UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di...

60
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO SCUOLA DI SCIENZE DELLA NATURA Elaborato Finale di Laurea in Scienze Naturali Classe di laurea N. L-32 Progetti di rinaturalizzazione di due aree umide piemontesi Candidato: Roberta Donato Matricola: 731647 Anno Accademico 2012/2013 Relatore interno: Prof. Enrico Caprio

Transcript of UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di...

Page 1: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO

SCUOLA DI SCIENZE DELLA NATURA

Elaborato Finale di Laurea in Scienze Naturali

Classe di laurea N. L-32

Progetti di rinaturalizzazione di due aree umide piemontesi

Candidato:

Roberta Donato

Matricola: 731647

Anno Accademico 2012/2013

Relatore interno:

Prof. Enrico Caprio

Page 2: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

Indice

1. Introduzione ................................................................................................................................... 1

1.1 Le aree umide ........................................................................................................................... 1

1.2 Cause di disturbo e di degrado ................................................................................................. 2

1.3 Le funzioni e i servizi ecosistemici .......................................................................................... 3

1.4 Valutazione dei servizi ecosistemici ........................................................................................ 5

1.4.1 Il caso studio dell'area umida di De Wieden, Olanda (Hein et al., 2006) ......................... 7

1.5 Cenni sulla normativa di riferimento ....................................................................................... 8

1.5.1 La Convenzione di Ramsar ............................................................................................... 8

1.5.2 La"Direttiva Uccelli"......................................................................................................... 9

1.5.3 La "Direttiva Habitat" ....................................................................................................... 9

1.6 Cenni sulla normativa delle acque ......................................................................................... 10

2. Lo scopo della tesi .................................................................................................................... 14

3. Le aree di studio ....................................................................................................................... 15

3.1 Racconigi ............................................................................................................................... 15

3.1.1 Il progetto di rinaturalizzazione ...................................................................................... 20

3.2 Asti ......................................................................................................................................... 23

3.2.1 Il progetto di rinaturalizzazione ...................................................................................... 28

3.3 Clima ...................................................................................................................................... 31

4. Monitoraggio ............................................................................................................................ 32

5. Risultati .................................................................................................................................... 33

6. Discussioni ............................................................................................................................... 40

6.1 Descrizione delle specie osservate ......................................................................................... 40

6.2 I servizi ecosistemici delle aree umide ................................................................................... 43

7. Conclusioni .................................................................................................................................. 51

8. Il Programma di Sviluppo Rurale ................................................................................................ 52

Bibliografia ...................................................................................................................................... 55

Page 3: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

Desidero innanzitutto ringraziare il prof. Enrico Caprio, relatore della mia tesi, per l'aiuto, la

pazienza e il tempo che mi ha dedicato durante l'elaborazione e la stesura di questo lavoro.

Vorrei quindi esprimere la mia gratitudine al signor Bruno, a sua figlia Gabriella e a tutta la

famiglia Vaschetti, per la disponibilità e la simpatia dimostrate durante il periodo di stage presso il

Centro Cicogne di Racconigi e in occasione delle mie visite successive e per avermi fornito

indicazioni e materiali importanti ai fini di questo studio.

Inoltre ringrazio sentitamente il dott. Giorgio Baldizzone, responsabile dell’Oasi WWF Valmanera

di Asti, il dott. Marco Demaria, responsabile dell’Oasi Urbana WWF La Bula di Asti e il gruppo

WWF Sezione di Asti per l'amicizia accordata, l’interesse dimostrato e le preziose informazioni

relative al progetto e alla gestione dell'Oasi La Bula.

Un grazie di cuore ai miei genitori, ai miei familiari e ad Alessandro per il sostegno continuo che

mi hanno offerto durante il percorso di studi.

Non da ultimo, un ringraziamento affettuoso ai compagni di corso e agli amici con cui ho condiviso

i momenti più e meno belli dei tre anni appena trascorsi.

Grazie!

Page 4: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

1

1. Introduzione

1.1 Le aree umide

Le aree umide sono “aree in cui l’acqua è il fattore primario che controlla l’ambiente e la

vita di piante ed animali ad esso associati” (Nierig, 1985). Le aree umide sono considerate

risorse, in quanto producono beni e svolgono funzioni fondamentali.

Per permettere studi e confronti a livello globale, è necessaria una definizione condivisa.

Quella proposta dalla Convenzione di Ramsar (1971) è piuttosto ampia: “si intendono per

zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbiere oppure i bacini, naturali o artificiali,

permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi

comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i

sei metri”.

L’ultimo aggiornamento del 2010, indica che circa 185 milioni di ettari di aree umide in

1889 siti in tutto il mondo sono stati designati “Aree umide di importanza internazionale”

ed inseriti nella lista istituita dalla Convenzione.

Le aree umide sono ecosistemi estremamente interessanti, essenziali per il mantenimento

degli equilibri naturali della biosfera e per la conservazione della biodiversità,

rappresentando così un tassello fondamentale per una rete ecologica integra ed efficiente.

Nonostante queste considerazioni, gli studi sull’argomento hanno evidenziato la

preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa

delle attività antropiche. Solo in Asia, 5000 km2 di aree umide sono persi ogni anno a

causa dell’agricoltura, della costruzione di dighe e altri usi (McAllister et al., 2001). Una

stima sostiene che il 50% delle aree umide mondiali inizialmente presenti sul pianeta, sia

già andato perso in seguito all’attività dell'uomo (Organ. Econ. Co-op. Dev./World Conserv.

Union (IUCN), 1996). La maggior parte di questa perdita si è verificata nei Paesi

dell’emisfero settentrionale durante la prima metà del XX secolo, ma dagli anni ’50 si è

verificato un incremento di perdita di aree umide anche nelle zone tropicali e subtropicali

del Pianeta a causa delle conversioni di questi territori ad usi alternativi del suolo (Moser et

al., 1996). Si stima che al 1985, il 26% delle aree umide mondiali sia stato drenato per

l’agricoltura intensiva (specialmente in Europa e Nord America).

Le stime riguardanti l’estensione attuale delle aree umide a livello globale sono piuttosto

discordanti. La Convenzione di Ramsar indica un valore compreso tra 7,48 e 7,78 milioni

km2, escludendo dal conteggio acquitrini salati, bassifondi costieri, praterie marine e altri

habitat non considerati aree umide. Finlayson e colleghi (1999) propongono una stima di

Page 5: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

2

12.8 milioni di km2. Questo valore, seppure sia maggiore di quello fornito dalla

Convenzione di Ramsar, rappresenta meno dell’8,6% della superficie delle terre emerse

globali.

1.2 Cause di disturbo e di degrado

Poiché le caratteristiche idrologiche sono il fattore maggiormente condizionante per l’area

umida e le comunità ad essa associate, ogni loro modificazione (naturale o artificiale)

minaccia l’area e la sua integrità, provocando alterazione e frammentazione degli habitat.

Allo stesso modo, anche la qualità dell’acqua condiziona l’area e il suo funzionamento. Le

minacce maggiori derivano dall’aumento dell’apporto di sostanze inquinanti e di nutrienti

(fenomeno dell’eutrofizzazione). Una conseguenza del problema è l’eccessivo sviluppo di

specie vegetali aggressive, che acquisiscono un vantaggio competitivo a discapito delle

specie autoctone. E’ stato osservato infatti come l’apporto di acque ricche in nutrienti

conduca al predominio di poche specie, in zone acquitrinose che presenterebbero altrimenti

ambienti dall’elevata ricchezza specifica. Sovraccarichi di azoto e fosforo possono causare

inoltre fioriture algali che oscurano il fondale, creano condizioni di ipossia e sono dannose

per gli altri organismi acquatici.

L’urbanizzazione e l’industria sono alla base del deterioramento delle aree umide e del loro

inquinamento. L’urbanizzazione è responsabile della perdita diretta di superfici

inizialmente occupate da zone umide, mentre i tipi di inquinamento più strettamente

associati a questo fenomeno sono apporto di sedimenti in sospensione, nutrienti, sali

(derivati dalle attività di spargimento sulle strade), idrocarburi, sostanze chimiche tossiche,

batteri e virus. Un ulteriore problema legato all’urbanizzazione è la continua creazione di

superfici impermeabilizzate che impediscono l’infiltrazione di acqua nel suolo ed alterano i

bilanci idrici ed i tempi di derivazione delle acque superficiali e degli acquiferi.

L’industria altera molto spesso i regimi idrologici delle aree umide, captando o scaricando

acqua (spesso a temperature superiori o salinità e pH diversi dall’acqua già presente nel

corpo idrico interessato). Le contaminazioni più frequenti riguardano idrocarburi (compresi

gli idrocarburi policiclici aromatici, estremamente tossici) e sostanze radioattive.

Il drenaggio è invece la causa principale di perdita di aree umide nelle regioni agricole.

Queste attività, oltre a provocare una perdita diretta delle superfici, innescano reazioni a

Page 6: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

3

catena di impatti negativi, tra i quali decomposizione della torba con conseguente rilascio

di sostanze chimiche (solfuri e nitrati) e contaminazione dei corpi idrici circostanti,

disgregazione del substrato, subsidenza del terreno. L’agricoltura intensiva, inoltre, fa

enorme uso di nutrienti e di pesticidi chimici, i quali entrano inevitabilmente a far parte del

ciclo dell’acqua e degli elementi, causando avvelenamenti e scompensi. Le attività agricole

sono anche la causa dell'eccessivo prelievo e/o delle modificazioni del percorso naturale

dei corsi d’acqua, necessari per alimentare i sistemi di irrigazione.

Ulteriori attività umane dannose per le aree umide sono la silvicoltura e le attività

estrattive. Queste ultime possono interessare direttamente la torba, o prodotti non

strettamente associati alle aree umide e implicare azioni di disboscamento, drenaggio,

costruzione di strade oltre a provocare aumento di acidità delle acque e dei suoli e aumento

delle concentrazioni di sostanze tossiche e metalli pesanti (NCSU Water Quality Group).

Il Global warming ha invece ripercussioni negative sulle aree umide costiere, a causa

dell’innalzamento del livello dei mari che porterà inevitabilmente alla sommersione delle

zone depresse. Al contrario, altre aree umide come estuari, piane alluvionali e plaudi, sono

destinate a scomparire per l’eccessiva siccità.

Anche se un’area umida è sopravvissuta ad azioni di colmamento, drenaggio, deviazione,

non è detto che la sua integrità sia comunque preservata, né che sia al sicuro da futuro

degrado. Il primo effetto del degrado è la perdita di biodiversità, il cui tasso aumenta

quando le alterazioni si combinano tra loro. E’ chiaro che il degrado affligge anche le

funzioni svolte dalle aree umide, anche se non siamo ancora in grado di quantificare in

quale misura. La perdita di tali funzioni è almeno in parte sinonimo di perdita di servizi

ecosistemici forniti dalle aree umide all’uomo (Zedler e Kercher, 2005).

1.3 Le funzioni e i servizi ecosistemici

Per “funzioni ecosistemiche” si intendono generalmente le proprietà o i processi intrinseci

tipici che l'ecosistema svolge, in termini biologici, di habitat o di sistema.

Per “servizi ecosistemici” si intende invece l’insieme dei beni e dei servizi forniti

dall’ecosistema, molti dei quali sono di fondamentale importanza per la sopravvivenza, la

salute, il sostentamento ed il benessere dell’uomo. I servizi ecosistemici costituiscono la

base per la valutazione degli ecosistemi (Tab. 1).

Page 7: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

4

Il Millenium Ecosystem Assessment, la "Valutazione degli Ecosistemi del Millennio"

(MA) è un progetto di ricerca lanciato nel 2001 con il supporto dell'ONU, che ha coinvolto

più di 1000 scienziati di fama mondiale, al fine di valutare i cambiamenti subiti dagli

ecosistemi terrestri, sviluppare scenari per il futuro e fornire indicazioni utili per coloro che

si occupano di decision-making. L'MA ha valutato 24 servizi ecosistemici, suddivisi in

quattro categorie:

- servizi di supporto alla vita, ovvero i servizi essenziali che permettono la vita sulla

Terra (acqua, produzione primaria, formazione del suolo...)

- sevizi di approvvigionamento, ovvero i beni e servizi prodotti dall'ecosistema (acqua,

cibo, legname, fibre, combustibili...)

- servizi di regolazione, derivanti dalla capacità degli ecosistemi di regolare una varietà di

processi biochimici (regolazione del clima, trattamento dei rifiuti, cicli dei nutrienti,

regolazione dei pericoli naturali...)

- servizi di valore culturale, di cui l'uomo può godere (estetici, spirituali, educativi,

ricreativi...).

Dei 24 servizi ecosistemici analizzati dal MA, è risultato che solo 4 di essi hanno mostrato

miglioramenti negli ultimi 50 anni, 15 sono in serio peggioramento e 5 sono considerati

tendenzialmente stabili, anche se sono minacciati in alcune parti del mondo.

Alcuni autori, basandosi sulla classificazione proposta da Groot et al. (2002), preferiscono

individuare solo tre categorie, escludendo quella di “servizi di supporto alla vita”. Questi

ultimi infatti rappresenterebbero dei processi ecologici che sono alla base del

funzionamento dell’ecosistema, il cui valore si riflette già all’interno delle altre tre

categorie (Hein et al., 2006).

Il degrado degli ecosistemi e la perdita di biodiversità minano il funzionamento e la

resilienza degli ecosistemi, compromettendo la loro capacità di fornire il flusso continuo di

servizi per le generazioni presenti e per quelle future.

Page 8: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

5

Tab. 1. Esempi di servizi e funzioni ecosistemici. Costanza et al., 1997.

1.4 Valutazione dei servizi ecosistemici

Senza dubbio gli ecosistemi terrestri hanno per l'uomo un valore che possiamo considerare

inestimabile se non addirittura "infinito". Basti pensare per assurdo, ai costi che l'umanità

dovrebbe sostenere per rimpiazzare alcune funzioni ecosistemiche fondamentali

nell'ipotetico caso in cui queste cessassero improvvisamente di esistere. Può sembrare

quindi impossibile, o comunque estremamente complicato, voler quantificare in termini

economici il flusso di beni e servizi che gli ecosistemi ci forniscono costantemente (come

potremmo rispondere alla domanda "quanto vale l'atmosfera per l'uomo"?). Ciò che invece

è più appropriato valutare è in che misura i cambiamenti quantitativi o qualitativi (anche

Page 9: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

6

minimi) nella fornitura di diverse tipologie di servizi ecosistemici o capitali naturali,

possano affliggere il benessere umano (Costanza et al., 1997). La questione è alla base di

tutte le decisioni che la società prende (o dovrebbe prendere) riguardo agli ecosistemi.

