Laboratorio di Fisica delle Particelle -...

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Universit ` a degli Studi di Milano FACOLT ` A DI SCIENZE E TECNOLOGIA Laboratorio di Fisica delle Particelle Professori: Lino Miramonti Marco Giammarchi Andrea Merli Davide Romagnoli Anno Accademico 2013/2014

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Universita degli Studi di Milano

FACOLTA DI SCIENZE E TECNOLOGIA

Laboratorio di Fisica delle Particelle

Professori:Lino MiramontiMarco Giammarchi

Andrea MerliDavide Romagnoli

Anno Accademico 2013/2014

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Indice

1 Vita media del positronio 11.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Il positronio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Procedura sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 Descrizione dei rivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.3.1 Scelta del rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3.2 Funzionamento dei rivelatori inorganici . . . . . . . . . 41.3.3 Fotomoltiplicatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.4 Setting catena di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.4.1 Impostazione delle soglie dei CFD . . . . . . . . . . . . 61.4.2 Calibrazione temporale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.5 Analisi Dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2 Curva di Landau 152.1 Perdita di energia per una particella carica in un mezzo . . . . 15

2.1.1 Stime per un rivelatore al silicio . . . . . . . . . . . . . 172.2 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.2.1 La sorgente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.2.2 Il rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.3 Procedura sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.3.1 Test dei canali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.3.2 Catena di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.3.3 Somma di due curve di Landau . . . . . . . . . . . . . 22

2.4 Analisi Dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

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ii INDICE

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Capitolo 1

Vita media del positronio

1.1 Introduzione

1.1.1 Il positronio

Il positronio e uno stato legato e`e´. I livelli energetici sono dati dall’e-quazione di Schrodinger che e la stessa dell’atomo di idrogeno con la soladifferenza che ora la massa ridotta e relativa al sistema e`e´ e non piu e´p.Nell’atomo di idrogeno la massa e tutta concentrata nel nucleo percio lamassa ridotta µ « me mentre ora µ “ me

2, percio i livelli energetici risultano

essere:

En “ ´µe2

8h2ε20

1

n2“ ´

6.8

n2eV

in cui e e la carica dell’elettrone, µ e la massa ridotta, n e il livello energetico,h costante di Planck, ε0 la costante dielettrica del vuoto. Per la massa ridottaµ l’energia di legame dello stato fondamentale risulta essere la meta di quelladell’atomo di idrogeno, ossia di 6.8 eV.

Ortopositronio e parapositronio

Elettrone e positrone sono due particelle con spin 1/2. Secondo la compo-sizione dei momenti angolari esiste uno stato di singoletto (S=0) e tre statidi tripletto (S=1) a seconda dell’orientazione reciproca degli spin di e`e´.Quindi sara possibile trovare 1/4 delle volte il positronio nello stato di singo-letto (chiamato parapositronio, p-Ps) e 3/4 nello stato di tripletto (chiamatoortopositronio, o-Ps).

Questi due stati hanno numero quantico di coniugazione di carica C di-verso. In generale per uno stato legato particella antiparticella C “ p´1qL`S,percio, per lo stato fondamentale, Cpara “ `1 e Corto “ ´1. Sappiamo inoltre

1

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2 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

�e´ γ

e` γ

(a) Parapositronio (S=0)

�e´ γ

γ

e` γ

(b) Ortopositronio (S=1)

Figura 1.1: Decadimenti del positronio

che il numero quantico C e conservato per le interazioni elettromagnetiche,quindi il p-Ps decadra in due γ mentre lo stato o-Ps in tre γ con i diagrammimostrati in Figura 1.1. La vita media nel vuoto di p-Ps e di 125 ps men-tre quella di o-Ps e di 142 ns. La differenza e dovuta al vertice in piu neldecadimento a tre fotoni.

Scopo di questo eperimento e misurare la vita media del positronio. Misu-reremo la vita media dell’ortopositronio in quanto quella del parapositronioe troppo breve per poter essere misurata con la nostra strumentazione.

1.2 Procedura sperimentale

Per produrre il positronio utilizziamo un emettitore β`, in particolare:

22NaÑ22Ne˚` e`

` νe (1.1)

ë 22Ne˚Ñ

22 Ne` γ (1.2)

La reazione 1.1 produce e` con energia massima di 546 KeV, successivamen-te (reazione 1.2) il Ne si diseccita emettendo un gamma ad un’energia di1.275 MeV.

I positroni emessi nel decadimento del sodio una volta entrati in unmateriale possono:

• annichilirsi interagendo con gli e´ del materiale tramite la reazionee`e´ Ñ γγ in cui, nel sistema del centro di massa, i γ sono emessi backto back con E “ 511 KeV ciascuno.

• formare ortopositronio e parapositronio nelle proporzioni di 3/4 e 1/4rispettivamente e successivamente decadere nelle modalita descritte nelparagrafo precedente.

