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La voce dell’ordine di Pistoia Rivista dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Pistoia Quadrimestrale – Anno X – n° 32 – dicembre 2015 – Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB/PO” dicembre 2015 – n. 32

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La voce dell’ordine di PistoiaRivista dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Pistoia

Quadrimestrale – Anno X – n° 32 – dicembre 2015 – Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB/PO”

dicembre 2015 – n. 32

Umberto BuscioniUmberto Buscioni nasce a Bonelle nel 1931 e vive a Serravalle Pistoiese. Pittore intenso e creativo, ha iniziato la sua carriera nei primi anni Sessanta quando, insieme a Barni e Ruffi, entra a far parte della cosiddetta Scuola di Pistoia. È in questa fase che prendono vita le sue celebri motociclette, che non ha mai posseduto né saputo guidare ma su cui sognava scorribande infinite. Con una poetica intimista tutta sua, il Buscioni di questo periodo viene ritenuto uno dei protagonisti della risposta italiana alla Pop Art: attraverso la pittura le piccole cose del quotidiano si animano, diventano imperiture e cravatte, camicie, scarpe da tennis sono ricomposte come in un collage di apparizioni magi-che. Un avvicinamento sempre più analitico all’oggetto caratterizza la ricerca degli anni Settanta, durante i quali la mano dell’artista si diverte a riprodurre texture e superfici marmoree, quasi in competizione con la seriale produzione industriale, reagendo in questo modo a tutte quelle ricerche concettuali che stavano decretando la morte della pittura. Dal 1980 al 1998 è titolare della Cattedra di Pittura all’Accademia di Carrara. Nel corso degli anni Ottanta si fanno sempre più forti e costanti i riferimenti all’arte del passato, in particolar modo al manierismo di Pontormo e Salviati, ma in una qual sintonia con l’ansia metafisica di De Chirico. Riferimenti biblici, temi sacri, iconografie di angeli mettono in scena un recupero del passato in cui restano protagonisti panneggi, tessuti e superfici, animati da una pittura serpentina e fluttuante. Gli elementi del quotidiano tornano ad affacciarsi negli anni Novanta, in una dimensione tra realtà e riflesso in cui le ombre evocano figure e creano composizioni dove si incastrano ante, specchi, finestre e quadri come fossero quinte di una nuova rappresentazione della realtà. Delle sue numerose mostre ricordiamo: 1990, Ferrara, Palazzo dei Diamanti, Gallerie Civiche d’Arte Moderna, testo di Adolfo Natalini; 1992, Pistoia, Palazzo Fabroni, antologica, con testi di Cesare Vivaldi e Renato Barilli; 1992, New York, Museum of Modern Art, The artist and the book in twentieth-century Italy; 1996, Prato, Museo dell’opera del Duomo, e Spoleto, Palazzo Racani-Arroni, testi di Giuseppe Billi ed Enrico Mascelloni; Pistoia, Centro Marino Marini, a cura di Mirabilia; 2006, Firenze, Palazzo Pitti, Nostre Ombre, testi di Renato Barilli e Marco Cianchi; 2007, Prato, Centro Pecci per l’Arte Contemporanea, Note urbane; 2008, Firenze, Galleria Frittelli, Quel che resta è la pittura, testo di Maurizio Calvesi. Nel 1992 pubblica, per Passigli Editore, Glossario, con prefazione di Mario Luzi. Nel 1994, esce un volume monografico a cura di James Beck e Nicola Micieli (Centro Di), nonché Colloquio sentimentale, 23 poesie di Paul Verlaine disegnate da Umberto Buscioni, casa Editrice Mattioli, Fidenza. Del 1998 è il libro Figure dell’abbandono, con suoi disegni e poesie di Roberto Carifi (introduzione di Fabrizio Desideri), Emmeò Edizioni d’Arte. Del 2002, per Gli Ori, i volumi Disegni e Il giorno e la sera à rebours e, dalle Lettere, Un epistolario dell’anima, con Adolfo Natalini.

