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Elettricità e Magnetismo

prof. Giovanni Falcone

(G. Falcone)Dipartimento di Fisica - Università della Calabria, ponteP. Bucci, cubo 31C, Rende (CS) Italy

Current address, G. Falcone: Dipartimento di Fisica, Università della CalabriaE-mail address, G. Falcone: [email protected]: http://www.fis.unical.it

Dedicato alla memoria di mia madre cui in vita ho dedicato molto meno tempo di quanto avreivoluto

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Abstract. Queste dispense si riferisco al corso di Fisica II da me svolto pressola Facoltà di Ingegneria dell’università della Calabria nell’AA 2001-2002. Ilcorso prevedeva 30 ore di lezioni tradizionali e 30 di esercitazioni. Le dispensecontengono sia le lezioni svolte che un gran numero di esercizi svolti.In unmomento di transizione del nostro sistema universitario, in assenza di adeguatilibri di testo, ritengo che sia un dovere dei docenti fornire delle dispense quantopiù vicine possibili ad un libro di testo. Nei miei ricordi di studente, non possonon ricordare la minore difficoltà che ho incontrato nel sostenere gli esamidi cui erano disponibili o le dispense o il libro del docente del corso. Avreiraggiunto lo scopo che mi ero prefisso se almeno una parte dei miei studentipotesse trovare un aiuto da queste mie dispense. A tutti coloro che volesserodarmi suggerimenti per migliorare queste dispense o segnalarmi eventuali erroriporgo i miei ringraziamenti.

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Contents

Prefazione v

Chapter 1. Il campo elettrostatico 11. La legge di Coulomb 12. Il campo prodotto da più cariche puntiformi 53. Le linee di forza del campo elettrostatico 64. Esempi 7

Chapter 2. Il concetto di potenziale 131. Il potenziale coulombiano 142. Il potenziale del campo uniforme e costante 163. Espressione cartesiana di potenziali coulombiani 184. Il dipolo elettrico ed il suo momento 195. Potenziale a grande distanza da una distribuzione puntiforme di cariche 206. Dipolo in un campo elettrico esterno ed uniforme 227. Esempi 24

Chapter 3. Distribuzioni continue di cariche 251. Determinazione di alcuni campi 262. Determinazione di alcuni potenziali 303. Potenziali a grande distanza da un distribuzione continua 33

Chapter 4. La legge di Gauss 351. Flusso di un vettore attraverso una superficie 352. La legge di Gauss per il campo elettrico 383. Legge di Gauss: derivazione generale 394. Esempi 43

Chapter 5. Conduttori e Dielettrici in elettrostatica 511. Il campo elettrico nei conduttori 512. Il campo elettrico nelle vicinanze di un conduttore 533. L’induzione elettrostatica 564. Lo schermo elettrostatico 565. Potenziale di un conduttore 586. Effetto punta 607. Capacità di un conduttore 618. Capacità di un condensatore piano 629. I Dielettrici 6610. Complementi: energia e densità di energia elettrostatica 72

Chapter 6. La corrente elettrica continua 85

iii

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iv CONTENTS

1. Densità di carica e di corrente 852. Legge di Ohm 873. La densità di energia elettrostatica 934. Complementi: cenni sulle leggi di Kirchhoff 945. Complementi: teoria microscopica elementare della conduzione 966. Complementi: carica di un condensatore 977. Complementi: scarica di un condensatore 99

Chapter 7. Forze agenti su cariche e correnti 1011. La forza di Lorentz 1012. Il lavoro della forza di Lorentz 1063. Forza agente su tratti di fili: seconda formula di Laplace 1064. L’azione magnetica su un circuito: il dipolo magnetico 1075. Il segno dei portatori di carica nei metalli 1106. Effetto Hall 1117. Complementi: Circuito in moto in un campo B uniforme e costante 114

Chapter 8. Campi magnetici prodotti da correnti stazionarie 1211. Il campo magnetico prodotto da una carica in moto uniforme 1212. La prima formula di Laplace 1223. Legge di Biot-Savart 1254. Forza agente tra cariche in moto 1305. Definizione di Ampère 132

Chapter 9. La legge di Faraday 1351. Induzione in un circuito in moto 1382. La legge di Lenz 1393. Autoinduttanza ed induttanza 1404. Esempi 1425. L’energia magnetica: elementi 1446. Il circuiti LC 1467. Esempi 147

Chapter 10. La circuitazione e il flusso del campo magnetico 1531. Circuitazione di B: il teorema di Ampère 1532. Esempi 1553. La corrente di spostamento di Maxwell 1574. Il flusso di B attraverso una superficie chiusa 160

Appendix A. Appendice 163

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Prefazione

L’organizzazione di queste dispense tiene conto sia del numero di ore in cuierogare le lezioni tradizionali sia le conoscenze dello studente che segue il corso. Ilmodulo di Fisica II consta di 30 ore di lezioni e 30 di esercitazioni. Rispetto adun corso tradizionale siamo ad appena un terzo delle ore frontali che una volta glistudenti di Ingegneria ricevevano. Inoltre gli studenti avendo solo svolto il corso diCalcolo 1, non sarebbero in grado di comprendere una formulazione locale del campoelettromagnetico. Con questi presupposti il corso deve essere necessariamente uncorso di Elettricità e Magnetismo. In realtà, come per il corso di Fisica I lo scopodei due corsi è quello di fornire agli studenti le sole conoscenze di Fisica di base,indispensabili per affrontare i corsi della nuova laurea. Il corso è allora una sempliceintroduzione alle quattro leggi fondamentali dell’elettricità e Magnetismo nel vuoto.Ogni approfondimento sulla corrente continua e non, sui conduttori, sui dielettrici,sul magnetismo nella materia e sulla formulazione locale dei campi dovrà essereaffrontata in altri corsi del primo triennio o in alcuni del secondo biennio.

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CHAPTER 1

Il campo elettrostatico

La conoscenza dei fenomeni elettrici e magnetici, nella forma presentata inquesto corso è relativamente recente. Tuttavia, conoscenze di fenomeni legatiall’elettricità ed al magnetismo erano noti anche ai popoli della Grecia. Infatti,questi popoli conoscevano la resina fossile, detta ambra e la magnetite. Per arrivaread una prima conoscenza dei fenomeni magnetici come li intendiamo oggi bisognaattendere il libro dell’inglese William Gilbert, del 1600. In esso si parla del mag-netismo terrestre e dell’orientamento degli aghi magnetici, nonché dell’elettricitàper strofinio. La nascita dell’elettricità moderna si fonda, in ogni caso, sui lavoridel francese Charles Augustin Coulomb (1736-1806). La storia dell’elettricità e delmagnetismo, come tutte le storie relative al progresso della conoscenza umana non èmai il contributo di pochi ed è difficile compendiare gli sforzi dei molti che ci hannoconsegnato i loro risultati. Vogliamo solo rilevare ora che la storia dell’elettricità edel magnetismo si è mescolata con la storia della costituzione della materia e conla storia della natura della luce. Nel corso di questo corso incontreremo alcuni deiprotagonisti ed il lavoro da essi svolto. Non procederemo in maniera storica, perchéquesto approccio non spetta a questo corso, ma partiremo quasi dalla fine, ovverodalla costituzione della materia, in una forma semplificata.

Tutti i corpi sono costituiti di atomi. Gli atomi sono costituiti da un nucleo,ove risiedono i neutroni ed i protoni, e da elettroni che sono localizzati intorno alnucleo. Questo modello fu proposto nel 1917 dall’inglese Rutherford e dal daneseBohr. Elettroni e protoni posseggono una carica elettrica, che indicheremo con qee qp. Per convenzione, la carica dell’elettrone è stata assunta negativa. Il protone,possiede una carica di valore pari alla carica dell’elettrone ma di segno opposto. Lacarica dell’elettrone e del protone è detta carica fondamentale ed il suo valore, è,

qe = −1, 6× 10−19C qp = 1, 6× 10−19C

dove C sta per Coulomb, ed è l’unità di misura della carica elettrica, nel SistemaInternazionale. Un corpo è carico quando vi è un eccesso di cariche positive onegative. Tutti i corpi carichi risultano avere una carica che è un multiplo dellacarica fondamentale.

L’elettrone fu scoperto nel 1897 dall’inglese Joseph John Thomson (1856-1940).

1. La legge di Coulomb

Il contributo più rilevante di Coulomb è stato la determinazione, per via sper-imentale, di quella che oggi è nota come legge di Coulomb (1785). La legge di

1

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2 1. IL CAMPO ELETTROSTATICO

Coulomb stabilisce che due corpi carichi puntiformi, posti nel vuoto ad una dis-tanza r, esercitano l’uno sull’altro una forza la cui intensità, è data da

F0 = k0Q1Q2r2

dove Q1 e Q2 sono le cariche possedute dai corpi e k0 è una costante, dettacostante di Coulomb, che nel Sistema Internazionale vale circa

k0 = 9× 109Nm2

C2

La direzione della forza F0 è lungo la congiungente i due corpi e risulta attrattiva,sele due cariche sono di segno opposto,e repulsiva, se sono dello stesso segno:

Nel Sistema Internazionale si usa riscrivere la costante k0 nel modo seguente

k0 =1

4π 0

dove 0 è una costante, detta costante dielettrica del vuoto, (o permettivitàassoluta del vuoto). Il suo valore, nel Sistema Internazionale è circa

0 = 8, 9× 10−12 C2

Nm2

1.1. Il campo coulombiano. Si considerino due cariche puntiformi, Q e q edun sistema di riferimento con l’origine sulla carica Q. Secondo la legge di Coulomb,sulla carica puntiforme q verrà esercitata, da parte della carica puntiforme Q, unaforza la cui espressione è

(1) F0 = ±k0Qqr2ur

dove ur è il versore del vettore posizione

ur =r

r

Nella (1) il segno positivo va preso se le due cariche sono dello stesso segno,mentre il segno negativo va preso se le due cariche hanno segno opposto.

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1. LA LEGGE DI COULOMB 3

Assumeremo, in tutta la restante sezione che entrambe le cariche siano positive.Il vettore

(2a) E =F0q

è detto campo elettrico generato dalla carica Q. Usando la (1), possiamo ot-tenere la forma esplicita del campo:

(2b) E = k0Q

r2ur

Come si vede, il campo elettrico dipende dalla carica Q e dalla distanza doveabbiamo posto la carica Q.

Indipendentemente dalla presenza effettiva della carica q, ad ogni punto dellospazio intorno alla carica Q si può associare un vettore, la cui direzione è lungo lacongiungente la carica Q e la carica q, il cui verso è quello del versore posizione ela cui intensità è data da

(3) E = k0Q

r2

L’insieme dei vettori associabili ai punti dello spazio, con le modalità appena de-scritte, costituiscono il campo coulombiano della carica puntiforme Q. L’unità dimisura del campo elettrico è quella di una forza per unità di carica

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4 1. IL CAMPO ELETTROSTATICO

E =[forza]

[carica]=

N

C

Un tipico valore del campo elettrico è 104N/C.Il campo coulombiano generato dalla carica Q non dipende dalla carica q. Tut-

tavia, per misurare il campo coulombiano E0, dobbiamo, secondo la (2), primaconoscere la forza F0 agente sulla carica q e poi dividere la forza stessa per il val-ore della carica q. Per evitare che ci sia una dipendenza dalla carica q usata, perdeterminare il campo coulombiano, occorre che la carica q sia una carica di prova.

Per carica di prova si intende una carica che sia puntiforme e sufficientementepiccola paragonata con Q, in maniera tale che il campo coulombiano di Q non siamodificato apprezzabilmente dalla carica di prova. Allora, possiamo scrivere

(4) E =F0q= k0

Q

r2ur q << Q

La carica di prova sarà indicata con q ed è assunta sempre positiva.Una volta determinato il campo coulombiano di una carica puntiforme Q, us-

ando la carica di prova, possiamo determinare la forza esercitata dalla carica Q suuna qualunque carica puntiforme Q1; basterà moltiplicare il campo, dato dalla (4),per la carica Q1:

(5) F0 = Q1E

Se la carica Q, non è nell’origine, ma occupa una posizione r1, allora il campoelettrico da essa generato, nel punto P, la cui posizione è r, sarà:

(6) E (r) =1

4πε0

Q

|r− r1|3(r− r1)

1.2. Uso delle coordinate cartesiane. In maniera esplicita, ora scriveremoi risultati in forma generale, ma usando le coordinate cartesiane. Gli esercizi chefaranno riferimento a campo di una o più cariche puntiformi, si potranno risolverecon le espressioni ottenute in quosto paragrafo.

Il campo elettrico coulombiano in P dovuto alla carica Q è

E0 = k0Q1

R2uR

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2. IL CAMPO PRODOTTO DA PIÙ CARICHE PUNTIFORMI 5

dove

r− r1 = RIntroducendo le coordinate cartesiane dei punto P e Q :

r1 = x1ux + y1uy + z1uz r = xux + yuy + zuz

troviamo

R = (x− x1)ux + (y − y1)uy + (z − z1)uz

e

|R|2 = (x− x1)2+ (y − y1)

2+ (z − z1)

2

Inoltre, poiché

uR =R

|R|avremo

uR =(x− x1)ux + (y − y1)uy + (z − z1)uzq

(x− x1)2+ (y − y1)

2+ (z − z1)

2

In definitiva, il campo coulombiano sarà dato

E0 = k0Q(x− x1)ux + (y − y1)uy + (z − z1)uz

[(x− x1)2 + (y − y1)

2 + (z − z1)2]3/2

Se la carica Q è posta nell’origine del sistema di riferimanto avremo

E0 = k0Qxux + yuy + zuz

[x2 + y2 + z2]3/2

2. Il campo prodotto da più cariche puntiformi

Vale per il campo elettrico, il seguente principio di sovrapposizione:Il campo elettrico di due o più cariche puntiformi è uguale al vettore somma

dei campi elettrici di ognuna di queste cariche prese separatamente.

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6 1. IL CAMPO ELETTROSTATICO

In forma matematica scriveremo, per N cariche puntiformi :

(1) E =NXn=1

En

ovvero

(2) E =1

4π 0

NXn=1

Qn

|r− rn|3(r− rn)

dove Qn è la carica posta nella posizione rn ed r è la posizione del punto P, dove sivuole calcolare il campo coulombiano.

3. Le linee di forza del campo elettrostatico

Per visualizzare il campo si usa introdurre le linee di forza del campo. Una taledescrizione, precisiamo subito è solo approssimativa e in alcuni casi può indurrein conclusioni sbagliate. Una linea di forza di un campo elettrico è una linea cheha per tangente in ogni suo punto un vettore che coincide con il campo nel puntoconsiderato. Le linee di forza di una carica puntiforme positiva e negativa sonomostrate sotto. Le linee di forza sono sempre dirette dalle cariche positive a quellenegative:

Il verso delle linee di forza si comprende immaginando nei vari punti la caricadi prova. Si può immaginare che il numero di linee di forza sia proporzionaleall’intensità del campo e quindi visualizzare una maggiore o minore intensità delcampo, in una certa regione, aumentando o diminuendo, rispetto ad un’altra regioneil numero di linee di forza.

In ogni caso, non bisogna dimenticare che il campo è una funzione continuadello spazio e quindi l’uso, naturalmente discreto delle linee di forza, può esserefuorviante. Un modo analitico per determinare le linee di forza, ovvero per deter-minare le equazioni di tali linee è quello di usare la condizione di parallelismo trail campo E e la tangente dl alla linea di forza in un punto:

E ∧ dl =0ovvero, in termini di componenti

dx

Ex=

dy

Ey=

dz

Ez

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4. ESEMPI 7

4. Esempi

Esempio 1:Si determini il rapporto tra la forza di Coulomb e la forza gravi-tazionale che un protone esercita su un elettrone.

Ambedue le forze sono attrattive. La forza di Coulomb esercitata dal protonesull’elettrone è data da

F0 = k0QpQe

r2

dove k0 è la costante di Coulomb ed r la distanza tra le due cariche. La forzagravitazionale esercitata dal protone sull’elettrone è data da

FG = GMpMe

r2

dove G è la costante di gravitazione universale ed Mp ed Me la massa delprotone e dell’elettrone, rispettivamente. Facendo il rapporto tra le due forze

F0FG

=k0G

QpQe

MpMe

e sostituendo i valori numerici (Mp = 1, 7 × 10−27kg, Me = 9, 1 × 10−30kg) e(G = 6, 7× 10−11Nm2/kg2, Qi = 1, 6× 10−19C) alle varie quantità , si trova

F0FG

= 2, 3× 1039

La forza di Coulomb è enormemente più intensa della forza gravitazionale.Esempio 2: Trovare il campo coulombiano nel punto P di coordinate (0,0,5)

prodotte da due cariche puntiformi di uguale valore, Q1 = Q2 = Q poste nei puntidi coordinate (3,0,0) e (0,4,0).

Poiché

r1 = x1ux + y1uy + z1uz r2 = x2ux + y2uy + z2uz r = xux + yuy + zuz

troviamo

r1 = 3ux r2 = 4uy r = 5uz

R1= r− r1 = (−3)ux + (5)uz R2 = r− r2 = (−4)uy + (5)uz

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8 1. IL CAMPO ELETTROSTATICO

|R1| =q(−3)2 + (5)2 =

√34 |R2| =

q(−4)2 + (5)2 =

√41

Inoltre, poiché

uR1 =r− r1|r− r1| uR2 =

r− r2|r− r2|

avremo

uR1 =(−3)ux + (5)uz√

34uR2 =

(−4)uy + (5)uz√41

Il campo coulombiano, in P, dovuto alla carica Q1 , sarà dato da

E1 = k0Q1

(|R1|)2uR1

e quello dovuto alla carica Q2 sarà dato da

E2 = k0Q1

(|R2|)2uR2

Usando le relazioni precedenti troviamo

E1 = k0Q−3ux + 5uz(34)3/2

E2 = k0Q−4uy + 5uz(41)3/2

In campo risultante sarà

E = E1 +E2 = k0Q (−0, 01ux − 0, 01uy + 0, 04uz)Esempio 3-Due cariche Q1 = 50µC e Q2 = 10µC sono poste nei punti di

coordinate (−1, 1,−3)m e (3, 1, 0)m. Si determini la forza agente su Q1.Possiamo scrivere i vettori posizione delle due cariche, avendo le componenti,

come

r1 = −ux + uy − 3uz r2 = 3ux + uy

da cui, facendo la semplice differenza delle componenti omologhe, avremo

R = r1 − r2 = −4ux − 3uz |R| =p42 + 32 = 5

Infine

uR =r1 − r2|r1 − r2| =

1

5(−4ux − 3uz)

La forza agente su Q1 sarà

F12 =1

4π 0

Q1Q2r212

uR = 0, 18 (−0, 8ux − 0, 6uz)N

Esempio 4 (Dipolo elettrico) Due cariche, uguali ma di segno opposto, sonotenute ferme lungo l’asse z, ad una distanza l, uguale per entrambe, dall’origine delsistema di riferimento. Si determini il campo E, in un punto P, dell’asse y.

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4. ESEMPI 9

Con E+ ed E− abbiamo indicato il campo elettrico generato in P dalla caricapositiva e negativa rispettivamente. Il campo generato dal dipolo in un puntoarbitrario P è in generale, come mostreremo successivamente abbastanza complesso.Qui la semplicità del calcolo è realizzata mediante la limitazione al solo asse y, cheè un asse di simmetria per le due cariche.

Il campo E+ generato dalla carica Q è repulsivo, mentre il campo E− è attrat-tivo. La distanza d, di P da Q, è uguale alla distanza di P da (−Q) ed entrambesono uguali a

(1) d2 = l2 + y2

I due campi hanno una uguale intensità:

(2) E+ = E− =1

4π 0

|Q|l2 + y2

Le componenti lungo l’asse y sono uguali e di segno contrario. Le componenti lungol’asse z sono uguali e dello stesso segno; il loro modulo è:

E+,z = E+ cosα = E+lp

l2 + y2

E−,z = E− cosα = E−lp

l2 + y2

allora, la risultante componente lungo l’asse z è

(3) Ez = E+,z + E−,z =2

4π 0

|Q| l(l2 + y2)

3/2

Nel caso in cui y À l (approssimazione di dipolo), si può trascurare l2 nel denomi-natore e la precedente relazione diventa

(4) Ez∼= 2

4π 0

|Q| ly3

Se introduciamo la quantità dQ

(5) dQ = 2lQ

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10 1. IL CAMPO ELETTROSTATICO

detta, momento di dipolo elettrico, avremo

(6) Ez∼= 1

4π 0

dQy3

Esempio 5: Moto in un campo elettrico longitudinale.

Determinare la velocità di arrivo dell’elettrone sullo schermo.Il teorema dell’energia cinetica, nel tratto d, si scrive

qeEd =1

2Mev

2f −

1

2Mev

2

da cui

vf =

rv2 +

2qeEd

Me

Poiché, nel tratto l il moto è rettilineo uniforme, la precedente espressione rappre-senta anche la velocità di arrivo sullo schermo.

Esempio 6: Moto in un campo elettrico trasverso; Determinare il punto diarrivo sullo schermo dell’elettrone e la velocità con cui vi arriva

Le equazioni utili sono

Meax (t) = 0 Meay (t) = −qe (−E)da cui

vx (t) = v x (t) = vt

vy (t) =qeE

Met → y (t) =

1

2

qeE

Met2

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4. ESEMPI 11

Eliminando il tempo tra le equazioni delle coordinate si ottiene

(1) y =1

2

qeE

Me

1

v2x2

Questa è una parabola. Poiché, dopo la particella si muove di moto rettilineouniforme, la velocità di arrivo sullo schermo è uguale alla velocità di arrivo, in h.Il valore di h è

(2) h =1

2

qeE

Me

1

v2d2

La velocità, in h, avrà un modulo che otterremo dal teorema dell’energia cineticaZF · dr = 1

2Mev

2f −

1

2Mev

2

Poiché ZF · dr =

ZFxdx+ Fydy =

ZFydy = qeEh

avremo1

2Mev

2f =

1

2Mev

2 + qeEh

da cui

(3) vf =

rv2 + 2

qeEh

Me

Per ottenere la direzione della velocità basta trovare la tangente alla traiettoria, nelpunto di coordinate (d, h). Facendo la derivata della (1), si trova

dy

dx=

qeE

Me

1

v2x

Ponendo x = d, si ottiene

(4) tanα =qeE

Me

1

v2d

Rimane la determinazione di h1. Geometricamente, si ha

h1 = h+ l tanα

da cui

(5) h1 =1

2

qeE

Me

1

v2d2 + l

qeE

Me

1

v2d =

qeE

Me

d

v2

µd

2+ l

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CHAPTER 2

Il concetto di potenziale

Vogliamo discutere del concetto di lavoro in elettrostatica. Conviene ricordarealcune delle considerazioni svolte sul concetto di lavoro in meccanica. Abbiamoimparato nel corso di Meccanica che vi sono alcune forze, dette conservative, ilcui lavoro non dipende dalla conoscenza della traiettoria del corpo, ma solo dalleposizioni iniziali e finali, come per esempio la forza di gravitazione universale, laforza peso e la forza elastica. Per tali forze, abbiamo definito una energia potenziale:Un punto materiale che si muove sotto l’azione di una forza conservativa passaattraverso i diversi punti dello spazio cui è associato un ben determinato valoredella funzione energia potenziale, U (r). Il valore che viene associato al genericopunto rA è uguale al lavoro che la forza compie sul punto materiale per spostarlodal punto A ad un’altro O, preso come punto di riferimento per A e tutti gli altripunti dello spazio in cui agisce la forza. Allora per le forze conservative è possibiledefinire la seguente funzione

(1) U (rA) ≡ U (A) = L (A→ O)

Se B è un altro punto dello spazio

U (B) = L (B → O)

Scegliendo una traiettoria che vada da A a B, passando anche per O, possiamoscrivere

(2)U (A)−U (B) = L (A→ O)−L (B → O) = L (A→ O)+L (O→ B) = L (A→ B)

cioè

(3) L (A→ B) = U (A)− U (B) ≡ −∆UIl lavoro per spostare un punto materiale da A a B è, nel caso di forze conser-

vative, è uguale alla variazione di energia potenziale, cambiata di segno.Passiamo al caso di campi elettrici. Supponiamo di avere un campo elettrico

E. La forza agente su di una carica di prova q è

(4) F0 = qE

Se la forza è conservativa, possiamo associare ad ogni punto dello spazio oveagisce il campo una energia potenziale elettrostatica, nel modo seguente:

(5) U (A) = LF0 (A→ 0) = q

Z 0

A

E · dr

13

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14 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

dove 0 è il punto di riferimento sopra decsritto. Si definisce potenziale in A, illavoro fatto dal campo sulla carica unitaria.

(6) V (A) =qR 0AE·drq

=

Z 0

A

E·dr

Se si ha un secondo punto si avrà

V (B) =

Z 0

B

E·dr

e la differenza di potenziale tra i due punti sarà

(7) V (B)− V (A) =

Z 0

B

E·dr−Z 0

A

E·dr = −Z B

A

E·dr

In fututo, sostituiremo dr con dl,

(8) V (B)− V (A)= −Z B

A

E·dl

Il vettore infinitesimo dl, è in ogni punto tangente ad una ”linea”, l che puòessere una traiettoria di una particella reale o un ipotetico percorso.

1. Il potenziale coulombiano

Abbiamo imparato nel capitolo precedente che le proprietà dello spazio intornoad una carica puntiforme sono determinate dalla conoscenza del campo elettricocoulombiano in ogni punto dello spazio. Ora mostreremo che esiste un modo al-ternativo di conoscere le proprietà dello spazio intorno ad una carica puntiforme.Tale metodo alternativo consiste nella conoscenza del potenziale in ogni punto dellospazio. Lo scopo di questo paragrafo è la determinazione dell’espressione di questopotenziale coulombiano. Proviamo a calcolare la differenza di potenziale tra duepunti dello spazio in cui è presente una carica puntiforme Q. In particolare, calco-liamo il secondo membro della seguente relazione

V (B)− V (A)= −Z B

A

E·dl

nel caso di un campo generato la carica puntiforme Q è posta nell’origine diun sistema di riferimento.

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1. IL POTENZIALE COULOMBIANO 15

Sostituendo l’espressione del campo elettrico coulombiano, per una carica postanell’origine, nell’integrando della precedente relazione, avremo

V (B)− V (A)= −Z B

A

k0Q

r2ur·dl

dove ur è il versore radiale del campo e dl è lo spostamento infinitesimo, ovvero èun vettore tangente alla curva che rappresenta il percorso (reale o ideale) che stiamoesaminando. Il prodotto scalare ur·dl rappresenta la componente del vettore dl nelladirezione radiale, ovvero dr. Allora

(1) V (B)− V (A)= −Z B

A

k0Q

r2dr= − k0Q

µ−1r

¶¯BA

= k0Q

µ1

rB− 1

rA

¶Notiamo subito che due punti che hanno la stessa distanza dalla carica Q hanno lostesso potenziale. Possiamo più in generale affermare che tutte le superfici sferiche,con centro sulla carica Q sono superfici equipotenziali, per la carica Q. Ricordandoche il campo elettrico di una carica puntiforme è radiale, possiamo concludere cheil campo è sempre ortogonale alle superfici equipotenziali.

Assumeremo sempre che il potenziale sia nullo all’infinito (il punto di riferi-mento comune per tutti i punti è all’infinito ed in tale punto il potenziale è zero)

(2) V (B =∞) = 0Dalla (1) avremo

(3a) V (A) =

Z ∞A

k0Q

r2dr = k0Q

1

rA

Se la carica Q è negativa, avremo

(3b) V (A) = −k0Q 1

rA

All’espressione

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16 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

(4) V0 (r) =U (r)q

=

Z ∞A

k0Q

r2dr = ±k0Q

r

si dà il nome di potenziale coulombiano generato dalla caricaQ, posta nell’originedel sistema di riferimento. Il potenziale coulombiano, ad una distanza r dalla caricaQ è uguale al lavoro fatto dalla forza coulombiana, generata dalla carica Q su diun corpo di carica unitaria per spostarlo da una distanza r ad una distanza infinitadalla carica Q. Il segno coincide con il segno della carica.

Il potenziale si misura in Joule su Coulomb e si chiama Volt (V). Dalle prece-denti equazioni si vede che il campo elettrico ha anche dimensioni del Volt su metri :

E =V

mSe la carica non è posta nell’origine del sistema di riferimento

ma occupa una posizione individuata dal vettore r0 e il potenziale deve calcolarsinel punto P, il cui vettore posizione è r, allora il potenziale coulombiano associatoalla carica Q, nel punto P si scrive

(5) V0 (r) = ±k0 Q

|r− r0| = ±1

4π 0

Q

|r− r0|Notiamo subito che, essendo il campo elettrostatico coulombiano conservativo,

(per esso abbiamo potuto definire l’energia potenziale e poi il potenziale), l’integraledi linea tra due punti qualsiasi non dipende dal percorso scelto per connettere i duepunti. In particolare, se il punto iniziale e quello finale coincidono, ovvero, se ilpercorso scelto è chiuso, l’integrale di linea è nullo:

(6)IE · dl = 0

Si dice che la circuitazione del campo coulombiano elettrostatico è nulla.

2. Il potenziale del campo uniforme e costante

.Ci proponiamo di calcolare la differenza di potenziale tra due punti dello spazioin cui è presente un campo elettrico uniforme e costante. Per ora non ci preoccu-peremo di sapere quale distribuzione di cariche determina un tale campo (vedremo

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2. IL POTENZIALE DEL CAMPO UNIFORME E COSTANTE 17

che un tale campo si trova tra le piastre di un condensatore piano) ma solo di studi-arne le proprietà. Un campo elettrico uniforme e costante è un campo che assumein una regione dello spazio sempre lo stesso valore, in modulo direzione e verso.Supponiamo che il nostro campo elettrico E sia diretto lungo l’asse z:

(7) E =Euz

Abbiamo vista che la differenza di potenziale tra due punti, in uno spazio incui è presente un campo elettrico conservativo è

(8) V (B)− V (A) = −Z B

A

E·dl

Notiamo che, per ogni spostamento ortogonale all’asse z (piani paralleli al pianoxy),

(9) Euz·dl =0Quindi, se i punti A e B si trovano, su un qualunque piano, parallelo al piano

xy, avranno lo stesso valore del potenziale:

(10) V (B) = V (A)

Si dice che, i piani ortogonali all’asse z, sono superfici equipotenziali. (In gen-erale, una superficie equipotenziale è una superficie su cui il potenziale elettrico halo stesso valore in ogni punto della superficie. Inoltre, le linee di forza del campoelettrico sono perpendicolari, alle superfici equipotenziali, in ogni loro punto). Nonrimane che calcolare la differenza di potenziale tra due punti dello spazio nelladirezione dell’asse z. Poiché

E =Euz dl =dxuz

segue

V (B)− V (A)= −Z zB

zA

Euz·dzuz= −Z zB

zA

Edz = −EZ zB

zA

dz

In definitiva,

(11a) V (B)− V (A)= −∆zE = E (zA − zB)

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18 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

Se si sceglie lo zero del potenziale in z = 0, il potenziale in un punto che haquota z sarà (V (B) = 0)

(11b) V (z) = −EzLa simililarità con il campo gravitazionale terrestre, cioè quello legato alla forzapeso F =Mg è marcata

V (z) = gz

3. Espressione cartesiana di potenziali coulombiani

La funzione V (r), ovvero, il potenziale coulombiano è un campo scalare, inquanto esso associa ad ogni punto dello spazio uno scalare.