Poiché questi processi decisionali implicano sempre delle valutazioni, diventa necessario

riuscire ad esprimere il valore dei servizi fornitici dagli ecosistemi attraverso valute di

riferimento; in questo modo si disporrà di uno strumento essenziale per scambiare

informazioni, descrivere l'importanza relativa di ecosistemi e biodiversità ai policy makers

ed accrescere la loro consapevolezza in materia, per supportarli nel momento in cui questi

si trovino ad affrontare delle scelte o a dover fare raffronti tra realtà differenti, difficili da

paragonare. Si tratta quindi di fornire un aiuto fondamentale, finalizzato ad una gestione

più accorta ed efficiente dei fondi (spesso limitati), individuando le zone in cui protezione

e ripristino siano economicamente più importanti e vantaggiosi e dando indicazioni per

un'adeguata ripartizione delle risorse tra due o più progetti diversi in concorrenza tra loro.

Le prime ricerche sui metodi di valutazione degli ecosistemi risalgono agli anni '60, ma è

solo con la pubblicazione di Costanza et al. (1997) che hanno ricevuto maggiore attenzione

e visibilità. La valutazione in unità monetarie è uno studio estremamente complesso, che

può riguardare una varietà di ecosistemi o di aspetti di essi (aree o risorse diverse,

differenti livelli di scala, di tempo, di complessità...) senza che attualmente vi sia una

definizione né un metodo di valutazione unico e universalmente condiviso.

Groot et al. (2012) presentano i risultati del loro studio di valutazione economica dei

servizi ecosistemici forniti da 10 tra i principali biomi terrestri. Per ogni bioma sono stati

considerati 22 servizi ecosistemici e i risultati ottenuti, in seguito ad una complessa attività

di ricerca basata su studi e database già esistenti, sono stati inseriti nell'ESVD (Ecosystem

Services Value Database), che rappresenta uno tra i più ricchi database in materia, con

oltre 1350 valutazioni. Per permettere l'accessibilità e la possibilità di confrontare i

risultati, i valori ottenuti sono stati tutti convertiti in un'unità di misura condivisa, i 2007

"International" $/ha/year.

L'esempio riportato presenta solo uno tra i tanti metodi di valutazione propositi negli studi

di questo tipo. La difficoltà maggiore della valutazione economica degli ecosistemi deriva

dal fatto che molti dei loro servizi non sono direttamente scambiati sui mercati o

producono beni dal carattere (semi) pubblico.

Costanza e colleghi (1997) propongono un esempio di stima del valore totale dei servizi

ecosistemici forniti dalla Terra, individuando 16 categorie di uso del territorio a livello

globale, suddivise in "ecosistemi terrestri" e "ecosistemi marini". Il risultato finale è un

Page 10: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

7

valore di servizi ecosistemici globali compreso tra 16 e 54 trilioni di dollari (US$) all'anno,

con una media di 33 trilioni di dollari all'anno (corrispondente a 1.8 volte il GNP globale

dell'epoca). Ciò significa che se dovessimo rimpiazzare questi servizi, dovremmo investire

33 trilioni di US$ all’anno, solo per mantenere il nostro benessere al livello attuale, senza

essere in grado di aumentarlo. La maggior parte dei valori stimati si riferisce a servizi non

appartenenti al market system, come i servizi di regolazione dell’atmosfera (1.3

trilioni/anno), regolazione dei disturbi (1.8 trilioni/anno), trattamento dei rifiuti (2.3

trilioni/anno) e cicli dei nutrienti (17 trilioni/anno). Circa il 63% dei valori stimati proviene

da sistemi marini (20.9 trilioni/anno), molti dei quali da sistemi costieri (10.6

trilioni/anno). Circa il 38% del valore stimato deriva da sistemi terrestri, principalmente

dalle foreste (4.7 trilioni/anno) e dalle aree umide (4.9 trilioni/anno).

Lo studio sviluppato ha lo scopo di proporre un miglioramento nei sistemi di gestione della

contabilità nazionale, che dovrebbero tenere più in considerazione il valore dei servizi

ecosistemici e dei capitali naturali del loro territorio. Questi studi, al momento

sottovalutati, dovrebbero inoltre entrare concretamente a far parte dei processi di

valutazione e di decisione che precedono la realizzazione di vari progetti. La negligenza

attuale porta troppo spesso alla realizzazione di progetti con errori intrinseci, i cui costi

sociali superano di gran lunga i benefici ottenuti.

1.4.1 Il caso studio dell'area umida di De Wieden, Olanda (Hein et al., 2006)

Un esempio di questo tipo di valutazione riferito ad un'area umida è rappresentato dal caso

studio dell'area umida di De Wieden, in Olanda. Il lavoro è mirato a quantificare in termini

economici i beni e i servizi forniti dall'area e a determinare a quale livello di scala

appartengano gli stakeholders che ne sono interessati (intendendo per “stakeholders”

coloro che possono condizionare o essere condizionati direttamente dai servizi ecosistemici

in questione).

De Wieden è una delle torbiere più estese di tutto il nord Europa occidentale e include una

vasta gamma di corpi idrici di varie dimensioni (laghi, canali, acquitrini), oltre a canneti,

coltivi e foreste. Per lo studio è stata selezionata l'area centrale di De Wieden, che

comprende circa 5200 ettari e include quattro dei laghi più estesi, insieme al territorio

circostante.

Per questo studio sono stati selezionati quattro tipi di servizi ecosistemici: fornitura di

canne e di pesce (entrambi servizi di produzione), fornitura di possibilità per la ricreazione

Page 11: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

8

dell'uomo e conservazione della natura (entrambi servizi culturali). Il valore monetario

combinato e approssimato dei quattro servizi insieme è nell'ordine di 4.500.000 € all'anno,

pari a 830 €/ha/anno.

De Wieden è inoltre un ottimo esempio per evidenziare come stakeholders a scale

differenti abbiano interessi diversi (e spesso contrastanti) tra loro. Ad esempio le attività di

taglio delle canne e di pesca interessano stakeholders a livello locale, poiché la limitatezza

delle aree che forniscono questo tipo di servizi produttivi fa sì che la quantità di canne e di

pesce prodotti a De Wieden non abbia alcuna rilevanza su scala nazionale. La fornitura di

servizi ricreativi, ma soprattutto di conservazione della biodiversità di De Wieden,

incontrano invece gli interessi di stakeholders a livello nazionale. Queste discordanze

portano inevitabilmente a punti di vista contrari riguardo le scelte gestionali dell'area. Il

piano di gestione ottimale deve costituire un equilibrio tra tutti gli interessi in gioco, senza

dimenticare che non si può considerare un unico livello di scala di interessi. Un elemento

indispensabile per il raggiungimento di questi obiettivi è senza dubbio la cooperazione tra

le parti.

1.5 Cenni sulla normativa di riferimento

L'ordinamento giuridico in materia di tutela delle aree umide fa riferimento a norme e

direttive internazionali, poi recepite in Italia a livello nazionale e regionale. La normativa

in materia nasce inizialmente come strumento di tutela di determinati habitat e specie, per

conquistare in tempi recenti una visione più ampia e interdisciplinare, che considera l'area

umida come un insieme di aspetti e funzioni interconnessi.

Di seguito sono riportate brevemente alcune tappe fondamentali della normativa di

riferimento.

1.5.1 La Convenzione di Ramsar

La già citata Convenzione di Ramsar è stata firmata il 2 febbraio 1971 a Ramsar (Iran) nel

corso della Conferenza Internazionale sulla Conservazione delle Zone Umide e sugli

Uccelli Acquatici e rappresenta una pietra miliare per la normativa di riferimento in

materia.

La Conferenza è stata promossa dall'International Waterfowl and Wetlands Research

Bureau (IWRB) con la collaborazione dell’International Union for the Nature Conservation

(IUCN) e dell’International Council for Bird Preservation (ICBP) e ha visto la

Page 12: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

9

partecipazione di alcune organizzazioni internazionali quali la Food and Agriculture

Organisation (FAO), l’United Nations Educational Scientific and Cultural Organization

(UNESCO), il Conseil International de la Chasse (CIC) e il World Wildlife Foundation

(WWF).

La Convenzione riconosce "le funzioni fondamentali delle aree umide, quali regolatori dei

regimi idrici e quali habitat di supporto a flora e fauna tipiche, con particolare riferimento

agli uccelli acquatici", soprattutto durante il periodo della migrazione.

La Convenzione afferma inoltre che "le aree umide costituiscono una risorse di grande

valore economico, culturale, scientifico e ricreativo, la cui perdita sarebbe irrimediabile" e

auspica quindi che "la conservazione delle aree umide e della loro fauna e flora possa

essere assicurata combinando politiche lungimiranti a livello nazionale con azioni

coordinate internazionali".

1.5.2 La"Direttiva Uccelli"

La "Direttiva Uccelli" (Direttiva n. 79/409/CEE relativa alla conservazione degli uccelli

selvatici) è una direttiva approvata il 2 aprile 1979 dalla Commissione Europea, il cui

scopo è la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato

selvatico nel territorio europeo degli Stati membri, vietandone la cattura, l'uccisione, la

distruzione delle uova e dei nidi, la detenzione di esemplari vivi o morti, e il disturbo

ingiustificato ed eccessivo, pur riconoscendo la legittimità della caccia alle specie indicate

nell'Allegato II. La Direttiva richiede inoltre agli Stati membri di preservare, mantenere o

ripristinare i biotopi e gli habitat di questi uccelli, anche attraverso l'istituzione di Zone a

Protezione Speciale (ZPS), laddove sia riconosciuta la presenza di specie elencate

nell'Allegato I della Direttiva.

La "Direttiva Uccelli" è stata recepita in Italia dalla Legge 11 febbraio 1992, n°157. Norme

per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.

1.5.3 La "Direttiva Habitat"

La Direttiva Habitat (Direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat

naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) è una direttiva approvata il 21

maggio 1992 dalla Commissione Europea con lo scopo di “contribuire a salvaguardare la

biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della

flora e della fauna selvatiche” nel territorio comunitario. Gli habitat interessati da questa

Direttiva sono quelli che rischiano di scomparire dal territorio considerato, o che

Page 13: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

10

costituiscono degli esempi notevoli poiché presentano caratteristiche tipiche di una delle

aree biogeografiche considerate dalla Direttiva.

Lo strumento di cui si avvale la Direttiva è la rete "Natura 2000", che costituisce un'unica

grande rete ecologica volta a garantire l'eventuale ripristino e il successivo mantenimento

degli habitat naturali e degli habitat delle specie interessate, in uno stato di conservazione

soddisfacente. Alla rete "Natura 2000" appartengono i Siti di Interesse Comunitario (SIC),

istituiti dalla stessa e le Zone a Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della "Direttiva

Uccelli". Ogni Stato membro ha il compito di individuare una serie di siti in cui si trovino

habitat con le caratteristiche indicate negli Allegati I e II della Direttiva. Dopo che la

Commissione Europea ha selezionato le zone idonee a diventare SIC, sarà compito degli

Stati membri designare, entro sei anni, tali aree come Zone Speciali di Conservazione

(ZSC) e dotarle quindi di uno specifico Piano di Gestione.

La Direttiva è stata recepita in Italia con il Decreto del Presidente della Repubblica 8

settembre 1997, n° 357. Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE

relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della

fauna selvatiche, integrato e modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 12

marzo 2003, n° 120. Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del

Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della

direttiva 92/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,

nonché della flora e della fauna selvatiche.

1.6 Cenni sulla normativa delle acque

La Direttiva Quadro sulle Acque (The Water Framework Directive. Directive 2000/60/EC

of the European Parliament and of the Council of 23 October 2000 establishing a

framework for Community action in the field of water policy) rappresenta un quadro per

l’azione comunitaria in materia di acque, che pone tra i suoi obiettivi la prevenzione dal

deterioramento qualitativo e quantitativo delle acque, il miglioramento dello stato delle

acque e il loro uso sostenibile attraverso la protezione a lungo termine delle risorse idriche

disponibili.

Ogni Stato membro è responsabile dell'attuazione della Direttiva sulla porzione del

distretto idrografico (IRBD, International River Basin District, Fig. 1) di sua competenza,

analizzandone le caratteristiche, studiando gli impatti delle attività antropiche su acque

superficiali e sotterranee, effettuando un'analisi economica dell'utilizzo idrico e

Page 14: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

11

coordinando le proprie azioni con gli altri Stati membri dello stesso distretto. La Direttiva

propone quindi un approccio innovativo per la gestione della risorsa acqua, introducendo

il concetto di bacino idrografico, considerato l'unità geografica e idrologica naturale e

ponendo delle specifiche scadenze entro le quali gli Stati membri devono mettere in pratica

delle misure per proteggere i loro ecosistemi acquatici. Lo strumento di programmazione

ed attuazione per il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva è il Piano di Gestione,

che gli Stati membri devono predisporre per ogni bacino idrografico.

La Direttiva interessa le acque interne di superficie, le acque di transizione, le acque

costiere e le acque sotterranee. Tra gli obiettivi generali figurano:

- l'ampliamento della protezione delle acque superficiali e sotterranee

- il raggiungimento dello stato di "buono" entro il 31 dicembre 2015

- la gestione delle risorse idriche sulla base di bacini idrografici, indipendentemente dalle

strutture amministrative classiche

- la messa in atto di azioni che permettano in contemporanea il rispetto dei limiti di

emissione e il raggiungimento degli standard di qualità

- l'attribuzione del giusto prezzo ai servizi idrici, considerando il loro costo economico

reale

- la partecipazione del pubblico

Page 15: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

12

Fig. 1. Mappa dei distretti idrografici nazionali e internazionali,

http://ec.europa.eu/environment/water/water-framework/facts_figures/index_en.htm

Page 16: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

13

La direttiva 2000/60/CE è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo 3 aprile

2006, n.152, che nell’art. 64 presenta la ripartizione del territorio nazionale in 8 distretti

idrografici (Fig. 2) e prevede per ogni distretto la redazione di un Piano di Gestione (art.

117), che spetta ai Comitati Istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale,

integrati dai componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto a cui il

piano fa riferimento, in attesa della piena operatività delle Autorità di distretto idrografico.

Lo stesso Decreto Legislativo 152/2006, pone in capo alle Regioni l'obbligo della

redazione di un Piano di Tutela per il proprio

territorio, all'interno del quale si inserisce il

Piano di Tutela delle Acque (PTA) che tratta

aspetti quali lo stato dei corpi idrici e le

misure per la tutela qualitativa e quantitativa

delle acque, al fine di mantenere la capacità

naturale di autodepurazione dei corpi idrici,

nonché la capacità di sostenere comunità

animali e vegetali ampie e ben diversificate.

La Regione Piemonte persegue la protezione e

la valorizzazione del sistema idrico

piemontese nell'ambito del bacino di rilievo

nazionale del fiume Po.

Fig. 2. Mappa dei distretti idrografici italiani

http://www.direttivaacque.minambiente.it/recepi

mento_mappa.html

Page 17: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

14

2. Lo scopo della tesi

Questa tesi si prefigge di valutare i risultati di due opere di rinaturalizzazione di aree umide

piemontesi, attraverso lo studio delle comunità ornitiche attualmente presenti nei due siti e

facendo considerazioni sui servizi ecosistemici forniti dalle aree umide dopo un'analisi

della bibliografia esistente.

