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Ottobre 2015 Laboratorio di Welfare Locale Partecipativo A cura di Flavio Paoletti e Alessandro Dario Greco

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Ottobre 2015

Laboratorio di Welfare

Locale Partecipativo

A cura di Flavio Paoletti e Alessandro Dario Greco

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Con la collaborazione di:

Altomare Ofelia

Apuzzo Matteo

Bais Daniela

Balestra Roberta

Bicego Livia

Brizzi Michela

Buzzai Patrizia

Ferluga Donatella

Fragiacomo Emanuela

Germano Carmela Daniela

Marcon Gabriella

Marin Louise

Mezzina Roberto

Pianca Angelina

Romano Giuseppe

Sanson Sara

Sola Vittoria

Spanò Marco

Verrone Cristina

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Sommario

Lista degli Acronimi e delle Abbreviazioni utilizzate nel testo ............................................................ 3

1. Il Welfare e il contesto di riferimento .............................................................................................. 5

2. Possesso di documentata esperienza con riferimento al settore di afferenza ............................. 12

2.1 Le microaree ................................................................................................................................ 12

2.2 Eliminare la contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale. .......................................... 20

2.3 Progetti a favore del Welfare Locale Partecipativo dell'AAS1 ..................................................... 23

Community Health Visitor ............................................................................................................... 24

Telefono Speciale - ConTatto .......................................................................................................... 27

Servizio Androna Giovani ................................................................................................................ 30

Sport emozioni e cervello 2015-2017.............................................................................................. 36

Comunità Amica dei Bambini per l’Allattamento UNICEF .............................................................. 40

RELI Provincia di Trieste .................................................................................................................. 46

Sperimentazione Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) ............................ 53

Amalia ............................................................................................................................................. 58

La Coabitazione Possibile ................................................................................................................ 61

Passi d’Argento nella provincia di Trieste ....................................................................................... 64

Progetto CaT “Centenari a Trieste” ................................................................................................ 70

SmartCare ....................................................................................................................................... 76

Laboratorio Accessibilità LaBac ...................................................................................................... 81

3. Possesso di adeguata dotazione strutturale e funzionale ............................................................. 86

4. Adozione di percorsi di incremento della qualità .......................................................................... 89

5. Utilizzo di sistemi di valutazione dei processi e dei risultati attraverso idonei indicatori ............. 91

6. Interrelazione e scambio di informazioni ...................................................................................... 97

7. Formazione e aggiornamento degli operatori ............................................................................. 104

8. Piano delle attività e aspetti operativi ......................................................................................... 109

Allegato 1. Elenco partner dei progetti presentati .......................................................................... 114

Allegato 2. Convenzioni per stage e tirocini con l’AAS1 .................................................................. 116

Bibliografia ....................................................................................................................................... 120

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Lista degli Acronimi e delle Abbreviazioni utilizzate nel testo

AAS1 Azienda per l'Assistenza Sanitaria n° 1 Triestina

AAS2 Azienda per l’Assistenza Sanitaria n°2 Bassa Friulana-Isontina

ADI Assistenza Domiciliare Integrata

ATER Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale

CCOMS Collaborating Centre dell'Organizzazione Mondiale della Sanità

CoPerSaMM Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”

CSM Centro di Salute Mentale

CUPH Comitato Unitario Provinciale Handicappati

DDD Dipartimento Delle Dipendenze

DIP Dipartimento di Prevenzione

DSM Dipartimento di Salute Mentale

EAOF European Assertive Outreach Foundation

EGAS Ente per la Gestione Accentrata dei Servizi Condivisi

FAP Fondo per l’Autonomia Possibile

FSE Fondo Sociale Europeo

FVG Friuli Venezia Giulia

IAN International Aid Network

IMHCN International Mental Health Collaborating Network

IRCCS Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

ISTAT Istituto Nazionale di Statistica

MIUR Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca

MMG Medico di Medicina Generale

OMS Organizzazione Mondiale della Sanità

ONG Organizzazione non Governativa

OP Ospedali Psichiatrici

OPG Ospedali Psichiatrici Giudiziari

PAA Programma Attuativo Annuale

PAL Piano Attuativo Locale

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PAO Piano Attuativo Ospedaliero

PAT Piano delle Attività Territoriali

PCM Project Cycle Management

PDZ Piano di Zona

PLS Pediatra di Libera Scelta

REMS Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza

RSA Residenza Sanitaria Assistenziale

SID Servizio Infermieristico Distrettuale

SIEP Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica

SIIL Servizio Integrazione Inserimento Lavorativo

TOR Terms of Reference

UCL University College London

UE Unione Europea

UNICEF United Nations International Children's Emergency Fund

WHO World Health Organization

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1. Il Welfare e il contesto di riferimento

Il welfare viene definito generalmente come “il complesso di politiche pubbliche dirette a

migliorare le condizioni di vita dei cittadini”. L’espressione “Stato del benessere”, entrata nell’uso

in Gran Bretagna negli anni della seconda guerra mondiale, è tradotta di solito in italiano come

Stato assistenziale (che ha però sfumatura negativa) o Stato sociale. Tale concetto va superato

passando da un modello di welfare basato quasi esclusivamente su uno Stato che raccoglie e

distribuisce risorse tramite il sistema fiscale e i trasferimenti monetari ad uno che sia in grado di

rigenerare le risorse (già) disponibili, responsabilizzando le persone che ricevono aiuto, al fine di

aumentare il rendimento degli interventi delle politiche sociali a beneficio dell’intera collettività.1

Il quadro di riferimento per il welfare in Europa è stato sviluppato nell'ambito della strategia

Health 2020 proposto dalla Regione europea OMS, composta da 53 Stati Membri nei quali circa

novecento milioni di persone vivono in una vasta varietà di contesti sociali, economici, politici e

culturali. Anche se la Regione europea ha in assoluto l'indice di sviluppo umano più alto tra tutte

le Regioni OMS2 persistono molte diseguaglianze nell'ambito della salute tra i vari stati e

popolazioni.3

L'ultimo rapporto OMS sulla salute in Europa4afferma che gli indicatori principali di salute, come

mortalità e mortalità infantile, continuano a migliorare, ma che persistono ancora delle differenze

significative tra i diversi Stati europei. Gli obiettivi della strategia Health 2020, adottata dal

Comitato Regionale Europeo OMS nel 2012, mirano a ridurre i gap tra i determinanti di salute dei

53 stati della Regione europea attraverso il supporto alle azioni di governi e società per migliorare

significativamente la salute e il benessere delle popolazioni, ridurre le disuguaglianze, rafforzare la

sanità pubblica, garantire sistemi sanitari accentrati sui bisogni dell'individuo che siano universali,

equi, sostenibili, e di alta qualità. A tal fine sono stati individuati due obiettivi principali e quattro

priorità trasversali.

I primi due indicano di:

· Migliorare la salute e ridurre le iniquità sociali;

· Rafforzare la leadership e la governance partecipativa per la salute.

Le quattro priorità trasversali mirano invece a:

1 Verso un welfare generativo - da costo a investimento, Fondazione E. Zancan, 2013

2 Africa, Americhe, Mediterraneo Orientale, Europa, Sud-est Asiatico e Pacifico Occidentale

3 Addressing the social determinants of health: the urban dimension and the role of local government, World Health

Organization, London, 2012

4 The European health report 2015. Targets and beyond – Reaching new frontiers in evidence, World Health

Organization, Copenhagen, 2015

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· investire nella salute attraverso un approccio life-course che miri a rafforzare il cittadino;

· contrastare i disagi delle malattie trasmissibili e non trasmissibili in Europa;

· rafforzare i sistemi sanitari e la capacity della sanità pubblica, incluse la prontezza e la

capacità di risposta alle emergenze;

· creare ambienti supportivi e comunità resilienti.

Al fine di monitorare l'impatto della strategia Health 2020 è stato sviluppato un framework di

monitoraggio, approvato dal Comitato Regionale Europeo OMS nel 2013, che è suddiviso in aree,

obiettivi, quantificazioni e indicatori core, come mostrato nella tavola 1.1.

Tavola 1.1 - Framework di monitoraggio per Health 2020

Questa strategia trova applicazione nella nuova visione delle variabili di salute declinate da

Dalgren e Whitehead nel 1991, i quali enfatizzano non solo i determinanti sanitari di salute, ma

soprattutto quelli sociali. Questa visione è riscontrabile nell'ampia letteratura scientifica esistente

in materia di salute e sanità la quale ha più volte rimarcato come la buona salute non sia

solamente il mero prodotto dei fattori genetici individuali (che la influenzano di certo, anche se

marginalmente), ma afferma piuttosto quanto siano maggiormente rilevanti i determinanti sociali

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di salute quali l'educazione, l'ambiente domestico e di lavoro, il reddito e la rete sociale, come

mostrato dalla figura 1.1.

In base a questa classificazione i determinanti di salute possono essere suddivisi in distali e

prossimali. Si definiscono distali quei fattori socio-economici che influenzano la salute pur non

essendo direttamente connessi al quadro clinico dell'individuo, parliamo quindi di istruzione e

formazione, accesso al mercato del lavoro e situazione economica delle famiglie, cioè quei

determinanti di carattere generale che possono spiegare la maggiore parte della variabilità della

salute delle popolazioni.

Gli stili di vita insalubri, ovvero quei determinanti non sanitari che costituiscono i principali fattori

di rischio prevenibili: il consumo di tabacco, il sovrappeso e l’obesità, la cattiva alimentazione, la

mancanza di attività fisica e i comportamenti a rischio nel consumo di alcol, rappresentano

determinanti prossimali della salute in quanto sono direttamente connessi all’insorgenza di una

malattia e ne condizionano la prognosi. A loro volta i determinanti prossimali sono condizionati dai

determinanti distali: è infatti ampiamente riconosciuto che l’adozione di stili di vita insalubri

esprime non tanto l’esito di una libera scelta, informata e responsabile, quanto la ricerca di un

adattamento a condizioni di stress cronico che portano ad assumere comportamenti

compensativi.5

5 Le dimensioni della salute in Italia – Determinanti sociali, politiche sanitarie e differenze territoriali, Istituto

Nazionale di Statistica, Roma, 2015

Figura 1.1 Determinanti di salute

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Anche se sono trascorsi pochi anni dall'adozione della strategia Health 2020, l'Europa è sulla

buona strada per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione annua dell'1,5% della mortalità

prematura a causa di malattie cardiovascolari, cancro, diabete mellito e malattie respiratorie

croniche.

Anche i gap tra i valori degli indicatori legati ai determinanti sociali di salute (mortalità infantile,

aspettativa di vita alla nascita, iscrizione alle scuole primarie e disoccupazione) sono diminuiti,

seguendo un trend positivo a partire dal 2010.

I problemi principali nella Regione rimangono il consumo di alcol e tabacco (di cui l'Europa detiene

i tassi più alti di consumo nel mondo) e l'obesità.

Anche l'Unione Europea è impegnata nella correzione degli squilibri sociali più significativi. Lo

strumento finanziario che l'UE utilizza a tal fine è il Fondo Sociale Europeo (FSE), adottato nel 1961

il cui scopo è favorire la creazione di posti di lavoro e migliorare la possibilità di occupazione dei

lavoratori, promuovendone la mobilità professionale e geografica.

Il sostegno finanziario non è tuttavia l’unico strumento di cui dispone l’Unione europea per

migliorare le condizioni sociali. Da solo non basterebbe a risolvere tutti i problemi legati alla

recessione e al ritardo di alcune regioni. Gli effetti dinamici della crescita devono innanzitutto

incoraggiare il progresso sociale, che deve andare di pari passo con una legislazione intesa a

garantire una base minima di diritti. Alcuni di questi diritti, come il diritto alla parità di retribuzione

fra uomini e donne per lo stesso lavoro, sono sanciti dai trattati, mentre altri sono stabiliti dalle

direttive sulla protezione dei lavoratori (salute e sicurezza sul luogo di lavoro) e sulle norme

essenziali di sicurezza.

Anche la Carta dei diritti sociali fondamentali, definisce i diritti di cui devono beneficiare tutti i

lavoratori dell’UE: libera circolazione, equa retribuzione, miglioramento delle condizioni di lavoro,

protezione sociale, diritto di associarsi e di negoziare collettivamente, diritto alla formazione

professionale, parità di trattamento tra uomini e donne, informazione, consultazione e

partecipazione, sicurezza e igiene sul lavoro, tutela dei bambini, degli anziani e delle persone

portatrici di handicap.6

Venendo al nostro contesto statale le già citate disuguaglianze nello stato di salute persistono

anche al suo interno. In Italia la geografia della salute evidenzia un divario importante tra il Nord e

il Mezzogiorno a sfavore di quest'ultimo. Le disuguaglianze socialmente determinate sono

considerate non necessarie ed evitabili, perché fondate su qualche forma di discriminazione; è il

caso di coloro che, in quanto appartenenti a un determinato gruppo (ad esempio gli anziani, le

donne, le persone che fanno parte di una etnia, i residenti in una determinata area geografica), si

vedono preclusa la possibilità di raggiungere il proprio potenziale di salute.7

6 L'Europa in 12 lezioni, Pascal Fontaine, Bruxelles, 2010

7 Le dimensioni della salute in Italia – Determinanti sociali, politiche sanitarie e differenze territoriali, Istituto

Nazionale di Statistica, Roma, 2015

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In media, in Italia i livelli di salute raggiunti sono elevati e crescenti nel tempo e si sono riflessi

nell’aumento generalizzato delle condizioni di benessere della popolazione. Tuttavia, negli ultimi

anni, in conseguenza della prolungata fase di recessione economica che ha attraversato il Paese e

dei problemi di tenuta degli equilibri sociali che ne sono derivati, difficoltà crescenti si sono

manifestate e disuguaglianze, non sempre storicamente determinate, si sono ampliate o sono

venute alla luce come nuove emergenze. Accanto alle tradizionali differenziazioni territoriali, in

particolare fra aree del Mezzogiorno e del Centro-Nord del Paese, i differenziali hanno inciso

trasversalmente sui gruppi sociali, sulle generazioni, sui soggetti di antica e nuova cittadinanza,

sulle condizioni di genere.

In risposta a parte di queste problematiche il Parlamento italiano ha approvato la legge 328/2000,

ovvero la “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” in

cui secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità,

omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale viene riaffermato che “La Repubblica assicura

alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi

per garantire la qualità della vita, pari opportunità non discriminazione e diritti di cittadinanza,

previene elimina o riduce le condizioni di disabilità di bisogno e di disagio individuale e familiare

derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociale e condizioni di non autonomia in coerenza

con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione”.

Tali interventi devono essere sottoposti sistematicamente a verifica dei risultati in termini di

qualità, di efficacia delle prestazioni e della valutazione di impatto di genere, ponendo particolare

attenzione al coordinamento con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche

attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro. Gli interventi devono essere

programmati in modo da promuovere in ambito locale lo sviluppo delle risorse della collettività

tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire

la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita comunitaria.

In ambito regionale la legge 328/2000 è stata declinata attraverso la LR 23/2004 in cui si afferma la

partecipazione degli enti locali ai processi programmatori e di verifica in materia sanitaria, sociale

e socio-sanitaria, definendo gli strumenti di integrazione (PAT, PAL, PAO, PDZ). In seguito, in

conformità agli articoli 117 e 118 della Costituzione e della legge 328/2000, è stata emanata la LR

6/2006 riguardante il sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei

diritti di cittadinanza sociale.

In questi giorni è stato inoltre predisposto il regolamento per l'attuazione della misura attiva di

sostegno a reddito, di cui all'art. 2 della LR 10 luglio 2016 n°15 (misure di inclusione attiva e di

sostegno a reddito).

Alla luce di tutto ciò, analizzando il contesto regionale e locale, si può evincere che il Friuli Venezia

Giulia è una delle regioni italiane in cui la governance del servizio sociosanitario ha un mix di

finanziamento tra pubblico e privato, mentre l’erogazione dei servizi è prevalentemente pubblica.

In sanità la presenza del privato convenzionato è molto marginale, se confrontato con altre regioni

italiane, e spesso è di tipo specialistico ed ambulatoriale.

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La maggior parte delle residenze per anziani non autosufficienti è a gestione pubblica e i servizi

sociali dei Comuni sono per lo più ad erogazione diretta o in affidamento al privato profit e non

profit.

In particolare Trieste è caratterizzata da una forte presenza di persone over 65 (indice di

invecchiamento pari al 28%), che la rende un laboratorio naturale di quello che accadrà nei

prossimi 10 anni nel resto dell’Italia e dell’Europa. Le famiglie sono bi o mono componenti, il ruolo

della donna è cambiato, entrambi i coniugi spesso lavorano, l’educazione e la ripartizione dei ruoli

familiari si sono modificati. Aumentano le separazioni e i divorzi, subentrano condizioni di

devianza giovanile e dell’età adulta, aumentano la dispersione scolastica soprattutto nelle zone

periferiche della città, e gli abusi di sostanze nelle fasce adolescenziali e giovanili.

Alla luce da quanto si è qui detto, è evidente che bisogna ripensare l’organizzazione dei servizi

tarandola sui diritti e sui bisogni, emersi e sommersi, dei cittadini producendo esiti inaspettati

generando un nuovo tipo di welfare con sensibili ricadute sulla salute del singolo e della comunità,

sull’integrazione sociale e sul risparmio e/o riallocazione delle risorse sociosanitarie.

L’attuale società è ancora troppo polarizzata su un immaginario scientifico e tecnologico centrato

sugli ospedali che rispondono solo ai bisogni, peraltro puramente clinici, di una parte della

popolazione, quella affetta da patologie acute e traumi o riacutizzazione delle malattie croniche.

La sfida è quella di ricentrarsi su obiettivi molto più vicini ai bisogni di una popolazione più vasta,

ricostruendo tessuti di solidarietà, sviluppando il concetto di sussidiarità non solo verticale, ma

soprattutto orizzontale, allargando la governance e la progettualità dei soggetti del terzo settore,

dell’associazionismo, della cooperazione sociale, l’auto-aiuto e le risorse delle famiglie in un

contesto di sviluppo del welfare locale, municipale e comunitario.8

Un welfare così strutturato ha il compito di incorporare il protagonismo e le risorse degli utenti,

delle reti e dei legami sociali e di comunità.

Le necessità sono quindi cambiate rispetto al passato, facendo emergere nuovi bisogni che si

vanno a differenziare, richiedendo una riorganizzazione dell’offerta e dei paradigmi di riferimento.

Spesso i servizi non riescono a cambiare alla stessa velocità della domanda e il rischio di non

riuscire a stare al passo con i cambiamenti socio-demografici ed epidemiologici e di lasciare

insoddisfatti dei diritti/bisogni della popolazione, offre spazio a perplessità e questioni irrisolte.

Per questo motivo l’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n.1 Triestina (AAS1) vuole porsi come

laboratorio di welfare locale partecipativo (delibera di Giunta Regionale n° 918 del 15 maggio 2015)

per generare, attraverso meccanismi di co-progettazione, nuove ed efficaci risposte in termini di

salute.

Attenendosi ai dettami della legge nazionale 328 del 2000 e alle successive leggi regionali di

applicazione, il Friuli Venezia Giulia mira ad accrescere l’integrazione tra le politiche sociali e quelle

sanitarie e promuovere interventi flessibili multiprofessionali e multidimensionali orientati al

8 Franco Rotelli (a cura di), Nodi, Trieste, 2004

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funzionamento e alla coesione di più assi: la casa, il lavoro, i trasporti, l’integrazione, la socialità, la

formazione e la cultura in senso ampio.

Fine ultimo di questa nuova progettazione dei servizi è il riconoscimento dei diritti della persona,

ancor più se vulnerabile e fragile. Per il proseguimento della promozione della solidarietà sociale,

la legge sottolinea, in particolar modo, la necessità di coinvolgimento e partecipazione attiva di

tutti gli attori locali: istituzioni, terzo settore, volontariato, cittadini e cittadine in forma singola o

associata.

Tali cambiamenti vedono sempre più necessaria una revisione dei precedenti sistemi organizzativi

che non deve riguardare, se pur essenziale, solo l’aspetto normo-giuridico bensì puntare

soprattutto alla diffusione delle “buone pratiche” misurabili e valutabili, alla messa in gioco di

risorse e modelli innovativi, ruoli professionali e non, soggetti e competenze.

Non va dimenticato, come riportato anche nel Rapporto OASI 2014, che i determinanti della

sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale deriveranno anche dalle possibili policy

future che saranno applicate, dove una riduzione degli input economici non dovranno tradursi in

una riduzione degli output e quindi della capacità di soddisfare i bisogni della popolazione di

riferimento.

L’efficacia del sistema potrà rimanere costante o implementare solo se ci sarà una riduzione delle

prestazioni inappropriate e avverrà un decremento nel livello di consumismo sanitario, pena la

riduzione del tasso di copertura pubblica dei bisogni sanitari in alcuni ambiti di cura.

Questo scenario complesso e differenziato determina ancora una volta il ripensamento

dell’attuale organizzazione e la LR 17/2014 ha ben colto queste problematiche, imprimendo al

sistema una nuova visione sanitaria, sociale e sociosanitaria che sta andando a differenziare i

perimetri strutturali, le organizzazioni, i setting e i modelli di rifermento per garantire la salute.

A tal proposito, seguendo anche il percorso metodologico del Rapporto Sociale 2013 Regione Friuli

Venezia Giulia, abbiamo individuato una serie di progettualità innovative in ambito socio-sanitario

che rispondono ai dettami di legge e alle modifiche socio-demografiche ed epidemiologiche in atto

di cui la AAS1 si è posta come promotrice o partner.

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2. Possesso di documentata esperienza con riferimento al settore di

afferenza

Sin dalla sua nascita la già ASS1 per rispondere a questa nuova visione di salute ha costruito

importanti partnership finalizzate allo sviluppo del welfare locale partecipativo e dell'alta

integrazione socio-sanitaria.

2.1 Le microaree

In particolare il progetto «microwin-microaree», che viene concepito nell’ambito del laboratorio

internazionale win-welfare innovations per sviluppare un welfare di comunità e le cui prime

sperimentazioni sono promosse nel 2005 dall’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 «Triestina»

attraverso l’individuazione delle microaree, vede, sin dall’inizio, la collaborazione dell’ambito

comunale, dell’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (Ater) e di altre realtà di intervento a

carattere sociale e sanitario. Coinvolge, inoltre, le imprese e gli esercizi commerciali, le

associazioni di volontariato e i cittadini attivi del territorio.

Si tratta di un’azione locale, nove contesti socio-demografici definiti quantitativamente, delimitati territorialmente, in cui si interviene in modo proattivo su tutta la popolazione residente e non solo su quella parte di cittadinanza che presenta specifiche problematiche sanitarie. La microarea è un territorio fisicamente aggregato (quartiere, piccolo comune, agglomerato di case) che comprende tra i 500 e i 2.300 abitanti. Dal punto di visto dell’analisi organizzativa si può anche definire una “lente d’ingrandimento” focalizzata su circa il 5% della popolazione triestina.

Finalità principale della sperimentazione è la promozione della salute e l’aumento del benessere

all’interno di queste aree delimitate, spesso degradate, scelte sulla base di criteri eterogenei, con

prevalenza per le zone con edilizia popolare e un minimo d’identità storica e“rionale”. Attraverso

questo progetto si cerca di coniugare il mandato istituzionale di un’Azienda sanitaria con la

persona quale protagonista attiva nel proprio progetto di salute, capace di generare nuove risorse

anche a ricaduta sociale. Questa dimensione è considerata adeguata per una reale

sperimentazione di welfare integrato e soprattutto per un’effettiva partecipazione dei diversi

soggetti che insistono sul territorio individuato: abitanti, rappresentanze della cittadinanza attiva,

operatori, ma anche istanze amministrative e politiche.

Le zone coinvolte nella sperimentazione sono ripartite tra i quattro distretti sanitari: Gretta (distretto 1), Città Vecchia, Ponziana e Vaticano (distretto 2), Giarizzole, Grego e Valmaura (distretto 3), Melara e San Giovanni (distretto 4).

Questa metodologia organizzativa e gestionale si centra su:

· un’azione locale, in quanto misurata su uno specifico contesto territoriale;

· un’azione plurale, in quanto sono coinvolti tutti i soggetti attivi in quel determinato territorio e perché l’insieme dell’azienda partecipa e contribuisce alla sperimentazione;

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· un’azione globale, perché attraverso la rigorosa intersettorialità degli interventi si desidera raggiungere tutti i determinanti dello stato di salute della popolazione (sociali e sanitari).

Il lavoro di microarea deve rafforzare e valorizzare la comunità generando nuove potenzialità di salute e riducendo l’impegno istituzionale di risorse economiche. Obiettivo peculiare è sicuramente quello relativo alla conoscenza diretta degli abitanti da parte del referente di microarea, specialmente di quelli più a rischio e non noti ai servizi, evidenziando la funzione proattiva delle istituzioni e in particolar modo della sanità che passa da una medicina di attesa ad una d’iniziativa e generativa di risorsa sociale. Affinché il progetto possa essere messo in atto si sono:

· nominati i referenti di microarea, dedicati a tempo pieno;

· individuati gli appartamenti Ater quali sedi fisiche di microarea anche attraverso spazi autogestiti dagli abitanti per tutte quelle attività che rientrano nella costruzione di «comunità attiva e partecipata»;

· disegnate le mappe, i percorsi, i locali e i punti di aggregazione delle singole microaree;

· create le schede e la documentazione, condivisa da tutti i referenti di microarea e dai vari

professionisti dell’Azienda sanitaria coinvolti, quale strumento utile alla raccolta delle

informazioni derivanti dalla conoscenza diretta degli abitanti;

· definiti gli incontri di coordinamento a livello distrettuale e direzionale.

Al fine di misurare gli esiti, sono stati individuati dieci azioni da monitorare nei tre anni di sperimentazione:

1) realizzare il massimo di conoscenza sui problemi di salute delle persone residenti nelle microaree;

2) ottimizzare gli interventi per la permanenza nel proprio domicilio ove ottenere tutta l’assistenza necessaria (e contrastare l’istituzionalizzazione);

3) elevare l’appropriatezza nell’uso dei farmaci;

4) elevare l’appropriatezza delle prestazioni diagnostiche;

5) elevare l’appropriatezza per prestazioni terapeutiche (curative e riabilitative);

6) promuovere iniziative di auto-aiuto ed etero-aiuto da parte di non professionali (costruire comunità);

7) promuovere la collaborazione di enti, associazioni e organizzazioni profit e no profit per migliorare il ben-essere della popolazione di riferimento (mappatura e sviluppo);

8) realizzare un ottimale coordinamento tra servizi diversi che agiscono sullo stesso individuo singolo o sulla famiglia;

9) promuovere equità nell’accesso alle prestazioni (più qualità per cittadini più vulnerabili);

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10) elevare il livello di qualità della vita quotidiana di persone a più alta fragilità (per una vita attiva e indipendente).

Dopo questa prima fase sperimentale, le microaree sono aumentate di numero, da sperimentali sono diventate servizi stabili dell’offerta distrettuale e nel 2010 sono state incardinate alla struttu-ra semplice dipartimentale servizio infermieristico distrettuale, diretta da un dirigente infermieristico.

Ogni microarea è gestita da un referente infermieristico (in un caso anche un fisioterapista) con tempo di lavoro a tempo pieno che deve possedere competenze adeguate.

Il ruolo del referente solo raramente è di tipo clinico-assitenziale, cioè solo in alcuni casi eroga

prestazioni sanitarie in senso stretto (prelievi, medicazioni ecc.). Il suo ruolo principale è analizzare

il contesto di vita della persona, fare un’assessment generale della persona e della sua famiglia,

individuare i diritti e i bisogni non soddisfatti, individuare le priorità di intervento, le risorse

istituzionali e innovative necessarie, i diversi attori da coinvolgere nel processo di presa in carico

sociosanitaria e individuare gli indicatori più appropriati per poter poi misurare gli esiti degli

interventi fatti.

Il referente gioca un ruolo molto diverso dall’infermiere dedicato all’assistenza domiciliare che si muove, invece, in un contesto di Chronic Care Model tarato più sui settori alti della piramide attraverso modelli di disease management e case management.

Proprio perché sono richieste competenze, attitudini e atteggiamenti “non convenzionali” che non tutti possono aver sviluppato, è stata adottata una specifica job description per il referente della microarea (vedi tavola 2.1).

Tavola 2.1.1 Job description del referente della microarea

Qualifica Operatore professionale collaboratore.

Area funzionale Progetti innovativi/Assistenza distrettuale.

Principali

Funzioni/

Responsabilità

Il referente di microarea è responsabile del coordinamento e dell’integrazione delle attività di promozione e tutela della salute delle persone residenti in un’area di progetto definita microarea. Partecipa alla mission aziendale contribuendo al raggiungimento degli obiettivi attraverso interventi proattivi atti a prevenire e risolvere fenomeni di emarginazione e di esclusione delle persone residenti nella microarea di riferimento, con particolare attenzione ai soggetti vulnerabili: anziani, donne, minori. Promuove l’integrazione e lo sviluppo di comunità.

Dipendenza

gerarchica

Dipende gerarchicamente dal responsabile del servizio infermieristico di distretto.

Dipendenza

funzionale

Dipende funzionalmente dal direttore di distretto.

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Si relaziona con Servizi aziendali: coordinatore sociosanitario; direttori e responsabili di distretto e dipartimento e loro strutture; responsabili infermieristici e della riabilitazione; responsabile prevenzione e protezione aziendale; responsabile della formazione aziendale; responsabile della qualità aziendale.

Servizi dei comuni: responsabili e operatori del servizio sociale di competenza.

Ater: responsabile dell’area sociale e assegnazione alloggi; responsabili di zona; referenti habitat dell’area di competenza.

Tribunale: giudice tutelare e amministratori di sostegno.

Cooperative, istituzioni scolastiche, associazioni di volontariato e rappresentanza dei cittadini.

Competenze

attese

Area dell’organizzazione del lavoro, capacità di:

attuare efficaci e adeguate modalità di comunicazione e ascolto, applicare regolamenti e procedure aziendali, leggere il contesto e di visione sistemica, attuare il processo di problem solving, pianificare e programmare, lavorare in équipe, mediare e di negoziare, documentare, decidere, utilizzare la leva dell’integrazione, attuare progetti creativi e innovativi, convocare e gestire la riunione di lavoro, raccogliere e analizzare dati, utilizzare sistemi informativi/informatici, gestire le risorse economiche assegnate.

Gestione e sviluppo dei collaboratori e del gruppo di lavoro e capacità di:

attuare efficaci e adeguate modalità di comunicazione e ascolto, instaurare adeguate relazioni con i collaboratori, motivare, delegare, favorire l’autonomia, leggere il contesto e di visione sistemica, attuare il processo di problem solving, pianificare e programmare, lavorare in équipe, mediare e di negoziare, documentare, decidere, utilizzare la leva dell’integrazione, convocare e gestire la riunione di lavoro, gestire l’area economico-amministrativa del collaboratore, attuare progetti creativi e innovativi, gestire le risorse economiche.