Abbiamo visto che se una carica positiva Q, non è più posta nell’origine degliassi, ma si trova fissata in r0, allora, il potenziale generato da Q, in un punto r, è

(12) V (r) =1

4π 0

Q

|r− r0|Se usiamo le coordinate cartesiane, possiamo scrivere esplicitamente

(13) V (r) =1

4π 0

Qq(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2

3.1. Numero N di cariche puntiformi. Se si ha un numero N di carichepuntiformi, Qn , per il principio di sovrapposizione,

potremo scrivere

(14) V (r) =1

4π 0

NXn=1

Qn

|r− rn|Se usiamo le coordinate cartesiane, possiamo scrivere esplicitamente

(15) V (r) =1

4π 0

NXn=1

Qnq(x− xn)

2+ (y − yn)

2+ (z − zn)

2

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4. IL DIPOLO ELETTRICO ED IL SUO MOMENTO 19

4. Il dipolo elettrico ed il suo momento

Due particelle cariche puntiformi, che distano d ed hanno carica opposta costi-tuiscono il dipolo elettrico (si pensi all’atomo di idrogeno con l’elettrone suppostofermo; voglio studiare il campo prodotto da tale atomo, a grande distanza da esso).Se Q è la loro carica, il vettore

(16) dQ = Qd

diretto lungo la congiungente tra le due cariche e verso che va da −Q a +Q èdetto momento di dipolo elettrico.

Ci proponianmo di determinare il potenziale generato da tale distribuzione dicarica, a grande distanza dal luogo ove è localizzato il dipolo.

Noi assumeremo che il dipolo sia in prossimità dell’origine del sistema di riferi-mento. Nelle applicazioni pratiche il dipolo è posto proprio nell’origine (vedi figurasuccessiva). Dal principio di sovrapposizione e dalla figura, segue

(17) V (r) =1

4π 0

·Q

|r− (r0 + d)| −Q

|r− r0|¸

Poiché a−1 =¡a2¢−1/2

, e a2 = a · a , con a =(r− r0)− d , possiamo scrivere

|(r− r0)− d|−1 = |r− r0|−1"1− 2 (r− r

0) · d(r− r0)2 +

d2

(r− r0)2#−1/2

Al primo ordine, in |d| / |(r− r0)| si può scrivere

(18) |(r− r0)− d|−1 = |r− r0|−1"1 +

(r− r0) · d(r− r0)2

#Sostituendo tale espressione nella (17) e semplificando si ottiene

(19) V (r) ∼= 1

4π 0

Qd · (r− r0)|r− r0|3 =

1

4π 0

dQ · (r− r0)|r− r0|3

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20 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

Supponiamo di porre il dipolo con il suo punto medio nell’origine e diretto lungol’asse z (vedi figura sotto).

Si avrà

(20) V (x, y, z) ∼= 1

4π 0

dQr cos θ

r3=

1

4π 0

dQ cos θ

r2

che in termini di componenti cartesiane, ricordando che

r =px2 + y2 + z2 cos θ =

z

rdiventa

(21) V (x, y, z) =1

4π 0dQ

z

(x2 + y2 + z2)3/2

5. Potenziale a grande distanza da una distribuzione puntiforme dicariche

Si supponga di avere una distribuzione di cariche puntiformi, localizzate in unaregione limitata dello spazio (un atomo con elettroni considerati fermi!).

Il potenziale si scriverà

(22) V (r) =1

4π 0

NXn=1

Qn

|r− r0n|=

1

4π 0

NXn=1

Qn

r

"1− 2r · r

0n

r2+

µr0nr

¶2#−1/2

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5. POTENZIALE A GRANDE DISTANZA DA UNA DISTRIBUZIONE PUNTIFORME DI CARICHE21

Al primo ordine in (r0n/r):

V (r) ∼= 1

4π 0

NXn=1

Qn

r

·1 +

r · r0nr2

¸ovvero

(23) V (r) ∼= 1

4π 0

PNn=1Qn

r+

1

4π 0

r ·³PN

n=1Qnr0n

´r3

Definendo il momento di dipolo del sistema

(24) dQ,tot =NXn=1

Qnr0n

arriviamo alla seguente espressione:

(25) V (r) ∼= 1

4π 0

Qtot

r+

1

4π 0

dQ,tot · rr3

Il potenziale, generato da una distribuzione di carica localizzata in un regionefinita, in regioni poste ad una grande distanza dalla regione ove è localizzata ladistribuzione di carica, è uguale alla somma del potenziale generato da una caricapuntuale posta nell’origine, con carica pari alla carica totale della distribuzione,più il potenziale di un dipolo elettrico pari al momento di dipolo del sistemaposto anch’esso nell’origine.Si badi che la distribuzione di carica deve essere vicinaall’origine del riferimento, perché valgano i risultati precedenti.

Il momento di dipolo del sistema dipende, in generale, dalla posizione dell’originedi un sistema di riferimento. Infatti, supponiamo che l’origine di un nuovo sistemadi riferimento sia spostato di b.

Il nuovo momento di dipolo del sistema sarà:

d00Q,tot =

Xn

Qnr00n =

Xn

Qn (r0n − b) =

Xn

Qnr0n −

Xn

Qnb

Il generale, vediamo che il momento di dipolo di un sistema dipende dal sistema diriferimento che si sceglie. Tuttavia, se il sistema è neutro, cioé seX

n

Qn = 0

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22 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

avremod00Q,tot =

Xn

Qnr00n =

Xn

Qnr0n = d

0Q,tot

possiamo allora dire che nel caso di un sistema di cariche neutro, il momento didipolo di un sistema è indipendente dal sistema di riferimento. In tal caso, ilpotenziale conterrà come primo termine, il contributo dipolare, perché il terminecoulombiano è nullo:

V (r) ∼= 1

4π 0

dQ,tot · rr3

6. Dipolo in un campo elettrico esterno ed uniforme

Ora studieremo l’energia posseduta da un dipolo in un campo elettrico uniformeesterno. Supponiamo di avere un campo elettrico uniforme diretto lungo la direzionedell’asse z.

(26) E =Euz

Ricordiamo che tale campo è simile ad un campo gravitazionale terrestre locale.Sappiamo che l’energia posseduta da un corpo di massa M1, in unn campo grav-itazionale è M1gh1 e che quindi la sua energia potenziale dipende dall’altezza h1che il corpo occupa, rispetto alla superficie della Terra. Se abbiamo un’altro corpoM2 ad un’altra altezza h2, la sua energia saràM2gh2 . L’energia del sistema di duecariche dipenderà dalla posizione di entrambe le cariche. Vedremo, nel caso elettro-statico, che l’esistenza delle cariche negative rende l’energia del dipolo indipendentedalla posizione spaziale che occupa nel campo uniforme. In altre parole, sebbenela forza coulombiana e quella gravitazionale abbiano la stessa forma, la loro naturafisica è molto diversa.

Supponiamo che il dipolo non sia inizialmente orientato nella direzione delcampo esterno. Sia z0 la posizione del punto medio del dipolo e θ l’angolo cheil momento di dipolo forma con la direzione del campo (in questo caso con l’assez). Abbiamo mostrato che in un campo elettrico uniforme e diretto nella direzionedell’asse z, il potenziale varia solo nella direzione del campo, quindi, per determinarel’energia potenziale del dipolo nel campo esterno è sufficiente dare le coordinatelungo l’asse z del dipolo. SE indichiamo con z− la coordinata z della carica negativae con z+ quella della carica positiva, le due coordinate si potranno scrivere comesegue:

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6. DIPOLO IN UN CAMPO ELETTRICO ESTERNO ED UNIFORME 23

(27) z− = z0 − d

2cos θ z+ = z0 +

d

2cos θ

Sappiamo che la differenza di potenziale tra due punti, la cui distanza, lungol’asse z è ∆z è

(28) ∆V = −E∆zAllora, nel nostro caso, avremo

(29) ∆z =

µz0 +

d

2cos θ

¶−µz0 − d

2cos θ

¶= d cos θ

In definitiva, l’energia potenziale associata alla posizione del dipolo, posto nelcampo uniforme, sarà data da,

(30) U = Q∆V = −QdE cos θ = −dQ ·EPossiamo concludere dicendo che l’energia potenziale di un dipolo, in un campo

magnetico esterno e uniforme, non dipende dalla posizione del dipolo nello spazioma solo dalla orientazione del momento di dipolo rispetto alla direzione del campo.

Per avere un quadro più completo del sistema ”dipolo”, conviene esaminarecosa succede alle forze che agiscono sul dipolo quando è immerso nel campo esternouniforme. Se il dipolo non è allineato con il campo, avremo due forze uguali edi segno contrario che agiscono su ciascuna carica. Se indichiamo con F+ e conF− la forza esercitata dal campo sulla carica positiva e negativa rispettivamente,troveremo

(31) F+=QEuz F−= −QEuzovvero la risultante delle forze è nulla, ma le due forze agiscono su due cariche

differenti. Il sistema sarà soggetto ad una coppia, il cui momento non dipende dalpolo rispetto al quale lo si calcola e il suo modulo è uguale all’intensità della forzaper il braccio. In maniera esplicita, avremo

(32) τ = Fd sin θ = QEd sin θ = dQE sin θ

e in termini vettoriali

(33) τ = dq ∧EIl campo, attraverso il momento della forza, tende ad orientare il momento

di dipolo nella direzione del campo. Notiamo, inoltre, che se deriviamo, rispettoalla variabile angolare, l’energia potenziale, associata al dipolo nel campo esterno,U = −dQE cos θ, troviamo proprio il momento della coppia cui è soggetto il dipolostesso:

d

dθ(−dQE cos θ) = −dQE d

dθ(cos θ) = dQE sin θ = τ

Quindi, possiamo scrivere che

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24 2. IL CONCETTO DI POTENZIALE

(34) τ =dUdθ

Il momento tenderà ad allineare il dipolo con il campo.

7. Esempi

Esempio 1: Una sfera di massa M = 10−1g e carica Q = 10−8C è sospeso adun filo inestensibile e di massa trascurabile, in mezzo a due piani paralleli verticaliseparati da una distanza d = 10cm. Calcolare la differenza di potenziale che deveesserci tra i due piani, affinché la sfera formi un angolo di 30 con la verticale.

Il campo tra i due piani è

E =∆V

dSulla carica ci sono tre forze: la forza peso Fp, la forza elettrica generata dai pianiQE e la tensione del filo Fτ . All’equilibrio, si ha

Fp +QE+Fτ = 0

Se si proietta tale equazione lungo la direzione ortogonale al filo si ottiene

−Mg sinα+QE cosα = 0

da cuiMg tanα

Q= E =

∆V

dIn definitiva,

∆V =Mg tanα

Qd

Sostituendo i valori numerici si trova ∆V = 566VEsempio 2:

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26 3. DISTRIBUZIONI CONTINUE DI CARICHE

0.2. Caso b: densità di carica di superficie. Mostreremo, nel prossimocapitolo, che in un conduttore all’equilibrio elettrostatico, la carica in eccesso sidistribuisce sulla sua superficie. Se la carica è distribuita con continuità sullasuperficie, possiamo introdurre la densità di carica superficiale ρa (r

0a) (il vettore

r0a ora spazia su una superficie fissa), in maniera tale che

(5) dQa = ρa (r0a) d

2a

rappresenta la carica contenuta sulla superficie infinitesima d2a. Il campo,prodotto in r, dalla tale distribuzione infinitesima di carica si scriverà

(6) dE (r) =1

4π 0

dQa

|r− r0|3 (r− r0) =

1

4π 0

ρa (r0a) d

2a

|r− r0|3 (r− r0)

La carica totale depositata su una superficie finita sarà

Qa =

Za

d2aρa(r0a)

ed il campo risultante si scriverà

(7) E (r) =1

4π 0

Za

ρa (r0a) d

2a

|r− r0a|3(r− r0a)

0.3. Caso c: densità di carica lineare. Se di un corpo carico si vuolesapere il suo campo in regioni molto lontane dalla regione ove esso è situato, tal-volta il corpo può approssimarsi con una sola dimenzione. Quando ciò accade ela distribuzione di carica è continua, allora si parla di distribuzione lineare e diuna distribuzione lineare di carica ρl (r

0l).La carica presente su un tratto lineare

infinitesimo si scriverà

(8) dQl = ρl (r0l) dl

Il campo prodotto da tale distribuzione si scriverà

(9) dE (r) =1

4π 0

dQl

|r− r0|3 (r− r0) =

1

4π 0

ρl (r0l) dl

|r− r0|3 (r− r0)

Infine, il campo prodotto da una distribuzione lineare finita di carica si scriverà,

(10) E (r) =1

4π 0

Zl

ρl (r0l) dl

|r− r0l|3(r− r0l)

Nella sezione successiva mostreremo applicazioni delle tre distribuzioni di car-ica.

1. Determinazione di alcuni campi

Gli esempi che presenteremo hanno una caratteristica comune: il campo vienecalcolato, per l’asta lineare carica, per l’anello carico e per il disco carico in puntoposto lungo un asse di simmetria per i corpi. In tutti i casi, tale asse coincide conl’asse x, che risulta ortogonale al sistema di carica ed è per esso asse di simmetria.

Esempio 1: Un’asta lineare di lunghezza 2l ha una densità di carica linearepositiva ρl ed una carica totale Q. Per una distribuzione uniforme Q = 2lρl. L’asta

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1. DETERMINAZIONE DI ALCUNI CAMPI 27

sia lungo l’asse y , da (−l, l) come indicata in Figura; Si determini il valore delcampo lungo l’asse x.

Calcoliamo il campo dE, generato dalla carica infinitesima dQ = ρldy nel puntoP . Per ragioni di simmetria, la componente del campo ortogonale all’asse x verràeliminata dal tratto dy’, simmetrico di dy rispetto ad x. Per cui sarà sufficientecalcolare la sola componente x del campo generato da dQ = ρldy. La componentex di tale campo sarà:

(1) dEx = dE cosβ

dove, il modulo del campo è

(2) dE =1

4π 0

ρldy

(x2 + y2)

mentre il coseno sarà

(3) cosβ =xp

x2 + y2

Allora la componente x del campo, dovuta a dQ, sarà

(4) dEx =1

4π 0

xρldy

(x2 + y2)3/2

Il campo risultante, prodotto da tutta l’asta, sarà

Ex =

ZdEx =

ρlx

4π 0

Z l

−ldy

1

(x2 + y2)3/2

L’integrale è mostrato in appendice e si trova, dopo aver posto

y

x= tanα

dy

x= sec2 αdα

il seguente risultato

(5) Ex =ρlx

4π 0

y

x2px2 + y2

¯¯l

−l=

ρlx

4π 0

2l

x2√x2 + l2

=ρl2π 0

l

x√x2 + l2

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28 3. DISTRIBUZIONI CONTINUE DI CARICHE

Notiamo che se l’asta lineare diventa di lunghezza infinita, il precedente risultatosi può approssimare con

(6) Ex∼= ρl2π 0

1

xl >> x

Il campo elettrostatico di un filo rettilineo indefinito cala con la distanza x dal filo.Questo risultato sarà ritrovato anche con il teorema di Gauss. La (5), introducendola carica, Q = 2lρl , diventa

(7) Ex =Q

4π 0

1

x√x2 + l2

Nel limito opposto al precedente, ovvero se ci si ponne a distanze molto grandirispetto alle dimensioni dell’asta, cioè se xÀ l, si può trascurare l rispetto a x, aldenominatore, e si ottiene il campo coulombiano:

(8) Ex∼= Q

4π 0

1

x2x >> l

Esempio 2: Un anello di raggio R, ha una densità di carica superficiale positicaρa ed una carica totale Q. La sua distribuzione è uniforme ed è posto nel piano yz.Si determini il campo elettrico lungo l’asse x.

Calcoliamo il campo di una striscia infinitesima, di carica dQ , la cui caratter-istica principale è di contenere punti equidistanti dal punto dove si deve calcolareil campo. Il modulo del campo sarà:

dE =1

4π 0

dQ

r2=

1

4π 0

dQ

R2 + x2

Per ragioni di simmetria, le componenti del campo, diverse da quelle lungo l’assex, hanno risultante nulla. Allora basta determinare la componente lungo l’asse x:

dEx = dE cosα = dEx√

R2 + x2

quindi

dEx =1

4π 0

dQ

R2 + x2x√

R2 + x2=

dQ

4π 0

x

(R2 + x2)3/2

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1. DETERMINAZIONE DI ALCUNI CAMPI 29

Poiché tutti gli elementi infinitesimi danno lo stesso contributo, il campo totale,lungo l’asse x, sarà:

Ex =1

4π 0

xQ

(R2 + x2)3/2

Notiamo che il valore del campo, in x = 0, è nullo: ogni parte infinitesima di anelloha una corrispondente parte simmetrica che annulla il campo. Inoltre, se x À R,avremo

Ex =1

4π 0

Q

x2

cioè, il campo è pari a quello di una carica puntiformeQ, posta nel centro dell’anello.Esempio 3: Un disco di raggio R ha una densità di carica superficiale ρa ed

una carica totale Q. Si determini il campo elettrico lungo l’asse x, se la densità èuniforme ed il disco è posto nel piano yz.

Il campo dell’anello di raggio r e spessore dr è stato trovato nel precedenteesercizio, con la differenza che la carica sull’anello precedente era una carica finitaed ora è infinitesima ed uguale a dQ = ρa2πrdr. Il campo infinitesimo prodotto daquessta distribuzione di carica saràππ

(1) dEx =1

4π 0

xdQ

(r2 + x2)3/2

Il campo per x > 0, sarà

Ex =xρa4π 0

Z R

0

dr (2πr)1

(r2 + x2)3/2=

xρa4π 0

π

Z R2+x2

x2dηη−3/2

=xρa4 0−2η−1/2

¯R2+x2

x2=

xρa4 0

· −2√R2 + x2

+2√x2

¸ovvero

(2) Ex =ρa2 0

µ1− x√

R2 + x2

¶Per R >> x si trova

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30 3. DISTRIBUZIONI CONTINUE DI CARICHE

(3) Ex =ρa2 0

³1− x

R

´Per x >> R , avremo

x√R2 + x2

=1p

1 +R2/x2' 1− 1

2

R2

x2

di conseguenza

(4) Ex ' ρa2 0

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2. DETERMINAZIONE DI ALCUNI POTENZIALI 31

Nel caso di una distribuzione lineare continua di carica, dQ = ρl (r0l) dr

0l il

potenziale coulombiano di tale distribuzione sarà

(38) dV (r) =1

4π 0

ρl (r0l) dr

0l

|r− r0l|mentre il campo totale di tutta la distribuzione si scriverà

(39) V (r) =1

4π 0

Zl

ρl (r0l) dr

0l

|r− r0l|Se la distribuzione lineare è lungo l’asse x, potremo scrivere

(40) V (r) =1

4π 0

Zρl (x

0) dx0q(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2

Nel caso di una distribuzione superficiale di carica, in cui la carica infinitesimasi scriverà dQ = ρa (r

0a) d

2a il potenziale in r si scriverà

(41) dV (r) =1

4π 0

ρa (r0a) d

2a

|r− r0a|ed il potenziale totale diventerà

(42) V (r) =1

4π 0

Za

ρa (r0a) d

2a

|r− r0a|Nel caso specifico di una distribuzione superficiale piana continua, posta nel pianoxy, si avrà:

(43) V (r) =1

4π 0

Za

ρa (x0, y0) dx0dy0q

(x− x0)2 + (y − y0)2 + (z − z0)2

Il vero problema di tutte le espressioni appena scritte è possibilità reale di ef-fettuare le integrazione in esse contenute. Solo se i corpi macroscopici sono solidiregolari si può effettuare una ragionevole integrazione, altrimenti in generale diven-tano solo espressioni formali. Per quello che ci riguarda, esse saranno calcolate soloin casi molto particolari. Quando vi sono simmetrie particolari si potrà utilizzareil teorema di Gauss, che discuteremo nel prossimo capitolo.

2.2. Determinazione di alcuni potenziali. Esempio 1: Determiniamo ilpotenziale di un anello lungo la direzione radiale

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32 3. DISTRIBUZIONI CONTINUE DI CARICHE

Il potenziale generato da una porzione infinitesi di anello è

dV =1

4π 0

dQ

r2=

1

4π 0

ρad2a√

R2 + x2

Il potenziale prodotto da tutto l’anello sarà

V =1

4π 0

Zρldl√R2 + x2

L’integrazione è fatta su una curva che è nel piano ortogonale ad x, quindi durantel’integrazione non solo R, ma anche x rimane costante, per cui

V =1

4π 0

1√R2 + x2

Zρldl =

1

4π 0

Q√R2 + x2

A grande distanza, x >> R, si avrà il potenziale coulombiano

V ∼= 1

4π 0

Q

x

Esempio 2: Determinare il potenziale di un disco, lungo l’asse di simmetria

Dai risultati del precedente esercizio possiamo scrivere che il potenziale di unaanello infinitesimo del disco si può scrivere

dV =1

4π 0

dQ√r2 + x2

=1

4π 0

ρad2a√

r2 + x2=

1

4π 0

ρa2πrdr√r2 + x2

ed il potenziale di tutto il disco sarà

V =ρa2π

4π 0

Z R

0

rdr√r2 + x2

Posto

t = r2 + x2 dt = 2rdr

avremo

V =ρa2 0

Z R2+x2

x2

dt

2t−1/2 =

ρa2 0

√t¯R2+x2

x2=

ρa2 0

hpR2 + x2 −

√x2i

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3. POTENZIALI A GRANDE DISTANZA DA UN DISTRIBUZIONE CONTINUA 33

3. Potenziali a grande distanza da un distribuzione continua

Abbiamo visto che nel caso di una distribuzioni puntiforme (ma localizzata)di cariche, il potenziale a grande distanza dalla distribuzione era scrivibile comela somma di un termine di tipo coulombiano e di un termine di tipo dipolare (iltermine successivo è quello quadripolare:

(44) V (r) ∼= 1

4π 0

Qtot

r+

1

4π 0

dQ,tot · rr3

Se si ripetono le stesse considerazioni, ma per una distribuzione continua,

si riottiene la (44), con la sola differenza, che la carica totale sarà

(45) Qtot =

ZV

ρ (r0) d3r0

dove l’integrale è esteso allo spazio occupato dal corpo ed, il momento di dipolodel sistema è definito come

(46) dQ,tot =

Id3r0r0ρ (r0)

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CHAPTER 4

La legge di Gauss

Per la determinazione del campo elettrico bisogna sapere quali sono e dove sonoesattamente le sorgenti del campo elettrico. Abbiamo già visto che le sorgenti delcampo elettrico sono le cariche elettriche puntiformi. Ora stabiliremo, in manieragenerale, il legame che esiste tra una proprietà fondamentale del campo (il suoflusso attraverso una superficie chiusa) e le sorgenti del campo stesso. Per capireciò che ci accingiamo a fare e la sua collocazione all’interno dell’elettromagnetismoconviene fare alcune precisazioni. Noi dimostremo sul piano matematico che se èvera la legge di Coulomb, il flusso del campo elettrico dipende solo dalle carichecontenute nella superficie. Poiché il risultato, si fonda sulla validità della legge diCoulomb, tale risultato è detto ”teorema di Gauss”. Inoltre, mostreremo che non èvero il contrario. Cioé, che se si conosce il flusso del campo attraverso una superficiechiusa, non sempre è possibile dedurre il campo elettrostatico (ciò è possibile solo incasi di particolare simmetria del problema). Allora, perché parlare di legge di Gaussnel titolo? In realtà, per poter arrivare ad una forma di equivalenza tra la leggedi Coulomb e quella di Gauss, occorre riformulare le equazioni del campo in quellache si chiama la forma locale delle equazioni del campo. Quando avremo trovato laformulazione locale della circuitazione e del flusso attraverso una superficie chiusa,del campo elettrico, avremo non solo l’equivalenza ma saremo andati oltre. Piùprecisamente, la formulazioni delle leggi fisiche, nella forma di forze, si è rivelatapoco efficiente nell’indagine della leggi fondamentali e la strada da percorrere èstata intrapresa per la prima volta da Maxwell nell’elettromagnetismo. Quindi,quella di Gauss è una legge, anche se nella veste che qui sarà presentata ha piùl’aspetto di un teorema. Fatta questa precisazione, parleremo indistintamente dilegge o teorema di Gauss.

1. Flusso di un vettore attraverso una superficie

Si abbia un tubo trasparente all’interno del quale scorre dell’acqua

35

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36 4. LA LEGGE DI GAUSS

Sia δA una sua sezione e v la velocità delle particelle di fluido che si trovano apassare per δA; la velocità è supposta costante su tutta la superficie ed è ad essaortogonale. La portata,

(1) ΦδA (v) = δAv

rappresenta il volume di fluido che attraversa, nell’unità di tempo, la superficieδA. La superficie δA ha due faccie. Vogliamo definire la faccia positiva. Sia δl ilbordo della superficie δA. Con le dita della mano destra percorriamo tale bordo,in senso antiorario. L’area racchiusa dalla mano è la faccia positiva ed il pollice,che risulta ortogonale a tale area, indicherà la direzione ed il verso della superficieorientata.Tale faccia sarà indicata con un versore, ua.

Con il vettore

(2) δA = δAua

intenderemo una superficie orientata, ovvero una superficie e la faccia positiva.Se nel tubo ove scorre il fluido il vettore velocità non è più ortogonale alla

superficie δA, pur rimanendo costante su tutta la superficie,

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1. FLUSSO DI UN VETTORE ATTRAVERSO UNA SUPERFICIE 37

la portata sarà data da

(3) ΦδA (v) = δAv cosα

dove α è l’angolo tra il vettore velocità ed il versore ua della superficie δA. Per ladefinizione di prodotto scalare, potremo anche scrivere

(4) ΦδA (v) = δAua · vLa portata è un caso particolare di flusso di un vettore attraverso una superficie.Più precisamente, la portata è il flusso del vettore velocità attraverso la superficieδA.

Se si considera un nuovo vettore, come per esempio il campo elettrico E, laquantità

(5) ΦδA (E) = δAua ·Erappresenta il flusso del vettore E attraverso la superficie δA, nell’ipotesi che ilcampo elettrico sia costante su tutta la superficie δA

Allora nel calcolo del flusso dobbiamo prima stabilire la faccia positiva dellasuperficie e dopo verificare l’angolo tra la direzione della superficie e quella delcampo. Se la superficie è chiusa la direzione di una qualunque superficie infinitesimadeve essere sempre quella diretta verso l’esterno:

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38 4. LA LEGGE DI GAUSS

2. La legge di Gauss per il campo elettrico

Ora dimostreremo che, come conseguenza della validità della legge di Coulomb,il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa dipende dalle carichepuntiformi racchiuse nella superficie. Questo risultato è noto come teorema (olegge) di Gauss.

Consideriamo una sfera di raggio r che ha nel suo centro una carica positivaQ. Ci proponiamo di calcolare il flusso del campo elettrico E, generato dalla caricaposta nel centro della sfera attraverso la superficie totale della sfera. Consideriamoprima il flusso di E attraverso una piccola superficie δA, della superficie sferica,che abbiamo preventivamente suddivisa in tante superfici, su ognuna delle qualeil campo è supposto costante. Focalizziamo la nostra attenzione su una di questesuperfici:

Il campo elettrico generato dalla carica Q ad una distanza r dal suo centro è

(1) E =1

4π 0

Q

r2ur

dove 0 è la costante dielettrica del vuoto e ur il versore del vettore posizione, delsistema di riferimento con origine sulla carica Q. La superficie δa è talmente piccolache ua è il solo versore che individua la sua faccia positiva. Siccome δa è parte diuna superficie chiusa, cioè la superficie totale della sfera, i versori delle superficichiuse sono sempre uscenti dalla superficie: tutti gli ua puntano verso l’esterno.Possiamo calcolare il flusso del campo elettrico attraverso la superficie δa. Perdefinizione, tale flusso è

(2) Φδa (E) = δAua ·Ee sostituendo in essa, l’espressione del campo (1), si avrà:

Φδa (E) = δaua · 1

4π 0

Q

r2ur

ovvero

(3) Φδa (E) = ua · ur δa

4π 0

Q

r2

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3. LEGGE DI GAUSS: DERIVAZIONE GENERALE 39

Poiché i due versori sono paralleli,ua · ur = 1; allora il flusso del campo elettricoattraverso la superficie δa sarà dato da

(4) Φδa (E) =1

4π 0

Q

r2δa

Il flusso del campo elettrico attraverso l’intera superficie sferica a, sarà la sommadei flussi attraverso tutte le superfici δa che costituiscono la sfera:

(5) Φa (E) =1

4π 0

Q

r2

Xδa

δa

Poiché, l’area di una sfera è a = 4πr2, la precedente espressione si riduce a

(6) Φa (E) =1

4π 0

Q

r24πr2 =

Q

0

Questa espressione, nota come teorema di Gauss e derivata per una carica postanel centro della sfera, è valida qualunque siano le cariche poste dentro la sfera equalunque sia la forma della superficie chiusa contenente le cariche.

Più precisamente, il teorema di Gauss, consente di provare che il flusso delcampo elettrico attraverso una qualunque superficie chiusa è sempre dato da

(7) ΦA (E) =Q

0

dove Q rappresenta la somma algebrica di tutte le cariche contenute nella su-perficie chiusa.

Il teorema di Gauss, si fonda, nella nostra presentazione, sulla validità dellalegge di Coulomb. Conviene, tuttavia, fare alcune precisazioni. Il flusso del campoelettrico attraverso una superficie chiusa è, sempre, data dalla somma algebrica dellecariche contenute all’interno della superficie chiusa. Tuttavia il campo elettricodipende dalla configurazione istantanea di tutte le cariche che sono dentro allasuperficie chiusa. Quindi, se si cambia la configurazione delle cariche cambieràil campo elettrico nei punti dello spazio (e anche sulla superficie) che circondanola superficie chiusa che racchiude le cariche. Allora, sebbene il campo all’esternodella superficie chiusa (e sulla superficie) possa cambiare (ed anche in manieraconsiderevole) il teorema di Gauss afferma che il flusso del campo rimarrà inalterato,purché nessuna carica attraversi la superficie in uno qualunque dei versi (caricaentrante oppure uscente). Questo risultato suggerisce una certa cautela nell’uso delteorema di Gauss per la determinazione del campo elettrico.

