglia del macchinista rimasta a casa, al riparo dall'uragano, è preoccupata per il proprio caro. La moglie non riesce a dormire, presa dall’angoscia suscitata nella sua mente da tristi pensieri, la sua disperazione sfocia in un pianto che sveglia i bambini, che a loro volta, impauriti, si mettono a piangere. La madre, a questo punto, consola i bambini, cercando di non far trasparire le proprie preoccupazioni riguardo al marito e alla minaccia che su di lui incombe. Infatti, questa tempesta può far crollare un ponte e ingombrare la ferrovia, dove il padre dei bambini deve passare, che in quel caso morirebbe schiacciato dalla sua stessa locomotiva.

Di colpo, la madre cade nel letto stravolta, mentre consolava i bambini e si addormenta in un sonno profondo.

La mattina seguente, il cielo si è placato ed è ritornata la calma e il silenzio, che viene interrotto da un fischio che annuncia l'arrivo di un treno.

Clelia, la moglie, presa dal pensiero che il marito sia ferito o morto si ferma sulle scale ed aspetta lì fino a quando non sente dei passi, e alzando lo sguardo, vede Giorgio, il macchinista ferroviario suo marito, e presa da grande emozione si getta verso di lui abbracciandolo e baciandolo.

La loro felicità, tuttavia, non durò ancora a lungo. Una notte, il treno merci condotto da Giorgio andò a scontrarsi con una fila di carri depositati in un binario vicino, distruggendo tutta la locomotiva. Giorgio, in questo incidente, morì schiacciato dal treno.

Alla sua famiglia, diedero una pensione troppo copiosa per ridurli alla fame, ma insufficiente per poter vivere, trascinando così quella famiglia alla miseria.

In questo testo, vengono evidenziati i pericoli che un macchinista ferroviario correva ogni volta che doveva lavorare in condizioni meteorologiche quasi proibitive. Emerge anche lo stato d’animo di preoccupazione quando non di angoscia, nei quali viveva la sua famiglia, mentre egli compiva il suo dovere.

Giorgio è l'esempio di come i macchinisti fossero ridotti a lavorare in condizioni spesso pericolose e di come fosse diffusa tra i conduttori dei treni la paura di morire durante lo svolgimento del lavoro, lasciando così in miseria la loro famiglia.

Rosa Pasculli, In Treno Edoardo Tresoldi ricorda le vittime dell'incidente di Corato.

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“Un’Escursione a Parigi nel 1889” Iacopo Zavolta

Claude Monet, Gare Saint-Lazare, Arrivo del treno della Normandia

Il racconto di Cesare Pozzo, macchinista ferroviario, ha come prologo la motivazione che lo ha portato a recarsi a Parigi ovvero l’impegno di andarvi a studiare i progressi della meccanica, i perfezionamenti apportati al materiale ferroviario e soprattutto alla locomotiva. Egli esprime il proprio desiderio di partecipare all’Esposizione Universale o EXPO, nel 1889 per il centenario della Grande Rivoluzione che egli crede avesse elevato alla dignità dei cittadini la plebe. Il racconto comincia con la descrizione delle emozioni provate da Pozzo mentre sta arrivando alla Gare de Lyon, vicino a Parigi, e dell’arrivo alla stazione dove ci sono due amici pronti ad accoglierlo e ad accompagnarlo ad un hotel di Parigi, tramite un calesse guidato da un cocchiere.

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Camille Pissarro, Boulevard Montmartre

Cesare Pozzo si ripromette di raccontare le sue impressioni e osservazioni della città che gli appare mirabile. Durante il viaggio verso l’hotel, inizia a descrivere la via che percorre in cocchio, ci racconta come il boulevard gli si presenti con i muri e le edicole tappezzati di avvisi e manifesti di tutte le dimensioni e colori. Sempre durante il tragitto sul cocchio, ci racconta di come essi siano passati davanti a una colonna nera con un angelo dorato in cima che rappresenta l’evento simbolo della Rivoluzione: la presa della Bastiglia. Nella piazza della Bastiglia, si dipartono quattordici vie, chiamate boulevards, che si diramano in tutta la città; è in questo momento che Cesare Pozzo, socchiude gli occhi e immagina di sentire la voce di Desmoulin, l’eroe popolano, gridare “à la Bastille” e di vedere un’enorme folla, che si trova in strada, prendere d’assalto la Bastiglia. Quando il nostro ferroviere riapre gli occhi, il cocchio sta passando davanti ad un’altra colonna nel mezzo della piazza a ricordare gli eventi dell’insurrezione del luglio 1830 e a onorare i caduti dei moti del 1848.

Finalmente, arrivano all’hotel e dopo poco con grandissima allegria e desiderio di scoprire e visitare ogni angolo della città, Pozzo si slancia per le strade parigine, dove ammira la bellezza degli ampi, irregolari e infiniti boulevards, nei quali regna una processione interminabile di vetture e persone a piedi, in continuo movimento, per tutta Parigi.

Cesare rimane colpito dai marciapiedi, dagli edifici e dagli effetti visivi che gli balenano agli occhi per la varietà di colori nelle strade; egli descrive ogni cosa con incredibile stupore e meraviglia e in particolare si sofferma davanti alle vetrine delle botteghe, e rimane colpito per il fatto che in ogni diversa vetrina possa trovarsi una replica dell’imponente torre Eiffel, ridotta ad un ciondolo, come ad una cartolina o ad uno spillone per i capelli o persino ad un dolce.

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Camille Pissarro, Boulevard Montmartre (notte)

Non c’è quindi da sorprendersi se, in seguito, nei giorni successivi, dopo aver visitato Parigi in lungo e in largo, a qualsiasi ora, quando verrà il momento per Pozzo di lasciare questa città che lo aveva così colpito, per ritornare in Italia, sarà malinconico se non triste e saluterà la stupenda città con un ‘arrivederci’ invece che con un ‘addio’, conservando dentro di sé la speranza di potervi ritornare in futuro e inizierà a immaginarsi come sarà poter rivedere ogni dettaglio di Parigi dai parchi, ai musei, e penserà alle emozioni che proverà al suo ritorno.

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Nella seconda parte del racconto delle sue impressioni, il nostro ferroviere racconta la giornata spesa nella visita dell’Esposizione Universale e comincia con la descrizione del grande palazzo del Trocadero, del ponte di Jena, del fiume della Senna, ma soprattutto dell’imponente Torre Eiffel con i suoi 300 metri di altezza.

Successivamente, racconta della bellezza dell’Esposizione, durante la sera, con la luce proveniente dalla cima della Torre che illumina e rischiara tutto ciò che è ai suoi piedi.

Colpisce molto come Cesare Pozzo abbia descritto, affascinato, questo spettacolo che, come dice lui stesso, farà credere a chiunque di “essere vittima del più meraviglioso dei sogni”.

Infine, giunge all’esposizione del palazzo delle macchine, dove può finalmente dedicarsi all’osservazione delle innovazioni realizzate in campo tecnologico e in particolare nel campo ferroviario.

Georges Garen, embracement tour Eiffel