L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA...

8
la bilancia 25 Febbraio 2007 Diffusione Gratuita Convegno sulla legalità; Quale riforma del processo del lavoro? Filiazione naturale Indulto: un percorso ad un solo binario 2 3 4 5 Anno II N. 1 – nuova serie Si è tenuto venerdì' 02 febbraio 2007 presso l’Hotel San Paolo al Convento di Trani, un Convegno con la partecipazione di importanti ed illustri giuristi e docenti per la presentazione del volume del Prof. Alfredo GAITO dal titolo: La nuova disciplina delle impugnazioni dopo la “legge Pecorella”. L’argomento trattato, di particolare attualità, ha interessato i penalisti e non solo per gli importanti sviluppi che ne derivano dalla nuova normativa. Si fa presente che la Corte Costituzionale, con sentenza del 6 febbraio 2007 n. 26 (successivamente a questo convegno) ha dichiarato incostituzionale l’art. 1 della “Legge Pecorella” (L. 46/2006) che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento ed ha, altresì, ritenuto illegittimo il successivo art. 10 nella parte in cui prevedeva che sia dichiarato inammissibile l’appello proposto dal P.M. contro una sentenza di proscioglimento prima dell’entrata in vigore della legge suddetta. I lavori sono stati presieduti nella prima giornata dalla Prof.ssa Marzia FERRAIOLI, Continua a pag. 8 Incontro culturale organizzato dagli Avvocati di Trani in collaborazione con la Facoltà di Giurisprudenza di Bari Contro il “Decreto Bersani” noi Avvo- cati ci siamo astenuti dalle attività difensive durante le udienze per tantissimi giorni anche se il Governo ed il Ministro Bersani hanno letteralmente ignorato la protesta, evidentemente convinti che tutti i mali del Belpaese potevano essere risolti liberaliz- zando le tariffe degli Avvocati. Non è questa la sede per fare valutazioni sulla validità delle nuove disposizioni legi- slative, pertanto mi limito ad alcune consi- derazioni e a formulare delle domande per le quali spero di ottenere sagge risposte. Innanzitutto ricordo che nella mia città, quando ero ragazzo, c’erano dieci farmacie, cinque studi notarili e meno di venti avvo- cati. Oggi ci sono dieci farmacie, cinque studi notarili e circa duecento avvocati. Francamente mi sfugge qualcosa sul metodo adottato per procedere alle cosid- dette liberalizzazioni delle professioni. Purtroppo si deve prendere atto del fallimento della protesta degli Avvocati e la impossibilità degli stessi di farsi valere tramite un autorevole organismo rappre- sentativo che li tuteli, ad esempio, anche rispetto alla quotidiana disfunzione degli Uffici Giudiziari causata non sempre da oggettive ed impreviste situazioni ma anche dalla superficialità ed a volte ineducazione di qualche dipendente che dimentica di essere stato assunto e di essere pagato per servire lo Stato e cioè gli utenti. Che dire poi del sistema adottato in tutti gli Uffici Giudiziari del nostro Paese del “rinvio di ufficio” comunicato a mezzo bigliettino affisso fuori dell’aula la mattina dell’udienza stessa? Sono tali e tante le mancanze di rispetto che subiamo passivamente e costantemente al punto da esserci abituati e rassegnati. Per noi non esiste alcuna tutela! Né conviene protestare singolarmente: sarebbe una grave iattura per le conseguen- ze che ne potrebbero derivare... Per cui, non essendoci un organismo unitario autorevole che sia in grado di tutelare i nostri più elementari diritti, l’Avvocato resta… senza difensore. Né gli Ordini degli Avvocati, così come strutturati, sono abilitati a svolgere attività sindacale per tutelare la categoria e l’On.le Bersani o magari un ingegnere o un far- macista o un medico sono tranquillamente abilitati a decidere a proprio piacimento - magari col suggerimento dell’amico po- litico di turno - le nostre sorti. Ma forse gli Ordini degli Avvocati devono assumere ufficialmente il potere di rappresentare e far valere le esigenze della categoria, non più limitandosi ad espletare le mere funzioni istituzionali. Speriamo che i tanti soldi che periodi- camente conferiamo alla Cassa Forense non prendano altre strade, anche se io temo fondatamente che prima o poi un Governo sempre più affamato di soldi ci sottrarrà con destrezza questa disponibilità, magari con un decreto d’urgenza e noi come al solito ci limiteremo soltanto a prenderne atto perché… così è se vi pare! A.B. L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA GLI ORDINI? L’UTILITA’ DELLE SCUOLE FORENSI PER I PRATICANTI Dopo aver seguito corsi, a seconda dei casi, con il vecchio o il nuovo ordinamento o Corsi di Laurea 3 + 2 o 4 + 1 con i vari bonus e punti (C.F.U.) frutto di geniali quanto discutibili idee di riforma che finora hanno ottenuto solo esiti disastrosi ai danni degli studenti, final- mente arriva il bel giorno della Laurea in Giurisprudenza. Ed ecco che il neo-laureato in Giurisprudenza, o in qualcosa di simile, I praticanti avvocati del primo anno della Scuola Forense di Trani. - dichiarata parzialmente incostituzionale con sentenza del 6 febbraio 2007 – speranza che possa essere utile nell’immediato futuro, i neolaureati in Giurisprudenza frequen- tano la Scuola Forense, i cui docenti devono caricarsi di grande pazienza ed umiltà, per insegnare ai ragazzi a scrivere gli atti e ad usare i codici (perché all’Università delle riforme non si insegna il metodo di studio) e cercare - con una terminologia sì tecnica ma altrettanto chiara e quindi facilmente accessi- bile - di illustrare gli istituti giuridici più importanti ricordandosi di fare tanti esempi, rischiando diversamente di lasciare perplessità nei giovani laureati che accettano di frequen- tarla. Insomma la Scuola Forense ha un senso soltanto se può essere utile a porre riparo, almeno in parte, alle notevoli lacune dei corsi di Laurea delle Università italiane che finiscono per esser soltanto un “esamificio” invece che un luogo di apprendimento e di crescita socio- culturale. A questo proposito ritengo di poter dire, senza tema di smentita, che la Scuola Forense di Trani si sia rivelata tra le più apprezzate in tutto il territorio nazionale perché è riuscita ad offrire ai ragazzi un buon supporto per la preparazione agli esami di avvocato ed anche per la professione. L’invito che si può rivolgere a tutti i colleghi è di non emarginare i giovani praticanti che invece vanno protetti e soprat- tutto messi nelle condizioni di dare un senso ai loro sacrifici, mantenendo vivo l’entusiasmo giovanile. Sono loro infatti che potranno con- tribuire fattivamente alle riforme vere ed effi- caci che da tempo tutti gli utenti attendono invano. E allora, largo ai giovani! Si, non dobbiamo avere alcun timore che i nostri giovani possano togliere spazio; dob- biamo invece augurarci che essi, con il loro grande entusiasmo, trovino nei colleghi meno giovani dei seri riferimenti e abbiano al tempo stesso la comprensione e l’ammirazione da parte di questi ultimi. Proviamo pertanto ad offrire ai ragazzi tutte le nostre conoscenze ed esperienze per far sì che nella società delle liberalizzazioni e delle contraddizioni essi possano far luce fra le tante ombre che stanno offuscando anche gli ambienti forensi e colla- borino, con le loro nuove idee, a riorganizzare la nostra professione. Antonio Belsito molto spesso dimostra di non saper scrivere tecnicamente o comunque di non avere la più pallida idea di come vadano utilizzati i termini giuridici relativamente ad un atto o anche ad una semplice lettera. Ad ogni buon conto, i nostri validi praticanti hanno assoluta necessità di essere seguiti e sono sempre alla ricerca di qualcuno che abbia pazienza di aiutarli, par- tendo quasi dall’abecedario. Soprattutto nella

Transcript of L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA...

Page 1: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia25 Febbraio 2007 Diffusione Gratuita

Convegno sulla legalità;

Quale riforma delprocesso del lavoro?

Filiazione naturale

Indulto: un percorso adun solo binario

2345

Anno II N. 1 – nuova serie

Si è tenuto venerdì' 02 febbraio 2007 presso l’Hotel San Paolo al Convento di Trani,un Convegno con la partecipazione di importanti ed illustri giuristi e docenti per lapresentazione del volume del Prof. Alfredo GAITO dal titolo: La nuova disciplina delleimpugnazioni dopo la “legge Pecorella”.

L’argomento trattato, di particolare attualità, ha interessato i penalisti e non solo pergli importanti sviluppi che ne derivano dalla nuova normativa.

Si fa presente che la Corte Costituzionale, con sentenza del 6 febbraio 2007 n. 26(successivamente a questo convegno) ha dichiarato incostituzionale l’art. 1 della “Legge Pecorella” (L. 46/2006) che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di proporreappello contro le sentenze di proscioglimento ed ha, altresì, ritenuto illegittimo ilsuccessivo art. 10 nella parte in cui prevedeva che sia dichiarato inammissibile l’appelloproposto dal P.M. contro una sentenza di proscioglimento prima dell’entrata in vigoredella legge suddetta.

I lavori sono stati presieduti nella prima giornata dalla Prof.ssa Marzia FERRAIOLI,

Continua a pag. 8

Incontro culturale organizzato dagli Avvocati di Traniin collaborazione con la Facoltà di Giurisprudenza di Bari

Contro il “Decreto Bersani” noi Avvo-cati ci siamo astenuti dalle attività difensivedurante le udienze per tantissimi giornianche se il Governo ed il Ministro Bersanihanno letteralmente ignorato la protesta,evidentemente convinti che tutti i mali delBelpaese potevano essere risolti liberaliz-zando le tariffe degli Avvocati.

Non è questa la sede per fare valutazionisulla validità delle nuove disposizioni legi-slative, pertanto mi limito ad alcune consi-derazioni e a formulare delle domande perle quali spero di ottenere sagge risposte.

Innanzitutto ricordo che nella mia città,quando ero ragazzo, c’erano dieci farmacie,cinque studi notarili e meno di venti avvo-cati.

Oggi ci sono dieci farmacie, cinque studinotarili e circa duecento avvocati.

Francamente mi sfugge qualcosa sulmetodo adottato per procedere alle cosid-dette liberalizzazioni delle professioni.