Le aree oggetto di studio sono state interessate da due progetti di rinaturalizzazione diversi,

che condividono lo scopo comune di ricreare un ambiente prezioso e sempre più raro,

importante per la conservazione della biodiversità di fauna e flora legate alle aree umide,

utile anche ai fini della didattica e della sensibilizzazione del pubblico.

Il censimento delle comunità ornitiche rappresenta un ottimo strumento per valutare lo

stato di salute e l’integrità di un ecosistema, dedicando particolare riguardo alle specie

nidificanti.

La prima area umida interessata dallo studio è situata all’interno del Centro Cicogne e

Anatidi di Racconigi (CN) ed è frutto di attività di ricostruzione di habitat naturali iniziate

nel 1995, su terreni precedentemente adibiti alla coltivazione intensiva del mais. Gli scavi

effettuati hanno permesso la creazione di aree umide, che ad oggi coprono

complessivamente una superficie di circa 17 ettari, caratterizzati da acque basse

(5 – 20 cm), che favoriscono la presenza di Caradriformi.

Il secondo sito di studio è l’Oasi urbana “la Bula” di Asti, nata grazie ad un’opera di

rinaturalizzazione di una cava di inerti dismessa, in un’area in cui le attività estrattive sono

numerose e in parte, ancora in funzione. Il progetto di ingegneria naturalistica messo in

atto, ha permesso la creazione di un ambiente semi-naturale con specchi d’acqua profondi

anche 2 metri, che attirano specialmente Ardeidi, Rallidi e Anatidi tuffatori.

Page 18: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

15

3. Le aree di studio

3.1 Racconigi Una parte dell’attività di studio si è svolta presso l’Associazione Centro Cicogne e Anatidi

di Racconigi (CN).

Il territorio della provincia di Cuneo (Fig. 3) si estende su un’area di circa 6900 km2 ed è

stretto tra i rilievi delle Alpi Cozie e Marittime ad ovest, delle Alpi Liguri a sud e delle

colline di Langhe e Monferrato ad est. All’interno di questo semicerchio di rilievi si

sviluppa la pianura alluvionale che si estende tra Cuneo e Torino, interessata da due bacini

idrografici principali: l’alto bacino del Po (con affluenti di destra quali Varaita, Maira e

Grana) e gran parte di quello del Tanaro (al quale affluiscono, tra gli altri, Stura di

Demonte e Gesso).

La particolare morfologia dell’area è causa del suo clima sostanzialmente continentale

(caratterizzato da inverni piuttosto rigidi ed estati molto calde), che non risente

dell’influenza mitigatrice del Mar Ligure, schermata dalla conformazione a U dei rilievi

prima descritti.

Fig. 3. Il territorio della Provincia di Cuneo. Google Maps.

Page 19: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

16

Il comune di Racconigi è situato al limite settentrionale della provincia, ad un’altezza

media di 260 m s.l.m. Il suo territorio è destinato principalmente alla coltivazione intensiva

di prodotti cerealicoli, che sfrutta la particolare fertilità e le numerose risorgive di questi

terreni. Il continuo ampliamento delle superfici coltivate rappresenta una crescente

minaccia per la conservazione di boschi e prati. Un relitto dell’originaria foresta planiziale

padana si conserva solo all’interno del Parco del Castello Reale di Racconigi, classificato

come cenosi di querco-carpineti.

Il territorio di Racconigi è attraversato dal torrente Maira (e dal suo tributario Mellea), che

poco più a nord confluisce nel Po, all’interno del territorio del comune di Lombriasco. Il

carattere torrentizio di tipo alpino del Maira è causa delle sue piene primaverili e delle

fortissime magre estive. Nel complesso, la portata media annuale è di 13,5 m3/s. Le sponde

del torrente sono di fondamentale importanza, poiché ospitano cenosi di boschi misti ripari

e di saliceti di salice bianco (Salix alba). Ben sviluppata è anche la rete

di canali irrigui.

L’area oggetto di studio è parte del SIC “Parco di Racconigi e boschi

lungo il torrente Maira” (IT1160011, Fig. 8), una superficie di 334

ettari individuata in seguito al recepimento in Italia della direttiva

“Habitat” (Direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli

habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche).

Il Centro Cicogne e Anatidi (Fig. 4 e 5) è situato in Via Stramiano 30, a nord del centro

cittadino, ed è aperto ai visitatori durante tutto l’anno. Si tratta di un centro federato

L.I.P.U., nato nel dicembre 1985 per volere dell’ornitologo Bruno Vaschetti, con l’intento

principale di attuare un progetto di

reintroduzione della Cicogna bianca

(Ciconia ciconia), non più nidificante

in Italia dal Settecento. Il 1989 ha

visto la nascita del progetto Anatidi,

finalizzato alla protezione di specie

rare di anatre, oche e cigni. Si

inserisce in questo contesto anche il

progetto L.I.P.U. per la reintroduzione

Fig. 4. Il logo

dell’Associazione

Fig. 5. Immagine satellitare del Centro Cicogne e Anatidi

di Racconigi. Google maps.

Page 20: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

17

del Gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala). Dal 1995, il Centro ha messo in atto alcuni

interventi di ripristino di aree umide, dedicandovi inizialmente due ettari di territorio, che

rappresentano un supporto essenziale per gli uccelli durante la migrazione.

Successivamente il ripristino ha interessato 15 ulteriori ettari di territorio. Il 9 giugno 2011

è stato quindi inaugurato il nuovo osservatorio sulla palude, che rende la nuova area

fruibile al pubblico per il birdwatching degli uccelli selvatici. La struttura è in legno e si

sviluppa in pianta per una superficie pari a 84 mq al piano terra più una balconata interna

al piano superiore, per permettere una visuale privilegiata anche sulle sezioni più lontane

della palude. Le osservazioni per i censimenti riportati in questo studio si sono svolte

proprio dal nuovo osservatorio (Fig. 6).

L’affaccio sulla palude è permesso inoltre da due piccoli capanni costruiti ai lati del

corridoio d’accesso all’osservatorio, in corrispondenza dei due argini artificiali eretti per

limitare il disturbo procurato dal passaggio delle persone. Queste strutture si aggiungono a

quelle già presenti precedentemente all’interno del Centro che, insieme ad un percorso in

cemento, permettono la fruizione dell’area da parte dei visitatori.

Fig. 6. Mappa del Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi. In evidenza l’ubicazione del nuovo

osservatorio.

L’acqua necessaria alle paludi proviene dal vicino torrente Maira, ma è anche presente un

pozzo per fronteggiare la scarsità d’acqua nel periodo estivo, dovuta in gran parte alla forte

captazione per l’irrigazione dei campi circostanti.

Page 21: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

18

Nelle zone umide del Centro Cicogne, il livello idrico oscilla tra un minimo di 2-5 cm nel

periodo primaverile-estivo ed un massimo di 20 cm circa in autunno e inverno. Il controllo

artificiale del livello dell’acqua permette attività quali il controllo dello sviluppo della

vegetazione acquatica, o il parziale disseccamento o allagamento di determinate aree in

particolari periodi dell’anno.

La palude che ospita il nuovo osservatorio (Fig. 7) si compone di tre vasche di diversa

profondità, con un’isola centrale in ghiaia che emerge di circa 60 cm dall’acqua.

La palude e la zona prato circostante sono delimitate da un canale che assicura la costante

fornitura di acqua e l’arrivo di ittiofauna dal torrente Maira.

Il nuovo scavo ha preservato la copertura arborea preesistente (soprattutto salici, Salix sp.),

poi implementata attraverso opere di rimboschimento con la creazione di una siepe mista

di alberi (salici, pioppi, ontani, farnie, carpini) e cespugli (sambuco nero, biancospino, rosa

canina, rovo). Gli isolotti sono stati colonizzati da erbe spontanee. La vegetazione

acquatica e ripariale (soprattutto Typha e Phragmites) è controllata, al fine di mantenere

libertà di accesso all’area ed evitarne il veloce riempimento.

Nel sito si rileva la presenza di nutrie (Myocastor coypus).

Fig. 7. La palude oggetto delle osservazioni. (Foto di Roberta Donato)

Page 22: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

19

Fig. 8. SIC Parco di Racconigi e boschi lungo il torrente Maira. (Regione Piemonte).

In blu è evidenziato il Centro Cicogne e Anatidi.

Page 23: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

20

3.1.1 Il progetto di rinaturalizzazione

La palude oggetto di studio, interessata da un intervento di rinaturalizzazione nel 2012, è

collocata all'interno del Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi (Fig.9) e rappresenta la

continuazione e l'ampliamento del progetto nato nel 1985, volto a favorire la conservazione

della natura anche attraverso la creazione e la gestione di aree umide. L'intervento di

recupero ambientale dell'area è stato attuato dal Parco del Po Cuneese e dall'Associazione

Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi, nella persona di Bruno Vaschetti.

L'area di scavo si compone di tre vasche, con una profondità variabile compresa tra 0,1 e

1 m, al fine di favorire la presenza di limicoli e anatre tuffatrici, ma anche di contenere la

diffusione di Thypa e Phragmites che altrimenti occuperebbero ben presto tutta l'area della

palude.

Nella zona in questione è stato favorito direttamente o indirettamente l'attecchimento di

vegetazione palustre sommersa, natante in superficie (Lemna minor), emergente (Typha

latifolia, Phragmites australis) e sui bordi (Lythrum salicaria). La scelta delle essenze da

reintrodurre è stata guidata dalla volontà di fornire vegetazione di cui gli Anatidi potessero

nutrirsi (Lemna e Potamogeton) o che potesse ospitare vertebrati acquatici (Myriophyllum,

Ceratophyllum, Utricularia) o ancora che potesse fornire un ambiente adatto per la

nidificazione di alcuni uccelli (Phragmites è essenziale per la nidificazione dei Silvidi).

Gli alberi cresciuti spontaneamente nell'area sono stati mantenuti e il progetto ha inoltre

previsto la costituzione di una fascia attorno alla zona umida di nuova formazione formata

prevalentemente da Salice bianco (Salix alba) e Pioppo nero (Populus nigra), la creazione

di un ontaneto allagato e il rimboschimento con essenze caratteristiche del querco-

carpineto.

Il progetto ha anche previsto la presenza di un'isola centrale, elemento che rende l'ambiente

più eterogeneo e diversificato e che permette la nidificazione di Caradriformi e la sosta di

Anatidi e Ardeidi.

Un canale perimetrale all'area garantisce il continuo apporto d'acqua, oltre che l'arrivo di

pesci ed altri organismi acquatici dal torrente Maria, al fine di permettere il naturale

ripopolamento della palude. Per questo motivo si è deciso di non intervenire direttamente

con l'inserimento di ittiofauna.

Page 24: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

21

Il controllo idrico artificiale può svolgere una duplice funzione. Da una parte è

fondamentale al fine di evitare l'eccessivo sviluppo della vegetazione acquatica, che in

breve tempo ostruirebbe tutta l'area. Dall'altra, si può agire direttamente sul livello

dell'acqua per creare nella palude le condizioni favorevoli per determinate specie di uccelli

nei vari periodi dell'anno. Ad esempio, il parziale disseccamento di alcuni settori è utile

alla presenza di Ciconiformi e Caradriformi, mentre il momentaneo allagamento di zone

inerbite o con vegetazione arborea crea le condizioni ideali per la pastura di molti

Anseriformi.

Per la fruizione del pubblico sono stati costruiti due nuovi capanni in legno che permettono

l'affaccio sui due rami laterali della palude, mentre in posizione centrale è stato eretto

l'osservatorio, una struttura di due piani, realizzata interamente in legno, che si sviluppa in

pianta per 84 mq. La struttura ha la forma di un semi ottagono per fornire un'ampia visuale

da est ad ovest su tutta l'area umida; all'interno, l'osservatorio è attrezzato con sedute,

mentre le feritoie permettono l'osservazione e l'ingresso di luce, senza che le persone siano

visibili dall'esterno.

Il cammino di avvicinamento all'osservatorio è schermato da due alti argini che limitano il

disturbo procurato dal passaggio delle persone.

In questo periodo sono in atto i lavori per l'erezione della recinzione dell'area, la quale era

prevista dal progetto, ma non era ancora stata realizzata. La recinzione permetterà di

escludere dalla zona vari elementi di disturbo sia umani che naturali, come ad esempio

l'ingresso di predatori quali la volpe (Vulpes vulpes), che al momento hanno libero accesso

all'area.

Page 25: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

22

Fig. 9. Planimetria dell'area.

Page 26: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

23

3.2 Asti

La seconda parte delle attività di studio si è svolta presso l’Oasi urbana WWF “La Bula” di

Asti (loc. Boana).

Il territorio astigiano (Fig. 10) copre una superficie di circa 1500 km2 e comprende al suo

interno parte del Monferrato, delle Colline del Po, delle Langhe e dell’Appennino Ligure.

Diverse sono le analogie con il territorio dell’adiacente provincia di Cuneo, con cui confina

ad ovest. Anche in questo caso l’agricoltura è l’attività principale della zona, dedicata

principalmente alla produzione cerealicola e vitivinicola.

Come accade per la provincia di Cuneo, anche il territorio della provincia di Asti non

risente delle influenze climatiche mediterranee né di quelle atlantiche, a causa dell’effetto

schermante dei rilievi. Il clima è quindi considerato continentale, caratterizzato da estati

calde e afose ed inverni rigidi, con temperature minime sotto la media regionale.

I principali corsi d’acqua che attraversano la provincia sono i fiumi Tanaro e Bormida,

insieme a diversi torrenti quali Banna e Stura (tributari del Po), Belbo, Tiglione, Borbore e

Versa (tributari del Tanaro).

Fig. 10. Il territorio della Provincia di Asti. Google Maps.

Page 27: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

24

L’Oasi della Bula è inserita nel SIC “Stagni di Belangero” (IT1170003, Fig. 13), un’area di

573 ettari tra i comuni di Asti, Isola d’Asti e Revigliasco d’Asti, su parte della pianura

alluvionale in destra orografica del fiume Tanaro. Più di metà della superficie interessata è

occupata da pioppeti e seminativi, pertanto gli spazi semi-naturali risultano ridotti e

individuabili in una fascia di greto ed una zona di boscaglie riparie (nuclei a ontano nero,

Alnus glutinosa e a salice bianco, Salix alba) impoveriti dall’avvento di vegetazione

alloctona e/o banale.

Gli Stagni di Belangero sono specchi d’acqua nati in seguito alla cessazione di attività

estrattive diffuse nella zona, che hanno lasciato scavi (spesso sotto falda) poi parzialmente

colmatisi d’acqua e rinaturalizzati dalla vegetazione, risultando quindi in aree umide dalla

discreta biodiversità animale e vegetale. L’Oasi della Bula non fa eccezione (Fig. 11 e 12).