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1.3. DESCRIZIONE DEI RIVELATORI 3

Ci aspettiamo una vita media di o-Ps (quella di p-Ps e troppo brevee non riusciremo a misurarla) dell’ordine del ns. Essa e circa due ordinidi grandezza in meno della vita media del vuoto e dipende dalla porositadel materiale e quindi dalla particolare sorgente utilizzata in laboratorio. Lanostra sorgente e contrassegnata dalle sigle Na SKR1152 Item 176/2010 S/O141497 TB 262.

Per misurare la vita media identifichiamo un segnale di start e uno distop. Come evento di start consideriamo l’emissione del gamma nella rea-zione 1.2. Essa avviene qualche ps (scala di tempo delle reazioni nucleari)dopo l’emissione del e` e sulle nostre scale di tempo possiamo considerarloistantaneo. Come evento di stop consideriamo l’emissione del gamma dovutaall’annichilazione del positronio.

1.3 Descrizione dei rivelatori

L’apparato sperimentale e composto da due scintillatori ognuno dei quali eseguito da un fotomoltiplicatore. I due scintillatori sono di tipo inorganico afluoruro di bario BaF2 ed hanno due spessori differenti. Per questo motivo loscintillatore piu spesso sara utilizzato per rivelare il fotone a piu alta energiamentre quello piu sottile a piu bassa energia.

1.3.1 Scelta del rivelatore

I rivelatori da noi utilizzati sono scintillatori inorganici a fluoruro di ba-rio BaF2. Tali rivelatori sono un ottimo compromesso tra efficienza dirivelazione, risoluzione energetica e tempo di risposta.

Sono adatti alla rivelazione dei raggi γ perche hanno ZBa “ 56 elevatoe quindi, avendo una buona densita elettronica, riescono a far interagireefficacemente i fotoni. Purtroppo questi scintillatori con le dimensioni cheabbiamo a disposizione non riescono a fermare completamente γ con energie„ 1 MeV percio non sara possibile osservare nello spettro di acquisizione ilpicco fotoelettrico, ma sara necessario lavorare con i picchi Compton. Migliorefficienza e risoluzione avrebbe lo scintillatore NaI ma e troppo lento nellacreazione del segnale per la scala di tempi su cui vogliamo lavorare („ ns).

Questo tipo di rivelatore e stato scelto per la sua velocita nella creazionedel segnale che e una tra le maggiori negli scintillatori inorganici. General-mente gli scintillatori organici sono piu veloci di quelli inorganici ma essendocostituiti da materiali a basso Z, soffrono di bassa efficienza di rivelazioneche si riflette poi in bassa risoluzione energetica.

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4 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

1.3.2 Funzionamento dei rivelatori inorganici

I fotoni γ emessi dalla sorgente radioattiva eccitano gli e´ degli atomi delcristallo che, diseccitandosi, emettono fotoni, che vengono poi raccolti daltubo fotomoltiplicatore (Figura 1.2).

Figura 1.2: Struttura a bande del cristallo

I fotoni frutto della diseccitazione di e´ da banda di conduzione a bandadi valenza avrebbero troppa energia per essere nel visibile. Inoltre l’energiaper creare una coppia e´-h` e circa uguale a quella di diseccitazione di e´

in banda di valenza, ne consegue che lo spettro di assorbimento e di emis-sione del rivelatore si sovrappongono rendendolo poco trasparente a questotipo di luce. Per questo motivo un cristallo dovrebbe avere uno spettro diassorbimento ed emissione come quello mostrato in Figura 1.3. Per ovviare aquesto problema e fare sı che i fotoni di diseccitazione siano nel visibile, sonoaggiunte piccole quantita di impurezze i cui livelli energetici si posizionanonel gap tra la banda di conduzione e di valenza. La luce che utilizziamo edovuta ai fotoni emessi dalla diseccitazione di e´ tra i livelli energetici delleimpurezze.

1.3.3 Fotomoltiplicatore

Il fotomoltiplicatore serve per convertire i fotoni in e´ e moltiplicare questiultimi che andranno poi a comporre il segnale. La luce emessa dal rivelatoreviene indirizzata attraverso una guida di luce al fotomoltiplicatore. Esso ecostituito da due elementi: un fotocatodo ed un moltiplicatore. Il primoserve per convertire i fotoni in e´ attraverso effetto fotoelettrico mentre il

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1.4. SETTING CATENA DI ACQUISIZIONE 5

Figura 1.3: Spettro di assorbimento ed emissione ben separati in modo darendere il cristallo trasparente alla luce da lui stesso prodotta

secondo moltiplica di circa un fattore 105 ´ 109 i pochi e´ prodotti dal foto-catodo in modo da generare un impulso elettrico. In Figura 1.4 e mostrataun’immagine.