Purtroppo si deve prendere atto delfallimento della protesta degli Avvocati ela impossibilità degli stessi di farsi valeretramite un autorevole organismo rappre-sentativo che li tuteli, ad esempio, ancherispetto alla quotidiana disfunzione degliUffici Giudiziari causata non sempre daoggettive ed impreviste situazioni ma anchedalla superficialità ed a volte ineducazionedi qualche dipendente che dimentica diessere stato assunto e di essere pagato perservire lo Stato e cioè gli utenti.

Che dire poi del sistema adottato intutti gli Uffici Giudiziari del nostro Paesedel “rinvio di ufficio” comunicato a mezzobigliettino affisso fuori dell’aula la mattinadell’udienza stessa?

Sono tali e tante le mancanze di rispettoche subiamo passivamente e costantementeal punto da esserci abituati e rassegnati.Per noi non esiste alcuna tutela!

Né conviene protestare singolarmente:sarebbe una grave iattura per le conseguen-ze che ne potrebbero derivare.. .

Per cui, non essendoci un organismounitario autorevole che sia in grado ditutelare i nostri più elementari diritti,l’Avvocato resta… senza difensore.

Né gli Ordini degli Avvocati, così comestrutturati, sono abilitati a svolgere attivitàsindacale per tutelare la categoria e l’On.leBersani o magari un ingegnere o un far-macista o un medico sono tranquillamenteabilitati a decidere a proprio piacimento- magari col suggerimento dell’amico po-litico di turno - le nostre sorti. Ma forsegli Ordini degli Avvocati devono assumereufficialmente il potere di rappresentare efar valere le esigenze della categoria, nonpiù limitandosi ad espletare le mere funzioniistituzionali.

Speriamo che i tanti soldi che periodi-camente conferiamo alla Cassa Forensenon prendano altre strade, anche se io temofondatamente che prima o poi un Governosempre più affamato di soldi ci sottrarràcon destrezza questa disponibilità, magaricon un decreto d’urgenza e noi come alsolito ci limiteremo soltanto a prenderneatto perché… così è se vi pare!

A.B.

L’Avvocato senza difensore

SERVONO ANCORAGLI ORDINI?L’UTILITA’ DELLE SCUOLE FORENSI PER I PRATICANTI

Dopo aver seguito corsi, a seconda dei casi,con il vecchio o il nuovo ordinamento o Corsidi Laurea 3 + 2 o 4 + 1 con i vari bonus e punti(C.F.U.) frutto di geniali quanto discutibiliidee di riforma che finora hanno ottenuto soloesiti disastrosi ai danni degli studenti, final-mente arriva il bel giorno della Laurea inGiurisprudenza. Ed ecco che il neo-laureatoin Giurisprudenza, o in qualcosa di simile,

I praticanti avvocati del primo anno della Scuola Forense di Trani.

- dichiarata parzialmente incostituzionalecon sentenza del 6 febbraio 2007 –

speranza che possa essere utile nell’immediatofuturo, i neolaureati in Giurisprudenza frequen-tano la Scuola Forense, i cui docenti devonocaricarsi di grande pazienza ed umiltà, perinsegnare ai ragazzi a scrivere gli atti e adusare i codici (perché all’Università delleriforme non si insegna il metodo di studio) ecercare - con una terminologia sì tecnica maaltrettanto chiara e quindi facilmente accessi-bile - di illustrare gli istituti giuridici piùimportanti ricordandosi di fare tanti esempi,rischiando diversamente di lasciare perplessitànei giovani laureati che accettano di frequen-tarla. Insomma la Scuola Forense ha un sensosoltanto se può essere utile a porre riparo,almeno in parte, alle notevoli lacune dei corsidi Laurea delle Università italiane che finisconoper esser soltanto un “esamificio” invece cheun luogo di apprendimento e di crescita socio-culturale.

A questo proposito ritengo di poter dire,senza tema di smentita, che la Scuola Forensedi Trani si sia rivelata tra le più apprezzate intutto il territorio nazionale perché è riuscitaad offrire ai ragazzi un buon supporto per lapreparazione agli esami di avvocato ed ancheper la professione. L’invito che si può rivolgerea tutti i colleghi è di non emarginare i giovanipraticanti che invece vanno protetti e soprat-tutto messi nelle condizioni di dare un sensoai loro sacrifici, mantenendo vivo l’entusiasmogiovanile. Sono loro infatti che potranno con-tribuire fattivamente alle riforme vere ed effi-caci che da tempo tutti gli utenti attendonoinvano.

E allora, largo ai giovani!Si, non dobbiamo avere alcun timore che

i nostri giovani possano togliere spazio; dob-biamo invece augurarci che essi, con il lorogrande entusiasmo, trovino nei colleghi menogiovani dei seri riferimenti e abbiano al tempostesso la comprensione e l’ammirazione daparte di questi ultimi. Proviamo pertanto adoffrire ai ragazzi tutte le nostre conoscenze edesperienze per far sì che nella società delleliberalizzazioni e delle contraddizioni essipossano far luce fra le tante ombre che stannooffuscando anche gli ambienti forensi e colla-borino, con le loro nuove idee, a riorganizzarela nostra professione.

Antonio Belsito

molto spesso dimostra di non saper scriveretecnicamente o comunque di non avere la piùpallida idea di come vadano utilizzati i terminigiuridici relativamente ad un atto o anche aduna semplice lettera. Ad ogni buon conto, inostri validi praticanti hanno assoluta necessitàdi essere seguiti e sono sempre alla ricerca diqualcuno che abbia pazienza di aiutarli, par-tendo quasi dall’abecedario. Soprattutto nella

Page 2: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia2

Quando la CoppiaSCOPPIASeparazioni e divorzi sono inpreoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta dall’Eures nel 2006ha messo in luce che in Italia dal1975 al 2005 c’è stata una diminu-zione dei matrimoni (-32,4%) e chela celebrazione con rito religioso èin declino (-24%), ma soprattuttoche nel 2004 su circa 250 mila ma-trimoni si sono registrate 83.179separazioni e 45.097 divorzi, paricioè ad un terzo. Questi dati sonostati illustrati dal dott. Luciano Via-na, presidente federazione PiemonteConsultorio familiare d'ispirazionecristiana, nel corso di un convegnosvoltosi presso l’Epass di Biscegliesul tema: “La coppia tra crisi eopportunità”. L’età media dello spo-so è di 33,7 anni mentre quella dellasposa e di 30,6 anni mentre il piccodelle separazioni avviene fra il terzoe quinto anno di matrimonio, cosìcome altri studi hanno affermatoche la convivenza non influisce sulla

stabilità matrimoniale. Il dott. An-tonio Di Gioia, direttore del consul-torio familiare Epass di Bisceglie,ha sostenuto che vi è stato dal 2004al 2006 un notevole aumento delleconsulenze per i problemi di coppia(da 100 a 160) e che le tipologievedono al primo posto la difficoltàdi comunicazione, seguita dalla di-minuita condivisione (quando il“noi” nella coppia si riduce),l’infedeltà coniugale, gli abusi diviolenza intra-familiare ma ancheproblemi economici, i disagi nellasfera sessuale e le aspettative deluse.Molte coppie si rivolgono al Tribu-nale Ecclesiastico Regionale per

I dati 2006 del Tribunale Ecclesiastico Regionale e dell’Eures

tentare di ottenere la sentenza dinullità del matrimonio. Nel 2006sono state presentate ben 264 do-mande che vedono l’esclusione dellaprole tra i motivi di nullità. Il datoè stato riferito da don Luca Murolo,presidente del Tribunale Ecclesiasti-co Regionale. “Quando due giovanisi sposano senza l’intenzione quelmatrimonio è invalido, privo di sa-cramento, all’insegna del vediamocome va – dice don Murolo – nonè una caso se abbiamo avuto richie-ste per matrimoni celebrati appenasette giorni prima mentre la mediadella crisi va dai 5 ai 6 anni, perquesto io esorto spesso parroci e

vescovi a metterci in discussionecome Chiesa, a rendersi conto a chisi concede il nulla osta, perché èdiffusa la mancanza di maturità”.Perché si chiede la nullità del ma-trimonio ? Dai fascicoli del Tribu-nale spicca “l’urgenza di una nuovarelazione”. All’incontro culturale,che ha focalizzato un fenomenoimportante e non sottovalutabiledella società odierna e che è statomoderato dal dott. Giuseppe Acqua-viva (presidente dell’Ente Epass),è intervenuta anche la dott.ssa Vin-cenza Di Franco, responsabile delConsultorio familiare della AuslBat/1, che nel convegno ha tracciatoun excursus storico sull’origine ditale struttura istituita nel lontano1981 dal Comune con il personaledell’ex disciolto Onmi, sottolinean-done la sua funzione nell’assistenzapsicologica e nell’educazione sociosanitaria.

Luca De Ceglia

Nullità del contratto di negoziazione per violazionial dovere di diligenza specifica

Nell’ambito del rapporto tra intermediario e cliente la violazione di norme imperative, inderogabilidalla volontà delle parti private, poste a presidio di valori, comporta che “tutto ciò che sia programmatoo compiuto in contrasto con essi è interamente nullo, necessariamente estendendosi la illiceità dellacondotta all’atto compiuto, non potendo l’ordinamento tutelare l’autonomia privata nel momentoin cui persegue interessi che contrastano con valori socialmente rilevanti e per i quali ha posto ildivieto di operare” soprattutto quando l’atto venga compiuto contro il divieto legale senza ipotesidi nullità cosiddette virtuali, proprio perché non necessitano di espresse comminatorie di legge – afronte di quelle testuali di cui all’art. 1418 cod. civ. secondo e terzo comma – semprechè il controllodella natura della disposizione violata porti a verificare che l’interesse sotteso sia pubblico e nonprivato.

Tribunale Trani, sez. civile, sentenza 10.05.2006 n. 451Pres. - Relatore LOVECCHIO

Opposizione a verbale di contravvenzione - Nullità dell’accertamentoCon la legge 273/91 e con le norme tecniche internazionali Uni 30012 viene previsto l'obbligo

di effettuare la c.d. "taratura" su tutte le apparecchiature elettroniche di misurazione, nella cui categoriaviene certamente annoverato l'autovelox. Non di poco conto è considerato il comportamento dellaP.A. convenuta che, nella fattispecie, non comparendo in giudizio, non ha confutato l'assunto dicontroparte di mancata attendibilità dell'apparecchiatura denominata "VELOMATIC 512” (103/B),limitandosi la stessa a produrre soltanto, depositandola in Cancelleria, una memoria difensiva, senzaneanche provvedere alla trasmissione degli atti relativi all’accertamento. In mancanza di regolarecertificazione di taratura, le risultanze scaturite dal VELOMATIC 512 non possono essere consideratecome sufficienti fonti di prova della violazione contestata e, pertanto, il verbale in contestazioneviene annullato.