Umberto Buscioni, Autoritratto, 1994, olio su tela

Tutti i sindacati medici uniti hanno indetto uno sciopero generale di ventiquattro ore per il prossimo mercoledì 16 dicembre 2015 e la FNOMCEO ha indetto una manifestazione in Piazza SS. Apostoli a Roma per il prossimo 28 novembre.Da tanti anni non si vedevano gli stati generali della professione prendere iniziative di protesta in maniera unitaria per le scellerate scelte della parte pubblica in campo sanitario.Certamente la crisi economica si riflette sulla sanità e anche le Regioni più virtuose stanno attuando una politica di risparmio in conse-guenza dei tagli determinati dai governi degli ultimi anni.Mentre nei paesi con un sistema sanitario simi-le al nostro, come Inghilterra e Spagna, è stato dichiarato apertamente che non esisteva più la sostenibilità come in passato ed è stato deline-ato un nuovo corso della sanità con indirizzi precisi per il cambiamento, nel nostro bel paese si è fatto finta di niente.Come al solito si minimizzano i problemi e si dichiara che niente cambierà in virtù di un re-cupero di efficienza con l’eliminazione di spre-chi.La politica si è dimostrata poco attenta ai pro-blemi reali della sanità, concentrata prevalen-temente a esercitare tagli generalizzati senza determinare delle priorità, compromettendo la tutela della salute.La struttura tecnoburocratica, sia a livello cen-trale che a livello regionale, ha introdotto san-zioni vessatorie per i medici, stilando addirit-tura una lunga lista di esami strumentali inap-propriati.In sanità non esistono esami inappropriati, que-sti, semmai, possono essere prescritti in modo incongruo e infine non credo che si possa rag-giungere l’appropriatezza attraverso sanzioni.Sicuramente esistono sprechi e anche inappro-priatezze che debbono essere superate ed eli-minate con l’aggiornamento scientifico e con la formazione continua.Bisogna ammettere che il processo di azien-dalizzazione è praticamente fallito perché ap-piattito solo sui costi e, se il sistema rimane in

EDITORIALE

Egisto Bagnoni Presidente dell’Ordine di Pistoia

La voce dell’ordine di PistoiaBollettino ufficiale quadrimestrale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Pistoia; anno X n. 32 – dicembre 2015Dir. resp. Dott. Gianluca Taliani – Comitato di redazione: Egisto Bagnoni, Pierluigi Benedetti, Gianna Mannori, Ione NiccolaiReg. Trib. Pistoia n. 8 del 9/07/04 – Stampa: GF Press, Masotti

Sommario1 EDITORIALE• Finalmente!3 MEDICI SENZA FRONTIERE• Al posto giusto al momento giusto6 VOCES IN AEVUM• La guerra è l’inferno sulla terra9 AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO• Esposizione a pesticidi e salute umana22 AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO• Attuali evidenze cliniche nell’utilizzo di oppioidi nel dolore non oncologico24 RECENSIONE• L’altruismo del singolo che salva l’umanità in terra25 DEDICATO A UN’INFERMIERA• Paul McNeely27 PASSATO E PRESENTE• La Medicina degli Uomini (7). Le parole dei medici

FINALMENTE!

In questo numero

Questa edizione de La Voce dell’Ordine presenta in aper-tura l’eccezionale testimonianza di un chirurgo che ha prestato la sua opera presso l’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, pochi mesi prima del terribile bom-bardamento che ne produsse la distruzione e determinò la morte di molte vite innocenti. Le parole del dottor Bru-giotti costituiscono un’occasione importante di riflessio-ne per i nostri lettori e, ci auguriamo, un’apertura ad un rapporto di collaborazione con la prima organizzazione al mondo che raccoglie i medici in uno sforzo congiunto di cura per le popolazioni più provate dalla guerra e dalla privazione. Il tema della guerra viene ripreso in Voces in Aevum, nuova rubrica del nostro giornale incentrata su argomenti di etica e attualità. Questo numero si apre anche agli autori più giovani e giovanissimi, nella recensione di un recente volume in cui vengono rivisitati in modo innovativo i temi dell’al-truismo e della solidarietà fra uomini. Le enormi problematiche legate all’inquinamento am-bientale e alla gestione del dolore cronico chiudono infi-ne la nostra edizione, decisamente orientata verso l’idea del medico come persona calata nella realtà di un mondo in rapida evoluzione.La parte iconografica è dedicata al pittore pistoiese Bu-scioni, uomo e artista di riconosciuto talento. La scelta di scandire i contenuti scientifici del giornale con illu-strazioni di opere d’arte legate alla vita della nostra città costituisce una linea d’indirizzo della Redazione che ci auguriamo si possa rivelare di particolare interesse per chi legge.La pubblicazione delle rubriche Livello minimo, Med-News e L’Ordine dei Medici per l’Arte e la Cultura è stata sospesa in questo numero, vista la rilevanza dei contri-buti e degli autori presentati.