Area dello sviluppo di comunità e dell’inclusione, capacità di:

attuare efficaci e adeguate modalità di comunicazione e ascolto, instaurare adeguate relazioni con i collaboratori, instaurare adeguate relazioni con gli abitanti della comunità, motivare, delegare, favorire l’autonomia, leggere il contesto e di visione sistemica, attuare il processo di problem solving,

pianificare e programmare, lavorare in équipe, mediare e di negoziare, documentare, decidere, utilizzare la leva dell’integrazione, convocare e gestire la riunione di lavoro, attuare progetti creativi e innovativi.

Brevemente si traccia qui di seguito un profilo dello stato di salute delle microaree dell’AAS1

mediante il confronto con la popolazione residente nella provincia di Trieste a 10 anni dall’inizio

della sperimentazione. In particolare, per mezzo dell’analisi degli indici di struttura demografica e

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delle esenzioni, si vuole evidenziare per quanto riguarda le microaree il peso in termini sia sanitari

che sociosanitari, economici e sociali, nonché la complessità degli interventi necessari e in parte

già messi in campo, sia nell’ottica di voler intervenire sui determinanti non sanitari di salute, sia in

una logica di inclusione e di equità di accesso e di risposta ai bisogni di salute.

Tavola 2.1.2 Popolazione residente per microarea

MICROAREA 2005 2014

CITTAVECCHIA 1.656 1.483

GIARIZZOLE 2.286 1.943

GREGO 894 715

GRETTA 1.032 804

MELARA 2.060 1.648

PONZIANA 1.482 1.600

SAN GIOVANNI 2.197 2.101

VALMAURA 1.068 843

VATICANO 361 335

TOTALE MICORAREA 13.036 11.472

Totale residenti AAS1 241.326 235.793

Dal punto di vista demografico se è vero che la popolazione triestina si è ridotta in 10 anni del

2,3%, la popolazione di microarea si è ridotta maggiormente, del 12%. I principali indicatori

demografici tracciano un profilo segnatamente fosco per le microaree, partendo già dallo

svantaggio di AAS1 nel confronto con i valori di riferimento regionali e nazionali. L’indice di

vecchiaia in microarea, infatti, è più del doppio di quello del FVG.

Tavola 2.1.3 Indici di Struttura demografica microaree/AAS1/FVG

INDICI DI STRUTTURA DEMOGRAFICA - 2013 Microarea AAS1 FVG

indice di dipendenza giovanile 14,24 18,96 20,14

Ind. dip. senile (%) 58,14 46,2 38,63

Indice di dipendenza (%) 72,38 65,16 58,77

Indice di vecchiaia (%) 408,32 243,6 191,81

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Sono messe poi a confronto le esenzioni delle persone residenti nella provincia di Trieste con le

persone residenti nelle 9 microaree da cui è partita la sperimentazione nel 2005. Le esenzioni

vengono raggruppate per tipologia.

Tavola 2.1.4 Esenzioni 2013

TIPOLOGIA ESENZIONE ESENZIONI IN AAS1 ESENZIONI MICROAREE

Patologia 97.313 5.739

Età 52.821 3.105

Invalidità 17.159 1.309

Reddito 9.905 1.053

Gravidanza 2.885 133

Malattie rare 2.262 103

TOTALE 182.345 11.442

Oltre alla descrizione per valori assoluti delle esenzioni è calcolato anche il tasso per 10.000

abitanti ed evidenziato il confronto tra AAS1 e microaree. I tassi sono calcolati utilizzando la

popolazione pesata secondo i criteri di finanziamento, utilizzando cioè i pesi ministeriali, al fine di

rendere il confronto più corretto possibile.

Tavola 2.1.5 Tasso per 10.000 abitanti calcolato sulla popolazione pesata

TIPOLOGIA ESENZIONE AAS1 TOTALE MICROAREE

Patologia 3.501 4.670

Età 1.900 2.527

Invalidità 617 1.065

Reddito 356 857

Gravidanza 104 108

Malattie rare 81 84

TOTALE 6.560 9.311

Per un confronto più evidente si è scelto di costruire il rapporto tra il Tasso per 10.000 abitanti

delle microaree calcolato rispetto al valore di AAS1 (tavola 2.6).

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Il risultato principale è che il totale delle esenzioni delle microaree risulta in rapporto di 1,42

rispetto al totale per 10.000 abitanti di AAS1. Vuol dire che il numero di esenzioni complessivo a

parità di popolazione è il 42% maggiore.

Tavola 2.1.6 Rapporto tra tasso di esenzione delle microaree e di AAS1 per tipologia di esenzione

DESCRIZIONE ESENZIONE ASS1 TOTALE MICROAREE

Patologia 1 1,33

Età 1 1,33

Invalidità 1 1,73

Reddito 1 2,40

Gravidanza 1 1,04

Malattie rare 1 1,03

TOTALE 1 1,42

Spicca il rapporto di quasi 2 volte e mezzo delle esenzioni per reddito (2,40), così come le

esenzioni per patologia e per età sono 1,33 volte più frequenti in microarea. Anche l’invalidità è

presente in rapporto molto superiore, tre quarti superiore (1,73).

Qui di seguito un breve elenco delle esenzioni che all'interno delle microaree si riscontrano più

frequentemente se paragonate con il contesto cittadino in generale:

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Tavola 2.1.7 Rapporto del tasso di esenzione delle microaree rispetto ad AAS1 delle esenzioni

maggiormente diffuse

Codice Esenzione Indice di frequenza rispetto al contesto

cittadino

014 Dipendenza da stupefacenti e alcool 3,32

E03 Titolare pensione sociale 2,26

E02 Disoccupato 2,13

S57 Invalidi civili al 100% 2,03

L04 Infortunio sul lavoro o malattia professionali 1,92

013 diabete mellito 1,47

P15 ipertensione arteriosa 1,39

031A ipertensione arteriosa senza danno d'organo 1,16

031 Ipertensione arteriosa con danno d’organo 1,15

024 Insufficienza respiratoria cronica 2,39

In microarea in 10 anni in numero di ricoveri si è ridotto di un quinto così come il numero di

persone ricoverate (rispettivamente del 19,3% e del 19,1). Se contiamo però solamente i ricoveri

medici ordinari la riduzione del numero di persone passa al 25% e del 22,9% invece la riduzione del

numero di ricoveri.

Un risultato che è positivo anche confrontato con il dato di AAS1 di riduzione del numero di

persone che fanno ricorso all’ospedale, pari al 14,4% in 10 anni.

Anche gli accessi al Pronto soccorso dei residenti in microarea calano in misura importante, e in

particolare i codici bianchi che praticamente si dimezzano, si riducono cioè del 47,2%, un po’

meglio del già ottimo 45,9% che segna AAS1. Nel complesso dei codici bianchi e verdi la riduzione

risulta del 15,8% in microarea e del 9,2% in AAS1. In totale diminuisce il ricorso al pronto soccorso

di circa il 12% per gli abitanti delle microaree a fronte di una riduzione del 6% nella provincia di

Trieste.

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Per quanto riguarda l’assistenza domiciliare un confronto sull’andamento dal 2008 ad oggi

dimostra sostanziale parità di intervento tra microarea e azienda, con dati di performance che

dimostrano un tasso di copertura della popolazione over 65 attorno al 12% e la presenza del

progetto personalizzato in oltre la metà degli utenti. Inoltre, oltre l’80% degli accessi a domicilio

avviene in presenza di progetto personalizzato e di presa in carico effettiva.

Dal punto di vista della spesa non si denotano in 10 anni incrementi proporzionali significativi a

favore delle microaree. I valori di spesa pro-capite per ricoveri farmaci e specialistica

ambulatoriale considerando le fisiologiche fluttuazioni annuali sono all’insegna di una sostanziale

omogeneità.

2.2 Eliminare la contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale.

Le fasi della terza e della quarta età sono caratterizzate da elevata complessità, fragilità e necessità di intensità di cure. In questo quadro, la risposta offerta alle persone anziane fragili il più delle volte è l’istituzionalizzazione che troppo spesso viene automaticamente associata a pratiche, ritenute inevitabili, di contenzione:

· meccanica, persone legate ai letti, alle sedie, costrette tra due “bandine” posizionate ai letti, obbligate alle sedie da tavolini servitori;

· farmacologica, persone sedate con sovradosaggi farmacologici, politerapie, associazioni farmacologiche;

· ambientale, porte e finestre chiuse, nessuna uscita, nessun accompagnamento al di fuori della struttura.

Assicurare le cure nel rispetto dei diritti ad una popolazione che invecchia sempre più rappresenta

oggi una delle scommesse più urgenti e attuali che una società civile ed un sistema sociosanitario

paritario e consapevole, non può perdere.

È necessaria una rivoluzione culturale e professionale che veda l’innovazione e la trasformazione delle pratiche in termini di efficacia, adeguatezza, appropriatezza, garanzia della qualità della vita, riconoscimento dei diritti e della dignità della persona. Questa rappresenta una battaglia di civiltà, ancor prima che di salute.

La situazione che è stata riscontrata nel territorio di competenza della AAS1 prima del 2006, in

particolare nelle case di riposo, risultava davvero drammatica.

A livello nazionale, l'atteggiamento dominante della comunità scientifica e della comunità più in

generale verso la contenzione, è quello della tolleranza, in quanto ritenuta pratica inevitabile. Si

sostiene l'eccezionalità del ricorso, ma la realtà restituisce dati che purtroppo testimoniano il

contrario: ossia un dilagante, frequente, diffusissimo ricorso ed abuso di tali condotte con esiti

altamente debilitanti e spesso tragici, estremamente costosi in termini di salute, effetti collaterali,

nonché di vite umane. Tutto ciò determina la negazione dei diritti fondamentali dell’uomo ed

estrema sofferenza per l'anziano, i famigliari e gli operatori stessi. Il tutto nel più assoluto e

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generalizzato silenzio dovuto a una ridotta percezione e consapevolezza del diritto e alla scorretta

convinzione che essa sia necessaria e che faccia parte del normale excursus umano.

Il gruppo di lavoro multiprofessionale e multidisciplinare dell'AAS1 ha progressivamente maturato

la convinzione che eliminare la contenzione meccanica, farmacologica e ambientale e le cattive

pratiche rivolte alle persone anziane non sia solo possibile, ma doveroso e che questo dovere

competa alla comunità, ai professionisti, al mondo giuridico, amministrativo e politico in un

crescendo di responsabilità.

L’AAS1 sostiene che la contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale sia pratica

inaccettabile, lesiva di diritti fondamentali delle persone, nociva per la salute e causa di gravi

complicanze. Le evidenze scientifiche a livello internazionale confermano quanto sopra

brevemente esposto e dimostrano tutte, in modo univoco, che la contenzione non può essere

considerata atto sanitario in quanto non risponde ad alcun criterio di appropriatezza ed

adeguatezza ed è priva di qualsiasi valenza preventiva, diagnostica, terapeutica e assistenziale.

Eliminare la contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale delle persone vulnerabili e

fragili, in particolare se anziane, portatrici di un disturbo nell'area della salute mentale e/o con

disabilità cognitive o fisiche, rappresenta quindi un impegno fondamentale per l'AAS1.

Il processo di cambiamento e consapevolezza aziendale inizia già nel 2004 e riguarda un primo

gruppo di operatori che nel tempo si è ampliato ed oggi coinvolge praticamente tutto il personale

dell'azienda e numerosi altri interlocutori ed anche agenzie esterne alla stessa.

Nel 2006 le prime due tappe concrete di trasformazione sono state l'istituzione con delibera, su

proposta del Servizio Infermieristico Aziendale, della Commissione multiprofessionale e

multidisciplinare per l'eliminazione della contenzione, e l'indagine seguita dalla denuncia del

fenomeno alla comunità scientifica ed alla città con l'evento “I Vecchi siamo noi” nell’ambito del

Convegno “Le giornate della salute” organizzato dall'ASS1 a Trieste.

In seguito vi è stato un crescendo sempre maggiore di impegno aziendale che ha portato alla

realizzazione di pratiche concrete trovando le proprie radici culturali e professionali nel processo

di deistituzionalizzazione avviato da Franco Basaglia negli anni '70.

L'esperienza di chiusura del manicomio nella città di Trieste, per molti anni unica città al mondo a

realizzare l'utopia, è stata infatti caratterizzata fin dall'inizio anche dalla rinuncia assoluta ad ogni

forma di contenzione.

Si è così realizzato un processo di cambiamento ed eliminazione della contenzione nelle case di

riposo e negli istituti per anziani del territorio di propria competenza. Sono state promosse ed

attuate riflessioni articolate ed approfondite che riguardano e coinvolgono il piano culturale,

professionale, politico, amministrativo e legislativo. Sono stati coinvolti cittadini, gestori di case di

riposo, enti di formazione aziendali e regionali, l'Università di Trieste, esperti di comunicazione,

professionisti, ordini professionali medici ed infermieristici, sindacati della funzione pubblica e dei

pensionati, magistrati ed amministratori. Sono stati svolti, studi, rilevazioni, monitoraggi, ricerche

e valutazioni del fenomeno. Inoltre sono stati realizzate dele pubblicazioni e organizzati dei

convegni.

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Nel 2010 viene riconosciuta con il Premio Alesini una menzione speciale dal Tribunale per i diritti

del malato-Cittadinanzattiva. La menzione recita: “Per l’attenzione rivolta alle persone anziane

istituzionalizzate. Per il processo di sensibilizzazione sui diritti fondamentali negati e sanciti dalla

Carta Costituzionale e di critica nei confronti della contenzione e delle cattive pratiche assistenziali

delle strutture istituzionali. Perché la contenzione meccanica, ambientale e farmacologica non

diventi la soluzione a problemi altrimenti affrontabili. Assegniamo la menzione speciale “soggetti

fragili” al progetto “Eliminare la contenzione meccanica, farmacologica e ambientale e le cattive

pratiche rivolte alle persone anziane istituzionalizzate” promosso dalla ASS1 di Trieste. “

Alla fine del 2013, la città di Trieste si dichiara libera da contenzione e dalla collaborazione del

Comune di Trieste, dell'Ordine Provinciale dei Medici e dell'AAS1 nasce il sito

www.Triesteliberadacontenzione.wordpress.com con l'obiettivo di raccogliere tutta la

documentazione prodotta, di metterla a disposizione di chiunque voglia consultarla e di

incrementare, quindi, confronto, dibattito e consapevolezza.

L'esperienza esposta qui in estrema sintesi è stata recepita ed ampiamente citata dal recente

documento dell'aprile 2015 dal Comitato Nazionale per la Bioetica “La Contenzione: problemi

bioetici”, emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

A novembre 2015 verranno rilasciati i primi attestati di “Promotori di modelli assistenziali liberi da

pratiche di contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale” ai coordinatori e/o personale

delle strutture protette per anziani, case di riposo polifunzionali e RSA della provincia di Trieste

che aderiranno al progetto formativo.

Oggi è possibile affermare che la rete si sta allargando progressivamente e che si è riusciti ad

aprire il dibattito a livello regionale, nazionale ed internazionale attraverso le collaborazioni

avviate tramite la rete HPH per la promozione della salute ed i recenti contatti con Brasile e

Spagna.

L'obiettivo ambizioso, ma realizzabile, è quello di continuare nella logica del cambiamento e del

miglioramento, del coinvolgimento sempre maggiore di altre realtà regionali e nazionali per la

diffusione ed il consolidamento, nonché la condivisione di testimonianze ed esperienze di buone

pratiche socio-assistenziali rivolte alle persone anziane, vulnerabili e fragili per l'eliminazione della

contenzione meccanica, farmacologica ed ambientale.

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2.3 Progetti a favore del Welfare Locale Partecipativo dell'AAS1

Molti sono i progetti che favoriscono il welfare locale partecipativo di cui la AAS1 si è fatta

promotrice o partner, in questa sede abbiamo valutato di proporre all'attenzione una selezione

dei progetti più significativi in termini di impatto all'interno della comunità.

Al fine di rispondere ai criteri e modalità per l'individuazione dei centri di riferimento regionale

abbiamo aggregato i progetti in macro-gruppi riferiti al target: comunità, minori/giovani e famiglie,

adulti, anziani e disabili.

Tavola 2.3.1 Tavola riassuntiva dei progetti

Target Progetti

Comunità · Community Health Visitor

Minori/giovani e

famiglie

· ConTatto

· Servizio Androna Giovani

· Sport Emozioni Cervello

· Comunità Amica dei Bambini per l’Allattamento UNICEF

Adulti · Progetto RELI Provincia di Trieste

· Sperimentazione Residenze per l’Esecuzione delle Misure di

Sicurezza (REMS)

· Telefono Speciale

Anziani · Amalia

· La Coabitazione Possibile

· Passi d'Argento

· Progetto CaT – Centenari a Trieste

· Smartcare

Disabili · Laboratorio Accessibilità LabAc

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Titolo Community Health Visitor

Struttura

Referente

Aziendale

Distretto 3

Contesto Nell’ambito del PAL 2015, (linee 1.3.4.1; 1.3.4.5); del PAA-PdZ 2013-2015,

(scheda PAA n.1, obt reg. 1.2; scheda PAA n.4, obt.reg. 4.4, 4.6; scheda PAA n.7,

obt. n. 7.1; 7.2; 7.3; scheda PAA n.11, obt.loc. 11.1; 11.2) il Distretto 3 propone

di sperimentare una modalità innovativa di intervento domiciliare, da

introdurre nell’ambito dei Progetti personalizzati/Budget di Salute,

implementando con risorse aziendali/distrettuali un servizio di “Community

Health visitor”.

Tale forma di intervento mutua e rilancia la metodologia operativa

sperimentata nell’ambito del Progetto “Ci vediamo domani - Portierato sociale

per persone fragili”, dell’Associazione Per Non Subire – IDA, sostenuto

dall'assessorato alla protezione e promozione sociale del Comune di Trieste,

recepito dal Piano di Zona 2013-2015 (obiettivo 7.2).

Partnership · Associazione Per non subire IDA

· Portierato sociale per persone fragili in zona Valmaura

· Comune Trieste

· Cooperativa Sociale CLU Basaglia

· Televita SpA

Target Persone in carico alla microarea di Valmaura, con bisogni complessi, in

situazioni definibili ad alta priorità in relazione alla presenza di tutte o molte

delle seguenti condizioni:

· rischio di istituzionalizzazione

· assenza di rete sociale, isolamento

· rischio abbandono/fallimento di programmi terapeutici

· ripetuti ricoveri

· degrado habitat

Obiettivi È obiettivo primario sostenere l’autonomia e l’abitare possibile di persone in

condizione di elevata fragilità, a rischio di esclusione sociale e di

istituzionalizzazione.

La sperimentazione condotta nel 2013 (Macroazione n. 7.2.3 nell’ambito del

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PAA obt. n. 7.2) ha dimostrato la sua efficacia soprattutto sul versante della

prevenzione di ricoveri impropri e del contrasto all’istituzionalizzazione.

Si intende pertanto sperimentare un servizio di “Community Health Visitor”

attivando, in un’ottica di forte personalizzazione degli interventi, una modalità

innovativa di supporto flessibile e individualizzato alla domiciliarità e alla

quotidianità (attività diretta a domicilio della persona), con l’obiettivo di:

· favorire la permanenza a domicilio più a lungo possibile promuovendo il

mantenimento dell’autonomia personale

· promuovere salute e stili di vita sani

· contrastare il rischio di istituzionalizzazione, di esclusione sociale,

contribuendo a garantire alla persona il necessario supporto

· evitare ricoveri ospedalieri e accessi al pronto soccorso impropri

· contrastare il degrado abitativo e sociale

· contrastare la solitudine e l'isolamento relazionale

· evitare l'stituzionalizzazione di persone anziane e con disabilità

Descrizione Il Progetto si attua nella zona della microarea in quanto ciò consente di inserire

l’intervento nel quadro di una strategia complessa di intervento territoriale che

vede quali punti di riferimento/risorse:

· il referente di microarea di Valmaura;

· infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti che operano nella zona

che include la microarea;

· altre risorse distrettuali derivanti anche dal fondo assegnato alle

microaree del Distretto, det. 7 dd. 13.01.2014;

Le attività previste rientrano nel quadro dei vigenti strumenti di

programmazione e in particolare, come citato in premessa, negli obiettivi PAL,

PAA-PDZ 2013-2015 dell’Ambito 1 e sono:

· Condivisione del progetto con le strutture aziendali e con i partner e

fase preparatoria/istruttoria

· Selezione delle persone/nuclei ad alta fragilità socio-sanitaria a cura del

Distretto

· Affidamento del servizio di “Community Visitor”

· Attivazione del servizio da parte del soggetto affidatario: Coop. Sociale

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CLU

· Monitoraggio attività (cadenza almeno settimanale)

· Valutazione sperimentazione (trimestrale)

Risultati Nessun ricovero ospedaliero improprio (soltanto due appropriati di cui uno

programmato). Nessuna chiamata al Servizio 118. Aumento del benessere

delle 8 persone seguite, monitoraggio giornaliero dei problemi di salute di

ciascuno, garanzia di accesso e accompagnamento ai servizi sanitari e sociali

secondo necessità, realizzata la possibilità concreta di rimanere a domicilio

evitando l’istituzionalizzazione.

Sviluppi Futuri Per il 2016 si intende continuare il Progetto per la microarea di Valmaura e si

sta progettando un intervento similare, nel territorio della microarea di Borgo

San Sergio con un target diverso, rivolto cioè a 8 nuclei familiari fragili.

Disseminazione L'esperienza sarà divulgata nel 2016 attraverso la partecipazione a convegni e

seminari.

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Titolo Telefono Speciale - ConTatto

Referente

Aziendale

Emanuela Fragiacomo

Contesto Nonostante i risultati positivi ottenuti dall’avvio del programma, il tasso dei

suicidi a Trieste rimane comunque elevato, quasi il doppio rispetto la media

nazionale. Vanno tenute in considerazione anche le conseguenze dei tentativi

di suicidio e dei suicidi sulla comunità, soprattutto sulle persone più vicine a

coloro che hanno compiuto un gesto suicidario, le quali corrono un rischio

maggiore di sviluppare malattie fisiche o psicologiche e, a loro volta, un

comportamento suicidario. L’OMS riconosce il contrasto al suicidio come una

priorità per la salute pubblica, stima infatti che ogni tre secondi viene

commesso un tentativo di suicidio e un suicidio ogni minuto; i tentativi sono

maggiori tra i giovani inoltre il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli

incidenti stradali, tra gli adolescenti e i giovani adulti 15-29 anni. In questo

panorama diventa imprescindibile attivare percorsi di prevenzione mirati a

questo target, in grado di veicolare informazioni corrette e costruttive e

promuovere in senso generale la salute e il benessere.

Partnership · Televita SpA

· Etnoblog

Target Trasversale aperto a utenti di tutte le fasce di età

Obiettivi Prevenire e contrastare le condotte suicidarie

Descrizione Il Telefono Speciale è un servizio attivo dal 1997, ora in fase di aggiornamento

dei contenuti e delle modalità di gestione ed erogazione, più mirati ad un target

giovanile, e concretizzati nel progetto “ConTatto”.

Telefono Speciale realizza campagne di comunicazione, diversificate e reiterate,

per informare e sensibilizzare sulla tematica suicidaria. È a disposizione un

numero verde dove le persone trovano ascolto, risposte e orientamento; gli

operatori formati possono fissare un appuntamento con degli specialisti per la

valutazione e l’eventuale presa in carico, se il rischio è elevato attivano i servizi

di emergenza e pronto intervento. È in corso di attuazione una campagna

specificamente rivolta ai giovani, ConTatto, che ha introdotto nuovi, adeguati,

strumenti: a partire dal sito informativo interattivo, dotato di chat per parlare

con gli operatori (chat attiva dal lunedì al venerdì dalle 09.00 alle 18.00),

locandine, depliant, campagne facebook, ecc.

In base ai buoni risultati ottenuti in passato si ritiene infatti di poter dare un

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concreto contributo sviluppando l’offerta del servizio in termini di fruibilità da

parte di un pubblico più giovane, investendo i propri sforzi in un’azione mirata

che parli la loro lingua e utilizzi una tecnologia facilmente riconoscibile e

gestibile dagli interlocutori. Attraverso il contatto telefonico e/o informatizzato

l’utente può entrare in contatto con una rete integrata di servizi mentre il

programma continuerà ad informare, sensibilizzare ed educare la comunità con

campagne mirate di comunicazione, on-line e off-line.

Il programma è perfettamente in linea con gli obiettivi dell’OMS, che si prefigge

di sensibilizzare i sistemi di sanità pubblica affinché la prevenzione assuma la

massima importanza nei programmi sanitari. Gli stati aderenti all’OMS si sono

impegnati a raggiungere l’obiettivo globale di una riduzione del 10% dei suicidi

entro il 2020.

Risultati Dal 97 sono state gestite 18.000 telefonate, 8500 reali per problemi o

informazioni, oltre 2000 utenti diversi si sono rivolti al servizio. Dall’avvio del

progetto il numero dei suicidi a Trieste è costantemente diminuito con un calo

più evidente dall’anno 2000. Il tasso storico di 20 e più suicidi su 100.000

abitanti è sceso in questo intervallo di tempo a un numero medio di 14 su

100.000, con un minimo di 10,5 su 100.000 nel 2005, tasso più basso mai

registrato nel Friuli Venezia Giulia.

Per quanto riguarda specificamente i primi 110 giorni del sito si rilevano i dati

seguenti:

3243 sessione (29 sessioni medie al giorno), 2698 utenti, 7199 visualizzazioni di

pagina, 2,22 pagine per sessione, 2 minuti durata media sessione.

Sviluppi Futuri Il progetto continuerà anche nel 2016.

Il DSM intende inoltre avviare un’analisi epidemiologica dei comportamenti

suicidari per monitorare l’andamento del fenomeno e confrontare i dati con

quelli già a disposizione dell’Osservatorio triestino, al fine di individuazione con

maggior precisione elementi utili ad implementare le migliori strategie di

prevenzione, in special modo per quanto riguarda la popolazione giovanile.

Disseminazione Eventi:

· Seminario per i giornalisti “Il suicidio nell’informazione” – 2000

· 23° Conferenza Internazionale HPH di Oslo – 2015

· 26° Conferenza Internazionale HPH di Cagliari – 2015

Pubblicazioni

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· Quaderno “Amalia e Telefono Speciale: primo triennio di un progetto

pilota” – 2002

· Opuscolo “Prevenire il suicidio: linee guida per i Medici di Medicina

Generale” – 2004

· Opuscolo “Prevenire il suicidio: una mappa per gli insegnanti e per

coloro che sono coinvolti nell’educazione dei giovani” – 2005

· Opuscolo “Per un giornalismo della speranza” – 2008

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Titolo Servizio Androna Giovani

Struttura

Referente

Aziendale

Dipartimento delle Dipendenze

Contesto Il consumo di sostanze in età adolescenziale presenta caratteristiche diverse da

quello dell’adulto e tali peculiarità devono essere tenute in considerazione per

organizzare l’offerta di cura e le attività di prevenzione dei rischi.

Il Dipartimento delle dipendenze (DDD) ha registrato un aumento esponenziale

della percentuale di giovani sotto i 25 anni che dal 2009 si rivolge al servizio.

Questo fenomeno deve essere letto a partire da alcuni fattori generali di

contesto:

· veloce cambiamento nel mondo dei consumi e rilevanti modifiche quali-

quantitative nell’uso di sostanze psicoattive da parte dei giovani;

· sperimentazione di sostanze, sempre più presente tra i comportamenti

a rischio degli adolescenti ed abbassamento dell'età di primo approccio

con le stesse;

· offerta di mercato sempre più pressante e seduttiva;

· aumento dei rischi diretti ed indiretti correlati all’uso acritico e

scarsamente consapevole tipico di quest’età;

· difficoltà e resistenza dei ragazzi abusatori/dipendenti a rivolgersi ai

servizi;

· presenza di un disagio giovanile sommerso;

· cambiamento della famiglia nella sua funzione educativa;

· contesto sociale e culturale basato su una logica edonistica,

individualistica e di consumo.

Partnership Si distinguono per partner di progetto e partner della rete territoriale con cui

“Androna Giovani” lavora:

Partner di progetto

· Cooperativa “La Quercia”;

· Cooperativa “Duemilauno Agenzia Sociale”;

· Cooperativa “Reset”;

· Associazione dei familiari “ALT”;

· Associazione culturale giovanile “Etnoblog”.

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Partner della rete territoriale

· Servizi sanitari aziendali e extra-aziendali;

· Scuole e enti di formazione;

· Imprese di lavoro profit e non profit per i progetti di inserimento

lavorativo;

· Servizi sociali degli Ambiti;

· Servizi del Ministero della Giustizia;

· Associazioni di volontariato e sportive;

· Altri soggetti del tessuto cittadino.

Target Il target è rappresentato da tutti i ragazzi con età inferiore ai 25 anni, che

arrivano al DDD per problemi correlati al consumo a rischio e alla dipendenza

da sostanze psicoattive, legali e illegali. Vi è una prevalenza del sesso maschile,

ma in proporzione minore rispetto all’utenza adulta.

Le famiglie degli utenti presi in carico sono il più possibile coinvolte nei

programmi terapeutici e riabilitativi.

Il servizio si rivolge anche ai familiari di ragazzi non presi in carico e agli adulti

che necessitano di informazioni, consulenze, materiali di approfondimento.

Obiettivi Definire percorsi specifici di promozione della salute e di cura per i giovani con

età inferiore ai 25 anni con problematiche di consumo a rischio o di dipendenza

da sostanze psicotrope

Descrizione Gli interventi specialistici nel campo delle dipendenze rivolti a questo target, sia

in Regione che in Italia, sono ancora embrionali e poco strutturati. I servizi per

le dipendenze sono prevalentemente tarati sulle esigenze degli adulti e quindi

non risultano “attrattivi” per i giovani, che si dimostrano diffidenti e propensi a

rinviare la richiesta di aiuto.

Nel 2011 si è partiti con un progetto sperimentale nell'ambito del Piano di zona

del Comune di Trieste, per verificare la fattibilità di un servizio dedicato al

target. Il riscontro positivo ricevuto dall’utenza ha orientato la direzione del

Dipartimento e quella Aziendale a proseguire l’attività anche dopo la chiusura

del PDZ.

La possibilità di individuare il più precocemente possibile le situazioni

complesse e a rischio, consente di guadagnare tempo utile per anticipare

l’offerta di percorsi di supporto al ragazzo e alla famiglia, di contrastare il

pericolo di aggravamento e cronicizzazione. Per tale ragione “Androna Giovani”

lavora senza soluzione di continuità con progettualità di prevenzione dei rischi

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rivolte alla fascia giovanile (es. Progetto “Overnight” del DDD),

Il Sevizio “Androna Giovani” è ospitato in un edificio di proprietà dell’AAS1, sito

nel cuore del centro storico, in Androna degli Orti, 4. Tale localizzazione è frutto

di una scelta strategica, volta a facilitare l’accesso del target e a vincere le

resistenze a rivolgersi al servizio tradizionale. Si tratta di un luogo volutamente

informale, “senza etichette”, in cui co-abitano attività diverse, di tipo

associativo, culturale. Attualmente il Servizio “Androna Giovani” ha una propria

fisionomia, con una sede stabile, un’équipe specializzata nel lavoro con gli

adolescenti e giovani adulti, integrata nelle sue componenti pubblico-privato

sociale, con orari flessibili, atti a garantire attività diurne 5 giorni su 7 (dalle ore

11.00 alle 18.00), ma anche serali, estensibili al fine settimana e ai festivi.