Giudice di Pace Bisceglie, sentenza 09/10/2006 n. 672Giudice GRITTANI

“La legalità, impegno comune: idee e percorsi” è stato il tema delconvegno organizzato da Azione Cattolica, con il patrocinio del Comunedi Bisceglie, svoltosi il 3 febbraio presso l’auditorium dell’Epass a Biscegliein cui sono intervenuti il dott. Nicola Barbera, procuratore capo dellaRepubblica di Trani; il dott. Vincenzo Speranza, questore di Bari; donRaffaele Sarno, cappellano del carcere di Trani e il sindaco avv. FrancescoSpina. Un invito ad osservare la Costituzione italiana, “carta laica emassima espressione delle regole della legalità che fissa i valori del nostropopolo e che dev’essere insegnata in tutte le scuole”, è venuto dal procuratoreBarbera, secondo cui “non bisogna tollerare le prevaricazioni, la legalitàè nella vita di tutti i giorni, nell’esercizio del rispetto del diritto degli altri”.Il capo della Procura ha fatto cenno alle famiglie disagiate che non possonodedicare tutte le cure ai propri figli, sostenendo che “le altre famigliedevono cercare di essere da esempio per i meno fortunati, osservare leregole della convivenza costa sacrifici ma il rispetto del diritto altrui èfondamentale, la propria libertà finisce dove c’è quella dell’altro”. Ilquestore di Bari, dott. Vincenzo Speranza, ha ricordato le parole del giudiceGiovanni Falcone (“criminalità e Stato camminano su due rette parallele,ma lo Stato è più forte… quando vuole”) per sottolineare che la culturadella legalità è raggiungibile con il convincimento e l’impegno concretodi tutti, soffermandosi brevemente sulla triste storia dell’ispettore FilippoRaciti ucciso negli scontri tra polizia e teppisti allo stadio Catania. Ilsindaco Spina ha confermato l’interesse che il tema della legalità rivesteper la collettività e stigmatizzato “la violenza verbale nella politica cheinnesca meccanismi incontrollabili”. Inoltre un’esperienza del mondocarcerario l’ha portata don Raffale Sarno, direttore della Caritas e cappellanodel penitenziario di Trani. “Nella pratica quotidiana le contraddizioni sonotante, si guarda al carcere come luogo detenzione e basta, i percorsi di

reinserimento previsti molto dipendono dalla discrezione di un magistrato,di un’èquipe, il sistema sanzionatorio va rivisto – ha asserito don Sarno– c’è un problema di accesso ai diritti, non tutti i cittadini lo hanno e lasocietà deve favorire il cammino dei detenuti, il loro reinserimento”. Masecondo il questore Speranza “i percorsi alternativi esterni spesso sonodifficili, il lavoro va creato nelle carceri”. A far da moderatore è stato ildiacono Riccardo Losappio, direttore della commissione diocesana per lecomunicazioni sociali, il quale ha lanciato un interrogativo: “non è forseil caso di un recupero dei dieci comandamenti?”.

Luca De Ceglia

Convegno sulla legalità svoltosi a Bisceglie

UN IMPEGNO CORALE PER ILRISPETTO DELLA LEGGE

UN IMPEGNO CORALE PER ILRISPETTO DELLA LEGGE

GIURISPRUDENZA LOCALE

Da sinistra don Sarno, il Procuratore Barbera, il Sindaco Spina, ilQuestore Speranza e il moderatore Losappio.

Page 3: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

che non ha prodotto alcun risultato positivo,contrariamente a quanto sperato.

Il numero dei magistrati del lavoro è palese-mente insufficiente perché prima tutti i Pretorisi occupavano (e bene) anche delle cause dilavoro e quasi in ogni città vi era una Pretura.Oggi poichè soltanto presso le sedi dei Tribunalivi è la sezione lavoro (in Puglia ad es. ce nesono soltanto sei), i processi in primo gradofiniscono per durare mediamente fra i tre ed isei anni.

Il processo del lavoro, seppur nel rispettorigoroso delle regole processuali, deve esserepiù snello e aderente alle esigenze della società,deve garantire i diritti delle parti impedendo almagistrato di poter disporre illimitatamente deipoteri istruttori (così come attualmente spessoavviene con l’abuso di quanto disposto dall’art.421 c.p.c., norma scritta in modo ambiguo tantoda mettere in discussione l’imparzialità dellostesso Giudice).

Dalle nostre parti potrebbe andar bene trovareuna forma per rendere più celeri i giudizi intema di impugnativa di licenziamento (noncostringendoci più all’utilizzo dello strumentoprocessuale ex art. 700 c.p.c.) e nel contempooffrire serie garanzie atte a contenere i poteriistruttori del magistrato. Delle due l’una: o ilprocesso del lavoro resta un giudizio civile equindi sono le parti che devono formulare esollecitare l’attività istruttoria o, altrimenti,bisogna delegare la stessa interamente al magi-strato che, a quel punto, dovrà esercitare i suoipoteri istruttori anche con metodo suppletivo,così come previsto nel processo penale dall’art.507 c.p.p..

E’ necessario ridimensionare i conflitti, in-tervenendo con più chiarezza nel diritto sostan-ziale del lavoro, attenti alle esigenze sia socialiche economiche. Per quanto concerne i cd. filtricondivido l’affermazione che “futuro ènell’arbitrato”, ma non si può non tener contoche per le controversie di lavoro oggi vi è ancoramolta diffidenza verso il Giudice privato e civorranno anni per questa innovazione.

L’arbitrato, per essere utile nel contenziosodel lavoro, deve essere libero, stabile e conve-niente (come sostenuto dal Prof. A. Vallebonanel suo intervento) in quanto l’eccessivo for-malismo a cui, ad esempio, è legata la preventivascelta degli arbitri, non stimolerebbe le parti aricorrere a tale Giudice privato che, peraltro,in queste controversie percepisce un compensosimbolico. Il procedimento arbitrale svoltocelermente senza formalismi potrebbe esseresicuramente più interessante.

Sono invece convinto che, nel riscrivere leregole del processo del lavoro, si possa trovareun sistema che disponga, innanzitutto per ilprocesso previdenziale, di essere celebrato damagistrati diversi dal Giudice del lavoro, magariaffiancati da consulenti medici che potrebberoessere anche Giudici onorari e quindi, invecedi spendere tantissimi soldi per le innumerevoliconsulenze tecniche, si potrebbe avere un col-legio giudicante competente che risolverebbenon pochi problemi.

la bilancia 3

Sono state presentate due proposte di riformadel processo del lavoro, disegni di legge n. 1047(On.li Salvi-Treu) e n. 1163 (On.le Sacconi).

La prima proposta vorrebbe garantire unaqualche celerità alle controversie per i licenzia-menti ed i trasferimenti con un ennesimo nuovorito sommario che si concluda con una ordinanzaappellabile.

Questa riforma contemplerebbe la possibilità,da parte del Giudice, di nominare un conciliatoreper tentare la definizione bonaria della contro-versia.

La proposta di legge dell’On.le Sacconiprevede, altresì, una riforma del processo dellavoro diretta innanzitutto ad incidere sul note-vole contenzioso esistente in materia, attraversola limitazione dell’esame giudiziale al soloaccertamento dei presupposti di legge, senzadovere valutare nel merito le scelte datoriali,così incentivando il ruolo della certificazionedei contratti di lavoro e la devoluzione ad arbitridella soluzione delle relative controversie.

Questa proposta elimina anche il tentativoobbligatorio di conciliazione e determina in120 giorni il termine di decadenza per proporreil ricorso giudiziale dell’impugnazione dellicenziamento.

Il recente convegno tenutosi a Roma il19/12/2006, organizzato da ADAPT e dalCentro Studi Internazionali e comparati “MarcoBiagi” per esaminare le due proposte di legge,ha fatto emergere che, prima ancora di parlaredi riforma, sarebbe necessario riorganizzare lestrutture giudiziarie e, nel caso di specie, innan-zitutto distinguere le controversie di lavoro daquelle previdenziali, poiché quest’ultime, inparticolare nel meridione, superano notevol-mente le prime, rendendo quindi gravoso ilcompito dei relativi uffici giudiziari. E’ emerso,inoltre, come il fallimento del tentativo obbli-gatorio di conciliazione pone in risalto la ne-cessità di creare una vera alternativa alle con-troversie in sede giudiziaria, attraversol’arbitrato.

Tuttavia, così come saggiamente ha eviden-ziato un grande Maestro del diritto del lavoro(Cfr. intervento del Prof. Mattia Persiani alconvegno in Roma del 19/12/2006) non si potràsperare in un qualche successo dell’arbitrato setale procedimento non risulti una effettiva al-ternativa a quello giurisdizionale, con una formapiù semplice e più celere, di modo che le partipossano scegliere o la via giurisdizionale coni suoi tempi e le sue garanzie o quelladell’arbitrato, diversa perché decisamente piùsnella.

L’attuale struttura del processo del lavoronon ha prodotto e non produce gli effetti sperati,soprattutto perché quel rito non viene assoluta-mente rispettato. Non vi è dubbio che questoparticolare processo debba rimanere corretta-mente ispirato ai principi chiovendiani.

Tuttavia il processo del lavoro - studiatoquale vestito per il Pretore mandamentale infunzione di Giudice del lavoro, presente in tuttele Preture - non poteva risultare ancora validoa seguito della ristrutturazione operata nel 1999,

D’altronde quasi sem-pre il Giudice previden-ziale si limita a riportarsia quanto deciso dal C.T.U.,ma le cause previdenzialisono tantissime per cuiquando si confondono conquelle di lavoro non si hapiù l’esatta cognizione delnumero effettivo dellecontroversie.

Bisognerà, altresì, tener conto del fallimentodel tentativo obbligatorio di conciliazione chenon ha prodotto neanche minimamente gli effettisperati atteso che, presso la Direzione Provin-ciale del Lavoro, si formalizzano transazionigià concordate in precedenza e comunque quelleche sostanzialmente venivano definite in talesede anche prima dell’ introduzionedell’obbligatorietà del tentativo, risultato inutileanche per le controversie nel Pubblico Impiego.

Credo, insomma, che bisognerebbe avere ilcoraggio di distinguere nettamente il Giudicedel lavoro da quello della previdenza, perchésoltanto in tal modo si capirebbe effettivamentequali e quante cause vengono affidate al singolomagistrato, così che il Giudice del lavoro ter-rebbe le sue udienze soltanto per tali controver-sie e forse potrebbe celebrarle nel rispetto deldisposto dell’art. 420 c.p.c., non dovendo dedi-care il suo tempo anche alle cause previdenziali.