Copertina: Umberto Buscioni, Aquilone, 1967, olio e smalto su telaIV di copertina:Umberto Buscioni, Ora d’estate, 2005, olio su tela

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piedi, si deve solo a tutti i professionisti della sanità che, con grande senso di responsabilità e con notevole disagio per l’inefficienza del siste-ma, tirano avanti assumendosi anche gravissime responsabilità.I medici fino a oggi hanno abbassato la testa con-tinuando il loro lavoro per il rispetto che hanno nei riguardi dei cittadini ammalati.I medici da tempo non hanno più la possibilità di partecipare alle scelte in materia di organiz-zazione della sanità, i decisori sono i politici con burocrati amministrativi.I professionisti tutti, medici ospedalieri e di fami-glia, infermieri, giovani in formazione vengono costantemente offesi nella loro dignità per vessa-zioni continue e così i cittadini vengono privati del diritto primario dell’accesso alle cure.Le criticità e il disagio sono estesi a tutti gli ambi-ti, dagli ospedali, pubblici e privati, al territorio.In Toscana dove erano stati raggiunti buoni li-velli di assistenza si assiste a un peggioramento delle prestazioni con una crescente comparteci-pazione economica e con liste di attesa lunghis-sime che molto spesso costringono al ricorso al privato.I medici vivono con angoscia i turni in ospedale per la carenza di personale e sono costretti a la-vorare sotto pressione assumendo rischi enormi per la fretta che ne deriva.Anche sul territorio i medici debbono espletare enormi carichi burocratici, molte volte inutili,

che sottraggono il tempo per la relazione con i pazienti e per la clinica.Al contrario i decisori programmano secondo i soliti criteri della burocrazia e pretendono l’alli-neamento di tutti i professionisti sanitari alle re-gole del sistema minacciando sanzioni attraverso i luogotenenti che sono a guardia delle regole.È vero che non esiste limite al male, come al bene, ma mi auguro che si sia toccato il fondo e che da oggi tutti i medici uniti possano trovare la forza e la determinazione per poter produrre un progetto unitario per una sanità più equa ed efficiente da proporre alla parte pubblica.Per tutto questo vi sarebbero tutti i presupposti poiché in FNOMCEO dal marzo 2015 è stata ri-trovata armonia a livello di comitato centrale e nelle periferie con una proficua collaborazione per affrontare i tanti problemi sul tappeto.Anche in EMPAM sembrano essere superate le diatribe per la gestione patrimoniale dell’ente e per l’adeguamento alle nuove regole in materia previdenziale imposte dai governi degli ultimi anni. Anche gli investimenti a tutela delle pen-sioni degli iscritti sembrano avviati verso un as-setto ottimale,Se nel prossimo futuro i sindacati medici potran-no procedere uniti insieme agli Ordini potremmo dare qualche garanzia in più anche ai tanti gio-vani che si iscrivono agli Ordini e si affacciano alla professione.

EDITORIALE

Umberto Buscioni, Tenda azzurra, 1965, olio e smalto su tela

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MEDICI SENZA FRONTIERE

Al posto giusto al momento giusto

Quando arrivi a Kabul pensi di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Qualsiasi ae-roporto in Afghanistan è un aeroporto militare, questo vuol dire che appena salutata la gentile hostess del volo ed esserti affacciato alle scale dell’aereo sei circondato immediatamente da una scena di un film di Rambo: soldati grandi quan-to l’armadio che hai sognato per la tua stanza; elicotteri carichi di missili che avrebbero fatto la felicità della Spectre; aerei da combattimento dalle sembianze così cattive che pensi che non abbiano neanche bisogno di decollare per scon-figgere il nemico.Appena ho appoggiato il piede a terra è successo qualcosa nel mio cervello, lo stesso inspiegabile meccanismo neurofisiologico che mi era accaduto un anno fa in Yemen: tutto l’ambiente che mi cir-conda scompare e penso solo alla mia missione. Con l’agilità di un centravanti supero i due soldati che si trovano davanti a me e scivolo via verso i controlli all’uscita dell’aeroporto. A guidarmi ho solo una mappa, inviata dal centro operativo, con il disegno del posto dove devo andare per pren-dere contatto con il personale della sede di Kabul. In quel momento mi sento quasi una figura eroica ma dopo che mi sono perso per la terza volta nel parcheggio dell’aeroporto, mi rendo subito conto

che sono sempre io: al posto dello smoking da 007 ho i vestiti da boy scout stropicciati da più di 24 h di viaggio, i capelli arruffati che sembro uscito dalla galleria del vento di Maranello.Raggiunto il personale di MSF che mi aspetta al parcheggio inizia un rapido scambio di occhiate, una breve chiacchierata e si riparte mentre nelle mente mi risuona un “mo’ so fatti tua”. Vengo accompagnato ad un aereo della Croce Rossa Internazionale che mi porterà a destina-zione, cioè Kunduz, nel nord dell’Afghanistan.Le poche ore di viaggio sul piccolo Cesna della Croce Rossa passano rapide, con la sguardo ri-volto al paesaggio che scivola sotto l’ aereo. Appena atterrato, mi portano alla guest house, dove conosco i miei compagni d’avventura, per-sone stupende con le quali condividerò una del-le esperienze per me più significative e questa è una delle meraviglie delle missioni: conoscere persone di una umanità grande, enorme, che se-gneranno per sempre la tua vita.Il tempo di capire dove sono e poi subito in ospe-dale, si inizia.Ogni giorno di lavoro mi sembra lungo una set-timana: tantissimi feriti, vittime innocenti di una guerra senza ragioni e senza regole, moltissimo lavoro, sempre cercando di fare del proprio me-