L’équipe multiprofessionale è composta da educatori a tempo pieno e da altri

professionisti a tempo parziale e/o al bisogno per progettualità specifiche:

psicologi, medici, infermieri, assistenti sociali e figure peculiari quali gli

operatori di strada, i tutor per l’inserimento socio-lavorativo e i peer. Sono

molte le collaborazioni con altri soggetti della rete per ampliare, integrare e

migliorare l’offerta complessiva. Tutto il personale (aziendale, dei partner,

volontario) è specificamente formato e impegnato in attività di aggiornamento

in itinere.

Considerata l’età del target, le potenzialità di cambiamento, apprendimento e

sviluppo che caratterizzano il periodo evolutivo adolescenziale, i progetti

personalizzati tendono per quanto possibile a raggiungere l’esito finale della

disintossicazione e della ripresa delle attività tipiche del ciclo di vita. Il

paradigma di “patologia cronica recidivante”, che definisce la dipendenza

patologica nell’età adulta, in questa fascia di età risulta non appropriato.

L'apertura di un polo dedicato ha permesso di far emergere il sommerso

presente in città, di favorire la richiesta di aiuto, sia dei ragazzi che dei familiari

e di consentire la presa in carico precoce delle situazioni già problematiche. Per

arricchire e qualificare l’offerta viene svolto un intenso lavoro di rete, con tutti i

partner, istituzionali o meno, a diverso titolo coinvolti nelle attività rivolte al

target.

I ragazzi arrivano al Servizio in buona percentuale da soli, in età sempre più

giovane, dopo un periodo di latenza più breve rispetto a quello dell’adulto. La

sperimentazione di sostanze è sempre più precoce; nei ragazzi che presentano

dipendenza patologica la sostanza primaria è rappresentata in prevalenza dagli

oppiacei, assunti con modalità non iniettiva; frequente il policonsumo. Il livello

di istruzione è medio-basso, frequente l’abbandono scolastico, molti non

svolgono attività lavorative né formative e vivono un tempo “vuoto”, che

favorisce l’uso di sostanze, molti hanno problemi di giustizia. Emerge una

particolare fragilità e vulnerabilità di quei ragazzi che provengono da famiglie

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sofferenti e che in buona parte hanno già avuto contatto con i servizi

sociosanitari prima di arrivare al DDD. Significativo il disagio psichico

concomitante.

Risultati I dati di attività di “Androna Giovani” impongono una valutazione strategica ed

organizzativa, finalizzata al potenziamento e alla strutturazione di tale servizio

all’interno dell’offerta complessiva del DDD.

Trattandosi di un nuovo sviluppo organizzativo si riportano i dati del triennio

2012-2014, proprio per analizzare il trend in progressivo aumento.

ANNO 2012 SESSO FASCE ETÀ

UNDER 25 OVER

25

Sogg. nuovi M

12

F

11

Tot.

23

23 0

Sogg. totali nel

periodo

23

Dimessi 1 1 1

ANNO 2013 SESSO UNDER 25 OVER 25

Sogg. nuovi 19 8 27 25 2

Sogg. totali nel

periodo

31 18 49 46 3

Dimessi 2 2 4 4

ANNO 2014 SESSO UNDER 25 OVER 25

Sogg. nuovi 22 15 39 30 7

Sogg. totali nel

periodo

51 32 85 67 16

Dimessi 12 7 19 11 8

Si segnala un aumento proporzionale dei ragazzi più giovani, anche con

problemi comportamentali, con programmi integrati con il servizio sociale del

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Tribunale dei Minorenni (USSM). Il dato dei minorenni del 2014 è di 17 ragazzi

presi in carico e di 4 ragazzi visti in consulenza; 4 ragazzi presi in carico erano

neo-maggiorenni.

Sviluppi Futuri Il mondo delle dipendenze negli ultimi anni è mutato ed evoluto: i nuovi stili di

consumo ed i nuovi fenomeni di dipendenza impongono una revisione

organizzativa che, a partire dall’analisi dei bisogni di salute dei giovani, porti alla

definizione di un ventaglio di offerte e di opportunità adeguate.

Il progetto “Androna degli Orti. Laboratori di esperienze: strategie di contrasto

dell’uso precoce di sostanze stupefacenti” è nato all’interno del Piano di Zona

del Comune di Trieste (triennio 2010-2012). Il positivo riscontro della

sperimentazione in termini di efficacia ed efficienza, ha motivato il DDD e

l’Azienda Sanitaria ad investire ulteriori risorse per proseguire l’attività anche

dopo la chiusura del PDZ.

Pertanto il DDD, tenendo conto dei dati epidemiologici, del contesto territoriale

e dall’evoluzione del fenomeno, ritiene prioritario potenziare/migliorare

ulteriormente la progettualità dedicata ai giovani e giovanissimi, passando da

una fase sperimentale alla strutturazione di un servizio a loro dedicato, proprio

per differenziare i percorsi di presa in carico dell’utenza.

Disseminazione Pubblicazioni

· “Progetto Overnight di Trieste: un progetto di prevenzione selettiva e di

riduzione dei rischi”, in Mission n. 21/2007, periodico trimestrale

FederSerD, ediz. F. Angeli, Milano;

· Il poster “OVERNIGHT: Young people and health prevention at night

entertainment sites” è stato votato tra i tre migliori poster alla 19th

International Conference on Health Promoting Hospitals and Health

Services, 1-3 giugno 2011, Turku (Finland);

· “I giovani under 25 in carico al Dipartimento delle dipendenze di

Trieste”; lavoro vincitore del VIII premio FeDerSerD, ottobre 2012,

Roma

· “Comportamenti a rischio in un campione di giovani individuate nel

contesto di un intervento di prossimità – Progetto Overnight”, in

Sistema Salute- La rivista italiana di educazione sanitaria e promozione

della salute, vol. 56, n. 3, anno 2013;

· “Androna Giovani Project”- The 21st International Conference on

Health Promoting Hospitals & Health services. Clinical Health

Promotion. Research & Best Practice for patients, staff and community.

Volume 3 Supplement. May 2013. Editorial Office, WHO CC. Clinical

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Health Promotion Centre. Bispebjerg University Hospital, Denmark.

Eventi

· Relazione al V Congresso Nazionale della Federazione degli operatori dei

servizi per le dipendenze, 22-25 ottobre 2013, Roma;

· “Aspetti peculiari della presa in carico dell’utenza under 25:

l’importanza della collaborazione tra DDD e MMG”, nell’ambito del

corso di formazione (cod. aas1_00950) per i MMG, 04712/2014, Trieste;

· Relazione al Convegno Nazionale le Impazzire si può 2015 - "Alla ricerca

dei viaggi possibili e impossibili”, 17-19 settembre 2015, Trieste.

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Titolo Sport emozioni e cervello 2015-2017

Struttura

Referente

Aziendale

Ufficio Relazioni con il Pubblico

Contesto A Trieste persiste una cultura dello sport che ha radici profonde che si perdono

nel tempo. Ci sono società sportive la cui fondazione risale al 19° secolo. Si

direbbe che la pratica sportiva sia una tradizione per la città, eppure molti sono

i ragazzi e i giovani adulti che conducono una vita sedentaria e non si

avvicinano ad alcuna disciplina sportiva. In questo progetto la pratica sportiva

diventa strumento per un intervento di promozione della salute e prevenzione

del disagio, attraverso lo sviluppo di quelle abilità che permettano ai ragazzi di

affrontare la complessità della vita (life skills).

Abbiamo individuato quale partner di questo intervento la SISSA, Scuola

Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, che da alcuni anni studia

gli effetti dell’attività fisica sulla funzionalità mentale, in particolare

sull’efficienza del cervello. Si intende attivare un intervento di ricerca-azione

per promuovere una consapevole adozione di stili di vita più attivi,

incentivando la pratica sportiva, soprattutto nelle fasce di popolazione in età

evolutiva e attraverso una modalità didattica innovativa, integralmente erogata

durante l’attività fisica.

Partnership · Le Buone Pratiche onlus, mettono a disposizione un coordinatore di

progetto, il finanziamento a copertura di:

50 % costi dell’attività sportiva

100% costi della formazione a ragazzi, genitori, istruttori (formatore

SISSA)

100% costi del piano di comunicazione

100% costi di materiali e attrezzatura (software, hardware, materiale di

cancelleria ecc.)

33% costi della ricerca (assegno di ricerca Università)

· SISSA, ideatore del progetto, mette a disposizione il formatore e la

direzione scientifica del progetto

· Area educazione Comune di Trieste: mette a disposizione la struttura di

2 ricreatori per l’attività dei gruppi di bambini 9-11 anni, coinvolge gli

educatori che usufruiranno della formazione specifica. Compartecipa

per il 33% delle spese per la ricerca

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· Azienda per i servizi sanitari n 1 Triestina, compartecipa per il 33% alle

spese per la ricerca

· Dipartimento Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste, titolare

della ricerca sugli esiti dell’intervento

· CONI provinciale Trieste, individua e coinvolge le società sportive,

compartecipa alle spese per il 50% del costo dell’attività sportiva

· Società sportive, mettono a disposizione gli impianti sportivi per

l’attività.

Budget previsto per l’intervento: 62.580,00 € per il 2015 e 65.460,00 € per 2016

e 2017.

Target Destinatari diretti 255 ragazzi dai 9 ai 14 anni, i loro genitori.

Si intende coinvolgere ragazzi provenienti da zone depresse della città e ragazzi

di fascia socio economica disagiata.

Almeno 30 tra istruttori sportivi ed educatori

Obiettivi Avviare alla pratica sportiva di 5 gruppi/anno tra i 15 e i 20 componenti

ciascuno. Facilitare nei partecipanti l’interiorizzazione della pratica sportiva

come stile di vita permanente dell’individuo, attraverso l’acquisizione delle

conoscenze sul cervello e sul rapporto che intercorre tra il loro corpo, le facoltà

mentali, e la sfera emotiva.

Obiettivi Educativi: Sviluppo life skills, potenziamento capacità cognitive, di

apprendimento e la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni.

Obiettivi di promozione della salute: sviluppo abitudine allo sport, ad un

corretto stile di vita, diminuzione del rischio di incorrere in forme di

dipendenza, abuso di sostanze, comportamenti devianti

Descrizione In fase di avvio del progetto si prevedono le seguenti azioni:

· stipula degli accordi con i diversi partner aderenti al progetto;

· reclutamento dei partecipanti attraverso le agenzie educative presenti

sul territorio (ad esempio i ricreatori comunali, le comunità di

accoglienza di minori in difficoltà ecc.).

In fase operativa seguiranno le seguenti azioni:

1) Attività sportiva: per 5 gruppi all’anno (85 ragazzi) per un impegno di 6 ore

settimanali (3 sedute di 1,5 ore). Si prevede di erogare il I anno in 6 mesi 105

ore di pratica sportiva; II e III anno in 8 mesi 135 ore di pratica sportiva.

2) Formazione dei ragazzi:

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formazione sul campo ai ragazzi con l’intervento di un formatore SISSA 2 volte

al mese durante le ore di allenamento, per un totale di 50 ore il I anno, 90 ore il

II e III anno

3) Formazione degli allenatori:

· un seminario (2 incontri di 3 ore) sul funzionamento del cervello di un

adolescente, effetti sul cervello dell’attività sportiva

· incontri preliminari operativi per allenatori coinvolti nel progetto

· Incontri di supervisione allenatori coinvolti nel progetto (ogni 2 mesi)

4) Formazione dei genitori:

· un seminario (3 incontri di 2 ore) aperto a tutti i genitori sul

funzionamento del cervello e effetti dell’attività sportiva

· 3 incontri di supervisione con i genitori (inizio durante e al termine del

percorso)

5) Attività di ricerca: il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di

Trieste effettuerà una ricerca scientifica, con l’obiettivo di validare

scientificamente alcuni esiti dell’intervento sui ragazzi. Si intende così da una

parte dimostrare l’efficacia del programma, dall’altra rafforzare nei ragazzi e

nei loro genitori la consapevolezza rispetto ai benefici ottenuti attraverso

l’attività sportiva continuativa. (Segue sintesi del progetto di ricerca).

6) Piano di comunicazione: si intende dare visibilità all’intervento con varie

azioni di comunicazione pubblica, coinvolgendo i diversi partner, quali ad es.

conferenza stampa di avvio ogni anno, comunicazione dei risultati a fine I e II

anno,

convegno di chiusura e comunicazione dei risultati al termine del III anno,

Festa di chiusura delle attività di ogni anno

Risultati Costituzione di una partnership con i diversi enti coinvolti a vario titolo

nell’intervento.

255 ragazzi tra i 9 e i 14 anni formati nei tre anni di progetto.

A conclusione del progetto, accompagnamento verso la pratica sportiva

continuativa di almeno il 25% dei ragazzi coinvolti nel progetto.

Coinvolgimento e formazione di almeno il 50% dei genitori dei ragazzi

partecipanti al progetto.

Ricerca scientifica elaborata con dati generalizzabili, che dimostrino efficacia

dell’intervento.

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Almeno 30 istruttori sportivi formati.

Un convegno conclusivo che dia visibilità al progetto e ai risultati ottenuti e alla

partnership

Sviluppi Futuri · 2015: gennaio i seminari di formazione per allenatori e genitori; gli

incontri preliminari con allenatori e incontro di avvio con i genitori

· Febbraio- giugno. Attività sportiva – formazione sul campo –

supervisione – attività di ricerca- festa di fine anno

· Luglio- settembre elaborazione dati ricerca, esiti

· Ottobre comunicazione pubblica dei risultati e avvio II anno

· 2016 inizio ottobre incontri preliminari con genitori coinvolti e allenatori

· Metà ottobre - maggio attività sportiva – formazione sul campo –

supervisione – attività di ricerca – incontri per genitori- festa di fine

anno

· Luglio- settembre elaborazione dati ricerca, esiti

· Ottobre comunicazione pubblica dei risultati e avvio III anno

· 2017 inizio ottobre incontri preliminari con genitori coinvolti e allenatori

· Metà ottobre - maggio attività sportiva – formazione sul campo –

supervisione – attività di ricerca – incontri per genitori- festa di fine

anno

· Luglio- settembre elaborazione dati ricerca, esiti

· Ottobre comunicazione pubblica dei risultati e convegno conclusivo.

Disseminazione La disseminazione avviene grazie al forte lavoro di rete tra Area Educazione,

Coni, Università di Trieste, Sissa e Le Buone Pratiche Onlus.

È stata predisposta una campagna di comunicazione permanente fino al 2017

che prevede comunque il coinvolgimento di operatori, genitori e ragazzi nelle

fasi di realizzazione del progetto.

Le informazioni sono state diffuse attraverso tutti i siti istituzionali dei partner e

attraverso la rete internazionale HPH HS.

A conclusione del progetto verrà organizzata una conferenza.

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Titolo Comunità Amica dei Bambini per l’Allattamento UNICEF

Referente

Aziendale

Dott.ssa M. Vittoria Sola

Contesto L’allattamento materno è lo standard di riferimento per l’alimentazione nella

prima infanzia, consentendo ai bambini di raggiungere il massimo livello di

salute e di sviluppo possibile, diritto universalmente riconosciuto. È inoltre una

parte importante del processo riproduttivo con rilevanti implicazioni per la

salute delle madri, a breve e lungo termine (ad es. come fattore di protezione

dai tumori dell’apparato riproduttivo); tutto questo con un impatto positivo sul

benessere della famiglia e della comunità. La promozione dell’allattamento al

seno e della sana alimentazione sono perciò una priorità di salute pubblica in

termini di prevenzione e promozione della salute, a partire dalla prima infanzia.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che i bambini

siano allattati al seno in maniera esclusiva (senza aggiunta di altri cibi o

bevande) fino al compimento del 6° mese di vita e che il latte materno rimanga

il latte di prima scelta anche dopo l’introduzione di alimenti complementari,

fino a due anni di vita e oltre, e comunque finché madre e bambino lo

desiderino.

Malgrado questo, ancora molte madri non ricevono informazioni scientifiche e

sostegno pratico per l’avvio e il mantenimento dell’allattamento al seno e lo

interrompono prima del tempo. Molti sono i fattori che incidono sull’avvio e la

durata dell’allattamento al seno, tra queste la carenza di informazioni e di

sostegno da parte degli operatori sanitari fin dalla gravidanza, l’incoerenza

delle informazioni sui temi dell’alimentazione, le difficoltà nella conciliazione

dei tempi di vita e di lavoro, la mancanza di supporto nella comunità sociale e le

pressioni commerciali.

La Baby Friendly Initiative dell’Oms-Unicef, parte integrante della qualificazione

dei servizi socio sanitari impegnati nel Percorso Nascita, è un modello operativo

di riferimento: prevede il coinvolgimento attivo di tutte le componenti (madri,

operatori, decisori), la dichiarazione formale degli obiettivi, l’informazione e la

formazione, il cambiamento organizzativo, l’accessibilità per tutti e la

valutazione.

L’iniziativa nazionale di UNICEF “Insieme per l’allattamento:

Ospedali&Comunità Amici dei Bambini per l’Allattamento al Seno” fa quindi

parte di quei programmi nazionali e internazionali che aiutano i servizi sanitari

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a migliorare le pratiche assistenziali rendendo protagonisti i genitori e

sostenendoli nelle scelte per l’alimentazione e la cura dei propri bambini.

Dati di riferimento

Dal 1998 la regione FVG possiede un Sistema di Monitoraggio regionale (dal

2001 informatizzato) basato sulle definizioni OMS di allattamento (A. esclusivo,

predominante, complementare e artificiale). I dati vengono raccolti alla

dimissione dalla maternità (recall period: tutta la degenza) ed alla 2°

vaccinazione (reall period: ultime 24 ore).

L’analisi dei dati (tab. 1) evidenzia, a fronte di un lieve ma progressivo aumento

dei tassi medi di allattamento esclusivo alla dimissione dagli ospedali => 75%,

con disparità anche importanti tra punti nascita, un progressivo calo

dell’allattamento esclusivo alla 2° vaccinazione (prevalentemente al 5° mese) =

28.2%.

A fronte dei dati regionali nel 2014 AAS1 presenta un tasso di allattamento al

seno esclusivo alla 2° vaccinazione di 37.5%.

Tabella 1

Partnership · Servizi Sanitari dedicati di AAS1 (SC Bambini Adolescenti Donne e

Famiglie distrettuali, Dipartimento di Prevenzione, Centro di

Formazione Aziendale, Ufficio Qualità e Accreditamento)

· Medicina di Famiglia (PLS/ MMG)

· La Leche Ligue

· Mammeallapari.

· Comune di Trieste - Assessorato Educazione, Scuola, Università e

Ricerca

· Comune di Trieste - Assessorato alla Promozione e la Protezione Sociale;

0tanavenerdì

0tanagiovedì

0tanamercoledì

0tanamartedì

0tanalunedì

0tanadomenica

2001 2011 2013

osp fvg

2°- fvg

2°- ass1

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· Dipartimento Materno Neonatale, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste.

Target Donne in gravidanza, madri, bambini e famiglie residenti nella provincia di

Trieste. Operatori sanitari di AAS1 (Strutture Materno Infantili distrettuali,

Dipartimento di Prevenzione, Ufficio Qualità e Accreditamento), educatori dei

Nidi d’infanzia pubblici e privati del comune di Trieste, cittadine/i.

Obiettivi Promuovere buone pratiche assistenziali nell’ambito del Percorso Nascita

territoriale, con particolare attenzione alla protezione, promozione e sostegno

dell’allattamento materno, attraverso l’adesione agli Standard UNICEF

“Comunità Amica dei Bambini per l’Allattamento al Seno”.

Descrizione Attività svolte:

· Passo 1: Attivazione di gruppo di lavoro aziendale con referenti di ogni

struttura aziendale partecipante (del n. 409 del 02/10/2014) stesura e

revisione della Politica Aziendale e descrizione del Percorso

Assistenziale pre e post parto (del. n. 410 del 02/10/2014). È stata

acquisita dalla Regione veneto la Politica multilingue, esposta nei servizi

e disponibile in 13 lingue. I materiali sono stati tradotti in sloveno.

· Passo 2: Formazione del personale secondo le responsabilità definite:

dedicati, coinvolti e informati (Passo 2). Al 31/12/2014 sono stati

identificati 161 operatori di cui sono stati formati 156, pari al 96.9%, tra

cui anche PLS e MMG. È stato costruito un Manuale per gli operatori

che contiene tutt le procedure e le istruzioni operative e i materiali utili

disponibili in INTRANET.

· Passo 3: Strutturare l’offerta assistenziale pre parto: offerta attiva dei

servizi (Politica Sintetica consegnata al momento dell’esenzione del

ticket per gravidanza); informazione alle donne in gravidanza e alle

famiglie (1° colloquio dell’ostetrica, informazioni nei Corsi di

Accompagnamento alla Nascita entro le 34 settimane di EG, con check

list prenatale). Nel 2014, 706 donne in gravidanza hanno avuto almeno

un accesso alle ginecologhe dei Consultori familiari di AAS1 (40% dei

parti di donne residenti) e 1037 donne (70% dei parti di donne residenti)

hanno partecipato ai Corsi di accompagnamento alla Nascita di gruppo

(68 gruppi) gestiti dalle ostetriche.

· Passi 4 e 5: In continuità dopo la dimissione dalla maternità (Accordo

per la continuità con IRCCS Burlo Garofolo) l’84.6% di coppie madre

bambino residenti hanno avuto accesso alle strutture distrettuali

dedicate per monitoraggio, consulenza, presa in carico. Gli operatori

prevalenti sono ostetrica e infermiere. I gruppi postparto gestiti dalle

ostetriche hanno proseguito la loro attività fino al 6° mese di vita dei

bambini.

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43

· Passo 6: Sono stati identificati spazi dedicati nei servizi per l’accoglienza

alle madri e bambini, con revisione delle indicazioni e dei percorsi

interni, grazie anche ai contributi di associazioni di cittadini.

· Passo 7: nel corso del 2014 si è costituito un gruppo di auto aiuto tra

mamme che ha svolto una formazione presso i servizi distrettuali. Si è

consolidata la collaborazione con La Leche Ligue, sono stati messi a

disposizione gli spazi dei servizi per la prosecuzione dei gruppi di madri

dopo la conclusione del CAN. È strutturata una collaborazione con le

strutture educative per l’infanzia (Nidi d’Infanzia) del comune di Trieste

per la formazione degli educatori, il sostegno all’allattamento materno

nei Nidi d’Infanzia (spazi per allattare, somministrazione del latte

materno spremuto in sicurezza).

· La comunicazione interistituzionale ha previsto la definizione di uno

spazio dedicato nel sito aziendale, la comunicazione della politica

aziendale ai comuni, al punto nascita, ai serivzi educativi per l’infanzia

del Comune di Trieste, a Federfarma, a Confcommercio, con cui sono

state avviate collaborazioni in corso di sviluppo.

· L’adesione formale al Codice Internazionale per la Commercializzazione

dei Sostituti del Latte Materno ha previsto l’autocertificazione del

Commissario Straordinario, la definizione di una procedura per il

rispetto ed il monitoraggio del Codice e la promozione della definizione

da parte di EGAS di una procedura regionale specifica per l’acquisto di

sostituti del latte materno.

· È in corso l’audit annuale dell’adesione agli standard con interviste agli

operatori (dedicati e coinvolti) ed interviste alle madri che accedono ai

servizi distrettuali dedicati ed ai servizi vaccinali distrettuali.

Monitoraggio dell’adesione dei Nidi d’Infanzia ai percorsi di promozione

dell’allattamento al seno.

Risultati Indicatori di processo:

L’adesione al percorso determina essa stessa un miglioramento della qualità

complessiva dell’offerta assistenziale per la popolazione residente.

Strumenti gestionali: Descrizione del percorso assistenziale dall’inizio della

gravidanza a 2 anni di vita del bambino (nella Politica Aziendale); Manuale

dell’Operatore con procedure protocolli e buone pratiche che garantiscono

l’omogeneità della risposta dei servizi; revisione accordo per la continuità con

IRCCS Burlo Garofolo; PDTA AAS1- IRCCS sulla gravidanza fisiologica.

Formazione operatori:

al 2014 156 operatori sono stati formati su 161 identificati (96.9%), tra cui

anche PLS e MMG.

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Dati di affluenza ai servizi aziendali nel 2014:

· 706 donne in gravidanza hanno avuto almeno un accesso alle

ginecologhe dei Consultori familiari di AAS1 (40% dei parti di donne

residenti);

· 1037 donne (70% dei parti di donne residenti- 68 gruppi) hanno

partecipato ai Corsi di accompagnamento alla Nascita di gruppo gestiti

dalle ostetriche.

· 1252 coppie mamma bambino (84.6% target residente) hanno avuto

accesso alle strutture distrettuali dedicate per monitoraggio,

consulenza, presa in carico, in continuità con il punto nascita;

Indicatori di esito:

Tasso di allattamento al seno esclusivo alla 2° vaccinazione AAS1=37.5%

(FVG= 28.2%.).

Competenze dell’ utenza: in corso audit annuale che comprende interviste alle

madri sulle conoscenze riguardanti il tema.

Sviluppi Futuri L’adesione agli standard UNICEF ha consentito la revisione di alcuni percorsi

assistenziali del Percorso Nascita di AAS1 a partire dalla protezione,

promozione e sostegno dell’allattamento al seno. Il tasso di allattamento al

seno è ritenuto infatti indicatore riepilogativo della qualità dei servizi del

Percorso Nascita.

L’alto accesso ai servizi di AAS1 può permettere analisi qualitative e

quantitative di efficacia e soddisfazione dell’utenza. Il mantenimento degli

standard richiede audit periodici strutturati e successivi percorsi di

miglioramento, sia relativi alle attività (ad esempio, attraverso formazione

specifica) che di tipo organizzativo. Vanno aggiornati i documenti formali

(politica aziendale e percorso assistenziale, manuale degli operatori). Cruciale

sono le alleanze con la struttura ospedaliera e con la medicina di famiglia, per

costruire coerenza di informazioni e di pratiche. Va mantenuto il raccordo con i

Nidi di Infanzia.

Particolare attenzione va posta all’ottimizzazione degli strumenti comunicativi

ai cittadini ed allo sviluppo di comunità (implementazione di gruppi di auto

aiuto, raccordo con Federfarma per un’alleanza con le farmacie, migliorare

l’accoglienza delle madri con bambini sul territorio).

Disseminazione Pubblicazioni o presentazioni in meeting nazionali o internazionali:

· Network di supporto ai goal nutrizionali per l'infanzia. Castelbrando 5,

SITI, 2011

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· Politica nutrizionale integrata per un inizio in salute. Le sfide della

promozione della salute. Dalla sorveglianza agli interventi sul territorio

Venezia, 2012

· Integrated nutrition policy for a healthy start. 21th International HPH

conference, Gothenburg, 2013

· Sip of life, drink of love: evaluative survey on nursing skills in

breastfeeding promotion. 22th International Conference on Health

Promoting Hospitals and health services, Barcelona2014

· Dal buon latte al buon cibo. Nutrizione, Genetica, Ambiente per

l’Educazione alla salute, Milanopediatria 2014.

· Per tutti e per ognuno …di come il percorso BFCI può contribuire a

sviluppare traiettorie di lavoro territoriale. Home Visiting: uno

strumento di promozione della salute e di contrasto precoce delle

disuguaglianze, Verona 2014

· Percorso nascita tra salute, educazione e supporto ai genitori. Fin da

Piccoli- Nutrire le menti: incontri e dialoghi sui primi tre anni di vita,

Trieste 2015

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Titolo RELI Provincia di Trieste

Struttura

Referente

Aziendale

Dipartimento delle Dipendenze

Contesto Il Dipartimento delle dipendenze (DDD) ha tra i suoi compiti quello di realizzare

attività e progetti di formazione e di inserimento socio-lavorativo delle persone

in trattamento, operando in sinergia ed integrazione con gli Enti locali, i servizi

del Ministero della Giustizia, la cooperazione sociale, gli enti formatori, il terzo

settore, le imprese. La normativa nazionale specifica (DPR n.309/90 e ss.mm)

afferma che queste attività rientrano nei compiti istituzionali dei servizi pubblici

per le dipendenze; il Piano di Azione Nazionale sulle droghe 2010-2013 (PAN)

pone la riabilitazione e il reinserimento come suo pilastro centrale e il Piano di

Azione Regionale sulle Dipendenze 2013-2015 (PARD) individua tra le quattro

aree strategiche quella della riabilitazione e reinserimento sociale lavorativo,

per contrastare la cronicità e la dipendenza .

Partecipare al progetto RELI (Bando del Dipartimento Nazionale antidroga –

DPA, che ha finanziato il DDD con 300.000 €) ha rappresentato l'opportunità di

sperimentare alcune azioni innovative. Il progetto RELI, iniziato il 1 gennaio

2012 e conclusosi a maggio 2015, ha inoltre permesso di valutare la funzione

strategica del tutor per l'inserimento lavorativo, sia di servizio che d'impresa,

attraverso la sperimentazione sul campo e l’indagine svolta a cura della

cooperativa sociale “Lavoratori Uniti Franco Basaglia – CLU”, all'interno delle

imprese e all'interno dei servizi sociosanitari.

