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Universit` a degli Studi di Genova Facolt` a di Scienze M.F.N. Corso di laurea in Fisica LABORATORIO 1-B Guida alle esercitazioni di laboratorio Anno Accademico 2006 - 2007

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Universita degli Studi di Genova

Facolta di Scienze M.F.N.

Corso di laurea in Fisica

LABORATORIO 1-B

Guida alle esercitazioni dilaboratorio

Anno Accademico 2006 - 2007

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Vengono riportate nel seguito le tracce delle esperienze che sidovranno svolgere in laboratorio nell’ambito del corso di Labora-torio 1-B nel corrente Anno Accademico.

Questi appunti NON costituiscono un testo ma solo una guidache ricorda i punti salienti che devono essere trattati durante losvolgimento dell’esperienza. Maggiori dettagli e approfondimentiverranno forniti durante specifiche lezioni in aula ed in laboratorio.

E NECESSARIO AVERE SEMPRE CON SE QUE-STA GUIDA DURANTE LE ESERCITAZIONI DILABORATORIO.

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LABORATORIO 1-B

Norme di sicurezza per l’utilizzo del laboratorio

Il laboratorio in cui verranno svolte le esperienze del corso e un laboratorio didattico delDipartimento di Fisica in cui sono presenti apparecchiature e/o sostanze che, se non utilizzatecorrettamente, possono causare danno. Per questo motivo esso e attrezzato e gestito in mododa rispettare la normativa di legge vigente (D.Lgs 626/94 e D.l. 363/98) per la prevenzionee la protezione dai rischi. Secondo la normativa vigente, gli studenti che frequentano il labo-ratorio sono equiparati ai lavoratori e devono seguire particolari norme comportamentali perla salvaguardia della sicurezza. Le norme generali possono essere consultate alla pagina webhttp://www.unige.it/sicurezza/dirint.shtml.

Norme comportamentali generali:

Entrando nello specifico, ciascuno studente che frequenta il laboratorio e tenuto a seguire lenorme comportamentali generali riportate di seguito (vedere il depliant “Note sulla sicurezza ela manutazione degli impianti nel Dipartimento di Fisica”):

• non accedere al laboratorio senza espressa autorizzazione del Responsabile (in questo casoil docente);

• osservare le norme operative di sicurezza vigenti in ogni laboratorio ed attenersi stretta-mente alle disposizioni impartite dal Responsabile e dagli incaricati della protezione;

• osservare il divieto di fumare e di conservare e consumare in laboratorio cibi e bevande;

• astenersi dall’effettuare manovre che possano compromettere la sicurezza e per le qualinon si sia stati preventivamente autorizzati ed addestrati dal Responsabile;

• utilizzare correttamente ed in modo appropriato le apparecchiature secondo le istruzioniimpartite dal Responsabile o dal suo incaricato;

• collaborare con il Responsabile e con gli addetti ai servizi universitari al fine di mantenereefficiente il sistema di sicurezza;

• segnalare immediante al Responsabile o al suo incaricato o agli addetti alla sicurezzaqualsiasi malfunzionamento o situazione di pericolo di cui si venga a conoscenza.

Informazioni sulla sicurezza e norme di utilizzo della strumentazione:

Vengono inoltre riportate le norme particolari da seguire nell’utilizzare la strumentazionespecifica del laboratorio:

• In laboratorio la rete elettrica a 220 V e a norma di legge per quanto riguarda la si-curezza. Nonostante cio, nell’utilizzare strumentazione connessa a questa rete (anch’essa anorma), occorre seguire norme di prudenza. In particolare e fatto divieto di operare sulleprese del quadro elettrico e su quelle presenti nella strumentazione e di intervenire sullastrumentazione stessa in maniera non conforme (cioe ‘aprire gli strumenti’, sconnettereil cavo di alimentazione, intervenire su fusibili e quant’altro possa essere sotto tensione,utilizzando cacciaviti o punte metalliche).

• In laboratorio sono presenti apparati e strumenti pesanti: e vietato spostare questastrumentazione da un tavolo all’altro senza l’opportuna autorizzazione e comunque lospostamento va sempre fatto sotto la supervisione del docente o del suo incaricato.

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• La presenza in laboratorio di armadi con porte di vetro e di strumentazione delicatadeve indurre a muoversi nel laboratorio stesso in maniera adeguata, evitando di esporre asituazione di rischio (cadute accidentali, urti, etc) se stessi ed i propri colleghi. In caso dirottura di parti di vetro, avvertire immediatamente il docente o il suo incaricato.

• I materiali usati in laboratorio sono selezionati in modo da non risultare tossici. Per eve-tuali allergie possono essere utilizzati guanti in lattice protettivi. Verranno pero utilizzatitermometri a mercurio: in caso di rottura accidentale con fuoriuscita di mercurio, nontoccare ed avvertire immediatamente il docente o il suo incaricato.

• L’acqua ed il ghiaccio fornito dalla macchina presente in laboratorio non sono soggettia controlli sanitari: non e consentito pertanto utilizzarli per fini alimentari.

• Non saranno di norma utilizzati materiali infiammabili e mai fiamme libere ma, acausa della presenza in laboratorio di carta, alcool ed altri liquidi infiammabili, e fat-to divieto di introdurre ed usare accendini. Se, nonostante tutte le precauzioni prese,ci si trovasse a dover fronteggiare un principio di incendio, si fa presente che il labo-ratorio e dotato di un estintore ma che l’eventuale principio di incendio va comunqueimmediatamente segnalato al docente o al suo incaricato.

Gestione dell’emergenza:

Per l’eventuale gestione dell’emergenza si deve far riferimento a quanto stabilito dalle normeemesse dal Dipartimento di Fisica: in particolare gli studenti devono seguire le direttive deldocente che e tenuto a mantenerne il controllo durante le operazioni svolte dal personale prepostoe dalle squadre di emergenza.

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LABORATORIO 1-B

Uso del Quaderno di Laboratorio

Un aspetto basilare dell’attivita di laboratorio e quello di imparare a documentare il lavorosvolto cioe a registrare accuratamente tutti i dati sperimentali, cosı come sono stati misurati, inmodo che chiunque altro possa comprenderli ed utilizzarli (ad esempio se vuole ripetere il vostroesperimento o rielaborare i vostri dati).

All’inizio dell’attivita di laboratorio ogni gruppo di studenti riceve un Quaderno di Labo-ratorio (logbook) su cui sono registrati il numero distintivo del gruppo ed i nomi e cognomidei singoli componenti. Ad ogni sessione di laboratorio vi deve essere riportata una relazionedell’esperimento effettuato.

Una relazione di laboratorio deve contenere tutti gli elementi essenziali per poter compren-dere il lavoro svolto e rendere possibile qualsiasi ulteriore elaborazione (o rielaborazione) deidati relativi all’esperimento. Deve inoltre essere abbastanza ordinata e concisa da consentiredi ritrovare rapidamente le misure effettuate ed i risultati finali. Essa va compilata prima, du-rante e dopo la raccolta dati e deve contenere tutte le informazioni significative sull’esperimentoeffettuato.