Si tratta di un’area di circa 20 ettari alla periferia meridionale della città di Asti, lungo la

sponda destra del Tanaro, istituita nel 1990 e gestita e tutelata dal WWF, grazie ad una

convenzione d’uso gratuito pluriennale tra lo stesso WWF e i proprietari dei terreni. Un

tempo era un’area degradata, usata come cava per inerti (ghiaia e sabbia) e in seguito anche

come discarica abusiva. Un avanzato progetto di ingegneria naturalistica ha però permesso

di ripristinare gli ecosistemi naturali, degradati o cancellati dalle passate attività

antropiche. Ora l’Oasi si compone di un mosaico di specchi d’acqua, isolotti, lanche e

canneti in cui, in seguito a vari interventi e scavi

aggiuntivi sotto falda, è stato reso possibile lo

scambio idrico continuo tra gli stagni, la falda e il

fiume. Gli scavi sono stati eseguiti ad una

profondità media di 5 m, localizzando la quota di

fondo bacino ad una profondità di circa 2 m dal

piano della falda. Il livello dell’acqua è molto

variabile, in base agli eventi meteorici che

inevitabilmente fanno variare la falda di valori

dell'ordine del metro o più. Il progetto originario prevedeva che la profondità massima

degli stagni non superasse in 2 metri in condizioni “normali” (ovvero non subito dopo un

periodo di abbondanti precipitazioni e neppure in piena siccità estiva). Bisogna evidenziare

che l'alluvione del novembre 1994 ha apportato del sedimento quantificabile in almeno

30-40 cm (variabile a seconda delle zone). Inoltre, con il passare del tempo, il naturale

Fig. 11. L’ingresso dell’Oasi. (Foto di

Roberta Donato)

Page 28: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

25

apporto di sostanza organica che cade all’interno degli specchi d’acqua porta

inevitabilmente alla diminuzione della profondità. In conclusione, la profondità dell’acqua

in condizioni climatiche normali è indicativamente compresa tra 0,5 e 1,5 m nelle varie

zone degli stagni.

Per la fruizione al pubblico sono stati disposti due capanni di osservazione in legno; uno di

questi è anche raggiunto da un tratto di percorso in cemento. E’ importante però precisare

che al momento l’Oasi non è costantemente aperta alle visite, le quali vengono organizzate

solo in occasioni particolari e si svolgono sempre in presenza di un accompagnatore.

La vegetazione arborea attuale è rappresentata principalmente da salici (Salix sp.), pioppi

(Populus sp.), ontani neri (Alnus glutinosa). Le sponde sono invece caratterizzate da canna

di palude (Phragmites australis) e giunco (Juncus sp.). L’intero perimetro dell’Oasi è stato

recintato e parzialmente isolato otticamente e acusticamente per mezzo di alberi e arbusti

autoctoni, al fine di limitare il disturbo delle attività umane circostanti, tra le quali si

inseriscono Corso Savona, la ferrovia Asti-Castagnole delle Lanze, la strada statale SS231

e l’autostrada A33 Asti-Cuneo.

Fig. 12. Foto aerea dell’Oasi La Bula di Asti.

Page 29: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

26

L’area rappresenta oggi una fondamentale opportunità di sosta e nidificazione per gli

uccelli che si muovono tra Alba ed Asti lungo l’asse del Tanaro. Nel sito sono state censite

più di 100 specie di uccelli, molte delle quali sono anche nidificanti (soprattutto Ardeidi e

Rallidi). Tra gli Anatidi nidificanti si annovera anche il Fistione turco (Netta rufina).

Inoltre, è da sottolineare per la sua importanza la presenza del raro Pelobate fosco

(Pelobates fuscus insubricus). E’ infatti proprio la presenza di questo anfibio che ha

motivato e permesso la nascita del SIC in questione. Anche altri anfibi e rettili hanno

ripopolato l’Oasi, come la rana verde (Pelophylax sp.), il tritone crestato (Triturus

cristatus), il biacco (Hierophis viridiflavus) e la natrice dal collare (Natrix natrix).

Nel sito si rileva inoltre la presenza di specie animali alloctone, quali silvilago (Sylvilagus

floridanus), nutria (Myocastor coypus) e testuggine dalle guance rosse (Trachemys scripta

elegans). Sarebbero interessanti successive attività di studio per sviluppare il tema delle

specie alloctone e valutare il loro impatto sull’area.

Attualmente il responsabile dell’Oasi è il dott. Marco Demaria, biologo.

Page 30: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

27

Fig. 13. SIC Stagni di Belangero. (Regione Piemonte). In blu è evidenziata l’Oasi WWF La

Bula.

Page 31: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

28

3.2.1 Il progetto di rinaturalizzazione

Il progetto di rinaturalizzazione che ha interessato l'Oasi urbana La Bula di Asti, si

inserisce in un progetto più ampio di rinaturalizzazione del biotopo relativo all'area degli

Stagni di Belangero. L'Oasi La Bula è localizzata nel settore nord-est del biotopo, con

un'estensione di circa 20 ettari (Fig. 15). La zona è stata oggetto di un progetto pilota

piuttosto complesso, mirato, come già spiegato, a ricreare un ambiente (l'area umida) che

un tempo era molto diffuso lungo l'asse dei fiumi, ma che le attività dell'uomo hanno quasi

completamente eliminato. Il progetto è stato elaborato dal WWF, Sezione di Asti e ha

coinvolto l'Amministrazione Regionale, il Comune di Asti, i proprietari dei fondi e le ditte

estrattrici che operavano sull'area, oltre ad un gruppo di figure professionali diverse, quali

architetti, ingegneri, naturalisti, dottori forestali. Grazie ad un complesso di convenzioni

stipulato tra proprietari terrieri, imprenditori e WWF Italia (nella persona del suo

Presidente della Delegazione Regionale per il Piemonte e la Valle d'Aosta, dott. Giorgio

Baldizzone), il WWF ha ottenuto l'area in comodato gratuito, rinnovabile ogni 10 anni.

Il progetto in questione si proponeva di unire due esigenze diverse. La prima, di carattere

prettamente ambientalista, derivava dalla volontà di ricreare un ambiente naturale da

offrire alla fauna e alla flora locali, che acquisisse una certa rilevanza sul piano ambientale

nelle aree limitrofe e nei confronti della stessa città di Asti. Non meno importante era

l'esigenza di conciliare le attività estrattrici operanti nei terreni oggetto del progetto con un

corretto uso del territorio, che non permettesse l'abbandono di un territorio degradato una

volta terminate le operazioni.

L'innovativo progetto di rinaturalizzazione ha previsto che fossero le stesse ditte operanti

sui terreni in questione a realizzare la varie attività di scavo e rimodellamento,

collaborando tra loro per la realizzazione di un progetto che, relativamente alla

classificazione catastale, interessava più lotti diversi. Inoltre, si veniva a invertire la scala

di priorità che normalmente si instaura durante le operazioni di scavo, che in questo caso

poneva come obiettivo principale la qualità del risultato finale di cui lo scavo rappresenta

solo un mezzo, quando invece di norma le attività di scavo privilegiano la pianificazione

delle operazioni senza occuparsi della sistemazione finale. Infine, è stata di fondamentale

importanza la partecipazione del WWF sin dalla fase preparatoria dell'operazione, in

quanto l'associazione era già riconosciuta come futura responsabile della gestione dell'area.

Page 32: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

29

Il progetto degli interventi si è articolato in due momenti principali e distinti. Il primo è

stato dedicato alle attività di scavo vere e proprie, con asportazione e accantonamento dello

strato superficiale (poi reimpiegato in loco per il rimodellamento) e asportazione e

trasporto agli impianti di frantumazione dello strato sottostante, ad una profondità di circa

2 m sotto il piano di falda, nella sua localizzazione media. La seconda fase ha poi

interessato il rimodellamento spondale dei bacini artificiali utilizzando il materiale rimosso

in precedenza. La conformazione delle sponde è varia ed eterogenea, al fine di favorire la

presenza di più specie diverse (Fig. 14).

Fig. 14. Schema di sistemazione delle sponde. Da ACER, 4/2002.

Il progetto ha quindi previsto la creazione di fasce di vegetazione palustre emergente (con

priorità alla Cannuccia di palude, Phragmites australis), sommersa e natante in superficie

(Lemna minor). La rivegetazione delle sponde è avvenuta con essenze autoctone, in primo

luogo Salice bianco (Salix alba) e Ontano nero (Alnus glutinosa) in prossimità dell'acqua e

secondariamente Pioppo nero (Populus nigra) in zone di pendio o su terroni sabbiosi e

ciottolosi. Gli spazi aperti sono stati inerbiti con specie rustiche.

Il progetto non ha previsto l'introduzione di pesci per vari motivi, primo tra i quali

l'incompatibilità della presenza di pesci con quella del raro Pelobate fosco (Pelobates

fuscus insubricus). I pesci hanno comunque modo di raggiungere l'Oasi tramite uova che

rimangano attaccate alle zampe degli uccelli che frequentano le rive del Tanaro, oltre al

fatto che in alcune occasioni sono stati artificialmente introdotti da pescatori.

I percorsi disposti per la fruizione al pubblico sono stati mascherati da vegetazione o dossi

del terreno e l'osservazione degli stagni è permessa da alcuni affacci oltre che da due

capanni in legno.

Page 33: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

30

Fig. 15. Planimetria dell'area.

Page 34: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

31

3.3 Clima

La relazione meteo-climatica della primavera 2013 fornita dell’Arpa Piemonte rileva che la

primavera 2013 è stata la seconda più umida degli ultimi 56 anni in Piemonte, dopo quella

del 1977. Di fondamentale importanza sono state le precipitazioni, sia liquide che solide,

che hanno interessato la regione nel periodo analizzato. La precipitazione media cumulata

sul Piemonte alla fine della primavera 2013 era pari a quella che in un anno normale si

sarebbe registrata a fine luglio. Le precipitazioni hanno fatto registrare un saldo positivo

del 65 % rispetto alla norma 1971-2000. Nello specifico, la stagione si è aperta con un

marzo piovoso, anche se non eccezionale (+30%), mentre i mesi di aprile e maggio hanno

portato anomalie percentuali medie positive di oltre il 75% rispetto alla norma e a partire

dalla terza decade di aprile, i giorni piovosi sono stati 3 su 4. In quest’ultima parte si sono

verificati anche due intensi eventi pluviometrici (il primo tra il 27 aprile ed il 1° maggio ed

il secondo tra il 15 ed il 19 maggio), i quali hanno dato luogo a locali situazioni di criticità

idrogeologica.

Per quel che riguarda le temperature, l’anomalia negativa registrata è di 0.3°C, che pone la

primavera 2013 al 16° posto tra le più fredde degli ultimi 56 anni. Il contributo più

rilevante è arrivato dai mesi di marzo (-1,2°C) e maggio (-1,2°C), mentre aprile ha fatto

registrare un’anomalia positiva di 1,5°C. L’anomalia negativa più pronunciata è stata

registrata essenzialmente nelle zone pianeggianti e collinari (soprattutto Monferrato e

basso Vercellese). In totale, considerando anche il periodo freddo a cavallo tra marzo ed

aprile, circa la metà dei giorni della primavera 2013 hanno fatto registrare un’anomalia di

temperatura media al di sotto della norma 1971-2000, con due periodi particolarmente

freddi, a cavallo tra marzo ed aprile e nella seconda metà del mese di maggio.

Page 35: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

32

4. Monitoraggio

Le osservazioni si sono svolte da metà aprile a inizio giugno 2013 e hanno interessato

alternativamente i due siti di studio, dedicando 6 giornate di monitoraggio ad ognuno. Le

12 sessioni complessive di osservazione hanno avuto luogo in mattinata o nel primo

pomeriggio, con una durata di 2-3 ore ciascuna. Questa distribuzione temporale del lavoro

ha permesso di ottenere un quadro generale dell’avifauna presente a Racconigi e ad Asti

lungo tutto il periodo del monitoraggio. Le osservazioni si sono volutamente svolte in

primavera, al fine di includere nello studio il periodo della riproduzione di alcune delle

specie censite.

Durante le osservazioni sono stati utilizzati un binocolo, una macchina fotografica e la

guida ornitologica “Collins Bird Guide” (2nd

Edition) di L. Svensson, K. Mullarney e D.

Zetterström, come strumento di aiuto e conferma nel riconoscimento delle specie avvistate.

Come già specificato, i dati provenienti dal Centro Cicogne di Racconigi sono stati raccolti

unicamente dal nuovo osservatorio sulla palude.

Per quanto riguarda l’Oasi la Bula di Asti, i dati sono stati raccolti attraverso osservazioni

svoltesi dai due capanni presenti all’interno dell’area, i quali permettono l’affaccio sui due

rami dello stagno principale. Per chiarezza e semplicità, le due serie di dati sono state poi

incorporate, al fine di indicare in tabella (Tab. 3) un valore unico di individui censiti per

ogni specie all’interno dello stagno.

Inoltre, è importante sottolineare che i censimenti relativi alle colonie di Ardeidi e

Cormorani di Asti, nidificanti sull’isolotto centrale dello stagno principale, sono stati

possibili solo nelle prime due giornate di studio, in quanto con l'avanzare della stagione

vegetativa delle piante della garzaia risulta difficoltoso osservare e contare i nidi. E’ stato

quindi possibile censire gli adulti inizialmente presenti, ma non i giovani dell’anno.

Più della metà dei giorni di osservazione sono stati interessati da pioggia intermittente o

comunque nuvolosità ed umidità. Per i dati climatici della stagione si rimanda al capitolo

precedente.

Page 36: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

33

5. Risultati

I dati raccolti sono stati inseriti in due tabelle a doppia entrata (Tab. 2 e 3) che riportano il

numero di individui censiti nei giorni di monitoraggio indicati. I dati indicati non fanno

distinzione tra adulti e pulli, ma forniscono il valore totale di individui osservati della data

specie.

La classificazione delle specie ornitiche è basata sulla Lista CISO-COI degli Uccelli

Italiani – liste A, B e C, del 10 settembre 2009.

Il simbolo / indica che non sono stati avvistati individui nel dato giorno per la data specie.

Il simbolo è utilizzato per i nidificanti che, come specificato in precedenza, sono stati

censiti fintanto che gli alberi erano spogli e permettevano le osservazioni. Il simbolo indica

quindi la presenza delle specie in questione, di cui non è più stato possibile il conteggio

diretto (Fig. 16).

Fig. 16. Oasi WWF La Bula, Asti. Le foglie impediscono il censimento di Ardeidi e Cormorani. (Foto di

Roberta Donato, 29 aprile 2013).