Partnership Il progetto ha avuto un gruppo di coordinamento e co-progettazione

territoriale (GTR), formato da 23 partner consolidati del Dipartimento delle

Dipendenze (ente capofila del progetto), titolari di competenze specifiche in

tema di abilitazione e reinserimento socio-lavorativo:

· Comune di Trieste – Assessorato alla Promozione Sociale (ora Area

Servizi e Politiche Sociali): Partner per la realizzazione di interventi di

inserimento socio-lavorativo;

· Casa Circondariale di Trieste: Partner per la realizzazione di interventi di

orientamento, formazione ed inserimento lavorativo dedicati a detenuti

e detenute;

· Provincia di Trieste – Area Servizi al Cittadino- Partner per la

realizzazione di un sistema di rete per l’orientamento, l’inserimento

lavorativo e l’incrocio di domanda ed offerta di lavoro;

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· Cooperativa La Quercia: Partner per la cogestione di interventi di

inserimento socio-lavorativo (accompagnamento e sostegno alla

persona);

· Enaip Friuli Venezia Giulia: Partner per gestione di percorsi di

formazione accreditati ed accesso alle iniziative del FSE;

· Cooperativa Sociale Lavoratori Uniti Franco Basaglia: Partner per la

cogestione di interventi di inserimento lavorativo, capofila per la

sperimentazione dei tutor d’impresa;

· Cooperativa Sociale Reset: Partner per la cogestione di interventi di

inserimento socio-lavorativo (accompagnamento e sostegno alla

persona);

· Cooperativa sociale onlus La Collina: Partner per la cogestione di

interventi di inserimento lavorativo ed attività di promozione e

divulgazione delle iniziative;

· Interland Consorzio Società Cooperativa Sociale: Partner per la

cogestione di interventi di inserimento lavorativo;

· Cooperativa Confini: Partner per la cogestione di interventi di

inserimento lavorativo;

· Cooperativa Lister Sartoria Sociale: Partner per la cogestione di

interventi di inserimento lavorativo;

· Società Cooperativa Sociale-onlus DuemilaDieci: Partner per la

cogestione di interventi di inserimento lavorativo;

· Cooperativa Sociale DuemilaUno Agenzia Sociale: Partner per la

cogestione di interventi di inserimento socio-lavorativo

(accompagnamento e sostegno alla persona);

· Associazione di volontariato di Cittadini e Familiari per la prevenzione e

la lotta alla tossicodipendenza - ALT: Partner per il sostegno e

l’accompagnamento degli utenti durante i percorsi di riabilitazione, di

reinserimento sociale e per la gestione di gruppi di auto mutuo aiuto

rivolti agli utenti ed ai familiari;

· Associazione di volontariato per il Trattamento Alcoldipendenze -

As.Tr.A.: Partner per il sostegno e l’accompagnamento degli utenti

durante i percorsi di riabilitazione, di reinserimento sociale e per la

gestione di gruppi di auto mutuo aiuto rivolti agli utenti ed ai familiari;

· Associazione di volontariato “La Ricerca” onlus: Partner per il sostegno e

l’accompagnamento degli utenti durante i percorsi di riabilitazione e per

la gestione di gruppi di auto mutuo aiuto rivolti agli utenti ed ai

familiari;

· Associazione Club Alcolisti in trattamento - A.C.A.T. di Trieste: Partner

per il sostegno e l’accompagnamento degli utenti durante i percorsi di

riabilitazione e per la gestione di gruppi di auto mutuo aiuto rivolti agli

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utenti ed ai familiari;

· Associazione di volontariato Hyperion: Partner per il sostegno e

l’accompagnamento degli utenti durante i percorsi di riabilitazione e per

la gestione di gruppi di auto mutuo aiuto rivolti agli utenti ed ai

familiari;

· Cooperativa Sociale Agricola Monte San Pantaleone: Partner per la

cogestione di interventi di inserimento lavorativo;

· Cooperativa Sociale La Piazzetta: Partner per la cogestione di interventi

di inserimento lavorativo e attività di informazione e divulgazione delle

iniziative;

· Cooperativa Sociale Il posto delle Fragole: Partner per la cogestione di

interventi di inserimento lavorativo;

· Cooperativa Sociale On Stage: Partner per la cogestione di interventi di

inserimento lavorativo;

· Associazione Culturale Etnoblog: Partner per l’attività di informazione e

divulgazione delle iniziative.

Target Nell’arco del triennio 2012 - 2015 il DDD ha seguito con il progetto RELI 258

persone, di tutte le fasce di età e di entrambi i sessi; i giovani “under 25” hanno

rappresentato il 21% del totale. Per ognuna delle persone è stato formulato un

progetto socio riabilitativo personalizzato. Nella scheda di progetto, condivisa e

sottoscritta con l’utente, si sono specificate:

· la situazione sanitaria e sociale e il programma di presa in carico

globale;

· gli obiettivi e le modalità di svolgimento del percorso di formazione e

reinserimento sociale e lavorativo;

· le verifiche in itinere sull’andamento.

Obiettivi Realizzare e promuovere un nuovo modello di reinserimento socio-lavorativo

integrato per il target individuato.

Nello specifico il progetto ha perseguito i seguenti obiettivi:

· sviluppare e rafforzare le attività finalizzate al reinserimento socio

lavorativo degli utenti del DDD, in raccordo con i partner della rete

territoriale;

· ampliare la gamma di attività riabilitative e di opportunità.

Descrizione Nell’ambito del progetto RELI sono state realizzate le seguenti azioni:

· Costituzione del gruppo di coordinamento territoriale per il

reinserimento (GTR);

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· Attivazione di percorsi di formazione e di confronto rivolti ai partner del

mondo della formazione e del lavoro, finalizzati a condividere culture,

pratiche e strumenti operativi;

· Attivazione di percorsi di formazione e qualificazione professionale per

gli utenti (con Enaip FVG) e collaborazione alle iniziative sviluppate dagli

enti formativi del territorio;

· Definizione e condivisione dei progetti socio-riabilitativi personalizzati;

· Sperimentazione e valutazione del tutoraggio di servizio e di impresa,

anche con una indagine dedicata;

· Sostegno ai partner impegnati della realizzazione dei progetti individuali

di inserimento formativo lavorativo e valorizzazione economica alle

imprese;

· Monitoraggio e valutazione delle attività.

Sono stati garantiti percorsi formativi rivolti agli operatori della rete dei servizi

pubblici e privati impegnati nelle attività di inserimento sociale e lavorativo

della provincia di Trieste, al fine di condividere metodologie e strumenti

operativi ed integrare le attività progettuali con l’operatività quotidiana. È stato

organizzato un percorso di formazione comune, realizzato nel corso del 2012 e

2013, che ha visto la partecipazione di 56 professionisti appartenenti a 21

diverse organizzazioni territoriali ed a servizi istituzionali con competenze

specifiche nel settore. Durante il percorso formativo è stata illustrata l'indagine

realizzata dalla Cooperativa Sociale Lavoratori Uniti F. Basaglia, attraverso

l'utilizzo di un questionario somministrato ai referenti dei luoghi della

formazione ed agli operatori del DDD. Tale indagine ha valutato l'attività di

tutoraggio d’impresa e la comunicazione/collaborazione in essere tra imprese e

servizio inviante.

È stato avviato dal 1 gennaio 2014 il percorso partecipato di “monitoraggio e

valutazione dell’efficacia del progetto”, curato da consulenti esperti

dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il lavoro ha coinvolto un gruppo

tecnico rappresentativo del GTR del Progetto RELI (Servizi sanitari, Comune e

Provincia di Trieste, Cooperative sociali, Enti formativi, Associazioni di

volontariato, datori di lavoro privati).

Risultati Nel corso del triennio è stata effettuata una rilevazione delle opportunità, delle

risorse nell’ambito provinciale e delle partnership attivate. La tabella successiva

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riassume i dati relativi ai partners di progetto e ai soggetti inseriti.

Soggetti Partner Numero collaborazioni Persone inserite

Cooperative Sociali 13 60

Aziende profit 56 78

Associazioni 13 18

Enti formativi 8 111

Istituti Scolastici 1 1

91 268

Si specifica che 10 persone sono state inserite in più luoghi di formazione;

pertanto il numero complessivo di soggetti inseriti nei diversi percorsi è di 258.

Delle 258 persone in carico al DDD incluse nel progetto, 112 sono state inserite

in corsi di studio, formazione e qualificazione professionale, valorizzate con una

borsa di studio, grazie alle risorse messe a disposizione dall’AAS1 e a quelle

aggiuntive del progetto RELI.

Sono state 156 le persone inserite in percorsi di formazione in borsa di

lavoro/tirocinio formativo (alcuni soggetti hanno fruito sia di borsa di studio

che di borsa lavoro). Delle 156 persone, 27 sono state assunte nel triennio

marzo 2012-aprile 2015. Di queste: 13 persone nelle Cooperative sociali dove

hanno svolto la loro formazione e 14 persone in Aziende profit. Tutte le

persone assunte hanno avuto un contratto a tempo determinato, di cui 3

stagionali, 2 apprendistato, 1 interinale, 5 LPU, 1 Cantieri di lavoro.

Delle persone seguite durante il triennio, 27 soggetti hanno beneficiato di

programmi alternativi alla detenzione, anche in virtù della possibilità di

inserimento con progetti di formazione/lavoro, mentre altre 9 persone

sottoposte a misure di restrizione della libertà sono state seguite con

programmi di formazione e inserimento e lavorativo.

La collaborazione con il Carcere di Trieste ha consentito l’inserimento e il

sostegno di detenuti in percorsi intramurari di formazione/lavoro; sono state 3

le borse di formazione in favore di detenuti, attivate a partire dal 1 luglio 2014.

Il potenziamento nel corso del periodo di attività progettuali e degli interventi

tesi al reinserimento sociale e lavorativo, la diversificazione dei luoghi di

formazione e la qualificazione dell’intervento specialistico del servizio, hanno

evidenziato l’importanza strategica e le positive ricadute delle attività di

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sostegno personalizzato e di tutoraggio, garantite sia da parte del DDD che dei

luoghi ospitanti.

Il progetto RELI ha evidenziato l'importanza del tutor per l'inserimento

lavorativo, sia di servizio che di impresa, nei percorsi di cura e reinserimento di

persone con bisogni di salute complessi.

Ha dimostrato la disponibilità di molte aziende profit a collaborare in tali

attività; ha sottolineato il ruolo strategico che la cooperazione sociale gioca nei

progetti di inserimento degli utenti con programmi di cura ad alta intensità. E'

emersa la necessità di un migliore coordinamento provinciale delle attività di

inserimento formativo lavorativo delle persone svantaggiate, anche per

potenziare le progettualità da presentare a finanziamento del FSE.

Sviluppi Futuri Al termine del progetto RELI, avviato in data 1 gennaio 2012 e concluso il 31

maggio 2015, si è inteso dare continuità e valorizzare tutte quelle azioni che

hanno consentito di ampliare la gamma di attività riabilitative e di opportunità

concrete, finalizzate a sostenere le persone inserite in percorsi di reinserimento

sociale e lavorativo.

In particolare si ritiene prioritario:

· sviluppare le attività di tutoraggio, attraverso un lavoro di sostegno,

accompagnamento, mediazione e monitoraggio dei singoli percorsi, in

raccordo con i luoghi della formazione e lavoro. A tutti i 124 utenti del

DDD inseriti nel corso del 2015 in borsa di studio e lavoro (dato al

30.09.2015) sono state garantite attività di tutoraggio socio riabilitativo.

· Consolidare e ampliare la rete dei partner territoriali, attraverso un

lavoro di raccordo e monitoraggio. Nel corso dell’anno 2015 il DDD ha

continuato la rilevazione delle opportunità e delle risorse nell’ambito

provinciale (le partnership attivate sono complessivamente 45: 7 con

enti di formazione, 4 associazioni, 15 cooperative sociali, 19 imprese

profit). Nell’anno si sono inoltre svolti due seminari, finalizzati a

favorire nuove collaborazioni e mettere a sistema le diverse risorse

messe in campo, che hanno visto la partecipazione di numerosi soggetti

rappresentativi delle realtà della formazione e del lavoro del territorio

quali associazioni di categorie, imprese, cooperative sociali, enti di

formazione e servizi pubblici.

· implementare il lavoro di rete e co-progettazione con enti formativi,

cooperative sociali, imprese, associazionismo dedicato, per sostenere

l’accesso delle persone in carico ai servizi socio sanitari ai percorsi

formativi co-finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Friuli

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Venezia Giulia.

· sviluppare l’attività coordinata del gruppo di lavoro inter enti, costituito

dai referenti dell’AAS1 (dipartimento delle dipendenze e dipartimento

di salute mentale) dell’Agenzia regionale Direzione lavoro e pari

opportunità e del Comune di Trieste (SIIL), che vede i servizi sociali e

sanitari lavorare assieme per promuovere e favorire percorsi di

formazione e reinserimento lavorativo a favore delle fasce deboli della

popolazione.

Disseminazione A conclusione del progetto è stato organizzato a maggio un convegno pubblico,

finalizzato alla presentazione dei risultati e del volume redatto a cura del GTR.

All'evento hanno partecipato importanti personalità politiche ed

amministrative della città e della Regione, nonché esperti della materia.

Pubblicazioni:

· Progetto RELI Provincia di Trieste - partnership, strumenti e risorse a

supporto di progettualità per l’inclusione sociale, a cura di AAS n. 1

Triestina-Dipartimento delle Dipendenze -anno 2015

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Titolo Sperimentazione Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS)

Struttura

Referente

Aziendale

Dipartimento di Salute Mentale

Contesto Nell’ambito del processo di riordino della medicina penitenziaria, di

trasferimento delle funzioni sanitarie al SSN, si inscrive il sistema di norme

rivolte al definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, i cui

capisaldi descrivono il quadro di riferimento:

· decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri) convertito con modificazioni dalla Legge 17 febbraio 2012 n. 9, contenente disposizioni volte a dare attuazione al definitivo superamento degli ospedali psichiatrici;

· l’art. 3 ter dispone nello specifico che:

o le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziale e dell’assegnazione in casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente nelle strutture sanitarie regionali - denominate “Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza” (REMS) - fermo restando che le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere prese in carico sul territorio dai dipartimenti di salute mentale;

o la responsabilità della gestione all’interno di dette strutture è assunta da un medico dirigente psichiatra, permanendo in capo alla magistratura di Sorveglianza il compito di vigilare sulle strutture, in quanto le persone sottoposte alla misura di sicurezza detentiva mantengono lo status di internato;

· decreto del Ministero della Salute 1 ottobre 2012, Allegato “A” reca “Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture residenziali destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia”;

· decreto legge 31 marzo 2014, n. 52 recante “Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” (che modifica il citato art. 3) che prevede l’ulteriore proroga della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari nonché ribadisce Il dovere del giudice di verificare se in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario può essere adottata nei confronti dell’infermo di mente una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea a assicurargli cure adeguate ad a far fronte alla sua pericolosità sociale;

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· accordo attuativo di cui alla Conferenza Unificata, rep. 17/CU del 26 febbraio 2015, che si richiama integralmente, in quanto rappresenta un documento formale ed operativo per la realizzazione del definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

Pertanto, con Delibera regionale nr. 744 del 17.04.2014 è stato formulato il

programma per la realizzazione di strutture sanitarie per il superamento degli

Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), nel senso della rimodulazione della

precedente proposta, e che tale rimodulazione è stata quindi accolta con

Decreto del Ministero della Salute del 28.01.2015 che ne ha assegnato le

risorse per gli interventi strutturali, e che il programma è stato definitivamente

approvato con Delibera regionale nr. 444 del 13 marzo 2015.

In data 5-6 marzo 2015 il Ministero della Salute ha chiesto l’avvio di una

funzione REMS transitoria nelle tre strutture regionali già individuate, per cui la

Direzione Centrale alla Salute e la Giunta regionale hanno richiesto alle AAS di

definire un piano in tal senso.

In tali atti, e segnatamente nell’allegato alla Delibera nr. 744 sopra citata, al

punto 2.3, si afferma che “la strategia complessiva per il superamento degli

OPG prevede un programma per la ristrutturazione di 3 strutture regionali pre-

esistenti per destinare al trattamento di persone destinatarie di misure di

sicurezza detentive”

Partnership · AAS2

Target Persone in misura di sicurezza in coerenza con i requisiti organizzativi e

funzionali di cui all’Allegato A del DM 1.10.12 e con l’Accordo attuativo di cui

alla Conferenza Unificata, rep 17/CU del 26.02.15

Obiettivi · Realizzazione di misure idonee al superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) perseguendo la continuità con il modello culturale e organizzativo regionale in tema della salute mentale.

· Ristrutturazione e adeguamento di 3 edifici sanitari esistenti in una logica di rete dei servizi.

Descrizione Come Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza è stata identificata

la sede di Aurisina (Via delle Cave 9), attualmente adibita a Centro Diurno,

come servizio sulle 24 ore per n. 2 posti letto, dedicata a persone in misura di

sicurezza in coerenza con i requisiti organizzativi e funzionali di cui all’Allegato

A del DM 1.10.12 e con l’Accordo attuativo di cui alla Conferenza Unificata, rep

17/CU del 26.02.15;

Con Decreto n° 184 del 30/04/2015 “Superamento degli Ospedali Psichiatrici

Giudiziali” di cui al decreto legge 22 dicembre 2011 n. 211 convertito con

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modificazioni dalla Legge 17 febbraio 2012 n. 9 - Piano regionale per la gestione

transitoria (DGR 622/15). Attivazione della Residenza per l’Esecuzione delle

Misure di Sicurezza di Aurisina dal 4 maggio 2015 (REMS) – gestione transitoria.

Approvazione del “Documento aziendale sul funzionamento della residenza

REMS di Aurisina”, il Commissario Straordinario dell’AAS n.1 decretava:

· di approvare il “Documento aziendale sul funzionamento della Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza di Aurisina” in via transitoria, che verrà formalmente integrato dal Protocollo tra AAS1 e AAS2 per la gestione condivisa – tale documento ha fatto da modello per i successivi documenti aziendali delle altre due REMS.

· di stabilire che a far data dal 4 maggio 2015 è attivata la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) provvisoria presso la sede di Aurisina (Via delle Cave 9) attualmente adibita a Centro Diurno, per n. 2 posti letto, dedicata a persone sottoposte a misura di sicurezza ex L. 52/14, di afferenza AAS1 e AAS2, con contestuale avvio del servizio sulle 24 ore;

· di stabilire che, in questa prima fase, il Direttore responsabile della REMS è il dott. Roberto Mezzina, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale;

· di prendere atto che la spesa per la gestione transitoria della funzione di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziali per quanto concerne l’implementazione del modello organizzativo - comprese pertanto le competenze derivanti dall’applicazione degli istituti contrattuali - trova copertura per l’anno 2015 sui contributi regionali per le attività finalizzate e/o delegate dalla regione (delibera di giunta n. 622 dd. 02.04.15 e nota della Direzione centrale salute integrazione socio sanitaria, politiche sociali e famiglia prot. n. 7906 dd. 17.04.15).

Il Documento Aziendale sopra citato, in particolare, alla parte “Precisazioni e

specifiche”, ribadisce quanto affermato alla Legge n. 9 del 17/2/12, ovvero che

sussistendo un’esclusiva gestione sanitaria all’interno delle strutture, i compiti

degli operatori non differiscono da quelli normalmente previsti nelle strutture

psichiatriche di ricovero quali i Servizi psichiatrici di Diagnosi e Cura e, laddove

presenti, i Centri di salute mentale dotati di posti letto e aperti sulle 24h.

Inoltre, vi si afferma che ogni modalità di assistenza si intende personalizzata,

svolta da personale dedicato a tale funzione, secondo un rapporto numerico

adeguato (in tal senso i turni di lavoro prevedono durante il giorno un rapporto

minimo di 2 operatori per ciascun utente e, di notte, di almeno 1 a 1). Sono

inoltre state predisposte procedure in casi urgenti, ivi compreso acuzie

psichiatriche, tentativi di allontanamento, urgenze ed emergenze medico

chirurgiche, ribadendo che l’attività perimetrale di sicurezza e vigilanza esterna

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compete alle Prefetture secondo specifici accordi “anche sulla scorta delle

informazioni contenute nel fascicolo dell’internato”, e che sono in corso di

perfezionamento, dopo consultazioni e riunioni, ripetute, con la Prefettura di

Trieste, gli accordi quadro di cui sopra.

Va osservato che la REMS di Aurisina ha carattere transizionale e provvisorio ed

è necessario operare per alternative al suo impiego, sia nel caso del singolo

paziente che in generale come metodologia orientata al superamento della

misura di sicurezza detentiva, e che in questa doppia prospettiva relativa al

riferimento territoriale (AAS1 e/o AAS2) ed alla metodologia di lavoro (misure

di sicurezza con programmi di reinserimento sociale e/o interventi proattivi) il

DSM di AAS 1 ha avviato un’importante sperimentazione finalizzata alla

creazione di un’economia di scala che valorizzi le professionalità investite nel

progetto REMS anche aldilà dei 2 posti-letto attivati.

Tenuto conto che, tramite ampia informazione a tutto il personale del DSM, è

stato individuato il personale disponibile (n. 24 unità), tra nuovi assunti e

personale già in servizio, di tutte le professionalità. Essi prestano la propria

attività nell’ambito di un progetto finalizzato all’Attivazione di Progetti

Terapeutico Riabilitativi Individualizzati (PTRI) per le persone a rischio di misura

di sicurezza e/o accolte presso la REMS di Aurisina.

Tale gruppo di lavoro opera dunque sia nella SC del DSM di assegnazione che

nell’attività clinico – assistenziale presso la REMS, garantendo, oltre alla

copertura dei turni necessari alla funzione REMS sulle 24 ore, anche

l’integrazione degli interventi predisposti dal DSM a favore di persone ad alto

rischio di deriva sociale, commissione di reati e detenzione e/o misure di

sicurezza, ricalibrando le risorse finalizzate al raggiungimento di risultati

valutabili.

La funzione di prevenzione secondaria, relative alle ricadute, e terziaria, in

particolare del peggioramento delle condizioni di disabilità e dell’instaurarsi di

condizioni di deriva sociale favorenti comportamenti-reato, si realizza

attraverso l’attività al domicilio delle persone appartenenti alla coorte

individuata dai CSM, al fine di procedere alla verifica delle effettive condizioni

psicosociali e di realizzare interventi finalizzati alla soddisfazione dei bisogni di

cura.

Tale personale ha ultimato una formazione ad hoc consistente in ore di

seminari, nonché formazione sul campo tramite affiancamento, che ha

permesso il travaso di conoscenze e pratiche dagli operatori esperti a quelli

neoassunti, anche tramite modalità di scambio e confronto, permettendo

l’acquisizione di un adeguato saper fare.

Nella struttura di Aurisina, in quanto sede di Centro Diurno, come affermato al

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punto 3.3 del Documento Aziendale, i programmi del Centro Diurno vengono

coordinati dalla S.C. Servizio Abilitazione e Residenze che, assieme ai Centri di

salute mentale di competenza, contribuisce alla individuazione di risposte

relative all’accoglienza comunitaria e alla predisposizione di progetti

personalizzati” e che “la funzione di ospitalità sulle 24 ore per persone con

misura detentiva in carico al Dipartimento di Salute Mentale di Trieste e di

Gorizia, si inserirà in maniera organica nell’ambito dei programmi delle attività

terapeutiche riabilitative e socio riabilitative organizzate dal Centro.

Si è in definitiva costituito il GRUPPO multiprofessionale “progetti terapeutico-

riabilitativi individuali/funzione REMS”, con funzioni di gestione diretta della

funzione REMS, nonché di prevenzione e di fronteggiamento delle situazioni di

rischio di internamento in REMS, in supporto ai CSM territorialmente

competenti.

Risultati Con lettera dd 30.06.2015, Prot. 12902/P, la Direzione centrale salute,

integrazione socio sanitaria, politiche sociali e famiglia ha affermato che “nel

corso del secondo semestre 2015 sarà valutato il percorso di attuazione della

gestione provvisoria delle strutture, con particolare attenzione agli aspetti della

domanda e dei bisogni complessivi relativi alla funzione di superamento

dell’OPG. Giova osservare che detti aspetti non riguardano solamente

l’operatività delle strutture, ma il più ampio contesto di prevenzione e di

fronteggiamento delle situazioni di rischio di internamento in REMS, in

coerenza con le normative nazionali in materia. Detta valutazione terrà conto,

altresì, delle azioni di sistema già avviate in un’ottica collaborativa con le

autorità giudiziarie”.

Va in tal senso sottolineato che la prima sperimentazione riguardante

l’accoglienza di nr. 2 ospiti, con ultima residenza in provincia di Udine, in fase di

applicazione di misure di sicurezza disposta dopo alla chiusura degli OPG, 31

marzo 2015, tenuto conto delle condizioni psichiatriche dei soggetti, della

preesistenza di rapporti terapeutici con i servizi di salute mentale della AAS2,

del clima positivo stabilitosi sin dal loro ingresso, dell’estrema attenzione del

gruppo di operatori dedicati alla funzione REMS, composto da personale

motivato e formato allo scopo, ha confermato, allo stato, la bontà delle scelte

finora attuate.

Sviluppi Futuri Come previsto dalla normativa nazionale e regionale, le attività progettuali

passeranno da sperimentali a definitive.

Disseminazione I risultati della sperimentazione saranno valutati e diffusi nel primo trimestre

2016

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Titolo Amalia

Referente

Aziendale

Dott.ssa Emanuela Fragiacomo

Contesto La provincia di Trieste presenta caratteristiche peculiari per quanto riguarda la

demografia, il 28% della popolazione è composto da anziani (di cui il 32% vive

solo); Trieste è in anticipo di più di 10 anni rispetto all’Italia, che attualmente

registra il 22% di popolazione anziana e che raggiungerà il 28% solo nel 2030. In

questo panorama diventa imprescindibile attivare percorsi di prevenzione in

grado di promuovere la salute, il benessere e l’invecchiamento sano e attivo.

Partnership · Televita SpA

· Comune di Trieste

Target Anziani con età maggiore a 65 anni

Obiettivi Prevenzione e contrasto dell’isolamento sociale degli anziani.

Descrizione Gli obiettivi del servizio si attuano attraverso un monitoraggio telefonico

costante e la promozione del benessere e della salute con attività di

segretariato, follow-up, coinvolgimento nella socialità cittadina e nei corsi

motori dedicati.

Amalia prevede diverse modalità per individuare le persone anziane a rischio di

isolamento e solitudine: ricerca intervento sul bisogno sommerso, segnalazione

degli operatori istituzionali, auto-segnalazione, segnalazione dal territorio. Per

informare e stimolare il territorio è prevista una articolata campagna di

comunicazione, innovativa perché coinvolge persone anziane della città e

utenti del servizio e usa strumenti evoluti. L’accoglienza delle persone e la

gestione del servizio sono informatizzati (applicativo gestionale condiviso in

rete con gli operatori istituzionali). L’inserimento in Amalia prevede l’uso di

schede di valutazione a punteggio.

I media (inclusi gli strumenti di ultima generazione) e la tecnologia sono quindi

alla base dell’organizzazione di Amalia, un servizio a bassa soglia di accesso,

coordinato da un gruppo strategico misto (che include operatori e responsabili

di servizio dell’ASS, del Comune di Trieste e della Televita), che prevede un

sistema integrato di interventi leggeri. L’efficacia del servizio è massima nel

periodo di transizione tra l’autonomia della persona anziana e la necessità di

presa in carico istituzionale con erogazione di cure specialistiche, fase che il

servizio contribuisce a ritardare offrendo agli utenti diversi strumenti, tutti

mirati al sostegno alla domiciliarità, alla promozione della salute e alla

prevenzione. Le attività del servizio consistono in monitoraggio telefonico

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costante, informatizzazione e messa in rete dei dati relativi alla persona,

segretariato sanitario, accoglienza informativa e coinvolgimento nei corsi

motori mirati, coinvolgimento nelle iniziative di socializzazione, follow up

specifico in regine di continuità assistenziale (post dimissione da ospedale, RSA

e PID), attivazione della rete dei servizi e del volontariato, erogazione di

prestazioni specifiche. Sullo sfondo la campagna di comunicazione sociale, che

garantisce informazioni e sensibilizzazione della cittadinanza sui temi in

oggetto; gli strumenti utilizzati sono: shooting fotografico, poster di diverse

dimensioni, brochure informative, espositori da banco, pagina facebook.

Il servizio è attivo dal 1997 ed è stato recentemente rivisto e aggiornato nei

contenuti e nelle modalità di gestione ed erogazione.

Attività svolte nel 2014

PRESTAZIONI numero

MONITORAGGI TELEFONICI 21.143

ATTIVAZIONE RETE 25

PREVENZIONE MORTE SOLITARIA 6

FOLLOW-UP 88

CONSEGNA FARMACI 241

COINVOLGIMENTO SOCIALIZZAZIONE 227

SUPPORTO PSICOLOGICO 22

SEGRETARIATO CORSI MOTORI 82

Risultati Dal ’97 sono stati inseriti in Amalia oltre 4000 utenti ed erogate più di 26.000

prestazioni (attivazione rete, interventi a domicilio, sostegno sociale o

psicologico, coinvolgimento in iniziative di socialità e/o corsi motori, consegna

farmaci, servizi vari); con le campagne di indagine sul bisogno sommerso sono

stati raggiunti oltre 3000 grandi anziani, soli; il tasso delle morti solitarie di

anziani a Trieste si è ridotto dai 20 casi/anno iniziali ad una media di 6 negli

ultimi anni (il fenomeno è stato riclassificato dall’osservatorio del Dipartimento

di Salute Mentale).

Sviluppi futuri Pensando allo sviluppo futuro del progetto vanno però tenuti in considerazione

anche i cambiamenti oggettivi e culturali intervenuti a livello locale dall’avvio

del servizio (’97); l’anziano solo di oggi non è più l’anziano isolato di vent’anni

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fa, con l’indagine sul bisogno sommerso si sta delineando un panorama diverso,

in cui i grandi anziani (novantenni) sono sostenuti dal “sistema badanti”,

fenomeno ormai consolidatosi nel contesto dell’assistenza domiciliare, mentre i

“giovani anziani” (gli ottantenni) hanno iniziato ad adeguarsi al modello

suggerito dell’anziano attivo, che ha cura del proprio benessere psicofisico e

mantiene un forte legame con la vita sociale.

I requisiti di accesso o di esclusione dal servizio devono considerare l’efficacia

delle attività tipiche di Amalia in termini di supporto anche a chi è già inserito in

una rete di protezione o a chi mantiene l’autonomia, in una fascia d’età in cui

però è sufficiente un episodio per mutare radicalmente la condizione. D’altro

canto il servizio potrebbe rinforzare il proprio ruolo nell’area della socialità, con

una funzione di coordinamento (intercettazione, organizzazione, promozione di

iniziative a vasto raggio) e/o realizzando autonomamente un programma di

eventi strutturato.

Disseminazione Pubblicazioni

· Quaderno “Amalia e Telefono Speciale: primo triennio di un progetto

pilota” – 2002

· Fanzine “Un giorno con Amalia” – 2007

Conferenze

· 23° Conferenza Internazionale HPH di Oslo – 2015

· 3° conferenza Nazionale delle Cure Domiciliari di Bologna – 2015

· 26° Conferenza Internazionale HPH di Cagliari – 2015

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Titolo La Coabitazione Possibile

Struttura

Referente

Aziendale

Distretto 3

Contesto Nell’ambito del Distretto 3 è in atto dal 2008 un progetto denominato La

Coabitazione Possibile che si configura come una possibile e concreta

alternativa per persone la cui complessità sanitaria e assistenziale avrebbe

altrimenti determinato il ricovero in strutture residenziali.

La coabitazione è stata avviata sette anni fa su iniziativa di alcuni familiari che

hanno deciso di organizzare la coabitazione dei loro anziani congiunti,

parzialmente non-autosufficienti e bisognosi di assistenza sulle 24 ore,

assistenza che non era più possibile garantire loro singolarmente per motivi

economici e/o di spazio.

Le persone anziane in questione da anni erano in carico al SID del Distretto e

seguite dalla microarea di Giarizzole.

I familiari quindi si sono rivolti al Distretto con la richiesta di sostenere

l’iniziativa e di essere aiutati a realizzarla.

Partnership · Comune di Trieste

· ATER

Target Il progetto è rivolto a persone che, per la loro condizione di non

autosufficienza, non possono provvedere alla cura della propria persona e

mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri.

Obiettivi Si fa riferimento alle Linee guida del PDZ in cui si definisce l’obiettivo 7.2 per l’area anziani:

“Sviluppare la domiciliarità, sostenere le famiglie, qualificare il lavoro di cura degli assistenti familiari, sperimentare soluzioni innovative di risposta residenziale (es. utilizzo condiviso di civili abitazioni per favorire forme di convivenza per anziani soli) per ampliare le possibilità anche di coloro che necessitano di assistenza e cure di vivere in contesti di vita non istituzionalizzanti”

Descrizione L'appartamento è un’abitazione civile di convivenza, domicilio delle persone a

tutti gli effetti e si differenzia dalle condizioni di vita in una casa di riposo, sia

sotto il profilo ambientale (ogni persona/coppia dispone di una stanza da letto,

arredata con mobili propri), sia sotto il profilo dell'intensità assistenziale (la

relazione abitante/assistente è di 1 a 4 sulle 24 ore, a fronte di un rapporto di 1

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a 8 – 1a12 nelle residenze polifunzionali).