In particolare, in una relazione devono sempre essere riportati:

1. L’esperienza svolta, la data, l’ora di inizio ed i partecipanti.

2. Lo scopo della misura.

3. Una breve descrizione dell’apparato sperimentale (se necessario).

4. Un elenco degli strumenti utilizzati con le loro caratteristiche.

5. Le misure effettuate, la loro eventuale elaborazione ed il risultato di ciascuna misuraevidenziato.

6. Una tabella riassuntiva dei dati sperimentali ottenuti.

7. Uno o piu grafici per visualizzare i dati sperimentali (incollati su una pagina del quaderno).

8. L’elaborazione dei dati (eventualmente effettuando un fit con il metodo dei minimi quadrati)con tutti i dettagli necessari alla comprensione di quanto ricavato.

9. L’eventuale risultato del fit sul grafico.

10. Il risultato finale dell’esperimento evidenziato ed eventuali conclusioni e commenti.

Osservate che anche l’ordine in cui compaiono i diversi punti e importante e deve essere seguitonon solo per facilitare il lavoro di chi corregge, ma soprattuto per facilitare il vostro lavoro.Riportate tutto sul Quaderno: le operazioni effettuate, le formule utilizzate, il tipo delle ap-prossimazioni fatte. Se avete commesso un errore scrivetelo, barrate con una riga in modochiaro la parte errata e ricominciate a riportare i dati o le considerazioni corrette.Non usate per alcun motivo fogli volanti : la relazione va scritta direttamente sul quaderno ede necessario fare uno sforzo per essere ordinati senza dover “ricopiare” nulla. Puo essere utile,per poter fare eventuali rimandi, numerare le pagine del Quaderno. Le misure effettuate devonoessere sempre riportate direttamente, senza elaborazioni intermedie (cambiamenti di scala, sot-trazioni di zero, etc.) o “a penna” o come stampa di un file di dati se queste vengono registratedirettamente sul computer.

Per nessun motivo il Quaderno deve uscire dal Laboratorio; esso vi sara riconsegnato al-l’inizio del turno successivo con le correzioni, i commenti e la valutazione. E percio indispensabile

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che, nello stesso giorno in cui e previsto che l’esperienza sia terminata, completiate la relazionee presentiate i risultati finali.

Se un membro del gruppo non e presente ad una o piu esercitazioni, non sara ammessoall’esame finale se non le avra prima recuperate.

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LABORATORIO 1-B

Introduzione alle esperienze sulla deduzione di leggi fisiche

Lo scopo delle prime due esperienze di laboratorio del corso di Laboratorio 1-B e quello diimparare i metodi che consentono di dedurre leggi fisiche non note o note in maniera non deltutto completa a partire dai dati sperimentali.Questi metodi si basano sulla scelta della rappresentazione grafica piu opportuna per i datisperimentali, scelta che deve essere effettuata in base a conoscenze pregresse sulla legge cheregola il fenomeno sotto studio oppure ad ipotesi sulla possibile legge dedotte dall’esame deidati riportati in scala lineare (dati non elaborati).Solitamente il modo piu semplice per risalire alla forma ed ai parametri non noti di una legge equello di cercare di linearizzare la legge stessa e stimare i parametri tramite un fit ad una retta.In questo procedimento puo risultare utile l’utilizzo di scale non lineari, tipo la scala logaritmica.In base alla legge ipotizzata si scegliera percio la rappresentazione piu opportuna e si eseguiraun fit lineare utilizzando questa rappresentazione.

Ovviamente e possibile anche eseguire direttamente il fit ad una forma non lineare, ma,se si vuole verificare visivamente se l’ipotesi formulata sia corretta, questa verifica risulta piusemplice per la legge linearizzata.

Nelle due esperienze proposte si esaminera sia il caso in cui l’andamento della legge fisicastudiata e noto ma occorre determinare dai dati sperimentali alcuni parametri non noti, sia ilcaso in cui la legge fisica risulta completamente incognita ed occorre percio determinarla.Oltre alla valutazione quantitativa dei parametri, si richiede una discussione almeno qualitativadel metodo utilizzato con una verifica grafica della correttezza dell’ipotesi formulata.

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LABORATORIO 1-B

Esperienza n.1 - Flessione di una lamina metallica

Scopo dell’esperienza e quello di studiare la flessione di una lamina metallica rettangolare,fissata ad una estremita e sottoposta all’altra estremita ad una forza diretta perpendicolarmenteal piano della lamina stessa indeformata. La flessione s dipendera, ovviamente, dalla forzaapplicata F , dal materiale e dalle caratteristiche geometriche della lamina. Chiamando a lalarghezza della lamina, b la sua lunghezza e c il suo spessore, possiamo ipotizzare che valga lalegge

s = KaαbβcγF δ

dove K e una costante (non adimensionale) dipendente dal materiale.Si richiede di verificare la legge determinando il valore delle potenze nella legge ipotizzata.

Utilizzare la rappresentazione grafica piu opportuna, impiegando eventualmente anche carte nonlineari.

Approssimare le potenze con l’intero piu vicino.

Svolgimento dell’esperienza:

Sono a disposizione lamine di differenti larghezze e spessori. E possibile realizzare diversivalori di lunghezza fissando in posizioni diverse le lamine sul morsetto in dotazione. Utilizzarele guide scanalate per allineare correttamente le lamine.La forza viene esercitata da pesi che possono essere applicati al gancio: poiche la forza e pro-porzionale alla massa, utilizzare M al posto di F nell’espressione della flessione (questo significasolo passare dalla costante K ad un’altra costante K ′ = Kgδ).La lunghezza va intesa come la distanza del centro del foro in cui passa il gancio al morsetto dacui fuoriesce la lamina.Poiche la lamina risulta deformata dal proprio peso e da quello del gancio, come flessione pren-dere la variazione di quota (misurata con il catetometro) di un riferimento dato da un incisionesul fianco della lamina dopo l’applicazione di un peso.Aumentare gradualmente la massa, avendo cura di evitare flessioni elevate (oltre il 10% dellalunghezza) o piccole al punto da rendere inattendibile la misura.

Questa esperienza implica quattro serie di misure, come descritto nel seguito. Tutti i gruppidevono svolgere quanto richiesto al punto a) e almeno uno degli altri, secondo modalita assegnatenel corso dell’esercitazione.

a) Dipendenza dalla forza (massa appesa) e determinazione di δ: scegliere una lamina, mi-surarne larghezza e spessore, fissarla sul morsetto in modo da realizzare una lunghezza divostra scelta. Misurare la flessione applicando almeno 5 masse differenti. Stabilire unarappresentazione grafica in cui le flessioni in funzione delle masse seguano un andamentolineare e ricavare δ con il metodo dei minimi quadrati.

b) Dipendenza dalla lunghezza e determinazione di β: utilizzare una lamina, posizionandolain almeno 5 diversi valori di lunghezza. Misurare la flessione applicando sempre la stessamassa, poi procedere in modo analogo al punto a) per ricavare β.

c) Dipendenza dalla larghezza e determinazione di α: utilizzare 5 lamine di larghezza diversae uguale spessore, posizionandole in modo di avere sempre la stessa lunghezza. Misurarela flessione applicando sempre la stessa massa, poi procedere in modo analogo al punto a)per ricavare α.