3. Legge di Gauss: derivazione generale

Per capire la prossima dimostrazione ed in generale il concetto di flusso at-traverso una superficie di forma arbitraria, conviene introdurre il concetto di angolosolido. Ricordiamo che per un angolo piano α, che sottende un arco s di di unacirconferenza di raggio R, l’angolo, misurato in radianti è

α =s

R

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40 4. LA LEGGE DI GAUSS

e per un angolo infinitesimo. dα che sottende un arco infinitesimo ds, sulla stessacirconferenza, si può scrivere

dα = Rds

Questi concetti possono essere estesi agli angoli che si estendono, non su un pianoma nello spazio e che si chiamano angoli solidi.

Si definisce angolo solido, Ω lo spazio compreso nel parte di cono in figura e lasua espressione matematica è

Ω =a1R21

=a2R22

Se l’angolo solido è infinitesimo, d2Ω, esso sottende un’area infinitesima d2a e sipuò scrivere

d2Ω =d2a

R2ovvero

d2a = R2d2Ω

L’unità di misura degli angoli solidi si chiama steradiante ed il valore di un angolosolido che sottende una sfera è 4π.

Si definisce flusso del campo E attraverso una superficie infinitesima d2a, laquantità scalare

(1) dΦ (E) = E · uad2aCon l’ovvia generalizzazione, il flusso attraverso una superficie finita ”a”, sarà

(2) Φa (E) =

Za

d2aE · uamentre quello attraverso una superficie chiusa sarà:

(3) Φa (E) =

Ia

d2aE · uaLa legge di Gauss afferma che il flusso del campo elettrostatico che attraversa unaqualunque superficie chiusa è proporzianale alla carica elettrica contenuta nella su-perficie. Più precisamente, si può provare che

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3. LEGGE DI GAUSS: DERIVAZIONE GENERALE 41

Ia

d2aE · ua = Q

0

qualunque sia la carica Q contenuta nella superficie chiusa. Dimostreremo la leggeprima nella ipotesi che vi sia una sola carica nella superficie chiusa.

Focalizziamo la nostra attenzione su di una parte infinitesima di tale super-ficie chiusa. Tale piccola superficie deve essere sufficientemente piccola da essereconsiderata piatta, tanto è vero che vi sarà il solito versore ua che ne individua ladirezione (uscente dalla superficie in ogni punto della superficie perché è chiusa).Possiamo costruire una sfera con il centro posto sulla carica e raggio R passanteper la superficie infinitesima d2a. Il campo elettrico, data la forma della forza diCoulomb è radiale e quindi è ortogonale ad una porzione infinitesima di superficiesferica di raggio R. Con d2a0 indicheremo la proiezione di d2a sulla sfera di raggioR..Il flusso infinitesimo attraverso la superficie d2a, del campo elettrico E si potràallora scrivere

(5) E · uad2a = 1

4π 0

Q

R2ur · uad2a

Ma

(6) d2a0 = ur · uad2acioé, d2a0 è la proiezione della superficie infinitesima d2a nella direzione radiale; urè il versore del campo elettrico.

D’altra parte, per definizione di angolo solido, l’area proiettata sulla sfera siscrive:

(7) d2a0 = R2d2Ω

Notiamo la dipendenza dell’area proiettata da quadrato della distanza radiale,ovvero da una potenza che è esattamente uguale all’inverso della forza di Coulomb.Il risultato che troveremo dipende esclusivamente da questa incredibile coincidenza.Combinando le due ultime equazioni possiamo scrivere:

(8) ur · uad2a = R2d2Ω

Usando la (8), la (5) diventa

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42 4. LA LEGGE DI GAUSS

(9) E · uad2a = 1

4π 0Qd2Ω

Estendendo tale risultato a tutta la superficie chiusa avremo:

(10)Ia

d2aE · ua = 1

4π 0Q

d2Ω =Q

0

dove, per l’ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che l’angolo solido di unasfera è 4π.

3.1. Il caso di N cariche. Se le particelle cariche contenute nella sfera sonoN , per il principio di sovrapposizione, possiamo calcolare il flusso attraverso d2aper ciascuno dei campi prodotti da ciascuna carica separatamente. In altre parole,se indichiamo con E1 il campo della carica Q1, con E2 il campo della carica Q2 econ EN il campo della carica QN potremo scrivere il flusso attraverso una superficieinfinitesima, per ciascuna carica come segue

dΦ (E1) = d2aE1 · ua dΦ (E2) = d2aE2 · ua .... dΦ (EN ) = d2aEN · uaIl flusso di tutte le cariche, attraverso la stessa superficie infinitesima d2a, sarà,

dΦ (E1,E2, ...,EN) =NXn=1

d2aEn · ua

ed il flusso attraverso la superficie chiusa di tutte le cariche, sarà:

(11) Φa (E) =

Ia

d2aNXn=1

En · ua =NXn=1

Ia

d2aEn · ua = 1

0

NXn=1

Qn

dove la somma è ovviamente estesa solo alle cariche interne alla superficie.

3.2. Il caso di cariche esterne alla superficie. Per concludere la provadobbiamo dimostrare ancora che il flusso attraverso una superficie chiusa è nullo sele cariche sono esterne alla superficie. Supponiamo di avere una carica all’esternodi una superficie chiusa

Si vede che nel calcolo del flusso attraverso la superficie chiusa, l’angolo solido,interseca sempre due porzioni della superficie chiusa . Poiché il campo ha sempreuna direzione uscente da Q (supposta positiva) avremo due contributi al flusso, unopositico ed uno negativo:

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4. ESEMPI 43

E · uad2a1 = 1

4π 0

Q

R21ur · uad2a1 = 1

4π 0

Q

R21d2a1 =

1

4π 0

Q

R21R21d

2Ω =1

4π 0Qd2Ω

E·uad2a2 = 1

4π 0

Q

R22ur·uad2a2 = − 1

4π 0

Q

R22d2a2 = − 1

4π 0

Q

R22R22d

2Ω = − 1

4π 0Qd2Ω

dove R1 e R2 sono i raggi delle sfere di gauss passanti per le superfici d2a1 e d2a2rispettivamente. Ciascuno dei due angoli solidi elementari dovrà essere integratosu una semisfera e varrà (2π); quindi la somma dei due contributi sarà zero. Sesi ripetono queste considerazioni per altre cariche esterne, si ritroverà sempre, ilrisultato nullo e questo completa la prova del teorema di Gauss.

Come abbiamo detto nell’introduzione al capitolo, il teorema di Gauss è, inrealtà, una legge fondamentale dell’elettromagnetismo e sebbene noi non lo prover-emo, la legge di Gauss vale anche quando le cariche sono in moto.

4. Esempi

Il teorema di Gauss è un utile strumento di calcolo del campo elettrico, ma solonel caso in cui il problema in esame presenta delle speciali simmetrie. Mostreremodi seguito alcuni semplici esempi del suo utilizzo.

Esempio 1- Il campo di un guscio sferico caricoDistingueremo due casi. Il campo all’interno della sfera cava (il raggio della

sfera sarà indicato con R) ed il campo all’esterno della sfera cava. Il problema delvalore del campo sulla superficie verrà affrontato più avanti. Possiamo immediata-mente affermare che il campo elettrico all’interno della sfera cava è nullo. Infatti,applicando il teorema di Gauss ad una qualunque sfera di raggio r, inferiore adR, troviamo, che non essendoci cariche all’interno della sfera il flusso sarà nullo.Poiché il risultato non dipende dalla sfera attraverso la quale si è calcolato il flusso(purché il raggio sia inferiore al raggio del guscio) dobbiamo convenire che il campoè idendicamente nullo all’interno del guscio.

Per i punti esterni procediamo nel modo seguente. Sia P un punto che distir dal centro del guscio. Per ragioni di simmetria la direzione del campo in P saràdiretta lungo la congiungente il centro del guscio ed il punto P. Se in P vi è unacarica positiva di prova (ricordiamo che è sempre positiva, per definizione la caricadi prova!) il verso del campo sarà uscente se il guscio è carico positivamente mentreè entrante se il guscio è carico negativamente. Quindi E = Eur. Per determinare

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44 4. LA LEGGE DI GAUSS

l’intensità del campo prendiamo una sfera di raggio r e centro nel centro del guscio.Sia Q la carica totale del guscio. Il flusso si può calcolare in maniera semplice:I

a

d2aE · ua = Er4πr2

ed il teorema di Gauss diventa

Er4πr2 = ±Q

0

da cui

(a) Er = ± 1

4π 0

Q

r2

dove il segno dipende dal segno della carica. Il campo elettrostatico all’esternodel guscio, è pari al campo che si avrebbe se tutta la carica del guscio fosse concen-trata nel centro della sfera (analogo risultato è vero per il campo gravitazionale!).

Esempio 2 : Determinare il campo di una sfera isolante uniformemente pienaSupponiamo di dividere la sfera piena in tanti gusci sferici. Per il calcolo del

campo, nei punti esterni, se dQ è la carica contenuta in un guscio generico, siotterrà

dEr = ± 1

4π 0

dQ

r2

dove r è la distanza dal centro della sfera (dobbiamo immaginare tutta la caricadQ nel centro della sfera). Per ottenere il campo di tutta la sfera piena basteràintegrare ambo i membri: Z

dEr = ± 1

4π 0

1

r2

ZdQ

da cui

(b) Er = ± 1

4π 0

Q

r2

Il campo elettrico all’esterno della sfera piena è uguale al campo coulombianoche si otterrebbe se tutta la carica della sfera fosse concentrata nel centro dellasfera.

Calcoliamo il campo in un punto interno alla sfera piena.Per calcolare il campo in un punto P, interno alla sfera, che disti r dal suo

centro dobbiamo solo considerare le cariche contenute nella sfera di Gauss di raggior. Per determinare la carica contenuta in tale sfera proseguiamo come segue. Ladensità uniforme di tutta la sfera è

(c) ρ =Q

4πR3

3

Questa è anche la densità della sfera di Gauss, per cui la carica contenuta nellasola sfera di Gauss di raggio r è

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4. ESEMPI 45

(d) Qr =Q

4πR3

3

4πr3

3= Q

r3

R3

Il campo prodotto da tale carica è

(e) Er = ± 1

4π 0

1

r2Qr3

R3= ± Q

4π 0R3r = ± ρ

3ε0r

Il campo, nei punti interni, è proporzionale alla distanza dal centro. In defini-tiva, il campo nei punti esterni ed interni ha la seguente forma:

Esempio 3- Determinare il campo di una distribuzione lineare rettilineaCi proponiamo di calcolare il campo elettrico ad una distanza r da una dis-

tribuzione lineare rettilinea (filo rettilineo). Supporremo che la carica sia uniforme-mente distribuita con una densità di carica ρl e che il filo sia lungo L (il campo vacalcolato nei punti non vicini alle estremità del filo (ipotesi di filo infinito!). Perragioni di simmetria il campo è ortogonale al filo e per il verso vale lo stesso dis-corso fatto per il guscio sferico. Per calcolare l’intensità del campo immaginiamoun cilindro, di lunghezza l << L, con l’asse coincidente con il filo e raggio pari adr.

ll flusso, essendo nullo quello attraverso le basi del cilindro, sarà semplicemente

ΦEa = Er2πrl

mentre la carica contenuta nel cilindro sarà ρll. Il teorema di Gauss si scriverà:

2πrlEr =ρll

0

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46 4. LA LEGGE DI GAUSS

da cui

(f) Er =ρl2π 0

1

r

Esempio 4 - Il campo prodotto da una distribuzione pianaSupponiamo di avere una superficie piana uniformemente distribuita con den-

sità superficiale ρa. Per ragioni di simmetria il campo è ortogonale al piano (neipunti lontano dai bordi). Per calcolare l’intensità in un punto generico P, che distir dal piano, condideriamo un cilindretto che contenga il punto P in esame,

il cui asse sia ortogonale al piano. Poiché non c’è carica nello spazio il flussoattraverso il cilindretto è nullo. Indicando con u+ il versore della superficie dibase, del cilindretto, che è più lontana dal piano e con u− quello dell’altra base, ilflusso può essere calcolato esplicitamente in maniera semplice (il flusso attraversola superficie laterale è nullo per l’ortogonalità tra il campo ed i versori di superficie)ed il teorema di Gauss diventa

ΦEa = (E+ · u+ +E− · u−) a = 0dova ”a” è il valore delle due superfici di base del cilindro. Inoltre E+ ed

E− indicano i valori del campo sulle due basi. Poiché il campo ha sempre lo stessoverso, sulle due basi, mentre i due versori delle basi sono uguali e contrari (si ricordiche per una superficie chiusa i versori sono sempre scelti uscenti!) dalla precedenteequazione deduciamo che

E+ = E−

In tutto il semipiano in cui abbiamo costruito il cilindretto, essendo il cilin-dretto del tutto arbitrario nell sue dimensioni possiamo concludere che il campoelettrostatico è costante ovunque:

E = costante

Per determinare il valore costante del campo immaginiamo il cilindretto estesofino al piano ove è distribuita la carica, ovvero una delle due basi coincide con unaporzione del piano.

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4. ESEMPI 47

Il teorema di Gauss diventa ora

(E+ · u+ +E− · u−) a = ρaa

0

da cui

±2E = ρa

0

Il segno + vale se la carica sul piano è positiva ed il segno meno in caso contrario.Per l’intensità del campo possiamo scrivere

(g) E =|ρa|2 0

Esempio 5 -Il campo tra due piani paralleli con carica oppostaIl precedente risultato consente di derivare immediatamente il campo tra due

piani paralleli carichi, con una distribuzione superficiale uniforme ma opposta.

Il piano caricato positivamente genererà un campo uniforme e costante, tra ledue armature, la cui intensità è data

E =|ρa|2 0

ed il cui verso si allontana dal piano con carica positiva. Il piano caricatonegativamente, genera un campo costante la cui intensità è ancora data dalla (1),ed il cui verso è diretto verso il piano con carica negativa. I due campi, si sommano

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48 4. LA LEGGE DI GAUSS

in ogni punto, ed avendo la stessa direzione daranno luogo ad un campo la cuiintensità è

(h) E =|ρa|0

Il segno del campo, tra i due piani, è nella direzione uscente dal piano caricopositivamente. Notiamo che la forza esercitata da una armatura sull’altra è

(i) |F| = ρa2 0

Q

Poiché,

ρaa = Q

segue

(l) |F| = Q2

2a 0

Esempio 6: Una piccola sfera di massa M = 0, 1g e carica Q = 10−9C èappesa con un filo di lunghezza l = 10cm ad un piano verticale infinito che possiedeuna densità di carica superficiale pari a ρa = 10

−5C/m2. Calcolare l’angolo α cheil filo forma con la verticale.

Il campo prodotto dal piano è

E =|ρa|2 0

Sulla carica ci sono tre forze: la forza peso Fp, la forza elettrica generata dal pianoQE e la tensione del filo Fτ . All’equilibrio, si ha

Fp +QE+Fτ = 0

Se si proietta tale equazione lungo la direzione ortogonale al filo si ottiene

−Mg sinα+QE cosα = 0

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4. ESEMPI 49

da cui

tanα =QE

Mg=

Q

Mg

|ρa|2 0

Sostituendo i valori si ottiene:

tanα = 0, 577 α = 29590

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CHAPTER 5

Conduttori e Dielettrici in elettrostatica

Il problema che ci accingiamo a trattare è quello della determinazione delcampo e del potenziale elettrostatico prodotto da corpi macroscopici. Dobbiamodistinguere tra il campo interno ed esterno al corpo macroscopico.Per il campointerno conviene tuttavia fare delle immediate precisazini.

Un qualunque corpo macroscopico è costituito da una numero impronunciabiledi cariche elettriche, quindi il campo reale, detto campo elettrico microscopico, inun qualunque punto interno al corpo è un problema non risolvibile e tantomeno inun corso istituzionale di base. Quello di cui parleremo, ed anche brevemente, è ilcampo elettrico macroscopico, che è la media spaziale del campo microscopico. Percapire il significato di tale operazione, dobbiamo procedere come si fa normalmentenello studio dei fluidi. Quando diremo un punto di un mezzo materiale, intenderemoun volume infinitesimo d3r del mezzo materiale, centrato intorno ad un punto ma-teriale, le cui dimensioni fisiche sono tuttavia tali da contenere un numero enormedi atomi, ma abbastanza piccolo da considerare il valore del campo costante al suointerno. Una tale approssimazione è valida solo nel caso in cui venga assunto chele variazioni del campo macroscopico, su una distanza macroscopica, siano piccole.Noi assumeremo che sia sempre verificata una tale condizione. Allora si scriveràche il campo macroscopico E, in un punto, è

E =< Emicro >

dove il simbolo <>, indica la media spaziale, che abbiamo prima spiegata. Infuturo, quando si parlerà di campo di campo elettrico, in un mezzo materiale siintenderà sempre del campo elettrico macroscopico E.

Abbiamo stabilito il valore del campo elettrico e del potenziale di un corpomacroscopico carico a grande distanza dal corpo macroscopico. Ora incominceremoa studiare i corpi macroscopici nel tentativo di determinare il campo e/o il potenzialeanche nelle loro immediate vicinanze ed al loro interno. La determinazione delcampo, per distanze intermedie è un problema molto complesso che non tratteremo.I corpi macroscopici, ai fini delle proprietà elettriche si possono dividere in diversecategorie. Noi studieremo, in forma solo introduttiva i corpi macroscopici metallicie quelli isolanti (o dielettrici).

1. Il campo elettrico nei conduttori

I corpi macroscopici carichi hanno una varietà di comportamenti in presenzadi un campo elettrico. Noi ci limiteremo ora all’analisi dei conduttori metallici.Supponiamo di avere un corpo carico macroscopico. Definiamo tale corpo con-duttore, se all’equilibrio elettrostatico il campo elettrico al suo interno è ovunque

51

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52 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

nullo L’equilibrio elettrostatico è caratterizzato dall’assenza di moto delle caricheelettriche.

Mostriamo che, in un conduttore carico, le cariche elettriche si dispongonosempre sulla superficie di un conduttore.

Qualche precisazione è necessaria. Nei materiali ci sono sempre delle cariche(gli elettroni ed i protoni che costituiscono gli atomi) ma, il più delle volte essesi neutralizzano. Un esubero di cariche di un segno renderanno il corpo carico.Vogliamo mostrare che queste cariche in esubero si porteranno, in condizioni diequilibrio elettrostatico, sulla superficie del conduttore.

Proviamo una tale asserzione. Si prenda una qualunque superficie ”a” chiusaall’interno del conduttore.

Il teorema di Gauss ci dice che il flusso del campo elettrico attraverso talesuperficie è proporzionale alla carica contenuta nella superficie:

(1)Ia

d2aE · ua = Q

0

Poiché, per definizione il campo elettrico è assunto nullo all’interno del condut-tore, il flusso sarà nullo

Ia

d2aE · ua = 0

e ciò equivale a dire che la carica, all’interno della superficie chiusa, è nulla.

Q = 0

Procedendo con una superficie chiusa a0, sempre più grande, ma all’interno delconduttore

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2. IL CAMPO ELETTRICO NELLE VICINANZE DI UN CONDUTTORE 53

e ripetendo lo stesso discorso, si arriverà alla superficie chiusa che delimita ilconduttore. Al suo interno la carica sarà nulla e quindi, essendo il corpo comunquecarico, la sua carica si sarà portata sulla superficie. In tal caso, potremo ancheparlare di distribuzione di carica superficiale e caratterizzarla con una densità dicarica, ρa.

Osservazione: Quando si parla di corpi macroscopici è vero in generale chesi deve parlate sia di una densità di carica superficiale che di una densità di caricadi volume, perché gli effetti del corpo (il campo da esso generato sia all’internoche all’esterno) sono dovuti in generale sia alla carica superficiale che alla caricadi volume. Nel caso di conduttori ideali, all’equilibrio elettrostatico, la carica divolume è nulla e quindi ci si riduce alla carica di superficie. Nel caso dei dielettrici,vedremo che, in generale sono presente entrambe le densità di carica, sebbene inalcuni casi, una delle due, vale zero.

2. Il campo elettrico nelle vicinanze di un conduttore

Le cariche di un conduttore carico, all’equilibrio elettrostatico, si sono dis-poste sulla sua superficie, quindi, tale superficie rappresenterà, per il conduttoree le sue proprietà elettriche, una regione particolare. Sicuramente il campo elet-trico all’esterno del conduttore sarà diverso da zero. Poiché il campo elettrico,all’interno del conduttore, è nullo per definizione, si pone il problema di stabilirein quale misura la superficie presenta delle discontinuità per il campo (dal valorenullo all’interno passiamo ad un valore diverso da zero fuori).

Si può dimostrare, con una semplice considerazione che, il campo elettrico es-terno, nelle immediate vicinanze di un conduttore, deve essere necessariamente or-togonale alla superficie del conduttore. La considerazione è la seguente. Le caricheelettriche, in un conduttore ideale, sono praticamente libere di muoversi in ogniregione del conduttore. La presenza di un campo elettrico diverso da zero condur-rebbe allo spostamento delle cariche nella direzione del campo. Indichiamo con Ei,il campo elettrico interno al conduttore e con E0, il campo elettrico esterno (l’apice”0” indica il vuoto). Decomponiamo tali campi in una componente tangenziale eduna normale alla superficie:

(2) Ei = Eit +E

in E0 = E0t +E

0n

Poiché, il campo elettrico è nullo all’interno del conduttore, sia la componentetangenziale che normale del campo interno, Ei, sono entrambe nulle. Non vi èmovimento di carica all’interno del conduttore. Passiamo alla componente tangen-ziale del campo esterno, E0t . Se questa componente fosse diversa da zero, le cariche,che si trovano sulla superficie, potrebbero spostarsi lungo di essa. Poiché, siamo inelettrostatica, e le cariche sono supposte ferme sempre, dobbiamo concludere che

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54 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

la componente tangenziale del campo esterno deve essere nulla, E0t = 0, e quindi,del campo elettrico esterno non rimane che la componente normale alla superficie:

(3) E0 = E0n

Possiamo concludere dicendo che il campo elettrico nelle immediate vicinanzedi un conduttore carico, all’equilibrio elettrostatico, è sempre ortogonale alla su-perficie del conduttore. Ovvero, il campo elettrico nelle immediate vicinanze delconduttore potrà avere diversa da zero sola la componente ortogonale alla superficiedel conduttore.

Un procedimento analogo, per la componente ortogonale, non può essere usato,perché una carica posta sulla superficie del conduttore, non è libera di lasciare ilconduttore e passare ”nel vuoto”. Esiste, cioé, una energia di legame, che impedisce,in condizioni normali, ad una carica di lasciare il conduttore.

Per calcolare la componente normale, En, dobbiamo usare il teorema di Gauss.Si consideri un cilindretto, con una base δa, appena dentro il conduttore ed una,appena fuori dal conduttore.

Esso staccherà sulla superficie del conduttore un’area δa. Supponiamo persemplicità che tale area sia piana e sia ρa la sua densità superficiale (la carica delconduttore è tutta sulla sua superficie, quindi si può parlare di carica superficiale).Supporremo che la carica sia uniformemente distribuita sulla superficie, quindi lasua densità superficiale è costante. La carica sulla superficie sarà, allora,

(4) Q = ρaδa

Il teorema di Gauss, Ia

d2aE · ua = Q

0

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2. IL CAMPO ELETTRICO NELLE VICINANZE DI UN CONDUTTORE 55

ci dice che il flusso attraverso tutto il cilindretto sarà espresso dalla relazione

(5)Ia

d2aE · ua = ρaδa

0

Il flusso al primo membro, cioé il flusso attraverso la superficie totale del cilindretto,che indicheremo per brevità Φa (E), può essere calcolato direttamente. Infatti, essosi può scrivere come somma di due pezzi:

Φa (E) = Φia (E) +Φ

0a (E)

dove l’apice ”i” si riferisce alla superficie del cilindretto, interna al conduttore el’apice ”0” alla superficie esterna.

Poiché il campo elettrico è nullo all’interno del conduttore, il flusso attraversola superficie del cilindretto, interna al conduttore, è nullo. Allora, la precedenterelazione si riduce al solo flusso attraverso la superficie esterna:

(6) Φ0a (E) =ρaδa

0

Il flusso attraverso la superficie esterna, Φ0a (E), è costituito dal flusso attraversola superficie laterale e dal flusso attraverso la superficie di base. Ma il campoelettrico esterno ha solo la componente ortogonale alla superficie del conduttore,quindi il campo elettrico è ortogonale alla superficie laterale del cilindretto e di con-seguenza, il flusso, attraverso la superficie laterale esterna sarà nullo. Non rimaneche calcolare il flusso del campo elettrico attraverso la base esterna del cilindretto.Il valore di tale flusso è uguale a

(7) Φ0δa (E) = E0nδa

Il teorema di Gauss è diventato, in definitiva:

E0nδa =ρaδa

0

da cui

(8) E0n =ρa

0

Possiamo allora dire che la componente normale del campo elettrico, in un

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56 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

3. L’induzione elettrostatica

Supponiamo di avere un conduttore neutro e di avvicinare ad esso, molto lenta-mente, un conduttore carico positivamente.

Dalla parte prossima al conduttore carico appariranno, sulla superficie del con-duttore delle cariche di segno negativo mentre dal lato opposto vi saranno dellecariche positive.

Se si riallontana il corpo carico, allora la distribuzione di carica, del corpo neu-tro, ritorna ad essere quella iniziale. Una tale esperienza mostra che un conduttorecarico induce su di un conduttore neutro la comparsa di cariche, distribuite spazial-mente in maniera differente, ma sempre tali che la loro somma algebrica rimanganulla su tutto lo spazio occupato dal conduttore. Il fenomeno si chiama induzioneelettrostatica e la carica che compare sul conduttore neutro si chiama carica indotta.

Tale fenomeno non ha ovviamente un analogo nel campo gravitazionale edin quanto tale rappresenta una importante proprietà dei corpi carichi. Inoltre,ricordiamo che la ridistribuzione della carica indotta è sempre sulla sola superficiedel conduttore.

4. Lo schermo elettrostatico

Per illustrare, in maggiore dettaglio, il fenomeno dell’induzione elettrostaticaed alcune sue conseguenze studieremo in maggiore dettaglio un esempio partico-lare. Supponiamo di avere un conduttore sferico cavo di raggio R2 (guscio sfericosenza spessore) e carica totale −Q. All’interno di tale conduttore, ed in manieraconcentrico, vi è un altro conduttore sferico pieno di raggio R1 e carica totale 4Q.

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4. LO SCHERMO ELETTROSTATICO 57

Ci proponiamo di studiare il campo elettrico nelle diverse regioni indicate inFigura e la distribuzione di carica sulle due faccie del conduttore esterno. Il campoelettrico, nel conduttore interno, è nullo per il teorema di Gauss:

E (r) = 0 r < R1

Nella regione tra i due conduttori (regione 1), sempre per il teorema di Gaussil campo vale

(1) E (r) =1

4π 0

4Q

r2R1 < r < R2

Come già sapevamo, il campo e solo quello prodotto dalla carica contenuta nelconduttore interno. Se non vi fosse alcun conduttore all’interno della zona cavadel conduttore esterno, il campo eletrrostatico sarebbe nullo. Allora, il conduttoreesterno svolge la funzione di schermo elettrostatico, per gli oggetti dentro la cavità.

Vediamo se lo schermo funziona anche per le cariche interne verso l’esterno. Ilcampo all’esterno della regione occupata dai due conduttori (regione 2) è, sempreper il teorema di Gauss

(2) E (r) =1

4π 0

4Q−Q

r2r > R2

Il campo elettrostatico è quello prodotto dalla somma algebrica delle cariche con-tenute nella regione occupata dai due conduttori (la simmetria sferica fa si che ilcampo è come se fosse prodotto da una carica puntiforme, di carica pari alla sommaalgebrica delle caiche dei due conduttori, posta nel centro, comune, delle due sfere).

Vediamo la distribuzione di carica superficiale sulle faccia interna della sferaesterna e su quella esterna del conduttore interno. L’induzione elettrostatica ci diceche sulla faccia interna, del guscio sferico, vi deve essere una carica totale (−4Q).Poichè, la carica totale presente sul conduttore esterno, deve essere (−Q), sullafaccia esterna del conduttore-guscio esterno deve esserci una carica totale (+3Q).

In conclusione, tutto è accaduto come se sulla superficie esterna si fosse trasferitala carica netta posta all’interno della regione occupata dai due condottori.

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58 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

La carica nella cavità non è stata schermata dal conduttore esterno.

5. Potenziale di un conduttore

Il fatto che, all’equilibrio elettrostatico, il campo elettrico interno ad un con-duttore sia nullo, implica che la differenza di potenziale tra due punti qualsiasiall’interno del conduttore è nulla, ovvero tutti i punti interni al conduttore sonoallo stesso potenziale. Per spiegare questo risultato dobbiamo ottenere la relazioneche consente di ottenere il campo elettrico una volta noto il potenziale.Ricordiamoche

(1) V (A)− V (B) =

Z B

A

E · dl

Il primo membro si può scrivere, per definizione di integrale definito, come

(2) V (A)− V (B) = −Z B

A

dV

Dal confronto di queste due equazioni otteniamo

−Z B

A

dV =

Z B

A

E · dlovvero,

(3) −dV = E · dlSe usiamo le componenti cartesiane, avremo

(4) −dV (x, y, z) = Exdx+Eydy +Ezdz

dove dl =(dx, dy, dz). Per semplificare la nostra discussione, supponiamo che ilcampo ed il potenziale dipendano solo da x. In tal caso, la (4) si può semplificare:

−dV (x) = Exdx

ovvero, esplicitando il differenziale al primo membro:

−dV (x)dx

dx = Exdx

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5. POTENZIALE DI UN CONDUTTORE 59

e in definitiva,

(5) Ex = −dV (x)dx

La (5) ci dice che, se è noto il potenziale, come funzione di una coordinata,per ottenere la componente del campo associata alla coordinata è sufficiente fare laderivata del potenziale e cambiargli di segno. Questo risultato è generalizzabile atutte le componenti. Possiamo dire che, mentre la (1) consente di ottenere il poten-ziale se è noto il campo, la (5) ci consente di ottenere il campo noto il potenziale(in maniera più rigororosa bisogna parlare di derivate parziali, ma la sostanza dellenostre affermazioni rimane).

Possiamo tornare al nostro problema. Perché un campo nullo, all’interno di unconduttore, implica che non vi è differenza di potenziale tra due punti interni alconduttore? Se un campo è nullo, tutte le sue componenti cartesiane sono nulle.Dalla (5) l’unico potenziale le cui derivate sono sempre nulle, è quello costante(indipendente da x,y,z. In conclusione, possiamo dire che il campo all’interno delconduttore è nullo ed il potenziale è costante.