Figura 1.4: Immagine del fotomoltiplicatore

1.4 Setting catena di acquisizione

Il settaggio e mostrato in Figura 1.5.Abbiamo scelto la tensione di alimentazione dei fotomoltiplicatori di 2070

V. Questa tensione e stata scelta in modo da lavorare con tutti i 2048 canalia disposizione dell’MCA (Multi Channel Analyzer) per il segnale provenientedal rivelatore grande. Con questa alimentazione il segnale proveniente dalrivelatore piccolo satura; e stato percio necessario attenuarlo di 7 dB dimodo che la parte di spettro che vogliamo selezionare di questo segnale siaposizionata circa a fondo scala dell’MCA.

Il segnale di ciascun fotomoltiplicatore e collegato ad un CFD (ConstantFraction Discriminator) che fornisce un segnale in uscita a gradino a secon-da che quello in entrata sia entro due soglie da noi impostate secondo unaprocedura descritta in seguito.

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6 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

Figura 1.5: Schema dei collegamenti per l’acquisizione del tempo di decadi-mento del positronio. V voltaggio di alimentazione, S1-S2 fotomoltiplicatori,A attenuatore, CFD constant fraction discriminator, TDU time delay unit,TAC time to amplitude converter, MCA multichannel analyzer

Il segnale di stop e collegato alla TDU (Time Delay Unit) che lo ritardadi una quantita nota in modo da arrivare dopo il segnale di start alla TAC.

Entrambi i segnali vengono collegati ad una TAC (Time to AmplitudeConverter). Questo modulo fornisce un segnale di ampiezza proporzionalealla differenza di tempo tra il segnale di start e quello di stop. Il segnale cheproviene dal rivelatore piu spesso, dovuto al γ di diseccitazione prodotto nellareazione 1.2, e collegato allo start, quello del rivelatore piu sottile, dovutoal gamma di annichilazione del positronio, a quello di stop. I segnali sonoeventualmente ritardati di modo che il segnale di start arrivi prima di quellodi stop. L’entita del ritardo non e importante poiche e solo un offset costantetra i tempi dei due segnali.

Il segnale in uscita dalla TAC e inviato ad un MCA impostato in tensio-ne che campiona il segnale e lo invia ad un computer. Il valore di amplifi-cazione del segnale nel modulo dell’MCA e stato impostato a 2K per tuttal’esperienza.

1.4.1 Impostazione delle soglie dei CFD

Con gli scintillatori a nostra disposizione vogliamo selezionare:

• γ di diseccitazione di Ne di E “ 1275 KeV

• γ di annichilazione del positronio con Emax “ 511 KeV nel centro dimassa.

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1.4. SETTING CATENA DI ACQUISIZIONE 7

Il primo, essendo piu energetico, sara selezionato tramite il rivelatore piuspesso, mentre l’altro da quello piu sottile.

Per osservare lo spettro selezionato tramite CFD bisogna servirsi di unacatena dedicata mostrata in Figura 1.6. Il segnale di ciascun fotomoltipli-

Figura 1.6: Schema dei collegamenti utilizzato per impostare le soglie deiCFD. V voltaggio di alimentazione, S fotomoltiplicatore, FIFO fan in fanout, CFD constant fraction discriminator, TDU time delay unit, MCAmultichannel analyzer

catore, uno per volta, viene inviato ad un FIFO (Fan In Fan Out): e unmodulo attivo che nelle sue uscite riproduce il segnale in entrata. Una diqueste uscite viene collegata al CFD da impostare e da qui al trigger esternodel MCA. L’altra uscita e inviata all’ingresso in carica dell’MCA stando at-tenti che sia in coincidenza con la finestra aperta dal CFD. In questo modol’MCA registra solo i segnali che sono entro le soglie dei CFD ed e possibilevedere a video la parte di spettro che si sta selezionando. Questa procedurae stata ripetuta per entrambi i rivelatori con i rispettivi CFD.

I rivelatori a nostra disposizione non riescono a fermare raggi γ di E «

1 MeV. Nello spettro non e visibile il fotopicco dei fotoni che vogliamoselezionare: dobbiamo quindi selezionare i relativi picchi Compton.

In Tabella 1.1 sono riportati i parametri da noi scelti mentre in Figura 1.7e 1.8 sono mostrate le finestre dello spettro da noi selezionate.

START STOPUpper 1.74 1.44Lower 0.66 0.82

Tabella 1.1: Parametri impostati dei CFD

1.4.2 Calibrazione temporale

Questa procedura e necessaria per calibrare la TAC e riuscire a convertireuna differenza di altezza di due segnali ∆V in una differenza di tempo ∆t.

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8 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

Figura 1.7: Spettro del segnale proveniente dal rivelatore piu spesso (blu)e soglie impostate nel CFD per selezionare la spalla Compton del γ didiseccitazione di Ne (rosso)

A segnali di altezza differente corrispondono canali dell’MCA differenti, diconseguenza tramite la calibrazione e possibile associare a una differenza dicanali un ∆t.