Page 37: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

34

Ord

ine

Fam

iglia

Spe

cie

Au

tore

Cat

. AER

C1

5/0

42

2/0

40

1/0

51

0/0

5

23

/05

05

/06

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

ser

an

ser,

oca

sel

vati

ca(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

AC

11

/1

//

//

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Tad

orn

a f

erru

gin

ea, c

asa

rca

(Pa

lla

s 1

76

4)

AD

E23

//

1/

//

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Tad

orn

a t

ad

orn

a, v

olp

oca

(Lin

na

eus,

17

58

)A

C1

1/

21

//

/

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

stre

per

a, c

an

ap

igli

aLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

//

//

2/

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

crec

ca, a

lza

vola

Lin

na

eus,

17

58

A1

1/

/1

2/

2

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

pla

tyrh

ynch

os

, ger

ma

no

rea

leLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

C1

1/

/3

32

72

65

3

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

qu

erq

ued

ula

, ma

rza

iola

Lin

na

eus,

17

58

A1

1/

/2

11

1

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Ma

rma

ron

etta

an

gu

stir

ost

ris

, a

na

tra

ma

rmo

rizz

ata

(Mén

étri

es, 1

83

2)

AE3

3/

//

/6

/

Pel

eca

nif

orm

esP

ha

lacr

oco

raci

da

eP

ha

lacr

oco

rax

carb

o, c

orm

ora

no

(Lin

neu

s, 1

75

8)

A1

1/

1/

//

/

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Ixo

bry

chu

s m

inu

tus

, ta

rab

usi

no

(Lin

na

eus,

17

66

)A

11

//

//

1/

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Bu

bu

lcu

s ib

is,

air

on

e gu

ard

ab

uo

i(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

1/

//

//

1

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Egre

tta

ga

rzet

ta, g

arz

etta

(Lin

neu

s, 1

76

6)

A1

1/

12

14

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Ca

smer

od

ius

alb

us

, air

on

e b

ian

co m

agg

iore

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

//

//

1/

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Ard

ea c

iner

ea,

air

on

e ce

ner

ino

Lin

na

eus,

17

58

A1

11

/2

4/

2

Cic

on

iifo

rmes

Cic

on

iid

ae

Cic

on

ia c

ico

nia

, cic

ogn

a b

ian

ca(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

AC

11

32

11

//

/

Falc

on

ifo

rmes

Acc

ipit

rid

ae

Cir

cus

aer

ug

ino

sus

, fa

lco

di

pa

lud

e(L

inn

eus,

17

58

)A

11

/1

/1

/1

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Ra

llus

aq

ua

ticu

s, p

orc

igli

on

eLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

//

/4

11

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Po

rza

na

pa

rva

, sc

hir

ibil

la(S

cop

oli

, 17

69

)A

12

//

//

/1

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Ga

llin

ula

ch

loro

pu

s, g

all

inel

la d

'acq

ua

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

25

45

42

23

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Fulic

a a

tra

, fo

laga

Lin

na

eus,

17

58

A1

15

14

88

58

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Rec

urv

iro

stri

da

eH

ima

nto

pu

s h

ima

nto

pu

s, c

ava

lier

e d

'Ita

lia

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

65

cir

ca5

0 c

irca

15

80

cir

ca1

67

0 c

irca

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ch

ara

dri

ida

eC

ha

rad

riu

s d

ub

ius

, co

rrie

re p

icco

loSc

op

oli

, 17

86

A1

15

//

4/

1

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ch

ara

dri

ida

eC

ha

rad

riu

s h

iati

cula

, co

rrie

re g

ross

oLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

10

//

1/

//

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ch

ara

dri

ida

eV

an

ellu

s va

nel

lus

, pa

von

cell

a(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

14

1/

15

/1

2

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eP

hilo

ma

chu

s p

ug

na

x, c

om

ba

tten

te(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

06

6/

8/

6

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eA

ctit

is h

ypo

leu

cos,

pir

o p

iro

pic

colo

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

6/

//

//

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eTr

ing

a o

chro

pu

s, p

iro

pir

o c

ulb

ian

coLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

10

6/

43

12

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eTr

ing

a e

ryth

rop

us

, to

tan

o m

oro

(Pa

lla

s, 1

76

4)

A1

0/

42

4/

2

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eTr

ing

a n

ebu

lari

a,

pa

nta

na

(Gu

nn

eru

s, 1

76

7)

A1

01

10

/2

/1

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eTr

ing

a g

lare

ola

, p

iro

pir

o b

osc

her

ecci

oLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

10

/2

83

46

/4

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Sco

lop

aci

da

eTr

ing

a t

ota

nu

s, p

ette

gola

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

1/

//

//

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Lari

da

eLa

rus

mic

ha

hel

lis, g

ab

bia

no

rea

leN

au

ma

nn

, 18

40

A1

1/

13

//

/

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ster

nid

ae

Ch

lido

nia

s h

ybri

da

, m

ign

att

ino

pio

mb

ato

(Pa

lla

s, 1

81

1)

A1

1/

//

//

1

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ster

nid

ae

Ster

na

hir

un

do

, st

ern

a c

om

un

eLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

//

//

/1

Co

lum

bif

orm

esC

olu

mb

ida

eC

olu

mb

a p

alu

mb

us

, co

lom

ba

ccio

Lin

na

eus,

17

58

A1

1/

//

/2

/

Pa

sser

ifo

rmes

Hir

un

din

ida

eH

iru

nd

o r

ust

ica

, ro

nd

ine

Lin

na

eus,

17

58

A1

1/

20

cir

ca2

0 c

irca

//

/

Pa

sser

ifo

rmes

Sylv

iid

eA

cro

cep

ha

lus

aru

nd

ina

ceu

s, c

an

na

recc

ion

e(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

1/

//

/1

/

Tab. 2. Checklist delle specie osservate presso il Centro Cicogne di Racconigi.

Page 38: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

35

Ord

ine

Fam

iglia

Spe

cie

Au

tore

Cat

. AER

C1

2/0

42

0/0

42

9/0

40

5/0

51

9/0

50

4/0

6

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

pla

tyrh

ynch

os,

ger

ma

no

rea

leLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

C1

1/

41

89

20

35

An

seri

form

esA

na

tid

ae

An

as

clyp

eata

, m

esto

lon

eLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

7/

//

//

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Net

ta r

ufi

na

, fi

stio

ne

turc

o(P

all

as,

17

73

)A

11

71

28

13

15

18

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Ayt

hya

fer

ina

, m

ori

glio

ne

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

//

4/

//

An

seri

form

esA

na

tid

ae

Ayt

hya

fu

ligu

la,

mo

rett

a(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

12

//

//

/

Pel

eca

nif

orm

esP

ha

lacr

oco

raci

da

eP

ha

lacr

oco

rax

carb

o, c

orm

ora

no

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

10

0 c

irca

10

0 c

irca

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Nyc

tico

rax

nyc

tico

rax,

nit

tico

ra(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

11

52

0 c

irca

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Egre

tta

ga

rzet

ta,

garz

etta

(Lin

na

eus,

17

66

)A

11

/1

2 c

irca

Cic

on

iifo

rmes

Ard

eid

ae

Ard

ea c

iner

ea,

air

on

e ce

ner

ino

Lin

na

eus,

17

58

A1

11

62

0 c

irca

Po

dic

iped

ifo

rmes

Po

dic

iped

ida

eTa

chyb

ap

tus

rufi

colli

s, t

uff

etto

(Pa

lla

s, 1

76

4)

A1

11

5 c

irca

29

51

03

Po

dic

iped

ifo

rmes

Po

dic

iped

ida

eP

od

icep

s cr

ista

tus,

sva

sso

ma

ggio

re(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

12

42

31

08

Falc

on

ifo

rmes

Acc

ipit

rid

ae

Acc

ipit

er n

isu

s, s

pa

rvie

re(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

1/

1/

//

/

Falc

on

ifo

rmes

Falc

on

ida

eFa

lco

su

bb

ute

o,

lod

ola

ioLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

/1

2/

//

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Ga

llin

ula

ch

loro

pu

s, g

all

inel

la d

'acq

ua

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

10

cir

ca1

3/

//

Gru

ifo

rmes

Ra

llid

ae

Fulic

a a

tra

, fo

laga

Lin

na

eus,

17

58

A1

11

02

0 c

irca

20

cir

ca2

0 c

irca

35

33

Ch

ara

dri

ifo

rmes

Ster

nid

ae

Ster

na

hir

un

do

, st

ern

a c

om

un

eLi

nn

aeu

s, 1

75

8A

11

/6

//

/2

Co

lum

bif

orm

esC

olu

mb

ida

eC

olu

mb

a p

alu

mb

us,

co

lom

ba

ccio

Lin

na

eus,

17

58

A1

13

21

//

/

Ap

od

ifo

rmes

Ap

od

ida

eA

pu

s a

pu

s, r

on

do

ne

com

un

e(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

1/

/4

0 c

irca

//

/

Pic

ifo

rmes

Pic

ida

eP

icu

s vi

rid

is,

pic

chio

ver

de

Lin

na

eus,

17

58

A1

1/

//

11

/

Pa

sser

ifo

rmes

Hir

un

din

ida

eR

ipa

ria

rip

ari

a,

top

ino

(Lin

na

eus,

17

58

)A

11

//

15

cir

ca/

//

Pa

sser

ifo

rmes

Hir

un

din

ida

eH

iru

nd

o r

ust

ica

, ro

nd

ine

Lin

na

eus,

17

58

A1

1sì

50

-70

20

0 c

irca

/2

0 c

irca

/

Pa

sser

ifo

rmes

Co

rvid

ae

Ga

rru

lus

gla

nd

ari

us,

gh

ian

da

ia(L

inn

aeu

s, 1

75

8)

A1

14

21

//

/

Tab. 3. Checklist delle specie osservate presso l’Oasi WWF La Bula di Asti

Page 39: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

36

Presso il Centro Cicogne di Racconigi sono state avvistate 37 specie (Tab. 2).

I dati raccolti presso il Centro Cicogne di Racconigi rilevano, come prevedibile,

un’importante presenza di Caradriformi.

I Caradriformi senza dubbio più numerosi a Racconigi durante il periodo di monitoraggio

sono i Cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus). I Cavalieri d’Italia sono nidificanti

all’interno del Centro Cicogne, con numeri importanti: il 10 maggio sono stati censiti circa

65 adulti e 18 pulli (Fig. 17).

Un’altra importante presenza è rappresentata da vari Scolopacidi. Tra i più numerosi

citiamo Piro piro boschereccio (Tringa glareola) con 34 individui osservati il 01/05 e

secondariamente Combattente (Philomachus pugnax, 8 individui il 10/05), Piro piro

culbianco (Tringa ochropus, 6 individui il 15/04), Pantana (Tringa nebularia, 10 individui

il 22/04), Totano moro (Tringa erythropus, 4 individui il 22/04 e il 10/05).

Tra gli Anatidi che frequentano la palude, spiccano per numerosità i Germani reali (Anas

platyrhynchos), con 53 individui osservati il 05/06.

Gli altri Anatidi osservati sono molto meno numerosi rispetto al Germano reale. Tra loro

citiamo la Marzaiola (Anas querquedula, 2 individui il 01/05), l’Alzavola (Anas crecca, 2

individui il 10/05 e il 05/06 ) e la Canapiglia (Anas strepera, 2 individui il 23/05).

Tra i Rallidi più numerosi si annoverano le Folaghe (Fulica atra), con 14 individui

osservati il 22/04 e le Gallinelle d’acqua (Gallinula chloropus), con 54 individui osservati

il 10/05. Si evidenzia anche la presenza della Schiribilla (Porzana parva) e del Porciglione

(Rallus aquaticus) (Fig. 18). Quest’ultimo è nidificante presso il Centro Cicogne e il 10

maggio è stato possibile osservare un adulto con 3 pulli.

La palude è inoltre frequentata da Ardeidi, quali Aironi cenerini (Ardea cinerea), Aironi

bianchi maggiori (Casmerodius albus) e Garzette (Egretta garzetta), alla ricerca di pesci,

anfibi e insetti. Visitatori abituali della palude sono anche le Cicogne bianche (Ciconia

ciconia), nidificanti sia nel centro Cicogne che al di fuori, su vari edifici del paese, tra i

quali il Castello Reale.

Page 40: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

37

All’Oasi la Bula di Asti, sono state avvistate 22 specie. La presenza numericamente più

importante è costituita dai Cormorani (Phalacrocorax carbo), con un centinaio di individui

e 46 nidi censiti. Si tratta di grandi Pelecaniformi, nidificanti sull’isolotto centrale

all’interno dello stagno principale dell’Oasi. I nidi dei Cormorani sono strettamente

associati alla garzaia sull’isolotto (Fig. 23), che ospita Aironi cenerini (Ardea cinerea,

circa 20), Garzette (Egretta garzetta, circa 12) e Nitticore (Nycticorax nycticorax, circa

20).

Per quel che riguarda i Podicipedidi, due sono le specie censite. I primi sono gli Svassi

maggiori (Podiceps cristatus), osservati durante tutto il periodo del monitoraggio e con 10

individui avvistati il 19/05; la specie è nidificante all’interno dell’Oasi la Bula ed il

Fig. 18. Porciglione. (Foto di Marco Petrino)

Fig. 17. Cavaliere d’Italia con pulli. (Foto di Roberta Donato)

Page 41: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

38

5 maggio è stato possibile assistere al rituale di corteggiamento di una coppia (Fig. 19).

Altro Podicipedide osservato è il Tuffetto (Tachybaptus ruficollis, Fig. 20), un pescatore di

piccole dimensioni (23-29 cm di lunghezza), con circa 15 individui censiti il 12/04.

I Rallidi sono principalmente rappresentati dalle Folaghe (Fulica atra), numerose e

nidificanti all’interno dell’Oasi. I tre nidi osservati sono stati edificati allo scoperto

nell’acqua e consistono in un cumulo di rami e vegetazione ripariale (Fig. 22). Il 19

maggio sono stati censiti 21 adulti e 14 giovani.

Per quanto riguarda gli Anatidi, si evidenzia la presenza del Fistione turco (Netta rufina),

nidificante nell’Oasi. (Fig. 21) Il 4 giugno sono stati osservati 13 adulti e 5 giovani.

Gli altri Anatidi osservati comprendono numerosi Germani reali (Anas platyrhynchos) e

alcuni Mestoloni (Anas clypeata), Moriglioni (Aythya ferina) e Morette (Aythya fuligula).

Fig. 19. Corteggiamento di Svassi

maggiori. (Foto di Roberta Donato)

Fig. 20. Tuffetto. (Foto di Roberta Donato)

Fig. 21. Fistione turco maschio. (Foto di Roberta Donato)

Page 42: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

39

Fig. 22. Nidi di Folaga, adulti e pulli. Oasi La Bula, Asti. (Foto di Roberta Donato)

Fig. 23. Garzaia. Oasi La Bula, Asti. (Foto di Roberta Donato)

Page 43: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

40

6. Discussioni

6.1 Descrizione delle specie osservate

I Caradriformi sono un Ordine molto numeroso, che comprende una grande varietà di

uccelli caratterizzati da lunghe zampe, che vivono generalmente in ambienti umidi quali

rive e paludi. Solo alcune specie sono ben adattate ad ambienti più secchi. La dieta dei

Caradriformi si compone principalmente di insetti, vermi, molluschi, crostacei e più

raramente di vegetali o piccoli pesci. Spesso il nido è una semplice conca poco profonda

nel terreno e il genitore in cova si avvale di un piumaggio mimetico per non attirare

l’attenzione dei predatori.