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d) Dipendenza dallo spessore e determinazione di γ: utilizzare lamine di uguale larghezza ediverso spessore, posizionandole in modo di avere sempre la stessa lunghezza. In questocaso, se si utilizza la stessa massa, si ottengono flessioni eccessive per la lamina piu sottileoppure praticamente inosservabili per quella piu spessa. Si consiglia quindi di misurarela flessione applicando masse differenti e poi tenere conto dei risultati di cui al punto a)per ottenere dati indipendenti dalla massa; poi procedere in modo analogo al punto a) perricavare γ.

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LABORATORIO 1-B

Esperienza n.2 - Caratteristica di un termistore in funzione della temperatura

Scopo dell’esperienza e quello di determinare la legge che regola la variazione della resistenzadi un termistore in funzione della temperatura.

La resistenza di un termistore dipende dalla temperatura dell’ambiente in cui e immerso odegli oggetti con cui e a contatto. In particolare la sua resistenza diminuisce con l’aumentaredella temperatura.

Svolgimento dell’esperienza:

Il termistore e posto in una scatola che funge da “fornetto” e all’interno della quale e possi-bile aumentare la temperatura tramite un elemento riscaldante. La temperatura del termistoreviene misurata tramite un termometro a resistenza (termoresistenza) posto a contatto del ter-mistore stesso. Il principio di funzionamento delle termoresistenze si basa sulla variazione dellaresistenza elettrica di un metallo al variare della temperatura a cui e sottoposto. Normalmentele termoresistenze vengono identificate con la sigla del metallo utilizzato per la loro costruzioneseguito dalla loro resistenza nominale alla temperatura di 0 ◦C. La termoresistenza utilizzatanell’esperienza e una Pt100 in quanto e realizzata in platino (sigla Pt) ed ha una resistenzanominale di 100 Ω a 0 ◦C. La temperatura del termistore viene percio determinata misurandola resistenza della Pt100: e possibile convertire il valore della resistenza misurata in valori ditemperatura attraverso la relazione Rt(t) riportata in fondo alla traccia.

a) Aumentare gradatamente la temperatura (curva di salita) e, arrivati alla temperaturamassima (circa 100 ◦C), riportare il termistore alla temperatura iniziale (curva di disce-sa). Durante le due fasi di salita e di discesa, misurare la resistenza R del termistore infunzione della temperatura: misurare la resistenza dapprima a temperatura ambiente epoi a passi di 5 ◦C a partire da 30 ◦C. Per la misura della resistenza del termistore uti-lizzare il tester MITEK le cui caratteristiche sono illustrate nella traccia “Introduzionealle misure elettriche” riportata piu avanti in questa guida. La misura della temperatura,come gia detto, avviene attraverso la misura di resistenza della Pt100 tramite il multi-metro da banco METEX anch’esso descritto nella traccia riportata sopra. La tabella dicorrispondenza tra la resistenza misurata e la temperatura e riportata in fondo a questatraccia. Occorre osservare pero che, poiche la termoresistenza e collegata al multimetrotramite fili, la resistenza misurata e quella dell’elemento sensibile (dipendente quindi dallatemperatura che vogliamo misurare) piu quella dei fili utilizzati per il collegamento. Oc-corre percio eseguire una misura preventiva della resistenza dei fili e correggere la letturadel multimetro per questo valore prima di effettuare la conversione in temperatura.

b) Rappresentare in un grafico l’andamento della resistenza del termistore in funzione dell’in-verso della temperatura espressa in K (Kelvin), ossia R = R(1/T ), per la curva di salita eper la curva di discesa. La curva di discesa dovrebbe mostrare un andamento piu regolarein quanto le condizioni termodinamiche evolvono piu lentamente consentendo l’equilibrioall’interno del forno, e quindi la temperatura osservata corrisponde maggiormente a quelladel termistore. La variabile 1/T anziche T e introdotta allo scopo di facilitare la li-nearizzazione della legge che lega la resistenza alla temperatura come richiesto al puntosuccessivo.

c) Ipotizzare una o piu leggi che possano rappresentare l’andamento ottenuto per la resisten-za del termistore in funzione dell’inverso della temperatura e determinarne i parametricaratteristici. A questo scopo occorre graficare la curva ottenuta al punto b) utilizzando,

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se necessario, diversi tipi di carte non lineari, scegliendo poi quella per cui i dati vengonomeglio rappresentati da una retta.

d) Discutere i risultati ottenuti.

Tabella di conversione temperatura - resistenza per termoresistenza tipo Pt100

La tabella riportata di seguito si ottiene tramite la relazione seguente:

Rt(t) = R0(1 + At + Bt2)

dove Rt e la resistenza in Ω alla temperatura t in ◦C ed R0 e la resistenza a 0 ◦C, quindi inquesto caso si ha R0 = 100 Ω. I parametri A e B valgono rispettivamente

A = 3.9083 · 10−3 ◦C−1

B = −5.775 · 10−7 ◦C−2

Tramite questa relazione e possibile operare conversioni per valori non riportati in tabella.

Temperatura t(◦C) Resistenza Rt(Ω)10 103.9015 105.8520 107.7925 109.7330 111.6735 113.6140 115.5445 117.4750 119.4055 121.3260 123.2465 125.1670 127.0875 128.9980 130.9085 132.8090 134.7195 136.61100 138.51105 140.40110 142.29

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LABORATORIO 1-B

Introduzione alle esperienze sulle misure elettriche

Introduzione

Lo scopo di questo gruppo di esperienze e quello di imparare a trattare misure di tipoelettrico.Le note introduttive che seguono sono un complemento a quanto gia trattato nel corso di FisicaGenerale riguardo ai fenomeni elettrici. Si pone pero l’accento in particolare sulla parte piupropriamente legata alla misura in laboratorio assumendo percio che lo studente conosca dalcorso di Fisica Generale i concetti, le definizioni di grandezze con le relative unita di misura ele leggi fisiche che regolano questi fenomeni.

Definizioni, notazioni e leggi fondamentali

Introduciamo gli elementi che compongono i circuiti che saranno considerati in questo corsoe realizzati nelle esercitazioni di laboratorio.

E importante osservare che i componenti reali che saranno utilizzati nei circuiti approssimanosoltanto il comportamento ideale che viene schematizzato teoricamente. L’approssimazione puoessere molto buona quando il componente viene utilizzato in opportune condizioni di funziona-mento, ma al di fuori di queste il comportamento puo essere completamente differente da quantoprevisto dalla schematizzazione. Per esempio, un resistore puo avere un comportamento per-fettamente ohmico se usato correttamente (ossia se attraversato da una corrente tale che ladissipazione di potenza possa essere smaltita senza surriscaldamenti) ma addirittura fondersi sepercorso da correnti di intensita eccessiva.