Passiamo ad esaminare il potenziale sulla superficie del conduttore. Siano Ae B due punti qualsiasi della superficie del conduttore. Poiché il campo vicinoalla superficie esterna di un conduttore all’equiliblio è ortogonale alla superficie delconduttore, uno spostamento lungo la superficie è sempre ortogonale al campo,

quindi E · dl = 0 , qualunque sia lo spostamento infinitesimo dl lungo la super-ficie. Allora Z B

A

E · dl = 0Poiché

V (A)− V (B) =

Z B

A

E · dlsegue

(6) V (A) = V (B)

Allora, tutti i punti della superficie sono allo stesso potenziale ed è proprio ilvalore del potenziale sulla superficie che determina il valore del potenziale all’interno

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60 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

del conduttore. In altre parole tutto il conduttore (interno e superficie) è allo stessopotenziale. Si può allora parlare di potenziale del conduttore. La regione occupatada un conduttore è una regione equipotenziale. Possiamo allora, scegliendo lo zeroall’infinito, porre, per un qualsiasi conduttore

(7) V (A) =

Z ∞A

E · dl

In particolare, il potenziale di un conduttore carico sferico ed isolato è

(8) V (A) =

Z ∞R0

1

4π 0

Q

r2dr =

1

4π 0

Q

R0

dove R0 è il raggio del conduttore sferico w Q la sua carica totale.

6. Effetto punta

In un conduttore carico, all’equilibrio elettrostatico, la carica presente è solosulla superficie. Il campo dipende solo dalla densità di carica superficiale. Il campodipenderà da come esattamente le cariche sono disposte sulla superficie, quindi dallaforma e dalle dimensioni del conduttore. La dipendenza generale del campo da taliparametri è ovviamente molto complessa. Qui vogliamo solo provare che l’intensitàdel campo è maggiore nei punti ove la superficie presenta un maggiore raggio dicurvatura. (effetto punta). Tale risultato, come vedremo dipende essenzialmentedalla proporzionalità del campo elettrico, con la densità di carica e non con la caricastessa.

Consideriamo due casi di conduttori sferici carichi ed isolati, con differenti raggi,R ed r (R > r) e differenti cariche QR e Qr.

Facciamo in modo che i potenziali dei due conduttori siano uguali (lo si puòsempre fare operando sui valori delle cariche ed i raggi delle due sfere, oppureconnettendoli con un filo conduttore).

Poiché il potenziale di un conduttore sferico è

(1) V (R) =1

4π 0

Q

R

avremo per i due conduttori:

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7. CAPACITÀ DI UN CONDUTTORE 61

VR =1

4π 0

QR

R

Vr =1

4π 0

Qr

r

ed uguagliando i due potenziali, si trova

(2)QR

Qr=

R

r

Le cariche presenti sui due conduttori risultano in rapporto diretto con i rispet-tivi raggi. Se il campo fosse proporzionale alla carica dovremmo concludere che ilcampo è più intenso vicino al conduttore con maggiore raggio e quindi con minorecurvatura. Tuttavia il campo è proporzionale alla carica superficiale ed il risultatoprecedente verrà capovolto. Infatti,

QR = 4πR2ρRa Qr = 4πr

2ρrache sostituiti nella (2) danno

(3)ρRaρra=

r

R→ ER

Er=

r

R→ RER = rEr

Le densità di carica superficiale, che determinano il valore del campo vicino aiconduttori, sono in rapporto inverso con i raggi delle due sfere. La densità di caricaè maggiore sulla sfera più piccola, quindi l’intensità del campo è maggiore vicinoalla sfera di raggio inferiore.

7. Capacità di un conduttore

Si abbia un conduttore isolato con una carica Q. Il campo, all’esterno delcondottore, varierà a seconda della disposizione delle cariche, e quindi possiamodire che dipende dalla forma e dalle dimensioni del conduttore. Ciò comporta cheanche il potenziale del conduttore dipenderà dalla forma e dalle dimensioni delconduttore.

Consideriamo, un conduttore sferico. Il potenziale di un conduttore sfericoisolato è (nell’ipotesi, lo ricordiamo, che lo zero dell’energia potenziale sia postoall’infinito)

(1) V =1

4π 0

Q

R

dove R è il raggio della sfera. Supponiamo che per qualche motivo il potenzialedel conduttore (sferico) sia cambiato (per esempio, abbiamo avvicinato un altroconduttore) e che possiamo scrivere il nuovo potenziale:

(2) V 0 (R) = kV (R)

dove k è una costante. Poiché il raggio del conduttore non è cambiato,

V 0 (R) =1

4π 0

kQ

R

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62 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

la (2) può essere riscritta:

V 0 (R) =1

4π 0

Q0

Rdove abbiamo posto

(7) Q0 = kQ

In conclusione, quando il potenziale cambia di un certo fattore k, e dello stessofattore k che cambia anche la carica sul conduttore. Esiste, allora, una relazionelineare anche tra carica e potenziale tanto che il rapporto tra queste due quantitàè una costante per il conduttore:

(8)Q0

V 0 =kQ

kV=

Q

V

Si definisce capacità del conduttore, e si indica con C, il rapporto costante tra lacarica posseduta dal conduttore ed il suo potenziale

(9) C ≡ Q

V

Nel S.I. la capacità si misura in Farad (F).

1F =1C

1VIl Farad è un valore enorme per le capacità ordinarie. Si usano allora dei

sottomultipli: il microfarad, 1µF = 10−6F ed il picofarad 1pF = 10−12F .

8. Capacità di un condensatore piano

Un condensatore è un sistema di due conduttori che hanno carica uguale ma disegno opposto.

Il condensatore della figura è detto piano. La capacità C di un condensatoreè definita come il rapporto tra la carica posseduta da ognuno e la differenza dipotenziale esistente tra i due conduttori:

(1) C ≡ Q

∆V

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8. CAPACITÀ DI UN CONDENSATORE PIANO 63

Supporremo che l’area dell’armatura sia a e che la distanza tra le due armature siad. Da come abbiamo operato per il calcolo della capacità di un conduttore sfericoisolato,(vedi esempio precedente) la determinazione della capacità di condensatore,supposta nota la carica, si riduce al calcolo della differenza di potenziale esistentetra le armature. Noi possiamo risalire a tale differenza dalla conoscenza del campoelettrico tra le armature. Il campo tra le armature è stato determinato in unprecedente esempio, come campo tra due piani carichi paralleli. Esso vale

E =ρa

0

dove ρa è la densità di carica superficiale. La differenza di potenziale tra duepunti, posti ciascuno su un’armatura, è proporzionale alla distanza di separazionetra i due punti e decresce nella direzione del campo (vedi Cap. III, eq.(11)),

(2) ∆V = Ed

La precedente equazione, usando l’espressione del campo, prima trovata, di-venta

∆V =ρa

0d

Moltiplicando e dividendo per la superficie a dell’armatura, si ha

∆V =aρaa 0

d

Poiché, Q = aρa, rappresenta la carica presente su un’armatura, potremo scrivere

∆V =Q

a 0d

ed usando la definizione di capacità di un condensatore,

∆V =Q

Cavremo

(3) C =a 0

d

Per aumentare la capacità di un condensatore piano possiamo o aumentare lasua area o diminuire la distanza tra le armature.

I più comuni condensatori sono piani paralleli, cilindrici e sferici. Graficamente,un condensatore si indica con il simbolo:

8.1. Esempi. Esempio 1: Determinare la capacità di una sfera carica il cuiraggio sia pari a quello della Terra.

Consideriamo, un conduttore sferico. Abbiamo visto che il potenziale di un con-duttore sferico isolato è (nell’ipotesi, lo ricordiamo, che lo zero dell’energia poten-ziale sia posto all’infinito)

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64 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

V =1

4π 0

Q

RLa capacità di un conduttore sferico di raggio R è presto calcolata. Poiché

V =Q

Csegue

C = 4π 0R

Per una sfera di raggio pari al raggio della Terra, R⊕ = 6, 37×106m; troveremo

C⊕ ∼= 7× 10−4FEsempio 2: Determinare la capacità di un condensatore sfericoUn condensatore sferico è costituito da due armature sfere concentriche, una

carica positivamente e una carica negativamente. Siano R1 e R2 i raggi della sferapositiva e negativa, dove R1 < R2. Usando una superficie di Gauss sferica conraggio compreso tra R1 e R2 troviamo, se Q è il valore della carica positiva delcondensatore, I

E · uad2a = Q

ε0da cui

Er =Q

4πε0

1

r2

La differenza di potenziale tra le due armature è

V2 − V1 = −Z R2

R1

E · dl = −Z R2

R1

Erdr = −Z R2

R1

Q

4πε0

1

r2dr =

Q

4πε0

µ1

R2− 1

R1

¶ovvero

V1 − V2 =Q

4πε0

µR2 −R1R1R2

¶La capacità del condensatore sferico sarà

C = 4πε0

µR1R2

R2 −R1

¶Esempio 3: Determinare la capacità di un condensatore cilindrico.Un condensatore cilindrico è costituito da due armature cilindriche coassiali,

una carica positivamente e una carica negativamente. Siano R1 e R2 (R1 < R2) iraggi della circonferenze di base ed L la loro comune lunghezza. Inoltre sia positival’armatura interna. Usando un cilindro di Gauss con raggio compreso tra R1 e R2troviamo, se Q è il valore della carica positiva del condensatoreI

E · uad2a = Q

ε0

da cui

Er =Q

4πε0L

1

rLa differenza di potenziale tra le due armature è

V2 − V1 = −Z R2

R1

E · dl = −Z R2

R1

Erdr = −Z R2

R1

Q

4πε0L

1

rdr = − Q

4πε0Lln

µR2R1

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8. CAPACITÀ DI UN CONDENSATORE PIANO 65

da cui

V1 − V2 =Q

4πε0Lln

µR1R2

¶la capacità del condensatore cilindrico si scriverà

C =4πε0L

ln³R1

R2

´Esempio 4: Condensatori in serieI condensatori possono essere posti sia in serie che in parallelo. Nella connes-

sione in serie, avremo:

La prima osservazione da fare è che la carica su ciascun condensatore è lastessa, mentre la seconda è che la differenze di potenziale totale, ai capi del sistemasomma è la somma delle due differenze di potenziale (per portare una carica unitariaagli estremi del sistema bisogna passare attraverso i due condensatori. In tal casopossiamo scrivere:

∆V = ∆V1 +∆V2 =Q

C1+

Q

C2= Q

µ1

C1+1

C2

¶da cui

1

C=1

C1+1

C2

La capacità

(1) Ceq ≡ C1C2C1 + C2

è detta capacità equivalente del sistema delle due capacità.Esempio 5: Condensatori in paralleloNella connessione in parallelo, avremo:

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66 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

In questo caso, ai capi dei due condensatori avremo la stessa differenza dipotenziale (o sistema dei due condensatori):

Q = Q1 +Q2 = C1∆V + C2∆V = (C1 + C2)∆V

da cui, la capacità equivalente del sistema, è

(2) Ceq = C1 + C2

9. I Dielettrici

Abbiamo parlato dei conduttori, ed abbiamo imparato che in essi, può generarsiun movimento di cariche. Tra i corpi macroscopici vi è un’altra categoria di corpiche si comporta in maniera diversa: anche in presenza di un campo elettrico esternoin essi non si genera un movimento di cariche. Questi corpi sono detti isolanti odielettrici. L’individuazione di corpi corduttori ed isolanti rientra tra gli studisperimentali compiuti essenzialmente da Faraday, a partire dal 1837, per dimostrarela natura di campo anche dei fenomeni elettrici. L’idea corrente sulle forze e sullaloro natura, ai tempi di Faraday, era essenzialmente ancora quella newtoniana.Secondo tale visione le forze dovono agire a distanza ed essere dirette lungo lacongiungente tra due punti materiali (si pensi alla forza di gravitazione universaleed alla forza di Coulomb). Nel 1820 Oersted, come mostreremo meglio in seguito,aveva mostrato che le correnti possono influire sugli aghi magnetici e quest’azionenon aveva caratteristiche newtoniane. Gli scienziati incominciarono ad avere unavisione non strettamente newtoniane e cosa più importante incominciò a riapparireil concetto di forza che opera per contatto. Secondo tale concezione una forza,per esempio quella elettrica, si trasmette da molecola a molecola attraverso dellelinee di tensione del mezzo. Questa tensione del mezzo sarà uno degli argomenti diricerca più controversi per circa un secolo. Gli studi di Faraday, di cui brevementetratteremo in questo capitolo, portarono all’introduzione del concetto di linea diforza (modo convenzionale di esprimere la direzione lungo la quale agisce la forzanei casi di induzione), di atomi puntiformi ma con intorno un’atmosfera di forza ecosa fondamentale, come vedremo tra breve, viene introdotta l’idea che i fenomenielettrostatici risiedono nel mezzo interposto tra due distribuzioni di cariche.

9.1. Costante dielettrica. Supponiamo di voler eseguire il seguente esperi-mento. Prendiamo un condensatore piano e valutiamo la sua capacità in due casi;nel primo caso, tra le piastre del condensatore vi è il vuoto, mentre nel secondocaso, tutto lo spazio tra le piastre del condensatore è completamente riempito daun isolante (vetro, per esempio).

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9. I DIELETTRICI 67

Indicheremo con un pedice ”0” le quantità in assenza di dielettrico. Nel prece-dente capitolo abbiamo trovato che la capacità di tale condensatore (vi è il vuototra le armature) vale:

(1) C0 =0a

d

dove con ”a” abbiamo indicato la superficie di un’armatura e con ”d” la distanzatra le due armature.

Inseriamo ora il dielettrico tra le armature. Come osservò Faraday, per laprima volta, la capacità C del nuovo condensatore è aumentata di un fattore r,che dipende dal tipo di isolante. Cioé,

(2) C = rC0

Il fattore r ha una interpretazione fisica legata alla forza di Coulomb. Infatti,r è la misura di quanto si riduce la forza di Coulomb, tra due cariche, quandoal vuoto tra le due cariche si sostituisce un mezzo materiale. Più precisamente, siprova sperimentalmente che

1)- l’intensità della forza di Coulomb tra due cariche puntiformi, poste ad unadistanza r, nel vuoto,

F0 =1

4π 0

Q1Q2r2

è sempre maggiore della forza (che indicheremo con Fm) che si esercita tra le duestesse cariche poste in un mezzo (isolante)

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68 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

2)- anche per la forza di Coulomb, nel mezzo si può sempre scrivere:

(3) Fm =1

4π m

Q1Q2r2

dove la quantità m (indicata anche semplicemente con ) è chiamata permet-tività del mezzo (allora 0 è la permettività del vuoto). Dalla prima considerazionesperimentale segue

F0Fm

=m

0≥ 1

La quantità

(4) r ≡ m

0

che è il fattore che compare nella (2), è detta permettività relativa o costantedielettrica relativa. Dalle precedenti equazioni troviamo, inoltre che

(5) Fm =1

4π m

Q1Q2r2

=F0

r

Allora, la costante dielettrica ci dice di quante volte l’intensità della forza diCoulomb tra due cariche puntiformi, poste ad una distanza r, in un mezzo isolante, èpiù piccola della forza che si esercita tra le stesse cariche, poste alla stessa distanza,quando sono nel vuoto. Ma una riduzione della forza equivale ad una riduzione delcampo:

(6) E =E0

r

In conclusione, il risultato più rilevante dell’epserimento è che la presenza deldielettrico riduce il campo elettrostatico tra le armature del condensatore.

Proviamo, ora, che è proprio la riduzione del campo elettrico la ragione dell’aumentodella capacità del condensatore piano, quando si introduce tra le sue armature ildielettrico.

Il campo tra le armature può scriversi in termini della densità di carica super-ficiale come E0 = ρa/ 0 per cui la (6) diventa

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9. I DIELETTRICI 69

E =ρa

0 r=

Q

0 ra

dove abbiamo introdotto la carica Q = ρaa del condensatore. Per calcolare lanuova capacità abbiamo bisogno della differenza di potenziale tra le armature. Essavale

(7) ∆V = Ed = Qd

0 ra

Per definizione C = Q/∆V e quindi

C =0 ra

d= rC0

che è quello che volevamo mostrare. Allora la costante dielettrica, definata at-traverso la (3) e (4) è esattamente la stessa costante che compare nella (2). Notiamo,infine, che dalla (7)

(8) ∆V =∆V0

r

cioé, la permettività relativa è anche una misura della diminuzione del poten-ziale tra due armature quando il vuoto tra di esse viene riempito completamente didielettrico.

La descrizione che abbiamo appena fatto non spiega il motivo fisico del perchéla capacità aumenta con l’inserimento del dielettrico. La spiegazione può avveniresolo se si fa un modello fisico di quello che accade. La risposta la troveremo neiprossimi paragrafi e risiede nel fenomeno della polarizzazione.

9.2. Polarizzazione e vettore spostamento dielettrico D. Abbiamo vistoche l’applicazione di un campo elettrico, in un conduttore, produce uno spostamentodi cariche, ovvero una corrente. Lo stesso campo applicato ad un dielettrico nonproduce alcuna corrente. Tuttavia ciò non significa che non vi sia alcuno sposta-mento di cariche. Per convincersi che comunque vi è un lieve spostamento dellecariche, basta pensare che in presenza di un campo elettrico esterno, le carichepositive tenderanno a spostarsi nella direzione del campo, mentre quelle negativenella direzione opposta. Il risultato di un tale effetto è quello che le parti posi-tive e quelle negative di ogni molecola costituenti il materiale si saranno spostatedalla loro posizione di equilibrio in direzione opposta rispetto alla direzione delcampo (resta inteso che questi spostamenti sono dell’ordine di piccole frazioni deldiametro molecolare). Si dice che il dielettrico si è polarizzato. Quando si inserisceil dielettrico tra le armature del condensatore, apparirà un eccesso si carica positivadavanti all’armatura negativa ed un eccesso di carica negativa davanti all’armaturapositiva:

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70 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

Si genera cioè, una carica polarizzata Qp che va ad aggiungersi alla carica liberaQ0, posta sulle armature. La carica libera è responsabile del campo elettrico E0, chesi avrebbe in assenza del dielettrico e la carica polarizzata Qp, del campo indotto(o di polarizzazione) Ep. Il campo elettrico totale E, sarà la somma dei due campielettrici:

(9) E = E0 +Ep

Il teorema di Gauss, in un mezzo dielettrico si scriverà,

(10) ε0

IE · uad2a = Q0 +Qp

La difficoltà nell’usare il teorema di Gauss nella forma (10) risiede nella dif-ficoltà, a priori di conoscere la carica di polarizzazione. Conviene procedere alladerivazione del teorema di Gauss, nei dielettrici, partendo dal teorema nel vuotoed utilizzando l’sservazione già fatta che il campo elettrico totale si riduce di unfattore pari alla costante dielettrica relativa. Cioè, da

ε0

IE0·uad2a = Q0

osservando che (vedi la (6))

E =E0

ravremo

(11) ε0 r

IE · uad2a = Q0

In questa forma, il teorema è applicabile in quanto appaiono solo le carichelibere. Inoltre, tale espressione suggerisce di introdurre un nuovo vettore, dettospostamento dielettrico,

(12) D =ε0 rE

in maniera tale che il teorema di Gauss, nei dielettrici assume la forma:

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9. I DIELETTRICI 71

(13)ID · uad2a = Q0

Nei dielettrici, le cariche libere sono le sorgenti del vettore spostamento, mentrenel vuoto lo erano per il campo elettrico. Nel vuoto, i due vettori sono legati dallarelazione:

(14) D0=ε0E0

Nel vuoto, il campo coulombiano di una carica Q, posta nell’origine del sistemadi riferimento, scritto per il vettore spostamento, diventa

(15) D0 =1

Q

r2

9.3. Esempi. Esempio 1: Cosa succede alla capacità di un condensatore, seil dielettrico non riempie tutto lo spazio tra le armature ma solo una sua metà, peresempio? Per essere precisi, se d è la distanza tra le due armature ed a è l’area diuna delle armature, il dielettrico è assunto avere uno spessore d/2 ed area a.

Il campo E1, nella parte riempita di isolante, sarà

E1 =E0

r

La differenza ai capi dell’armatura sarà

∆V = ∆V0 +∆V1 = E0d

2+E1

d

2= ∆V0

1

2

µ1 + r

r

¶Poiché la carica sulla piastra non è mutata,

C =Q0∆V

= C02r

1 + r

Esempio 2: Determinare la capacità del condensatore piano della figura sotto

Le due regioni sono riempite di due differenti dielettrici le cui costanti sono ε1e ε2. Inoltre, la superficie delle armature, relative alla prima superficie è a1 = 8

10a,dove a è la superficie totale delle armature e d la loro distanza. Il sistema può esserevisto come un condensatore contenente due condensatori in parallelo. Essendo ledue capacità, date da

C1 =a1ε1d

=8

10

aε1d

C2 =a2ε2d

=2

10

aε2d

la capacità del sistema diventa

C = C1 + C2 =8

10

aε1d+2

10

aε2d=

a

10d(8ε1 + 2ε2)

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72 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

Infine, poiché

εr1 =ε1ε0

εr2 =ε2ε0

troviamo

C =ε0a

d

1

10(8εr1 + 2εr2) = C0

1

10(8εr1 + 2εr2)

Esempio 3: Inizialmente viene dato un condensatore piano vuoto le cui ar-mature hanno una superficie a e sono separate da una distanza d. Successivamenteviene introdotta una lastra di rame, di spessore d1 fra le armature del conden-satore, esattamente a metà strada dalle due armature. Determinare la capacità delcondensatore piano dopo l’introduzione della lastra.

La capacità del condensatore piano prima dell’introduzione della lastra è

C0 =aε0d

Dopo l’introduzione della lastra il sistema diventa equivalente a due condensatorivuoti, in serie. La capacità equivalente sarà

1

C=1

C1+1

C2

doveC1 =

aε0(d− d1) /2

C2 =aε0

(d− d1) /2

Le due capacità sono uguali. Sostituendo troviamo

C =aε0

d− d1

10. Complementi: energia e densità di energia elettrostatica

Vogliamo studiare l’energia elettrostatica associata ad una configurazione dicariche puntiformi. In sostanza, per mettere insieme diverse cariche (portarle dauna distanza infinita reciproca, ad una distanza reciproca finita) si è spesa unacerta energia. Si può allora parlare di energia associata ad una certa configurazionedi cariche.

10.1. Il caso di due cariche. Consideriamo il caso di due cariche puntiformie poniamoci il problema dell’energia potenziale totale associata a tale sistema. Sup-poniamo che la carica Q1 abbia una posizione individuata dal vettore r1 e la caricaQ2 quella individuata dal vettore r2. Il lavoro che compie il campo E1 generatodalla carica Q1, per spostare la carica Q2 dal punto r2, a distanza infinira, è

(1)

L1 (r2 →∞) =Z ∞r2

F21 · dr2 = Q2

Z ∞r2

E1 · dr2 = Q2V1 (r2) = Q21

4π 0

Q1|r2 − r1|

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 73

Una volta che la carica Q2 è stata portata a distanza infinita dalla carica Q1,non è più necessario calcolare il lavoro che compierebbe il campo E2 generato dallacarica Q2, per spostare la carica Q1 dal punto r1, a distanza infinita, perché già conil primo calcolo abbiamo portato le due cariche ad una distanza reciproca infinita.Allora, avendo due cariche e volendole separare, è sufficiente calcolare il lavoro chefa il campo di una delle due. Ovviamente, avremmo potuto calcolare il lavoro fattodalla carica Q2, per spostare la carica Q1 dal punto r1, a distanza infinita, edavremmo trovato:

(2)

L2 (r1 →∞) =Z ∞r1

F12 · dr1 = Q1

Z ∞r2

E2 · dr1 = Q1V2 (r1) = Q11

4π 0

Q1|r1 − r2|

Come si può vedere i due lavori sono identici. Possiamo allora scrivere che illavoro per separare, fino ad una distanza reciproca infinita, due cariche, dovendoessere pari ad uno solo dei precedenti lavori, sarà uguale alla metà della loro somma,cioè,

(3) U=1

2[L1 (r2 →∞) + L2 (r1 →∞)] = 1

2[Q2V1 (r2) +Q1V2 (r1)]

Se si indica con

(4) U12 = Q1V2 (r1) U21 = Q2V1 (r2)

potremo riscrivere la (3) in forma compatta:

(5) U=1

2[U21 + U12]

Nel caso di più cariche puntiformi, per ogni coppia dobbiamo scrivere unaquantità pari alla (5). Vedi sotto.

10.2. Densità di energia del campo elettrostatico. Ora vogliamo mostrareche è possibile pensare che l’energia elettrostatica possa essere localizzata nei puntidello spazio ove è presente il campo elettrico.

Noi vogliamo calcolare l’energia elettrostatica di un condensatore piano, as-sumendo che le derivazioni date per i corpi puntiformi siano valide anche per corpiestesi.

Una possibile giustificazione di tale assunzione alla validità della (3), nel casodi un conduttore è la seguente. Se immaginiamo di portare le due cariche, della (3)sulla superficie di un conduttore scarico, avremo

(6) U =1

2[Q2V1 (r2) +Q1V2 (r1)] → U =

1

2[Q2V (r2) +Q1V (r1)]

dove V è il potenziale del conduttore. Allora,

(7) U =1

2[Q2 +Q1]V → U =

1

2QV

dove Q = Q1 + Q2. Supponiamo di avere, ora, un condensatore piano edipotizziamo che l’energia elettrostatica, ad esso associata, si possa scrivere come

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74 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

U =1

2Q1V1 +

1

2Q2V2

dove V1 e V2 sono i potenziali dei due conduttori. Poiché Q1 = Q e Q2 = −Q,l’energia del sistema dipenderà dalla differenza di potenziale tra le due armature:

(a) U =1

2Q∆V

Per determinare la differenza di potenziale usiamo l’espressione del campo elet-trico tra le armature del condensatore:

(b) E =ρa

0

dove a è la superficie di un’armatura. Il campo per la distanza che separa ledue armature ci darà la differenza di potenziale:

∆V =ρa

0d

quindi, sostituendo nella (a), si avrà:

U =1

2Qρa

0d

ovvero, poiché Q = ρa/a,

(c) U =1

20

µρa

0

¶2ad

Poiché, ad è il volume racchiuso tra le due armature, il rimanente fattore, potràinterpretarsi come densità di energia, ovvero

(d) ρE =U

ad=1

20

µρa

0

¶2=1

20E

2

Generalizzando il risultato ottenuto per il condensato ad una qualunque dis-tribuzione di cariche, potremo scrivere che l’energia associata alla distribuzione dicarica è sempre scrivibile come l’integrale di volume esteso a tutto lo spazio di unadensità di energia ρE (r) (le cariche devono essere localizzate in una regione finita),cioè,

(8) U =

IV

d3rρE (r)

dove abbiamo introdotto la densità di energia del campo elettrostatico ρE (r):

(9) ρE (r) ≡ 0E2

2

Le due ultime equazioni sono uguali alla (11). Esse ci suggeriscono una nuovainterpretazione dell’energia elettrostatica. Se E è il valore del campo elettrico in undato volume d3r, a questo volume si può associare una energia elettrostatica ρEd

3r,

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 75

in maniera tale che ρE si possa interpretare come energia per unità di volume delcampo elettrostatico.

10.3. Esempi. Esempio 1: Calcoliamo l’energia elettrostatica contenuta nelvolume compreso tra due sfere concentriche di raggio R1 = 3m ed R2 = 10m, senel centro di esse è posto una carica puntiforme Q = 2µC.

Poiché il campo prodotto da una carica puntiforme Q, ad una distanza r, è

E =1

4π 0

Q

r2

segue

E2 =

µ1

4π 0

¶2Q2

r4

Quindi

U =

Z4π

d2Ω

Z R2

R1

drr2ρE (r) =1

8π 0

µ1

R1− 1

R2

¶= 42× 10−4J

Esempio 2: Calcolare l’energia elettrostatica immagazzinata in un conden-satore sferico di raggi R1e R2.

Se si applica il teorema di Gauss ad una superficie gaussiana con raggio com-preso tra R1e R2, si trova che il campo elettrico nella regione compresa tra le duearmature sferiche è:

(a) E =Q

4πε0

1

r2

Per applicare la (34) dobbiamo calcolare il volume elementare compreso tra duesfere contigue di raggio r e r+ dr . Il volume di questa calotta sferica elementare è

(b) d3r = 4πr2dr

Possiamo procedere al calcolo della (34). avremo

(c) UE =1

2ε0

Z R2

R1

4πr2dr

µQ

4πε0

1

r2

¶2=1

2

Q2

4πε0

µ1

R1− 1

R2

¶ovvero

(d) UE =1

2

Q2

4πε0

µR2 −R1R1R2

¶La capacità del condensatore sferico è stata calcolata nel precedente capitolo e lasua espressione è

(e) C = 4πε0

µR1R2

R2 −R1

¶Notiamo che la (c) è, come deve essere anche uguale a

UE =1

2

Q2

C

Esempio 3: Calcolare l’energia elettrostatica di un conduttore sferico isolato,con carica Q e raggio R1.

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 77

E2 =

·1

4π 0

¸2Q2

r4

ed usando le coordinate sferiche possiamo scrivere

U =0

2

Z ∞R

drr2Z4π

·1

4π 0

¸2Q2

r4=

= −4π 0

2

·1

4π 0

¸2Q21

R=1

2

1

4π 0Q21

R

Nel caso di una carica puntiforme, (R = 0) l’energia elettrostatica diventa infinita:

U = limR→0

·Q2

8π 0

¸1

R

Possiamo dire che l’idea di localizzare l’energia nel campo elettrico non è con-sistente con la nostra ipotesi di carica puntuale.

Ora, ipotizziamo che l’elettrone sia un corpo sferico di raggio re. Vogliamostimare, sulla base della energia che esso possiaderebbe quale sia il valore del suoraggio. Allora, supponendo che la carica dell’elettrone sia distribuita in una sferadi raggio re, abbiamo appena mostrato che l’energia associata a tale distribuzionedi carica, è

Ue =1

2

q2e4π 0

1

rePossiamo, secondo la relatività ristretta, tale energia, può essere posta uguale

a:

Mec2 = Ue

ovvero

Mec2 =

1

2

q2e4π 0

1

ree risolvendo rispetto all’ipotetico raggio dell’elettrone, si avrà.

re =1

2

q2e4π 0

1

Mec2

Questo valore è circa 10−15m. Più propriamente, è la quantità

q2e4π 0

1

Mec2= 2, 8× 10−15m

che viene chiamata raggio classico dell’elettrone.Possiamo dire che, sulla base di considerazioni di tipo energetico e dimenti-

cando per un momento che la teoria elettromagnetica che stiamo esponendo, as-sume le cariche puntiformi, l’elettromagnetismo classico è valido per regioni piùgrandi del raggio classico dell’elettrone. In altre parole, il puntiforme è una re-gione lineare più piccola di 10−15m. Potremmo dire che se ci si limita a regioni piùgrandi, tutta la teoria è corretta e valida. Questa interpretazione è stato ritenuta

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78 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

corretta fino all’avvento della Meccanica Quantistica, che ha ristretto l’ambito divalidità dell’elettromagnetismo classico, riducendolo a regioni lineari maggiori dellalunghezza d’onda Compton

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 79

dLtot = −12d£(U12 + U13 + ...+ U1N ) + (U21 + U23 + ...+ U2N ) + ...+

¡UN1 + UN2 + ...+ UN(N−1)

¢¤che possiamo scrivere in forma compatta: Posto

U1 = U12 + U13 + ...+ U1N

U2 = U21 + U23 + ...+ U2N

...............................................