La stragrande maggioranza dei dati relativi alle osservazioni di Caradriformi proviene dal

Centro Cicogne di Racconigi; all’Oasi la Bula di Asti, infatti, sono state osservate solo

Sterne comuni (Sterna hirundo), appartenenti alla Famiglia degli Sternidi.

I Cavalieri d’Italia (Himanthopus himanthopus) appartengono alla famiglia dei

Recurvirostridi. Sono trampolieri migratori trans-sahariani, presenti solo localmente

nell’Europa circum-mediterranea, che abitano zone di acqua bassa ricche d’insetti. Il loro

nido è a terra e può consistere in poche “raspate” su terreno asciutto o in accumulo di

detriti vegetali in ambienti umidi. In Italia è nidificante, migratore e svernante regolare e

irregolare.

Gli Scolopacidi osservati sono rappresentati da Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos),

Combattente (Philomachus pugnax), Totano moro (Tringa erythropus), Piro piro

boschereccio (Tringa glareola), Pantana (Tringa nebularia), Piro piro culbianco (Tringa

ochropus) e Pettegola (Tringa totanus). Questi uccelli sono di ripasso in primavera alle

nostre latitudini, oltre a essere presenti come svernanti, in quanto il loro areale riproduttivo

è in linea generale rappresentato dal Centro e dal Nord Europa. Le zone umide come quella

all’interno del Centro Cicogne di Racconigi offrono un’importante occasione di sosta

durante la migrazione verso nord.

I Caradridi osservati sono Corriere piccolo (Charadrius dubius), Corriere grosso

(Charadrius hiaticula) e Pavoncella (Vanellus vanellus). I Corrieri sono piccoli migratori,

regolarmente osservabili in Italia, ma nidificanti e svernanti irregolari sul nostro territorio.

Anche la Pavoncella è una specie essenzialmente migratrice; i suoi quartieri di

Page 44: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

41

svernamento sono rappresentati da Europa occidentale, Nord Africa e bacino del

Mediterraneo. In Italia è nidificante nella Pianura Padana.

Per quanto riguarda gli Anatidi, i più comuni e numerosi sia presso il centro Cicogne di

Racconigi che all’interno dell’Oasi la Bula di Asti, sono i Germani reali (Anas

platyrhynchos). Si tratta di anatre gregarie, dalla dieta variegata, abituate alla presenza

umana e molto comuni in tutto il continente europeo. Benché si tratti di uccelli migratori,

la maggior parte degli individui presenti in Piemonte è da considerarsi sedentaria. In

entrambi i siti di studio i Germani reali sono nidificanti.

Anatre come la Marzaiola (Anas querquedula), l’Alzavola (Anas crecca) o la Canapiglia

(Anas strepera) sono solo di passaggio nella nostra regione, in quanto i loro siti di

riproduzione sono situati in Europa centro-orientale. Solo alcune rare e localizzate coppie

nidificano in Piemonte.

All’interno dell’Oasi La Bula di Asti si segnala la presenza e la nidificazione del Fistione

turco (Netta rufina). Si tratta di uccelli diffusi localmente in tutta l’Europa occidentale. Il

maschio adulto durante la stagione riproduttiva è inconfondibile, in quanto presenta un

capo arrotondato coperto da piumaggio arancione, mentre la femmina è meno appariscente.

La loro dieta consiste prevalentemente di piante acquatiche. Il nido è sempre ben nascosto,

spesso situato alla fine di un tunnel formato dalla vegetazione. Per quanto riguarda l’Italia,

il Fistione turco nidifica in Sardegna e in zone umide residue della Pianura Padana.

I Rallidi sono ben rappresentati da Gallinelle d’acqua (Gallinula chloropus) e Folaghe

(Fulica atra), sia presso il Centro Cicogne che all’Oasi La Bula. Entrambe le specie hanno

un vasto areale di distribuzione a livello mondiale; per quanto riguarda l’Europa, sono da

considerarsi migratrici solo le popolazioni delle regioni settentrionali. In Italia sono

nidificanti sedentarie, migratrici regolari e svernanti.

Il Porciglione, osservato presso il Centro Cicogne di Racconigi, è un Rallide piuttosto

schivo, di difficile osservazione, che ama ambienti paludosi circondati da una fitta

vegetazione in cui può nascondersi e nidificare. In Italia il Porciglione è nidificante

sedentario, migratore regolare e svernante.

Gli Ardeidi sono facilmente osservabili in entrambi i siti di studio. I più comuni e numerosi

sono gli Aironi cenerini (Ardea cinerea), specie che comprende sia popolazioni migratrici

che sedentarie. Le popolazioni europee migratrici svernano nei Paesi che si affacciano sul

Page 45: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

42

Mediterraneo e in Africa possono raggiungere anche il Sahel, mentre in Europa occidentale

l’Airone cenerino è osservabile durante tutto l’arco dell’anno.

Le popolazioni europee di Garzetta (Egretta garzetta) nidificano nelle regioni centro-

meridionali del continente e svernano nell’Africa sub-sahariana o restano in parte

nell’Europa mediterranea. Si tratta di uccelli gregari, dalle abitudini esclusivamente diurne

e la nidificazione avviene tipicamente in numerose colonie insieme ad altri Ardeidi

coloniali, in particolare Nitticore.

La Nitticora (Nycticorax nycticorax) è stata osservata principalmente all’Oasi La Bula di

Asti. La Nitticora è un uccello attivo prevalentemente di notte, ma durante l’allevamento

della prole va alla ricerca di cibo anche durante il giorno. Si tratta di una specie migratrice.

Le zone di riproduzione delle popolazioni europee sono frammentate nelle regioni centro-

meridionali, mentre l’areale di svernamento si estende nella regione sub-sahariana

dell’Africa occidentale fino all’Equatore. In Italia la Nitticora è migratrice regolare e

nidificante.

Il Cormorano è un grande Phalacrocoracide dalle abitudini gregarie, nidificante all’interno

dell’Oasi La Bula di Asti in stretta associazione con gli Ardeidi (Fig. 24). La specie è

caratterizzata da popolazioni migratrici e parzialmente migratrici. In Italia è sedentario e

nidificante, migratore regolare e svernante.

Fig. 24. Cormorani nidificanti presso l’Oasi La Bula di Asti. (Foto di

Roberta Donato)

Page 46: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

43

Due sono i Podicipedidi osservati alla Bula di Asti. Lo Svasso maggiore (Podiceps

cristatus) è un uccello elegante, diffuso in tutta l’Europa occidentale, caratterizzato dai

ciuffi auricolari che porta sul capo durante il periodo riproduttivo. Il nido consiste in un

cumulo di fusti di cannuccia e detriti vegetali ed viene costruito nella fascia di vegetazione

palustre bordante le rive o, più raramente, allo scoperto. In Italia lo Svasso maggiore è

nidificante residente, migratore e svernante.

Il Tuffetto (Tachybaptus ruficollis) è un uccello dalle abitudini prettamente acquatiche,

dalle ottime qualità nel nuoto e nell’immersione. Le popolazioni nidificanti nell’Europa

occidentale e meridionale sono parzialmente residenti, mentre quelle dell’Europa centro-

orientale sono migratrici e svernano nei paesi del bacino del Mediterraneo. In Italia è

nidificante estivo e residente, migratore e svernante.

6.2 I servizi ecosistemici delle aree umide

Le aree umide sono ecosistemi molto produttivi e dal grande valore e pregio naturalistico,

di fondamentale importanza nel mantenimento degli equilibri naturali che regolano la

biosfera e nella conservazione della biodiversità (Le Zone Umide del Piemonte, 2011). Le

aree umide sono altresì ecosistemi estremamente vulnerabili e delicati, soggetti

specialmente alle variazioni degli apporti idrici che possono causare l’irreversibile perdita

di specie animali e vegetali perfettamente adattate al loro ambiente e pertanto molto

sensibili ai cambiamenti. Infatti, l’alta produttività biologica di questo tipo di ecosistemi e

le pressioni selettive imposte dalla vita in ambiente acquatico hanno creato un ricco biota

in relazione esclusiva con le aree umide (Gibbs, 1995). Inoltre, le aree umide sono spesso

frammentate in patches individuali, immerse in una matrice di altri habitat, cosicché la

maggior parte delle popolazioni locali di specie legate alle zone umide, sono piccole,

isolate e quindi molto vulnerabili ed esposte al rischio di estinzione (Møller e Rørdam,

1985; Dodd, 1990; Sjögren, 1991). Molti organismi dipendenti dalle aree umide vivono in

tante piccole popolazioni locali la cui sopravvivenza è permessa da migrazioni occasionali;

si tratta quindi di metapopolazioni (Hanski e Gilpin, 1991; Semlitsch, 1998).

Le aree umide sono costituite da un insieme di componenti fisiche, biologiche e chimiche,

quali suolo, acqua, specie animali e vegetali, nutrienti. E’ l’interazione tra queste

componenti che permettono all’area di svolgere determinate funzioni.

I beni e i servizi che le aree umide forniscono all’uomo sono riferibili alle categorie di

servizi ecosistemici già descritte, ma possono variare in base al tipo di ecosistema in

Page 47: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

44

questione. Per questo, Brander e colleghi (2006) propongono una classificazione in cinque

diverse tipologie di area umida: mangrovie, sedimento non vegetato, acquitrino salato o

salmastro, acquitrino d’acqua dolce e boschi umidi d’acqua dolce. Come già detto, i servizi

forniti dalle aree umide derivano, ma non vanno confusi, con le loro funzioni fisiche ed

ecologiche.

Parte dei servizi forniti dipende da processi geofisici diretti (quali ritenzione dei sedimenti

o fornitura di aree-tampone in caso di piena), per estendersi poi a funzioni più generali, di

carattere climatico, biologico e socio-culturale, come impatti sul cambiamento climatico

locale e globale ed effetti di regolazione e stabilizzazione, conservazione della biodiversità

e fornitura di ambienti naturali per la ricreazione. Non meno importante è la capacità delle

aree umide di permettere all’uomo, attraverso processi ecologici, l’estrazione di beni e

servizi da risorse naturali, quali acqua, pesci ed altri animali edibili, legname, energia.

Più in dettaglio, i servizi ecosistemici forniti dalle aree umide sono:

- Servizi di approvvigionamento

Cibo: produzione di pesce, invertebrati, selvaggina, alghe, frutta, semi.

Acqua dolce: stoccaggio e ritenzione idrica; fornitura di acqua potabile e

per l’irrigazione.

Fibre e combustibili: produzione di legname, legna da ardere, torba,

materiali inerti.

Prodotti biochimici: estrazione di materiali dal biota.

Materiale genetico: sostanze medicinali; geni di resistenza contro patogeni

delle piante, specie ornamentali.

- Servizi di regolazione

Climatici: regolazione di gas serra, temperature, precipitazioni e altri

processi climatici; composizione chimica dell’atmosfera.

Biologici: regolazione delle interazioni tra livelli trofici; salvaguardia della

diversità funzionale.

Regimi idrologici: flussi d’acqua sotterranei; stoccaggio di acqua per

l’agricoltura e l’industria.

Controllo degli inquinanti e disintossicazione: ritenzione, recupero e

rimozione di nutrienti in eccesso e inquinanti.

Page 48: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

45

Protezione dall’erosione: ritenzione dei suoli e prevenzione di

cambiamenti strutturali.

Rischi naturali: controllo delle alluvioni; regolazione delle tempeste.

- Servizi culturali

Spirituali e ispiratori: sentimenti personali e benessere; importanza

religiosa.

Ricreazionali: opportunità di turismo e attività ricreative.

Estetici: apprezzamento per i diversi aspetti della natura.

Educativi: opportunità per attività di didattica e formazione formali e non.

- Servizi di supporto

Alla biodiversità: habitat per specie stanziali o di passaggio.

Alla formazione del suolo: ritenzione del sedimento e possibilità di

accumulo di materiale organico.

Al ciclo dei nutrienti: stoccaggio, riciclo, trattamento ed acquisizione dei

nutrienti.

All’impollinazione: supporto per gli impollinatori.

(Adattato dal Ramsar Technical Report No. 3, 2006)

In seguito alla distruzione di un’area umida, si perdono anche tutte le funzioni che essa

conteneva (il che comporta anche considerevoli costi annuali per ripristinarle). In

particolare, quattro di queste funzioni emergono per la loro importanza a livello globale ed

il loro valore come servizi ecosistemici: supporto alla biodiversità, miglioramento della

qualità delle acque, riduzione delle alluvioni e regolazione del carbonio (Greeson et al.,

1979).

Proprietà come la presenza di acqua e l’importante produzione primaria di questi habitat

attraggono un gran numero di individui e di specie animali, molti dei quali dipendono

interamente dalle aree umide. La maggior parte degli sforzi messi in atto per limitare la

perdita di aree umide deriva dall’interesse nel salvaguardarne la biodiversità, con

particolare riguardo per uccelli acquatici, crostacei e molluschi, pesci e piante rare. I

risultati di censimenti annuali dell’avifauna acquatica nidificante possono essere messi in

relazione con le condizioni dell’area umida mentre altri animali come crostacei ed anfibi

Page 49: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

46

d’acqua dolce sono considerati degli ottimi indicatori relativamente alla perdita e al

degrado delle aree umide, a causa della loro particolare sensibilità alle variazioni della

quantità e della qualità dell’acqua. Inoltre le zone umide fungono da luogo di sosta per

molte specie durante la migrazione primaverile ed autunnale.

Il ruscellamento delle acque da aree agricole e urbane trasporta tipicamente grandi quantità

di nitrati e fosforo, nutrienti che stimolano la crescita delle alghe nei corpi idrici.

L’eutrofizzazione e la presenza di alghe (con loro conseguente decomposizione)

diminuiscono la concentrazione di ossigeno disciolto in acqua, causando spesso morie di

pesci e distruzione della catena alimentare acquatica. Queste condizioni possono risultare

sgradevoli e addirittura tossiche anche per gli esseri umani.

Una migliore gestione dell’uso dei nutrienti nelle aziende agricole e nelle città,

permetterebbe alle aree umide di ottimizzare il loro ruolo nella riduzione dei problemi

legati al surplus di questi nutrienti . E’ infatti riconosciuta la capacità delle aree umide di

rimuovere sedimenti, nutrienti e altri contaminanti delle acque, tutte funzioni che hanno

portato ad un diffuso sfruttamento delle aree umide per il trattamento delle acque reflue

(Kadlec e Knight, 1996). Le aree umide con acque poco profonde sono efficaci nella

rimozione di nitrati dalle acque correnti; infatti, la denitrificazione è un doppio processo, in

cui i nitrati (presenti in acque ossigenate) vengono ridotti ad azoto gassoso dall’azione di

batteri anaerobi (i quali si trovano in suoli anossici).