Come primo esempio di elemento circuitale consideriamo il resistore, spesso chiamato sem-plicemente resistenza dal nome della proprieta fisica caratterizzante, appunto la resistenza elet-trica. Questo elemento e indicato dal simbolo rappresentato in figura 1. Un resistore ideale e

R

Figura 1: Simbolo circuitale del resistore di resistenza R.

caratterizzato semplicemente dal valore nominale della sua resistenza (R). Un componente realeha (o almeno dovrebbe avere) in condizioni ambientali “normali” una resistenza compatibile conil valore nominale (indicato da un codice a strisce colorate) entro la tolleranza dichiarata. Essoe inoltre caratterizzato da una potenza massima, che puo essere, nei casi piu comuni, 1/4 W, 1W oppure 2 W ma anche sensibilmente superiore, quando necessario. Il valore di resistenza egarantito solo se la potenza effettivamente dissipata sul resistore e inferiore alla potenza mas-sima. Per valori di potenza superiori, il resistore si scalda significativamente e, come abbiamovisto, la sua resistenza cambia. Oltre un certo valore il resistore si danneggia (si “brucia”) e puoanche danneggiare il resto del circuito.

Un altro elemento circuitale importante e il condensatore. Si chiama condensatore undispositivo formato da due conduttori isolati (come esempio tipico, una coppia di superfici metal-liche piane, uguali tra di loro, disposte parallelamente e separate da un isolante che puo ancheessere semplicemente aria). Se sui due conduttori (detti comunemente le “armature” del con-densatore) sono presenti cariche elettriche di uguale intensita ma di segno opposto, tra i due si

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stabilisce una d.d.p. direttamente proporzionale alla carica elettrica. Si puo allora definire unaquantita caratteristica del condensatore detta capacita tramite l’equazione q = C · V .La capacita e, dimensionalmente, il rapporto tra una carica elettrica e una differenza di poten-ziale, quindi nel S.I. la sua unita di misura e 1 C/ 1 V. Questa unita ha il nome di Farad (F).Si puo osservare che 1 F rappresenta una capacita estremamente elevata e che comunemente lacapacita dei condensatori di interesse pratico viene espressa in termini dei sottomultipli (μF, nFe pF).Poiche le armature di un condensatore sono isolate, la presenza di un condensatore in un ramodi un circuito impedisce il passaggio di corrente in modo continuativo; tuttavia e possibile ilpassaggio di corrente nei rami che collegano il condensatore al resto del circuito nelle fasi in cuiquesto si carica oppure si scarica, ossia in condizioni non stazionarie.

Oltre ai resistori ed ai condensatori, considereremo come elementi circuitali i generatori ditensione e/o di corrente. Un generatore di tensione ideale e un dispositivo dotato di dueterminali ai cui capi esiste una differenza di potenziale costante, uguale alla forza elettromotrice(f.e.m.), indipendentemente dall’intensita di corrente erogata.

Un generatore ideale di tensione e schematizzato da uno dei simboli circuitali mostrati infigura 2.

V

+

-

+

-

+

-

(a) (b)

Figura 2: Simboli circuitali di un generatore ideale di tensione.

Un generatore ideale di corrente e un dispositivo in grado fornire un valore fissatodi corrente, indipendentemente dalla resistenza dei conduttori in cui passa la corrente stessa.Un generatore ideale di corrente e schematizzato dal simbolo circuitale mostrato in figura 3.Nessun generatore reale di tensione puo comportarsi in ogni situazione come uno ideale in quanto

i

i

Figura 3: Simbolo circuitale di un generatore ideale di corrente.

dovrebbe essere in grado di fornire una potenza illimitata al crescere della corrente erogata.Una utile schematizzazione, valida soprattutto per descrivere il comportamento di una bat-

teria, e pensare ad un generatore reale come ad un generatore ideale con una resistenza internari in serie. Al crescere dell’intensita di corrente il valore della tensione osservabile sui morsetti

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e inferiore a quello nominale per via della caduta di tensione sulla resistenza interna: Vest =f.e.m. - i ri; la massima corrente che puo essere fornita sara imax = f.e.m. / ri.

Il comportamento di un alimentatore stabilizzato da laboratorio, usato opportunamente,puo essere sensibilmente diverso. La tensione diminuisce pochissimo all’aumentare della correntefinche questa non supera un certo livello; quando questo e superato la tensione cade a zero moltorapidamente. Quindi un alimentatore stabilizzato differisce da un generatore ideale in quantopuo fornire un’intensita di corrente non superiore ad un certo limite; fino a quel punto la suaresistenza interna e in genere trascurabile o comunque molto piccola. Viceversa una batteria ecaratterizzata da una resistenza interna significativa e il cui valore dipende non solo dalle suecaratteristiche costruttive ma anche dal suo stato di carica (una batteria scarica ha la stessaf.e.m. di una batteria carica dello stesso tipo ma una resistenza interna molto piu alta: lacorrente massima che puo erogare e estremamente ridotta ovvero la tensione che misuriamo aimorsetti sotto carico e molto inferiore al valore della f.e.m).

Analogamente nessun generatore reale di corrente puo comportarsi in tutto e per tuttocome uno ideale in quanto nuovamente avremmo situazioni in cui la potenza potrebbe crescereillimitatamente. Una schematizzazione comune di un generatore di corrente reale corrispondead un generatore ideale con una resistenza in parallelo. La corrente vista all’esterno restasostanzialmente costante quando la resistenza esterna e molto piu bassa di quella interna maviene limitata automaticamente quando la resistenza esterna cresce. Un buon alimentatore dalaboratorio puo funzionare con buona approssimazione come generatore di corrente purche latensione ai sui capi non superi un determinato valore.Le comuni schematizzazioni dei generatori reali sono mostrate in figura 4.

v

ri+

-

v

ri+

-

+

-

v

ri i

i

rs+

-

(a) (b) (c)

Figura 4: Schematizzazione di generatori reali.

Lo studio dei circuiti elettrici in corrente continua che verranno realizzati nelle esperienzedi laboratorio e basato su leggi fisiche e teoremi gia trattati nel corso di Fisica Generale a cuisi rimanda per trattazione ed enunciati. Tra le leggi fisiche ricordiamo in particolare la leggedi Ohm e le due leggi di Kirchoff oltre al teorema di sovrapposizione ed ai teoremidi Thevenin e di Norton: questi teoremi sono utili in quanto i circuiti in corrente continuasono descritti completamente dalle leggi di Kirchoff, ma questi teoremi, che altro non sono cheelaborazioni matematiche di queste leggi, servono per semplificare lo studio dei circuiti stessi epercio saranno frequentemente usati nelle esperienze di laboratorio.

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Strumenti di misura

La conoscenza delle leggi di Kirchhoff e essenziale per un corretto impiego degli strumentidi misura, di cui discuteremo brevemente le caratteristiche principali.I moderni strumenti di misura elettrici consentono di effettuare svariate misure; in questo corso cioccupiamo soltanto di misure di resistenza, capacita, intensita di corrente continua e differenzadi potenziale continua (o variabile molto lentamente). Gli strumenti si dividono sostanzial-mente in due categorie: strumenti a bobina mobile, in cui la visualizzazione e analogica, basatasul posizionamento di un ago lungo una scala graduata, e strumenti elettronici a conversioneanalogico-digitale, in cui la visualizzazione di norma e realizzata mediante un ‘display’ numerico.