Dott. Carlo Brugiotti, Chirurgo, Medici Senza Frontiere

Kunduz

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A partire da gennaio del 2013 il Trauma Center ha ampliato il proprio numero di interventi ag-giungendo anche la procedura di fissazione inter-na per la chirurgia ortopedica.Nel 2014 sono stati eseguiti 5962 interventi chi-rurgici dei quali il 64,7% (3856) furono interven-ti su ferite minori, il 31,2%(1860) interventi di chirurgia ortopedica di alta specializzazione, il 4% (241) interventi di chirurgia generale mag-giore di urgenza. Il numero delle procedure chi-rurgiche era in crescita dovuto all’aumento delle attività belliche in quella regione.L’ospedale contava più di 90 letti di degenza con 6 letti di terapia intensiva (con 4 respiratori), un pronto soccorso con un’area riservata ai casi “rossi” e una per i “gialli”, un laboratorio con una banca del sangue, una radiologia con la pos-sibilità di eseguire tutti i tipi di lastre, un’area di ambulatorio e una di fisioterapia e riabilitazione.Nel periodo della mia missione, in luglio del 2015, ho personalmente eseguito più di 30 inter-venti chirurgici (il 90% dei quali per ferite da guerra) tra i quali la maggior parte laparotomia di urgenza per ferite penetranti addominali, ma anche craniotomie, fissazione di fratture di pelvi, chirurgia maxillo facciale e ricostruzioni vascola-ri maggiori.Nella foto scattata da Lajos Jecs, uno degli infer-mieri con cui ho condiviso la missione, quello che resta di tanto lavoro fatto, di persone incon-trate e di pazienti che ora non hanno più la pos-sibilità di curarsi.

MEDICI SENZA FRONTIERE

glio, sempre provando a non farti consumare dal-le tragedie che vedi tutti i giorni. Spesso ti trovi ad affrontare cose che avevi letto solo sui libri di chirurgia, a volte con pochi mezzi a parte la forza di volontà tua e di tutte le persone che con te dividono questi drammi. Le ore di lavoro sono tante, la stanchezza si ac-cumula e a volte ti piega le ginocchia, le tragedie che vedi quotidianamente ti graffiano l’anima ma vai avanti perché anche il solo sorriso di una per-sona che sei riuscito ad aiutare ti ripaga di tutti gli sforzi.Rapido, arriva l’ultimo giorno di missione. Saluto i miei compagni internazionali e nazionali, con i quali in questi giorni ho costruito un rapporto forte, cementato dalle dure prove che abbiamo superato insieme.Andiamo all’aeroporto dove ad aspettarmi c’è sempre il Cesna che mi riporta a Kabul. Il viaggio di ritorno lo faccio in stato di ipnosi, sento la stanchezza e tutto lo stress accumulati che piano piano riaffiorano.Finalmente arrivo a Kabul, dove tutto è iniziato. Scendo le scalette dell’aereo, mi guardo intorno e improvvisamente mi rivengono in mente tutti i giorni passati e sento, senza alcun dubbio, di essere stato nel posto giusto al momento giusto.Il Trauma Center di Kunduz (KTC), nel nord dell’Afghanistan, fu aperto da MSF nell’agosto del 2011 e offriva cure gratuite e di alta qualità a migliaia di persone vittime di una guerra ormai cronica che da anni affligge questo paese.

Kunduz, ospedale

Umberto Buscioni, Moto su cielo, 1967-68, acrilico su tela

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“La guerra è l’inferno sulla terra”

VOCES IN AEVUM

Il 3 ottobre scorso i giornali riportarono la noti-zia del bombardamento dell’ospedale di Kunduz, gestito dall’organizzazione di Medici Senza Frontiere, e in altra parte del Bollettino un medi-co che in quell’ospedale ha prestato la sua opera parla delle condizioni di lavoro e di vita nel no-socomio poco tempo prima della sua distruzione.Il bombardamento e la distruzione di Ospedali non è cosa eccezionale nelle guerre contemporanee e in quelle del passato; e cercando in rete “ospedali sotto le bombe” si rimane stupiti di vedere quante volte è accaduto nel passato più o meno recente che un ospedale sia stato bombardato.Certamente ci sono stati casi di bombardamenti ”per errore”, ma non di rado gli Ospedali sono stati un bersaglio scelto con cura deliberata; e la giustificazione di chi ha bombardato è stata sempre la stessa: offrivano cure e riparo a nemici vigliacchi.Sono troppo avanti con gli anni per non sapere che la pace ha un prezzo e non voglio certo qui dare giudizi sul significato della guerra; mi basta da tempo la definizione che ne dette il Generale