Il fosforo ha invece la tendenza a legarsi alle particelle del suolo, pertanto la miglior

strategia per la sua rimozione consiste nell’intrappolare le acque ricche di sedimenti e

lasciarle decantare per permettere alle particelle di depositarsi. Inoltre, un’alta

concentrazione di alluminio e ferro aumenta la capacità di legare il fosforo e, di

conseguenza, la sua rimozione (Smil, 2000).

L’individuazione di aree da preservare o ripristinare, al fine di migliorare la qualità delle

acque di un bacino idrografico, richiede indagini e ricerche considerevoli. Su scala di

singoli siti, risulta che anche strette fasce di vegetazione (di 4 m di spessore) adiacenti ai

flussi d’acqua, possono rimuovere dall’85 al 90% di nitrati, fosforo e sedimenti in

sospensione trasportati (Evans et al., 1996).

I costi economici globali derivanti dai danni causati dalle piene sono considerevolmente

aumentati negli ultimi 100 anni. Questo è in gran parte imputabile all’aumentato utilizzo

delle piane alluvionali per attività agricole ed insediamenti urbani. Le aree umide sono

particolarmente apprezzate per la loro capacità di immagazzinare e rallentare i flussi di

Page 50: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

47

piena. Le aree umide considerate più utili per questi scopi sono quelle che si collocano a

monte rispetto a siti in cui gli eventi alluvionali possono causare gravi conseguenze, come

le aree urbane e i campi coltivati. Mitsch e Gosselink (2000), stimano che aree pari al 4%-

7% della superficie totale di un bacino idrografico in zone temperate, dovrebbero essere

mantenute come aree umide per permettere un adeguato controllo degli eventi alluvionali e

al tempo stesso migliorare la qualità delle acque. In quest’ottica si può notare come l’Oasi

La Bula di Asti veda snaturata questa funzione. Infatti, in seguito all’alluvione del 1994, è

stato progettato e costruito un argine che corre tra il fiume e l’Oasi, impedendo allo

specchio d’acqua di essere interessato da eventi alluvionali.

Le aree umide sono anche riconosciute come importanti regolatori del clima, con specifico

riferimento alla loro capacità di sequestrare il carbonio sul lungo termine, specialmente nei

suoli e secondariamente nella vegetazione. A livello mondiale, le aree umide rappresentano

il maggiore componente del pool di stoccaggio del carbonio biologico terrestre (fino al

44%-71%), immagazzinando 535 Gt (gigatonnellate) di carbonio (Mitra et al., 2005). E’

pur vero che in determinate condizioni le aree umide possono essere a loro volta fonte di

anidride carbonica (CO2) e gas metano (CH4). Smith e colleghi (2003) sostengono che la

CO2 rilasciata dal suolo aumenta esponenzialmente con l’aumentare della temperatura e

diminuisce in seguito a saturazione del suolo o siccità.

Il drenaggio artificiale di aree umide naturali per la coltivazione o l’estrazione della torba,

fa sì che grandi quantità di carbonio organico precedentemente immagazzinato vengano

rilasciate in atmosfera sottoforma di CO2.

Il metano è un potente gas serra che si forma in suoli a basso potenziale redox in

condizioni di anaerobiosi, che si creano in seguito a prolungati allagamenti di aree umide

naturali e artificiali, quali sedimenti lacustri o risaie (Smith et al., 2003). Ciò nonostante,

Mitra e colleghi segnalano che la distruzione di un’area umida “intatta” provocherebbe

emissioni di C organico (derivanti dalla decomposizione del suolo e della vegetazione)

superiori rispetto alle emissioni di CH4 altrimenti rilasciate dall’area umida intatta in

175-500 anni. Se a queste considerazioni si aggiunge poi il potenziale di sequestro futuro

del carbonio da parte dell’area umida, ne risulta che la distruzione di quest’area causerebbe

più emissioni di C rispetto alle emissioni nette di gas serra che sarebbero rilasciate da parte

dell’area umida originaria in diverse migliaia di anni.

Studi empirici in California e Florida suggeriscono che le aree umide costiere offrono un

ottimo potenziale per il sequestro del carbonio, che viene accumulato sul lungo termine a

Page 51: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

48

tassi più elevati rispetto ad altri ecosistemi, probabilmente in seguito al continuo apporto e

seppellimento di sedimenti ricchi in nutrienti (Brevik e Homburg, 2004; Choi e Wang,

2004). Chmura e colleghi (2003) riportano anche che, al contrario delle torbiere, le paludi

salate e le mangrovie rilasciano quantità trascurabili di gas serra e immagazzinano più

carbonio per unità d’area (a livello mondiale circa 44,6 x 109 kg C anno

-1, valore

sottostimato a causa della carenza di dati relativi a Cina e Sud America).

Poiché le aree umide costiere sono tra gli ecosistemi che più velocemente scompaiono,

solo uno sviluppo costiero attentamente controllato potrà pervenire perdite future.

Anche le aree umide vegetate sequestrano efficacemente carbonio e il ripristino di vaste

aree di piane alluvionali che sono state convertite all’agricoltura potrebbero essere di

particolare beneficio. In Nord America e Europa il 90% delle originarie piane alluvionali è

ora adibito alla coltivazione (Tockner e Stanford, 2002). Il ripristino di parte dell’idrologia

e delle aree umide vegetate di queste superfici sarebbe un importante contribuito per il

sequestro del carbonio, il supporto alla biodiversità, il miglioramento della qualità delle

acque e il controllo degli eventi alluvionali.

Zedler e Kercher (2005) giungono ad alcune importanti conclusioni a proposito delle

potenzialità degli interventi di ripristino delle zone umide.

Innanzitutto, le opere di ripristino possono fermare il degrado e in parte ridurlo, ma molti

danni sono purtroppo irreversibili. La perdita e il degrado di aree umide hanno

conseguenze gravi e durature, prima tra tutte la cessazione della fornitura di servizi

ecosistemici. I fattori abiotici che causano degrado degli ecosistemi sono legati a

cambiamenti irreversibili a livello di paesaggio e di bacino idrografico. Spesso i problemi

derivano dall’introduzione di un fattore di disturbo, come l’eutrofizzazione o l’aumentato

apporto di acque superficiali provenienti dalla città; per questo tipo di problemi è

necessario agire a scala di paesaggio, il che spesso è molto complesso. Anche danni su

scala minore molte volte sono irreversibili, se li si considera in relazione alla durata media

dei progetti di ripristino (stimata generalmente di 3-5 anni, a volte di 10-20 anni, raramente

di 50 anni).

Anche i fattori biotici possono limitare la riuscita delle opere di ripristino. Ad esempio, in

seguito a interventi di disboscamento, la vegetazione delle aree umide boschive impiega

decenni per maturare nuovamente (Mitsch e Wilson, 1996). Anche le torbiere impiegano

molto tempo per ristabilirsi dopo attività di estrazione, in quanto la materia organica che le

costituisce è rappresentata da sfagni dalla crescita molto lenta (Gorham e Rochefort, 2003).

Page 52: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

49

Nelle aree umide originariamente molto ricche in specie, difficilmente si riuscirà a

ripristinare la biodiversità iniziale; questo perché nonostante gli interventi di reinserimento

o piantumazione, i siti interessati da ripristino favoriscono le specie aggressive rispetto a

quelle con bisogni e richieste più specifici. Proprio la diffusione di specie invasive può

rendere incompleto, se non addirittura impossibile, gli interventi di ripristino delle aree

umide. Inoltre le zone umide che rappresentano dei sink a causa della morfologia del

paesaggio, sono soggetti a tutti gli effetti diretti e indiretti provocati dai disturbi che si

verificano all’interno del loro bacino idrografico (Zedler e Kercher, 2004). Infatti, le acque

in eccesso, i nutrienti, i sedimenti e i propaguli si spostano verso valle per raccogliersi

nelle zone umide.

Nonostante tutto, è importante sottolineare che le tecniche di ripristino delle zone umide

stanno migliorando e sempre più di frequente vi sono progetti che conciliano lo

sfruttamento di attività economiche come l'attività estrattiva a finalità di conservazione e

ripristino di aree umide, come è avvenuto per La Bula di Asti e come avviene da anni

presso il Parco del Po Alessandrino. E’ oggi possibile agire a livello idrologico,

topografico, di suolo, di flora, fauna e microrganismi.

Laddove le condizioni idrologiche iniziali siano alterate e in casi in cui gli insediamenti

urbani possano subire allagamenti dopo interventi di ripristino del livello dell’acqua

originario, è necessario agire cercando di riprodurre accuratamente le caratteristiche chiave

di quelli che sono complessi schemi idrologici temporali.

Quando invece la topografia del territorio sia stata artificialmente livellata, è necessario

ripristinarne l’ondulazione e l’eterogeneità originarie. Micro altipiani, depressioni o

piccole discese sono tutti elementi che hanno il loro particolare ruolo nel permettere

all’ecosistema di ricominciare a svolgere le sue funzioni.

Se il suolo è alterato è necessario apportare misure correttive per contrastare il danno.

Laddove il suolo è carente di materiale organico o nutrienti, si può intervenire con l’uso di

ammendanti (Callaway, 2001); al contrario, suoli con eccesso di nutrienti possono essere

defertilizzati attraverso la rimozione di materiale organico per permettere ai microrganismi

di trattare l’azoto (Perry et al., 2004). Siti che hanno subito la perdita di suolo in seguito ad

attività estrattive possono invece beneficiare dell’apporto di particellato fine.

Page 53: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

50

Quando la copertura vegetazionale è stata distrutta, le piante possono ricolonizzare l’area

da sole, oppure no (Parker, 1997). Specie particolari possono essere incoraggiate a

rioccupare il sito, oppure essere deliberatamente inserite. Alcune specie vegetali sono

considerate “ingegneri dell’ecosistema” (Jones et al., 1994), perciò gli interventi di

rinaturalizzazione dovrebbero individuare e concentrarsi su queste specie chiave.

Per permettere alla fauna originaria di ricolonizzare un’area, è necessario ripristinare il

paesaggio originario, considerando attentamente tutti i suoi vari aspetti (comprese le

dimensioni, le distanze, le proporzioni).

Se, al contrario, specie animali e vegetali presenti sono indesiderate perché invasive, è

possibile considerare dei metodi di gestione per ridurne l’abbondanza.

Il problema maggiore relativo agli interventi di ripristino e rinaturalizzazione delle aree

umide è rappresentato dal fatto che ogni situazione è unica e ha caratteristiche proprie, e

risulta pertanto difficile fornire un quadro di lavoro condivisibile ed efficace.

Page 54: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

51

7. Conclusioni

I dati raccolti e i risultati ottenuti da questo studio sono soddisfacenti e incoraggianti.

Entrambi i siti oggetto di studio rilevano la presenza di numerose specie di uccelli

acquatici che frequentano le aree umide descritte per mangiare, nidificare o sostare durante

la migrazione. I due siti, grazie ai progetti di rinaturalizzazione messi in atto, rappresentano

ora un importante supporto per la biodiversità animale e vegetale, inseriti all’interno di un

territorio degradato e privato della sua eterogeneità dalle varie attività antropiche.

Il Centro Cicogne di Racconigi è un prezioso sito che per le sue caratteristiche favorisce la

presenza di Caradriformi e Anatidi, oltre ovviamente alle Cicogne bianche che grazie al

progetto avviato nel 1985, sono ora numerose e facilmente osservabili.

Il Centro Cicogne, studiato e attrezzato per la fruizione del pubblico, concilia il disturbo

che la presenza dei visitatori può arrecare alla fauna, con il suo fondamentale ruolo

didattico. Grazie al Centro Cicogne, infatti, i visitatori possono comodamente osservare

durante tutto l’arco dell’anno, le paludi e la vita della fauna selvatica che le frequenta,

fornendo così un’opportunità unica inserita in un contesto territoriale omogeneizzato e

impoverito dall’agricoltura intensiva.

L’Oasi urbana La Bula di Asti costituisce un riuscito recupero di un’area che altrimenti

sarebbe ancora degradata e inquinata come è stata nel passato. L’eterogeneità delle sponde

e la relativa profondità dell’acqua dei diversi stagni, rappresentano un ambiente adatto

specialmente alla presenza di Anatidi e Ardeidi che, muovendosi lungo l’asse del Tanaro,

incontrano una delle rare zone naturali in cui poter sostare o nidificare, in un territorio

profondamente modificato dalla mano dell’uomo e che seppure inserito in Sito di Interesse

Comunitario mostra ampi segni di degrado causati da inquinamento e da spargimento di

rifiuti di ogni genere. Gli animali, grazie all'Oasi, vivono per gran parte del tempo

indisturbati (fatto salvo per alcune “incursioni” di persone non autorizzate), mentre in

alcune occasioni l’Oasi viene aperta al pubblico che può così fruire di un’area

rinaturalizzata a pochi passi dalla città.

Entrambe le aree oggetto di studio sono quindi da considerarsi due buoni esempi di

rinaturalizzazione, che forniscono elementi di naturalità al territorio, valore aggiunto alle

aree limitrofe e svolgono le varie funzioni che ne derivano, come precedentemente trattato

in questo studio.

Page 55: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

52

8. Il Programma di Sviluppo Rurale

Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) è un documento strategico di programmazione

per l’agricoltura regionale disposto dalla Regione Piemonte sulla base di specifici

regolamenti comunitari, che traccia le linee guida per favorire lo sviluppo del contesto

rurale in seguito ad una sua accurata analisi socioeconomica. Il documento attuale interessa

il periodo 2007-2013 ed è composto da 31 “misure” (tipologie d’intervento), suddivise in

azioni, atte a garantire lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura in termini ambientali,

inserite in quattro assi d’intervento: competitività, sostenibilità, qualità della vita delle aree

rurali e programmazione integrata.

Alcune misure del PSR incoraggiano la creazione o il ripristino di elementi naturaliformi,

stanziando fondi e fornendo indicazioni sulle caratteristiche degli interventi da mettere in

atto, ponendo così l’accento sull’importanza ecologica di questi elementi che è

fondamentale ricreare laddove siano andati persi.

Nello specifico, si fa riferimento alla misura 216 (Investimenti Non Produttivi), azione

216.1. L’azione richiede che siano realizzati o ripristinati uno o più elementi

dell’ecosistema agrario a prevalente funzione ecologica e paesaggistica, ovvero:

- Formazioni arbustive e/o arboree

- Zone umide

Il PSR indica inoltre che questi due elementi possono essere affiancati, al fine di creare

biotopi atti a fornire alla fauna selvatica nutrimento e siti di sosta e riproduzione, ampliare i

corridoi ecologici e costituire tratti di connessione ecologica.