UN = UN1 + UN2 + ...+ UN(N−1)avremo

(3) dLtot = −12d

"NX

i=1Ui

#

dove abbiamo posto

(4) Ui =NX

j=1j 6=i

Uij

Questa è l’energia potenziale associata alla posizione della i-esima particella eprodotta dalle rimanenti N-1 particelle. Esplicitamente

(5) Ui = QiVi = Qi

NXj=1j 6=i

Vij = Qi

NXj=1j 6=i

1

4π 0

Qj

|ri − rj |

dove Vij è il potenziale generato dalla carica puntiforme j-esima nella posizioneoccupata dalla particella i-esima, mentre Vi è il potenziale generato nella posizioneoccupata dalla particella i-esima da tutte le rimanenti particelle del sistema Indefinitiva avremo

(6) dLtot = −12

NXi=1

NXj=1j 6=i

dUij

ovvero, sempre esplicitamente

(7) dLtot = −12

NXi=1

NXj=1j 6=i

d

µ1

4π 0

QiQj

|ri − rj |¶

da cui, il lavoro totale finito, per trasformare il sistema da una configurazione A adun configurazione B sarà

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80 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

(8) Ltot (A→ B) = Utot (A)− Utot (B) =1

2

NXi=1

NXj=1j 6=i

[Uij (A)− Uij (B)]

dove A e B sono due differenti configurazioni della distribuzione discreta e pun-tiforme di cariche.

L’energia elettrostatica associata ad una data configurazione (ometteremo inseguito il pedice ”tot”) sarà

(9) U (A) ≡ L (A→∞) = 1

2

NXi=1

NXj=1j 6=iUij

(A)

dove il limite infinito indica che l’energia elettrostatica è pari al lavoro che fanno leforze generate dalle cariche stesse, per portare le cariche ad una distanza reciprocainfinita. Allora, possiamo anche scrivere:

U (A) =1

2

NXi=1

QiVi (A) =1

2

NXi=1

NXj=1j 6=i

QiVij (A)

per cui si avrà la seguente espressione esplicita dell’energia elettrostatica di unadistribuzione discreta di cariche:

(10) U (A) =1

8π 0

NXi=1

NXj=1j 6=i

QiQj

|ri − rj |

10.5. Le distribuzioni continue. La precedente equazione si applica a carichediscrete e puntiformi di cariche elettriche statiche. Perché delle cariche si possanoconsiderare reciprocamente puntiformi occorre che la distanza relativa tra di esse siamolto più grande delle dimensioni delle regioni in cui sono localizzate le cariche.Sesi vuole discutere dello stesso problema per distribuzioni di cariche che, reciproca-mente non possono considerarsi puntiformi, occorre modificare la (10) e renderlaadatta a trattare le distribuzioni continue di cariche.

Ci limiteremo a trattare cariche elettriche che siano distribuite con continuitàin volumi finiti. Supponiamo di avere due cariche distribuite con continuità in dueregioni limitate dello spazio, e L3 e L03 siano i rispettivi volumi. Ponendo

dqi = ρ (r) d3r dqj = ρ (r0) d3r0

possiamo pensare di prendere suggerimento dalla (10) e scrivere:

U (A) =1

8π 0

IL3

IL03

d3rd3r0ρ (r) ρ (r0)|r− r0|

Ma

V (r) =1

4π 0

IL03

d3r0ρ (r0)|r− r0|

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 81

è il potenziale generato dalla distribuzione contenuta in L03, nel punto generico r,e quindi, in definitiva, avremo:

(11) U (A) =1

2

IL3

d3rρ (r)V (r)

L’energia elettrostatica di una qualunque distribuzione di carica, a parte il fattore1/2 è il prodotto della carica dq = ρd3r per il potenziale, V (r) generato da tuttele cariche presenti in tutto lo spazio, calcolato nella posizione ove è la carica.

L’espressione (11), sebbene sia stata ricavata a partire dalla distribuzione dicariche discrete (eq.(10)), contiene un termine extra rispetto alla (10) che rende la(11) più generale della (10).

Per capire meglio questo punto cercheremo nel prossimo paragrafo di scriverel’energia elettrostatica direttamente in termini del campo elettrico.

10.6. Auto-energia ed energia d’interazione. Siamo ora in grado di sp-iegare perché la (10) e la (11)sono differenti.

Abbiamo mostrato, anche se per il caso del solo condensatore piano che l’energiaelettrostastica può persarsi immagazzinata in tutto lo spazio ove il campo elettricoè diverso da zero, mediante l’espressione

(12) U =

Zd3r

0E2 (r)

2

Prendiamo due cariche Q1 e Q2 localizzate in due regioni distinte dello spazio.Non ci interessa per ora stabilire se si possono considerare reciprocamente pun-tiformi o meno, perché noi calcoleremo l’energia elettrostatica ad esse associatautilizzando la (12). Nel fare ciò, lo ricordiamo, avendo mostrato che la (12) èequivalente alla (11) sarà come se avessimo calcolato l’energia elettrostatica delledue cariche secondo quest’ultima. A sua volta la (11) l’abbiamo derivata dalla(10), quindi non occorre per il momento specificare se le nostre cariche si possonoconsiderare o meno puntiformi.

Siano E1 ed E2 i campi elettrostatici prodotti dalle due cariche. Il camporisultante sarà E = E1 +E2 per cui E2 = E21 +E22 + 2E1 ·E2. Utilizzando la (12)l’energia elettrostatica totale si potrà scrivere:

(13) U = U1 + U2 + U12

dove abbiamo posto

(14)

U1 =0

2

Zd3r E21 U2 =

0

2

Zd3r E2

2 U12 =0

2

Zd3r 2 (E1 ·E2)

Notiamo subito che l’energia elettrostatica non è additiva: l’energia prodotta dalcampo E non è la somma di quella prodotta dai campi E1 e E2.

L’energia elettrostatica totale è costituita, nel caso si utilizzi la (12), da due tipidi energia. L’energia del tipo U1 o U2 (sempre positiva) che è detta auto-energia (o

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82 5. CONDUTTORI E DIELETTRICI IN ELETTROSTATICA

energia intrinseca) e l’energia (positiva o negativa) del tipo U12 che è detta energiadi interazione.

La prima forma di energia, l’autoenergia è assente nella (10) perché i terminicon i = j non sono presenti in essa, mentre lo sono i termini che producono l’energiadi interazione. Questo è ancora più evidente se si considera una sola carica elettrica,per esempio la q1. In tal caso, avremo solo l’energia U1, essendo E2 = 0.

Notiamo ancora che, poiché, (E1 −E2)2 ≥ 0 segue E21 + E22 ≥ 2 (E1 ·E2) equindi

(15) U1 + U2 ≥ U12

cioè l’energia intrinseca è sempre maggiore (o uguale) dell’energia d’interazione.Qual’è il significato fisico dell’auto-energia di una carica localizzata? Essa è

l’energia elettrostatica associata alla sua particolare configurazione e da essa stessaprodotta. Il suo valore è pari al lavoro che le parti cariche che la costituisconodevono compiere su loro stesse per portarsi dalla configurazione considerata ad unadistanza reciproca infinita.

Ritornando alla (11) possiamo dire che il potenziale V (r) non solo contiene ilpotenziale generato da una qualunque distribuzione esterna al punto r (il punto r èinterno al volume L3), ma anche il potenziale generato da tutte le cariche contenutenello stesso volume L3. Allora scriveremo

(16) V (r) = Vint (r) + Vauto (r)

dope il pedice ”int” indica il termine d’interazione e quello ”auto” il termine diauto-energia (self-energy). Esso è il potenziale che la carica interna al volume L3

produce in un punto ad essa interno. Più precisamente l’auto-energia è

(17) Uauto =1

2

IV

d3rρ (r)Vauto (r)

Questa energia è pari al lavoro che le cariche contenute in un qualunque volumefinito devono compiere su loro stesse per portarsi dall’attuale configurazione aduna configurazione in cui le distanze reciproche sono infinite. Essa indica l’energianecessaria a formare una carica in una regione limitata dello spazio.

10.7. Esempi. Esempio 1: Siano date quattro cariche poste ai vertici di unquadrato di lato d =

√2m . Due di queste cariche sono positive e due negative, ma

tutte hanno valore assoluto pari Q = 10−7C. Determinare l’energia elettrostaticadel sistema, in una qualunque configurazione (cioè si scelga a piacere la distribuzionedelle cariche positive e negative.

Scegliamo le due cariche negative, Q1 = Q2 = −Q , sull’asse x e quelle positive,Q3 = Q4 = Q su una retta parallela all’asse x. Notiamo che qualunque sia ladistribuzione, scelta una carica, delle rimanenti tre, due sono ad una distanza ddalla carica scelta e la terza essendo lungo la diagonale è ad una distanza

√2d.

allora, i quattro termini che contribuiscono all’energia del sistema sono

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10. COMPLEMENTI: ENERGIA E DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 83

k02

µQ1Q2d

+Q1Q3√2d

+Q1Q4d

¶=

k02

µQ2

d− Q2√

2d− Q2

d

¶k02

µQ2Q3d

+Q2Q4√2d

+Q2Q1d

¶=

k02

µ−Q

2

d− Q2√

2d+

Q2

d

¶k02

µQ3Q4d

+Q3Q1√2d

+Q3Q2d

¶=

k02

µQ2

d− Q2√

2d− Q2

d

¶k02

µQ4Q1d

+Q4Q2√2d

+Q4Q3d

¶=

k02

µ−Q

2

d− Q2√

2d+

Q2

d

¶Sommando tutti i termini si ha

U = −4k02

Q2√2d= −k0Q2 = −9× 109 × 10−14 = −9× 10−5J

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CHAPTER 6

La corrente elettrica continua

Un conduttore ideale all’equilibrio elettrostatico ha un campo elettrico nullo alsuo interno. Cosa succede se viene generato un campo elettrico diverso da zero alsuo interno? La risposta è la comparsa di cariche in moto, ovvero di una corrente.La nascita della corrente elettrica è dovuta all’ideazione da parte di AlessandroVolta (1745-18279 della pila (1800). Con la nascita della corrente sarà possibilestudiare in maniera quantitativa il fenomeno del magnetismo. Lo scopo di questocapitolo sarà solo quello di introdurre alcuni concetti legati alla corrente elettrica,mentre il legame tra correnti e magnetismo sarà mostrato in altri capitoli.

La corrente elettrica è definita come la quantità di carica che nell’unità di tempoattraversa una sezione δa qualunque del conduttore:

(1) I =dQ

dt

Purtroppo questa definizione non si collega direttamente al moto microscopicodelle cariche elettriche ovvero non si collega ai portatori di cariche. Per fare ciòdobbiamo fare il piccolo modello microscopico sul moto delle cariche.

1. Densità di carica e di corrente

Sia dQ la carica contenuta in un volume d3r. La densità di carica, indicata conρ è definita dalla seguente relazione:

(2) dQ = ρd3r

Nel caso di una corrente le cariche sono in moto. I portatori possono esseresia positivi che negativi. In ogni caso, supporremo che ciascun portatore abbia unasola carica fondamentale. In tal caso, se si indica con n la densità numerica diportatori, potremo scrivere:

(3) ρ = nq

dove q è la carica fondamentale, che ciascun portatorre ha con se.Possiamo procedere con un modello microscopico. In condizioni di equilibrio

elettrostatico, il campo elettrico in un conduttore è nullo. Se tuttavia, ai suoiestremi si genera una differenza di potenziale, al suo interno si crea un campoelettrico diverso da zero. Il campo elettrico produce una forza elettrica che mettein moto le cariche elettriche mobili del conduttore. Ci limiteremo alle correnti chenon variano nel tempo (correnti stazionarie).

Si consideri un conduttore filiforme di sezione costante δa. Se tutte le cariche inmoto hanno la stessa velocità v, (questa velocità comune è detta velocità di deriva)

85

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86 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

dopo un tempo ∆t, nel volumetto di base δa ed altezza v∆t, il numero di carichecontenute nel suddetto volumetto sarà:

(4) ∆N = nvδa∆t

Se moltiplichiamo per la carica fondamentale ciascun membro della (4) avremola quantità di carica presente nello stesso volumetto:

(5) ∆Q = ρvδa∆t

Se dividiamo per l’intervallo temporale

∆Q

∆t=

ρvδa∆t

∆t

e passiamo al limite per ∆t→ 0,

lim∆t→0

∆Q

∆t= ρvδa

troviamo proprio la corrente che fluisce nel conduttore, cioé

(6a) I = ρvδa

Se, introduciamo il seguente vettore, detto densità di corrente:

(7) j = ρv

potremo scrivere

(6b) I = jδa

Al secondo membro abbiamo il modulo di un vettore per una superficie, cioèun tipico flusso di un vettore attraverso una superficie. Se la densità e la velocitàcambiano da punto a punto, potremo scrivere:

(8) I =

Zδa

d2aua · j

Una corrente può sempre pensarsi come il flusso di un vettore densità di correnteattraverso la superficie considerata.

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2. LEGGE DI OHM 87

1.1. Densità di corrente e portatori di carica. Abbiamo detto che lacorrente, in generale può essere costituita sia da portatori di carica positiva che dicarica negativa. Potremo allora scrivere

(9) j− = neqev j+ = nqv

Ricordiamo che, per convenzione, la carica dell’elettrone è negativa. Per con-venzione, si è scelto come corrente positiva quella portata dai portatori di caricapositiva, cioè

(10) j = j+ = nqv

Nei conduttori metallici, i portatori sono gli elettroni, quindi il moto reale èopposto a quello definito positivo per convenziane.

2. Legge di Ohm

In condizioni di equilibrio elettrostatico, il campo elettrico in un conduttoreè nullo. Se tuttavia, ai suoi estremi si genera una differenza di potenziale, al suointerno si genera un campo elettrico. Il campo elettrico produce una forza elettricache mette in moto le cariche elettriche mobili del conduttore. Si è generata unacorrente elettrica nel conduttore. Ci limiteremo alle correnti stazionarie, cioè allecorrenti che non variano nel tempo.

Esperimenti condotti su una classe di conduttori, (ai quali per altro ci lim-iteremo) hanno mostrato che il campo elettrico che si è generata nel conduttore,in seguito all’applicazione ai suoi estremi di una differenza di potenziale, è pro-porzionale allla densità di corrente

(11) E = rσj

dove rσ è una costante che dipende solo dal materiale, detta resistenza specifica.La precedente equazione è detta legge locale di Ohm. La convenzione adottata perla direzione del campo è quella che va dai punti a potenziale maggiore a quelli apotenziale minore.

La legge di Ohm che abbiamo appena presentato ha il vantaggio concettuale dianteporre il concetto di campo a quello di corrente: senza la creazione del campoelettrico all’interno del conduttore non vi sarebbe il moto delle cariche e quindila corrente. Tuttavia, una seconda forma, detta forma integrale della legge diOhm,(Georg Simon Ohm, 1789-1854, Germania) è estremamente importante, per-ché si presta ad una immediata verifica sperimentale. Inoltre, la forma integrale

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88 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

contiene in maniera esplicita la corrente e nel S.I. la corrente elettrica è una unitàdi misura fondamentale.

Si prenda un filo conduttore, di sezione costante δa e lunghezza L.La differenzadi potenziale ai capi del conduttore può scriversi come

∆V = EL

Il campo è dato dalla legge di Ohm, per cui la precedente relazione diventa

∆V = rσjL

Non rimane che esprime la densità di corrente in funzione della corrente. Poichésiamo in presenza di correnti stazionarie, avremo

I = jδa

e quindi

∆V =rσL

δaI

La quantità

(12) R ≡ rσ L

δa≡ 1

σ

L

δa

si chiama resistenza del conduttore e si misura in Ohm (Ω). Allora, rσ si misura inΩm e la quantità σ, detta conducibilità, si misurerà in (Ωm)−1.

La legge di Ohm dice anche che la corrente che fluisce nel conduttore è pro-porzionale alla differenza di potenziali ai capi del conduttore:

(13) ∆V = RI

Le dimensioni di R, nel S.I., sono quelle di Volt su Ampère,

Ω =V

A

Notiamo che per i conduttori ohmici, la corrente si può anche scrivere

(14) I = σ

Zδa

E · uad2a

dove δa è la sezione trasversa del conduttore.

2.1. Legge di Ohm per un circuito. Per generare una corrente in un con-duttore occorre stabilire una differenza di potenziale ai capi, A e B, del conduttore.Questa differenza di potenziale viene generata da un apposito apparato, detto gen-eratore di corrente continua o batteria, esterno al conduttore:

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2. LEGGE DI OHM 89

Il precedente dispositivo è detto circuito elettrico. Il conduttore, ai fini dellacorrente continua di cui stiamo discutendo, è caratterizzato dalla sola resistenza R,mentre il generatore sarà caratterizzato da una forza elettromotrice, Vfem e da unaresistenza elettrica, RG.

Il circuito elettrico sarà schematizzata come segue

Dove il simbolo grafico

indica il generatore, mentre il simbolo

indica una resistenza. Per convenzione, la corrente fluisce, all’esterno del gen-eratore dal polo positivo al polo negativo. La corrente che fluisce nel circuito èdeterminata dalla legge di Ohm, con in serie la resistenza R ed RG:

(15) I =Vfem

R+RG

che possiamo riscrivere come:

RI = Vfem − IRG

Ma, RI è uguale, per la legge di Ohm, alla differenza di potenziale, ∆V , ai capiA e B del conduttore . Quindi, la (15) si può scrivere:

(16) ∆V = Vfem.− IRG

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90 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

La (16) ci dice che la differenza ai capi A e B della resistenza è sempre inferiorealla forza elettromotrice Vfem fornita dal generatore (si dice che vi è una caduta dipotenziale o di tensione ai capi della resistenza). La eguaglia solo nel caso in cui ilcircuito è aperto (I = 0):

(17) ∆V = Vfem

Supponiamo ora che la resistenza R del conduttore sia praticamente nulla:

In tal caso, il circuito è detto in corto circuito e dalla (5) si può derivare lacorrente Icc di corto circuito. Posto R = 0 nella (15) avremo

(18) Icc =VfemRG

In definitiva, possiamo dire che la corrente elettrica in un circuito elettrico, consolo resistenze, può andare da un valore nullo, quando il circuito è aperto, ad unvalore massimo Icc, che si ha in corto circuito.

2.2. Esempi. Esempio 1: Resistenze in serieSi abbiano due conduttori di resistenza R1 ed R2 in un circuito elettrico:

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2. LEGGE DI OHM 91

Diremo che le due resistenze sono in serie. Vogliamo determinare la resistenzaequivalente Req(la resistenza fittizia che si può sostetuire alla due resistenze senzacambiare le proprietà del circuito) delle due resistenze.

Ai capi delle due resistenze avremo

(1) ∆VAB = R1I ∆VBC = R2I

La differenza di potenziale tra i capi A e C sarà

(2) ∆VAC = ∆VAB +∆VBC

che per la (1) diventa:

∆VAC = R1I +R2I = (R1 +R2) I

Possiamo concludere che la resistenza equivalente è

Req = R1 +R2

Esempio 2: Resistenze in paralleloSi abbiano due conduttori di resistenza R1 ed R2 in un circuito elettrico:

Diremo che le due resistenze sono in serie. Vogliamo determinare la resistenzaequivalente Req(la resistenza fittizia che si può sostetuire alla due resistenze senzacambiare le proprietà del circuito) delle due resistenze.

Per la legge di Ohm, la corrente nelle due resistenze saranno

I1 =∆VABR1

I2 =∆VABR2

La corrente totale sarà

I = I1 + I2 =∆VABR

= ∆VAB

µ1

R1+1

R2

¶da cui

1

Req=

1

R1+1

R2ovvero

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92 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

Req =R1R2

R1 +R2

2.3. Effetto joule. Le cariche in moto nei conduttori subiscono continua-mente degli urti. Questi urti sono paragonabili ad una forza di attrito che rallentale particelle cariche. La presenza di questo attrito porterà alla dissipazione di partedella loro energia che poi apparirà sotto forma di riscaldamento del conduttore(effetto Joule). Vogliamo determinare l’energia dissipata nell’unità di tempo.

Il lavoro fatto dal campo elettrico per spostare una carica infinitesima dQ, tradue punti del conduttore, tra i quali vi sia una differenza di potenziale ∆V è

dL = dQ∆V

Poichè la velocità iniziale e finale della carica sono identiche, ciò implica chetutto il lavoro del campo verrà dissipato (ovvero che la forza dissipativa compie unlavoro pari e di segno opposto a quello del campo). Il calore dissipato per unità ditempo sarà

dL

dt=

dQ

dt∆V = I∆V

Usando la legge di Ohm, in forma integrale, ∆V = RI, arriviamo alla seguenteforma dell’energia dissipata per unità di tempo nel conduttore:

(19)dL

dt= RI2

che esprime in forma quantitativa l’effetto Joule (e rappresenta l’energia dissi-pata per unità di tempo attraverso gli urti degli elettroni di conduzione del metallocontro gli altri elettroni del metallo e le varie imperfezioni).

2.4. La forza elettromotrice e il campo elettrico non conservativo.Abbiamo visto che per produrre una corrente occorre una sorgente di energia (labatteria) che spinga gli elettroni in movimento nel conduttore. Il movimento deglielettroni viene impedito dalla resistenza del circuito che si manifesta con il fenomenodella dissipazione di energia in calore. Vogliamo mostrare che l’energia che vienedissipata trae origine da un campo elettrico non conservativo. Consideriamo unfilo di rame di lunghezza L e sezione a chiuso. Se non si inserisce una batteria nonavremo corrente, come sappiamo. Questo risultato può essere visto in altro modo.Se il campo elettrico esistesse dentro il conduttore esso sarebbe di tipo ohmico

E =j

σ= j

Ra

L= I

R

L

Calcoliamo la circuitazione di questo campoIE · dl = I

R

L

Idl = RI

Se il campo è conservativo IE · dl = 0

e di conseguenzaRI = 0 → I = 0

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3. LA DENSITÀ DI ENERGIA ELETTROSTATICA 93

La corrente elettrica non può originarsi da un campo conservativo. Allora il campoelettrico totale in un conduttore, quando vi è corrente deve contenere anche uncampo elettrico non conservativo e questo deve originarsi dalla batteria. Allora,in presenza di una corrente il campo elettrico totale deve essere la somma di dueparti,

Etot= Efem+Ec

dove Efem è la parte non conservativa del campo elettrico, mentre Ec è la parteconservativa. Allora I

(Efem+Ec) · dl = IR

L

Idl = RI

Poiché, IEc · dl = 0

avremo IEfem · dl = RI

La quantità

Vfem ,IEfem · dl

è la forza elettromotrice della batteria.

3. La densità di energia elettrostatica

Abbiamo parlato di energia dissipata in un circuito percorso da corrente. Ilproblema dell’energia elettrostatica, cioè dell’energia associata a cariche ferme, èstato discusso, nei complementi del precedente capitolo. In questa sezione vogliamoridimostrare, usando un esempio molto semplice, che è possibile pensare che l’energiaelettrostatica sia distribuita con continuità nello spazio dove è presente il campoelettrico. In altre parole, è possibile introdurre nello spazio dove è presente il campoelettrostatico una densità di energia. In questo modo, la realtà del campo assumeràun valore ancora maggiore.

Partiamo dall’energia immagazzinata in un condensatore piano. Che ci siaenergia immagazzinata lo si comprende dal fatto che accumulare cariche positivee negative su due diverse armature ha un costo energetico che viene fornito dallabatteria (vedi carica e scarica di un condensotore). Man mano che si accumulano idue diversi tipi di carica sulle armature, si genera una differenza di potenziale trale due armature che dipende dalla carica istantanea che vi è presente

(1) V (t)) =Q (t)

C

Se ipotizziamo che inizialmente non vi alcuna energia accumulata nel condensatorepossiamo calcolare il lavoro fatto dalla batteria (dal campo elettrico) per accumularesulle armature una carica Qf , come segue:

(2) L (i→ f) =

Z Qf

0

V (t) dQ =

Z Qf

0

Q (t)

CdQ =

Q2f2C

Come possiamo notare, il lavoro dipende solo dalla stato iniziale e finale, perchéil campo elettrostatico è conservativo. Poiché inizialmente non vi era energia nel

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4. COMPLEMENTI: CENNI SULLE LEGGI DI KIRCHHOFF 95

Possiamo ora enunciare le due leggi di Kirchhoff.Prima legge: La somma algebrica dei valori delle correnti, in ogni nodo, deve

essere uguale a zero.

(1)Xk

(±) Ik = 0

Tale legge è una conseguenza della conservazione della carica nel caso di cor-renti stazionarie. La (30) può essere soddisfatta solo se non si accumulano o siperdono, cariche nel nodo. Questo vuol dire, che la quantità di corrente che ar-riva deve essere pari alla quantità di corrente che lascia il nodo, ovvero deve esseresoddisfatta la prima legge. Si suole indicare con il segno positivo le correnti chelasciano il nodo e col segno negativo quelle che arrivano.

Seconda legge: La somma dei prodotti dei valori algebrici delle correnti edelle resistenze in ogni maglia deve essere uguale alla somma algebrica dei valoridelle f.e.m. presenti nella maglia considerata.

(2)Xk

(±)RkIk =Xn

(±)Vfemn

Vogliamo tentare di spiegare la (31) ed il suo utilizzo. Innanzitutto, ricordiamo cheper convenzione il verso positivo della corrente è quello in cui fluiscono le carichepositive. Questo vuol dire che nei conduttori in esame il verso positivo è opposto aquello in cui realmente si muovono i portatori della corrente, gli elettroni. Inoltre,sempre per convenzione il simbolo di batteria di corrente continua è . Il polonegativo è ad un potenziale più basso rispetto al polo positivo. Poiché è la batteriache fornisce l’energia alle cariche (e la batteria che ”spinge” la cariche nel circuito),il verso positivo per la forza elettromotrice sarà (dentro la batteria) quello cheva dal polo negativo al polo positivo. Nei precedenti grafici, nella prima magliaa sinistra sono entrambi positivi, negli altri due grafici sono entrambi negativi.Quando la corrente attraversa la resistenza, vi è una caduta di potenziale (le caricheperdono energia). Allora se la corrente, nella resistenza circola nel verso giusto (chericordiamo è fissato dalla f.e.m della batteria) sarà riportato nella seconda legge conil segno negativo (perdita di energia). Con il segno positivo se la corrente circolanel verso contrario. Allora la seconda legge è una conseguenza della conservazionedell’energia e della legge di Ohm.

Nei precedenti grafici le equazioni per le maglie sono:

Vfem1 −R2I2 + Vel,2 = 0

−Vfem1 +R1I3 = 0

−Vfem2 +R2I2 +R1I3 = 0

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96 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

Infine, siccome occorrono un numero di equazioni indipendenti pari almeno al nu-mero di incognite circuitali, esiste una limitazione al numero di equazioni per i nodie le maglie. Si può suggerire di usare le equazioni per i nodi in numero ugualeal numero di nodi totali presenti nel circuito, diminuito di una unità e nel casodelle maglie, di verificare che una maglia si differenzi da un’altra per la presenza dialmeno un elemento circuitale.

5. Complementi: teoria microscopica elementare della conduzione

Supponiamo di avere una corrente stazionaria in un conduttore (campo elettricocostante!). Ciò vuol dire che i portatori della corrente nel conduttore (gli elettroni)si muovono con velocità costante. La situazione è palesemente diversa dal moto dellecariche nel vuoto. Se avessimo un campo costante nel vuoto, il moto dell’elettronesarebbe determinato da

(1) Medv

dt= qeE

dove qe = −e; quindi il moto dell’elettrone nel vuoto risulterebbe accelerato. Poichél’elettrone del mezzo si muove invece con velocità costante, dobbiamo concludereche la presenza del mezzo fa apparire una seconda forza che annulla quella delcampo. Il modo più semplice di pensare tale forza è in termini di una forza diattrito, proporzionale alla velocità. Possiamo allora scrivere, per il moto di unacarica in un conduttore, la seguente equazione del moto:

(2) Medv

dt= qeE− kv

dove k è una costante le cui dimensioni sono quelle di una massa divisa per il tempo.La soluzione di tale equazione, nel caso in cui al tempot = 0 la particella carica

sia ferma, è:

(3) v (t) =qekE

·1− exp

µ− t

tr

¶¸dove abbiamo introdotto il tempo di rilassamento:

(4) tr ≡ Me

k

Dopo un tempo pari al tempo di rilassamento, la velocità dell’elettrone, diventapraticamente costante (velocità di deriva) ed è pari a:

(5) vD =qekE

Possiamo far apparire il tempo di rilassamento nell’espressione della velocità dideriva:

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6. COMPLEMENTI: CARICA DI UN CONDENSATORE 97

(6) vD =qeMe

trE

La velocità di deriva per unità di campo elettrico definisce la mobilità della carica:

(7)vDE=

qeme

tr

Se abbiamo ne cariche per unità di volume, la densità di corrente sarà:

(8) j = neqevD =neq

2etr

meE

Notiamo che

(9) vD =j

neqe

Se si prende un valore di j = 106A/m2 si trova che

vD ∼= 7, 4× 10−5ms

dove abbiamo usato ne = 8, 49× 1028el/m3 (rame) e qe = 1, 6× 10−19C.Poiché la velocità media degli elettroni di conduzione nei metalli è dell’ordine di

106m/s, possiamo concludere che l’alta conducibilità elettrica dei metalli è dovutaall’alta concentrazione degli elettroni di conduzione piuttosto che alla velocità concui essi si muovono attraverso il metallo. Inoltre se si usa la legge di Ohm, lamobilità si può scrivere

(10)vDE=

1

neqeσ

Da una teoria microscopica si può risalire ad una espressione per la conducibilitàelettrica.

6. Complementi: carica di un condensatore

Supponiamo di avere un condensatore piano scarico e di collegarlo ad circuitoavente una resistenza R ed una batteria con una certa Vfem ed una resistenzainterna Rg.