Per ottenere la massima risoluzione possibile vogliamo fissare il valore difondoscala della TAC a 50 ns poiche ci aspettiamo differenze di tempo di nso decine di ns. Quindi impostiamo i parametri di range a 50 ns e il fattoredi moltiplicazione del range a 1.

Per verificare la linearita di conversione della TAC su il piu grande rangepossibile e fittare con piu misure possibili, effettuiamo i collegamenti delledue catene di modo che non ci sia ritardo reciproco. In questo modo ogniritardo e indotto dall’apposito modulo e, avendo a disposizione un numerofinito di canali nell’MCA, riusciamo a testare il maggior numero possibile diritardi (da 2ns a 30ns).

La calibrazione e effettuata tramite la catena di acquisizione senza i CFDmostrata in Figura 1.5. Come sorgente utilizziamo 60Co che emette duegamma di fatto in contemporanea sulle scale di tempo a cui lavoriamo. Unacatena di un rivelatore viene ritardata di una quantita nota ed entrambevengono inviate alla TAC. Si fittano gli spettri dei segnali in uscita e sideterminano la posizione dei picchi come in Figura 1.9. Questi valori sono poifittati tramite una retta per verificarne la linearita e ricavare la calibrazionetemporale (Figura 1.10). Ricaviamo che ogni ns di ritardo corrisponde a 50.8canali, in accordo con la calibrazione ottenuta l’anno scorso.

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1.5. ANALISI DATI 9

Figura 1.8: Spettro del segnale proveniente dal rivelatore piu sottile (blu)e soglie impostate nel CFD per selezionare la spalla Compton del γ diannichilazione del positronio (rosso)

1.5 Analisi Dati

Lo spettro da noi campionato e mostrato in Figura 1.11 e 1.12. E eviden-te, soprattutto dalla scala logaritmica, come siano presenti due costanti didecadimento.

Proviamo quindi a fittare lo spettro con due esponenziali convoluti conla stessa gaussiana che rappresenta gli errori sperimentali. Il modello Mpxq(x sta per canali) utilizzato per fittare e stato:

Mpxq “´

Θpx´ µq`

f1 ¨ Spx, τ1q ` f2 ¨ Spx, τ2q˘

¯

‘Gpxq (1.3)

Gpxq “1?

2πe´

px´µq2

2σ2

Spx, τq “1

τe´x`µτ

dove ‘ indica la convoluzione e Θpx ´ µq e la funzione di Heaviside. InFigura 1.13 e 1.14 sono mostrati i fit. La bonta dei fit testimonia come ilmodello assunto sia esatto e che effettivamente ci siano due costanti di tempodi decadimento diverse. Avevamo preso in considerazione anche l’ipotesi chela porosita del materiale non fosse uniforme causando una non ben definitacurva esponenziale di decadimento ma osservando i dati ed il fit e stataesclusa questa ipotesi. Usando la calibrazione temporale della Sezione 1.4.2

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10 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

Figura 1.9: Fit degli spettri dei segnali in uscita dalla TAC per ritardi chevanno da 2ns a 30ns

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1.5. ANALISI DATI 11

Figura 1.10: Fit della posizione del picco del segnale in uscita dalla TAC infunzione del ritardo per ricavare la calibrazione temporale. Le barre di erroremostrate in figura sono state moltiplicate per un fattore 10.

ricaviamo:

τ1 “ p0.37˘ 0.01q ns

τ2 “ p1.68˘ 0.12q ns

Una delle due costanti di decadimento e dovuta sicuramente all’ortoposi-tronio. Quella del parapositronio (125 ps nel vuoto) e troppo breve per po-terla osservare. Corrisponderebbe infatti a circa 6 canali che si ridurrebberoancora di piu per la presenza della materia. L’unica soluzione e che l’altracostante di decadimento sia dovuta ai positroni che si annichilano senza for-mare il positronio. Ci sentiamo di assegnare a questo processo la costantedi decadimento piu rapida. Infatti si tratta di un processo che coinvolgesolo due fotoni e che ha quindi un vertice in meno rispetto al decadimentodell’ortopositronio.

Concludiamo la nostra esperienza affermando che:

• la vita media dell’ortopositronio nel materiale della nostra sorgenterisulta essere τo´Ps “ p1.68˘ 0.12q ns

• la “vita media” dei positroni nel materiale della nostra sorgente risultaessere τe` “ p0.37˘ 0.01q ns

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12 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

Figura 1.11: Spettro campionato in 3484 s

E inoltre interessante notare come ci siano piu positroni che si annichi-lano senza formare il positronio. Avendo piu statistica per questo tipo dipositroni la relativa vita media e affetta da un minor errore rispetto a quelladell’ortopositronio.