Negli strumenti a bobina mobile l’elemento centrale e appunto una bobina percorsa dallacorrente che si vuole misurare e immersa in un campo magnetico. La bobina si comporta comeun ago magnetico e tende ad allinearsi al campo magnetico contrastando il richiamo di unamolla. La posizione di equilibrio dipende dal valore della corrente ed e messa in evidenza dallaposizione di un ago, collegato alla bobina, lungo una scala graduata. In questo modo si e rea-lizzato uno strumento di misura di corrente, che si chiama amperometro. Si puo ottenere unfondoscala differente mettendo in parallelo alla bobina un resistore (detto di “shunt”) di valoreopportuno. Per esempio, se si mette in parallelo un resistore la cui conduttanza sia 9 voltemaggiore di quella della bobina, solo un decimo della corrente totale passa attraverso la bobinae quindi il fondoscala viene moltiplicato per 10.Un amperometro deve essere inserito in serie nel ramo di circuito in cui si vuole misurare l’inten-sita di corrente. Per alterare il meno possibile le caratteristiche del circuito in cui viene inseritoe bene che la resistenza interna dell’amperometro sia il piu possibile bassa.Per la misura di correnti molto basse si usano strumenti molto sensibili e delicati, detti gal-vanometri, il cui funzionamento e analogo a quello degli amperometri ma in cui la bobi-na, anziche essere collegata ad una molla, e sospesa a due fili sottili che realizzano anche ilcollegamento elettrico.

L’amperometro, con una resistenza in serie, puo essere utilizzato per misurare differenze dipotenziale (voltmetro). In questo caso i puntali devono essere collegati ai punti del circuitotra cui si vuole determinare la differenza di potenziale e quindi la disposizione e in parallelorispetto alla porzione di circuito considerata. Per questo motivo e opportuno che la resistenzainterna sia il piu possibile alta in modo da non introdurre grosse alterazioni al circuito originale.Tuttavia in uno strumento a bobina mobile il valore di questa resistenza e limitato dal fatto chee necessario il passaggio di un’intensita di corrente non troppo piccola per poter spostare l’agocontro il richiamo della molla.

Attualmente sono molto utilizzati gli strumenti elettronici a conversione analogico-digitale;questa viene realizzata con diverse tecniche, che in genere si basano sul confronto tra la ten-sione in misura e una tensione di riferimento generata internamente allo strumento. A titolo diesempio, uno dei metodi utilizzati consiste nel creare internamente allo strumento una tensionecrescente linearmente nel tempo (rampa di tensione) e contemporaneamente far partire un con-tatore di impulsi prodotti a intervalli regolari di tempo. Nel momento in cui la tensione generatasupera quella in misura, il contatore viene fermato e un apposito circuito ne visualizza, con leopportune manipolazioni e conversioni di unita di misura, il contenuto (vedere figura 5).

Anche gli strumenti digitali, ovviamente, sono solitamente realizzati in modo da poter mi-surare grandezze di diverso tipo (tensioni, correnti, resistenze, etc...). La loro resistenza interna,quando usati come amperometri, e in genere confrontabile con quella degli strumenti analogici,mentre puo essere sensibilmente superiore (tipicamente ≈ 10 MΩ) quando usati come voltmetri.

Nel seguito vengono descritti gli strumenti di misura che verranno utilizzati in laboratorioriportando le loro caratteristiche principali.

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t

V

(Rampa di tensione)

Tensione in misuraVm

tm

Impulsi tra t=0 e tm

Figura 5: Esempio schematico di conversione analogico-digitale.

Gli strumenti di misura impiegati sono

• Un tester analogico ICE 680R

• Un tester digitale portatile MITEK MK6360

• Un tester digitale portatile Lafayette MS-8200G

• Un multimetro digitale da banco METEX MXD-4660A

Tutti questi strumenti consentono di effettuare misure di numerose grandezze elettriche; ai finidi questo corso saranno considerate solo le misure di resistenze, di capacita, di tensioni continuee di correnti continue.

Il tester analogico ICE e un classico strumento a bobina in campo magnetico. La suaprecisione e dell’1% del fondo scala per misure in continua (2% in alternata): ne consegueche per avere la miglior precisione e opportuno utilizzare il fondo scala piu basso compatibilecon la misura che si sta effettuando. Evidentemente per evitare danni allo strumento e sempreopportuno fare una misura preliminare con fondo scala elevato e poi scegliere quello piu adeguato.Il modo di funzionamento e determinato inserendo le spinette dei puntali nelle boccole opportune.Uno specchietto disposto accanto alle scale graduate consente di evitare l’errore di parallasse.

Per le misure di tensione continua occorre inserire il terminale nero nella boccola con ilsimbolo = e quello rosso in una delle boccole con le scritte nere 100mV=, 2V=, 10V=eccetera, dove il valore indicato e quello del fondo scala. I valori di fondo scala tra 100 mVe 200 V si possono raddoppiare premendo il tasto AVx2. La resistenza interna dipende dallaportata e in particolare vale 20 kΩ moltiplicati per il valore del fondo scala espresso in V; per es.con fondo scala di 10 V la resistenza sara di 200 kΩ. Notare che questi valori non sono moltomaggiori della resistenza dei componenti utilizzati nelle esperienze previste in questo corso.

Per le misure di intensita di corrente continua inserire il terminale nero nella boccola con ilsimbolo = e quello rosso in una delle boccole con le scritte nere 50μA=, 500μA =, 1mA=eccetera, dove il valore indicato e quello del fondo scala. Tutti i valori di fondo scala si possonoraddoppiare premendo il tasto AVx2. La caduta di tensione dovuta alla resistenza interna edi 100 mV a fondo scala per la portata di 50 μA e dell’ordine di 300 mV per le altre portate.Ovviamente e proporzionale alla corrente per cui quando la corrente e, per esempio, meta delfondo scala, anche la caduta di tensione risulta dimezzata.

Le misure di resistenza vanno sempre fatte su componenti in cui non passicorrente, quindi con alimentazione spenta: in caso contrario si rischia di danneggiaregravemente lo strumento. Le misure si effettuano inserendo un terminale nella boccola con il

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simbolo Ω e l’altro in una delle boccole con le scritte nere Ωx1, Ωx10, Ωx100 eccetera, doveil valore indicato e il fattore con cui moltiplicare il valore letto sulla scala per ottenere il valoremisurato. Per es. una lettura di 25 avendo usato la boccola Ωx1 significa 25 Ω mentre la stessalettura, avendo usato la boccola Ωx100, significa 2.5 kΩ. Occorre poi mettere a contatto i duepuntali e ruotare la rotella REG in modo da portare l’ago sullo 0 della scala Ω che corrispondeal fondo scala per le scale di tensione e di corrente. Se non e possibile portare l’ago sullo zero,significa che la batteria interna dello strumento e scarica e va sostituita. Questo azzeramento varifatto ogni volta che si cambia la portata. E importante osservare che la scala di resistenza none lineare, con una sensibilita che varia al variare della quantita misurata; in questo caso l’erroredi misura e determinato dall’ampiezza della divisione nella regione in cui si effettua la misura edalla capacita di interpolare la posizione dell’ago all’interno di una divisione.