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98 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

Al tempo t = 0, facciamo la connessione ed una certa corrente incomincia afluire nel circuito, mentre le armature si caricano. L’aumento di carica sulle arma-ture continuerà fino a che la quantità di carica accumulata non sarà tale da ostaco-lare l’arrivo di una qualunque altra carica sulle armature (il segno della differenzadi potenziale ai capi del condensatore è sempre opposto a quello della batteria). Ciproponiamo di descrivere quantitativamente un tale fenomeno. Abbiamo visto chein assenza del condensatore l’equazione del circuito era

(R+RG) I = Vfem

Poiché in condensatore è in serie con la resistenza, l’equazione per il circuitodiventa

(1) ∆VC + (R+RG) I = Vfem

dove ∆VC è la differenza di potenziale ai capi del condensatore, ovvero

(2) ∆VC (t) = Q(t)/C

Allora, la (1) diventa

(3)Q (t)

C+RtI (t) = Vfem

dove abbiamo posto

(4) Rt = R+RG

Differenziamo la (3):

0 =1

C

dQ (t)

dt+Rt

dI

dtMa la corrente che circola è pari alla vatiazione temporale della carica sul

condensatore, cioé, I = dQ/dt, quindi

0 =1

CI +Rt

dI

dtovvero

dI

I=

dt

RtC

che può essere facilmente risolta. Si trova

(5) I (t) = I0e−t/τ

dove I0 = Vfem/Rt , è il valore della corrente all’istante iniziale e τ = 1/RtC.Per ottenere la legge di carica, basta integrare la (5):

dQ

dt= I0e

−t/τ

ovvero

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7. COMPLEMENTI: SCARICA DI UN CONDENSATORE 99

(6) Q (t) = I0

Z t

0

dt0e−t0/τ

Ritornando all’espressione della carica troviamo:

(7) Q (t) =I0τ

³1− e−t/τ

´= QM

³1− e−t/τ

´dove abbiamo posto

(8) QM = CVfem.

QM rappresenta la carica massima che si può depositare su un’armatura. PertÀ τ ,

(9) Q (t)→ QM

7. Complementi: scarica di un condensatore

Supponiamo di avere un condensatore piano di capacità C, con una certa caricaQ0. Stacchiamo la batteria ed esaminiamo quello che accade nel circuito che ora èdiventato

Indichiamo con Q (t) , I (t) ,∆V (t)i valori istantanei della carica dell’armaturapositiva, della corrente che fluisce (la corrente è positiva quando fluisce dall’armaturapositiva a quella negativa) e della differenza di potenziale tra le armature del con-densatore. Il condensatore funziona come un generatore: le cariche vengono spinteattraverso il circuito. La differenza di potenziale ai capi della resistenza è quellafornita dal condensatore ∆VC (t) = Q (t) /C per cui la legge di Ohm

∆VC (t) = RI

diventaQ (t)

C= RI

La corrente elettrica che fluisce nel conduttore è uguale alla diminuzione di caricache va subendo il condensatore, cioè I = −dQ/dt. La precedente equazione diventa

(1)dQ

dt+

Q

RC= 0

ovvero,

dQ

Q= − dt

RC

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100 6. LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

la cui soluzione è

(2) Q (t) = Q0e− tτ

dove

(3) τ = RC

è il tempo durante il quale la carica del condensatore si riduce del fattore 1/edel suo valore iniziale. Derivando rispetto al tempo la carica, otteniamo il valoreche ad ogni istante ha la corrente nel circuito:

(4) I (t) =Q0RC

e−t/τ = I0e−t/τ

dove I0 è il valore istantaneo della corrente al tempo t=0. Notiamo che, durantela scarica, sia la carica che la corrente diminuiscono con la stessa legge esponenziale:

Q (t)

Q0= e−t/τ

I (t)

I0= e−t/τ

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CHAPTER 7

Forze agenti su cariche e correnti

Per molti secoli il magnetismo rimase separato dallo studio dei fenomeni elet-trici. La svolta che avvicinò il magnetismo all’elettricità avvenne tra il 1819 e il1820, per opera di H.C. Oersted (1777-1851), professore di fisica presso l’Universitàdi Copenaghen. Durante un ciclo di lezioni, sugli effetti termici delle correnti, esulla possibile influenza della corrente sugli aghi magnetici, si accorse che, nel casoin cui il filo e l’ago erano paralleli, la corrente deviava l’ago di una bussola. Siera provato che le correnti elettriche influivano sui magneti naturali. Nel prossimocapitolo studieremo i risultati essenziali dei lavori che parlano dell’influenza dellecorrenti sui magneti naturali (e tra di loro). Ora procederemo in maniera oppostae parleremo dell’influenza dei magneti naturali sulle cariche in moto e quindi suifili percorsi da corrente. In altre parole, poiché la corrente elettrica può influiresui magneti è ragionevole pensare che anche i magneti con il loro campo possonoinfluire sulle correnti elettriche. Le correnti elettriche sono cariche in movimento equindi ci aspettiamo che una forza, prodotta dai magneti possa agire sulle carichein moto.

1. La forza di Lorentz

L’esperienza ha mostrato che su una carica Q, che si muove con velocità v, inuna regione in cui è presente il vettore induzione magnetica B, si esercita una forza,data da

(1) F = Qv ∧BIl verso della forza dipende anche dal segno della carica Q.

Tale forza è detta forza di Lorentz. La (1), come nel caso della forza di Coulombper il campo elettrico, può essere presa come definizione di B. L’unità di misura diB è chiamata tesla (T ) ed è uguale ad una forza diviso per l’unità di carica e perla velocità:

101

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102 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

B =Ns

Cm=

V s

m2

All’unità V olt× secondo si dà il nome di Weber(Wb). Allora

B =Wb

m2≡ 1Tesla (T )

Una Tesla è una quantità molto elevata. Si pensi che il campo magnetico vicinoalla superficie della Terra è 0, 5 · 10−4T . Talvolta si usa il Gauss (G) una unità dimisura presa in prestito dal Sistema CGS di Gauss: 1G = 10−4T .

Se nella stessa regione è presente anche un campo elettrico la forza totale agentesulla carica diventa:

(1a) F = QE+Qv ∧B1.1. Esempi. Mostriamo alcune applicazioni della forza di Lorentz:Esempio 1: La frequenza di ciclotroneSi abbia un campo uniforme B ed una particella con carica Q, che si muove con

velocità v in un piano ortogonale a B. Su di essa si eserciterà una forza magneticache supporremo avere il verso disegnato in figura:

La particella si muoverà su di una circonferenza e quindi la forza magneticaprodurrà un’accelerazione centripeta che può essere subito derivata:

ac =QvB

Movvero

v2

R=

QvB

Mda cui possiamo ricavare sia il raggio della circonferenza

(a) R =Mv

QB

sia la velocità angolare (unità di misura: Radianti/s)

(b) ωc =v

R=

QB

M

sia la frequenza (unità di misura: giri/s)

(c) νc =ωc2π=

QB

2πM

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1. LA FORZA DI LORENTZ 103

Tale frequenza è detta di ciclotrone e come si vede non dipende dalla velocità dellaparticella carica. Allora, qualunque sia la velocità della particella essa si muoveràsu di una circonferenza, il cui raggio dipende dalla velocità, ma la cui frequenza dirotazione è la stessa per tutte le velocità.

Esempio 2: I selettori di velocitàNell’equazione che governa il moto di una particella carica Q immersa in un

campo elettrico E e in un campo B,

(d) Mdv

dt= QE+Qv ∧B

manovrando sui valori dei due campi si può rendere nulla la forza agente sullaparticella, in corrispondenza di un determinato valore della velocità. In tal caso

(e) E = −v ∧Be sulla particella che si muove, in un piano ortogonale a B, con una velocità, il

cui valore, è

(f) v =E

B

non agirà alcuna forza. In altre parole, operando sui campi E e B si possonoselezionare particelle con differenti valori delle velocità (quelle per le quali vale la(f)), in quanto esse e solo esse si muoveranno indisturbate attraverso i due campi,mentre le altre saranno deviate.

Esempio 3: Il moto in un campo magnetico uniformeRisolveremo ora, con un maggior dettaglio, il problema del moto di una parti-

cella carica in moto in un campo magnetico uniforme e costante nel tempo.Supponiamo di avere un campo B, uniforme e costante nel tempo diretto lungo

l’asse z (B = Buz) e di voler risolvere la seguente equazione:

(g) Mdv

dt= Qv ∧B

Tale equazione può decomporsi nelle sue tre proiezioni lungo gli assi cartesiani:

(h) Mdvxdt

= vyBQ Mdvydt

= −vxBQ Mdvzdt

= 0

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104 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

Notiamo immediatamente che la componente della velocità lungo l’asse z, ovveronella direzione del campo, è costante. Il moto della particella è uniforme nella di-rezione del campo, mentre è, come mostreremo, praticamente circolare uniforme,nel piano ortogonale alla direzione del campo. Per sostituzione diretta si può veri-ficare che le equazioni per le altre due componenti della velocità sono

(i) vx (t) = A cos (ωt+ φ) vy (t) = D sin (ωt+ φ)

dove

(l) ω = ωC ≡ B0Q

MA = −D A =

qv20x + v

20y = v

Il valore di A dipende dal valore delle componenti iniziali della velocità lungo idue assi x ed y, ovvero dal valore delle componenti della velocità nel piano ortogonaleal campo B.

Le soluzioni per le velocità possono essere integrate e si ottiene:

(m) x (t) = x0 +A

ωCsin (ωCt+ φ) y (t) = y0 +

A

ωCcos (ωCt+ φ)

Come annunciato, il moto, nel piano ortogonale al campo magnetico, è unmoto circolare, con una frequenza pari alla frequenza di ciclotrone. Il raggio di talecirconferenza si trova facilmente. Quadrando le (m) si ha

(x (t)− x0)2=

A2

ω2Csin2 (ωCt+ φ) (y (t)− y0)

2=

A2

ω2Ccos2 (ωCt+ φ)

e sommando membro a membro si ottiene

(x (t)− x0)2+ (y (t)− y0)

2=

A2

ω2C

da cui

R =A

ωC=

v

ωC

che è il raggio di ciclotrone. In conclusione, il moto di una particella carica,in un campo magnetico uniforme e costante nel tempo è la composizione di unmoto traslatorio uniforme nella direzione del campo e circolare uniforme nel pianoortogonale al campo.

Esempio 4: Campi elettrici e magnetici incrociatiSupponiamo di avere, oltre ad un campo B, uniforme e costante nel tempo

anche un campo elettrico E uniforme e costante nel tempo.

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1. LA FORZA DI LORENTZ 105

L’equazione del moto che dobbiamo risolvere è

Mdv

dt= QE+Qv ∧B

Per risolvere tale equazione useremo il seguente artifizio. Ci porteremo primain un differente sistema di riferimento, in moto rispetto al precedente (quello dalquale la velocità della particella in moto è v) con una velocità

(n) V =E ∧BB2

Rispetto a tale nuovo riferimento la velocità della particella in moto è

(o) v0 = v− E ∧BB2

e la nuova equazione del moto diventa

(p) Mdv0

dt= qE+ qv0 ∧B+ Q

B2[(E ∧B) ∧B]

Poiché (a ∧ b) ∧ c = (a · c)b− (b · c) a, troviamo

(q) (E ∧B) ∧B = B (B ·E)−B2E

e la (p) diventa

(r) Mdv0

dt= Qv0 ∧B+ Q

B2B (B ·E)

Nell’ipotesi che il campo elettrico e quello magnetico siano ortogonali, il secondotermine al secondo membro è nullo e si può scrivere

(s) Mdv0

dt= Qv0 ∧B

Nel nuovo sistema di riferimento il campo elettrico è scomparso. La (s) èstata risolta nel precedente esempio. Assumiamo che il campo magnetico sia nelladirezione dell’asse z e il campo elettrico sia diretto, rispetto al riferimento iniziale,lungo l’asse x. Allora, la soluzione del problema del moto, nel riferimento iniziale,diventa

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106 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

x (t) = x0 +A

ωCsin (ωCt+ φ) +

E

Bt y (t) = y0 +

A

ωCcos (ωCt+ φ)

2. Il lavoro della forza di Lorentz

Qualunque forza agente su una particella, spostandola, compie un lavoro. Illavoro può essere positivo, negativo o nullo. Se il lavoro, fatto lungo una traiettoriachiusa risulta nullo, normalmente si dice che la forza è conservativa. Ora calcoleremoil lavoro fatto dalla forza di Lorentz su di una carica in moto, per mostrare che lacondizione, perché una forza sia conservativa, è un pò più stringente. Il lavoroinfinitesimo fatto dalla forza di Lorentz, su di una carica in moto, con velocità

dL = Qv ∧B · drpoiché la velocità e lo spostamento infinitesimo sono paralleli, il secondo mem-

bro è sempre nullo. Conclusione, il lavoro fatto dalla forza di Lorentz è semprenullo; in altre parole, la forza di Lorentz non provoca alcuna variazione di velocitàdella particella carica.

Se si calcola il lavoro, lungo una traiettoria chiusa, si troverà che esso è nullo.Si potrebbe concludere che la forza di Lorentz è conservativa. In realtà, nelladefinizione di forza conservativa deve essere aggiunta la ipotesi che la forza siadipendente solo dalle coordinate. Poiché, la forza di Lorentz dipende dalla velocitàdella particella, pur essendo il lavoro lungo un percorso chiuso nullo, manca allaforza di Lorentz una condizione per poterla definire conservativa.

3. Forza agente su tratti di fili: seconda formula di Laplace

Supponiamo di avere un filo metallico percorso da una corrente I, posto in unaregione in cui è presente un campo costante ed uniforme B. Sia L la lunghezza delfilo ed δa la sua sezione trasversa.

Prendiamo un tratto di filo di lunghezza δl, in maniera tale che il campo Bagente su ciascuna carica in movimento (la loro velocità è assunta costante ed ugualealla velocità di deriva), nel tratto considerato, sia costante (in modulo direzione everso e non dipenda dal tempo). Con queste precisazioni, possiamo dire che suciascuna carica in moto, all’interno del tratto considerato, agisce la stessa forza diLorentz e la forza totale agente su tutto il tratto di filo considerato sarà la sommadelle forze che agiscono sulle singole cariche:

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4. L’AZIONE MAGNETICA SU UN CIRCUITO: IL DIPOLO MAGNETICO 107

(2) Fδl = Qδlv ∧Bdove Qδl è la carica totale delle cariche in moto, con velocità v, contenute nel trattoδl. Se ρ è la densità di cariche in moto, la carica totale contenuta nel tratto δl sipuò scrivere come

(3) Qδl = ρδaδl

Allora,

Qδlv = ρδaδlv = jδaδl

Nell’ipotesi di una corrente stazionaria, la corrente si può scrivere I = jδa e

(4) Qδlv = Iδl

dove la direzione ed il verso della corrente sono state prese δl. La forza magneticaesercitata da B sul tratto di filo diventa

(5) Fδl = Iδl ∧Bche è nota come seconda formula di Laplace. Se il conduttore è rettilineo ed il

vettore B è costante ed uniforme per l’intero tratto del filo, avremo:

(6) Fl =Xδl

Fδl = Il ∧B

Chiameremo la (6) forza di Laplace del campo magnetico sui conduttori retti-linei percorsi da corrente. La (6) può essere usata per definire e misurare il campoB. Il campo di induzione magnetica B si misura in

B =N

mA

4. L’azione magnetica su un circuito: il dipolo magnetico

La forza di Laplace ci dice come il campo magnetico esercita la sua forza sutratti di un filo. Ma un tratto di filo non costituisce un circuito, quindi per saperela reale azione magnetica su di un filo percorso da corrente dobbiamo chiudere il filoe trasformarlo in circuito. Utilizzeremo come circuito una spira quadrata (circuitoelementare a forma quadrata, sufficientemente piccolo e rigido da avere, la superficieche esso racchiude un unico versore). Si abbia, allora, una spira quadrata rigida,percorsa da corrente I, con i lati paralleli agli assi x ed y, immersa in una regionedello spazio in cui è presente il campo B, supposto costante ed uniforme in tuttolo spazio dove è presente la spira e diretto lungo la direzione positiva dell’asse x(B = Bux).

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108 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

Dividiamo il calcolo della forza agente su tutta la spira in quattro pezzi, tantiquanti sono i lati della spira. Numeriamoli come in Figura. Nei tratti 1 e 3, lacorrente è parallela (o antiparallela) al campo, quindi non si esercita alcuna forzasulle cariche in moto che costituiscono la corrente in tali tratti. Possiamo dire chesui tratti 1 e 3 del filo non si esercita, da parte del campo, alcuna forza. Nei duetratti rimanenti avremo invece:

F2 = Il2 ∧B = IlBuy ∧ ux = −IlBux ∧ uy = −IlBuzF4 = Il4 ∧B = −IlBuy ∧ ux = IlBux ∧ uy = IlBuz

Queste due forze sono uguali ma di segno opposto.

Sebbene la forza totale sia nulla, poiché le due forze non agiscono lungo la stessaretta di azione (agiscono su due rami differenti del circuito), vi sarà una coppia chetenderà a far ruotare la spira intorno al suo centro. Possiamo dire che l’azione delcampo magnetico su di una spira non è una forza ma un momento di una coppia.

Il momento della coppia non dipende dal polo rispetto al quale i momenti sonocalcolati e risulta uguale al prodotto dell’intensità della forza per il braccio (che inquesto caso è uguale alla lunghezza di un lato della spira). Allora, il momento dellacoppia agente sulla spira sarà:

(7) τ = Il2B

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4. L’AZIONE MAGNETICA SU UN CIRCUITO: IL DIPOLO MAGNETICO 109

Tale momento si può pensare costituito da due pezzi: la corrente per l’areadella spira (Il2) ed il campo B. Se aggiungiamo a Il2 il versore nella direzionedell’asse z (cioè ortogonale alla superficie piana determinata dalla spira) potremodefinire un nuovo vettore, dI , che chiameremo momento di dipolo magnetico:

(8) dI = Il2uz

In generale, il momento di dipolo sarà il prodotto di una corrente per un’areaorientata. Direzione e verso sono determinate dal verso della corrente e dalla regoladella mano destra usata per orientare le aree. Allora, l’azione del campo magneticosulla spira è pari al momento di una coppia e la sua espressione si potrà scrivere,in termini vettoriali, come segue:

(9) τ = dI ∧BLe dimensioni del momento di dipolo magnetico, sono quelle di una corrente

per un’area (Nel SI si misurerà in Ampère metro quadro):

dI = Am2

Come agisce il momento della coppia? Se la spira avesse la direzione del suomomento nella direzione del campo (in questo caso la spira sarebbe nel piano yz) ilmomento sarebbe nullo (posizione di equilibrio della spira). Se si discosta da taleposizione, il momento della coppia tenderà a far assumere alla spira un orientamentoperpendicolare al campo magnetico: la spira si gira in modo da allineare dI con B.Se la spira fosse ancorata in modo appropriato (per esempio per il suo centro) essa,allontanata dalla posizione di equilibrio oscillerebbe intorno a tale posizione fino aquando non la raggiungerebbe.

Possiamo generalizzare il precedente risultato e dire che l’azione del campomagnetico, uniforme e costante, su di un circuito elementare di forma qualsiasi èpari al momento di una coppia, che si ottiene come prodotto vettoriale tra il mo-mento di dipolo magnetico, associato al circuito, ed il campo magnetico. In defini-tiva, l’azione magnetica sulle cariche in moto è riconducibile ad una forza (quelladi Lorentz) ma l’azione magnetica su circuiti è sempre un momento e l’elementocaratterizzante il circuito è il momento di dipolo magnetico. In altre parole, l’azione

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110 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

dei campi magnetici sui circuiti è più simile all’azione elettrica sui dipoli elettrici,che non all’azione elettrica su cariche elettriche. Questa similarità sarà analizzatain maggior dettaglio nei complementi.

Per determinare il verso del momento magnetico associato ad una spira, si usala regola della mano destra (dovuta ad Ampère): Se le dita seguono la corrente checircola nella spira, il pollice indicherà il verso del momento magnetico.

Se le spire sono N , parallele ed immerse nello stesso campo B omogeneo eduniforme, il momento di dipolo magnetico sarà dato da

(10) dI = NIl2ua

4.1. Campo magnetico su aghi magnetici. Comportamento analogo aquello della spira si riscontra per un ago magnetico immerso in un campo mag-netico. Si può associare, ad ogni ago magnetico, un momento magnetico dM che èuna grandezza che dipende solo dall’ago magnetico, la sua direzione e verso va dalpolo sud a quello nord, ed anche per esso si trova sperimentalmente che l’azione delcampo sul magnete si riduce all’azione di un momento torcente la cui espressione è

(11) τ ∝ dM ∧BLa similarità tra ago magnetico e spira percorsa da corrente fu individuata da

Ampère ed è nota come teorema di equivalenza di Ampère.

4.2. Esempi. Ora mostrremo alcuni esempi di azioni magnetiche su spire per-corse da correnti

Esempio 1:

5. Il segno dei portatori di carica nei metalli

Stabiliamo se è importante sapere, per la corretta applicazione della forza diLaplace sui conduttori, il segno delle cariche in moto. Supponiamo che le carichein moto siano le cariche positive e siano dirette lungo l’asse x:

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6. EFFETTO HALL 111

Inoltre, lungo l’asse y sia diretto il campo B. In tal caso, la forza di Lorentz,agente su ciascuna carica, e quindi sull’intero conduttore, è diretta lungo l’asse z.Supponiamo ora che le cariche in moto siano le cariche negative (questa è la realtà).Esse si muoveranno ancora lungo l’asse x, ma nel verso negativo dell’asse.

Tuttavia, poiché il segno della carica delle particelle è cambiato, la forza diLorentz su ciascuna carica, e quindi su tutto il conduttore, sarà ancora direttalungo la direzione positiva dell’asse z. In conclusione, non ha importanza la deter-minazione del segno delle cariche in moto, per la corretta applicazione della forza diLaplace. In altre parole, dalla conoscenza dell’azione dei campi magnetici, esterni,sui conduttori filiformi, non è possibile stabilire il segno dei portatori di carica neiconduttori. Possiamo allora dire che il vettore uv indica il verso della corrente I,senza alcuna altra precisazione (anche se il moto reale è opposto al verso conven-zionale della corrente).

6. Effetto Hall

Una corrente elettrica in un conduttore equivale al moto di cariche elettricheal suo interno. Queste cariche essendo microscopiche non sono visibili. Si poneallora il problema di determinare il loro segno e la loro densità. Oggi sappiamo chele cariche in moto sono gli elettroni ma nel secolo scorso non si conosceva la loronatura. Nel 1879 Edwin Hall elaborò un esperimento per determinare sia il segnodelle cariche in moto che la loro densità di carica.

Supponiamo di avere un conduttore non più filiforme ma a forma di paral-lelepipedo come in figura

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112 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

Assumiamo che la corrente fluisca nella direzione dell’asse x. Inoltre, il con-duttore è immerso in un campo B diretto lungo la direzione dell’asse y. Nonconoscendo il segno delle cariche in moto analizziamo cosa accade ad una caricain moto, nel conduttore, sia di segno positivo che di segno negativo. Poiché, lacorrente fluisce lungo la direzione dell’asse x, una carica positiva si deve muoverelungo tale direzione. Poiché la corrente è costante noi possiamo scrivere che

(12) I = nqvδa

dove n è la densità numerica delle cariche in moto, q la loro carica, v la lorocomune velocità costante, mentre δa è la sezione trasversa (la base) del nostroconduttore. δa = ld dove l è la larghezza del conduttore, mentre d è lo spessore.Allora, una carica positiva si muove lungo l’asse x con velocità v data da

(13) v =I

nqδa

Poiché la carica è in moto in un campo magnetico B, su di essa si esercita laforza di Lorentz la cui intensità è

(14) F = qvB

La direzione ed il verso sono quelle dell’asse z: le cariche positive tenderannoad accumularsi sulla faccia che è ortogonale alla direzione positiva dell’asse z (equelle negative sulla faccia che è ortogonale alla direzione negativa dell’asse z );

Se invece le cariche in moto sono negative, la direzione della velocità sarà lungol’asse x ma nella direzione negativa;

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6. EFFETTO HALL 113

La forza di Lorenz agente sulle cariche è ancora data dalla (3) ed essendo cam-biato sia il segno delle cariche che quello delle velocità, la sua direzione e verso saràancora quello dell’asse z positivo: le cariche negative tenderanno ad accumularsisulla faccia che è ortogonale alla direzione positiva dell’asse z (e quelle positivesulla faccia che è ortogonale alla direzione negativa dell’asse z ).

Allora, se le cariche in moto sono positive, un voltmetro, collegato alle duefaccie del conduttore, direbbe che la faccia superiore è a potenziale maggiore diquella inferiore se le cariche in moto sono positive e viceversa nel caso in cui lecariche in moto sono quelle negative. La semplice polarità del potenziale darà ilsegno delle cariche in moto.

Ma come valutare questo potenziale? Le cariche, siano esse positive o negative,non si accumulano indefinitivamente ma solo fino a quando il campo elettrico, EH ,detto di Hall, generato dalle cariche che si accumulano, non generi una forza sullestesse cariche tale da uguagliare la forza di Lorentz che le ha deviate e costrettead accumularsi. Cioé, l’accumulazione avviene fino a che non vale la seguenteuguaglianza:

(15) qEH = qvB

Al campo EH corrisponde una differenza di potenziale ∆VH , detta di Hall, trala faccia superiore ed inferiore del conduttore, il cui valore è

∆VH = EHd

ovvero

(16) ∆VH = vBd

Sostituendo l’espressione (14) di v nella (16) si ha

(17) ∆VH =BI

nql

All’inverso della densità di carica dei portatori,

(18) CH =1

nq

si dà il nome di costante di Hall. La (17) la possiamo riscrivere come

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114 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

(19) ∆VH = CHBI

l

Dal segno della costante di Hall deriviamo la natura delle cariche in moto e dalsuo valore, nota la carica elettrica, deriviamo la densità numerica delle stesse. Sivede che l’effetto Hall può essere utilizzato per determinare il campo B, da misuredi potenziale di Hall:

(20) B =l

CHI∆VH = k∆VH

7. Complementi: Circuito in moto in un campo B uniforme e costante

Vogliamo studiare il moto generale di un circuito in un campo magnetico uni-forme e costante. Vedremo che è conveniente partire dalla determinazione del lavoronecessario a spostare tale circuito da una configurazione iniziale ad una finale. Ilmotivo è che tale lavoro dipenderà solo dalla configurazione iniziale e finale. Ovvero,sarà possibile assuciare ad ogni configurazione del circuito una energia potenzialemagnetica.

Supponiamo di spostare un circuito, percorso da una corrente I , in un campodi induzione magnetica B, uniforme e costante Per sapere il lavoro che stiamocompiendo possiamo uguagliare il nostro lavoro con quello che farebbe la forza diLaplace per spostare lo stesso circuito. Poiché il campo B esercita su di un trattodi circuito una forza data da

(21) dF = Idl ∧B

possiamo calcolare il nostro lavoro come se questo lavoro fosse fatto da tale forza.Poiché lo spostamento infinitesimo che subisce il circuito non è legato alla velocitàdi alcuna particella microscopica (ricordiamo che le particelle cariche del circuito simuovono con una velocità media costante pari alla velocità di deriva) indicheremolo spostamento infinitesimo con dR,

il lavoro compiuto dalla forza magnetica sarà:

(22) dL = I (dl ∧B) · dR

Ma

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116 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

Troveremo che

(28) L (i→ f) = IΦa (B)

dove ora Φa (B) rappresenta il flusso del campo B attraverso la superficie spazzatadall’intero circuito nel suo spostamento finito dalla configurazione iniziale a quellafinale.

Il precedente risultato è molto difficile da utilizzare praticamente perché prevedela conoscenza di tutte le modifiche che subisce il circuito dalla configurazione inizialea quella finale. In realtà, questo problema può essere evitato, trasformando il flussoal secondo membro, in una differenza tra due flussi, uno legato al circuito nellaconfigurazione iniziale ed uno legato alla configurazione finale.

Per fare ciò, chiudiamo la superficie spazzata con altre due superfici, una cheabbia per contorno il circuito nella posizione iniziale ed una che abbia per contornoil circuito nella posizione finale

In una prossimo capitolo, discuteremo di una importante proprietà del campoB, ovvero che

(29)I

d2aB · ua = 0

cioè che il flusso del campo B attraverso una qualunque superficie chiusa è sempre

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7. COMPLEMENTI: CIRCUITO IN MOTO IN UN CAMPO B UNIFORME E COSTANTE 117

nullo (non ci sono né sorgenti né pozzi nel campo B). Allora, se si applica laprecedente proprietà alla superficie chiusa appena costruita, si può scrivere

Φa (B) +Φai (B) +Φaf (B) = 0

ovvero

(30) Φa (B) = −Φai (B)− Φaf (B)ed il lavoro precedentemente calcolato diventa

(31) L (i→ f) = I£−Φai (B)− Φaf (B)¤

Il lavoro non dipende dal percorso che compie il circuito ma solo dalla configu-razione del circuito nella posizione iniziale e finale. E vi dipende dal flusso delcampo magnetito attraverso una qualunque superficie che abbia per cortorno il cir-cuito nella posizione iniziale e finale. Ma ora sorge un problema con i versi delledue superfici ai ed af . Nel nostro calcolo non vi era ambiguità perché abbiamoadoperato una superficie chiusa ed era in entrambi i casi uscente dalla superficiechiusa. Ora i circuiti, nella posizione iniziale e finale fanno da contorno a superficiaperte e sappiamo che in tal caso dobbiamo usare la regola di percorrenza, lungoil verso della corrente. Ricordando che il verso della corrente è quello di dl , ve-diamo subito che mentre il segno usato, per il circuito nella posizione iniziale, ècoincidente con il verso corretto che si ottiene con la nuova regola, il segno, nellaconfigurazione finale è opposto a quello che si ottiene con la regola di percorrenzadel bordo. Dobbiamo allora cambiare di segno al flusso attraverso la superficie cheha per contorno il circuito nella posizione finale. Allora, convenendo di adottare ilverso di orientazioni delle superfici, il risultato (31) sarà modificato in:

(32) L (i→ f) = I£Φaf (B)− Φai (B)

¤Il lavoro fatto dal campo B dipende solo dai flussi concatenati con la configurazioneiniziale e finale del circuito e non dalle posizioni intermedie che assume il circuitostesso, ovvero dal suo moto attraverso lo spazio

Ciò suggerisce la possibilità di introdurre una funzione energia potenziale as-sociata ad ogni configurazione del circuito nel modo seguente: Associata al circuitoin una certa configurazione A, noi associamo una energia potenziale magnetica cheè pari al lavoro che il campo magnetico compierebbe per portare il circuito dallaconfigurazione A ad una 0,di riferimento per tutte

(33) UA ≡ −IΦA (B) + cost.

dove ΦA (B) rappresenta il flusso attraverso una qualunque superficie che abbia percontorno il circuito nella posizione 1. La costante arbitraria potrebbe essere posta,per esempio, uguale a zero in corrispondenza di una configurazione del circuito peril quale il flusso concatenato sia nullo.

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118 7. FORZE AGENTI SU CARICHE E CORRENTI

Esempio: Possiamo pensare alla spira quadrata già discussa:

Nella posizione della figura il flusso di B attraverso la spira è nullo. Possiamoscegliere tale posizione come posizione di riferimento (vedremo che è anche unaposizione di equilibrio) e scrivere che

(34) U1 ≡ −IΦa1 (B)che esplicitata diventa

U1 = −IZδA

B · uad2adove δA è la superficie della spira. Avremo ancora

U1 = −IB · uaZδA

d2a = −IB · uaδAIntroducendo il momento di dipolo magnetico della spira

dI = uaδAI

si ottiene

(35) U = −dI ·BL’energia potenziale magnetica associato ad un circuito immerso in un campo

magnetico uniforme e costante non dipende dalla posizione del circuito nello spazioma solo dal suo momento di dipolo magnetico.