La condizione fondamentale imposta dal PSR per avere accesso ai fondi stanziati è che gli

elementi sopra citati siano contigui o nelle immediate vicinanze di appezzamenti coltivati,

in modo da poter essere considerati parte dell’agroecosistema.

Gli elementi realizzati con la misura 216 dovranno poi essere correttamente conservati e

gestiti, non utilizzando prodotti fitoiatrici (se non quelli ammessi dall’agricoltura

biologica) e diserbanti chimici, mantenendo le aree libere da rifiuti di qualsiasi genere,

rimpiazzando le piante non attecchite, mantenendo una fascia di rispetto inerbita di 1-2 m

di larghezza e non eliminando siepi, filari e aree umide aziendali preesistenti (fatto salvo

per motivi fitosanitari o di sicurezza).

Le formazioni arbustive o arboree create o ripristinate dovranno rappresentare zone di

rifugio inframmezzate alle coltivazioni, fasce tampone lungo fossi, scoline, corsi d’acqua e

Page 56: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

53

migliorare il paesaggio anche grazie all’azione di schermatura di elementi estranei al

paesaggio agrario tradizionale.

Il PSR elenca le specie vegetali ammesse nei progetti (tutte autoctone o storicamente

presenti nel territorio interessato) e specifica che le formazioni vegetali create, una volta

raggiunto il pieno sviluppo, non dovranno rientrare nella definizione di “bosco” (art. 3

della l.r. n. 4/2009).

Le formazioni interessate dall’azione 216.1 sono:

- Siepi campestri, arbustive e/o arboree, ad andamento lineare, su una o più file

parallele, con larghezza media < 20 m e costituiti da almeno 4 specie diverse.

- Filari, lineari e regolari, lunghi almeno 25 m, mono o plurispecifici, formati da

specie arboree governate ad alto fusto.

- Boschetti, modeste formazioni areali a prevalenza di specie arboree, con

un’estensione inferiore a 2.000 mq e/o una larghezza media inferiore a 20 m,

costituiti da almeno 4 specie diverse.

- Alberi isolati.

L’intervento relativo alla creazione o al ripristino di aree umide deve invece interessare

elementi quali laghetti, stagni, fontanili, maceri ecc. tenendo anche in considerazione il

ruolo di questi ecosistemi quali filtri in corrispondenza di scarichi puntuali.

Gli interventi oggetto dell’azione comprendono operazioni di scavo, rimodellamento,

canalizzazione, insieme alla costituzione di formazioni erbacee caratteristiche delle zone

umide, sia all’interno della zona allagata che al margine di essa. Per gli interventi,

specialmente quelli di creazione dell’area umida e di canalizzazione dell’acqua, si

raccomanda l’applicazione di tecniche di ingegneria naturalistica. E’ inoltre importante

sottolineare che nella aree risistemate, non dovranno essere permesse attività di

acquacoltura o pesca sportiva.

Le tipologie di area umide considerate dall’azione 216.1 sono:

- Fontanili: zone umide originariamente costituite a fini irrigui, basate sulla

captazione dell’acqua da falde freatiche superficiali prossime al piano di campagna

attraverso la posa di tubi. All’interno di tali aree si instaurano ecosistemi artificiali,

simili a quelli tipici delle risorgive; il principale problema che affligge i fontanili è

Page 57: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

54

l’interramento causato dal deposito di sedimenti e materiale organico che rendono

spesso necessari interventi di recupero e manutenzione.

- Altre zone umide (stagni, paludi, maceri ecc…), siano esse ripristinate o costituite

ex novo. Per poter essere oggetto dell’intervento, almeno il 75% delle aree umide

interessate, dovranno essere allagate per almeno 6 mesi l’anno. Lo scavo del bacino

dovrà, se possibile, modellare il profilo del terreno a gradini, fino a raggiungere una

profondità massima di 2 m, al fine di favorire l’insediamento di una varietà di

specie vegetali. L’azione 216.1 fornisce due modelli orientativi riguardo la

profondità dell’acqua. Il primo è definito “zona umida ad acque basse”,

caratterizzata da una profondità non superiore a 30/35 cm, modello cui fanno

riferimento le paludi del Centro Cicogne di Racconigi. Il secondo è definito “zone

umide ad acque più profonde”, le quali possono presentare più settori a profondità

variabile, dai 20-70 cm fino ai 2 m, modello a cui fa riferimento l’intervento di

rinaturalizzazione attuato presso l’Oasi La Bula di Asti.

Il flusso dell’acqua che alimenta l’area umida deve poter essere controllato,

regolato e, se necessario, rallentato.

E’ necessario prestare particolare attenzione alle sponde dell’area umida, che

rappresentano un elemento fondamentale dell’ecosistema. Le sponde dovranno

presentare un andamento irregolare e sinuoso, in modo da avere un aspetto quanto

più possibile naturale e fornire insenature ed anfratti per il rifugio e la nidificazione

degli animali e massimizzare al tempo stesso la funzione di filtro naturale o

l’estensione dei canneti. Le sponde inoltre non dovranno essere troppo ripide.

Anche le isole sono un elemento essenziale per la vita degli animali, oltre a

svolgere funzioni quali rallentare la corrente, intercettare il vento e schermare

l’insolazione eccessiva.

Ulteriori interventi possono essere volti alla creazione di un’arginatura perimetrale

al fine di evitare le esondazioni o di canali perimetrali che costituiscano una riserva

idrica nei periodi di scarsa disponibilità d’acqua.

Page 58: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

55

Bibliografia

Arpa Piemonte, Sistemi previsionali, giugno 2013, Il Clima in Piemonte nella Primavera 2013

Brander L.M., Florax R., Vermaat J.E. 2006, The Empirics of Wetland Valuation: A Comprehensive

Summary and a Meta-Analysis of the Literature, Environmental & Resource Economics 33: 223–250

Brevik E.C., Homburg J.A. 2004, A 5000 year record of carbon sequestration from a coastal lagoon and

wetland complex, southern California, USA. Catena 57:221–32

Callaway J.C. 2001, Hydrology and substrate, in Handbook for Restoring Tidal Wetlands, ed. J.B. Zedler,

pp. 89–118. Boca Raton, FL: CRC Press

Chmura G.L., Anisfeld S.C., Cahoon D.R., Lynch J.C. 2003, Global carbon sequestration in tidal, saline

wetland soils. Glob. Biogeochem. Cycles 17: Article 11

Choi Y.H., Wang Y. 2004, Dynamics of carbon sequestration in a coastal wetland using radiocarbon

measurements. Glob. Biogeochem. Cycles 18: Article GB4016

Costanza R., d’Arge R., de Groot R., Farberk S., Grasso M., Hannon B., Limburg K., Naeem S., O’Neill R.

V., Paruelo J., Raskin R.G., Suttonkk P., van den Belt M. 1997, The value of the world’s ecosystem services

and natural capital, Nature, Volume 387

De Groot R., Brander L., Ploeg S., Costanza R., Bernard F., Braat L., Christie M., Crossman N., Ghermandi

A., Hein L., Hussain S., Kumar k P., McVittie A., Portela R., Rodriguez L. C., Brinkm P., vanBeukering P.

2012 Global estimates of the value of ecosystems and their services in monetary units, Ecosystem Services

1, 50–61

De Groot R., Wilson M.A., Bouman R.M.J. 2002, A typology for the classification, description and

valuation of ecosystem services, goods and services, Ecological Economics 41, 393– 408

De Groot R., Stuip M.A.M., Finlayson C.M., Davidson N.C. 2006, Valuing wetlands Guidance for valuing

the benefits derived from wetland ecosystem services, Ramsar Technical Report No. 3,CBD Technical Series

No. 27

Dodd C.K. 1990, Effects of habitat fragmentation on a stream-dwelling species, the flattened mask turtle

Sternotherus depressus, Biological Conservation 45:33-45.

Evans R., Gilliam J.W., Lilly J.P. 1996, Wetlands and water quality, North Carolina Coop. Ext. Serv. Pub.

AG 473–7.

Farber S.C., Costanza R., Wilson M.A. 2002, Economic and ecological concepts for valuing ecosystem

Service, Ecological Economics 41: 375-392

Finlayson C.M., Davidson N.C., Spiers A.G., Stevenson N.J. 1999, Global wetland inventory—current

status and future priorities, Mar. Freshw. Res. 50:717–27

Gibbs J.P. 2000, Wetland loss and Biodiversity Conservation. Conservation Biology, Volume 14, No. 1

Gibbs J.P. 1995, Hydrologic needs of wetland animals, Encyclopedia of environmental biology, Volume 2,

Academic Press, New York.

Gorham E., Rochefort L. 2003, Peatland restoration: a brief assessment with special reference to Sphagnum

bogs. Wetlands Ecol. Manag. 11:109–19

Greeson P.E., Clark J.R., Clark J.E. 1979, Wetland Functions and Values: The State of Our Understanding.

Minneapolis, MN: Am. Water Resour. Assoc.

Gruppo di Lavoro sulle Zone Umide del Piemonte, 2011, Le Zone Umide del Piemonte. Regione Piemonte,

Torino.

Page 59: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

56

Hanski I., Gilpin M.E. 1991, Metapopulation dynamics: brief history and conceptual domain. Biological

Journal of the Linnean Society 42:3-16.

Harrison C. 1988, Nidi, uova e nidiacei degli uccelli d’Europa. Guida al riconoscimento, Franco Muzzio Ed.

Hein L., van Koppen K., de Groot R., van Ierland E. 2006, Spatial scales, stakeholders and the valuation of

ecosystem services, Ecological Economics 57, 209– 228

Jones C. G., Lawton J.H., Shachak M. 1994, Organisms as ecosystem engineers, Oikos 69:373–86

Kadlec R., Knight R. 1996, Treatment Wetlands, Boca Raton, FL: CRC Press

La lista CISO-COI degli Uccelli italiani – liste A, B e C, 2009, Avocetta vol. 33 n. 1

McAllister D.E., Craig J.F., Davidson N., Delany S., Seddon M. 2001, Biodiversity impacts of large dam,.

Int. Union Conserv.Nat. Natural Resour./UN Environ.Programme Rep.

Millennium Ecosystem Assessment 2003, Ecosystems and Human Well-Being: A Framework for

Assessment, Report of the Conceptual Framework Working Group of the Millennium Ecosystem

Assessment, Island Press, Washington, 245 pp.

Mingozzi T., Boano G., Pulcher C. 1988, Atlante degli uccelli nidificanti in Piemonte e Val d’Aosta 1980-

1984, Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino

Mitra S., Wassman R., Vlek P.L.G. 2005, An appraisal of global wetland area and its organic carbon stock.

Curr. Sci. 88:25–35

Mitsch W.J., Gosselink J.G. 2000, The value of wetlands: importance of scale and landscape setting. Ecol.

Econ. 35:25–33

Mitsch W.J., Wilson R.F. 1996, Improving the success of wetland creation and restoration with know-how,

time and self-design. Ecol. Appl. 6:77–83

Møller T.R., Rørdam C.P. 1985, Species numbers of vascular plants in relation to area, isolation, and age of

pond in Denmark, Oikos 45:8-16.

Moser M., Prentice C., Frazier S. 1996, A global overview of wetland loss and degradation

Mussa P.P., Pulcher C. 1992, L’avifauna nidificante in Piemonte, Regione Piemonte, Ed. EDA, Torino

NCSU Water Quality Group, WATERSHEDSS, Wetland Loss and Degradation

Niering W. 1985. Wetlands. New York: Knopf

Organ. Econ. Co-op. Dev./World Conserv. Union (IUCN) 1996, Guidelines for Aid Agencies for Improved

Conservation and Sustainable Use of Tropical and Sub-Tropical Wetlands, Paris: Organ. Econ. Co-op. Dev.

outcomes. Crit. Rev. Plant Sci. 23:431–52

Parker T.P. 1997, The scale of successional models and restoration objectives, Restor. Ecol. 5:301–6

Perry L., Galatowitsch S.M., Rosen C.J. 2004, Competitive control of invasive vegetation: a native wetland

sedge suppresses Phalaris arundinacea in carbonenriched soil, J. Appl. Ecol. 41:151–62

Ramsar, 1982, The Convention on Wetlands text.

Semlitch R.D., Bodie J.R. 1998, Are small, isolated wetlands expendable? Conservation Biology 12: 1129-

1133.

Page 60: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO - cicogneracconigi.it · preoccupante e costante perdita di zone umide in tutto il mondo, principalmente a causa delle attività antropiche. Solo

57

Sindaco R., Savoldelli P., Selvaggi A. 2008, La Rete Natura 2000 in Piemonte - I Siti di Importanza

Comunitaria, Regione Piemonte.

Sjögren P. 1991, Extinction and isolation gradients in metapopulations: the case of the pool frog (Rana

lessonae), Biological Journal of the Linnean Society 42:135-147.

Smil V. 2000, Phosphorus in the environment: Natural flows and human interferences. Annu. Rev. Energy

Environ. 25:53–88

Smith K.A., Ball T., Conen F., Dobbie K.E., Massheder J., Rey A. 2003, Exchange of greenhouse gases

between soil and atmosphere: interactions of soil physical factors and biological processes, Eur. J. Soil Sci.

54:779–91

Tockner K., Stanford J.A. 2002, Riverine flood plains: present state and future trend, Environ. Conserv.

29:308–30

Zedler J.B., Kercher S. 2004, Causes and consequences of invasive plants in wetlands: opportunities,

opportunists, and outcomes, Critical Reviews in Plant Sciences, 23(5):431–452, Taylor and Francis

Zedler J.B., Kercher S. 2005, Wetland resources. Status, Trends, Ecosystem Services, and Restorability,

Annu. Rev. Environ. Resour.

Zetterstrom D., Mullarney K., Grant P. J., Svensson L. 2009, Collins Bird Guide, 2nd

Edition

Progetti Intervento di recupero ambientale, La zona umida, Scheda di Progetto 2012, Regione Piemonte, Provincia di

Cuneo, Comune di Racconigi, Parco del Po Cuneese

Allegati tecnici alla richiesta di autorizzazione ai sensi della L. R. n°69 del 22.11.1978 "Coltivazione di cave

e torbiere", Progetto di recupero ambientale 1992, Comune di Asti, Loc. Boana

Relazione descrittiva dello studio di fattibilità, Bula - Ac, Regione Piemonte, Provincia di Asti, Ente

Gestione Parchi e Riserve Astigiani

Sitografia

Associazione Centro Cicogne e Anatidi: http://www.cicogneracconigi.it/

Associazione Ekoclub International: http://www.ekoclubinternational.it/

European Commission: http://ec.europa.eu/index_en.htm

Ministero dell'Ambiente: http://www.minambiente.it/

Regione Piemonte: http://www.regione.piemonte.it/

Wikipedia: http://it.wikipedia.org

WWF Sezione locale di Asti: http://www.promotus.it/wwf-asti/bula.htm