Il tester digitale MITEK e un multimetro elettronico portatile alimentato a batteria. Ilsuo utilizzo e molto semplice. Il puntale nero va sempre inserito nella boccola COM, quellorosso nella boccola V-Ω per misure di tensione e di resistenza, nella boccola 20A per misuredi corrente fino a 20 A, nella boccola mA-μA per misure di corrente inferiore a 400 mA. Iltipo di misura e la portata sono selezionabili attraverso un selettore ruotante e un commutatoreAC/DC (AC per tensioni o correnti alternate, DC per continue).L’indicazione .OL (overload) segnala una misura che supera la portata dello strumento.La resistenza interna per misura di tensioni continue e di 10 MΩ. La caduta di tensione permisura di correnti continue e di di 500 mV (max) per correnti fino a 400 mA, di 700 mV (max)per la portata di 20 A.Per non consumare inutilmente la batteria lo strumento si spegne automaticamente dopo 30minuti dall’ultima commutazione. Le caratteristiche dello strumento, in particolare risoluzionee precisione nelle varie portate, sono presentate nelle figure allegate.

Il tester digitale Lafayette MS8200G e anch’esso un multimetro elettronico portatile ali-mentato a batteria. Il suo utilizzo e del tutto simile a quello del MITEK appena descritto. Ledifferenze principali sono che le boccole per le misure di corrente hanno in Ampere un massimodi 10 A anziche 20 A ed in milliAmpere un massimo di 200 mA anziche di 400 mA. Inoltrel’indicazione che la misura supera la portata dello strumento e indicata con “1” oppure “-1”.Anche per questo strumento le principali caratteristiche, in particolare risoluzione e precisionenelle varie portate, resistenza interna e caduta massima di tensione, sono presentate nella figuraallegata.

Il multimetro METEX e uno strumento elettronico digitale da banco, alimentato tramite larete, con buone caratteristiche di risoluzione e precisione. Come per i tester digitali portatili, ilpuntale nero va sempre inserito nella boccola COM, quello rosso nella boccola V/Ω per misuredi tensione e di resistenza, nella boccola 20A per misure di corrente fino a 20 A, nella boccolamA per misure di corrente inferiore a 200 mA. Il tipo di misura e selezionato premendo untasto del gruppo FUNCTION (DC V per misure di tensione continua, DC A per misuredi corrente continua, OHM per misure di resistenza). La portata e selezionata premendo untasto del gruppo RANGE. Il risultato della misura e mostrato, oltre che in forma digitale, informa psuedo-analogica tramite una barra formata da 43 segmenti. Ovviamente questa non haalcuna utilita per ricavare un valore preciso ma solo come “colpo d’occhio”. L’indicazione .OL(overload) segnala una misura che supera la portata dello strumento. I tre piccoli display a fiancodel principale indicano il valore della misura rispettivamente 1, 2 e 3 secondi prima della misuraattuale (quella del display grande). Ovviamente in condizioni di tensioni e correnti costantitutti questi valori coincidono. La resistenza interna per misura di tensioni continue e di 10MΩ. Il manuale non fornisce il valore di caduta di tensione (o la resistenza interna) per misuredi corrente. La precisione e risoluzione dello strumento nelle varie modalita di impiego sonomostrate nella figura allegata. La precisione e garantita per temperature ambientali comprese

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tra 18 ◦C e 28 ◦C.

Oltre agli strumenti di misura descritti, avete a disposizione un alimentatore stabilizzato euna basetta forata per realizzare i collegamenti.L’alimentatore e composto da due sezioni indipendenti, ognuna delle quali puo funzionare comegeneratore di tensione o di corrente. Nelle esercitazioni dovete utilizzare solo la sezione didestra in modalita di generatore di tensione. A questo scopo, ad alimentatore spento, ruotatecompletamente in senso orario la manopola di regolazione della corrente. Dopo aver accesol’apparecchio, con l’opportuna manopola si regola il valore di tensione tra 0 e 30 V. Le boccolepositiva e negativa dell’alimentatore sono collegate con cavi forniti di spinotti a “banana” alleboccole della basetta. A loro volte queste sono collegate con due cavetti alle file di fori marcatecon + e con -, e da queste si puo portare la tensione a qualunque punto del circuito.

Figura 6: Caratteristiche del tester digitale MITEK - a

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Figura 7: Caratteristiche del tester digitale MITEK - b

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Specifiche multimetro MS-8200G

Figura 8: Caratteristiche del tester digitale Lafayette MS-8200G

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Figura 9: Caratteristiche del multimetro MXD-4660 A

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LABORATORIO 1-B

Esperienza n.4 - Realizzazione di semplici circuiti in corrente continua

Scopo di questa esperienza e quello di acquisire familiarita con le apparecchiature (strumentidi misura e alimentatori) e di effettuare con esse alcune misure introduttive realizzando i primisemplici circuiti.

Svolgimento dell’esperienza:

a) Parte introduttiva:

1. Scegliere alcune resistenze differenti e stabilirne il valore e la tolleranza utilizzando latabella allegata (figura 10).

2. Misurare le stesse resistenze con i tre strumenti disponibili, inserendole nell’appositabasetta, e confrontare i risultati tra di loro e con i valori previsti dal codice a colori.

3. Verificare, usando la resistenza di valore piu elevato, cosa cambia se la misura vieneeffettuata, invece che con la basetta, tenendo in mano i terminali della resistenza e ipuntali del multimetro e commentare il risultato.

4. Disporre due resistenze in serie, misurare la resistenza totale e confrontare la misuracon il risultato aspettato.

5. In seguito disporre due resistenze in parallelo, misurare la resistenza totale e con-frontare la misura con il risultato aspettato.

6. Collegare l’alimentatore, usato come generatore di tensione, alternativamente ai trestrumenti, usati come voltmetri, e confrontare i valori letti.

0 Nero1 Marrone2 Rosso3 Arancio4 Giallo5 Verde6 Blu7 Viola

9 Bianco8 Grigio

1 Cifra2 Cifra

Esponente

Rosso : 2%Oro : 5%Argento : 10%

Tolleranza

Niente : 20%

10 12 15 16 18 20 22 24 27 30 33 36

39 43 47 51 56 62 68 75 82 91 100

Sequenza standard di valori

Figura 10: Codice a colori per le resistenze

b) Metodo volt-amperometrico:

1. Disegnare lo schema elettrico di un circuito in cui sia inserito l’alimentatore (usatocome generatore di tensione), una resistenza, un multimetro usato come amperometroe il secondo multimetro usato come voltmetro. A questo scopo si possono realizzare inalternativa due circuiti, rappresentati nelle figure 11 (a) e (b). Nel caso del circuito (a)il voltmetro misura correttamente la d.d.p. ai capi di Rx ma la corrente i′ misurata

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(b)(a)

�� Volt

Amp Amp

Volt

RxRx

Figura 11: Schemi di circuiti per misure di resistenza con il metodo voltamperometrico.

dall’amperometro differisce in modo sistematico dalla corrente i che attraversa laresistenza in quando comprende anche la corrente che attraversa il voltmetro stesso. Sicapisce immediatamente che questo effetto tende a 0 quando la resistenza interna del

voltmetro tende a ∞. In generale possiamo dire che i =V

Rxe i′ =

V

Rpdove

1Rp

=1

Rx

+1

RV(con RV = resistenza interna del voltmetro). Ne segue che i′ =

VRx

· (1 +Rx

RV)

da cui si ricava Rx =V

i′ − V/RV; la correzione risulta quindi trascurabile se

VRV

<< i′.