Da ultimo non posso non rilevare che per

Nel difficile contesto di ipercritica che pervade il processo del lavoro, caratterizzato dalsalomonico allungamento dei tempi processuali, si collocano i progetti di riforma n. 1047 en. 1163, rispettivamente degli On.li Salvi – Treu, il primo e dell’On.le Sacconi il secondo.

Al fine di conferire celerità alle controversie di lavoro sono stati previsti strumenti alternativialla giustizia ordinaria, già sperimentati con ampio margine di successo in altri paesi Europeicon le a.d.r. (alternative dispute resolution).

Il disegno di legge n. 1047, presentato al Senato il 28 settembre 2006, è essenzialmenteincentrato su cinque punti fondamentali:

1) la semplificazione del procedimento, reso più fluido non solo mediante l’abbandono dieccessivi formalismi, ma anche con la promozione della volontarietà (a discapitodell’obbligatorietà) del tentativo di conciliazione, attuabile però solo verso talune tipologiedi controversie;

2) la sommarietà delle procedure d’urgenza, di competenza del Tribunale, definite conordinanza reclamabile in appello nel termine di centoventi giorni, previsto a pena di decadenza,decorso il quale la pronuncia diventerà irrevocabile;

3) l’istituzione di appositi albi di Conciliatori ed Arbitri presso ogni sede di Tribunale, inprevisione delle nuove procedure di conciliazione ed arbitrato;

4) l’onere della prova, gravante sul solo datore di lavoro, tesa a dimostrare il numero deidipendenti in azienda ed i motivi che hanno condotto al provvedimento espulsivo;

5) la deflazione del contenzioso anche in materia previdenziale ed assistenziale attraversol’inserimento di due nuovi articoli nel codice di procedura civile.

Il disegno di legge n. 1163 del 14 novembre 2006 si propone di conferire maggiore certezzaalle qualificazioni convenzionali, attraverso l’incentivazione dell’istituto della Certificazionedei contratti di lavoro prevista dalla legge Biagi. Si punta prevalentemente sull’ampliamentodei poteri delle Commissioni di Certificazione - istituite presso gli Enti bilaterali, le DirezioniProvinciali del Lavoro, le Università pubbliche e private ed i Consigli provinciali dei consulentidel lavoro - concepite, nella logica del legislatore, come terze, imparziali ed autorevoli, ancheabilitate ad esperire il tentativo di conciliazione nelle Direzioni Provinciali del Lavoro, le sedisindacali dinanzi alle Camere Arbitrali. Nel mandato conferito a queste ultime dalle partidovranno essere indicati: il termine per l’emanazione del lodo; le norme che la commissionedovrà applicare per giungere alla decisione di merito; i principi generali dell’ordinamento cuisi dovrà far riferimento per pervenire ad una decisione nel rispetto dei principi di equità.

Il lodo - che unitamente all’intero istituto dell’arbitrato è stato oggetto di riforma - avràefficacia di titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. e sarà impugnabile in unico grado solo per queivizi che possano aver intaccato la manifestazione di volontà negoziale delle parti o degli arbitri.

In tema di tentativo obbligatorio di conciliazione l’art. 5 del disegno di legge modifica l’art.410 c.p.c. e introduce altri validi meccanismi tesi ad anticipare le ragioni poste a fondamentodelle domande affinchè siano aumentate le possibilità di mediazione.

Gli incentivi per chi desidera ricorrere alla via conciliativa, non più obbligatoria, si sostanziano:1) nella valutazione comparata del comportamento tenuto dalle parti durante l’esperimento

del tentativo di conciliazione compiuta dal Giudice in sede di decisione su un provvedimentodi condanna o di quantificazione delle spese processuali;

2) nel beneficio dell’abbattimento, nella misura del 50% dell’aliquota applicata per il calcolodei contributi di previdenza e assistenza sociale e della ritenuta ai fini dell’imposta sul reddito,su ciò che è stato quantificato in sede di conciliazione a favore della lavoratrice o del lavoratore.

Sicuramente apprezzabile è la ratio che le due proposte di riforma sottendono, improntataal perseguimento dei principi di equità, celerità ed efficienza nel pieno rispetto dell’economiaprocessuale, anche se, prima di qualsiasi valutazione di merito, converrà attendere l’eventuale“prova sul campo” nelle aule di Giustizia.

Clarenza Binetti

Scheda tecnicadei disegni di riforma del processo del lavoro

l’attuazione del processo penale sono stateinvestite ingenti somme di danaro a volte consprechi eccessivi ed ingiustificati mentre, peril processo del lavoro, stante la convinzione dialcuni che queste controversie sarebbero dimi-nuite, se non addirittura finite, non sono statimai elargiti adeguati fondi, per cui la celebra-zione in un’unica udienza del processo dellavoro - che qualche antico Pretore ai primitempi aveva posto in essere - è diventata subitoun’utopia.

Nonostante i fatti abbiano clamorosamentesmentito qualsivoglia aspettativa, si continuaancora a raccontare cose non vere, senza averel’onestà intellettuale di riconoscere l’evidentedisservizio insito ormai nei nostri Tribunali,che ci si sforza di non voler vedere così come,dopotutto, si usa fare per l’anti-igenicità dellestrutture sanitarie italiane.

Antonio Belsito

QUALE RIFORMA DEL PROCESSO DI LAVORO?Riflessioni a marginedel convegno di Roma

Page 4: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia4

la bilanciaPeriodico di culturae di attualità forense

Anno II N. 1 Nuova serieFebbraio 2007

a cura della

Direttore ResponsabileLuca De Ceglia

Direttore EditorialeAntonio Belsito

in redazione:

Angela Napoletano, Mauran-tonio Di Gioia, Daniela Cer-vellera, Clarenza Binetti.

hanno collaborato:

Roberta Bruno, Felicia Papa-gni, Marcello Porcelli, MariaRosaria Ferrara, GiovannaFiore.e-mail: [email protected]

Stampa

L’EDITRICE SRL - FOGGIA

Registrato al Tribunale di Traniil 9/10/2006 n. 14/06

ASSOCIAZIONE AVVOCATI BISCEGLIE

Con l'entrata in vigore della Costituzionenel 1948 si parla, per la prima volta, divalori quali la pari dignità dei coniugi,l'eguaglianza formale e sostanziale, la so-lidarietà e la democraticità. La famigliaassume una nuova configurazione, presen-tandosi come una formazione sociale ido-nea a consentire lo sviluppo della persona-lità di quanti ne fanno parte e, come tale,meritevole di tutela ex art. 2 Cost.

In quest'ottica acquista rilevanza giuri-dica, per la prima volta, anche la “famigliadi fatto”, in quanto anch'essa è "strumento"atto a realizzare la piena dignità dei suoimembri ed, in particolare, dei figli naturaliche non sono più considerati figli c.d. diserie B, ma valutati al pari dei figli natiall’interno del matrimonio per un senso diextrema iustitia nei confronti di una prolenon colpevole delle scelte dei genitori.

Sebbene il legislatore abbia cercato ilpiù possibile di equiparare i diritti ed idoveri dei figli nati fuori dal matrimonioa quelli dei legittimi, con la legge del 19maggio del 1975 n. 151, il principio delfavor legittimitatis emerge in alcuni aspettisia sul piano sostanziale che sotto il profiloformale, dato che le norme relative allafiliazione legittima sono raggruppate sottoil capo I del titolo VII mentre quelle sullafiliazione naturale sotto il capo II del me-desimo titolo.

Sostanzialmente si consideri come -sebbene i doveri dei genitori verso i figlie viceversa, segnino regole identiche - lacondizione di figlio naturale si acquista:a) attraverso l’espletamento dell’atto for-male di riconoscimento da parte del geni-tore (ex art. 250 cod.civ.) secondo il prin-cipio del favor veritatis, in quantol'attribuzione dello stato di figlio è consen-tita solo in presenza di un legame biologico;

b) attraverso la richiesta di dichiarazionegiudiziale di paternità o maternità (exart. 269 cod. civ.), chiesta al Tribunale,qualora il genitore si rifiuti di riconoscerecome proprio il figlio naturale; c) nelladichiarazione di adottabilità del minore.

Il riconoscimento può essere, ai sensidell’ art. 254 cod. civ., contenuto nell’attodi nascita con una dichiarazione contestualealla dichiarazione di nascita, sia essa tem-pestiva che tardiva (in quest’ultima ipotesil’atto sarà efficace dopo il procedimentodi rettificazione da parte del Tribunale chene dichiari la validità), ovvero effettuatoanche con una dichiarazione distinta daquella di nascita, posteriore alla stessa ma“apposita” ed inserita, mediante iscrizione,nel registro delle nascite che assicura laprova e la pubblicità dell’atto ex art. 451cod. civ. (Cass. Civ., Sez. I, 26 maggio2006, n. 12641).

Altre forme di riconoscimento, con cuiil figlio acquista rispettivamente lo statusdi figlio legittimo e di figlio naturale, è -

come disposto dall’art. 283 cod. civ. - l’attodi matrimonio dei genitori ovvero, ai sensidell’art. 256 cod. civ., il riconoscimentocontenuto in un testamento che, seppurrevocato, continua a mantenere i suoi effettipoiché il riconoscimento è un atto di naturairrevocabile.

Mentre la riforma del Diritto di famigliaaveva mantenuto il giudizio di delibazionein ordine all'ammissibilità dell'azione perla dichiarazione giudiziale di paternità omaternità (art. 274 cod. civ.), quale filtrovolto a limitarne l'esperimento in relazionea possibili abusi a tutela del preteso genitoree, secondo alcuni, anche a tutela della pacee dell'onore delle famiglie, storica apparela recentissima sentenza della Corte Costi-tuzionale del 10 febbraio 2006 n. 50 cheelimina dall’ordinamento la fasedell’ammissibilità nel giudizio di ricono-scimento della paternità naturale, dichia-rando incostituzionale l'articolo 274 cod.civ. non solo nel giudizio promosso dalfiglio naturale maggiorenne ma anche di

quello promosso nell'interesse dei figlinaturali minorenni.