William Sherman, quello, che nella Guerra di Secessione Americana (1861-1865), fece letteral-mente terra bruciata negli Stati del Sud. Durante un ricevimento, in cui si festeggiava la vittoria dei Nordisti, richiesto di dare una definizione della guerra, disse:“la guerra è l’inferno sulla terra”. Nato nel 1945, non sono mai stato sotto un bom-bardamento, ma da bambino ho condiviso an-che troppo emotivamente il ricordo di tali tragici eventi, vissuti da chi sotto le bombe c’era stato davvero e aveva visto morire accanto a sé coniu-gi e figli; e di corpi smembrati e carni bruciate e palpitanti, di grida disumane di dolore dei mo-renti e urla disperate dei sopravvissuti nel buio di edifici distrutti ho spesso immaginato vivida-mente nell’infanzia; e ogni telegiornale che dà notizie di guerra fa riemergere qualcosa di quelle emozioni infantili suscitando nella mia mente un viscerale disagio. La notizia del bombardamento dell’Ospedale di Kunduz mi ha dato un’inquie-tudine più viva del solito e mi ha fatto tornare in mente una vicenda accaduta in Provenza circa

Immagine tratta dall’archivio di MSF

Pierluigi Benedetti

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ottocento anni fa, durante la Crociata voluta dal Papa di Roma Innocenzo III contro gli eretici ca-tari di Albi, detti Albigesi, che si concluse con il loro completo annientamento.Il 22 luglio del 1209 il giorno della festa di Santa Maria Maddalena, dopo la presa della città di Bérziers i ventimila abitanti furono tutti uccisi nei modi più crudeli: uomini, donne e bambini, cattolici, eretici ed ebrei. La cosa fu abbastanza singolare e colpì la fanta-sia delle genti del tempo, non tanto per l’effera-tezza della strage, quanto per la motivazione che ne fu data dal conquistatore della città, l’Arcive-scovo di Narbona Arnaud Amaury, come si legge

VOCES IN AEVUM

in una cronaca scritta circa una decina di anni dopo la strage e sulla cui attendibilità la critica moderna ha pochi dubbi. Una volta conquistata la città, il capitano dei Crociati chiese all’Arcivescovo come dovesse comportarsi nei confronti degli abitanti, dato che molti di essi non erano eretici ma cattolici osser-vanti; e non era facile distinguerli. Il Vescovo, parafrasando in bestemmia le parole di una lettera di Paolo (2 Timoteo 2-19) rispose:“Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi”Penso che gli uomini del Medio Evo non fossero più crudeli di noi. Forse erano soltanto meno ipocriti!

Pieter Bruegel, Il trionfo della morte, 1562, particolare

Umberto Buscioni, Bagno di Betsabea, 1974, olio su carta

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AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO

Dott.ssa Patrizia Gentilini, Specialista in oncologia ed ematologia, Comitato Scientifico ISDE, Italia

Esposizione a pesticidi e salute umana

INTRODUZIONEIl termine “pesticida” è genericamente usato per indicare tutte le sostanze prodotte per contrasta-re o distruggere forme di vita –animali o vegetali- ritenute dannose per l’uomo, le colture o gli ani-mali domestici e comprendono quindi erbicidi, insetticidi, fungicidi, battericidi e rodenticidi etc. In questo articolo si farà riferimento in particola-re ai pesticidi usati in agricoltura, ovvero a tutte quelle sostanze che caratterizzano l’agricoltura su base industriale: si tratta per la massima parte di sostanze tossiche, persistenti, bioaccumulabili che hanno un impatto non solo sugli organismi che si vogliono contrastare, ma anche sulle pro-prietà fisiche e chimiche dei suoli e sugli inte-ri ecosistemi, effetti che furono già intuiti negli anni 50’ da una biologa americana Rachel Car-son ed illustrati nel libro “Primavera silenziosa”. Oggi tuttavia è sempre più acclarato che, anche a dosi minimali, possono risultare estremamente nocive per la salute umana e rappresentare quin-di un vero e proprio problema di salute pubblica. Va anche ricordato che 15 pesticidi, unitamente a diossine e PCB, sono stati inclusi nella Conven-zione di Stoccolma stilata per difendere la salute umana dai composti organici persistenti POP’s (Persistent Organic Pollutants), convenzione sot-toscritta anche dall’Italia, unico paese in Europa a non averla ancora ratificata (http://chm.pops.int/Countries/StatusofRatifications/tabid/252/Default.aspx). Le formulazioni commerciali utilizzate in agricol-tura in Italia sono circa un migliaio e oltre 400 i principi attivi: dai dati ISTAT risulta che nel 2010, per il solo uso agricolo, sono state vendute nel nostro paese 143.907 tonnellate di prodotti; esi-ste inoltre una legislazione complessa e spesso contraddittoria per cui ad. es. sostanze vietate o messe fuori commercio per la loro elevata tossici-tà godono di deroghe per cui continuano ad essere utilizzate. In base alle loro proprietà chimiche, i pesticidi sono classificati in queste classi princi-pali: organoclorurati (OC), organofosforici (OP), carbammati, ditiocarbammati, piretroidi, fenos-siderivati, triazine, ammidi e cumarinici. I pesti-cidi possono anche essere classificati in base al