Questo risultato è molto simile a quello già trovato di un momento di dipoloelettrico in un campo elettrico uniforme e costante:

(36) U = −dQ •ERitorniamo alla (35). Abbiamo mostrato, in un precedente paragrafo che la

forza risultante sulla spira era nulla. Poiché la forza agente sulla spira è il gradientedell’energia potenziale campiato di segno, la (35) ci conferma il valore nullo dellaforza risultante sulla spira..

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7. COMPLEMENTI: CIRCUITO IN MOTO IN UN CAMPO B UNIFORME E COSTANTE 119

Sul circuito però potrà agire una coppia diversa da zero, come abbiamo giàvisto. Se il circuito è libero di muoversi entro il campo magnetico, tenderà adassumere una posizione che corrisponda all’energia potenziale minima, ovvero alflusso concatenato massimo, come abbiamo già vista nell’esempio della spira.

Sia gli amperometri che i galvanometri si fondano su tale principio, ovvero sonocostituiti da circuiti che quando sono percorsi da corrente, sono soggetti ad unacoppia il cui momento si ottiene derivando l’energia potenziale rispetto all’angolodi rotazione:

(37) τ = −∂U1∂θ

= I∂Φa1 (B)

∂θNel caso della spira, indichiamo con θ l’angolo che in generale forma il momento

di dipolo magnetico con il campo. L’energia potenziale si scrive

U = −dIB cos θLa derivata rispetto a θ ci darà

τ = −∂U∂θ

= dIB sin θ

Possiamo allora scrivere

(38) τ = dI ∧BAnalogo risultato è stato ottenuto per il dipolo elettrico in un campo elettrico

uniforme e costante

(39) τ = dQ ∧E

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CHAPTER 8

Campi magnetici prodotti da correnti stazionarie

Abbiamo studiato gli effetti di un campo B, prodotto da un magnete su carichein moto e su circuiti percorsi da corrente. Abbiamo visto che le spire si compor-tano come dipoli magnetici, possiamo ora passare ad esaminare i campi magneticiprodotti da correnti elettriche stazionarie. Ma le correnti stazionarie sono cariche inmoto uniforme con la velocità di deriva. Nel precedente capitolo abbiamo derivato leforze agenti sui fili percorsi da corrente, ora deriveremo i campi magnetici prodottida correnti stazionarie partendo da campo magnetico prodotto da una carica inmoto uniforme.

1. Il campo magnetico prodotto da una carica in moto uniforme

La corrente è fatta da cariche in moto. Si può considerare la velocità di derivacome la velocità media costante con cui le particelle cariche si muovono nel con-duttore. Nel precedente capitolo abbiamo usato questo fatto per derivare la forzamagnetica agente su fili rettilinei. Abbiamo detto che, se si conosce la forza agentesu una carica in moto in un conduttore (forza di Lorentz), la forza agente su tutto ilfilo sarà data dalla somma vettoriale delle forze agenti su tutte le cariche in moto nelfilo. Abbiamo così, semplicemente sostituito, nella formula della forza di Lorentz,al prodotto della carica per la loro comune velocità (in realtà, velocità media), ilprodotto della corrente per la lunghezza del filo:

(1) Qv = Iδl

Se le correnti stazionarie, sono cariche in moto con velocità costante, il campomagnetico prodotto da un filo, dovrebbe potersi considerare come la somma deicampi magnetici prodotte dalle singole cariche in moto nel filo. Sebbene il problemasia un pò più complesso noi assumeremo che realmente sia possibile considerare ilcampo prodotto da una corrente satzionaria come la somma dei campi prodottidalle singole cariche. Allora, per determinare il campo prodotto da un filo percorsoda corrente è sufficiente sapere il campo prodotto da una singola carica e sommare,questo campo su tutte le cariche presente in un filo.

Poniamoci nel caso più semplice possibile e supponiamo di avere una caricapositiva Q0 in moto con velocità costante v0, il cui modulo sia molto minore dellavelocità della luce (v0 ¿ c), e che all’istante t considerato passi per l’origine.

Assumeremo che, il campo prodotto dalla carica Q0 nel punto P , il cui vettoreposizione sia r, si può scrivere

(2) B0 (r) = ε0µ0v0 ∧E0 (r)

121

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122 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

dove E0 (r) è il campo coulombiano che, all’istante t, la carica Q0 genera nelpunto P (il campo dipende dalla posizione istantanea della carica Q0).

La costante µ0, detta permeabilità magnetica del vuoto, vale

µ0 = 12, 56× 10−7Ωs

m∼= 4π × 10−7Ωs

mPoiché, il campo coulombiano generato dalla carica Q0 nel punto P è

(3) E0 (r) =1

4πε0

Q0

r2ur

potremo scrivere

(4) B0 (r) =µ04π

Q0

r2v0 ∧ ur

Questo è in campo di induzione magnetica che, una carica, passante per l’originedegli assi, con velocità v0, genera nel punto P .

2. La prima formula di Laplace

Possiamo ora determinare il campo magnetico generato da un tratto di filo,percorso da corrente, che sia centrato sull’origine di un sistema di riferimento.

Se indichiamo con dl la lunghezza del tratto di filo, con dQ0 la carica totale cheè in moto, nel filo e sia v0 la loro velocità comune, dalla (4) potremo scrivere:

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2. LA PRIMA FORMULA DI LAPLACE 123

(5) dB0 (r) =µ04π

dQ0

r2v0 ∧ ur

Ma per la (1) questa equazione diventa:

(6) dB0 (r) =µ04π

I

r2dl ∧ ur

Questa relazione è detta prima formula di Laplace ed esprime il campo mag-netico, prodotto da un tratto di filo, posto nell’origine del sistema di riferimentoe che si suppone possa essere percorso da una corrente I, in un punto che disti rdall’origine. In realtà, questa formula è valida anche se il tratto di filo non è postonell’origine, ma in un punto qualsiasi dello spazio. Bisogna solo ricordarsi che ladistanza r è la distanza istantanea dal tratto di filo ed ur un versore, diretto dalfilo al punto in cui si intende calcolare il campo.

Il limite della (6) è che essa non può essere sottoposta a verifica diretta, perchéin un tratto di filo, non passa corrente.

2.1. Esempi. Esempio 1: Assumendo vera la prima formula di Laplace sidetermini il campo B nel punto P del seguente circuito percorso dalla corrente I.

Separiamo il calcolo dei tre tratti. Poiché vale la prima legge di Laplace

dB =µ04π

I

r2dl ∧ ur

i contributi al campo dai tratti 1 e 3 sono nulli (dl e ur sono paralleli o antiparallelinei due tratti). Rimane il tratto di arco di circonferenza di raggio R. La direzionedi B è ortogonale al piano del circuito (piano del foglio) ed è entrante, per tutti etre i tratti. Tutto il tratto è la somma di tanti tratti infinitesimi dl. Tutti distanoR dal punto P ed i vettori dl e ur sono ortogonali. Allora ogni tratto contribuiscecon un campo dB dato da

(a) dB =µ04π

I

R2dl

Se l0 è la lunghezza dell’arco di circonferenza, sommando tutti i contributiavremo

(b) B =µ04π

I

R2l0

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124 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

Poiché

(c) θ =l0R

è la misura dell’arco in radianti, lo stesso campo B può scriversi come:

(d) B =µ04π

I

Esempio 2: Assumendo vera la prima formula di Laplace si determini il campoB nel centro di una spira di raggio R percorsa da una corrente I.

Usando la (b) del precedente esempio

(b) B =µ04π

I

R2l0

con l0 = 2πR si trova

(e) B =µ02

I

R

La direzione del campo è ortogonale al piano della circonferenza ed il verso èentrante il piano.

Esempio 3: Il circuito in figura giace nel piano xy ed è percorso da una correntedi 1A. Se i raggi delle due semicirconferenze sono rispettivamente R1 = 1m eR2 = 2m si determini il valore del campo di induzione magnetica B, nel punto P ,centro delle due circonferenze (se serve, si usi per µ0 il valore numerico 4π × 10−7.

I contributi lineari al campo sono nulli. Il campo B prodotto da un settorecircolare di lunghezza l0 è

B =µ04π

I

R2l0

Il campo prodotto da una semicirconferenza nel suo centro è

B =µ04

I

R

Se si sceglie l’asse z come asse positivo, avremo

B =µ0I

4

µ1

R2− 1

R1

¶=

µ0I

4

R1 −R2R1R2

Sostituendo i valori numerici

B =4π × 10−7

4

µ1− 22

¶= −10

−7

2

Il campo risultante è ortogonale all’asse xy ed è diretto lungo la direzione negativadell’asse z

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3. LEGGE DI BIOT-SAVART 125

3. Legge di Biot-Savart

Ora applicheremo la prima formula di Laplace ad un circuito filiforme rettilineoindefinito, di sezione trascurabile. Ci si propone di calcolare il campo nel punto P .Si veda la seguente figura:

Tutte le parti infinitesime, in cui si può pensare diviso il filo rettilineo con-tribuiscono, per la direzione e il verso, allo stesso modo. Il modulo infinitesimo delcampo si può scrivere:

(7) dB =µ04π

Idl

r2sinα =

µ04π

Idx

r2cosβ

Scriviamo x, r in funzione di β:

(8) x = yp tanβ dx = yp sec2 βdβ

Essendo 1/ cosβ = secβ = r/yp, avremo

(9) dx = yp sec2 βdβ = yp

r2

y2pdβ =

r2

ypdβ

Allora,

dB =µ04π

Idx

r2cosβ =

µ04π

I1

r2r2

ypdβ cosβ

ovvero

(10) dB =µ04π

I

ypdβ cosβ

Il campo risultante, prodotto dal filo rettilineo indefinito, sarà

(11) B =µ04π

I

yp

Z 0

−π/2dβ cosβ +

µ04π

I

yp

Z π/2

0

dβ cosβ

da cui

(12) B =µ04π

I

yp

Z π/2

−π/2dβ cosβ =

µ04π

I

ypsinβ|π/2−π/2 =

µ02π

I

yp

Abbiamo, così mostrato che il campo prodotto da un filo rettilineo indefinito,in un punto che disti d dal filo, è

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126 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

(13) B =µ02π

I

d

La (13) è nota come legge di Biot-Savart. Essa è una legge e non una formula,come le due formule di Laplace, perché essa è verificabile direttamente e fu stabilitanel 1820 dai francesi Jean-baptiste Biot (1774-1862) e Félix Savart (1791-1841). Ladirezione del campo B è nel piano della circonferenza, ortogonale al filo, con centrosul filo e passante per P e risulta ad essa tangente. Le linee di forza del campo diinduzione magnetica, prodotte dal filo sono delle circonferenza, ortogonali al filo econ centro su di esse. Per determinare il verso si può usare la regola della manodestra: se si pone il pollice nella direzione della corrente, e le dita nella direzionedel punto P , quando si chiude la mano, le dita della mano destra indicheranno ilverso del campo.

3.1. Esempi. Esempio 1:La precedente relazione può essere utilizzata ancheper calcolare il campo prodotto da un filo di lunghezza finita. Supponiamo di volercalcolare il campo prodotto da un filo di lunghezza L in un punto P posto ad unadistanza d da uno degli estremi del filo (vedi Fig.)

Nella (11) il contributo dal primo integrale è nullo. Nel secondo integralebasterà porre β1 come estremo superiore:

(f) B =µ0I

4πd

Z β1

0

cosβdβ =µ0I

4πdsinβ1 =

µ0I

4πd

L√L2 + d2

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3. LEGGE DI BIOT-SAVART 127

Esempio 2: Calcoliamo il campo prodotto da un filo di lunghezza finita L, inun , punto P, posto ad una distanza d, ma in una posizione qualunque, intermedia(L = Lγ + Lβ)

Dalla (11) otterremo

B =µ04π

I

d

Z 0

−γdβ cosβ +

µ04π

I

d

Z β

0

dβ0 cosβ0

ovvero

B =µ04π

I

dsin γ +

µ04π

I

dsinβ =

µ04π

I

d(sin γ + sinβ)

che si può anche riscrivere come

B =µ04π

I

d

LγqL2γ + d2

+Lβq

L2β + d2

Esempio 3: Forza esercitata da un filo rettilineo indefinito su di un filo finito

di lunghezza L

Il campo prodotto dal filo ad una qualunque distanza x dal filo è

B1 =µ02π

I1x

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128 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

La sua direzione è determinata da −uz. La forza agente su un tratto infinitesimodel secondo filo è

dF = I2dxux ×B1 = B1I2dxuy =µ02π

I1xI2dxuy

Per avere la forza risultante dobbiamo integrare (la direzione ed il verso sono de-terminati da uy)

F =µ02π

I1I2

Z d+L

d

dx

x=

µ02π

I1I2 ln

µd+ L

d

¶Esempio 4: Campo magnetico sull’asse di una spira circolare

Ci proponiamo di calcolare il campo magnetico B in un punto qualunquedell’asse x, che coincide con l’asse della spira circolare. Come sempre dobbiamousare la formula di Laplace

dB =µ04π

I

r2dl ∧ ur

Il campo dB deve essere ortogonale al piano individuato ed il suo modulo sarà

dB =µ04π

I

r2dl

perché i due vettori dl e ur sono ortogonali. Questo risultato può essere riscrittocome

dB =µ04π

I

R2 + x2dl

Se decomponiamo il campo dB in una componente lungo l’asse x ed una com-ponente nel piano ortogonale all’asse x, possiamo notare che la componente or-togonale all’asse x ha sempre un’analoga componente di segno opposto (prodottodall’elemento circuitale simmetrico a dl rispetto al piano xz). In ultima analisi, percalcolare il campo di tutta la spira dobbiamo solo sommare i contributi di tutti idl nella direzione dell’asse x. In altre parole, il campo risultante, nel punto P sarà

B =

IdB cosβ =

µ04π

I

Idl cosβ

R2 + x2

Poiché tutto l’integrando è costante durante l’integrazione,avremo

B =µ04π

Icosβ

R2 + x2

Idl =

µ04π

Icosβ

R2 + x22πR =

µ02Icosβ

R2 + x2R

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3. LEGGE DI BIOT-SAVART 129

Non rimane che esprimere il cosβ in termini di R e x, cioè

cosβ =R√

R2 + x2

per cui

(a) B =µ02I

R2

(R2 + x2)3/2

Questo risultato per x = 0 (il campo al centro della spira) diventa

(b) B =µ02

I

Rx = 0

che avevamo già trovato.A grande distanza dalla spira, troviamo (trascurando R rispetto ad x al de-

nominatore)

(c) B =µ02

IR3

x3x >> R

Ma IR2 è il momento di dipolo magnetico dI della spira, per cui possiamo scrivere

(d) B =µ02

dIx3

x >> R

che va confrontato con l’analogo del campo elettrico generato, da un dipolo elettrico,a grande distanza dal dipolo.

Esempio 5: Il campo magnetico lungo l’asse di un solenoide

Il solenoide è costituito da un insieme di spire circolari. Si può pensare ilcampo come la somma dei campi prodotti dalle singole spire. più esattamente, ilcampo risultante è uguale al campo prodotto da una distribuzione continua di spire,percorse dalla stessa corrente. Se si prende la formula

(a) B =µ02I

R2

(R2 + x2)3/2

del precedente esercizio, si vede che dobbiamo prima valutare il campo prodottodalle spire che sono contenute nel tratto (x, x + dx). L’unica quantità che varianella (a) è la corrente prodotta dalle spire contenute nel tratto considerato. Poichéla densità lineare delle spire è costante e vale n = N/L la corrente prodotta dallespire contenute nel tratto considerato sarà

(b) dI = nIdx

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130 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

per cui, il campo prodotto dalle spire nel tratto considerato diventa

(c) dB = nµ02I

R2

(R2 + x2)3/2

dx

Il campo risultante sarà

B = nµ02I

Z x2

x1

R2

(R2 + x2)3/2dx

Conviene passare alla variabile angolare

x = R tanα dx = R sec2 αdα

Otterremo

(d) B = nµ02I

Z α2

α1

cosαdα = nµ02I (sinα2 − sinα1)

Se assumiamo P al centro del solenoide e si assume il solenoide rettiline indefinito(R è molto piccolo rispetto ad L) gli angoli tendono a π/2 e −π/2 ed il risultatodiventa

(e) B = µ0nI

Il campo all’interno di un solenoide rettilineo indefinito, il campo magnetico è prati-camente costante ovunque e risulta proporzionale alla densità lineare delle spire ealla corrente che circola nelle spire.

4. Forza agente tra cariche in moto

Possiamo pensare di utilizzare la forza di Lorentz e la legge del campo generatoda una carica in moto lento ed uniforme, per calcolare le forza, che reciprocamentesi inducono due cariche in moto uniforme e lento. Supponiamo, per semplicità dicalcolo, che la carica positiva Q0 , in moto con velocità costante v0, all’istante t,sia nell’origine degli assi, ed il verso della corrente sia lungo la direzione positivadell’asse x. Inoltre, consideriamo i seguenti tre casi per la carica Q, che supporremosempre positiva e posta, sull’asse y, ad una distanza r, dall’origine. I tre casi sidistingueranno per la direzione e verso della velocità v.

4.1. Caso a: v è parallela a v0. Per calcorale la forza agente suQ, e prodottada Q0 abbiamo bisogno della forza di Lorentz

(14) FQ (r) = Qv ∧B0 (r)dove E0 (r) è il campo coulombiano che, all’istante t, la carica Q0 genera nel puntoP, dove è posta la carica Q.

Il campo prodotto dalla carica Q0 nel punto P è:

(15) B0 (r) = ε0µ0v0 ∧E0 (r)

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4. FORZA AGENTE TRA CARICHE IN MOTO 131

Il campo dipende dalla posizione istantanea della carica Q0. Poiché le duecariche sono entrambe positive, il campo E0 (r) è diretto lungo la direzione positivadell’asse y. Poiché v0 è nella direzione dell’asse x, il campo magnetico B0 (r) èdiretto lungo l’asse z.

v0 = v0ux E0 (r) = E0uy → B0 (r) = B0uzPossiamo ora sapere la direzione della forza FQ (r): Poiché v è nella direzione

posiutiva dell’asse x e B0 (r) è diretto lungo l’asse z, la forza FQ (r) è diretta lungol’asse y, ma con verso opposto alla direzione positiva dell’asse.

(16) v = vux B0 (r) = B0uz → FQ (r) = −FQuyPer calcolare la forza che agisce si Q0 e prodotta dalla carica Q, dobbiamo

riusare la forza di Lorentz:

(17) FQ0 (0) = Q0v0 ∧B (0)dove:

(18) B (0) = ε0µ0v ∧E (0)Qui, E è il campo elettrico generato dalla carica Q nell’origine degli assi, in cui

è posta la carica Q0. Quindi

v = vux E (0) = −Euy → B (0) = −Buzper cui

(19) FQ0 (0) = FQ0uy

Poiché si può mostrare che le due forze sono di pari intensità, in questo casole due forze obbediscono alla terza legge di Newton. Se le due particelle invece diavere velocità parallele avessero avuto velocità antiparallele, invece di essere attrat-tive le forze sarebbero state repulsive. Ma in ogni caso, le due forze rimanevanonewtoniane.

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132 8. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA CORRENTI STAZIONARIE

4.2. Caso b: v è ortogonale a v0. 1) Supponiamo che la carica Q0 abbia lestesse caratteristiche del caso a, mentre invece la direzione ed il verso della caricaQ siano nella direzione positiva dell’asse y. Poiché, non sono cambiati i seguentivettori,

v0 = v0ux E0 (r) = E0uy → B0 (r) = B0uz

la forza agente sulla carica Q,

(20) FQ (r) = Qv ∧B0 (r)

sarà diretta lungo l’asse x

.

2) Se supponiamo che la carica Q sia diretta lungo l’sse z, allora la forza agentesu tale carica

(21) FQ (r) = Qv ∧B0 (r)

risulterà nulla, perché la velocità ed il campo magnetico sono paralleli. Inconclusione, con la sola eccezione di velocità parallele o antiparallele, la forza diLorentz non obbedisce alla terza legge di Newton. Questo carattere non newtonianoha creato non pochi problemi alla forza di Lorentz. Solo la constatazione che laterza legge di Newton è in contrasto con la propagazione finita delle interazioni, haristabilito l’importanza di tale forza.

5. Definizione di Ampère

Molto prima della scoperta della forza di Lorentz, nel 1820 circa il franceseAndré Marie Ampère (1775-1836) rilevò che due fili percorsi da corrente si attrag-gono o si respingono. Si considerino due conduttori paralleli, rettilinei, di lunghezzainfinita e di sezione trasversale trascurabile, posti nel vuoto, ad un distanza di unmetro. I due conduttori giacciono nel piano yz e le correnti sono dirette lungo l’assez. Indicheremo con 1 e 2 i due conduttori.

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5. DEFINIZIONE DI AMPÈRE 133

L’intensità del campo, che indicheremo con B1, prodotto dal conduttore 1 inun punto qualunque del conduttore 2 è dato dalla legge di Biot-Savart:

(22) B1 =µ02π

I1d

se d è la distanza tra i due conduttori. La direzione del campo è quella dell’asse xed il suo verso è nella direzione negativa dell’asse x. Ora guardiamo il secondo filoimmerso nel campo B1. La forza magnetica agente su ciascun elemento δl2, per la

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CHAPTER 9

La legge di Faraday

In un precedente capitolo abbiamo analizzato l’azione di un campo magneticocostante su di un circuito percorso da corrente. In questo capitolo, vogliamo analiz-zare la possibilità da parte del campo magnetico di generare una corrente. Abbiamovisto che per generare una corrente occorre porre in un circuito una batteria (gen-eratore di corrente). E’ la batteria, che mediante la sua energia chimica fornisce,l’energia alle cariche per farle compiere il giro del circuito. Non a caso abbiamocaratterizzato la batteria mediante una forza elettromotrice Vfen(energia per unitàdi carica). Ancora, possiamo dire che è la batteria che genera il campo elettricoche muove le cariche nei conduttori. La questione che ora vogliamo analizzare èse, per esempio, un campo magnetico esterno possa generare un campo elettricoin un conduttore e questi a sua volta possa far muovere i portatori e generare unacorrente. In altre parole, oltre alle batterie, esistono dei meccanismi che possanomettere in moto i portatori di carica nei conduttori. La risposta a questa domandafu trovata dall’inglese Michael Faraday (1791-1867) che nel 1831 eseguì e quantificòil seguente esperimento.

Supponiamo di avere un circuito, nel quale inseriamo un galvanometro, ma nelquale non è presente alcun generatore di corrente (figura a sinistra).

Non essendoci alcuna sorgente di energia (forza elettromotrice) non dovremmoavere alcun passaggio di corrente. Infatti il galvanometro non segna alcuna corrente.Prendiamo ora un magnete naturale ed avviciniamolo al circuito (figura a centro);Se facessimo un tale esperimento osserveremmo che il galvanometro segna il pas-saggio di una corrente. Allo stesso identico risulta giungeremmo se avvicinassimo ilcircuito al magnete (figura a destra). Potremmo allora pensare che il qualche modosi è prodotta nel circuito una forza elettromotrice, che diremo indotta che consenteil passaggio di corrente nel circuito:

135

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136 9. LA LEGGE DI FARADAY

Modifichiamo un poco l’esperimento. Supponiamo che inizialmente il circuitoed il magnete siano vicini ma fermi. Nel circuito non passa alcuna corrente, comesi potrebbe vedere dal galvanometro. Se ora si allontana o il magnete o il circuito,finchè vi è un moto relativo tra i due, il galvanometro segna una corrente, ma disegno opposto alla precedente:

Tutto accade come se vi fosse una forza elettromotrice (indotta) ma di segnoopposto nel circuito. Il risultato complessivo di tutti gli esperimenti è sintetizzabiledalla seguente affermazione: Finché il magnete ed il circuito sono in moto relativo,appare una forza elettromotrice indotta nel circuito che genera un passaggio dicorrente.

Discutiamo ancora un esperimento. Si abbia un magnete naturale (per esempio,un anello di ferro) a forma di ciambella.

Da un lato(a destra) è avvolto un circuito, con una batteria inserita (circuitoprimario), mentre dall’altro lato (a sinistra) abbiamo un circuito (circuito secon-dario) senza batteria ma con un galvanometro inserito. Quando si chiude il circuitoprimario appare nel secondario una corrente, che diventa di segno opposto quandosi riapre il circuito primario. Poiché, nel secondo circuito è cambiato solo il campo

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9. LA LEGGE DI FARADAY 137

magnete possiamo concludere dicendo che quando un circuito è immerso in uncampo magnetico variabile, si genera in esso una forza elettromotrice indotta.

La conclusione alla domanda di partenza di partenza è che un campo mag-netico per poter generare una corrente deve essere variabile. Ma non è la semplicevariazione del campo a generare la corrente indotta, ma la risposta è quella trovataper primo da Faraday. Egli, infatti giunse alla seguente conclusione generale (leggedi Faraday): la corrente elettrica indotta in un circuito, in presenza di un campomagnetico, è proporzianale al numero di linee di forza del campo che attraversanoil circuito nell’unità di tempo.

Parlare di corrente indotta significa anche parlare di forza elettromotrice in-dotta V ind

fem . Infatti, se R è la resistenza del circuito avremo sempre

(1) Iind =V indfem

R

D’altra parte, il vantaggio di parlare di forza elettromotrice è nel suo legame direttocon il campo elettrico indotto. Infatti, se indichiamo con l il generico circuitopotremo scrivere

(2) V indfem =

Il

E · dl

dove E è il campo elettrico indotto. Ed è in termini della forza elettromotrice in-dotta che Newmann e Lenz formularono quantitativamente la legge di Faraday. Lalegge di Faraday, tradotta in linguaggio matematico dice che la forza elettromotriceindotta in un circuito l è uguale alla variazione, col segno cambiato, del flusso delcampo magnetico,concatenato con il circuito:

(3)Il

E · dl = − d

dt

µZal

B · uad2a¶

dove al è una qualunque superficie che abbia l per contorno.La prima considerazione che viene di fare è quella che non sono i campi mag-

netici stazionari a generare le correnti ma i campi variabili e che dobbiamo as-pettarci sempre un’associazione tra campo magnetici variabili (secondo membro)e campi elettrici variabili (primo membro). La legge (3) è la prima legge esplicitadell’elettromagnetismo. Dobbiamo usare, per la prima volta la parola ”elettromag-netismo”, e non elettricità o magnetismo, perché essa collega per la prima volta ilcampo magnetico (attraverso la variazione del suo flusso) alla variazione del campoelettrico (variazione del campo elettrico lungo un circuito-percorso). In altre parole,per la prima volta, si evidenzia che una variazione di un campo magnetico generauna variazione del campo elettrico. Infine, osserviamo in maniera esplicita, che ilcampo elettrico, in generale, non è più conservativo:I

E · dl 6= 0La forza elettromotrice indotta è, ai fini della corrente che percorre un circuito,

esattamente uguale alla f.e.m. di una batteria, per cui se nel circuito è presenteanche una batteria, bisognerà sommare algebricamente le differenti forze elettro-motrici. Allora, il campo elettrico, sarà in generale fatto di una parte la cui origineè dovuta ad una distribuzione di carica ed una parte la cui origine dovrà essere

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138 9. LA LEGGE DI FARADAY

legata a variazioni di flusso di campo magnetico attraverso la superficie concate-nata, con il circuito.

1. Induzione in un circuito in moto

Nel precedente paragrafo per spiegare il moto degli elettroni in un circuito(corrente) abbiamo fatto ricorso ad un campo elettrico indotto. Ora mostreremoche la stessa legge può essere spiegata facendo ricorso alla forza di Lorentz, almenonel caso in esame.

Supponiamo di avere un circuito poggiato nel piano xy (vedi Figura) immersoin un campo di induzione magnetica B uniforme, diretto lungo la direzione dell’assez. Il tratto AB di lunghezza l, si può spostare, nel piano xy, senza attrito.

Supponiamo che nell’intervallo di tempo infinitesimo dt, il tratto compreso traA e B si sposti con velocità v verso destra, nella direzione positiva dell’asse y. Lospostamento infinitesimo subito dal tratto AB sarà stato dr = vdt. Quando iltratto AB si sposta, anche gli elettroni di conduzione si spostano con velocità v e laforza di Lorentz F = qevB agisce su di loro e li sposta, nel verso che va da B ad A(qe = −e) (per convenzione, una corrente antioraria, verso ABCD, deve circolare nelcircuito). Per capire quello che accade facciamo un passo indietro e supponiamo ditrattare il lato del circuito che si sposta come se fosse isolato dal resto del circuito.Allora, la forza di Lorentz tenderebbe ad accumulare nell’estremo A degli elettroni(e delle cariche positive sull’estremo B). Tra i punti A e B si genera una differenzadi potenziale (forza elettromotrice indotta).

Ciò che è accaduto finora si può sintetizzare nel modo seguente. Abbiamospostato un pezzo di metallo (fatto un lavoro). Poiché siamo in un campo mag-netico, viene indotta ai capi della barretta una forza elettromotrice. Abbiamotrasformato, mediante la presenza del campo magnetico un lavoro meccanico inuna differenza di potenziale, quindi in una possibilità di utilizzo elettrico dellostesso. Infatti, se ora poggiamo il tratto di circuito tra A e B sul resto del circuitopassa una corrente, che in parte dissiperà l’energia in effetto Joule ma una partepuò comunque essere utilizzata (è nato il motore elettrico!).

Riguardiamo quantitativamente quello che sta succedendo. La forza magneticagenera la differenza di potenziale indotta ai capi A e B. Questa differenza a suavolta genera un campo elettrico indotto E che si opporrà alla forza magnetica,ovvero

qeE = qevB

la differenza di potenziale tra A e B , equindi tra due punti qualunque delcircuito, sarà data da

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2. LA LEGGE DI LENZ 139

(4) El = vBl

Mostriamo ora che il secondo membro indica una variazione di flusso concate-nato con il circuito. La variazione infinitesima del flusso concatenato con il circuito,poiché il campo è uniforme, dipenderà solo dalla variazione infinitesima della su-perficie, d2a = lvdt , (ovvero, in termini vettoriale, −d2auz = dr× dl ) e quindi siavrà

dΦ (B) = B · uad2a = −Bd2a = −Blvdtdove il segno meno deriva dal fatto che il verso della corrente indotta, verso

ABCD, è tale che la superficie spazzata ha una direzione positiva opposta al campo(usare la regola di percorrenza del bordo). Si può anche dire che, la corrente indottagenera un campo magnetico indotto che tende di opporsi alla variazione del flusso(vedi legge di Lenz, sotto). La variazione, nell’unità di tempo, del flusso concatenatosarà:

(5)d

dt

µZal

B · uad2a¶= −Blv

Ponendo insieme la (4) e (la (5) troviamo

(6) El = − d

dt

µZal

B · uad2a¶

Poiché il tratto è parte di un circuito, possiamo dire che si è generata una f.e.m.indotta , V ind

fem che sarà data da:

(7)Il

E · dl = − d

dt

Zal

B · uad2a

Abbiamo così mostrato che, nel caso di circuito in moto, la legge di Faraday èdeducibile dalla forza di Lorentz. Tuttavia, siccome è il solo caso in cui ciò avviene,dobbiamo concludere che comunque la legge di Faraday è una legge fondamentaledell’elettromagnetismo.