Quindi le persone possono usufruire di tutti i servizi e gli strumenti sociosanitari

previsti per il sostegno alla domiciliarità, compresi i contributi del Fondo per

l’Autonomia Possibile finalizzati all’assistenza. Qui possono essere attivati tutti i

servizi distrettuali, dipartimentali e specialistici.

La convivenza si realizza in un piccolo nucleo di massimo 5 persone che abitano

stanze singole, arredate con i loro stessi mobili, il che permette di rispettare le

esigenze e le preferenze dei singoli in termini di organizzazione della vita

quotidiana, personalizzazione degli spazi, sviluppo delle relazioni e risposta

individualizzata ai bisogni di salute. Escono di casa come possono e per fare ciò

che desiderano, sostenuti dai propri familiari.

La gestione economica viene gestita esclusivamente dai familiari. I costi

complessivi sono divisi per il numero di abitanti. I familiari gestiscono il denaro

(assunzione e pagamento delle 3 badanti, spese alimentari, utenza telefonica, e

ogni altra spesa di renda necessaria).

Le spese per uscite, consumazioni, gite, vestiario, ecc. sono individuali e

vengono sostenute dalle singole persone anziane.

La condivisione delle spese permette anche a persone a basso reddito di

sostenere i costi necessari a un’assistenza a carattere familiare e di

conseguenza consente loro di vivere e in un contesto relazionale ricco e

stimolante, atto a mantenere le autonomie residue.

Le persone e i loro familiari sono i protagonisti assoluti sia nella gestione di tutti

gli aspetti della vita quotidiana, sia nella costruzione dei percorsi di cura. La

presenza costante di operatori della salute permette di monitorare

costantemente la situazione sanitaria garantendo risposte di salute efficaci,

utilizzo adeguato di farmaci e evitando il ricorso a prestazioni sanitarie

superflue e a ricoveri ospedalieri inappropriati. A titolo esemplificativo, e

secondo necessità, intervengono nell'appartamento: servizio infermieristico

domiciliare, medico di famiglia, medico di distretto, operatori ed operatrici

della microarea di Valmaura, reperibilità infermieristica notturna e festiva;

raccordo con i servizi specialistici dell'ASS (Centro di Salute Mentale, servizio di

riabilitazione), volontari di servizio civile della microarea di Valmaura.

Ogni 2 settimane il MMG delle persone residenti, effettua una visita domiciliare

insieme all’ infermiera, alla OSS distrettuali, al referente della MA, alle badanti.

Oltre a verificare lo stato di salute dei singoli/delle singole persone anziane,

questa visita è anche momento organizzativo e formativo per le badanti.

La presenza della microarea arricchisce le occasioni di socialità e le opportunità

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di recarsi fuori casa, anche a favore di chi non ha una rete familiare presente.

Nell’ambito del progetto “La Coabitazione Possibile” è nata l’associazione di

promozione sociale “Per non subire – IDA”, di cui sono socie e soci persone

anziane sia utenti che volontari.

Ater ha messo a disposizione appartamento in Via Valmaura, 55 di 105 mq, con

4 stanze da letto, soggiorno, cucina, 2 bagni.

Nella fase di avvio il Distretto ha sostenuto le seguenti azioni:

· messa in contatto i familiari portatori dello stesso bisogno ma che

ovviamente non si conoscevano tra di loro;

· sostegno dei famigliari nel percorso di costituzione della loro

Associazione;

· attivazione dell’ATER per la ricerca di un appartamento adeguato alle

necessità a partire dal fatto che gli anziani in questione fossero titolari

di singoli alloggi di edilizia pubblica;

· definizione con i famigliari e con Ater che il nucleo di civile convivenza:

o fosse formato da persone con caratteristiche omogenee per età,

difficoltà e grado di non autosufficienza;

o non più di 4 o 5 abitanti per nucleo;

o le persone dovessero risultare ivi residenti;

o avessero a disposizione stanze da letto stanze singole

possibilmente arredate con suppellettili personali.

Risultati Tutti gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. Nessuna delle persone che

hanno scelto di abitare nell’appartamento descritto è stata ricoverata in Casa

di Riposo. Alcuni sono stati accompagnati fino al decesso a domicilio.

Sviluppi Futuri Il progetto continuerà anche con il turn-over prevedibile, a cura

dell’Associazione dei familiari “Per non subire IDA”, con il sostegno del

distretto.

Disseminazione È prevista l’implementazione del progetto sia nei Piani di Zona che nel Piano di

lavoro distrettuale.

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Titolo Passi d’Argento nella provincia di Trieste

Struttura

Referente

Aziendale

Dipartimento di Prevenzione

Contesto La provincia di Trieste è una delle più anziane d’Italia, con un indice di

vecchiaia al 2014 di 248%; ha circa 236.400 abitanti, il 28% dei quali con più di

64 anni (15% più di 74 anni), configurando lo scenario che l’ISTAT prevede per

l’Italia per il 2030; il 37% degli anziani, soprattutto persone con più di 74 anni,

vivono soli ed il 5% circa degli ultra 64enni (circa 3.000 persone) è

istituzionalizzato.

La particolare distribuzione sociodemografica della provincia di Trieste ha

indotto le amministrazioni locali a sperimentare, a partire dal 1999, progetti di

integrazione sociosanitaria che coinvolgono l'ASS1, i Comuni, l'Ente gestore

dell'Edilizia Pubblica Residenziale (ATER) ed il privato sociale, e che si sono

evoluti nel tempo per concentrarsi in aree residenziali, distribuite

omogeneamente sul territorio, che presentano una composizione

caratterizzata da importanti problematiche sanitarie e sociali e da un’elevata

concentrazione di anziani soli, le “microaree”.

Una composizione demografica come quella presente nella provincia di Trieste

rende particolarmente evidenti le conseguenze dell’invecchiamento

demografico, sia in termini di prevalenza di malattie cronico degenerative, sia

per le problematiche sociali che ne derivano.

I carichi assistenziali e i costi diretti ed indiretti (spesa sanitaria; DALY, ecc.) che

ne conseguono impongono di investire nei programmi di prevenzione e di

favorire l’adozione di stili di vita sani, secondo i principi di Guadagnare Salute;

d’altro canto, il rapido invecchiamento demografico richiede risposte globali

ed efficaci in tempi brevi, finalizzate al benessere delle persone ed alla

prevenzione delle condizioni di disagio sociale, che possono essere favorite

dall’integrazione di tutte le politiche.

Per una corretta programmazione congiunta, sociale e sanitaria, è necessario

partire dal quadro conoscitivo della popolazione, dai bisogni della comunità,

delle risorse disponibili e dei sistemi di offerta presenti sul territorio, analizzati

nel profilo di comunità, e devono essere individuati indicatori adeguati e

strumenti di monitoraggio, verifica e valutazione degli obiettivi fissati. Per

attuare questo compito, sono necessarie informazioni epidemiologiche

adeguate, soprattutto se si considera che la popolazione ultra64enne è

eterogenea, presentando bisogni distinti, cui corrispondono un ventaglio di

interventi socio-assistenziali e socio-sanitari altrettanto diversificati.

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Generalmente, però, non sono disponibili informazioni sistematiche e

dettagliate sui bisogni della popolazione anziana, desumibili da banche dati

correnti o da altri sistemi di rilevazione, che permettano di razionalizzare le

risorse disponibili, anche al fine di contrastare l’ampliarsi delle disuguaglianze

sanitarie e sociali all’interno di questa fascia di popolazione.

Il particolare contesto sociale e demografico della provincia hanno indotto

l’Azienda per i Servizi Sanitari (ora Azienda per l’Assistenza 1 “Triestina”) ad

aderire, nel 2012, al sistema di sorveglianza nazionale della popolazione

Anziana PASSI d’Argento (PDA), promosso del Ministero della Salute ed

affidato al Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della

Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, sperimentato nel 2009 e realizzato nel

2012, coinvolgendo coinvolto 17 Regioni e Province autonome.

PASSI d’Argento mira a descrivere la condizione della popolazione anziana in

termini di stato di salute, autonomia e qualità della vita, considerando la

persona in sé, ma anche come parte integrante del tessuto sociale, con

l’obiettivo di definire priorità di intervento, programmare attività e valutare le

strategie attuate da servizi sanitari e sociali per favorire le politiche di

invecchiamento attivo, in risposta alle strategie internazionali (Active Ageing

dell’OMS).

Partnership · Comune di Trieste

· Comune di Monrupino

· Comune di Sgonico

· Comune di Duino-Aurisina

· Comune di San Dorligo della Valle – Dolina

· Comune di Muggia

Target Popolazione con più di 64 anni

Obiettivi Obiettivi della adesione dell’AAS 1 Triestina al sistema nazionale di

sorveglianza Passi D’Argento sono a) raccogliere informazioni per realizzare

interventi finalizzati a favorire la salute e l’autonomia e prevenire la disabilità

delle persone anziane; b) consolidare interventi di integrazione socio-

sanitaria; c) valutare l’efficacia degli interventi realizzati; d) rispondere al

mandato della regione FVG di favorire la programmazione congiunta sociale e

sanitaria (Piani di Zona).

Descrizione L’attivazione e la conduzione della sorveglianza di popolazione nella provincia

di Trieste sono state realizzata dall’AAS1 (Capofila), in collaborazione con i 6

Comuni della provincia di Trieste, (partner di progetto). In seguito alla

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formalizzazione degli accordi con i Comuni sono state realizzate alcune azioni

propedeutiche alla realizzazione dell’indagine, fra cui il coinvolgimento di

stakeholder, in particolare Ordini professionali (dei medici, degli assistenti

sociali, dei farmacisti, degli psicologi), IPASVI, Ente gestore dell’edilizia pubblica

residenziale, Ospedali e Case di Cura, Privato sociale, Volontariato, Associazioni

di Anziani, ecc. Successivamente è stata realizzata una campagna informativa

per la cittadinanza, con l'obiettivo di presentare il progetto alla popolazione e

favorire l’adesione.

Le attività organizzative, di coordinamento, di formazione, informazione e

diffusione dei risultati sono state gestite dalla coordinatrice aziendale, già

responsabile della sorveglianza PASSI, che fa capo al Dipartimento di

Prevenzione dell’AAS1.

Il protocollo di indagine prevede la realizzazione di interviste telefoniche o vis a

vis ad un campione rappresentativo della popolazione target estratto con

campionamento casuale proporzionale per sesso e fasce di età dalle liste

dell’Anagrafe sanitaria.

Le interviste telefoniche sono state realizzate da Televita SPA, una società

privata esperta nella comunicazione con le persone anziane e già partner

dell’ASS1 Triestina e del Comune di Trieste in programmi finalizzati a ridurre

l'isolamento sociale della popolazione anziana e a prevenire il comportamento

suicidiario.

Le interviste “de visu” sono state realizzate da operatori sanitari dell’AAS1 ed

assistenti sociali dei Comuni, già impegnati nel lavoro con gli anziani.

Tutti gli intervistatori sono stati formati ad hoc (12 operatori sanitari nel 2012

e 8 nel 2013; 8 operatori di Televita e 9 assistenti sociali comunali)

Al pari degli altri sistemi di sorveglianza di popolazione della sanità pubblica

italiana (Okkio alla salute, HBSC, PASSI), PASSI D’Argento consente di

monitorare, oltre che a livello nazionale, anche a livello regionale ed aziendale

lo stato di salute della popolazione, la diffusione dei fattori di rischio

modificabili e di stimare la distanza dal raggiungimento degli obiettivi di salute,

con costi contenuti: la rappresentatività del campione permette, infatti, di

inferire le stime ottenute alla popolazione dalla quale è stato estratto.

I dati prodotti, originali e non desumibili da basi di dati correnti, consentono

confronti nazionali e con altre realtà locali e di identificare carenze

organizzative, apportando interventi correttivi il cui effetto potrà essere

monitorato nel tempo.

Gli ambiti d’indagine di Passi D’Argento però, superano i confini della salute e

dell’assistenza, per esplorare anche i bisogni sociali con rilevanza sanitaria

legati all’invecchiamento, ovvero aspetti di partecipazione e coinvolgimento

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sociale, di sicurezza economica, sociale, abitativa, producendo informazioni

che hanno importanti ricadute in termini di integrazione socio-sanitaria e per

le politiche di invecchiamento attivo.

Relativamente alle politiche a favore dell’invecchiamento attivo, le uniche

perseguibili in presenza di un rapido invecchiamento demografico, la

combinazione degli indicatori contenuti in Passi D’Argento con altri che

possono essere estratti da altre banche dati (dell’Azienda sanitaria, dei Servizi

Sociali Comunali, il Tasso di impiego, l’attesa di vita a 55 anni, ecc.), può

consentire di tracciare un “profilo di salute” della popolazione ultra 64 enne e

profili di rischio per condizioni specifiche, identificando le aree che necessitano

di maggiore intervento.

La combinazione di pochi indicatori facilmente monitorabili, estratti da Passi

D’Argento e da altre fonti, può permettere di realizzare un indice di

invecchiamento attivo, da utilizzare per misurare e monitorare gli effetti delle

politiche e delle azioni che favoriscono l’invecchiamento in attività della

popolazione, in modo rapido, efficace e poco costoso, consentendo altresì una

facile condivisione pubblica dei progressi o dei problemi.

Non va dimenticato, poi, che l’organizzazione presente nel sistema di

sorveglianza PDA, che coinvolge personale sanitario e sociale, contribuendo

alla sostenibilità del sistema di sorveglianza, in quanto effetto di economie di

scala, favorisce il consolidamento del lavoro di rete fra soggetti istituzionali e

non istituzionali, che è alla base delle politiche di integrazione socio sanitarie

finalizzate al benessere della persona ed alla prevenzione del disagio sociale.

Nell’esperienza della provincia di Trieste, gli operatori sanitari e sociali che

hanno realizzato le interviste vis a vis (77 interviste), hanno fatto anche una

valutazione del bisogno della persona ed attivato, ove necessario, i servizi

propri o degli altri Enti (Fondo per l’Autonomia Possibile, Assistenza

Domiciliare Integrata, Servizio Infermieristico Domiciliare, Telesoccorso) e

fornito alle famiglie informazioni su servizi, associazioni di volontariato,

percorsi finalizzati a favorire la domiciliarità e l’autonomia e le iniziative a

favore degli anziani.

Risultati Sono state realizzate 2 indagini, nel 2012 e nel 2013.

Nel 2012 è stata indagata l’intera popolazione della provincia di Trieste: sono

state realizzate 502 interviste, il 95% delle quali eseguite telefonicamente da

parte di Televita.

Nel 2013 l’indagine è stata condotta sulle 11 “microaree storiche” della

provincia, realizzando 467 interviste. Nel 2012 il tasso di rifiuto è stato

dell’11,4%, quello di sostituzione del 13,0% e quello di intervento del proxy del

7,8%; nel 2013 le percentuali sono rispettivamente 10,1%, 13,5% e 4,3%. La

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durata media delle interviste telefoniche è stata di circa 20 minuti e quella

delle interviste “vis a vis” di circa 30 minuti.

Sviluppi Futuri Il sistema di sorveglianza PDA, oltre che per il monitoraggio dell’attuazione

delle politiche per l’invecchiamento attivo, è stato concepito per fornire

informazioni utili per il monitoraggio dei Piani Della Prevenzione, perché

fornisce informazioni sulle abitudini e gli stili di vita della popolazione con 65

anni e più.

L’AAS1 parteciperà nel 2016 alla nuova rilevazione prevista per il periodo 2016-

2017.

L’AAS1 proporrà di integrare il questionario standard previsto a livello

nazionale con un modulo aggiuntivo finalizzato ad approfondire la tematica

delle cadute e degli incidenti domestici nella popolazione anziana, che

nell’indagine precedente limitava la valutazione dell’evento caduta agli ultimi

30 giorni, e non considerava la presenza di eventi ripetuti.

Disseminazione I risultati delle rilevazioni sono stati divulgati in AAS1 e nei Comuni della

Provincia e sono stati utilizzati per la programmazione sanitaria.

Pubblicazioni

A partire dai risultati delle 2 rilevazioni eseguite nella provincia di Trieste

INDICATORE

Inf. Sup Inf. Sup

Non hanno difficoltà economiche 60,8 56,1 65,2 41,7 40,7 42,1 9,1 26,8 41,4 53,4 93,8

Difficoltà in 2 o più IADL 21,5 18,0 25,4 37,2 36,5 37,8 15,2 30,1 37,2 52,9 84,2

Vivono da soli 31,7 27,7 36,0 20,6 19,9 21,3 4,9 16,2 20,6 24,5 77,4

Con disabilità 7,4 5,3 10,2 16,1 15,4 16,8 5,9 12,5 16,1 22,0 42,3

Consumo di Alcol a rischio 29,1 25,2 33,3 18,7 18,6 19,4 5,6 13,9 18,7 25,3 37,7

Con ipertensione 54,4 49,9 58,8 59,9 59,3 60,6 29,4 54,4 59,9 63,9 81,8

Con 3 o più malattie croniche 11,6 9 14,8 28,4 27,8 28,9 11,1 23,8 28,4 32,9 42,7

Caduti negli ultimi 30 gg 9,0 6,7 11,9 11,1 10,4 11,2 5,4 8,2 11,1 13,1 25,0

Prendono 4 o più farmaci 34,0 29,6 38,7 45,5 44,8 46,1 17,6 41,2 45,5 52,4 61,5

Non informato su ondate di calore 42,2 37,8 46,7 32,1 31,7 33,5 3,5 24,7 32,1 41,6 67,3

Att. fisica (non media, mediana Pase) 112,1 71,4 na na 1,4 56,0 93,3 135 397,0

Rischio isolamento sociale 9,4 7,0 12,3 20,1 19,4 20,9 2,5 16,5 20,1 26,8 47,4

Sono risorsa per famiglia e comunità 33,7 29,6 38,0 30,4 29,8 31,4 12,5 27,5 30,4 34,6 55,6

Fanno attività sociali 27,9 24,1 32,1 27,6 26,5 28,1 15,0 24,1 27,5 30,0 40,0

Hanno un lavoro pagato 5,6 3,8 8,1 5,0 4,7 5,4 0,0 3,9 5,0 6,5 18,0

Frequentano corsi di formazione 9,6 7,2 12,6 3,8 3,2 4,3 0,0 2,8 3,8 5,6 18,0

Difficoltà di accesso ai servizi ASL 19,1 15,8 22,9 35,1 34,5 35,7 18,3 29,2 35,1 39,6 51,0

Difficoltà di accesso ai servizi del Comune 18,5 15,2 22,2 33,3 32,7 33,8 6,3 25,9 33,3 40,1 70,3

Difficoltà di accesso ai servizi commerciali 22,1 18,6 26,1 37,2 36,5 37,8 19,1 28,4 33,8 36,7

Vivono in casa propria o del coniuge 79,0 75,1 82,4 77,7 77,0 84,0 59,1 74,6 77,7 84,1 97,5

Hanno problemi all'abitazione 79,9 76,0 83,2 75,4 74,8 76,1 60,0 71,7 75,4 79,1 94,4

Non si sentono sicuri nel proprio quartiere 5,7 3,8 8,3 12,8 12,2 13,5 1,4 9,5 12,8 14,7 26,6

LEGENDA

Valore significativamente peggiore della media del pool nazionale Valore significativamente migliore della media del pool nazionale

Valore bassi=migliore indicatore

Valore non significativamente differente della media del pool nazionale Valore alti=migliore indicatore

PASSI D'ARGENTO 2012-2013 ASS1 (n=502) VS MEDIA DEL POOL NAZIONALE (n=23.976)

ASS1 %

IC 95% media

del poolic 95% direzio

ne

miglior

valore

minimo

Percentile

25° Media

Percentile

75°

Con la "spine chart" come questa si rappresentano in un'unica immagine diversi indicatori. Per ogni indicatore viene riportato il valore della media del pool nazionale (con la linea centrale verticale), i valori del 25° e del 75° percentile (ai limiti della banda azzurra), il valore minimo e massimo (ai limiti della banda beige) riscontrati fra le 115 aziende sanitarie che nel 2012-2013 hanno partecipato alla rilevazione dei dati. Il valore dell'indicatore per l'ASL o la regione cui si riferisce il rapporto viene indicato con un pallino di 3 diversi colori: VERDE, ROSSO o GIALLO a seconda che il valore sia significativamente migliore, peggiore o NON significativamente differente rispetto al valore medio del pool nazionale. La significatività della differenza si evince dal confronto fra gli intervalli di confidenza (indicati) del valore medio del pool nazionale e quelli del valore locale (regionale o aziendale). Se non vi è sovrapposizione di valori, la differenza (in meglio o in peggio che sia) è statisticamente significativa, mentre in caso di sovrapposizione non lo è. Attenzione: non basta , per una certa regione o azienda, avere un pallino verde per escludere che l'aspetto indicato NON sia un problema di salute pubblica.

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durante il periodo 2012-2013 sono stati realizzati i seguenti rapporti e schede

tematiche, pubblicati su Epicentro, il portale del Centro Nazionale di

Epidemiologia, sorveglianza e promozione della Salute (CNESPS) dell’Istituto

Superiore di Sanità (ISS), nella sezione dedicata

http://www.epicentro.iss.it/passiargento/comunicazione/regionali/Friuli%20V

enezia%20Giulia.asp

· Salute e invecchiamento attivo nella Azienda per i servizi sanitari 1

Triestina

· Salute e invecchiamento attivo nelle microaree dell’Azienda per i servizi

sanitari 1 Triestina

· Una fotografia della condizione degli anziani nella Ass 1 Triestina

· Passi d’Argento 2012 nell’Ass 1 Triestina. Salute, stili di vita, cure

· Passi d’Argento 2012 nell’Ass 1 Triestina. L’invecchiamento attivo

· Passi d’Argento 2012 nell’Ass 1 Triestina. Ambiente di vita

· Cadute nelle persone anziane. Passi D’Argento 2012 nell’Aas1 Triestina

· Sovrappeso e obesità nell’Aas 1 “Triestina”: i dati 2011-2014 dei sistemi

di sorveglianza

· Articoli scientifici realizzati dal gruppo tecnico nazionale a partire dai

dati nazionali sono disponibili all’indirizzo

http://www.epicentro.iss.it/passiargento/comunicazione/scientifici/sci

entifici.asp

Eventi

· Convegno nazionale “Active and Healthy Ageing: il ruolo della

sorveglianza epidemiologica Passi d’Argento” tenuto a Roma, 26

settembre 2013, presso l’Istituto Superiore di Sanità.

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Titolo Progetto CaT “Centenari a Trieste”

Referenti Ideatori e coordinatori del progetto:

prof.ssa Gabriella Marcon, neurologo

(Università degli Studi di Udine-DSMB e AAS1-TS)

prof. Mauro Tettamanti, epidemiologo

(IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano)

Contesto L’invecchiamento umano dipende da componenti genetiche, epigenetiche e

ambientali, in cui fattori di rischio e fattori protettivi esercitano in maniera

opposta la loro influenza. Il miglioramento delle condizioni economiche e

igienico-sanitarie ha determinato un progressivo aumento dell’aspettativa di

vita alla nascita e il conseguente progressivo incremento della popolazione

anziana.

Stime relative all'invecchiamento della popolazione mondiale nei prossimi

decenni prevedono che dal 2010 al 2050 la fascia di età sopra gli 85 anni

aumenterà del 351%, mentre, più specificamente, quella dei centenari

aumenterà del 1004% (Source: United Nations, World Population Prospects:

The 2010 Revision. Available at: http://esa.un.org/unpd/wpp.

In Italia, nel 1950, vivevano 88 centenari che sono diventati 12.756 nel 2010,

per raggiungere la cifra di circa 20.000 nel 2015. Per il 2065, a 50 anni da oggi,

si stima che i centenari italiani arriveranno ad essere 300.000.

Mentre la maggior parte degli studi epidemiologici, clinici e biologico-

molecolari condotti sugli anziani si è concentrata sulla fascia di età inferiore a

85 anni (rappresentante fino ad oggi la stragrande maggioranza degli anziani),

ancora molto poco sappiamo della popolazione di età superiore ai 90 anni e di

coloro che arrivano a 100 e più anni, una fascia di età recentemente definita

oldest old dallo U.S. Census Bureau nel 2014, poiché costituita da soggetti che

superano ampiamente l'aspettativa di vita media alla nascita.

Perché studiare gli oldest old

Poiché il numero degli oldest old è destinato a crescere precipitosamente nei

prossimi decenni è necessario studiare e comprendere le loro caratteristiche

clinico-biologiche e le loro esigenze di salute, in maniera da poter predisporre

in modo razionale le necessariamente limitate risorse sanitarie e sociali.

Nell’ambito della popolazione oldest old, si possono identificare tre differenti

fenotipi a seconda del loro grado di salute: survivors (ammalano prima dei 80

anni, ma comunque raggiungono i 100 anni), delayers (ammalano dopo gli 80

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anni) ed escapers (raggiungono i 100 anni senza malattie croniche di rilievo).

È fondamentale studiare tutte e tre le componenti degli oldest old perché:

1. studiando i soggetti centenari malati si possono identificare i principali deficit

e pianificare le future risorse sanitarie e sociali;

2. studiando i soggetti centenari sani si possono identificare i fattori genetici,

epigenetici ed ambientali che favoriscono il raggiungimento di una vecchiaia in

salute ed in autonomia (successful ageing).

Perchè studiare gli oldest old a Trieste

Trieste è un’area particolarmente adatta allo svolgimento di uno studio sugli

oldest old per la presenza contemporanea di molteplici fattori favorevoli:

· una proporzione di centenari insolitamente elevata (60-80

centenari/100.000 abitanti) contro i circa 30/100.000 mediamente

presenti in Italia;

· l’origine multietnica degli abitanti;

· l’organizzazione capillare e la stretta interazione fra i servizi sociali

(Comune) e sanitari (AAS1-Triestina).

Partnership · ICGEB, Trieste: prof. Mauro Giacca; prof. Serena Zacchigna

· Neuroscience and Society Lab., SISSA, Trieste: prof. Raffaella Rumiati

· Clinica Neurologica-Neuropatologica, Università degli Studi di Verona:

· prof. Salvatore Monaco

· Dipartimento di Ingegneria Informatica e Scienze dell’Informazione,

Università degli Studi di Trento: prof. Fabio Casati

Target Oldest old (persone con più di 90 anni)

Obiettivi Studiare e comprendere le caratteristiche clinico-biologiche e le esigenze di

salute degli oldest old, in maniera da poter predisporre in modo razionale le

necessariamente limitate risorse sanitarie e sociali

Descrizione Il progetto “CaT: Centenari a Trieste” è stato avviato a fine gennaio 2014, dopo

uno studio di fattibilità, con l’obiettivo di arruolare tutti gli abitanti di Trieste di

100 e più anni nati entro il 31 dicembre 1913.

L’arruolamento dei soggetti si è chiuso nella primavera del 2015 ed è in corso

l’analisi dei dati. Durante questa fase si verificherà quali delle caratteristiche

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raccolte siano le più associate ad un migliore stato di salute, con il duplice

scopo di contribuire al miglioramento delle conoscenze scientifiche e di stimare

le necessità future di risorse sanitarie e sociali.

Il progetto prevede la costruzione di un database che comprende, oltre alle

notizie relative alle caratteristiche demografiche, agli stili di vita,

all’alimentazione, agli hobbies, notizie cliniche riguardanti le patologie remote

e prossime e una valutazione neurologica e neuropsicologica per lo studio delle

funzioni cognitive.

Inoltre il progetto comprende anche la raccolta di tessuti biologici (sangue,

urine, ecc.) per studi di genetica, biologia molecolare e neuropatologia.

Risultati Sono stati arruolati circa 100 soggetti ,70 dei quali hanno ricevuto a domicilio

una visita neurologica e neuropsicologica e, in una parte di essi, è stato

eseguito un prelievo ematico a scopo di ricerca. Anche nella nostra popolazione

di soggetti centenari, si conferma la suddivisione in escapers, delayers e

survivors, come da letteratura scientifica. È in corso l'analisi dei dati raccolti in

questa prima fase di studio (2014-2015), il cui risultato è previsto per i primi

mesi del 2016.

Sviluppi Futuri Qualora vi siano le condizioni necessarie alla prosecuzione del progetto, è

previsto l’arruolamento dei nuovi centenari nati dal 1914 in poi e l’aggiunta

dell’importante aspetto di una valutazione cardio-vascolare strumentale

specifica. L’auspicabile costruzione di un Registro dei Centenari di Trieste,

rendendo il progetto più stabile, darebbe la possibilità di indagare con maggior

precisione gli aspetti di salute ed i loro correlati in questa popolazione.

Il progetto CaT potrebbe essere arricchito con l'organizzazione di un

ambulatorio sperimentale, neurologico-cardiologico sovradistrettuale, e

geriatrico distrettuale per:

· valutare la corretta associazione dei fattori di rischio con le principali

patologie legate aisoggetti centenari (gli studi scientifici più recenti

danno un peso diverso a P.A., colesterolemia, glicemia, peso corporeo

etc. negli oldest old rispetto agli anziani più giovani);

· razionalizzare le terapie farmacologiche evitando il più possibile le

politerapie;

· creare una rete di collaborazioni che comprenda il neurologo, il

cardiologo, i Distretti e il MMG con l'obiettivo di ridurre la spesa

farmacologica, ma anche le complicanze da farmaci, e quindi il numero

di accessi al P.S. e il numero dei ricoveri e, di fatto, aumentando il

benessere degli oldest old.

Partecipazione a progetti finanziati (nazionali/europei) dove, con la

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collaborazione di bioingegneri e informatici, si possono sperimentare modalità

innovative e alternative di riabilitazione, di promozione dell’attività fisica,

cognitiva e di socializzazione, di aiuto nella funzione di caregiving, con l’utilizzo

di dispositivi quali tablet, actigrafi, geolocalizzatori ecc., nell'ottica di abbattere

la spesa di assistenza e migliorare la qualità della vita degli anziani e di coloro

che li affiancano o li assistono.

Disseminazione Presentazione del progetto “CaT” a Congressi Scientifici Nazionali e

Internazionali

· G Marcon, U Lucca, MR Piras, G Pes, N Montano, A Pincherle, F Casati, A

Maggiore, G Benedetti, S Ammesso and M Tettamanti. CaT “Centenari a

Trieste” and Sardinian Longevity Blue Zones Studies: the creation of

database and comparison between two Italian centenarian populations.

Joint meeting 50th Congress of the Italian Association of

Neuropathology and Clinical Neurobiology (AINPeNC) and 40th Congress

of the Italian Association for Research on Brain Aging (AIRIC), Verbania,

Italy, June 2014

· G Marcon, U Lucca, N Montano, A Pincherle, A Maggiore, D Trento and

M Tettamanti. “CaT: Centenari a Trieste”: A study for a clinical-biological

and psycho-social database of the centenarian population in Trieste.