Affinchè sia possibile valutare piena-mente le conseguenze dirompenti di questadecisione è sufficiente segnalare che, aseguito di questa pronunzia, vengono im-mediatamente a cadere tutti i procedimentiin corso davanti ai Tribunali ordinari e aiTribunali per i minorenni relativiall'ammissibilità dell'azione di paternitànaturale, con conseguente possibilità peri ricorrenti di azionare subito le loro pretesein sede di merito (attraverso l'immediatachiamata in giudizio del presunto padrenaturale con citazione o ricorso, a secondache l’azione sia esperita dal figlio naturalemaggiorenne o dall'altro genitore, se mi-norenne) e vengono di colpo dimezzati itempi per poter giungere alla sentenza chedichiara la paternità naturale, in manieratale da rendere responsabile al manteni-mento del figlio, in tempi ragionevoli, ilpresunto padre.

Felicia Papagni

FILIAZIONE NATURALEQuale riconoscimento per i figli nati da convivenza more uxorio

Con il contributo determinante dei do-centi della Scuola Forense Dott. LucianoGuaglione, Avv.ti Rosalba Gadaleta eGuido Operamolla, dei tutor Avv.ti Ma-rianna Catino, M.A. Marasciuolo, Oria-na Laboragine, Filippo Bottalico eGianluca Denora e del Collega Avv.Davide Storelli, Autore del Volume“Pareri motivati e atti giudiziari asse-gnati all’esame di avvocato”, cui va ilmio sentito ringraziamento, si è tenuto- dal 25 ottobre al 6 dicembre 2006 aPalazzo Caccetta, presso i locali dellaScuola Forense di Trani – il I Corso perla preparazione all’esame di Avvocato.Scopo dell’iniziativa era offrire ai pra-ticanti impegnati nella sessione di esamidel 12, 13 e 14 dicembre di abilitazioneall’esercizio della professione di avvo-cato, un momento di verifica della pre-parazione raggiunta, ma soprattutto diacquisizione di tecniche e metodologiedi redazione degli atti e dei pareri.Infatti, sulla scorta dell’ esperienza ma-turata, si è ritenuto fondamentale fornireai praticanti impegnati nelle prove scrit-te, non solo una preparazione giuridicadi buon livello, compito questo assoltoanche dalla pratica presso gli Studi edalla frequenza dei Corsi della ScuolaForense, quanto un metodo di analisidella traccia e di gestione del tempoassegnato per la redazione degli elabo-rati, non disgiunta dalla illustrazionedella tecnica espositiva delle argomen-tazioni giuridiche adottate a sostegnodella soluzione proposta nel compito.Tale impostazione metodologica ha in-contrato l’indubbio favore dei praticantiche hanno partecipato al corso nel nu-mero significativo di 50 iscritti.Il programma del Corso era articolatoin 18 incontri dedicati alla redazione ditre pareri di diritto civile, tre pareri di

Lusinghiero successo del Primo Corsodi preparazione all’esame di avvocato

diritto penale, un atto di diritto civile,uno di diritto penale ed uno di dirittoamministrativo, con successiva verificae correzione in aula.I temi affrontati, attraverso la redazionedi pareri e di atti – tra cui atto di cita-zione, memoria di costituzione, ricorsoal TAR, appello penale - hanno spaziatodai diritti reali alla separazione, dallaresponsabilità contrattuale al risarcimen-to del danno da provvedimento illegit-timo, dalla concorso esterno nel reatoassociativo alla legittima difesa, percitarne solo alcuni; a tal proposito nonva sottaciuto poi, che una delle tracceassegnate in sede di esame, era risultataesser stata specificamente affrontata etrattata in occasione delle simulazionisvolte durante il corso.L’impegno della Scuola Forense, quindi,e dei suoi Docenti e Tutor è quello diriproporre questa iniziativa in occasionedella prossima sessione di esami, conun programma più articolato ed in unarco di tempo più ampio, e tanto al finedi consentire una più approfondita va-lutazione degli elaborati ed un affina-mento delle tecniche di redazione degliatti e dei pareri.

La piena integrazione, quindi, del corsobiennale della Scuola Forense, con ilCorso di preparazione all’esame di Av-vocato sul piano della qualità dellaformazione e dell’efficacia del metodo,è una delle risposte che l’avvocaturaintende dare a quanti, politici e gover-nanti, con evidente malafede, ancoraraccontano la favola dell’avvocato chetramanda lo Studio al proprio figlio, digenerazione in generazione.I giovani che hanno partecipato al Cor-so, e che mi auguro con vivo compia-cimento possano presto essere annove-rati tra gli iscritti all’Albo degliAvvocati, saranno i migliori testimonidella vacuità di certe ingenerose accusemosse all’intero nostro ceto professio-nale che, al contrario, ha dimostrato disaper mettere in campo le migliori ener-gie intellettuali, non disgiunte da signi-ficative risorse materiali, al fine prima-rio di favorire un sempre più qualificatopercorso formativo dei giovani profes-sionisti al servizio dei cittadini ed atutela dei loro diritti.

Davide de GennaroDirettore della Scuola Forense di Trani

SCUOLAFORENSE

Via Fragata, 151 - Bisceglietel. 080.395 42 98

PasticceriaGelateria

BuffetPaninoteca

Page 5: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia 5

Con voto del Senato del 29 luglio2006 è stato approvato il disegno dilegge sull’indulto.

Il provvedimento generale di clemen-za, previsto dall’art. 174 del Codicepenale, si sostanzia in uno sconto dipena per tutti coloro che hanno com-messo reati, fino al 2 maggio 2006,puniti con pene detentive non superioriai tre anni e pene pecuniarie non supe-riori ad ¤ 10.000,00. Sono esclusi dalbeneficio i reati di terrorismo (compresal’associazione eversiva), strage, bandaarmata, schiavitù'9d, prostituzione mi-norile, pedo-pornografia, tratta di per-sone, violenza sessuale, sequestro, rici-claggio, produzione, traffico edetenzione di sostanze stupefacenti eusura. Non è neppure concedibile aicondannati per mafia, fatta eccezioneper chi ha violato l’art. 416 ter delCodice penale sul voto di scambio chepunisce la richiesta di voti alla mafiain cambio di denaro.

Originariamente concepito per ragionidi opportunità politica e pacificazionesociale, l’ordinaria introduzione di que-sto provvedimento ha finito per consen-tire lo sfoltimento periodico degli istitutipenitenziari, inidonei a contenere ilnumero esponenzialmente crescente didetenuti, costretti a convivere in condi-zioni disumane.

Prendendo spunto dall’accorato ap-pello di Papa Giovanni Paolo II ad adot-tare un “segno di clemenza” in occasio-ne dell’incontro tenuto con i due ramidelle Camere in seduta congiunta nelcorso della XIV legislatura, è stata pro-mulgata la legge 31 luglio 2006 n. 241,entrata in vigore il successivo 1 agosto,sulla concessione di indulto che, seppurvotata a larga maggioranza è stata ac-compagnata da feroci critiche e polemi-che provenienti da ogni parte politicae non solo.

Particolare avversione è stata espressadai partiti della Lega Nord e di AlleanzaNazionale ma, addirittura il leader delpartito Italia dei Valori, il Ministro edex magistrato Antonio Di Pietro, nonha nascosto le sue perplessità soprattuttoin riferimento all’elevato numero deireati che ne beneficiano.

Secondo quanto riferito dal Guarda-sigilli al Senato, nel corso dell’audizionedel 21 ottobre 2006, per effettodell’indulto sono stati scarcerati 17.455detenuti di cui solo 1.131 già godevadella semi-libertà, cioè durante il giornoerano già fuori dal carcere. Se si consi-dera che alla data del 15 novembre 2006i detenuti in carcere sono stati stimatinel numero di 39.176 è semplice capirequale sia stata la portata del provvedi-mento di clemenza, che ha di fatto snel-lito di circa il 40% la popolazione car-ceraria.

Quello che lascia alquanto perplessiè tuttavia la mancata previsione da partedel Parlamento dell’amnistia, visto chenel passato tutti i provvedimenti di in-dulto (17 nel periodo repubblicano)sono stati sempre accompagnati da

quest’ultima. La scelta di un percorsoche va su un solo binario non ha tenutoconto infatti delle implicazioni chel’indulto sta avendo sulla macchina giu-diziaria, parafrasando quanto osservatodal vicepresidente del Consiglio Supe-riore della Magistratura Nicola Mancinonel corso di una conferenza stampa.

A differenza dell’amnistia che, estin-guendo il reato, rende superfluol’accertamento della responsabilità equindi il processo, l’indulto elide solola pena inflitta presupponendo, pertanto,necessariamente la celebrazione delprocesso in tutte le sue fasi.

Si stima che un’aliquota prossimaall’80% dei procedimenti attualmentependenti per reati commessi sino al 2maggio 2006 si concluderà, in caso dicondanna, con l’applicazione di unapena interamente condonata, mentreoscilla solo tra il 3% ed il 9% il numerodei procedimenti concernenti reati noncoperti da indulto.

Sono questi i risultati della verificasulla situazione degli uffici giudiziariraccolti dall’Organo di Autogovernoattraverso l’audizione dei Presidentidelle Corti di Appello e dei ProcuratoriGenerali dei più grandi distretti del paese(Torino, Milano, Roma, Napoli e Paler-mo) al fine di adottare una risoluzionein merito.

A riscontro della nota del 12 settembre2006 del Ministro di Giustizia ClementeMastella, con la quale sollecitava ilConsiglio “ad assumere le eventualiiniziative di competenza per concorrerrea realizzare, nell’esercizio della giuri-sdizione, metodologie funzionali edefficaci per l’effettività della resa”,l’assemblea plenaria del C.S.M. conrisoluzione del 9 novembre 2006 haritenuto di non poter adottare alcunprovvedimento del genere che sarebbeincostituzionale in quanto “l’indicazionedi priorità vanificherebbe il principiodella obbligatorietà dell’azione penale”rendendo quindi necessario “un appro-priato intervento legislativo”. L’esigenzaposta dal ministro tuttavia esorbita ildisposto dell’art. 10, comma 2, dellaLegge 24 marzo 1958 n. 195 che con-sente al C.S.M. di fare proposte al Mi-nistro della Giustizia sulle modificazionidelle circoscrizioni giudiziarie e su tuttele materie riguardanti l’organizzazioneed il funzionamento dei servizi relativialla giustizia, nonché di dare pareri alministro sui disegni di legge concernentil’ordinamento giudiziario, l’ammini-strazione della giustizia e su ogni altrooggetto comunque attinente alle predettematerie”.