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1.5. ANALISI DATI 13

Figura 1.12: Spettro campionato in 3484 s in scala logaritmica

Figura 1.13: Spettro fittato con il modello M(x) nell’Equazione (1.3)

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14 CAPITOLO 1. VITA MEDIA DEL POSITRONIO

Figura 1.14: Spettro fittato con il modello M(x) nell’Equazione (1.3) in scalalogaritmica

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Capitolo 2

Curva di Landau

2.1 Perdita di energia per una particella ca-

rica in un mezzo

Le particelle cariche, nel passare in un mezzo, perdono energia principalmentesotto forma di ionizzazione e di eccitazione atomica alle energie a cui lavoria-mo (la perdita di energia per bremsstrahlung e trascurabile). La perdita dienergia per unita di percorso viene descritta dalla formula di Bethe-Bloch:

´

⟨dE

dx

⟩“ 4πNAr

2emec

2ρZ

A

z2

β2

ln2mec

2β2γ2

I´ β2

´δpγq

2

(2.1)

dove i termini sono indicati nel riquadro sottostante.

NA Numero di Avogadrore Raggio classico dell’elettroneme Massa dell’elettronez Numero atomico della particella incidenteβ v

c, con c velocit della luce nel vuoto

v Velocita della particella incidente

γ 1/a

1´ β2

Z Numero atomico del materiale attraversatoA Numero di massa del materiale attraversatoρ Densita del materiale attraversatoI Energia media di ionizzazione del materialeδpγq Fattore di correzione di alta energia

La perdita di energia media di una particella carica (in figura 2.1 e rappre-sentata quella per un muone in rame) dipende quindi dal materiale attraverso

15

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16 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

ρ, Z, A, I e dalla particella incidente attraverso β, γ. Una particella caricala cui energia e circa 2/3 volte quella a riposo viene detta MIP (MinimumIonization Particle). Una particella al MIP corrisponde al minimo di perditadi energia (dE{dxmin) e la sua deposizione in energia, in termini di stoppingpower, cioe di dE{pdx ¨ρq, e debolmente dipendente dal materiale considerato(„ 1´2 MeV g´1cm2) .

Figura 2.1: Perdita di energia per un muone nel rame in funzione di βγ. IlMIP in questo caso si trova a βγ „ 4.

La deposizione di energia di una particella che attraversa uno spessorefinito puo essere calcolata dalla formula 2.1 integrando sullo spazio percorso.Tuttavia per ottenere lo spettro di deposizione in energia e necessario consi-derare anche le fluttuazioni statistiche, tenendo conto che esse diventano piuimportanti per piccoli spessori. Queste fluttuazioni sono dovute a un diversonumero di collisioni nel passaggio di due differenti particelle e a una diversaenergia trasferita per ogni collisione. Una trattazione completa di questofenomeno fu eseguita da Landau e successivamente corretta da Vavilov. Ladistribuzione di energia ∆ rilasciata in uno spessore x di materiale e datadalla funzione di Landau

1

N0

dN

d∆“ fp∆, βγ, xq (2.2)

La perdita di energia piu probabile e:

∆mp “ ζ

ln2mec

2β2γ2

I´ ln

ζ

I´ j ´ β2

´ δpβγq

(2.3)

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2.1. PERDITA DI ENERGIA PER UNA PARTICELLA CARICA IN UNMEZZO17

con ζ “ pK{2qpZ{Aqpx{β2q MeV per un rivelatore con spessore x ing cm´2.La coda della distribuzione di Landau e dovuta a collisioni con gli elettronidel rivelatore con grandi trasferimenti di energia: questo genera una distri-buzione asimmetrica. In alcuni casi l’elettrone colpito ha energia sufficienteper percorrere parecchi micrometri prima di fermarsi (raggi δ). Questi sonoparticolarmente rilevanti nei rivelatori al silicio in quanto causano una distri-buzione della carica su di un’area maggiore della risoluzione intrinseca delrivelatore.

Figura 2.2: Funzione di dispersione di pioni da 500 MeV in silicio.

2.1.1 Stime per un rivelatore al silicio

Una particella al MIP in acqua perde circa 2 MeV/cm; possiamo quindiottenere il comportamento nel silicio assumendo che l’energia persa riscalilinearmente con la densita del materiale e sapendo che il silicio e due voltepiu denso dell’acqua.In un rivelatore al silicio le particelle cariche che lo attraversano devonospendere circa ε “ 3 eV per creare una coppia elettrone-lacuna. Tipici valoridi energie perse nel silicio da parte di elettroni al MIP in funzione dellospessore sono:

- 40 KeV in 100 µm;

- 80 KeV in 200 µm.