loro meccanismo d’azione. Ad esempio, OC, OP e insetticidi piretroidi sono progettati come neuro-tossine, alcuni erbicidi come i fenossiderivati sono analoghi agli ormoni vegetali (auxino-simili), altri come triazine e urea alterano fisiologici proces-si metabolici e i rodenticidi cumarinici bloccano l’attivazione della vitamina K e quindi hanno pro-prietà emorragiche. Alcuni fungicidi quali i ditio-carbammati alterano i processi energetici cellulari e inducono stress ossidativoPer brevità non si affronterà in questo testo il pro-blema dell’avvelenamento acuto da pesticidi che può avvenire sia in modo volontario (suicidi) o accidentale; il problema non è certo di secondaria importanza dal momento che secondo l’OMS si contano ogni anno oltre 26 milioni di casi di avve-lenamento con 258.000 decessi annui globalmente nel mondo e negli U.S.A il 45% di tutti gli avve-lenamenti da pesticidi si registra nei bambini (1). Non si affronterà neppure il problema legato ad incidenti nel sistema di produzione/stoccaggio (esplosioni/incendi ed altro), problema anche questo tutt’altro che trascurabile: si pensi al di-sastro di Bhopal (India) nel 1984 con la fuoriu-scita di 40 tonnellate di isocianato di metile che causò ben 8.000 morti nel territorio circostante e 500.000 intossicati o all’incidente alla Farmo-plant, in Toscana, che nel 1988 comportò fuori-scita del “rogor” e formazione di una nube tos-sica che si diffuse per oltre 2000 km2 in Versilia. Si affronterà viceversa il problema delle conse-guenze per la salute umana da esposizione “cro-nica” a pesticidi, ovvero l’esposizione a dosi pic-cole e prolungate nel tempo che, come vedremo, non riguarda solo la popolazione esposta per motivi lavorativi, ma riguarda ormai tutta la po-polazione generale. Tale modalità di esposizione può realizzarsi infatti non solo per motivi occu-pazionali, ma anche per la popolazione generale dal momento che queste molecole sono ormai stabilmente presenti sia nelle matrici ambientali (aria, acqua, suolo) che nella catena alimentare e nel latte materno.La mole più ampia di conoscenze sulla relazio-ne fra esposizione a pesticidi e patologie croniche proviene dai dati dell’Agricultural Health Study

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(AHS), grande studio prospettico di coorte che ha arruolato fra il 1993 ed il 1997 tutti gli agricoltori e le loro famiglie residenti in North Carolina e Iowa (N=89655), e dalle indagini sui veterani ameri-cani esposti all’Agente Arancio, defoliante ampia-mente usato durante la guerra del Vietnam. Successivamente una mole crescente di eviden-ze scientifiche ha confermato come l’esposizione cronica a pesticidi possa comportare alterazioni di svariati organi e sistemi dell’organismo umano quali quello nervoso, endocrino, immunitario, ri-produttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio; si documenta pertanto un incremento del rischio per molteplici patologie quali: cancro, diabete, pa-tologie respiratorie, malattie neurodegenerative, cardiovascolari, disturbi della sfera riproduttiva, disfunzioni metaboliche ed ormonali (specie della tiroide) (2).Tali rischi inoltre sono ancor più ele-vati se l’esposizione avviene nelle fasi più precoci della vita, a cominciare dal periodo embrio-fetale (3) e tutto ciò comporta importanti e negative ri-cadute sulla salute pubblica con conseguenti costi anche economici per l’intera società.