Purtroppo il provvedimento di indultoè divenuto oggetto solo di palleggiamen-ti di responsabilità tra schieramenti po-litici e certamente non può essere capitoda quanti sono state vittime di reati“indulgentemente” cancellati. Lasciamoil perdono alle coscienze degli uominigiusti e la certezza del diritto alla collet-tività.

Daniela Cervellera

INDULTOUN PERCORSO AD UN SOLO BINARIO

IMPRESA DI MOVIMENTO TERRAE LAVORI EDILI

Nunzio Di BisceglieVia degli Ortolani, 6 - 70052 BISCEGLIE

cell. 338/7618904

Ufficio S.S.16Km 770,30070052 Bisceglietel. 080 3951556cell. 337 931722

La Corte di Cassazione – Sezione Lavoro - con la sentenza n. 13045 del Giugno 2006,rigettava il ricorso della Cassa di Risparmio di Fermo che riteneva corretto il licenziamentoirrogato alla lavoratrice dipendente per raggiungimento di limiti di età, secondo quantostabilito dall’articolo 128 del CCNL di categoria.

La Suprema Corte, con la sentenza in questione, rilevava che “in tema di limiti allalibera licenziabilità, la tutela obbligatoria, unitamente a quella reale se ne ricorrono lecondizioni, deve ritenersi estesa a tutte le lavoratrici che, pur avendo raggiunto l’etàpensionabile dei 60 anni non abbiano ancora conseguito l’età massima lavorativa dei 65anni”. Alle lavoratrici dovrà essere riconosciuto “il diritto di proseguire il rapporto dilavoro anche dopo il compimento dell’età pensionabile dei 60 anni e fino al giorno delraggiungimento dell’età massima lavorativa dei 65 anni, senza necessità di alcun oneredi comunicazione, da parte loro al datore di lavoro”.

La Corte continuando, ribadisce l’assoluto divieto di licenziamento della lavoratricenell’arco di tempo compreso tra il compimento dei 60 anni e quello dei 65 anni d’età.

E’ necessario ricordare che la vigente normativa pensionistica risulta essere incentratasull’importante distinzione tra età pensionabile (60 anni d’età per le donne e 65 per gliuomini) ed età massima lavorativa dei lavoratori dipendenti (fissata per entrambi i sessia 65 anni d’età).

Essa non è altro che il frutto di alcuni interventi correttivi ad opera del nostro legislatore,resisi necessari a seguito di diverse sentenze di incostituzionalità della previgente disciplina.

La Corte Costituzionale nel 1986 con la sentenza n. 137 e in seguito, a distanza di solidue anni nel 1988 (sent. n. 498) evidentemente riconoscendo il contrasto con l’art. 3 dellaCostituzione, affermava il principio di rango costituzionale secondo cui “ la donna nonera licenziabile senza giustificato motivo prima del compimento della stessa età pensionabilestabilita per l’uomo”. Il legislatore del ’90 recependo tale principio nella legge n. 108all’articolo 4 prevedeva ai fini del licenziamento un unico limite per uomini e donne inpossesso dei requisiti pensionistici: quello dei 60 anni. Restava comunque salva l’opzionedi cui all’art. 6 del DL. n. 791/1981 convertito in legge n. 54/1982 che riconosceva lapossibilità di rimanere in servizio fino al compimento del sessantacinquesimo anno d’età,previo invio di domanda scritta.

Con il DLgs n. 503/92 ritorna la differenziazione legata all’età della pensione di vecchiaiain base al sesso attualmente fissata, si ribadisce ancora, per gli uomini al compimento dei65 anni d’età e per le donne ai 60 anni.

Permane, purtuttavia - in ossequio all’applicazione “dei precetti costituzionali che nonconsentono di regolare l’attività lavorativa delle donne in modo difforme da quello previstoper gli uomini, non soltanto per quanto riguarda il limite massimo di età, ma anche perquanto riguarda le condizioni per raggiungerlo” - la previsione comune del limite d’etàmassima individuato al momento del compimento del sessantacinquesimo anno d’età siaper gli uomini che per le donne. La sentenza della Suprema Corte, pur collocandosi, comesi può notare, in un così difficile contesto normativo fatto di correttivi legislativi, lanciaun chiaro messaggio di novità riconoscendo l’insussistenza dell’onere di comunicazionedella volontà di proseguire l’attività lavorativa, della lavoratrice dipendente che abbia giàcompiuto i 60 anni, ma non ancora i 65, nei confronti del proprio datore di lavoro, in apertacontraddizione anche con le eventuali regole della contrattazione collettiva, che nellamaggior parte dei casi, richiedono la comunicazione della facoltà di opzione.

Nel riconoscere alla donna-lavoratrice il diritto di proseguire la propria attività lavorativafino ai 65 anni pur senza che la stessa offra alcun preavviso, la Corte di Cassazione hacompiuto un importante passo verso l’uguaglianza dei diritti uomo-donna.

Maria Rosaria Ferrara

DIVIETO DI LICENZIAMENTONEI CONFRONTI DELLE LAVORATRICI

ULTRASESSANTENNI

Page 6: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

Confessare di non essersi mai lasciati andarein un linguaggio scurrile, con qualche “fiore” dibestemmia, non è la verità. Tant’è che alcuneespressioni colorite sono ormai entrate a far partedella sia della lingua parlata che scritta e i curatoridei vocabolari non hanno potuto far a meno diintegrarle. D’altronde, per esempio, il termineche deriva dal membro virile dell’uomo conaccrescitivi e diminutivi annessi (senza escluderequello che denomina gli “attributi”) sembra essereil più comune e diffuso intercalare che si ascolta dappertutto. Con estremadisinvoltura la bestemmia e l’insulto si diffondono via etere in reality edibattiti politici. I bambini ascoltano e assorbono come spugne. Comeun’epidemia della lingua insomma. Non c’è da meravigliarsi se anche dachi ancora ciuccia il biberon si viene mandati a quel paese. Uno studio diqualche anno fa, condotto dalla Società Italiana di Psichiatria e che fupresentato a Bari, individuò ben sedici stili legati alla parolaccia, quasi un“bestiario”: dall’egocentrico (losboccato che è incurante di chi glis t a accan to ) a l man iacodell’aggressività (il minimo è dardella meretrice alla mamma di coluicon cui ci si sta scontrando), acaricaturista. C’è anche la paro-

laccia non detta, metaforica. E anche quella chenon si capisce, con il dialetto che spesso ci mettelo zampino. Il lessico ingiurioso è noto sindall’epoca dei romani e rimane di attualità.Catilina, secondo Cicerone, oltre ad essere una“pestis” è una “sentina” (ogni riferimento allacloaca, alla fogna, al letamaio ed ai prodottifisiologici solidi non è puramente casuale). Labocca dei romani pronunciava senza mezzitermini la “magna mentula” (cazzone) così come

il “pathicus” e “cineadus” (il moderno gay). In altri tempi però per unasemplice bestemmia si incorreva nelle pene severe disposte dalla Chiesa.Il Papa Pio V nel 1566 emanò una “bolla” contro i bestemmiatori. Lenorme papali, che furono recepite dalla Chiesa locale (le inserì nelle sueCostituzioni sinodali il vescovo di Bisceglie, l’erudito mons. PompeoSarnelli) non perdonavano: chi nelle chiese proferiva parole oscene edaltri ragionamenti sporchi incorreva nella pena di dieci scudi d’oro, ovvero

altrimenti veniva castigato cor-poralmente. Le cose si complica-vano se di mezzo c’erano Dio,Gesù o la Madonna. Infatti nelprovvedimento si ordinava che peril peccato della bestemmia da partedei laici verso Cristo e la Vergine

si applica la pena pecuniaria di 25 scudi per la prima volta e 50 per laseconda, mentre per la terza si saliva a 100 scudi più l’esilio. Erano previstianche “sconti” pecuniari in caso di indigenza, in cambio di violenzeinaudite. Infatti se il bestemmiatore era povero, quindi non poteva pagarela pena, per la prima volta doveva rimanere con le mani legate davantialla porta della Chiesa per un giorno intero; per la seconda invece“assaggiava” la frusta e, dulcis in fundo, per la terza volta gli veniva foratala lingua prima di essere sbattuto in prigione. Ovviamente per i chiericie per i preti le pene erano più dure. Chi udiva bestemmiare era obbligatoa denunziare il bestemmiatore ed in cambio riceveva indulgenze. Tuttaviasolo se si trattava di “bestemmia semplice”. Perché se la bestemmia era“formalmente ereticale” la competenza passava al Sacro Ufficio per lascomunica papale. Era meglio, dunque, tenersi la lingua tra i denti.

Luca De Ceglia

la bilancia6

T r a s t o r i a e s o c i e t à

Quattrocentocinquan-ta anni fa per una“parolaccia” si passa-vano guai seri.

La bestemmiavien parlando

Sovente accade che l’Amministrazione finanziaria, di concerto conl’INPS, esegua accessi, ispezioni e verifiche presso i contribuenti, alfine di sanzionare, ove riscontrato, l’impiego di lavoratori dipendentinon registrati sui documenti obbligatori.

Infatti, l’art. 3 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito dallaLegge 26 aprile 2002, n. 73, al comma 3 prevede che l’Agenzia delleEntrate ha potere di irrogare la “sanzione amministrativa da 1.500a 12.000, per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di 150per ciascuna giornata di lavoro effettivo.” Questa previsione sanzio-natoria è indipendente dalla disciplina delle sanzioni prevista dallanormativa previdenziale, contributiva e di lavoro in vigore.

La nuova disposizione di legge, innovata a decorrere dal 12 agosto2006, con ampia probabilità pone fine alle numerose problematicheche l’art. 3 della Legge n. 12/2002 presenta nella precedente formula-zione. Secondo la previgente disciplina, l’Agenzia delle Entrate hapotere di irrogare una “sanzione amministrativa dal 200 al 300 percento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo dellavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali,

L’illegittimità delle sanzioni per l’impiego di lavoro irregolareper il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazionedella violazione”.

Secondo gli Uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria, lanorma previgente attribuisce loro il potere di quantificare l’entità dellasanzione amministrativa da irrogare, in funzione della data di accesso,verifica ed ispezione presso il contribuente. Niente di più illegittimo!

E’ chiaro che l’ordinamento giuridico non può sanzionare l’impiegoirregolare di lavoratori con una tale disparità di trattamento, funzionaleal solo arbitrario momento di accesso dei verificatori. In tal caso,ovviamente, la maggiore tardivitàdel rilievo viene a determinare ilcomputo e l’irrogazione di una maggiore sanzione.