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18 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

Cerchiamo ora di dare una stima del segnale in uscita dal rivelatore uti-lizzato, sapendo che ha uno spessore di 200 µm. Il numero di coppie totalicreate e dato dal rapporto tra energia totale rilasciata ed energia necessariaper creare una singola coppia:

n “∆E

ε“

80 KeV

3 eVw 3 ¨ 104 (2.4)

in cui ∆E indica l’energia persa in 200 µm di silicio. La carica totaledovuta alla raccolta degli elettroni sara quindi:

Q “ nE “ 3 ¨ 104ˆ 1.6 ¨ 10´19 C w 10´14 C “ 10 fC. (2.5)

La nostra strumentazione legge un segnale in tensione o un segnale in cor-rente. Supponiamo di voler leggere in corrente e ipotizziamo che la raccoltaavvenga in circa ∆t “ 10ns; otteniamo in questo modo una corrente di

I “∆Q

∆t“

10´14 C

10 ¨ 10´9 s“ 10´6 A “ 1 µA. (2.6)

Questo e un valore troppo basso di corrente, indistinguibile dal rumore.Possiamo pero leggere in tensione, considerando il rivelatore come se fosseun condensatore piano, e andare a misurare la d.d.p indotta:

∆V “∆Q

C“

10´14 C

10´12 F“ 10 mV (2.7)

avendo considerato una capacita tipica di 1 pF. Il valore della tensionecosı ottenuto risulta essere facilmente misurabile.

2.2 Apparato sperimentale

L’obiettivo dell’esperimento e quello di determinare la distribuzione di ener-gia rilasciata in un rivelatore di silicio da elettroni al minimo di energia. Ciaspettiamo di ottenere delle curve di Landau, dal momento che utilizziamodelle strip sottili.Viene presentata ora una descrizione dell’apparato sperimentale e del proce-dimento seguito per l’acquisizione dei dati e delle curve di Landau.

2.2.1 La sorgente

La sorgente e scelta essenzialmente per produrre particelle cariche al MIPper il nostro rivelatore; viene quindi utilizzato un emettitore β´, lo 90Sr1, il

1Tempo di dimezzamento di 28.79 anni

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2.2. APPARATO SPERIMENTALE 19

quale decade con la seguente reazione:

90Sr Ñ90 Y ` e´ ` νe

e l’energia dell’elettrone ha come valore di end-point 546 KeV. Questodecadimento e un β puro, senza quindi successive diseccitazioni.L’ 90Y 2 decade a sua volta tramite un processo β´:

90Y Ñ90 Zr ` e´ ` νe ` γ

con un end-point dell’e´ di 2280.1 KeV. Questi ultimi elettroni sono quel-li che noi vogliamo selezionare, poiche essi sono al MIP per un layer di si-licio sottile. In tale configurazione la perdita di energia dell’elettrone saradescritta dalla distribuzione di Landau.

2.2.2 Il rivelatore

Il rivelatore in dotazione per questo esperimento e di tipo semiconduttoreed e formato da 6 layers di silicio, ciascuno dei quali e suddiviso in 4 strips.I piani sono posti parallelamente tra loro e sono contenuti all’interno di unbox metallico, che ha la funzione di isolante, sia dal punto di vista dellaradiazione esterna sia da quello elettromagnetico, svolgendo il compito digabbia di Faraday. Le parti metalliche sono interconnesse tra loro da fili inrame, e queste a loro volta sono collegate a un cavo di terra. La direzione disegmentazione varia fra un piano e l’altro, come mostrato nella figura 2.3.

Figura 2.3: Segmentazione di 3 dei 6 layers che compongono il rivelatore.

2Tempo di dimezzamento di 64 ore

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20 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

Il rivelatore e alimentato da un generatore di tensione esterno per fornireil voltaggio di svuotamento, che impostiamo a circa 60 V. Per far questo enecessario disporre di layers di silicio non troppo spessi, altrimenti il voltag-gio richiesto per lo svuotamento diventa troppo elevato, ma neanche tropposottili, poiche altrimenti alcune particelle potrebbero non interagire nel pas-saggio nel materiale, e quindi la statistica sarebbe troppo bassa.I segnali in uscita dal rivelatore vengono inviati a due preamplificatori, unoper i primi tre layers e uno per gli ultimi tre. Vi e inoltre la possibilita dicollegare il rivelatore a un generatore di funzioni esterno; in questo modo sipuo testare il funzionamento della catena elettronica, studiando la rispostadi questa ad un segnale noto, ad esempio un segnale a onda quadra.Nell’acquisizione delle curve di Landau utilizzeremo tre canali: due di essiavranno la funzione di trigger (T1 e T2), mentre ll terzo sara utilizzato perfornire il segnale sul quale effettueremo la misura (S). I due canali di triggerandrebbero scelti rispettivamente sul primo e sul sesto layer, con il canale Ssul terzo, ma cio non e possibile perche non tutti i canali sono funzionanti.Affinche il segnale uscente da S venga acquisito, i canali T1 e T2 devono regi-strare un segnale in coincidenza. Se cio avviene siamo ragionevolmente sicuriche la particella abbia attraversato tutto il rivelatore in linea retta, e che siaal MIP, dal momento che se il rilascio di energia e minimo la probabilita diattraversare piu strati e maggiore.