ESPOSIZIONE CRONICA A PESTICIDI L’esposizione a pesticidi a dosi piccole ma pro-lungate nel tempo rappresenta un problema com-plesso e di difficile quantificazione sia per la di-versità nei metodi di valutazione dell’esposizione (questionari occupazionali - residenziali, biomo-nitoraggio) sia perché l’esposizione può avveni-re ancor prima del concepimento per l’azione di queste molecole sulle cellule germinali. Esistono poi fattori come età, sesso, stato nutrizionale, abitudini personali, variabilità genetica indivi-duale che influenzano grandemente la suscetti-bilità ai pesticidi; in particolare esiste una varia-bilità genetica che influenza le vie enzimatiche responsabili del metabolismo di queste sostanze: i diversi polimorfismi comportano infatti profili metabolici più o meno favorevoli con aumenta-ta degradazione degli agenti tossici o, viceversa, con una loro bioattivazione (4). Tale variabilità è particolarmente importante nell’infanzia ed asso-ciata ad aumentato rischio di deficit sullo svilup-po neurologico e motorio specie se l’esposizione avviene, come vedremo, nelle prime fasi della vita. Queste sostanze possono entrare in contatto con l’organismo sia per assorbimento cutaneo, grazie alla loro liposolubilità (organofosfati, car-bammati, organoclorurati, DDT, lindano, aldrin e clordano) che per inalazione od ingestione (pi-retroidi, erbicidi, clorofenoli). Le principali moda-lità con cui può avvenire l’esposizione sono:- esposizione professionale

Può avvenire durante la produzione, il traspor-to, la preparazione e l’applicazione di pesticidi. I principali fattori coinvolti in questo tipo di espo-sizione includono l’intensità di applicazione, la frequenza, la durata e il metodo, il rispetto delle norme di sicurezza, l’uso di dispositivi di prote-zione individuale, nonché i profili fisico-chimici e tossicologici dei pesticidi in uso. Anche mem-bri della famiglia di coloro che utilizzano pesticidi possono avere notevoli rischi per sversamenti ac-cidentali, perdite, usi non corretti di attrezzature e non rispetto della sicurezza e delle linee guida. - esposizione ambientale/residenzialeÈ ampiamente documentato che vivere vicino ai luoghi in cui i pesticidi vengono utilizzati, fabbri-cati o smaltiti può aumentare in modo significati-vo l’esposizione umana per inalazione e contatto con aria, acqua e suolo. Di particolare rilievo è anche l’effetto “deriva”: ovvero la dispersione aerea di particelle di miscela di pesticidi che non raggiungono quindi il bersaglio ma si diffondono nell’ambiente circostante. In presenza di coltiva-zioni intensive confinanti con residenze private o luoghi pubblici (scuole, asili, parchi ecc.) è possibile quindi la contaminazione dei residenti e della popolazione che vi si trova. Questo tipo di contaminazione è particolarmente importante se lo spargimento avviene con atomizzatori ed in condizioni di ventosità. Importanti sono anche i rischi connessi con l’utilizzo domestico di tali so-stanze, ad es. le “bombe per le pulci” o l’utilizzo per piante da appartamento, giardinaggio, o per disinfestazione di animali- esposizione attraverso la dieta per presenza di residui nell’acqua o negli alimenti Questa modalità è di grande importanza e riguar-da potenzialmente tutti i consumatori.L’ultimo rapporto ISPRA (5) “Pesticidi nelle ac-que” evidenzia una “ampia diffusione della con-taminazione” ed il rilevamento nelle acque super-ficiali e profonde di ben “175 sostanze diverse, un numero più elevato degli anni precedenti” con riscontro di ben 36 sostanze in unico campione. Il tema delle miscele di sostanze è particolarmen-te preoccupante in quanto: “la valutazione di ri-schio, infatti, nello schema tradizionale considera gli effetti delle singole sostanze, e non tiene conto dei possibili effetti delle miscele che possono esse-re presenti nell’ambiente. C’è la consapevolezza, sia a livello scientifico, sia nei consessi regolato-ri, che il rischio derivante dalle sostanze chimiche sia attualmente sottostimato.” La sostanza più ri-trovata è il glifosate ed il suo metabolita AMPA, ricercati sistematicamente solo in Lombardia. Si segnala che di recente anche la Regione Toscana

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ha condotto su un centinaio di campioni di acque destinate al consumo umano la ricerca di questa sostanza ed è emerso che: “l’erbicida glifosate, per quanto ricercato in un numero limitato di campio-ni a causa della complessità del metodo di analisi, è stato rilevato in una percentuale elevata di ana-lisi, anche superiori a 1 microgrammi/litro” (6). Residui di pesticidi si ritrovano poi non solo in frutta e vegetali, ma anche in carni, pesce e pro-dotti lattiero-caseari, grazie al loro bioaccumulo e biomagnificazione nella catena alimentare. L’ultimo rapporto dell’EFSA condotto su 81.000 campioni provenienti da 27 Stati Membri, Islan-da e Norvegia (7) riporta che il 55.4% degli ali-menti esaminati contiene livelli di pesticidi che rientrano nei limiti di legge, nell’1,5% dei cam-pioni limiti di legge risultano nettamente supe-rati e nel 27.3% sono presenti residui multipli. La situazione italiana- riportata nei rapporti di Legambiente “Pesticidi nel piatto”- mostra che in Italia il 36% dei campioni di frutta e verdura ana-lizzati presenta residui e che sono in aumento i campioni con multiresiduo: addirittura 9 su un solo campione di uva da tavola. Da queste am-pie indagine emerge quindi che in oltre 1/3 de-gli alimenti che arrivano sulle nostre tavole sono presenti multipli residui di pesticidi e la presenza contemporanea di più sostanze - anche se cia-scuna presente entro i “limiti di legge”- non può certo essere considerata scevra di rischi per la salute come vedremo.