Alzheimer's Association International Conference (Copenhagen,

Denmark) 2014

· M Tettamanti, U Lucca, N Montano, A Pincherle, A Maggiore, D Trento,S

Ammesso, G Marcon. Differences in educational level and association

with dementia prevalence in two centenarian cohorts in Italy: The

Monzino 80-plus Study and the Centenari a Trieste Study . Alzheimer's

Association International Conference, (CopenhagenDenmark) 2014

· G Marcon: “The neuropathology of the Oldest-Old”. 51st Congress of

the Italian Association of Neuropathology and Clinical Neurobiology

(AINPeNC) and Congress of the Italian Ass. for Research on Brain Aging

(AIRIC), Verona, Italy, June 2015

Eventi: si è parlato del progetto “CaT”

· Conferenza stampa per presentazione progetto “CaT: Centenari a

Trieste”, Trieste 14 gennaio 2014 Radio rai 3 FVG e Radio rai 3 nei giorni

13, 14, 15 gennaio 2014 Rai TV FVG 14 gennaio 2014 Intervista Radio rai

3 FVG, Trieste 30 marzo 2015

· G Marcon. “La Fonte dell'Eterna Giovinezza” Trieste, Science and the

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City, 8 aprile 2015

· G Marcon “I centenari di Trieste e l'invecchiamento di successo” Trieste,

Volando sulle Ali della Vita, 17 luglio 2015

· Il Venerdi (Repubblica): 18-01.05.2014, pg.106 “Il segreto del centenario

vispo e felice: da Trieste alla Sardegna fino agli arzilli vecchietti di

Okinawa, saziati “all’80 per cento”. Il segreto per vivere a lungo.

Pubblicazioni che riguardano il progetto “CaT”:

· G Marcon, U Lucca, MR Piras, G Pes, N Montano, A Pincherle, F Casati, A

Maggiore, G Benedetti, S Ammesso and M Tettamanti. CaT “Centenari a

Trieste” and Sardinian Longevity Blue Zones Studies: the creation of

database and comparison between two Italian centenarian populations.

Acta Neuropathologica, 33(3), May/June 2014

· G Marcon, U Lucca, N Montano, A Pincherle, A Maggiore, D Trento and

M Tettamanti. “CaT: Centenari a Trieste”: A study for a clinical-biological

and psychosocial database of the centenarian population in Trieste.

Alzheimer's and Dementia, The Jourmal of Alzheimer's Association,

10(4)P590-591, July 2014.

· M Tettamanti, U Lucca, N Montano, A Pincherle, A Maggiore, D Trento,S

Ammesso, G Marcon. Differences in educational level and association

with dementia prevalence in two centenarian cohorts in Italy: The

Monzino 80-plus Study and the Centenari a Trieste Study. Alzheimer's

and Dementia, The Jourmal of Alzheimer's Association, 10(4)P590-591,

July 2014.

· H Brodaty, C Woolf, N Barzilai, C Brayne, K S-L Cheung, JD Crawford, C

Daly, Y Gondo, B Hagberg, C Kawas, J Kaye, NA Kochan, B H-P Lau, U

Lucca, G Marcon, P Martin, T Perls, L Poon, R Richmond, J-M Robine, I

Skoog, MJ Slavin, J Szewieczek, M Tettamanti, J Viña and PS Sachdev.

ICC-Dementia (International Centenarian Consortium–Dementia): An

international consortium to determine the prevalence and incidence of

dementia in centenarians across diverse ethnoracial and sociocultural

groups. In press, BMC Neurology, 2015

Recentemente il progetto CaT: Centenari a Trieste è entrato a far parte

dell'International Consortium of Centenarian Dementia Study (ICC-Dem) cui

fanno parte i 15 più importanti studi nel mondo (fra cui “Okinawa Centenarian

Study, New England Centenarian Study, Georgia Centenarian Study)

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La pagina del progetto “CaT: Centenarians at Trieste Study” sul sito web

dell'ICC-Dem è in preparazione(http://www.iccdem.cheba.unsw.edu.au ).

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Titolo SmartCare

Referenti Andrea di Lenarda, Donatella Radini, Kira Stellato, Matteo Apuzzo

Contesto SmartCare è un progetto europeo di Integrated Care, di durata triennale 2013-

2016, di cui la AAS1 è capofila, con un consorzio di 40 partner. Il progetto è

finanziato dalla Commissione Europea, DG CONNECT, attraverso il programma

CIP-ICT-PSP, bando 2012-6.

Inserito nella priorità dell’Unione Europea dell’innovazione per un

invecchiamento sano e attivo, promuove la valorizzazione dell’assistenza

domiciliare socio-sanitaria integrata mediante l’uso di nuove tecnologie di

teleassistenza e telemonitoraggio, ed è finalizzato al mantenimento a domicilio

delle persone anziane con bisogni complessi che necessitino di una presa in

carico da parte del Servizio Sanitario Regionale (SSR) e dei Servizi Sociali degli

Ambiti-Comuni (SSC) e dei Servizi erogati dal Terzo Settore.

Partnership Le regioni coinvolte nel progetto sono 24, di cui 9 impegnate nelle attività

sperimentali (deployment sites) e 15 coinvolte nello scambio delle esperienze

acquisite (Committed Regions Board). Nel progetto sono presenti le

associazioni di rappresentanza degli users: anziani, pazienti, infermieri,

assicurazioni, industrie. Le regioni direttamente impegnate nella

sperimentazione, la tipologia e la numerosità di soggetti coinvolti sono

descritte nella tabella seguente.

Region

Number of Users

Older

people

(care

recipients)

Health

Professionals

Social care

professionals

Informal

carers

Friuli Venezia

Giulia/AAS1

200 80 20 100

South Denmark 400 50 75 400

Scotland 6.000 1.000 1.000 2.000

Aragon 300 50 100

Tallin 100 3 3

SouthKarelia 100 15 2 10

Attica 800 35 10 1.100

North Brabant 500 30 10 500

Kraljevo 110 20 5 100

Total 8.510 1.283 1.225 4.210

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Target Complessivamente i soggetti arruolati per il FVG, coordinati da AAS1, sono 200.

I criteri specifici per individuare gli assistiti partecipanti al progetto sono:

· età >65;

· fragilità misurata clinicamente con BADL;

· patologie croniche (scompenso cardiaco sintomatico Classe NYHA II - IV,

BPCO, o diabete mellito);

· firma del consenso informato.

Obiettivi L’obiettivo generale è la promozione della salute, della qualità della vita e della

vita indipendente nel proprio ambiente di vita per i cittadini anziani affetti da

malattie croniche, attraverso la definizione e l’implementazione di percorsi di

cura domiciliare integrata con supporto di nuove tecnologie (ICT-Information &

Communication Technology). Le finalità del progetto sono le seguenti: la

valutazione dell’efficacia e della sostenibilità di servizi assistenziali socio-

sanitari integrati su piattaforma ICT; l’implementazione di modelli organizzativi

innovativi; la valutazione dell’impatto psicologico e sociale sulle persone e gli

operatori coinvolti.

Il progetto si pone anche come obiettivo l’attivazione e la promozione delle

risorse a livello individuale ed organizzativo con particolare attenzione al

potenziamento personale dell’utente e dei suoi familiari (empowerment), la

valorizzazione dell’integrazione/relazione tra persone e risorse tecnologiche e

la presa in carico integrata socio-sanitaria supportata da piattaforma

tecnologica.

Descrizione Con SmartCare viene sviluppato dalla AAS1 uno studio prospettico,

randomizzato, multicentrico con gruppo di intervento e gruppo di controllo

(usual care). Il rapporto di intervento – controllo è di 1:1.

Il disegno dello studio e la sperimentazione prevedono due percorsi, uno di

breve termine (pazienti in fase di post-dimissioni) e uno di lungo termine

(persone affette da condizioni croniche)

I due percorsi sperimentali si distinguono per la durata dello studio degli

assistiti:

· 12 settimane per i partecipanti arruolati nel percorso a breve termine di

dimissione ospedale-territorio (Hospital Discharge Short-Term Pathway)

· 9-12 mesi per i partecipanti arruolati nel percorso a lungo termine

(Long-Term Care Pathway)

Le cure integrate promosse da SmartCare vengono sviluppate con il concorso

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sia di servizi istituzionali di ambito sanitario e di ambito socioassistenziale sia di

servizi erogati dal terzo settore con la partecipazione del mondo dell’informal

care (volontariato, ecc.).

L’impostazione del progetto include con un ruolo attivo tutte le componenti

rilevanti (operatori e assistiti) di un programma di assistenza sociosanitaria a

domicilio (utenti con bisogni sociosanitari, familiari, operatori sociosanitari,

medici curanti, medici di distretto, ev. specialisti, volontari) che devono potersi

integrare e comunicare tra loro in tempo reale anche grazie alla centrale

operativa ed alla piattaforma tecnologica.

Le principali attività di implementazione del progetto sono tre:

· definizione dei percorsi di cura e dei modelli di servizi integrati,

partendo dalla realtà e dall’esperienza già in atto nel contesto locale;

· preparazione per la sperimentazione dei modelli di servizi dal punto di

vista organizzativo e tecnologico;

· avvio, sperimentazione e valutazione (qualitativa e quantitativa) dei

servizi, affiancata da un programma di training e di supporto costante.

Gli strumenti ICT di supporto sono: una piattaforma per la cartella

personalizzata dei partecipanti e per la raccolta dei dati accessibile a tutti gli

operatori e i partecipanti in base al proprio ruolo; apparecchiature installate a

domicilio per la rilevazione e il monitoraggio di dati clinici e ambientali;

collettore dati (hub) domestico per il collegamento tra le apparecchiature di

rilevamento e la e piattaforma integrata e per le comunicazioni tra partecipanti

e operatori; help desk e call center.

Il sistema tiene in debita considerazione i bisogni clinico-socio-assistenziali dei

futuri fruitori del servizio, in base ad un approccio multidimensionale ed

olistico, che tiene conto delle caratteristiche dei pazienti (fragili, con multiple

comorbilità, ad elevata complessità clinica e con mobilità ridotta o allettati) che

saranno inseriti nel programma. Tutti i dispositivi comunicano con il sistema

centrale attraverso un concentratore, evitando quindi di installare a domicilio

altri dispositivi, tenendo quindi in debita considerazione l’impatto negativo,

anche di carattere psicologico, che può comportare verso il paziente un elevato

numero di dispostivi medicali e/o informatici installati e da utilizzare presso il

proprio domicilio.

Risultati Al 30 settembre 2015 risultano arruolati nel progetto 90 assistiti, 43 donne e 47

uomini, con un’età media di 80 anni. Alla stessa data risultano inoltre coinvolti

e attivi sulla piattaforma ICT 60 operatori del settore sanitario e sociale. Nella

prima fase della sperimentazione ci si è concentrati sul percorso di lungo

termine, con 79 assistiti arruolati contro gli 11 del breve termine, e da ottobre

2015 parte un arruolamento maggiore sul breve termine. I risultati del progetto

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sono attualmente in fase di elaborazione

Sviluppi Futuri Il progetto continuerà nel 2016

SmartCare potrà approfondire e ampliare, in modo sostanziale, le attuali

conoscenze in ambito scientifico e socioassistenziale riguardanti

l’organizzazione e i contenuti relativi all’assistenza domiciliare offerta agli

utenti anziani fragili, affetti da patologie croniche. L’esperienza maturata a

livello regionale ed europeo permetterà di superare gli ostacoli che ancora

impediscono all’offerta assistenziale di essere pronta, efficiente, equilibrata ed

integrata nella risposta ai bisogni sociali e sanitari degli utenti anziani e potrà

costituire l’inizio di una sistematica implementazione, in FVG, di un modello di

assistenza sociosanitaria integrata supportata da una piattaforma tecnologica.

Disseminazione Presentazioni a eventi nazionali e internazionali:

· 1st International Congress of Person Centred Medicine, Zagreb 07-

10.11.2014

· Le giornate della cardiologia, Trieste 10.10.2014

· Ageing Whealth Conference, Modena 27.10.2014

· European Summit of Innovation for Active and Healthy Ageing, Bruxelles

9-10.03.2015

· ERRIN _ European Region Research and Innovation Network- meeting,

Bruxelles, 11.032015

· The 23rd International Conference on Health Promoting Hospitals &

Health Services, Oslo 12.06.2015

· EHRA_ European Heart Rhythm Association conference, Milano

21.06.2015

· ANMCO _Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri

Congress, Milano 4-7.06.2015

· Beyond Silos 3rd Training school, Salerno 30.09.2015

· XVI Conferenza Nazionale HPH & HS: il ruolo della rete HPH & HS

nell’organizzazione sanitaria della salute, Cagliari 22-23.10.2015

· XXII Congresso Nazionale SICP, Sorrento, 4-7.11.2015

· 3rd International Congress of Person Centred Medicine/1st International

Conference of Primary Care and Public Health, London, 29-31.10.2015

· 3rd World Congress on Integrated Care, Mexico City 19-21.11.2015

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Articoli scientifici:

· Journal of Palliative Care & Medicine, Integrated Care for Complex

Chronic Disease,

New Frontiers of People-Centered Integrated Care for Complex Chronic

Disease,

Kira Stellato MS Psy, LP, Donatella Radini RN, Mara Pellizzari RN, Marta

Pordenon RN, Luciano Pletti MD, F. Humar MD, Matteo Apuzzo PhD, Andrea Di

Lenarda MD.

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Titolo Laboratorio Accessibilità LaBac

Referenti Ideatori e coordinatori del progetto:

Prof. Ilaria Garofalo, Università degli Studi di Trieste-DSMB Dott.ssa Antonia Zanin, Provincia di Trieste Compartecipanti e referenti per gli Enti di appartenenza:

Dott.ssa Clara Melucci, Comune di Trieste Dott.ssa Louise Marin e Cristina Verrone, AAS1

Contesto Nei 25 paesi dell’Unione europea vivono circa 50 milioni di persone con disabilità e solo il 42% di esse ha un'occupazione (rispetto al 65% delle persone non disabili), mentre il 52% delle persone con disabilità sono inattive (rispetto al 28% delle persone non disabili). Le cifre dimostrano che le persone con disabilità, malgrado le difficoltà incontrate nella ricerca di un'occupazione, costituiscono un potenziale inutilizzato ai fini dello sviluppo della crescita economica. Di conseguenza la condizione di disabilità è causa ed effetto della povertà. L’Unione Europea, dal 2003 ad oggi, ha messo in atto piani di azione per le persone con disabilità, le cui priorità si sono incentrate sull'inclusione attiva delle persone disabili come evidenziato dalla convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione e la promozione dei diritti e della dignità dei disabili. Ciò implica che le persone disabili possano fruire della stessa libertà di scelta e dello stesso controllo sulla loro vita quotidiana delle persone non disabili, il che presuppone un ambiente nel quale possano essere più autonome. Le persone disabili e le loro necessità individuali sono quindi al centro dei servizi di assistenza e di sostegno. Il Piano di azione europeo per le persone con disabilità 2010-2020 ha incentrato la propria strategia sull'eliminazione delle barriere. La Commissione ha identificato otto ambiti d'azione principali:

· l'accessibilità: garantire ai disabili l'accessibilità dei beni, dei servizi, tra cui i servizi pubblici, e dei dispositivi di assistenza;

· la partecipazione: far sì che le persone disabili partecipino pienamente alla società:

o consentendo loro di godere di tutti vantaggi della cittadinanza UE;

o eliminando gli ostacoli amministrativi e comportamentali che impediscono una partecipazione totale ed equa;

o fornendo servizi territoriali di qualità, compreso l'accesso a un'assistenza personalizzata;

· l'uguaglianza: eliminare nell'UE la discriminazione fondata sulla disabilità;

· l'occupazione: permettere a un maggior numero di disabili di

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guadagnarsi da vivere sul mercato del lavoro aperto;

· l'istruzione e la formazione: promuovere l'istruzione inclusiva e l'apprendimento permanente per gli allievi e gli studenti disabili;

· la protezione sociale: promuovere condizioni di vita dignitose per le persone con disabilità;

· la salute e le azioni esterne: favorire un accesso equo delle persone con disabilità ai servizi sanitari e alle relative strutture. Promuovere i diritti delle persone con disabilità nel quadro delle azioni esterne dell'UE.

Questa strategia richiede l'intervento comune e rinnovato delle istituzioni dell'UE e di tutti gli Stati membri. Le azioni nelle aree principali sopra descritte devono basarsi sugli strumenti generali che seguono:

· sensibilizzazione: la Commissione interverrà per garantire che le persone con disabilità siano coscienti dei loro diritti, dedicando un'attenzione particolare all'accessibilità delle informazioni e dei canali di comunicazione. Essa si impegnerà a far conoscere maggiormente il principio della "progettazione per tutti" (design for all) applicato ai prodotti, ai servizi e all'ambiente;

· sostegno finanziario: ottimizzare l'utilizzo degli strumenti di finanziamento dell'UE a favore dell'accessibilità e della non discriminazione e aumentare la visibilità delle possibilità di finanziamento delle misure a favore delle persone con disabilità nei programmi successivi al 2013;

· raccolta e monitoraggio di dati e statistica: completare la raccolta di statistiche periodiche sulla disabilità al fine di seguire l'evoluzione della situazione delle persone con disabilità.

Perché il LabAc

Il progetto Laboratorio Accessibilità (LabAc) si pone l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sugli spazi contigui all’abitazione, nonché sulle attrezzature di cui sono dotati e sui servizi che su di essi insistono. Tali spazi, se idoneamente progettati e realizzati, permettono a tutti il transito dall’ambiente domestico allo spazio pubblico, consentendo di uscire dalla propria abitazione e fruire di un ambiente “accessibile” in un arco temporale sufficientemente contenuto e in condizioni di sicurezza. Adeguare o riqualificare lo spazio pubblico sotto il profilo dell’accessibilità richiede una pluralità di azioni coerenti e una serie di interventi cadenzati nel tempo, guidate dalle indicazioni di un Piano che si configura come uno strumento strategico. Il LabAc si pone come strumento operativo che permette un’esperienza di socializzazione e come strumento di empowerment e coesione sociale. Il LabAc vuole esprimere un approccio ed una modalità di lavoro finalizzati ad un unico obiettivo: la piena fruizione degli spazi in autonomia e sicurezza, attraverso l’innalzamento del loro grado di accessibilità. Per fare ciò occorre che il tema dell’accessibilità, da “patrimonio” della cultura tecnica, diventi

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patrimonio culturale comune, in grado di favorire la comprensione e l’accettazione delle diversità, indipendentemente dalle cause che le generano. L’esperienza tecnica mette in luce come non sempre ci sia una diretta corrispondenza tra ambiente a norma e spazio accessibile. Un habitat “a norma” non sempre risulta effettivamente accessibile: l’assenza di barriere architettoniche è condizione necessaria, ma non sufficiente per conseguire l’accessibilità, e spesso l’ambiente necessita di un processo addizionale di dotazione di servizi e attrezzature che aumentano il grado di qualità e della stessa accessibilità. Perché a Trieste?

Trieste è un’area orograficamente particolare, è un territorio naturalmente dotato di barriere architettoniche, la popolazione anziana è elevata e con un’importante presenza di persone dalla limitata autonomia. Tuttavia è anche una città con una capillare presenza di servizi sociali e sanitari, fortemente interconnessi e con una forte sensibilità delle istituzioni verso la popolazione che presenta una condizione di svantaggio.

Partnership · CUPH

· Municipalità Trieste e Comuni della Provincia

· Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici

· ATER

· CRIBA

· Ordini professionali architetti, ingegneri

Target Cittadini con mobilità ridotta: si intende con questa definizione tutta quell’utenza che per condizioni permanenti o temporanee risulti impedita fisicamente, disorientata o affaticata.

Obiettivi · L’adeguamento e miglioramento delle prestazioni di spazi e attrezzature di uso pubblico ai requisiti di piena accessibilità;

· la sensibilizzazione ai temi della fruibilità per tutti e nelle condizioni di massima autonomia e/o comfort degli spazi di transizione privato/pubblico, oltre che di quelli privati;

· il radicamento della cultura dell’inclusione sociale, attraverso la promozione della partecipazione di tutti gli attori coinvolti (stakeholder) nelle scelte.

Descrizione Sono già diversi gli strumenti urbanistici e normativi che trattano in maniera anche puntuale il problema legato all’accessibilità con l’obiettivo di garantire una vita indipendente e confortevole alle persone nelle abitazioni, nei trasporti, nel lavoro, nell’istruzione e nel tempo libero. Un piano di accessibilità, per essere efficace, deve essere pensato come strumento trasversale che sin dalla sua definizione interagisce con diversi livelli di pianificazione (Piani di zona, PRGC, PRPC, Vincoli paesaggistici, Piani del colore, Piani di mobilità, Piani triennali, Piani di manutenzione, PEBA) per armonizzare le scelte che concorrono a garantire, per chiunque, la totale

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fruibilità degli spazi urbani e delle attrezzature e servizi che su di essi insistono. Tale piano, oltre a fare riferimento a tutte le disposizioni nazionali e regionali in merito all’accessibilità, può sperimentare nuovi strumenti operativi, quale il LabAc vuole porsi, come parte integrante del processo di adeguamento degli spazi pubblici. Per quanto riguarda l’acquisizione dei dati e il rilevamento delle criticità, condotto nella prima fase del processo, nel progetto LabAc sono state messe a punto delle schede di rilievo, riferite a ciascuno dei tre sistemi in cui si è pensato di schematizzare gli elementi che compongono uno spazio aperto:

· elementi puntuali (accessi, fermate del trasporto pubblico);

· elementi lineari (percorsi, marciapiedi);

· elementi spaziali (aree verdi, aree pavimentate, spazi di pertinenza). Per ognuno di questi sistemi, articolati a loro volta in elementi che ne definiscono e descrivono le caratteristiche fisiche (altezza, larghezza, pendenza), percettive (sdrucciolevole, antisdrucciolevole, liscia, ruvida), nonché le caratteristiche degli eventuali elementi accessori (corrimani, parapetti, pannelli informativi), si chiede al rilevatore di esprimere una valutazione qualitativa e/o quantitativa delle problematiche inerenti la fruibilità. Ai sistemi sopra citati si aggiunge il sistema della mobilità, le cui criticità possono pure essere rilevate con schede mirate. Alle schede di rilievo, per la restituzione e l'informatizzazione dei dati raccolti attraverso i sopralluoghi partecipati o altri e diversi canali, possono essere collegate schede di catalogazione delle criticità, per le quali può essere indicata una possibile soluzione, sia essa progettuale, o di servizio. In ogni caso le informazioni rilevate possono andare a costituire una banca dati, per esempio organizzata su base cartografica digitale, cui riferirsi nella fase di pianificazione ed esecuzione degli interventi. A supporto delle scelte progettuali, il LabAc fa riferimento a linee guida, utili soprattutto a delineare una raccolta articolata e sistematica di buone prassi da tenere in considerazione per gli interventi da attuare. La metodologia di lavoro per il perseguimento di un piano di accessibilità relativo a spazi pubblici caratterizzato dalla interdisciplinarietà e interfunzionalità è basata sulla consequenzialità di più fasi all’interno delle quali si sviluppano diverse azioni. Il flusso del processo si articola nelle seguenti fasi:

· acquisizione dati, finalizzata alla definizione del quadro delle esigenze degli abitanti, con particolare riferimento all’utenza debole e/o a mobilità ridotta. Quest’analisi consente il rilevamento delle criticità e delle relative cause, utili per definire strategie d’azione e obiettivi;

· programmazione, finalizzata ad individuare gli obiettivi da raggiungere, gli attori coinvolti e le principali azioni di loro competenza, la pianificazione e la programmazione temporale di queste tenendo in considerazione le risorse disponibili. È importante inoltre definire gli strumenti per la valutazione ex-ante della qualità degli interventi;

· progettazione, mirata ad individuare scelte progettuali e tecnologiche

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per attrezzature, spazi e servizi, e basata sul rispetto di linee guida;

· attuazione e monitoraggio degli interventi di adeguamento e riqualificazione, valutazione e controllo del progetto.

Affinché tale processo risulti efficace è necessario che tutte le attività si basino su una serie di interazioni (incontri, sopralluoghi, visite ed eventi) tra i portatori d’interesse e i collaboratori.

Risultati Il progetto è in corso d'esecuzione.

Sviluppi Futuri · Costruzione e gestione della mappa delle criticità rilevate attraverso l’uso delle schede di rilevamento in campagne di rilievo partecipate e autonomamente promosse, inserendo le criticità rilevate e lo stato di fatto post-realizzazione degli interventi in una banca dati informatizzata, possibilmente su base cartografica;

· supervisione sulla progettazione e l’esecuzione degli interventi, e definizione di modalità e tempi del processo di valutazione ex-post degli interventi, con la partecipazione dei portatori di interesse coinvolti in fase preliminare;

· attività di formazione e informazione della cittadinanza sui temi della accessibilità in sicurezza degli spazi e dei servizi;

· corsi di aggiornamento professionale sui temi dell’accessibilità dedicati al personale tecnico dei servizi dell’amministrazione direttamente coinvolti nella trasformazione e nell’uso dello spazio pubblico.

Disseminazione · Conferenza stampa 24 luglio 2015

· Evento formativo da luglio a novembre 2015

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3. Possesso di adeguata dotazione strutturale e funzionale

L’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n.1 Triestina, in riferimento al vigente Atto Aziendale,

riconosce come propria mission:

· la promozione della salute delle persone e della comunita dell’area di riferimento

territoriale cui e preposta;

· lo sviluppo di un welfare locale e partecipato, al fine di realizzare programmi atti a

sostenere i fattori di protezione e promozione della salute (sia strutturali che inerenti i

comportamenti e gli stili di vita individuali) e per individuare, valutare e contrastare i

principali fattori di rischio individuali e collettivi;

· la protezione alle fasce deboli della popolazione e si impegna garantendo uguali diritti a

tutte le cittadine e tutti i cittadini, con particolare attenzione per l’equita dell’accesso ai

propri servizi;

· lo sviluppo della ricerca dell’innovazione tecnologica e organizzativa, nell’ottica di

miglioramento continuo della qualità e dell’efficienza, efficacia, accettabilita e

appropriatezza dei propri servizi;

· la ricerca delle sinergie con gli Enti Locali, da raggiungere attraverso marcate interazioni

operative tra i rispettivi servizi, nonché con la definizione di elementi di programmazione

strategica e operativa da sviluppare in maniera unitaria e condivisa sia nei momenti di

pianificazione generale (Programma delle attività territoriali – PAT - e Piani di Zona - PdZ)

che nella attivita delle strutture;

Affinché tali principi siano realmente esperiti sul territorio di riferimento, gli stessi sono propri a

tutte le articolazioni aziendali declinate nell’organigramma aziendale al quale si associa

l’elencazione delle funzioni e delle competenze di ciascuna articolazione.

In riferimento all’Atto aziendale in ASS1 troviamo le seguenti Direzioni Aziendali:

· Direzione Generale

· Direzione Sanitaria

· Direzione Amministrativa

Considerata la tematica trattata in questo documento inerente al welfare e all’integrazione socio-

sanitaria, va precisato che con la LR 17/2014, “la direzione strategica, quale articolazione delle

aziende di cui al comma 1, è composta, oltre che dal direttore generale, dal direttore sanitario e

dal direttore amministrativo, di cui al decreto legislativo 502/1992, nonché dal coordinatore

sociosanitario.”

In base all’allegato della delibera n. 1437 del 17 luglio 2015, “il Coordinatore sociosanitario

coadiuva il Direttore Generale nella determinazione delle politiche aziendali finalizzate

all’erogazione delle prestazioni sociosanitarie, dall’accesso all’appropriatezza delle stesse, nonche

alla qualita dei servizi. Indirizza i Direttori di distretto per le proprie competenze nella gestione

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delle funzioni ad alta integrazione relative a minori e famiglia, anziani non autosufficienti, disabili,

persone con problemi di salute mentale e di dipendenza nonche detenuti. Il Coordinatore

sociosanitario formula proposte e pareri obbligatori e facoltativi al Direttore generale sulle materie

di propria competenza, lo rappresenta nel rapporto con i Comuni e con i soggetti del Terzo settore

relativamente alle materie di propria competenza e lo supporta nel rapporto con la Conferenza dei

sindaci. Inoltre, il Coordinatore sociosanitario e responsabile dello svolgimento di attivita di

programmazione e di indirizzo delle attivita sociosanitarie, esercitando funzioni di promozione,

raccordo e relazione nelle medesime materie, nonche di vigilanza e controllo tramite i Distretti

delle funzioni di cui al comma 1. In particolare, fornisce linee guida sulle materie ad alta

integrazione sociosanitaria alle Strutture operative aziendali, ai fini di assicurare un’omogenea

impostazione strategica delle attivita sociosanitarie nei Piani attuativo locale (PAL), nei Programmi

delle attivita territoriali (PAT) e nei Piani di zona (PDZ) e verifica le attivita sociosanitarie tramite i

distretti.”

Per svolgere tali funzioni, il Coordinatore sociosanitario si avvale di un coordinamento

sociosanitario in grado di assicurare:

o indirizzo ai Distretti dell’Azienda ai fini di una omogenea impostazione delle attività

sociosanitarie ed ai fini dell’integrazione dei distretti con le altre strutture operative

aziendali

o promozione, programmazione, indirizzo delle attività dei Piani di zona (PDZ) e dei

Programmi attuativi annuali (PAA), nonche dei processi e delle attivita socio

sanitarie integrate del Piano delle attivita territoriali (PAT), anche al fine di

assicurare il supporto ai Direttori di distretto ed ai Responsabili del servizio sociale

dei comuni per una omogenea impostazione strategica dei PAT/PDZ;

o orientamento della governance delle reti solidali di comunita finalizzandola a

favorire lo sviluppo di una nuova presa in carico comunitaria, della promozione di un

welfare di prossimita;

o coordinamento delle strategie e degli strumenti orientati all’integrazione e

all’inserimento lavorativo fra i Servizi di salute mentale e delle dipendenze e il

Servizio di inserimento lavorativo (SIL);

o gestione dei Servizi per la disabilità (insieme delle strutture diurne e residenziali),

ove delegati;

o direzione dei Servizi sociali dei Comuni, ove delegati.

Inoltre, per meglio declinare tali funzioni e sviluppare un welfare locale sinergico, con tutte le

strutture sanitarie aziendali, è stato istituito un coordinamento permanente (decreto n° 385 del

17/09/2015 “Nomina referenti aziendali delle strutture operative dell'AAS1 Triestina per le

materie ad alta integrazione sanitaria in raccordo col Coordinatore Sociosanitario) che prevede

almeno due referenti in tutte le Strutture Operative sanitarie:

· Distretto n. 1 (2 referenti)

· Distretto n. 2 (2 referenti)

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· Distretto n. 3 (2 referenti)

· Distretto n. 4 (2 referenti)

· Dipartimento di Salute Mentale (4 referenti)

· Dipartimento di Prevenzione (2 referenti)

· Dipartimento delle Dipendenze (2 referenti)

Al Coordinatore sociosanitario compete anche il coordinamento della “Cabina di Regia” relativa al

PDZ che rappresenta lo strumento fondamentale per la programmazione e l'organizzazione dei

servizi alla persona a livello territoriale e costituisce una componente significativa delle più ampie

politiche regionali di welfare.