2.3 Procedura sperimentale

2.3.1 Test dei canali

Per prima cosa eseguiamo un test sui canali per verificarne il funzionamento.Per far questo inviamo al rivelatore un impulso a onda quadra tramite ilgeneratore di funzioni esterno. Impostiamo una d.d.p. picco-picco di 12mVe una frequenza di 1KHz, facendo attenzione che non si abbia saturazione delsegnale. Osserviamo il segnale in uscita da ciascun canale del preamplificatorecon un oscilloscopio, andando a registrare quelli funzionanti correttamente,quelli che presentano un segnale distorto o poco visibile e quelli in cui none presente alcun tipo di segnale. In tabella 2.1 e riportata la mappatura ditutti i canali.

2.3.2 Catena di acquisizione

Riportiamo ora il procedimento eseguito e l’elettronica utilizzata per acqui-sire una singola curva di Landau. Per prima cosa posizioniamo la sorgente

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2.3. PROCEDURA SPERIMENTALE 21

Canale Stato Canale Stato

A1 Male A4 MaleB1 Male B4 NoC1 Male C4 MaleD1 Male D4 MaleA2 OK A5 MaleB2 NO B5 MaleC2 OK C5 MaleD2 OK D5 MaleA3 NO A6 NOB3 OK B6 OKC3 OK C6 OKD3 OK D6 OK

Tabella 2.1: Risposta dei singoli canali del preamplificatore. Quelli con-trassegnati con OK funzionano correttamente, quelli contrassegnati conMale presentano un segnale in uscita distorto nella forma o debole, quellicontrassegnati con NO non presentano alcun segnale in uscita.

al di sopra dei layer contenuti nel box metallico. Successivamente bisognascegliere i canali sui quali eseguire la misura, in modo che si trovino su unastessa retta ortogonale ai piani. Purtroppo pero non tutti i canali sono fun-zionanti ed inoltre la mappa dei canali e stata persa. Non e quindi possibilescegliere direttamente i canali ma ci si rifa ad uno schema verificato neglianni. La terna di canali e la seguente:

• T1 = C3;

• T2 = D2;

• S = A1.

I segnali di trigger e il segnale in uscita dal canale S seguono due per-corsi diversi. Quelli di trigger in uscita dal preamplificatore (PA) vengonoinviati separatamente a due canali di un discriminatore (D) CAEN mod.96.Il discriminatore confronta il segnale in ingresso con il valore di riferimentoa cui e stato impostato. Se il segnale in ingresso ha una tensione superiorerispetto alla soglia impostata, il discriminatore restituisce in uscita un gra-dino di potenziale; in caso contrario in uscita si ha un segnale nullo. Questacomponente permette di eliminare il rumore elettronico e selezionare solo ilsegnale legato alla MIP di interesse. Il valore di soglia viene regolato per una

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22 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

mezzo di una vite, e, collegando l’output del canale in esame del discrimina-tore ad un oscilloscopio, si osserva come viene modificato il segnale al variaredei parametri. Vi e inoltre un’altra vite che permette di regolare la larghezzadel segnale di output.Successivamente le uscite dei due discriminatori vengono collegate ad un’u-nita di coincidenza (CU) LeCroy 465, la quale da in uscita una buca dipotenziale in corrispondenza degli intervalli temporali in cui le finestre dientrambi i trigger risultano essere aperte. A questo punto il segnale in uscitadalla CU viene inviato al Dual Timer (DT). Questo riemette un segnale agradino con un ritardo e una durata opportuni, selezionabili dall’utente.Il segnale S proveniente dal preamplificatore segue un altro percorso. Inizial-mente viene inviato ad un amplificatore con guadagno variabile (A) e fattopassare attraverso un cavo molto lungo, per compensare il ritardo accumu-lato dai segnali di trigger nel percorrere la catena elettronica. E possibileinoltre impostare il ritardo facendo passare il segnale attraverso una TimeDelay Unit (TDU).Prima di eseguire la misura, il segnale S in uscita dalla TDU e quello in uscitadal dual timer vengono osservati su due canali distinti dell’oscilloscopio. Siregolano quindi i parametri del dual timer affinch tutto il segnale S del rive-latore sia contenuto all’interno della finestra del dual timer, rendendo ancheminimo il tempo in cui la finestra rimane aperta senza alcun segnale. Questoinfatti significherebbe campionare anche il rumore.Dopo aver regolato questi parametri i due segnali vengono inviati ad un mul-ticanale (MCA): il segnale proveniente dal dual timer viene connesso allaporta di external trigger e fornisce al multicanale la finestra di campiona-mento. Questo integra la corrente proveniente dal segnale nel tempo, entro ilimiti temporali imposti dal trigger esterno, al fine di trovare la carica. Re-goliamo quindi la baseline del MCA per evitare la campionatura del rumoree colleghiamo il multicanale al PC per acquisire i dati. Il campionamento delMCA viene impostato a 2048 canali, mentre il fattore di guadagno a 2k.