La corrente che attraversa Rx sara i = i′ − VRV

.

Se si considera invece il circuito (b) e corretta la corrente i letta dall’amperometroma risulta falsata la tensione V’ letta dal voltmetro in quanto essa include anche lacaduta di potenziale nella resistenza interna RA dell’amperometro. Avremo V’ =

i(Rx + RA) da cui si ricava Rx =V′ − iRA

i; in questo caso la correzione e trascurabile

se iRA << V′. La tensione ai capi di Rx sara ovviamente V = V′ − iRA

2. Montare il circuito (a) e fare una serie di misure di corrente e corrispondente tensione(utilizzando come voltmetro il tester analogico) variando la tensione dell’alimentatore.

3. Montare il circuito (b) e ripetere una serie di misure di corrente e tensione come perla configurazione precedente.

4. Correggere (quando necessario) i valori trovati nelle due serie di misure per tenerconto della resistenza interna degli strumenti.

5. Riportare in un grafico le due serie di misure distinguendo i dati trovati nei due casicon un simbolo oppure un colore differente. Tracciare sul grafico le due rette chemeglio si adattano con i dati eseguendo un fit da cui si ricava il valore della resistenzae il suo errore.

c) Partitore di tensione:

1. Un altro circuito elementare da realizzare e il partitore di tensione mostrato infigura 12. Nel circuito, ad una sola maglia, circola una corrente i= V0

Ra+Rb; la tensione

ai capi di Rb sara V = iRb = V0Rb

Ra + Rb. Quindi la tensione ai capi di Rb risulta

attenuata di un fattoreRb

Ra + Rb(detto appunto fattore di attenuazione) rispetto

alla tensione V0 fornita dal generatore. E importante osservare che il fattore diattenuazione cosı trovato e valido a circuito aperto. Se la tensione V viene utilizzata

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Rb

Ra

V0

V

Figura 12: Il partitore di tensione (o attenuatore).

da un carico schematizzato per esempio da una resistenza RL (figura 13) occorre

sostituire a Rb il parallelo tra Rb e RL: V = V0Rp

Ra + Rp, dove Rp = (1/Rb + 1/RL)−1.

Rb

Ra

V0

RL

Figura 13: Il partitore di tensione con il carico RL.

2. Misurare le caratteristiche del partitore realizzato usando alternativamente lo stru-mento analogico e uno digitale.

3. Discutere i risultati.

4. Realizzare un partitore variabile utilizzando un potenziometro e studiarne il compor-tamento.Il potenziometro e un dispositivo a 3 terminali schematizzato in figura 14. Tra

A

B

CRT

RX

Figura 14: Schema di potenziometro.

i terminali A e B si ha un valore fisso di resistenza (RT ), tra B e C, invece, il va-lore puo essere regolato mediante una manopola o una vite e assume un valore RX

compreso tra 0 e RT (ovviamente tra C ed A si avra una resistenza RT - RX). Ilpotenziometro, collegato ad un generatore, costituisce un partitore con fattore di at-

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tenuazione regolabile dato da RX/RT . In presenza di una resistenza di carico RL,

posto Rp = (1/RX + 1/RL)−1, il fattore di attenuazione diventaRp

RT − RX + Rp.

d) Dipendenza della resistenza dalla temperatura:

1. Effettuare una serie di misure di tensione e corrente utilizzando nel circuito del puntob) al posto della resistenza una lampadina ad incandescenza da 12 V. Effettuarediverse misure per valori di tensione molto bassi (pochi mV) poi salite a intervallidi circa 1 V facendo attenzione a non superare 12 V per non rischiare dibruciare la lampadina.

2. Riportare i punti su un grafico (se necessario fare un grafico separato per visualizzarei valori di tensioni e correnti molto basse).

3. Discutere il risultato.

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Esperienza n.5 - Prima Parte: Il ponte di Wheatstone

Il ponte di Wheatstone e costituito dal circuito in figura 15. L’amperometro e sensibile a correntiprovocate da una differenza di potenziale tra i punti A e B. Per studiare il comportamento di

+-

R1 R4

R2R3

B

A

V0

Amp

Figura 15: Il ponte di Wheatstone

questo circuito e utile trovare il circuito equivalente, in base al teorema di Thevenin, tra i puntiA e B. La tensione di Thevenin (VTh) sara la differenza di potenziale esistente tra i punti A eB quando il circuito tra questi punti e aperto (escludendo l’amperometro). In queste condizioniavremo una corrente iA = V0/(R2 +R3) passante per R2 e R3 e una corrente iB = V0/(R1 +R4)passante per R1 e R4. Allora la tensione del punto A rispetto al polo negativo dell’alimentatoresara

VA = iAR2 = V0R2/(R2 + R3)

e analogamenteVB = iBR1 = V0R1/(R1 + R4)

Quindi

VTh = VB − VA = V0R1R3 − R2R4

(R1 + R4)(R2 + R3)

La resistenza equivalente di Thevenin si calcola come la resistenza presente tra i punti A e B aven-do sostituito l’alimentatore con la sua resistenza interna (praticamente nulla). Il procedimentoe schematizzato nella figura 16. La resistenza cercata e quindi

RTh =R2R3

(R2 + R3)+

R1R4

(R1 + R4)

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R1 R4

R2R3

B

A

R1 R4

R2

R3

B

A

A

B

R2R3

R1 R4

Figura 16: Resistenza equivalente RTh.

Allora il ponte, senza l’amperometro, e equivalente al circuito in figura 17(a) e, con l’am-perometro inserito, a quello di figura 17(b).

A B

VthRth

A B

VthRth

Amper.

Ri

(a) (b)

Figura 17: Equivalente di Thevenin del ponte di Wheatstone.

Svolgimento dell’esperienza:

a) Realizzare un ponte di Wheatstone senza amperometro e calcolare VTh e RTh a partiredai valori misurati di V0 e delle resistenze.

b) Verificare se la tensione tra i punti A e B corrisponde a VTh. Utilizzare come voltmetrosia lo strumento analogico sia quello digitale e discutere le eventuali differenze.

c) Inserire un amperometro con una resistenza di protezione in serie tra i punti A e Be verificare che la corrente sia quella prevista.

d) Sostituire una delle resistenze con una resistenza variabile (usare un potenziometro, colle-gando al circuito il piedino centrale e uno dei laterali). Cercare la condizione di equilibriodel ponte. Dopo una prima approssimazione, togliere la resistenza di protezione per ot-tenere una maggiore sensibilita. Misurare la resistenza tra i piedini del potenziometro(dopo averlo estratto dal circuito facendo attenzione a non muovere l’astinadi regolazione) e verificare se e soddisfatta la condizione di bilanciamento (R1 R3 = R2

R4). Spiegare perche e piu conveniente misurare la corrente anziche la tensione.