2. La legge di Lenz

Il modo più semplice di determinare la polarità della f.e.m indotta è deducibiledalla legge di Lenz: la f.e.m indotta ha una polarità tale da opporsi sempre allacausa che l’ha prodotta. In termini di corrente, si può dire che la direzione dellacorrente indotta è sempre tale da produrre un campo magnetico che si oppone allavariazione di flusso che l’ha generata (legge di Lenz ).

L’esempio dato nel precedente paragrafo è molto significativo e noi ora lo appro-fondiremo. Mostriamo che nel caso del circuito in moto, il campo indotto, generauna forza che tende a frenare il moto del tratto di circuito in movimento, respons-abile della corrente indotta stessa. Sappiamo che il tratto AB ha lunghezza l, maora aggiungiamo ad esso una resistenza R ed una massa M . La corrente indotta,che è nata quando abbiamo mosso il filo verso destra, è diretta nel verso che va daA a B (direzione positiva dell’asse x). Il campo magnetico è nella direzione positivadell’asse z, quindi la forza di Laplace agente su tale filo sarà, con le scelte fatte,

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140 9. LA LEGGE DI FARADAY

(a) F = −IindlBuyLa forza è nella direzione opposta al movimento del tratto di filo e quindi tende afrenare il movimento. Se si trascura l’autoinduzione e l’attrito tra i fili possiamoscrivere

M v = −IindlBe poiché

Iind =V indfem

R=

BlvR

troviamo

M v = − l2B2

Rv

da cui

(b) vx (t) = vx (0) expµ− l

2B2

MRt

¶La velocità si sarà dimezzata dopo un tempo

vx (0)2

= vx (0) expµ− l

2B2

MRt

¶ovvero

t1/2 =MR

l2B2ln 2

3. Autoinduttanza ed induttanza

Se il flusso di B concatenato con un circuito varia, la legge di Faraday ci diceche nel circuito si genera un campo elettrico indotto, e quindi una f.e.m. indottache tende a ridurre l’effetto della variazione del flusso secondo la seguente legge:

(8) V indfem = −

d

dt

µZal

B · uad2a¶

Consideriamo ora un singolo circuito (si pensi ad una spira circolare) percorsoda corrente I. Se la corrente subisce una variazione, il flusso del campo B, generatodalla stessa corrente, concatenato con lo stesso circuito varierà.

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3. AUTOINDUTTANZA ED INDUTTANZA 141

Anche in questo caso nel circuito si genererà una f.e.m. indotta (ora detta au-toindotta) che tenderà di ostacolare la variazione del flusso concatenato. Si dimostrache il flusso di B, concatenato con il circuito, risulta essere sempre proporzionalealla corrente che circola ad un dato istante nel circuito stesso:

(9)Zal

B · uad2a = LI

dove L è un coefficiente che dipende solo dalla geometria del circuito. Talecoefficiente è detto induttanza (o autoinduttanza) del circuito. Allora, la legge diFaraday può assumere una forma differente:

(10) V indfem = −L

dI

dt

ovvero, la f.e.m. autoindotta, in un circuito in cui circola una corrente, èproporzionale alla variazione della corrente che circola nel circuito. L’induttanza Lsi misura in Henry (H):

L = H = Ωs

L’Henry è un valore piuttosto grande di induttanza: i valori delle induttanzedi uso frequente sono comprese tra i valori µH = 10−6H e mH = 10−3H.

Si abbiano ora due circuiti separati (due spire circolari) percorsi da correnti I1e I2:

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142 9. LA LEGGE DI FARADAY

Se varia la corrente che circola nel circuito 1, il flusso concatenato con il secondocircuito varierà. Si dimostra che, il flusso concatenato con il circuito 2 risultaproporzionale alla corrente I1

(11)Za2

B1 · uad2a = L21I1

dove il coefficiente, (detto dimutua induzione) dipende solo dalla natura geometricadei due circuiti. In maniera analoga, al variare della corrente I2, nel circuito 1varierà il flusso concatenato e si dimostra che

(12)Za1

B2 · uad2a = L12I2

dove il coefficiente di mutua induzione dipende solo dalla geometria dei duecircuiti, anzi si verifica che L21 = L12. Anche i coefficienti di mutua induzione simisurano in Henry.

4. Esempi

Esempio: Determinare l’induttanza di un solenoide rettilineo ideale di lunghezzal costituito da N spire.

Per ciascuna spira del solenoide possiamo assumere che il flusso concatenatoΦ (B) sia lo stesso. Allora, il flusso concatenato con tutto il solenoide sarà NΦ (B)per cui, se con L indichiamo l’induttanza del solenoide, avremo

(a) NΦl (B) = LI

dove I è la corrente che circola nel solenoide. Allora,

(b) L =NΦ (B)

I

Se con a indichiamo la sezione interna del solenoide, il flusso di B, (B è costanteed ortogonale alla sezione) attraverso una spira qualunque sarà

(c) Φ (B) = Ba

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4. ESEMPI 143

Il campo magnetico nel solenoide rettilineo indefinito ideale (vedi capitolo sullalegge di Ampère-Maxwell) è

(d) B = µ0nI

dove n = N/l, è la densità lineare delle spire. Allora, la (c) diventa

(e) Φ (B) = µ0nIa

e l’induttanza, espressa dalla (b), divententà

(f) L =Nµ0nIa

I= µ0n

2al

L’induttanza è proporzionale al quadrato della densità lineare delle spire (n2) ed alsuo volume (al) interno.

Esempio 2: Cosa sta succedendo nel circuito?Il prodotto di R per la corrente che fluisce nel circuito è uguale alla somma

delle f.e.m. presenti nel circuito, quindi:

RI = Vfem + V indfem

da cui

(g) RI = Vfem − LdI

dt

dove Vfem è la f.e.m. del generatore e V indfem è quella indotta. La soluzione di tale

equazione (vedi la carica di un condensatore) è

(h) I (t) =VfemR

[1− exp (−t/τ)]

dove abbiamo introdotto il tempo

(i) τ ≡ L

R

La corrente all’inizio cresce rapidamente, poi rallenta e poi tende al valore finaleVfem/R. Arrivato al valore finale, noi potremmo togliere f.e.m. esterna (generatore)e vedere in quanto tempo il circuito scarica l’energia accumulata.

Il circuito, senza la f.e.m. esterna verifica la seguente equazione

(l) LdI

dt+RI = 0

con la condizione iniziale (il valore finale è ora valore iniziale)

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144 9. LA LEGGE DI FARADAY

(m) I0 =VfemR

La soluzione della nostra equazione è

(n) I (t) =VfemR

exp

·−RLt

¸L’intensità di corrente si smorza esponenzialmente.

Gli induttori sono costituiti da solenoidi ed il loro simbolo è

5. L’energia magnetica: elementi

La similarità tra il condensatore per il campo elettrico e l’induttore per il campomagnetico, ci inducono a pensare che anche nell’induttore viene immagazzinatadell’energia magnetica. Sul piano della descrizione qualitativa possiamo dire chequando un generatore esterno inizia ad erogare corrente nel circuito, la f.e.m indottasi oppone all’aumento di corrente e quindi il generatore deve compiere un lavoro pervincere l’opposizione della f.e.m. indotta. Questo lavoro si trasformerà in energiaimmagazzinata nell’induttore e può essere ripresa, quando si toglie il generatoreesterno.

Passiamo al calcolo diretto. Quando la corrente cresce con una rapidità pari adI/dt, la f.e.m. indotta, V ind

fem è data

(13) V indfem = −L

dI

dt

Se moltiplichiamo per I tale espressione otteniamo il lavoro per unità di tempocompiuto dall’induttore:

IV indfem = −IL

dI

dt

quindi l’energia immagazzinata per unità di tempo è

(14)dUdt= IL

dI

dt

ovvero

dU = ILdI

che integrata, con I (t = 0) = 0, darà

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5. L’ENERGIA MAGNETICA: ELEMENTI 145

(15) U = 1

2LI2

Una tale espressione può essere usata facilmente per una verifica sperimentale. Peril condensatore avevamo trovato U = Q2/2C. Poiché L = Φ (B) /I, avremo unaseconda forma per l’energia magnetica

(16) U = 1

2Φ (B) I

5.1. La densità di energia magnetica. L’espressione dell’induttanza di unsolenoide rettilineo indefinito ideale verrà calcolate negli esempi e si troverà:

(17) L = µ0n2al

dove µ0 è la permeabilità magnetica del vuoto, n è la densità lineare delle spire delsolenoide, a la sezione interna del solenoide ed l la sua lunghezza. Sostituendo la(17) nella (15) troviamo

(18) U = 1

2µ0n

2I2 (al)

Poiché il campo B, all’interno di un solenoide rettilineo indefinito ideale, è

(19) B = µ0nI

la (18) diventa

(20) U = B2

2µ0al

La (20) suggerisce di interpretare la quantità

(21) uB =B2

2µ0

come una densità di energia magnetostatica (energia per unità di volume). Possiamodire che per ogni volume unitario, interno al solenoide, vi è una quantità di energiache è proporzionale al quadrato del campo B.

Questo risultato ha una validità generale: in ogni punto dello spazio in cui èpresente un campo di induzione magneta si può pensare immagazzinata un’energiaper unità di volume espressa dalla (21).

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146 9. LA LEGGE DI FARADAY

6. Il circuiti LC

Supponiamo di avere in serie un induttore ed una capacità. Se il condensatore èinizialmente carico, possiamo immaginare che a partire da un certo istante iniziale,inizierà a fluire una corrente. L’equazione di Kirchhoff, in presenza anche di unaresistenza, sarebbe

(a) RI = ∆V − LdI

dt

si riduce, specificando la differenza di potenziale ai capi del condensatore, ∆ϕ =−qC, a

(b) LdI

dt+

q

C= 0

che scritta per la carica

(c) Ld2q

dt2+

q

C= 0

Se confrontiamo tale equazione con quella per l’oscillatore armonico semplice (par-ticella che è legata ad una molla su di un piano senza attrito)

(d) Md2x

dt2+ kx = 0

vediamo che (x− > q; k− > 1/C edM− > L) possiamo subito scrivere la soluzionecome segue:

(e) q (t) = q0 cos (ω0t+ φ)

dove abbiamo posto

(f) ω0 ≡ 1√LC

Quello che succede nel circuito è la seguente cosa: Alternativamente, le armaturedel condensatore si caricano di cariche di segno opposto, e ciò avviene fino a quandola carica di un certo segno non si è trasferita sull’armatura opposta a quella doveera inizialmente. Dopo di ché, si inverte il processo, che in assenza di attrito (laresistenza!), oscillerebbe per sempre. Se al tempo iniziale q (t = 0) = q0, la faseiniziale può essere posta uguale a zero, e la soluzione diventa:

(g) q (t) = q0 cos (ω0t)

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7. ESEMPI 147

In tal caso, la corrente si evolve nel tempo secondo la seguente legge:

(h) I (t) = − q0√LC

sin

µt√LC

7. Esempi

Esempio 1: Si abbia una spira quadrata, ferma, in un campo magnetico uni-forme, ma variabile nel corso del tempo, secondo la legge

(1) B = B0 sin (ωt)

La spira è nel piano xy e la direzione ed il verso del campo sono lungo l’asse z.

Poiché il circuiro è fermo, la derivata temporale si può portare dentro l’integraleed applicarla solo al campo

(2)Il

E · dl =Zal

−∂B∂t

· uad2a

ovvero, esplicitando

Il

E · dl = −Zal

∂t[B0 sin (ωt)]uz · uad2a

= −B0ω cos (ωt)Zal

uz · uzd2a= −B0ω cos (ωt) al

Se la spira, non è nel piano xy, ma forma un angolo α con l’asse z, allorauz · ua = cosα ed il precedente risultato diventa

(3)Il

E · dl = −B0ω cosα cos (ωt) al

Esempio 2: Consideriamo una spira quadrata, inizialmente a riposo, nel pianoxy, ma poi ruotante, intorno all’asse x, con velocità angolare ω0. Il campo B è nelladirezione positiva dell’asse z, ed è costante ed uniforme, B = B0.

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148 9. LA LEGGE DI FARADAY

Se la spira è inizialmente nel piano xy, l’angolo che la spira forma con il pianoxy (o equivalentemente l’angolo che la normale alla superficie forma con l’asse z) siscriverà

(1) α = ω0t

La legge di Faraday, si scriveIl

E · dl = − d

dt

µZal

B · uad2a¶

ed il flusso di B, attraverso l’area variabile sarà

(2)Zal

B · uad2a = B0al cos (ω0t)

per cui

(3)Il

E · dl = − d

dt(B0al cos (ω

0t)) = B0alω0 sin (ω0t)

Esempio 3: Si abbia una spira quadrata, inizialmente ferma nel pianoxy.Successivamente inizia a ruotare intorno all’asse x, con velocità angolare ω0, ed èimmersa in un campo magnetico variabile, diretto lungo l’asse z, la cui legge è

(1) B (t) = B0 sin (ωt)

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7. ESEMPI 149

Rispetto al precedente esempio avremo

(2) α = ω0t

La legge di Faraday, si scriveIl

E · dl = − d

dt

µZal

B · uad2a¶

ed il flusso di B, attraverso l’area variabile sarà

(3)Zal

B · uad2a = B (t) al cos (ω0t)

per cui

(4)Il

E · dl = − d

dt(B (t) al cos (ω

0t)) = −dB (t)dt

al cos (ω0t) +B (t) alω

0 sin (ω0t)

che esplicitata diventa

(5)Il

E · dl = −B0ω cos (ωt) al cos (ω0t) +B0 sin (ωt) alω0 sin (ω0t)

e se ω = ω0, avremo

Il

E · dl = −B0ωal [cos (ωt) cos (ωt)− sin (ωt) sin (ωt)]= −B0ωal cos (2ωt) (6)

Esempio 4: Un conduttore di un metro si muove, nel piano xy, parallela-mente all’asse x con velocità V = 2, 50uym/s. Sapendo che esso si muove in uncampo uniforme e costante, diretto lungo l’asse z, B = 0, 50uzT , trovare la forzaelettromotrice indotta ai capi del conduttore.

Abbiamo visto che per il circuito in moto

dΦ (B)

dt= BlV

che, esplicitamente calcolato, diventa

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150 9. LA LEGGE DI FARADAY

dΦ (B)

dt= 1, 25V

Esempio 5: Trovare la forza elettromotrice indotta, in un conduttore retti-lineo, lungo 2 metri, immerso in un campo magnetico uniforme e costante, B =0, 50uyT , che si muove nella direzione dell’asse z, con una velocità

v = 2, 50× sin ¡102t¢uzm/s,

Poiché il circuito è in moto

E = v ∧B = −1, 25× sin ¡102t¢uxAllora

Il

E · dl =Z 2

0

−1, 25× sin ¡102t¢ux · uxdx = −2, 50× sin ¡102t¢VEsempio 6: Un conduttore filiforme è posto nel piano xy, e racchiude una

superficie di 0, 50m2. Il conduttore è immerso in un campo uniforme, ma variabile,secondo la seguente legge

B = 0, 02 cos¡102t

¢[uy + uz]

Poiché, il circuito è fermo, la legge di Faraday, si scriveIl

E · dl =Zal

−∂B∂t

· uad2ae

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7. ESEMPI 151

∂B

∂t= −2 sin ¡102t¢ [uy + uz] uad

2a = uzd2a

avremoIl

E · dl =Zal

2 sin¡102t

¢d2a = 2 sin

¡102t

¢al = sin

¡102t

¢V

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CHAPTER 10

La circuitazione e il flusso del campo magnetico

Abbiamo gia detto che per determinare completamente un campo vettorialedobbiamo dare il valore della sua circuitazione ed il flusso del campo attraversouna superficie chiusa. In questo capitolo determineremo sia la circuitazione siail flusso. Incominceremo con la circuitazione del campo magnetico. Divideremoil risultato in due parti. Nella prima ci limiteremo alle correnti stazionarie ed ilrisultato che otterremo va sotto il nome di teorema di Ampère. Nella seconda partemostreremo la correzione apportata da Maxwell e solo allora il teorema assumeràuna validità generale e diventerà una legge fondamentale dell’elettromagnetismo.Infine, parleremo del flusso del campo magnetico attraverso una superficie chiusa.

1. Circuitazione di B: il teorema di Ampère

Ci limiteremo alla sua dimostrazione nel caso in cui il campo è prodotto da unfilo rettilineo indefinito (campo di Biot-Savart) percorso da corrente stazionaria.Distinguiamo tra due casi.

Caso a. Supponiamo che il filo percorso da corrente sia ortogonale al pianoove giace il percorso lungo il quale calcoleremo la circuitazione:

Il percorso non si avvolge intorno al filo. Poiché, il percorso non è legato al moto dialcuna particella, per non confondere con lo spostamento infinitesimo, noi indicher-emo con dl il vettore infinitesimo, tangente al percorso, in ogni punto, di modulodl , dove con l , indichiamo il percorso, misurata lungo lo stesso percorso.

I tratti 2 e 4 sono nella direzione radiale mentre i tratti 1 e 3 sono parti di cir-conferenza con raggio rispettivamente uguale a R1 e R3. Il prodotto scalare è nullonei tratti 2 e 4, quindi non viene alcun contributo da questi due tratti. Nei rima-nenti tratti il campo B e lo spostamento infinitesimo sono paralleli o antiparalleli,per cui:

153

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154 10. LA CIRCUITAZIONE E IL FLUSSO DEL CAMPO MAGNETICO

Z1+3

B · dl = −Z1

Bdl +

Z3

Bdl = −BZ1

dl +B

Z3

dl = −µ02π

I

R1L1 +

µ02π

I

R3L3

dove L1 e L3 sono le lunghezze degli archi delle due circonferenze. Usando ladefinizione di misura di un arco in radianti, potremo anche scrivere:Z

1+3

B · dl = −µ02π

I

R1θR1 +

µ02π

I

R3θR3 = 0

dove θ è l’angolo che sottende sia l’arco 1 che l’arco 2. Possiamo concludere,dicendo che, per un percorso che non avvolga il filo, la circuitazione è nulla, almenoper un campo prodotto da un filo rettilineo indefinito.

Caso b: Prendiamo ora un circonferenza che giri intorno al filo.

Il tal caso, la circuitazione si calcola anche facilmente e si trova, essendo B e dlparalleli e concordi e B costante su una circonferenza con centro sul fili,

(2)IB · dl =

IBdl =

µ02π

I

R

Idl =

µ02π

I

R2πR = µ0I

La circuitazione, quando il percorso avvolge il filo è proporzionale alla corrente chefluisce nel filo.

Se il percorso si avvolge N volte intorno al filo allora

(3)IB · dl = Nµ0I

Sebbene abbiamo dato una dimostrazione in un caso molto semplice l’esperienzamostra che i due risultati valgono qualunque sia la forma del circuito percorso dacorrente stazionaria che produce il campo e qualunque sia il percorso scelto per lacircuitazione.

Più in generale data una qualunque linea chiusa la circuitazione lungo di essadel campo magnetico generato da un sistema comunque complesso di correnti èuguale alla somma algebrica delle correnti concatenate (diremo che un percorsoè concatenato con un circuito se esso non può, a causa del circuito percorso dallacorrente, ridursi ad un punto) con la linea, ciascuna corrente essendo presa comepositiva (negativa) se fluisce in verso concorde (discorde) con quello con cui avanza

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2. ESEMPI 155

una vite che giri nel verso fissato sul percorso ed essendo contata tante volte quantevolte la linea è con essa concatenata. Scriveremo tutto ciò come segue:

(4)IB · dl = ±µ0

Xn

In

2. Esempi

Il teorema di Ampère può essere usato per determinare il campo magneticoprodotto da da circuiti con particolari simmetrie, come in elettrostatica il teoremadi Gauss può essere utilizzato per determinare il campo elettrico per distribuzionidi cariche con particolari simmetrie.

Vediamo qualche caso:Esempio 1: Si può ritrovare il campo B prodotto da un filo rettilineo in-

definito.Si procede in maniera inversa rispetto alla dimostrazione fatta per provare il

teorema di Ampère. Assumiamo valido il teorema di Ampère:

(a)IB · dl = µ0I

Per ragioni di simmetria il campo prodotto dal filo in un punto che disti r dalfilo sarà tangente alla circonferenza di raggio r e centro sul filo. Scegliamo il verso(ovvero la corrente) in maniera tale che il campo sia parallelo allo spostamentoinfinitesimo. Possiamo allora prendere come percorso proprio la circonferenza chepassa per il punto P e la precedente relazione diventa

B2πr = µ0I

da cui

(b) B =µ02π

I

r

che è proprio la legge di Biot-Savart.Esempio 2: Determinare il campo B all’interno di un solenoide rettilineo

indefinito ideale.Un solenoide è costituito da un filo conduttore sottile, avvolto a forma di elica

cilindrica, a spire circolari molto numerose e ravvicinate. Il solenoide si può alloraconsiderare come costituito da tante spire circolari percorse dalla stessa corrente.Per ragioni di simmetria il campo B all’interno di un solenoide rettilineo indefinitoideale è diretto lungo l’asse comune delle spire. All’esterno del solenoide, nelle zonelontane dai bordi il campo è talmente debole da potersi considerare nullo.

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156 10. LA CIRCUITAZIONE E IL FLUSSO DEL CAMPO MAGNETICO

Ci proponiamo di calcolare il campo B sull’asse comune delle spire. Useremoil teorema di Ampère per determinare tale campo. Il percorso, lungo il qualecalcoleremo la circuitazione è quello in figura, dove abbiamo disegnato una sezionelongitudinale.

La scelta del circuito è stata fatta in modo da semplificare il calcolo dellacircuitazione del campo B:I

B · dl =Z1

B · dl+Z2

B · dl+Z3

B · dl+Z4

B · dldove abbiamo separato i comtributi alla circuitazione nei quattro tratti.

Poiché il campo B è praticamente nullo all’esterno del solenoide, dal tratto 1 visarà un contributo nullo e sempre nulli saranno i contributi dei tratti 2 e 4 perchéil campo B e lo spostamento infinitesimo sono ortogonali. Rimane il tratto 3, doveil campo B risulta parallelo e concorde con lo spostamento lungo tutto il tratto.Allora,

(c)IB · dl = Bl

dove l è la lunghezza del tratto del percorso 3. Il teorema di Ampère, se lespire, comprese nel tratto di persorso sono N si scriverà

(d)IB · dl = Nµ0I

dove I è la corrente che percorre l’avvolgimento (e quindi ogni spira). Ponendoinsieme la (c) e la (d) troviamo

Bl = Nµ0I

da cui

(e) B = nµ0I

dove abbiamo introdotto la densità lineare delle spire, n = Nl/l, suppostacostante.

Possiamo dire che in un solenoide indefinito, in tutti i punti dell’asse il campo Bha lo stesso valore (modulo, direzione e verso). Tale valore non dipende dal raggiodelle spire ma solo dalla corrente e dalla densità lineare delle stesse.

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3. LA CORRENTE DI SPOSTAMENTO DI MAXWELL 157

Esempio 3: Determinare il campo B all’interno di un solenoide toroidaleideale.

Per ragioni di simmetria le linee di forza del campo devono essere circonferenzecon centro sull’asse della figura toroidale:

Il campo B sarà tangente alle circonferenze e costante su ciascuna di esse. Lacircuitazione, lungo una qualunque circonferenza di raggio r si calcola facilmente esi trova I

B · dl = 2πrBIl teorema di Ampère ci dice cheI

B · dl = Nµ0I

dove N sono le spire che costituiscono l’avvolgimento. Dalle due equazionideduciamo:

(f) B =µ02π

NI

r

Il campo è inversamente proporzionale alla distanza r dal centro della figuratoroidale.

3. La corrente di spostamento di Maxwell

Abbiamo visto nello studio dei campi magnetici variabili, (legge di Faraday)che ad essi è sempre associata la comparsa di un campo elettrico variabile (chepoi è responsabile della corrente indotta). La legge di Ampère sulla circuitazioneè valida per correnti stazionarie e quindi campi magnetici non variabili nel tempo.In particolare, in regioni in cui non ci sono correnti (per esempio nel vuoto) noipossiamo scrivere

(1)Il

B · dl = 0

Se confrontiamo tale equazione con la legge di faraday

(2)Il

E · dl = − d

dt

µZal

B · uad2a¶

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158 10. LA CIRCUITAZIONE E IL FLUSSO DEL CAMPO MAGNETICO

ci accorgiamo di una palese asimmetria. La variazione di un campo magnetico puògenerare un campo campo elettrico variabile, ma nella prima equazione manca alsecondo membro un termine che ci dica come la variazione di un campo elettricopossa generale un campo magnetico variabile. Ovviamente, questa osservazione,dettata più dalle conoscenze del poi, non è in generale sufficiente ad affermarel’esistenza di un tale termine, ma in questo caso, per maxwell fu uno delle moti-vazioni che lo spinsero ad indagare sull’esistenza dell’eventuale termine mancante.Ora ci occuperemo della derivazione del termine mancante, ovvero di quella cheMaxwell chiamò corrente di spostamento. Ai tempi di Maxwell la quasi totalitàdella comunità dei fisici credeva nell’esistenza dell’Etere, una sostanza che perme-ava tutto lo spazio vuoto. Sebbene una tale sostanza non fosse mai stata trovata,Maxwell, per ragioni di conservazione della carica elettrica, ipotizzò che anche nelvuoto, occorresse introdurre nel teorema di Ampère una ulteriore corrente, detta dispostamento, non legata al moto delle cariche, ma ad una sorta di polarizzazione delvuoto. Vogliamo vedere di ricavare questa espressione della corrente di spostamentodi Maxwell. Ricordiamo che il teorema di Ampère si scrive

(3)Il

B · dl = µ0I

Consideriamo il seguente circuito, che contiene un condensatore, un generatore dicorrente variabile ed un percorso l che gira intorno al conduttore. In figura è ancheevidenziato la superficie a1 che ha l per contorno.

Abbiamo una corrente variabile che comunque possiamo scrivere come flussodel vettore densità di corrente attraverso la sezione trasversale del conduttore:

(4) I =

Za

d2aj · ua

dove a è la sezione trasversa del conduttore. Ma nei conduttori vale la legge diOhm,

(5) j = σE

per cui, la corrente può anche scriversi

I = σ

Za

d2aE · ua

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3. LA CORRENTE DI SPOSTAMENTO DI MAXWELL 159

Infine, poiché il campo elettrico è diverso da zero praticamente solo nel conduttore,possiamo sostituire nell’integrale, al posto della sezione trasversa del conduttore,l’area della circonferenza a1:

I = σ

Za1

d2aE · uaPossiamo, allora scrivere il teorema di Ampère per correnti variabili

(6)Il

B · dl = σ

Za1

d2aE · ua

Se ora manteniamo la scelta del percorso l , ma usiamo una superficie differ-ente, che abbia sempre l per contorno, ma che attraversi una delle armature delcondensatore ci troveremo in presenza di una contraddizione.

Il secondo membro della (1) vale zero. In altre parole, se con a2 indichiamola nuova superficie, il flusso di E attraverso a2 è nullo, pur avendo l per contorno.Poiché ciò non può essere, dobbiamo ipotizzare che anche nei luoghi dove non èpresente un moto reale di cariche esiste un’altra corrente che renda il calcolo delflusso diverso da zero. Per fare ciò dobbiamo indagare la situazione fisica tra learmature del condensatore. Il campo elettrico tra le armature è

E0 =ρ0a0

dove ρ0a è la densità di carica superficiale istantanea delle armature del condensatore.Poiché la carica Q0 accumulata sulle armature è Q0 = ρ0aa0, dove a0 è la superficiedell’armatura, avremo

E0 =Q0

0a0

da cui, possiamo derivare la carica istantanea presente sull’armatura:

Q0 = 0E0a0

In maniera più generale, potremo scrivere

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160 10. LA CIRCUITAZIONE E IL FLUSSO DEL CAMPO MAGNETICO

(7) Q0 = 0

Za0E0 · uad2a

Ma, il flusso del campo elettrico attraverso una qualunque armatura è ugualeal flusso attraverso la superficie a2, in quanto le linee di forza del campo elettricoche attraversano un’armatura sono uguali a quelle che attraversano la superficie a2(le linee di forza del campo tra le armature nascono su di una armatura e finisconosull’altra armatura):

(8) 0

Za0E0 · uad2a = 0

Za2

E0 · uad2a

In definitiva,

(9) Q0 = 0Φa2 (E0) = 0

Za2

E0 · uad2a

Poiché la carica Q0 varia nel tempo vi è, tra le armature una corrente ID, dettacorrente di spostamento, data da

(10) ID =dQ0

dt= 0

dΦa2 (E0)

dt= 0

d

dt

µZa2

E0 · uad2a¶

Abbiamo almeno nel caso mostrato trovato una espressione esplicita della correntedi spostamento. Il teorema di Ampère deve scriversi, nella sua forma generale:

(12)Il

B · dl = µ0 (I + ID)

Questa è una legge fondamentale dell’elettromagnetismo. Nel vuoto, I = 0 avremo

(13)Il

B · dl = µ0 0d

dt

µZa2

E0 · uad2a¶

che mostra la cercata simmetria con la legge di Faraday. La corrente di spostamentoè essenziale nel caso di campi rapidamente variabili ed è stata determinante perdimostrare che la luce è un fenomeno elettromagnetico, ma nel caso di correnti ecampi lentamente variabili il suo effetto è trascurabile.

4. Il flusso di B attraverso una superficie chiusa

Abbiamo visto che le linee di forza del campo magnetico di un filo rettilineo in-definito sono delle circonferenze concentriche intorno al filo. Si potrebbe dimostrarein maniera diretta, in casi un pò più complessi, che le linee di forza del campo mag-netico sono sempre linee chiuse. Più in generale, si è mostrato sperimentalmenteche le linee di forza del campo magnetico sono sempre chiuse. Questo vuol direche, il numero di linee di forza che entrano attraverso una superficie chiusa sonouguali alle linee di forza che escono dalla superficie. In maniera formale, possiamo

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4. IL FLUSSO DI B ATTRAVERSO UNA SUPERFICIE CHIUSA 161

assumere, sulla base di evidenze sperimentali, che il flusso del campo magneticoattraverso una qualunque superficie chiusa è sempre nullo:

(14)IB · uad2a = 0

La (14) esprime anche la mancanza di monopoli magnetici.

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APPENDIX A

Appendice

The appendix fragment is used only once. Subsequent appendices can be cre-ated using the Chapter Section/Body Tag.

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