2.3.3 Somma di due curve di Landau

Dopo aver ricavato la curva di Landau per un singolo canale, andiamo adacquisire la stessa distribuzione per la somma di due canali. Per questo tipo dimisura la catena elettronica del segnale in uscita dai canali di trigger rimaneinvariata, mentre l’altra viene modificata. Nella fattispecie, i segnali S1 e S2,in uscita rispettivamente dai canali A1 e C6, dopo essere stati fatti passareattraverso due amplificatori, vengono inviati ad un modulo sommatore (S),

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2.4. ANALISI DATI 23

Figura 2.4: Schema collegamenti per la curva di Landau singola. Preamplifi-catore PA, amplificatore A, discriminatore D, unita di coincidenza CU, dualtimer DT, unit di ritardo TDU, multicanale MCA.

il quale restituisce la somma dei due segnali. Il segnale in uscita da S vienepoi ritardato oppurtunamente tramite la TDU e inviato al MCA.

Figura 2.5: Schema collegamenti per la somma di due curve di Landau.Preamplificatore PA, amplificatore A, discriminatore D, unita di coincidenzaCU, dual timer DT, unita di ritardo TDU, multicanale MCA, sommatore S.

2.4 Analisi Dati

Per acquisire la curva di Landau e necessario posizionare la sorgente in ma-niera opportuna. Questa si trova all’interno di una capsula di plastica, ede bene situarla al di sopra dei layers di silicio, a contatto con il piano piuesterno e in posizione centrale; in questo modo, non sapendo l’esatta map-pa dei canali, si riesce ad irraggiare il rivelatore nella maniera piu uniformepossibile.In figura 2.6 e mostrata la distribuzione ottenuta dall’acquisizione del segnalein uscita dal canale A1.

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24 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

Figura 2.6: Fit della curva di Landau per il canale A1.

Notiamo che la curva ha l’andamento atteso e che il fit con la distribuzionedi Landau e molto buono. Esso e stato eseguito per mezzo di una macro diROOT, tramite la funzione “landau”.Successivamente andiamo a sommare il segnale studiato poc’anzi con quelloin uscita da un secondo canale, includendo il modulo sommatore nella catenaelettronica, come descritto nella sezione 2.3.3. I canali acquisiti sono A1 e C6e la distribuzione ottenuta dalla somma dei due segnali mostrata in figura2.7.

Come ci aspettavamo, la distribuzione in figura 2.7 risulta essere piusimmetrica rispetto a quella del singolo canale A1, e il valore piu probabilesi sposta a energie piu alte. Eseguiamo dapprima un fit con una Landau(figura 2.8) e successivamente con una gaussiana (figura 2.9), per verificarela simmetria della funzione.

Dal confronto tra il grafico 2.8 e il grafico 2.9 si evince che il fit con lagaussiana da un risultato migliore in vicinanza del picco rispetto alla funzionedi Landau, a conferma della maggiore simmetria raggiunta sommando duesegnali relativi a due diversi layers.

Andiamo infine a rappresentare su un unico grafico (figura 2.10) il se-gnale in uscita dal canale A1 e quello risultante dalla somma di A1 e C6.Le due distribuzioni vengono traslate in modo che i picchi coincidano. Daquesto grafico risulta evidente la maggiore simmetria raggiunta sommando

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2.4. ANALISI DATI 25

Figura 2.7: Curva di Landau ottenuta dalla somma dei segnali provenientidai canali A1 e C6. L’acquisizione e eseguita per 5098 s.

il segnale in uscita dai due canali, soprattutto nella parte prima del picco.La curva di Landau tende quindi a una gaussiana; questo perche, sommandopiu canali e quindi aumentando lo spessore del rivelatore, aumenta il numerodi interazioni con gli atomi del materiale e quindi le fluttuazioni statisticheacquistano un peso minore.

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26 CAPITOLO 2. CURVA DI LANDAU

Figura 2.8: Fit della curva somma dei canali A1 e C6 tramite la distribuzionedi Landau.

Figura 2.9: Fit della curva somma dei canali A1 e C6 tramite la gaussiana.

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2.4. ANALISI DATI 27

Figura 2.10: Confronto tra la distribuzione ottenuta dall’acquisizione delsingolo canale (in verde) e quella ottenuta dalla somma dei canali A1 e C6(in blu).