Oltre ad essere lo strumento strategico della programmazione complessiva delle attività dei servizi

sociali dei comuni, il PDZ definisce e attua anche una programmazione unitaria nelle aree di

integrazione sociosanitaria, tramite il rafforzamento del raccordo tra sistema locale dei servizi e

degli interventi e la programmazione distrettuale/aziendale.

Nello specifico l’AAS1 si interseca con tre PDZ:

· Piano di zona 2013 - 2015 ambito 1.1 - Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino - Documento di

programmazione locale nelle aree di integrazione sociosanitaria

· Piano di zona 2013 - 2015 ambito 1.2 - Trieste

· Piano di zona 2013 - 2015 ambito 1.3 Muggia - San Dorligo della Valle/Dolina -

Programmazione locale nelle aree di integrazione sociosanitaria

Il Piano Attuativo Annuale (PAA) rappresenta, invece, la declinazione annuale dei progetti previsti

nei PdZ, che costituiscono lo strumento di programmazione territoriale a valenza triennale delle

attività dei servizi sociali dei comuni congiuntamente alla programmazione unitaria nelle aree

sociosanitarie tramite il raccordo con la programmazione distrettuale/aziendale al fine di creare le

sinergie istituzionali e non istituzionali necessarie per implementare le azioni di welfare locale.

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4. Adozione di percorsi di incremento della qualità

L’AAS1, ha costituito ed implementato, a partire dal 2001, un Sistema di Gestione per la Qualità,

certificato UNI EN ISO 9001 nel 2003.

Negli anni successivi il numero di strutture e di servizi interessati dalla certificazione è

incrementato, fino a coprire la totalità dei processi primari aziendali (sanitari) e gran parte di quelli

secondari (tecnico-amministrativi).

La certificazione del SGQ ISO 9001 è stata mantenuta fino al 2012, dopo essere stata rinnovata nel

2006 e nel 2009.

Successivamente, un Sistema di gestione non certificato è stato mantenuto volontariamente da

alcune strutture aziendali operanti nelle aree dell’igiene degli alimenti, dell’emergenza sanitaria,

della gestione del personale, della sicurezza dei lavoratori, le quali si sono avvalse del supporto

dell’Ufficio Certificazione e Accreditamento per la gestione dei requisiti ISO 9001.

Nel 2009 è stato istituito il Servizio di Medicina dello Sport, il quale ha ottenuto nello stesso anno

l’Accreditamento Istituzionale dalla Regione F.V.G.; tale accreditamento è stato poi rinnovato nel

2012 e nel 2015.

Riguardo all’Accreditamento volontario di Eccellenza, l’AAS1 ha iniziato nel 2012 un percorso di

qualità per il riconoscimento di Comunità Amica dei Bambini per l’allattamento materno,

ottenendo da parte dell’UNICEF Italia tale attestazione nel 2015.

L’esperienza maturata in ambito qualità dall’AAS1 in questi ultimi 15 anni, data la sua efficacia, ha

portato a concludere come sia opportuno inserire i requisiti generali di accreditamento all’interno

di una cornice culturale e gestionale propria della normativa ISO Vision 2000 (9000, 9001, 9004,

19011).

Pur non essendo più formalmente certificata, l’AAS1, tramite l’Ufficio Certificazione e

Accreditamento, ha continuato a seguire gli indirizzi gestionali propri della normativa ISO, con

l’obiettivo di fornire con regolarità servizi efficaci e soddisfacenti per i cittadini.

Pertanto, anche gli istituti dell’accreditamento istituzionale e dell’accreditamento di eccellenza

hanno fatto propri, osservandoli, i principi della qualità ISO.

Mentre l’istituto dell’accreditamento tende principalmente a far garantire l’osservanza di regole

cogenti e di principi9, i requisiti di qualità espressi dalle norme ISO consentono di allineare

culturalmente l’organizzazione aziendale verso il miglioramento continuo dell’assistenza.

Questo approccio alla qualità è stato messo in pratica nella recente esperienza

dell’Accreditamento volontario di Eccellenza del Percorso Nascita/Allattamento Materno.

9 quali uguaglianza, equità, accessibilità, trasparenza, appropriatezza, empatia, dignità della persona, tutela della

fragilità, continuità, elasticità, efficacia ed efficienza

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I requisiti di accreditamento UNICEF sono stati soddisfatti dopo averli adattati alla realtà aziendale

ed inseriti in un Sistema Qualità appositamente progettato e costruito per la loro gestione.

Poiché gli standard/requisiti dell’accreditamento istituzionale e di eccellenza possono e devono

essere considerati una leva per ottenere un efficace innalzamento qualitativo della rete di servizi

socio-sanitari integrati, e quindi del modello di welfare locale partecipativo, si continuerà ad avere

particolare attenzione alle richieste dei cittadini in ordine alla accessibilità e alla trasparenza dei

servizi, all’uguaglianza nei trattamenti, all’umanizzazione delle prestazioni, alla personalizzazione

delle cure, alla tutela delle fragilità, alla promozione di corretti stili di vita, alla valutazione

generale della qualità dei servizi.

Tutte queste esigenze, considerate come prioritarie dalla collettività, dovranno infatti essere

riprese ed affrontate anche in altri servizi e percorsi sanitari per i quali sono già stati individuati ed

approvati a livello regionale standard di accreditamento generali e specifici, in aggiunta a quelli

minimi autorizzativi, che richiamano ed impongono il rispetto dei suddetti valori e standard.

Nello specifico, l’Ufficio Certificazione e Accreditamento dell’AAS1 ha già iniziato a trattare gli

standard di accreditamento relativi a:

· gravi cerebro-lesioni acquisite (percorso);

· consultorio familiare;

· strutture ambulatoriali;

· RSA (pubblica).

Si ipotizza anche un impianto organizzativo adeguato, nella convinzione che l’approccio sistemico

finora sperimentato in azienda, possa contribuire, in maniera diretta, indiretta e complementare,

a garantire al welfare locale partecipativo equità e sostenibilità.

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5. Utilizzo di sistemi di valutazione dei processi e dei risultati attraverso

idonei indicatori

Al fine di programmare un piano di miglioramento continuo è essenziale definire gli obiettivi e

stabilire una metodologia per la valutazione degli interventi/progetti attraverso specifici indicatori

che definiscano gli esiti attesi dell'intervento stesso.

Nella fase di definizione degli obiettivi è fondamentale delineare gli indicatori che definiscono gli

esiti attesi dell'intervento. In altre parole, definire qual è l'utilità attesa derivante dall'attuazione

dell'intervento stesso. Per tale motivo è opportuno fare sempre riferimento alla teoria del

monitoraggio e della valutazione delle politiche e dei programmi pubblici.

Come evidenziato dalla teoria del Project Cycle Management (PCM), il monitoraggio è parte

integrante della gestione ordinaria di ogni intervento. Il suo scopo è quello di fornire informazioni

tali che chi gestisce l'intervento possa identificare e risolvere problemi di realizzazione e verificare

l'andamento del progetto in relazione al piano originario.

Vi sono cinque passi principali nel disegno e nella specificazione di un sistema di monitoraggio a

livello di progetto:

1. Analizzare gli obiettivi del progetto per definirlo chiaramente. Un buon Monitoraggio dipende

dalla chiarezza della definizione degli obiettivi. L’Approccio del Quadro Logico aiuta ad individuare

quelle azioni pensate per ottenere specifici risultati ed obiettivi. Questa sequenza logica rende la

scelta degli indicatori di monitoraggio più semplice.

2. Vagliare le procedure di Realizzazione per determinare le esigenze d’informazione ai diversi

livelli della struttura di gestione del progetto. Il dettaglio dell’informazione richiesta e la frequenza

della stesura di Rapporti dipenderà dal livello di gestione. In questa fase, in pratica, bisogna

individuare quali esigenze d’informazione si legano a quali ruoli decisionali.

3. Vagliare gli Indicatori per misurare il raggiungimento degli obiettivi. Attenzione prioritaria

all’interno della squadra che gestisce la realizzazione sarà data al monitoraggio finanziario e fisico

delle attività e dei risultati. Gli strumenti del monitoraggio sono i registri per paragonare sia le

spese effettivamente sostenute in rapporto al budget previsto sia i progressi reali alla Tabella

d’Attività.

4. Stabilire il Formato per i Rapporti in modo da fornire ai coordinatori dei diversi livelli di progetto

l’accesso ad informazioni pertinenti che facilitino l’analisi.

5. Preparare un piano per la messa in atto del Monitoraggio in cui si specifichi il personale

necessario, le competenze e la formazione richiesta, la chiara distribuzione di funzioni (quali la

raccolta di informazioni) e responsabilità (quali chi debba stendere i Rapporti).10

10 Project Cycle Management – Manuale per la Formazione, Centro di Formazione Studi, Roma

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Per Valutazione si intende, invece, la verifica periodica della pertinenza, efficienza, efficacia,

impatto, fattibilità economica e finanziaria e sostenibilità di un progetto rispetto agli obiettivi

prefissati. Lo scopo della Valutazione è di esaminare i traguardi raggiunti rispetto alle aspettative

programmate, ed usare l’esperienza acquisita per migliorare il disegno di progetti futuri. La

Valutazione si basa sui Rapporti normalmente prodotti nel corso della Realizzazione e può

includere indagini aggiuntive da parte di valutatori esterni o commissioni specificamente

costituite.

La valutazione è solitamente di due tipologie, in itinere ed ex post. La valutazione in itinere utilizza

le informazioni rese disponibili dal sistema di monitoraggio precedentemente definito e da altre

eventuali rilevazioni ad hoc per giudicare l'esigenza di modificare le specifiche di attuazione o

addirittura il disegno progettuale originario, oltre che per coordinare le attività dei soggetti

impegnati nella realizzazione degli interventi e del Piano della attività.

La valutazione ex post è utile per esprimere giudizi complessivi sull'efficacia delle realizzazioni una

volta che gli interventi e il piano delle attività sono conclusi; si basa anche sulle informazioni rese

disponibili dal sistema di monitoraggio, ma in particolare viene elaborata sulla base di indagini

progettate ad hoc.

Un elemento che influisce sulla Valutazione è la scelta dei criteri. Quelli universalmente utilizzati

nel PCM sono:

1. Pertinenza – ovvero la coerenza tra gli obiettivi del progetto e i problemi che si prefissava di

risolvere e l’ambiente fisico e politico nel quale il progetto si svolge.

2. Preparazione e Disegno del Progetto – ovvero la logica e completezza del processo di

progettazione e la logica interna e la coerenza del progetto stesso.

3. Efficienza – ovvero il costo, la velocità e l’efficienza della gestione del progetto grazie alle quali

le entrate e le attività si sono convertite in risultati e la qualità dei risultati è stata raggiunta.

4. Efficacia – ovvero una verifica del contributo dei risultati ottenuti al raggiungimento

dell’Obiettivo Specifico e di come le Condizioni hanno influenzato tale raggiungimento.

5. Impatto – ovvero l’effetto del progetto sull’ambiente generale inteso in senso fisico, culturale,

politico e sociale, ed il suo contributo agli obiettivi settoriali riassunti negli Obiettivi Generali.

6. Sostenibilità – ovvero la probabilità che i benefici prodotti dal progetto continuino a prodursi,

insieme con le Attività e i Risultati ottenuti. In particolare, lo sviluppo di fattori a sostegno delle

politiche, di fattori economici e finanziari, degli aspetti socioculturali, di genere, di tecnologie

adeguate e di capacità istituzionale.

L’adozione di idonei sistemi di valutazione dei percorsi e dei risultati presuppone l’acquisizione di

competenze oltre che tecniche, di processo e di sistema. Tali competenze sono finalizzate allo

sviluppo di una progettazione sul campo secondo i criteri delle Buone pratiche, al benchmarking e

alla messa in rete di progetti accreditati e in linea con le indicazioni e le linee guida di fonte

ministeriale e internazionale.

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Costruire e implementare modelli comunicativi efficaci per la diffusione dei percorsi e delle buone

pratiche sono azioni che costituiscono la base per l’accountability dei progetti/interventi nel

campo dell’assistenza socio-sanitaria, della prevenzione e della promozione alla salute delle

Aziende per l’assistenza sanitaria. Partendo da questa esigenza, il Dipartimento di Prevenzione

dell’AAS1 ha avviato nel 2014 una mappatura dei progetti di promozione alla salute realizzati negli

ultimi cinque anni dall’azienda sanitaria nel suo complesso. Il metodo è stato quello della raccolta

dei dati relativi alle principali linee di progettazione, suddivise e descritte per target specifici,

secondo l’esempio riportato, relativo a una linea: “Stili di vita, alimentazione e attività motoria”.

Tavola 5.1 Esempio di raccolta dati per i progetti di promozione alla salute

DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE - PROGETTI DI PROMOZIONE ALLA SALUTE - ANNO 2010

Bambini 0 - 6 Studenti 6 - 18 Adulti Anziani Fasce

deboli

Altri target

Sti

li v

ita

ali

me

nta

zio

ne

att

ivit

à m

oto

ria

Per

un’alimentazione

sana, per una

crescita sana Obiettivo:

co-progettazione, realizzazione di percorsi formativi dedicati a tutti gli operatori dei nidi del comune di TS Risultati: 1 edizione rivolta a 25 educatori

Alimentazione,

attività fisica e

prevenzione obesità Progetti quinquennali sviluppati nelle scuole con presenza di insegnanti che abbiano partecipato al percorso formativo della SCIAN Obiettivo:

Promuovere una sana alimentazione Risultati: nelle scuole primarie condivisone progettuale con i docenti delle scuole coinvolte; Nelle scuole secondarie di I e II grado effettuata la formazione dei docenti referenti di progetto (novembre); effettuati 7 interventi nelle classi per un totale di 14 ore di didattica.

ISNAI Obiettivo: valutare lo stato nutrizionale negli ospiti di residenze per anziani; sicurezza alimentare e nutrizionale del servizio di ristorazione. Risultati: valutati 420 ospiti di 30 case polifunzionali e 7 residenze protette

Il nido dei sapori

incontro pubblico di presentazione“Linee d’Indirizzo Regionali per l’alimentazione nei nidi d’infanzia 3 mesi – 3 anni”

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Obiettivo di tale mappatura era quello di rendere leggibili e comprensibili gli elementi

fondamentali della progettazione: titolo, enti e strutture coinvolte, referenti, obiettivi, risultati,

sintetizzando al massimo i contenuti delle più articolate schede progettuali. A partire da questa

esperienza, sono state rilevate alcune criticità relative all’assenza di un modello di rilevazione

puntuale che consenta all’azienda di monitorare costantemente i percorsi/processi e i risultati

delle azioni intraprese, anche in relazione agli investimenti. La seconda fase ha quindi previsto di

dotarsi di un modello condiviso, semplice e sintetico di raccolta dei dati che possa portare a una

“catalogazione” dei progetti e alla loro successiva valutazione, secondo indicatori validi. Si è scelto

di seguire inizialmente il metodo adottato dal Centro Regionale di Documentazione per la

Promozione della Salute “Dors” Regione Piemonte – Assessorato alla tutela della salute e sanità, in

quanto le competenze professionali degli operatori del Centro non attengono solo alla cultura

biomedica e psicologica, ma alla conoscenza di modelli di ricerca documentale, di modelli

formativi, di progettazione e di valutazione di azioni di prevenzione e promozione della salute, fino

ad arrivare al marketing sociale e alla disseminazione attraverso le tecnologie dell’informazione e i

nuovi media. Il metodo di catalogazione dei Dors prevede l’inserimento dei progetti online nel

format predisposto.

In una fase successiva, per consentire le necessarie modifiche e per adattare il metodo al contesto

territoriale di riferimento e alla progettualità di interesse, si è proceduto con la rielaborazione

della scheda di raccolta dei dati utilizzando il programma Epi Info, programma di pubblico dominio

progettato per la comunità dei professionisti della sanità pubblica e dei ricercatori. Permette la

creazione di moduli informatici per una facile registrazione di dati, costruzione di database e

analisi dei dati con semplici statistiche, mappe, grafici e una tecnologia informatica di base.

Epi Info viene utilizzato per indagini epidemiologiche sul campo, lo sviluppo di sistemi di

sorveglianza, audit clinici, visualizzazione e reporting di dati. Viene inoltre usato per la formazione

dei metodi di epidemiologia e statistica presso le principali scuole di sanità pubblica di tutto il

mondo. È distribuito gratuitamente e consente di operare su più sedi/professionisti,

centralizzando l’analisi dei dati e la restituzione dei risultati.

Il programma realizzato in Epi Info è mutuabile anche per la mappatura e la valutazione dei

progetti di impatto socio-sanitario-assistenziale, in quanto è gestito direttamente dall’azienda e

consente di apportare in corso d’opera tutte le modifiche e integrazioni ritenute più opportune.

Il data base aziendale è configurato per l’inserimento dei dati in 7 moduli:

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Ad ogni modulo corrisponde una maschera per l’inserimento dei dati, come nell’esempio

sottoriportato per il modulo “Enti coinvolti”:

I dati dei progetti delle diverse strutture possono essere raccolti mediante una scheda cartacea

comprendente tutti gli item, che dovranno essere compilati per archiviare il progetto o intervento

nel database aziendale in Epi Info ad opera di professionisti esperti e formati ad hoc.

I principali punti di forza di questa metodologia sono: il gruppo di lavoro multiprofessionale e

interdisciplinare, l’attenzione alla valutazione dei risultati, la sostenibilità e la trasferibilità

dell’esperienza.

Il progetto ha valenza strategica, a sostegno delle scelte dei decisori di tutti i settori della società

circa progetti e interventi di welfare che abbiano caratteristiche di qualità e di efficacia.

Inoltre, il modello proposto è una mappatura per l’individuazione delle Buone Pratiche, articolata

in aree corrispondenti alle principali sezioni richieste per la redazione di un progetto

valorizzandone gli elementi di taglio più qualitativo: razionale, obiettivi, monitoraggio e

valutazione, piano operativo, comunicazione e promozione, rilevazione degli elementi innovativi.

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La mappatura ha una doppia valenza per le aziende: la prima è formativa, dato che vuole

rafforzare le competenze progettuali in ambito socio-sanitario in linea con le evidenze scientifiche;

la seconda è “certificativa”, in quanto consente di formulare un giudizio complessivo finale sul

progetto, fornendo indicazioni di miglioramento.

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6. Interrelazione e scambio di informazioni

Già alla fine degli anni ottanta l'AAS1 ha compreso l'importanza di inserirsi in un network di

comunicazioni a livello nazionale e internazionale. L'importante esperienza basagliana e la relativa

eco mediatica che ha avuto il riconoscimento dello stato di eccellenza dei servizi del Dipartimento

di Salute Mentale ha fatto sì che lo stesso fosse individuato quale Collaborating Centre

dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (CCOMS) nel 1987.

Successivamete il DSM dell'AAS1 è stato riconosciuto Centro Leader per lo sviluppo dei servizi di

salute mentale in Europa dall'OMS di Copenhagen, nell'ambito dell'implementazione del Piano di

azione collegato alla dichiarazione sulla salute mentale di Helsinki del gennaio 2005.

Le attività del CCOMS sono state finanziate principalmente dalla Regione, in quanto strumento di

veicolo delle buone prassi, delle innovazioni e del bagaglio formativo, scientifico e storico-culturale

depositato nell’esperienza triestina, anche nel suo ruolo di modello per la configurazione del

sistema regionale dei servizi per la tutela della salute mentale. Inoltre, alcuni programmi

internazionali che hanno avuto luogo in Turchia, in Palestina e in Iran, sono stati finanziati dalla

stessa OMS. Forte è stata la collaborazione con l’IMHCN (International Mental Health

Collaborating Network), fondata dalla stessa esperienza triestina con altre realtà d’eccellenza in

ambito di salute mentale di comunità, l’EAOF (European Assertive Outreach Foundation) e altri

istituti, servizi ed università di paesi come Danimarca (con la visita della commissione

parlamentare e del Ministro della Sanità nel 2012-13), Olanda, Belgio, Spagna, Australia, Nuova

Zelanda, Giappone, USA, Egitto, India, Filippine, Malesia ed altri.

Tra i compiti svolti all'interno di tali termini di riferimento si enumerano quindi attività quali:

· organizzazione di missioni per formazione e consulenza sul campo in vari paesi;

· visite di studio, stage formativi;

· ospitalità per tirocinanti, ricercatori e studenti;

· organizzazione di meeting, conferenze e convegni a carattere scientifico, summer school e

corsi rivolti ai partner;

· accoglienza di delegazioni a carattere tecnico e con compiti di politica sanitaria;

· partecipazione a bandi per progetti nazionali ed europei di ricerca, formazione e

cooperazione internazionale;

· organizzazione di reti di ricerca e singoli progetti a rilevanza scientifica, particolarmente

afferenti alle aree di innovazione.

Le azioni previste sopraelencate sono state realizzate con il coinvolgimento di network e

organizzazioni non governative (ONG) sia nazionali che internazionali.

Tra gli enti di ricerca già partner del CCOMS di Trieste sono presenti tra gli altri:

· Il Ministero della Salute;

· l'Istituto Superiore di Sanità (ricerca Progres Acuti e PIL);

· l'Istituto Mario Negri (Ricerca Primi Casi, Ricerca Farmacovigilanza, Studio sulle Reti Sociali);

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· la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP);

· l'University College London (UCL);

· il CCOMS di Verona;

· l'Università Nova Facoltade di Lisbona;

· l'Università di San Paolo;

· l'Università di California di San Francisco e Berkeley;

· l'Università di Yale Medical School;

· l'Università di Wollongong (Sydney);

· l'Università di Hertfordshire;

· l'Università di East Anglia;

· l'Università di Cork;

· l'Università di Stoccolma;

· la Faculty of Social Work dell’Università di Lubiana;

· l'Università di Oslo;

· l'Università di Auckland;

· il Trimbos Institute di Utrecht;

· l'Università di Tokyo e di Kyoto;

· l'Università di Valladolid;

· la rete delle Università e dei servizi Centri Collaboratori OMS.

Hanno iniziato e mantenuto relazioni con il CCOMS di Trieste policy makers, governi e parlamenti

nazionali, statali e regionali dell'Argentina, dello Stato di Minas Gerais in Brasile, della Danimarca,

della Svezia, della Norvegia, della Repubblica Ceca, dell'Armenia, della Serbia, della Romania, della

Bulgaria, dell’Australia, del Belgio, dell’Olanda, dell'Irlanda, della Gran Bretagna, della Scozia, del

Galles, della Turchia, della Palestina, dell’Iran, della Giordania, della Corea del Sud, della Cina, ed

altri.

Sono oggi Partner Istituzionali del CCOMS:

· OMS Ginevra, Divisione di Salute Mentale;

· OMS Copenhagen, Divisione di Salute Mentale;

· Regione FVG;

· DSM Regionali;

· Cliniche Universitarie di Trieste e di Udine;

· Ufficio Relazioni Internazionali della Regione FVG;

· INFORMEST;

· Ministero della Salute;

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· CCOMS per le classificazioni.

Sono stati quindi individuati tra gli istituti scientifici e le ONG sopra nominati quelli utili per la

realizzazione delle attività del piano di lavoro, in funzione di Partner Operativi:

· IMHCN - International Mental Health Collaborating Network;

· CoPerSaMM – Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”;

· IAN - International Aid Network (Serbia);

· Red Das Bonas Practicas (Argentina);

· TheMHS Conference (Australia).

Il Centro Collaboratore OMS per la Ricerca e la Formazione – DSM ASS n.1 Triestina è stato

riconfermato dall’OMS per il quadriennio 2014-2018 con i seguenti termini di riferimento:

TOR 1 - Assistere l’OMS nella guida a paesi che intraprendono il processo di deistituzionalizzazione

e di sviluppo di servizi territoriali di salute mentale integrati e con approccio globale.

TOR 2 - Contribuire ad assistere il lavoro dell’OMS sui sistemi di cura incentrati sulle persone

attraverso l’applicazione di approcci di sistema e rivolti alla globalità della vita.

TOR 3 - Sostenere l’OMS nel potenziare le risorse umane impegnate in salute mentale.

Le principali attività del nuovo piano di lavoro 2014-18 del CCOMS di Trieste riguardano:

1) sostenere l’OMS nella promozione dei processi di riforma con focus sui processi di

deistituzionalizzazione. Ciò in particolare nell’Europa Meridionale ed Orientale, dove sono

particolarmente attivi i progetti in Vojvodina (Serbia), in quattro aree pilota, in

Montenegro (Kotor), e anche in Spagna (Murcia, con il sostegno alla deistituzionalizzazione,

e Asturie, con il supporto ai servizi territoriali) e Grecia (Atene). Si attende una ripresa della

progettualità con l’Albania, in particolare con l’area di Valona, con la Romania (Iasi) e con la

Turchia dove ci sono stati ripetuti interventi sia a livello nazionale che locale (Bolu, Elazig).

Inoltre, questo significa promuovere approcci intersettoriali per favorire l’inclusione sociale

insieme coi servizi sociali, le ONG, le cure primarie, in paesi a medio (Repubblica Ceca) ed

alto reddito (Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Olanda, Gran Bretagna, etc). È compresa

in questa attività la preparazione di materiali (documenti, linee guida e manuali), tra cui un

manuale sul superamento degli Ospedali Psichiatrici (OP), basato sulle esperienze sul

campo, un manuale su come sviluppare sevizi di salute mentale, e la in collaborazione col

CCOMS di Lille la raccolta di buone pratiche finalizzate alla recovery e all’empowerment,

con la stesura di un messaggio in 10 punti per l’OMS Europa relativo alla prima.

2) Sostenere i processi di riforma in America Latina attraverso una rete sudamericana di

buone pratiche, già sviluppata da diversi anni. I paesi principali sono il Brasile, dove nel

settembre 2014 è stata realizzata, in collaborazione con due Università dello Stato di San

Paolo, la già citata scuola internazionale intitolata a Franca e Franco Basaglia, gemellata

con la nostra, e l’Argentina che sta vivendo grandi difficoltà nell’applicazione della legge

innovativa del 2010, sullo stampo della L 180/78 italiana, sulla salute mentale. Il CCOMS di

Trieste offre internship/stage formativi e di volontariato a giovani operatori di questi paesi.

Si prosegue inoltre l’azione formativa in Equador.

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100

3) Nell’ambito del programma dell’OMS di Ginevra WHO Quality Rights, sostenere l’approccio

ai diritti umani nelle istituzioni (incluso il settore psichiatrico giudiziario) insieme alle varie

ONG attive in questo campo. Sono in via di definizione i programmi in Malesia (Johor

Bahru), dove si sta sperimentando l’abbandono della contenzione e il sistema a porte

aperte nell’ospedale psichiatrico insieme con programmi di comunità sull’inserimento

lavorativo e il sostegno domiciliare; e a Chennai in India per quanto riguarda donne senza

casa con disturbi severi in collaborazione con l’ONG Bayan.

4) L'International School Franca e Franco Basaglia è realizzata dal CCOMS di Trieste, col

sostegno della Regione FVG, in collaborazione con Università e istituti di ricerca e

formazione nazionali e internazionali. Essa intende insegnare, trasmettere e attualizzare il

pensiero e la pratica di Franca e Franco Basaglia e dell'esperienza di Trieste, fondata sulla

centralità della persona come cittadino dotato di pieni diritti, e in generale l'approccio

critico alla psichiatria nel senso della lotta all'istituzionalizzazione e alla medicalizzazione,

promuovendo un concetto integrato di cura basato sulla comunità che esclude l'impiego di

mezzi oppressivi e repressivi. Essa pertanto intende diffondere tutte le pratiche ed

esperienze che a ciò si ispirano, fondate sui medesimi valori, e riconosciute come utili

all'innovazione in salute mentale. Mira alla costruzione di curricula adeguati e riconosciuti

a livello internazionale, attraverso un metodo di apprendimento teorico pratico basato

sulla conoscenza e lo studio dei servizi e delle pratiche, interagendo concretamente con le

realtà locali. Privilegia i giovani operatori e coloro che sono impegnati a vari livelli nei

processi di cambiamento, in particolare identificati nelle attività concordate con l'OMS, che

supporta e sostiene anche economicamente grazie ai finanziamenti pubblici ed alle

donazioni. Le aree prioritarie in questo senso sono individuate nei Balcani e nell'America

Latina. Finora si è prodotto annualmente un modulo di una settimana, oltre ad offrire

pacchetti formativi sotto forma di visite di studio e stage di breve e lungo periodo per

operatori provenienti dai paesi sopra indicati. Essa insegna e documenta le innovazioni

nell’ambito delle alternative nella risposta alla crisi, dei CSM 24h, dell’intervento precoce

nei giovani, dell’impresa sociale, della riabilitazione ed inclusione sociale, etc.

5) Contribuire all’implementazione del programma Mental Health GAP (con le sue linee guida

che sono state tradotte dal CCOMS in italiano) e relativo supporto in specifici paesi, anche

riguardo al legame con servizi specialistici di secondo livello.

Grazie ai molteplici progetti innovativi già presentati e all'importante attività del CCOMS la AAS1,

nel corso degli anni, ha attirato l'interesse di diversi centri di istruzione con i quali, in seguito, ha

sottoscritto specifiche convenzioni per l'istituzione di rapporti di collaborazione e formazione.

La misura formativa di politica attiva scelta è il tirocinio, finalizzato a creare un contatto diretto tra

un soggetto ospitante e il tirocinante allo scopo di favorirne l’arricchimento del bagaglio di

conoscenze, l’acquisizione di competenze professionali e l’inserimento o reinserimento lavorativo.

Il tirocinio consiste in un periodo di orientamento al lavoro e di formazione in situazione che non si

configura come rapporto di lavoro.

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Il tirocinio può essere:

obbligatorio:

· quello previsto dalla normativa del relativo corso di studio, da effettuarsi durante il corso di

studio (pre-diploma/laurea);

· finalizzato all’espletamento dell’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della

professione.

obbligatorio, formativo e di orientamento:

· così come previsto dall’art. 18 della L. 24/06/97, n. 196 e dal DM 25/03/98, n. 142 e dalla

direttiva n. 2/2005 della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione

Pubblica.

professionalizzante, facoltativo, formativo e di orientamento:

· così come previsto dall’art. 18 della L. 24/06/97, n. 196 e dal DM 25/03/98, n. 142 e dalla

direttiva n. 2/2005 della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione

Pubblica

Premesso ciò si evidenzia che dal 2008 l’Azienda per l’Assistenza Sanitaria ha individuato un ufficio

specifico al quale sono state demandate tutte le azioni relative alla gestione di tali attività,

compresa l’autorizzazione dei frequentanti ospiti/volontari. Attualmente tale funzione è

incardinata nell’Ufficio di Coordinamento Sociosanitario.

L’attività, negli ultimi anni, ha subito un fortissimo incremento sia per quanto riguarda gli accessi

che per la predisposizione delle convenzioni sia italiane che straniere.

Tale incremento è dovuto al fatto che l’azienda offre dei percorsi formativi di eccellenza,

particolarmente richiesti risultano essere i percorsi nel campo della salute mentale dove le

domande di accesso risultano in maniera predominante da parte di studenti stranieri provenienti

dal sud America.