Questa interpretazione normativa è sostenuta dagli Uffici in paleseviolazione degli artt. 1, 4 e 35 della Costituzione che prescrivonoun’ampia garanzia e tutela del lavoro effettivo in quanto tale e noncerto del lavoro presunto. L’arbitraria presunzione della sussistenzadi un rapporto di lavoro è causativa di gravissime ripercussionisanzionatorie in danno ai datori di lavoro, in virtù della mancanza di

Continua a pag. 8

Page 7: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia 7

La crisi del mercato del lavoro e l'eccessivocosto del lavoro subordinato ad essa connesso,hanno portato all’introduzione, nel nostroordinamento come in altri sistemi occidentali,di forme di lavoro improntate al nuovo con-cetto di flessibilità. Esse, infatti, da un latosono in grado di rendere l'offerta di lavoropiù adattabile ai mutamenti del mercato edall'altro, essendo ben lontane dal rigidoschema del contratto di lavoro subordinato atempo indeterminato, consentono al datoredi lavoro di contenere il costo del lavoro.

La forte istanza, anche di respiro europeo,di garantire l'occupazione ha ispirato la Leggen. 30 del 2003, dal cui decreto attuativo (D.Lgs. n. 276 del 2003) sono derivate sia nuovetipologie contrattuali, sia un'innovativa rego-lamentazione del lavoro parasubordinatoincentrata sulla figura del collaboratore aprogetto. La suddetta riforma del mercato dellavoro ha, infatti, integrato la disciplina dellacollaborazione coordinata e continuativa in-troducendo l'obbligo di collegare l'instaura-zione del rapporto lavorativo alla realizzazionedi uno o più progetti specifici o programmidi lavoro o fasi di esso determinati.

L’innovativa restrizione dei confini dellaparasubordinazione, dovuta al ricorso, daparte del legislatore, agli elementi del progetto,programma di lavoro o fase di esso, è finaliz-zata ad impedire l’utilizzazione delle colla-borazioni coordinate e continuative in funzio-ne elusiva della normativa a tutela del lavorosubordinato.

Al riguardo, il Ministero del Lavoro, nellaCircolare Min. Lav. 8/1/2004, n. 1, ha chiaritole caratteristiche degli elementi essenziali dellavoro a progetto, statuendo che il progettoconsiste in un’attività ben identificabile ecollegata ad un risultato finale connessoall'attività accessoria o principale dell'impresa;il programma consiste in un tipo di attività'che si caratterizza per la produzione di unrisultato solo parziale destinato ad essereintegrato, in vista di un risultato finale, daaltre lavorazioni e risultati parziali.

Poiché la ratio della L. n. 30/2003 questalegge è quella di contenere il ricorso alleforme di collaborazione coordinata e conti-nuativa e le conseguenti fughe dallo schemadel lavoro subordinato, il progetto deve esserecontrassegnato dal requisito della ecceziona-lità, nel senso che deve consistere in un’attivitànon ordinariamente rientrante tra quelle nor-malmente svolte dai dipendenti del commit-tente. Conseguentemente, dovrebbe ritenersilegittimo il ricorso alla forma contrattuale inesame, ad esempio, in presenza di situazioniproduttive particolari che necessitano delcoinvolgimento di soggetti forniti di specifichecompetenze non presenti nell'organizzazioneimprenditoriale.

Per i casi in cui, ad onta del nomen iurisutilizzato manchi uno specifico progetto lasanzione normativamente prevista (art. 69,comma 1) è la conversione del contratto inun rapporto di lavoro subordinato a tempoindeterminato sin dal momento in cui essoha avuto inizio. Opera, quindi, in questi casi,una presunzione legale sulla natura subordi-nata del rapporto. Si tratta, stando alle primepronunce giurisprudenziali intervenute sulpunto, di una presunzione “iuris tantum”,vale a dire che può essere superata dalla prova,fornita dal committente, circa la natura effet-tivamente autonoma del rapporto di lavorointercorso.

Peraltro quando, nonostante la previsionedi uno specifico progetto, il rapporto si siaeffettivamente svolto nelle modalità del lavorosubordinato e ciò venga accertato in giudizio,cessa di avere effetto la disciplina del lavoroa progetto e si applica quella del lavoro su-

bordinato, a partire dalle data in cui si èverificata di fatto la difformità.

Su questi ultimi profili di problematicitàsi sono concentrate le prime interpretazionigiurisprudenziali intervenute sul lavoro aprogetto. Nel momento storico di granderiforma del mercato del lavoro cui assistiamo,all'opera della giurisprudenza va riconosciutoil fondamentale ruolo di chiarificazione deiconfini tra le diverse fattispecie contrattualiche si contrappongono nel panorama lavori-stico. Le sentenze di seguito brevementeanalizzate forniscono, infatti, argomentatesoluzioni per i casi concreti sottoposti alvaglio delle autorità giudiziarie adìte e sug-geriscono interpretazioni ragionate fondamen-tali per prendere posizione sulle diverse que-stioni sorte dalla gestione quotidiana dellostrumento del lavoro a progetto.

La prima pronuncia giurisprudenziale cheha avuto il merito di precisare i requisiti dellavoro a progetto introdotto con il decreto n.276/2003, è stata quella del Tribunale diTorino, Sez. Lav., datata 15/3/2005. Con talesentenza, in applicazione del secondo commadell’art. 69 del D. Lgs. 276/2003, è statoaccertata e dichiarata la natura subordinatadel rapporto di lavoro intercorso con la societàconvenuta per la realizzazione di un progettoindividuato nella promozione e commercia-lizzazione di contratti di telefonia. I contrattidi collaborazione, infatti, avevano comportatol'inserimento dei lavoratori in una strutturagerarchica, nonché l'assoggettamento a diret-tive, al potere disciplinare, al vincolo d'orarioe all'uso di strumenti di lavoro della conve-nuta. Nel caso di specie, quindi, non vi erastato il rispetto del dettato normativo di cuiagli art. 61 e ss. D. Lgs. 276/2003, in quantoil costante controllo sulle ore di presenza deicollaboratori e l'impossibilità per questi ultimidi abbandonare liberamente le postazioni,apparivano chiaramente incompatibili con laprevisione normativa dell'indipendenza delprogetto dai tempi di esecuzione della presta-zione. Infine, i lavoratori si erano trovati acollaborare non con una struttura aziendaledistinguibile, ma con una struttura interamentecomposta da altri collaboratori a progetto aiquali soltanto era demandata l'attività indicatanell'oggetto sociale. Sicchè, da una definizionedel progetto generica e coincidente conl'oggetto sociale dell'impresa si è potutofacilmente dedurre che ai lavoratori a progettonon era stato affidato il compito di collaborarecon la struttura aziendale, ma di sostituirneinteramente l'attività.

Dello stesso tenore della pronuncia delGiudice torinese è la sentenza emanata dalTribunale di Piacenza in data 15 febbraio2006. Quest’ultima, infatti, dopo aver preci-sato che “l’art. 62, D. Lgs. n. 276/2003 richie-de l’indicazione di un programma nel con-tratto di lavoro a progetto puntuale e specifica,senza che possa risolversi in una clausola distile evanescente ed ermetica nei suoi conte-nuti, né in forme standardizzate”, ha ribaditoche la mancanza di uno specifico progetto o

programma nel suo contenuto caratterizzantericonduce il rapporto, ex art. 69, comma 1del medesimo decreto, nell’ambito di unrapporto di lavoro subordinato.

Nel caso di specie, l’attività (che coincidevacon le mansioni di cameriera, lavapiatti edaiuto cuoca) richiesta sulla base di un pro-gramma che ottimizzasse “l’organizzazioneal banco del bar” era finalizzata a garantire“un recupero di efficienza e clientela”. Sicchèil Giudice, pur non pronunciandosi in meritoall’ammissibilità o meno di un progetto so-stanzialmente coincidente con l’attività azien-dale, similmente dall’autorità giudiziaria diTorino, ha ugualmente ritenuto che la stesuradel programma o del progetto debba esserepuntuale e specifica.

Successivamente, hanno contribuito a chia-rire quanto non emerge con chiarezza dalcorpo delle disposizioni introdotte con ilD.Lgs. 276/2003, le sentenze emesse daiTribunali di Milano, Ravenna, Modena e, daultimo, dal Consiglio di Stato.

La fattispecie su cui si è pronunciato ilTribunale di Milano, con sentenza del 10novembre 2005, riguarda un contratto dicollaborazione a progetto stipulato per losvolgimento di mansioni di informatore me-dico scientifico.

Nelle prime pronunce giurisprudenziali, èprevalsa l’opzione interpretativa della dispo-sizione di cui all’art. 69, comma 3, che onerail collaboratore della prova della sussistenzadegli indici di subordinazione. Sicchè, ilGiudice di Milano rigettava il ricorso in quantonel caso di specie non erano state dimostratené le direttive aziendali circa lo svolgimentodell’attività lavorativa (ad esempio,l’imposizione di un numero minimo di medicida visitare giornalmente o settimanalmente),né l’assoggettamento della lavoratrice adalcun poter gerarchico, disciplinare o vincolodi orario.

In modo non dissimile e a confermadell'importanza delle risultanze probatorie,pochi giorni dopo (il 24 novembre 2005), ilTribunale di Ravenna, chiamato a pronunciarsisulla domanda del ricorrente di conversionedel rapporto in lavoro subordinato ex art. 69,comma 3, motivava il rigetto del ricorso conla mancanza della prova della subordinazione.Infatti, la lavoratrice non aveva provato diessere legata ad un orario di lavoro, di doverchiedere autorizzazioni per usufruire delleferie o per assentarsi, né di soggiacere alleistruzioni e alle direttive del datore di lavoro.Nel caso in esame, la collaborazione erafinalizzata alla realizzazione di un ufficiocommerciale pienamente efficiente a favoredella società convenuta. Inoltre, nella citatapronuncia di merito è contenuta una primaindicazione sulla forma del contratto di col-laborazione a progetto. Più precisamente, ilGiudice ha rilevato che la forma scritta peri contratti a progetto è prescritta ad probatio-nem e che, nel caso di specie, il contratto eravalido dal punto di vista sostanziale. Dallaconsiderazione che dal difetto di forma richie-

sta ad probationem non discende la nullitàdel contratto, né la conversione di esso in unrapporto di lavoro subordinato, l’organo giu-dicante ha dedotto che bene si potrebbe lavo-rare a progetto anche prima della stipula delcontratto per iscritto o senza mai redigerealcun contratto scritto. Un altro punto analiz-zato dalla sentenza in esame è quello del“recesso”. Stante il dettato dell’art. 67 delD.Lgs. 276/2003, il Giudice ha affermato che“in presenza di un’adeguata previsione con-tenuta nel contratto di lavoro”, le parti possono“recedere dal rapporto rispettando la modalitàdel preavviso e senza necessità di addurrecausali”.