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Esperienza n.5 - Seconda Parte: Misura della costante tempo di un circuito RC

Scopo dell’esperienza e la misura della costante tempo di un circuito RC.Un circuito RC e mostrato in figura 18(a). Inizialmente, l’interruttore T e aperto e il conden-satore e scarico. Chiudendo l’interruttore T, il condensatore si carica e la tensione ai suoi capiin funzione del tempo e data da

V (t) = V0

⎛⎜⎝1 − e

− t

τ

⎞⎟⎠

dove τ = RC e la costante tempo del circuito. Quando il condensatore si sara caricato com-pletamente, la tensione ai suoi capi raggiungera un valore costante V (∞) che, in condizioniideali, dovrebbe coincidere con V0. La variazione di tensione ΔV (t) = V0 − V (t) avra percio unandamento esponenziale:

ΔV (t) = V0 e− t

τ

(a) (b)

A B

V0R

C

TA B

V0R

C

T

Voltmetro

Ri

Figura 18: Il circuito RC.

Svolgimento dell’esperienza:

a) Realizzare il circuito di figura 18(a). Il condensatore ad alta capacita (1000 μF) e del tipoelettrolitico e deve essere polarizzato correttamente, ossia il piedino marcato conuna striscia bianca deve essere collegato alla tensione negativa. Se non siete sicuridi averlo individuato, rivolgetevi all’insegnante. Utilizzare una resistenza R da 220 kΩ.L’interruttore T e realizzato mediante un cavetto di collegamento che inizialmente nonsia inserito in corrispondenza del piedino della resistenza R. Accertarsi (cortocircuitandotemporaneamente i punti A e B) che il condensatore inizialmente sia scarico.

b) Collegare il tester analogico in modalita di voltmetro tra i punti A e B con fondoscala 10 V.Chiudere l’interruttore T e contemporaneamente far scattare un cronometro. Leggere latensione ai capi di C ogni 10 s e attendere che lo strumento si stabilizzi su un valore finaleV(∞) (alcuni minuti).

c) Fare un grafico della tensione ai capi del condensatore in funzione del tempo.

d) Ricavare dal fit dei dati sperimentali ottenuti per V (t) il valore della costante tempo delcircuito.

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e) Discutere i risultati ottenuti sia per V (∞) sia per τ facendo riferimento al teorema diThevenin applicato tra i punti A e B al circuito con il voltmetro inserito e il conden-satore non collegato (vedere figura 18(b), in cui Ri rappresenta la resistenza interna delvoltmetro).

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Introduzione all’esperienza di probabilita e statistica

Quest’ultima esercitazione di laboratorio ha lo scopo di fare applicare i concetti ed i metodirelativi alla probabilita ed alla statistica appresi durante il corso. Essa si divide in due partidistinte ma accomunate dall’applicazione del test di significativita del χ2 come verifica dellabonta dell’adattamento dei dati sperimentali ad una legge ipotizzata.Nella prima parte il test del χ2 si applica a dati sperimentali presi in laboratorio, mentre nellaseconda a dati simulati tramite calcolatore; in entrambe le esercitazioni e necessario conoscerele principali distribuzioni di probabilita.Altro prerequisito necessario e quello di aver completato l’esercitazione di Laboratorio di Calcolorelativa alla simulazione di una binomiale.

Conclusioni:

Come conclusione del corso di laboratorio del primo anno, dovrebbe risultare evidente che imetodi di elaborazione dei dati imparati, con particolare riferimento al test di significativita delχ2 ma non solo, sono del tutto generali e trovano vasta applicazione nella pratica di laboratorio.Sarebbe consigliabile percio ripensare ed eventualmente rivedere le esercitazioni fin qui svoltealla luce di questi metodi.

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Esperienza n.6 - Prima Parte:Verifica della distribuzione di Poisson mediante un contatore di Geiger

Scopo dell’esperienza e la verifica sperimentale della distribuzione di Poisson per mezzo diun contatore di Geiger.

Il contatore Geiger e uno strumento che permette la rivelazione di particelle ionizzantiutilizzando il fenomeno della “conduzione forzata indotta” in un gas da parte di una particellacarica che lo attraversa.

Nell’atmosfera esiste una cosiddetta “radiazione ionizzante di fondo” costituita essenzial-mente da particelle μ (muoni) che possono quindi essere rivelate e contate per mezzo di uncontatore di Geiger.

I loro conteggi possono essere considerati come eventi rari ed e quindi lecita l’ipotesi cheessi seguano la distribuzione di Poisson:

P (k;μ) =e−μμk

k!

Scopo dell’esperienza e verificare questa ipotesi.

Svolgimento dell’esperienza:

a) Prendere piu conteggi di raggi cosmici in intervalli di tempo successivi (di circa 30 secondi- un minuto, a seconda del contatore Geiger a disposizione) e riportarne la distribuzionesperimentale.

b) Determinare, in base al valor medio sperimentale, la distribuzione di Poisson teorica everificare, mediante il metodo del χ2, la compatibilita con l’ipotesi fatta.

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Esperienza n.6 - Seconda Parte:Verifica della distribuzione binomiale e della distribuzione di Gauss

mediante simulazione di un tavolo binario

Scopo dell’esercitazione e quello di simulare, con il metodo Montecarlo, basato sull’estrazionedi numeri pseudocasuali, una distribuzione binomiale. Quello che si intende riprodurre e ilfunzionamento di un tavolo a percorso binario.

Il tavolo e formato da una guida di partenza da cui viene lasciata cadere una pallina. Lapallina incontra nel suo percorso un ostacolo (un chiodo) che, casualmente, la costringe ad andarea sinistra oppure a destra. Date N file di ostacoli, il numero di casi finali possibili e N + 1.

La distribuzione finale puo essere quindi descritta da una distribuzione binomiale:

B(k;N, p) =

(N

k

)pkqN−k

con N numero delle file di ostacoli, k il numero della posizione di arrivo (che puo andare da 0 aN) e p = q = 1

2 .La distribuzione binomiale (per N abbastanza grande, ossia Npq > 10) puo essere approssi-

mata da una distribuzione normale, ossia da:

G(x;μ, σ) =1√2πσ

e−(x − μ)2

2σ2

con μ = Np e σ =√

Npq.L’esito di una caduta della pallina viene riprodotto estraendo N numeri pseudocasuali,

distribuiti uniformemente tra 0 e 1. Per ogni numero estratto, si considera successo se il numeroe minore o uguale a p, insuccesso se e maggiore: e chiaro, infatti, che la probabilita di estrarreun valore ≤ p sara proprio p se la distribuzione e uniforme. Quindi il numero k di volte che ilvalore estratto risulta inferiore a p rappresenta il numero di successi e quindi corrisponde allaposizione della pallina alla fine della caduta.

Svolgimento dell’esperienza:

a) Effettuare piu simulazioni della caduta della pallina (almeno 100) e riportarne la distribu-zione sperimentale.

b) Determinare, in base alla distribuzione binomiale, la probabilita di ogni possibile statofinale e verificare, mediante il metodo del χ2, la compatibilita tra i dati sperimentali e lefrequenze attese in base all’ipotesi.

c) Verificare se i dati sono ben descritti da una distribuzione normale avente media e varianzauguali a quelle sperimentalmente ricavate.

d) Verificare che, aumentando il numero n di “cadute” della pallina, aumenta la precisionesperimentale con cui si determinano le frequenze e quindi l’approssimazione binomiale, altest del χ2, diventa sempre piu attendibile.

e) Verificare inoltre che, aumentando il numero di prove N , la binomiale tende ad assomigliaresempre piu ad una gaussiana di valor medio μ = Np e varianza σ2 = Npq.