Si ritiene utile fare un breve sunto relativo alle autorizzazioni effettuate negli ultimi 5 anni per

meglio comprendere l’andamento che risulta in continua progressione:

Tavola 6.1 Autorizzazioni 2011-2015

Autorizzazioni suddivise per anno

2011 450

2012 520

2013 530

2014 577

2015 630 (dato riferito al primo semestre)

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102

In merito alle convenzioni si ritiene utile precisare che sono rivolte a Scuole di vario grado sia

pubbliche o private, purché risultino autorizzate dal MIUR, Università regionali/italiane e straniere

(nell’ultimo caso si precisa che vengono anche tradotte o nella lingua di appartenenze o inviate in

italiano/inglese), ospedali, aziende del Servizio Sanitario Nazionale.

Nell’ultimo quinquennio sono state stipulate/rinnovate 150 convenzioni bilaterali11 con Università,

Scuole di Psicoterapia, Scuole Medie Superiori, Università e Ospedali stranieri.

Visto che si è riscontrata una notevole difformità rispetto al trattamento e all’applicazione della

normativa nelle varie sedi delle aziende regionali, l’AAS1 si è fatta promotrice di una serie di

incontri con tutti i responsabili/referenti per le attività descritte al fine di uniformare e snellire i

percorsi, in un’ottica di accorpamento e creazione di buone pratiche amministrative.

Si è deciso di predisporre un unico regolamento che potesse essere utilizzato dalle aziende e così i

componenti del sopraccitato gruppo di lavoro hanno individuato quali referenti di tale attività la

responsabile dell’ufficio gestione attività di tirocinio della AAS1 e la responsabile della AAS2.

A conclusione si ritiene indispensabile evidenziare come negli ultimi anni si sia voluto inserire nei

percorsi autorizzativi tutti coloro i quali decidono di utilizzare le esperienze e i dati aziendali per

redigere l’elaborato finale di tesi.

Tale percorso prevede che alla fine venga prodotto e consegnato all’ufficio competente,

utilizzando il formato digitale, l’elaborato finale al fine di costruire una banca dati utile alla

creazione di un centro studi a valenza territoriale nella consapevolezza dell’importanza che ha

l'attività di ricerca e quella di diffusione delle buone e innovative pratiche.

Con il 2016, a conclusione del percorso svolto verranno chiesti a tutti gli studenti, un riepilogo

delle attività e le loro osservazioni rispetto l’organizzazione e i servizi.

L’idea è di creare un Centro Studi che agganciato con le varie università/enti/scuole potrebbe

portare:

· ad una maggiore promozione sviluppo della formazione di chi accede ai servizi dell’Azienda

in tirocinio, mediante la predisposizione di corsi;

· alla promozione, il coordinamento e il potenziamento nella produzione di materiali

scientifici, culturali, formativi e informativi emergenti nel quadro dell’attività in corso

presso i servizi afferenti all’Azienda per l’Assistenza Sanitaria coordinandone gli stessi

mediante lo svolgimento di ricerche effettuate, anche grazie al collegamento che la stessa

ha storicamente con l’OMS. e altri organismi che svolgono compiti di interesse affine;

· alla costituzione di un archivio studio utile alla conservazione e consultazione della

documentazione cartacea, informatica, ecc. da implementarsi con ulteriori studi e

documentazioni prodotte;

11 Vedi allegato 2

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103

· all’utilizzo dei/lle tirocinanti e degli/lle stagisti/e per effettuare ricerca sul campo e tesi

sperimentali.

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104

7. Formazione e aggiornamento degli operatori

Il tema della valutazione della formazione del personale in servizio è uno dei punti cruciali di

interesse da parte dei diversi interlocutori della scena politica, economica e produttiva, tanto da

essere considerato come uno degli obiettivi strategici a livello nazionale e sopranazionale. In

particolare in questi anni l’Unione Europea si è impegnata concretamente nel promuovere

importanti quadri di riferimento in tal senso, anche attraverso lo studio e l’applicazione di meta-

framework e standard comuni in materia di qualificazione, crediti e qualità del learning outcome.

Da un punto di vista applicativo, il campo della certificazione di qualità nella formazione degli

adulti è un argomento sul quale l’UE riconosce di essere ad uno stadio ancora iniziale, così come

nella letteratura scientifica si continua ad evidenziare che, a fronte di ingenti somme dedicate alla

formazione, non vi sia un adeguato sistema di rendicontazione degli investimenti. La letteratura

scientifica12 mette in risalto la mancanza di un modello teorico ed applicativo di riferimento nella

valutazione del learning outcome. Gli strumenti di valutazione esistenti (Vision, EFQM e CAF) si

focalizzano soprattutto sull’esito formativo in termini di soddisfazione che non sono sufficienti a

comprendere i risultati del processo formativo anche in termini di impatto sull’organizzazione.

Nella fattispecie, anche nell’ambito della formazione in sanità, contestualmente all’applicazione

del sistema di Educazione Continua in medicina, il tema della valutazione dell’efficacia formativa è

diventato d’interesse prioritario in relazione all’evidente carenza di approcci e metodologie

scientificamente sostenibili e capitalizzabili in contesti così complessi ed articolati. È in questo

contesto che nasce il progetto Expero4Care.

Il modello è stato sviluppato all’interno di un progetto europeo finanziato dal programma

settoriale Leonardo da Vinci Trasferimento dell’Innovazione (2013-1-IT1-LEO05-03975). L’AAS1 è

stata capofila del progetto che ha coinvolto numerosi partner italiani ed europei ed è stato

applicato da ASL2 TO, University of Zagreb School of Medicine (Croazia), Università di Vaasa

(Finlandia), Folkuniversitete Uppsala (Svezia). Il progetto si è concluso il 30/09/2015

A tal fine il centro di formazione aziendale in collaborazione con:

· il Dipartimento degli Studi Umanistici, Università degli Studi di Trieste

· Expero Association

· European Office of Cyprus

· Folkuniversitetet Uppsala

· Zagreb School of Medicine

· VAMK Vaasa

· Dipartimento di Psicologia, Università di Torino

· Fondazione Salud y Comunidad Barcelona

12 Educazione degli adulti in primis, cfr. Griffin 2012

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105

· ASL2 Torino

· IPASVI Trieste

· Evolvere Cagliari

· CTG dentalcare Izmir

ha partecipato al progetto Expero4Care al fine di creare e certificare il primo standard per la

valutazione della qualità degli esiti formativi nel settore sanitario con il coinvolgimento dei diversi

stakeholder.

Expero4care è un modello di qualità dedicato all’analisi del learning outcome, coerente con la

norma ISO 9001:2008.

Expero4care analizza la qualità della formazione in una prospettiva multistakeholder (valutazione a

360°) contemplandoli nelle seguenti categorie:

· Leadership: attore determinante del percorso in quanto definisce i percorsi strategici per

l’organizzazione. È rappresentata dalla Direzione Strategica aziendale

· Committenza: ruolo di promotore del progetto formativo in quanto fa emergere i bisogni

formativi, definisce gli obiettivi del percorso e le ricadute attese

· Interni: coloro che partecipano attivamente alla realizzazione del progetto formativo

(ufficio formazione, responsabile scientifico dell’evento formativo, docenti/tutor)

· Formandi: i destinatari dell’attività formativa

· Stakeholder esterni: coloro che non partecipano direttamente al processo formativo ma

sono in grado di valutare le ricadute nel contesto lavorativo (colleghi, responsabili della

struttura di riferimento all’interno della quale il formando opera, sistema)

Il modello valuta la qualità degli esiti formativi descritti in termini di conoscenze, capacità,

comportamenti, valori, individuando i seguenti indicatori:

· competenze

· trasferibilità

· applicabilità

· partecipazione e crediti

L’applicazione del modello si articola in due fasi temporali, denominate Fase Should (aspettative),

applicata prima del percorso formativo e FASE IS (percezioni), applicata dopo il percorso formativo.

Ogni categoria di stakeholder viene consultata nelle due fasi con strumenti quali interviste o

questionari

L’analisi della qualità dell’esito formativo è suddivisa in 4 dimensioni:

· qualità dei risultati (QR)

· processo formativo (TC)

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· qualità delle competenze (QC)

· soddisfazione dei risultati (SR)

Il primo passo operativo è la costituzione del Team Evalution Board (TEB). Il ruolo del TEB è quello

di

· gestire il processo di valutazione e la raccolta dei dati

· valutare il gap tra aspettative e percezioni

· proporre azioni correttive del processo formativo

I dati raccolti, principalmente di natura qualitativa, vengono analizzati dal TEB che utilizzando il

database compara aspettative e percezioni per ogni indicatore e per ogni stakeholder formulando

una valutazione quantitativa del gap emerso. L’analisi consente di evidenziare:

· eventuali lacune che si creano tra attese e risultati, anche in termini outcome

· la distanza tra obiettivi formativi e risultati formativi

L’attuale carenza di modelli teorico-operativi finalizzati alla valutazione del learning outcome e la

richiesta sempre più esplicita da parte del sistema ECM di valutare le ricadute formative, ha spinto

l’AAS1 ad attuare la sperimentazione del modello. Tale sperimentazione va a colmare una lacuna

importante insita nel processo formativo dovuto alla sentita necessità di dare riscontro

sistematico e scientifico della valenza degli investimenti in termini di risorse economico-

strumentali nella formazione aziendale.

L’applicazione del modello permette inoltre il monitoraggio sistematico dei processi formativi,

evidenziandone eventuali criticità e punti di forza nonché la loro gestione secondo la logica del

miglioramento continuo. In questo modo si rende possibile evidenziare la formazione che

“funziona” rispetto a quella con esiti insoddisfacenti

La sperimentazione è stata condotta su due percorsi formativi considerati di valenza strategica per

l’AAS1:

· “Applicazione nella pratica quotidiana dei principi e delle procedure dell’EBP nel

trattamento del linfedema primario e secondario”

· “La copertura vaccinale” (2 edizioni)

La valutazione dei due percorsi secondo il modello Expero4Care ha permesso di evidenziare alcuni

punti critici che hanno consentito di mettere in atto delle azioni di miglioramento indirizzate

soprattutto alla trasferibilità e applicabilità delle conoscenze e competenze acquisite. I risultati

inoltre sono stati fonte di analisi di ulteriori bisogni formativi inseriti nella pianificazione della

formazione dell’anno successivo

l’AAS1 ha ottenuto nel mese di giugno la certificazione Qualicert da SGS International e,

nell’ambito della XII edizione del premio Basile per la formazione nella Pubblica Amministrazione,

il premio Speciale Formazione Sanità e il 2° premio per la sezione Sistemi formativi.

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Il modello è stato presentato a:

· Trieste, 27 novembre 2013, presentazione del progetto alle Istituzioni locali

· Barcellona, aprile 2014, presentazione del modello alla conferenza HPH

· Riga, giugno 2014, presentazione del modello e del costrutto della training culture al

convegno ISSWOV

· Milano, luglio 2014, presentazione del progetto al seminario organizzato dall’associazione

per lo sviluppo organizzativo e delle risorse umane

· Trieste, luglio 2014, presentazione del modello durante il convegno organizzato da aas1

per la restituzione a livello aziendale dei progetti presentati al convegno HPH

· Cesena, settembre 2014, presentazione del modello al convegno AIP (associazione italiana

psicologia del lavoro e delle organizzazioni)

· Cipro, settembre 2014, presentazione del progetto alle Istituzioni locali e ospedali

· Cagliari, novembre 2014, presentazione del modello e del progetto ai referenti regionali

della formazione in sanità della regione Sardegna

· Trieste, dicembre 2014, presentazione del modello e del progetto ai referenti regionali

della formazione in sanità della regione FVG

· Zagabria, dicembre 2014, presentazione del progetto e del modello durante il convegno

HIPON

· Istanbul, marzo 2015, presentazione del progetto e del modello alle istituzioni locali

· Trieste, maggio 2015 presentazione incontro AIF sezione regionale FVG

· Cala Gonone, maggio 2015, presentazione del progetto e del modello alle istituzioni locali e

agli enti di formazione in ambito sanitario, durante un convegno organizzato dalla ASL

Nuoro

· Vaasa, giugno 2015, presentazione del modello e del progetto ad Università e Ospedali

della regione di Vaasa, Finlandia

· Torino, giugno 2015, presentazione del modello e del progetto ai referenti regionali della

formazione in sanità della regione Piemonte

· Rovigno, giugno 2015, presentazione del modello e del progetto al convegno dell’Adriatic

Society of Pathology

· Milano, luglio 2015, presentazione del modello e dei risultati relativi alla training culture al

ECP European Congress of Psychology

· Palermo, settembre 2015, presentazione del modello al convegno AIP (associazione

italiana psicologia del lavoro e delle organizzazioni)

· Spalato, settembre 2015, presentazione del modello e del progetto all’Università di Spalato

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· Primosten, settembre 2015, presentazione del modello e del progetto durante il congresso

nazionale croato dei tecnici di laboratorio biomedico

Visti gli esiti positivi di questa prima fase sperimentale, con il decreto n° 386 del 17 settembre

2015, la AAS1 ha deciso di attivare una convenzione con il Dipartimento degli Studi Umanistici

dell'Università di Trieste al fine di applicare questo modello per la valutazione permanente del

proprio personale, il quale prevede un percorso di autovalutazione da parte di ciascun dipendente

e di valutazione da parte dei responsabili.

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8. Piano delle attività e aspetti operativi

Come si può desumere dai capitoli precedenti, le attività nell’ambito dell’integrazione

sociosanitaria dell’AAS1 in programma per i prossimi anni sono molte, a scopo di maggior

chiarezza sono state schematizzate nella tavola a seguire indicandone la tempistica nel triennio

2015-2017 e i responsabili.

Tavola 8.1 Piano delle attività ad alta integrazione sociosanitaria per il triennio 2015-2017

Attività Tempistica Responsabile

2015 2016 2017

1. Proseguimento del progetto Community Health Visitor nella microarea di Valmaura

Distretto 3

2. Attuazione del modello Community Health Visitor nella microarea di Borgo San Sergio

Distretto 3

3. Proseguimento del progetto Telefono Speciale - ConTatto

Dott.ssa Emanuela

Fragiacomo

4. Analisi epidemiologica dei comportamenti suicidari nei giovani

Dipartimento di Salute

Mentale

5. Proseguimento del progetto Servizio Androna Giovani, passando dallo stadio sperimentale ad uno struttutrato

Dipartimento delle

Dipendenze

6. Svolgimento del progetto Sport Emozioni Cervello

Ufficio Relazioni con il

Pubblico

7. Mantenimento degli Standard UNICEF tramite audit periodici e successivi percorsi di miglioramento

Dott.ssa M. Vittoria

Sola

8. Sviluppo ulteriore delle attività di tutoraggio a favore dei soggetti seguiti dal progetto RELI

Dipartimento delle

Dipendenze

9. Consolidamento e ampliamento della rete dei partner territoriali del

Dipartimento delle

Dipendenze

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progetto RELI

10. Implementazione del lavoro di rete e co-progettazione con enti formativi, cooperative sociali, imprese, associazionismo dedicato, per sostenere l’accesso delle persone in carico ai servizi socio sanitari ai percorsi formativi co-finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

Dipartimento delle

Dipendenze

11. Sviluppo dell’attività coordinata del gruppo di lavoro inter enti

Dipartimento delle

Dipendenze

12. Messa in arte allo stato definitivo delle attività sperimentali del progetto REMS

Dipartimento di Salute

Mentale

13. Rafforzamento del ruolo del progetto Amalia nell’area della socialità

Dott.ssa Emanuela

Fragiacomo

14. Proseguimento del progetto La Coabitazione Possibile

Distretto 3

15. Sperimentazione di progetti di domiciliarità innovativa in base al DGR 14 aprile 2015 n° 671 “Sperimentazione Regionale Abitare Possibile e Domiciliarità Innovativa”

Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

Distretti Sanitari

16. Partecipazione alla rilevazione 2016-2017 per il monitoraggio dell’attuazione delle politiche di invecchiamento attivo e dei Piani della Prevenzione

Dipartimento di

Prevenzione

17. Avanzamento della proposta di integrazione del questionario standard nell’ambito del progetto Passi d’Argento previsto a livello nazionale per approfondire la tematica delle cadute e degli incidenti domestici

Dipartimento di

Prevenzione

18. Proseguimento del progetto Centenari a Trieste

prof.ssa Gabriella

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Marcon

prof. Mauro

Tettamanti

19. Arruolamento dei nuovi centenari nati dal 1914 in poi nel progetto Centenari a Trieste

prof.ssa Gabriella

Marcon

prof. Mauro

Tettamanti

20. Aggiunta della valutazione cardio-vascolare strumentale specifica nell’ambito del progetto Centenari a Trieste

prof.ssa Gabriella

Marcon

prof. Mauro

Tettamanti

21. Creazione di un registro di centenari residenti a Trieste

prof.ssa Gabriella

Marcon

prof. Mauro

Tettamanti

22. Proseguimento del Progetto SmartCare

Andrea di Lenarda

Donatella Radini

Kira Stellato

Matteo Apuzzo

23. Incremento del numero di microaree mediante l’aggiunta di Villa Carsia (già inserita nel PAA PDZ 2013-2015) e Altura (per la quale è stato già accordato un finanziamento comunale)

Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

Distretto 1

Distretto 3

24. Avviamento di una collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste per il monitoraggio degli indicatori sociali e sanitari delle microaree

Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

25. Individuazione dei progetti formativi più salienti nel campo della formazione del personale e successiva valutazione degli stessi tramite il modello Expero4Care

Centro di Formazione

Aziendale e Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

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26. Creazione di un regolamento unico aziendale sui budget di salute (dipartimenti e distretti)

Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

27. Predisposizone della scheda di ricognizione sul modello Dors per la valutazione dei progetti con relativa formazione del personale all’utilizzo della stessa

Dipartimento di

Prevenzione e Ufficio

di Coordinamento

Sociosanitario

28. Creazione e sperimentazione del database dedicato alla valutazione dei progetti con relativo censimento degli interventi a favore della salute e dell’integrazione sociosanitaria

Dipartimento di

Prevenzione e Ufficio

di Coordinamento

Sociosanitario

29. Costruzione di una banca dati degli elaborati finali/tesi post tirocinio

Ufficio di

Coordinamento

Sociosanitario

30. Svolgimento del progetto LabAc Servizio Riabilitativo

Aziendale

Oltre al coordinamento e alla supervisione delle attività elencate nella tavola 8.1, che avverrà in

maniera continuativa, nel primo semestre del 2016 si rafforzerà il gruppo di coordinamento

aziendale (decreto n°385 del 17 settembre 2015) al fine di rendere omogenea l’impostazione delle

attività sociosanitarie tra le varie strutture operative aziendali.

Sempre nello stesso periodo, verranno censiti e inseriti in un catalogo tutti i progetti/interventi

aziendali di promozione alla salute e integrazione sociosanitaria.

Nel secondo semestre del 2016, previa specifica formazione, sarà sperimentato e implementato lo

strumento informatico per il monitoraggio e la valutazione continua dei progetti ad alta

integrazione sociosanitaria in essere.

Successivamente verranno svolte le attività di monitoraggio dei progetti al fine di stabilire se i

criteri fondamentali di pertinenza, logica progettuale, efficienza, efficacia, impatto e sostenibilità

sono stati soddisfatti. Il tutto fornirà la base per la programmazione del piano di miglioramento

continuo della qualità.

Si vuole inoltre attivare un network regionale che metta in contatto i diversi Uffici di

Coordinamento Sociosanitario al fine di attuare tecniche di benchmarking atte all’individuazione

delle best practice da diffondere a livello regionale.

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Vi è inoltre l’intenzione di organizzare momenti di confronto, quali congressi, convegni e

conferenze, a coinvolgimento regionale e/o nazionale sulle materie del welfare locale al fine di

rendere partecipi i diversi attori regionali delle conoscenze acquisite.

Al fine di sostenere nuovi e ulteriori progettualità in materia sociosanitaria, verrà costituito un

“ufficio di progettazione aziendale” che avrà il compito di individuare le linee di finanziamento

regionali, nazionali ed europee e partecipare ai relativi bandi.

Nel 2017 vi è il proposito di eseguire uno studio di fattibilità per la creazione di un centro di studi

del welfare integrato con i diversi attori locali e regionali al fine di svolgere attività di ricerca e di

diffusione delle buone ed innovative pratiche.

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Allegato 1. Elenco partner dei progetti presentati

Associazione Club Alcolisti in trattamento - A.C.A.T. di Trieste

Associazione culturale giovanile Etnoblog

Associazione dei familiari ALT

Associazione di volontariato Hyperion

Associazione di volontariato La Ricerca onlus

Associazione di volontariato per il Trattamento Alcoldipendenze - As.Tr.A.

Associazione Per non subire IDA

Azienda per l’Assistenza Sanitaria n°2 Bassa Friulana – Isontina

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale

Casa Circondariale di Trieste

Comune di Duino-Aurisina

Comune di Monrupino

Comune di Muggia

Comune di San Dorligo della Valle – Dolina

Comune di Sgonico

Comune di Trieste – Area Promozione e Protezione Sociale

Comune di Trieste - Assessorato Educazione, Scuola, Università e Ricerca

CONI provinciale Trieste

Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale

Cooperativa Sociale Agricola Monte San Pantaleone

Cooperativa Sociale CLU Basaglia

Cooperativa Sociale Confini

Cooperativa Sociale DuemilaDieci onlus

Cooperativa Sociale Il posto delle Fragole

Cooperativa sociale La Collina onlus

Cooperativa Sociale La Piazzetta

Cooperativa Sociale La Quercia

Cooperativa Sociale Lavoratori Uniti Franco Basaglia

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Cooperativa Sociale Lister Sartoria Sociale

Cooperativa Sociale On Stage

Cooperativa Sociale Reset

Enaip Friuli Venezia Giulia

ICGEB, Trieste

Interland Consorzio Società Cooperativa Sociale

IRCCS Burlo Garofolo, Trieste - Dipartimento Materno Neonatale

La Leche Ligue

Le Buone Pratiche onlus

Mammeallapari

Ministero della Giustizia

Portierato sociale per persone fragili Valmaura

Provincia di Trieste

SISSA

Televita SpA

Università degli Studi di Milano Bicocca

Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Ingegneria Informatica e Scienze

dell’Informazione

Università degli Studi di Trieste - Dipartimento Scienze della Vita

Università degli Studi di Verona - Clinica Neurologica-Neuropatologica

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Allegato 2. Convenzioni per stage e tirocini con l’AAS1

Università:

Convenzione Quadro Università degli Studi di Trieste;

Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori Università. degli Studi di Trieste;

Convenzione Quadro Università degli Studi di Udine;

Convenzione Quadro Università Ca' Foscari di Venezia;

Convenzione Quadro Università degli Studi di Padova;

Convenzione Quadro Alma Master Studiorum Università degli Studi di Bologna;

Convenzione Quadro Università Bicocca di Milano;

Convenzione Quadro Università Telematica E-Campus di Como;

Convenzione Quadro Università degli Studi di Ferrara;

Convenzione Quadro School of Management Università di Bari /Casamassima;

Convenzione Quadro Università degli Studi di Parma;

Convenzione Quadro Consorzio Universitario Humanitas di Roma;

Convenzione Quadro Università Telematica Niccolo' Cusano di Roma;

Convenzione Quadro Università Telematica San Raffaele di Roma;

Convenzione con il Dipartimento di Medicina e Psicologia Università la"Sapienza" di Roma;

Convenzione Quadro Università Roma Tre di Roma;

Convenzione Quadro Università degli Studi Internazionali – Unint di Roma;

Convenzione Quadro Università degli Studi di Siena;

Convenzione con il Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche e Neuroscienze di Siena.

Scuole di Psicoterpia:

Istituto di Psicologia Psicoanalitica di Brescia;

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Istituto Gestalt di Firenze e di Trieste e Genova;

Istituto Berna Psicoterapia Cognitiva; Mestre;

Istituto di Psicoanalisi di Gruppo; Milano;

Istituto Riza di Medicina Psicosomatica; Milano;

Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata; Milano;

Istituto per la Clinica dei Legami Sociali; Milano;

Istituto Transculturale Fondazione Cecchini Pace; Milano;

Istituto di Terapia Cognitiva E Comportamentale; Padova;

Scuola di Spec. in Psicoterapia Biosistemica; Bologna;

Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva; Bologna;

Scuola Superiore Psicologia Clinica; Roma/Cagliari/Mestre;

Scuola Quadriennale di Psicoterapia -Modello Tavistock- Centro Studi Martha Harris di Firenze;

Scuola di Specialità in Psicoterapia Analitica e Transazionale Orientamento Socio-Cognitivo di

Pordenone;

Scuola di Specialità in Psicoterapia Interattivo-Cognitiva di Padova;

Scuola di Specialità e Formazione in Psicoterapia Cognitivo Interpersonale di Roma;

Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Milano; Milano/Bolzano/ Mestre;

Scuola di Psicoterapia Cognitiva ad Orientamento Costruttiva di Firenze;

Scuola Formazione in Psicoterapia Sistemica Familiare e Relazionale; Udine;

Scuola di Psicoterapia adolescenza e dell'età giovanile a indirizzo psicosomatico di Roma;

Scuola di Formazione Istituto di Ricerche Europee in Psicoterapia Psicoanalitica di Roma;

Scuola Europea di Formazione in Psicoterapia Funzionale Corporea di Napoli e Roma;

Scuola di Psicoterapia "Maria Selvini Palazzoli" Brescia-Torino e Milano;

Società Italiana di Biosistemica di Bologna;

Società Institute of Constructivist Psycology di Padova;

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Centro Italiano di Psicoterapia Psicoanalitica per l'infanzia e l'adolescenza di Bologna;

Centro Milanese di Terapia della Famiglia di Treviso;

Accademia di Scienze Comportamentali e Cognitive di Parma;

Accademia Neuropsicologia dello Sviluppo di Parma;

Associazione per lo Sviluppo della Psicoterapia Psicoanalitica di Ravenna;

Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica di Roma e Milano;

Centro Padovano Terapia della Famiglia; Padova/Trieste e Treviso;

Centro per la ricerca in psicoterapia di Roma.

Scuole Medie Superiori:

Istituto Statale Scuola Media Superiore Sandrinelli, Da Vinci, Carli di Trieste;

Istituto non paritario Ugo Foscolo di Trieste;

Liceo Padagogico e delle Scienze Sociali "Anton Martini Slomsek di Trieste;

Istituto Superiore Sandro Pertini di Monfalcone;

Istituto Tecnico Grazia Deledda - Max Fabiani di Trieste;

Istituto Superiore della Bassa Friulana di Udine;

Istituto Statale di Istruzione Sup. con Lingua D'insegnamento Slovena "Gregoric” di Gorizia.

Università e Ospedali Stranieri:

Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana – Svizzera;

Universidad Nacional De San Luis - San Luis Capital – Argentina;

Fundacion para el Desarollo del accompaniamento terapeutico "Fundat" di Buenos Aires –

Argentina;

Hospital J. M. Obarrio "San Miguel De Tucuman" – Argentina;

Colonia Nacional "Dr. Manuel A. Montes de Oca" Torres – Argentina;

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Hospital Internazional General "Dr. Jose' Penna" di Bahia Blanca – Argentina;

Hospital De Ninos "Dr. Ricardo Gutierrez" di Buenos Aires – Argentina;

Hospital Escluela de salud mental in Parana' di Ente Rios – Argentina;

Hospital Gral De Agudos Dr. Teodoro Alvarez di Bueons Aires – Argentina;

Hospital Spicoassistencial Interdisciplinario "Dr. Jose' Tiburio Boarda" di Buenos Aires – Argentina;

Hospital "Carlos G. Durand" di Buenos Aires – Argentina;

Hospital General de Agudos Jose' Maria Ramos Mejja di Buenos Aires – Argentina;

Complejo Hostitalario Torreca'rdenas (Spagna) – Spagna;

Hospital Universitario "Rio Hortega" (Spagna) – Spagna.

Altro:

Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare di Milano.

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Bibliografia

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CENTRO RISORSE CAF, Linee guida per la pianificazione e il monitoraggio del miglioramento

CRISTIANO GORI (a cura di), La riforma dei servizi sociali in Italia – L’attuazione della legge 328 e le

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FONTAINE PASCAL, L'Europa in 12 lezioni, Bruxelles, 2010

ISTAT, Le dimensioni della salute in Italia – Determinanti sociali, politiche sanitarie e differenze

territoriali, Roma, 2015

LEGGE 8 NOVEMBRE 2000, N. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali"

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA, Rapporto Sociale 2013

STUDI ZANCAN, L’azione generativa dell’infermiere nel prendersi cura delle persone, marzo/aprile

n°2 2015

WORLD HEALTH ORGANIZATION, Addressing the social determinants of health: the urban

dimension and the role of local government, World Health Organization, London, 2012

WORLD HEALTH ORGANIZATION, The European health report 2015. Targets and beyond –

Reaching new frontiers in evidence, Copenhagen, 2015

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Atto n. 545 del 23/12/2015

Questo documento è stato firmato da:

Elenco firmatariATTO SOTTOSCRITTO DIGITALMENTE AI SENSI DEL D.P.R. 445/2000 E DEL D.LGS. 82/2005 E SUCCESSIVE MODIFICHE EINTEGRAZIONI

NOME: NICOLA DELLI QUADRICODICE FISCALE: DLLNCL47S01A080LDATA FIRMA: 23/12/2015 10:26:05IMPRONTA: 3E2FF8172CA6F0B444B08EBD8368CEB22AEC0DD6E43CE4B3CC79FDE9485636F1 2AEC0DD6E43CE4B3CC79FDE9485636F15C3D7BF191EEAF06FB3BA7765FF617A2 5C3D7BF191EEAF06FB3BA7765FF617A20BC7C91BBB5E7372FDADA75EADE79F2B 0BC7C91BBB5E7372FDADA75EADE79F2B37454D4915A3E5B9FF5BACA1415652E2

NOME: EMANUELA FRAGIACOMOCODICE FISCALE: FRGMNL55M46L424SDATA FIRMA: 23/12/2015 10:59:53IMPRONTA: 8AE44655515BF224045AFFD4492AC1ED86CB2E549DDF4C705D08799EC719C7EC 86CB2E549DDF4C705D08799EC719C7ECDA3532CF32E2672C54E99D5C060C5F6D DA3532CF32E2672C54E99D5C060C5F6DB56DAB5BB87E1151EA6E1301EBD00C45 B56DAB5BB87E1151EA6E1301EBD00C4519C158AF54D58BECD182B92832BEB8DF

NOME: CRISTINA TURCOCODICE FISCALE: TRCCST64M68L424GDATA FIRMA: 23/12/2015 11:09:31IMPRONTA: 8B11DF0C0BB18EA9A6A3848DA51FD37921D64F3DBF6016359D227D95A5388135 21D64F3DBF6016359D227D95A5388135CAB6FA1616A558C62ACD9BBD11BA4108 CAB6FA1616A558C62ACD9BBD11BA4108FA95D208A5F2F70F9EEF19EB0123DB5C FA95D208A5F2F70F9EEF19EB0123DB5CE0584A441440C55621573B709B9641D7

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