E’ interessante notare come l’iter logicoseguito dal Tribunale di Ravenna sia affinea quello utilizzato dal Tribunale di Modenache il 21 febbraio 2006, in sede di procedi-mento d’urgenza, ha escluso l’applicabilitàdella conversione del rapporto, non avendoparte attrice assolto all’onere di provare icaratteri tipici della subordinazione.

Il Tribunale di Modena si è pronunciatosu una fattispecie di contratto di lavoro aprogetto concluso per la creazione e lo svi-luppo di reti commerciali all’estero, di filialiestere e joint-ventures. Sugli indici di subor-dinazione dedotti dal ricorrente, il Giudicerilevava che non era stato dimostrato alcunobbligo di presenza in azienda per un numerofisso di ore, che gli avvisi in caso di assenzatrovavano giustificazione nella necessità diun coordinamento e che le direttive aziendali,rivolte indifferentemente al lavoratore a pro-getto e agli altri dipendenti, non manifesta-vano una concreta ingerenza del committente.Ne conseguiva il rigetto del ricorso, in quantol’organo giudicante riteneva necessario, aifini della dimostrazione del carattere subor-dinato del lavoro espletato, la sussistenza divincoli di soggezione del lavoratore al poteredirettivo, organizzativo e disciplinare deldatore di lavoro. Dello stesso tenore èl’ordinanza del 19 aprile 2006 che ha respintoil reclamo proposto dal collaboratore soccom-bente.

Da ultimo, il Tribunale di Torino, consentenza del 10 maggio 2006, è tornato ariconoscere la natura subordinata del rapportolavorativo intercorso tra le parti, sia per lamancanza di specificità del progetto, sia peralcuni aspetti concreti inerenti allo svolgi-mento del rapporto quale, soprattutto, il li-cenziamento per assenza ingiustificata.Quest’ultimo è stato considerato quale indicerivelatore della soggezione al potere discipli-nare del datore di lavoro propria del lavorosubordinato ed estranea alla collaborazionea progetto.

Infine, nonostante alla pubblica ammini-strazione sia espressamente preclusal’utilizzazione della forma contrattuale dellavoro a progetto, anche il Consiglio di Statoha avuto l’occasione di interveniresull’argomento con la sentenza n. 1743 del3 aprile 2006. Ponendo a confrontoquest’ultima pronuncia con la giurisprudenzalavoristica ordinaria, non sembra condivisibilela conclusione cui perviene il Consiglio diStato secondo cui anche nel lavoro a progettopossa essere leci tamente dedottal'obbligazione dell'osservanza di un determi-nato orario. Infatti, il coordinamento tempo-rale può consentire al committente di presta-bilire fasce orarie di esecuzione dellaprestazione compatibili con l'assetto dellasua organizzazione, ma non può spingersifino a consentire di esigere il rispetto di undeterminato orario, tracimando altrimentinell'esercizio del potere direttivo da parte deldatore di lavoro.

Roberta Bruno

LAVORO A PROGETTO:dai requisiti normativi alle prime applicazioni giurisprudenziali

Page 8: L’Avvocato senza difensore SERVONO ANCORA · 2019-09-14 · 2 la bilancia SCOPPIQuando la CoppiaA Separazioni e divorzi sono in preoccupante salita. Una ricerca sta-tistica condotta

la bilancia8

con le relazione degli Avv.ti Aurelio GIRONDA, Carmine DI PAOLA, Raul PELLE-GRINI, Ugo OPERAMOLLA e dei Professori Vincenzo GAROFOLI e Alfredo GAITOnonché del Dott. Vitaliano ESPOSITO. Sono intervenuti, oltre all’Avv. Bruno PietroLOGOLUSO, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trani ed il Procuratore dellaRepubblica presso il Tribunale di Trani, Dott. Nicola BARBERA, il Dott. EmilioMARZANO, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari ed il Dott. VitoSAVINO, Presidente del Tribunale di Trani.

Nella mattina di sabato 03febbraio si è svolta poi la TavolaRotonda: “dottrina e prassi aconfronto” presieduta dal Prof.Andrea Antonio DALIA a cuisono intervenuti illustri giuristiprovenienti da ogni parte d’Italiatra i quali gli Avv.ti SandroFURFARO, Filippo GIUN-CHEDI, Marco BINETTI eClaudio PAPAGNO dei Fori ri-spettivamente di Locri, Bologna,Bari e Trani, nonché gli insigniMagistrati Dott. PasqualeDRAGO, Procuratore Aggiunto

della Repubblica presso il Tribunale di Trani, Dott. Ciro SANTORIELLO, Procuratoredella Repubblica presso il Tribunale di Pinerolo, Dott. Marco GUIDA, G.U.P. pressoil Tribunale di Bari. Nel corso del convegno non è mancata occasione per sottolinearel’importanza ed il rispetto dei diritti sanciti nelle Carte Internazionali e recepiti nelnostro ordinamento, come quelli del favor rei e favor libertatis connessi alla ragionevoledurata del processo, previsto dall’art. 6 della Convenzione sui Diritti Umani e delleLibertà Fondamentali, nonchè il diritto alla “presunzione di innocenza” piuttosto chea quella di “non colpevolezza” sancito nella nostra Carta Costituzionale.

Il dibattito, a cui sono inoltre intervenuti il Prof. Giuseppe DELLA MONICA,Associato di diritto dell’esecuzione penale presso l’Università di Cassino, il Prof. SergioLORUSSO, Ordinario di procedura penale presso l’Università di Foggia, il Prof. LuigiKALB, Ordinario di procedura penale presso l’Università di Salerno, il Prof. RosalbaNORMANDO, Associato di procedura penale presso l’Università di Salerno, il Prof.Alessandro Angelo SAMMARCO, Associato di Diritto dell’esecuzione penale pressol’Università di Salerno, si è concluso con l’intervento del Prof. Giorgio SPANGHER,ordinario di procedura penale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

D.C.

Da pagina 1: LA NUOVA DISCIPLINA DELLE IMPUGNAZIONI

aderenza della commisurazione della irroganda sanzione ai fatti.Diversamente, una interpretazione dell’art. 3 della Legge n. 12/2002,

che non contrasta con i principi cardine del nostro ordinamentogiuridico, svincola la previsione temporale della norma da ogni direttaimplicazione sulle modalità di commisurazione delle sanzioni, incen-trandosi sulla corretta individuazione del CCNL, utile alla determi-nazione del costo del lavoro, nell’arco del periodo compreso tral’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione.

Ora, nel processo tributario è l’Amministrazione finanziaria che,seppure parte resistente avverso il ricorso del contribuente, ha l’oneredi dimostrare in giudizio la fondatezza delle propria pretesa (tributariae/o sanzionatoria). Generalmente la pretesa sanzionatoria dell’Ufficioè fondata sulla presunzione dell’utilizzo di lavoro nero, a sua voltadesunta, da un lato, dalla presenza di lavoratori non riportati nei libriobbligatori e, dall’altro, dalle dichiarazioni dei funzionari appartenentialla Pubblica Amministrazione ed eventualmente dalle dichiarazionirilasciate a verbale dai lavoratori.

Nessuna certezza dunque circa l’esistenza del rapporto di lavoro,solo presunzioni a fondamento della pretesa sanzionatoria. Comericonosciuto recentemente dalla Commissione Tributaria di Bari sez.13 con sent. n. 168/13/2006, depositata il 25/10/2006, quando non viè alcun provvedimento di accertamento definitivo, emesso dall’INPSe ritualmente notificato al contribuente, nè alcuna sentenza passatain giudicato che attesti la sussistenza del rapporto di lavoro occultatodal datore di lavoro, non vi è un legittimo presupposto giuridico checonsenta all’Amministrazione finanziaria l’irrogazione delle sanzioni.

Poiché le sanzioni possono essere irrogate solo per fatti espressamenteprevisti dalla legge, una mera presunzione non è sufficiente a legittimarel’esercizio del “potere punitivo” da parte del Fisco, in quanto non èsufficiente, da sola, a provare un fatto. Il mero processo verbale diraccolta di informazioni da parte degli agenti verificatori e degliispettori, argomentano i Giudici della C.T.P. di Bari, “non può farritenere giuridicamente che sia stata raggiunta una prova sufficienteed idonea per poter considerare corretta la tesi prospettatadall’Ufficio”.

La nuova formulazione del comma 3 dell’art. 3 della Legge n.12/2002, soccorre all’ardito esercizio del potere sanzionatorio postoin essere fino a ieri dall’Amministrazione finanziaria, individuandoun minimo ed un massimo della sanzione amministrativa irrogabileper l’impiego di lavoro nero ed aggiungendo una maggiorazione dellasanzione funzionale alle giornate di “lavoro effettivo”.

In sostanza dovrebbe essere così eliminata definitivamente la prassiin virtù della quale viene sanzionato identicamente l’utilizzo dilavoratori irregolari in momenti diversi e per i quali la constatazionedella violazione sia in ipotesi avvenuta nella medesima data. Per ilfuturo, quindi, l’attività di constatazione della violazione dovrebbeessere meno problematica, per poi culminare nell’irrogazione dellesanzioni da parte della Direzione Provinciale del lavoro.

In ogni caso, l’intervento del Legislatore non pregiudica in alcunmodo il riconoscimento del principio dell’onere della prova incombentesu chi, titolare della pretesa sanzionatoria, deve darne compiutaragione. L’innovazione normativa non muta quindi la necessità dellasussistenza di un valido presupposto giuridico per l’irrogazione dellasanzione e cioè della reale, fondata e definitiva sussistenza dell’impiegodi lavoro irregolare, la cui problematica, nel caso, va affrontatapreventivamente nella competente sede civile.

Giovanna Fiore

Da pagina 6: L’ILLEGITTIMITÁ DELLE SANZIONI

MPM MASTROGIACOMOSede: S.S. 16 Km. 770,40070052 Bisceglie (Ba)Tel. 080/3951373 (pbx) - Fax 080/3951459

Show Room: S.S. 16 Km. 770,400(Via Imbriani, 354) - 70052 Bisceglie (Ba)Tel. 080/3951481 (pbx) - Fax 080/3953614

Via Bisceglie, 9-11 - Tel. 0883 542642 Andria (Ba)