VALUTAZIONE DEL RISCHIO: CARATTERI-STICHE E LIMITIL’attuale valutazione del rischio per esposizio-ne a pesticidi non può ritenersi sufficientemente

adeguata per quanto riguarda la tutela della sa-lute umana per i limiti sinteticamente riportati in Tab1. Va segnalato che esistono addirittura pare-ri discordanti fra le stesse Agenzie regolatorie: ad esempio il glifosate, che è stato nel corrente anno classificato dalla IARC (organo di riferimento dell’OMS) come 2A (cancerogeno probabile) (8) viene considerato dall’Agenzia Europea per la Si-curezza Alimentare (EFSA) come “improbabile” cancerogeno (9). La crescente preoccupazione per la salute pub-blica rappresentato dall’esposizione a multiresi-duo attraverso la dieta è testimoniato dal fatto che, ad esempio, in Francia è stato avviato uno studio (PERICLES) che si propone di valutare su linee cellulari umane e test di laboratorio gli ef-fetti di 79 residui di pesticidi in 7 diverse miscele (da 2 a 6) presenti abitualmente nella dieta dei francesi; oggetto di indagine svariate funzioni cellulari quali: citotossicità, genotossicità, stress ossidativo, apoptosi, nonché impedenza cellula-re in tempo reale e transattivazione del recettore nucleare (14).

PRINCIPALI MECCANISMI DELL’AZIONE TOS-SICA DEI PESTICIDI Stante le centinaia di principi attivi presenti sul mercato e l’immissione sul mercato di sempre nuove molecole, la conoscenza dettagliata della loro azione tossica sull’uomo, specie se a dosi minimali e prolungata nel tempo, è indubbia-mente complessa e difficilmente esaustiva. Tuttavia una crescente mole di studi scientifici e di laboratorio ha evidenziato i principali effetti che ne possono risultare e che sono così riassu-mibili (2):

i limiti di legge sono riferiti a persona adulta di 70 kg e non si tiene conto che dosi anche minimali e ben al di sotto dei limiti di legge possono essere pericolose specie in fasi cruciali della vita ed in particolare per sostanze che agiscono come “interferenti endocrini” (10-11)

non si tiene conto della diversa suscettibilità in relazione a fattori genetici, età, genere, stato nutrizionale, abitudini personali

ogni sostanza viene valutata singolarmente senza tener conto dell’effetto “cocktail”, ovvero del potenziale effetto sinergico delle miscele (12)

la valutazione del rischio viene condotta sul principio attivo e non sul formulato commerciale in cui in genere sono presenti coadiuvanti, conservanti, diluenti etc. che rendono il formulato commerciale molto più tossico del principio attivo, questo è il caso ad esempio del glifosate, un erbicida estremamente diffuso anche al di fuori della pratica agronomica, che ha dimostrato su cellule umane coltivate in vitro, maggior tossicità rispetto al principio attivo per la presenza di un surfactante derivato dagli idrocarburi (13).

non si tiene conto del fatto che i metaboliti possono essere più tossici della molecola originaria.

Tabella 1: Valutazione del rischio dell’esposizione a pesticidi: caratteristiche e limiti

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• modificazioni genetiche ed epigenetiche • squilibri nella funzione recettoriale con azione di “interferenza endocrina” • disfunzione mitocondriale• perturbazione della conduzione neuronale per alterazione dei canali ionici, • alterazione dell’attività enzimatica specie per interferenza con l’acetilcolinesterasi,• stress ossidativo• stress del reticolo endoplasmatico

Ovviamente la stessa sostanza può presentare più di una azione tossica: il glifosate ad es. – ricono-sciuto come probabile cancerogeno per i linfomi non Hodgkin – ha dimostrato anche per dosi mini-mali di incrementare l’antibiotico resistenza a cep-pi di Escherichia, Salmonella ed altri ancora (15); come ben noto l’antibiotico resistenza è in dram-matica espansione e desta una crescente preoccu-pazione nella comunità scientifica. Ma da alcuni studi emerge che l’esposizione al glifosate com-porterebbe anche altri effetti avversi quali: altera-zione della permeabilità delle membrane cellulari, stress ossidativo con formazione di radicali liberi, diminuzione dell’attività enzimatica del comples-so del citocromo P450, alterato assorbimento di nutrienti, vitamine, ferro e microelementi, azione neurotossica, di interferente endocrino e correla-zione con la celiachia (16-18).Una sintetica rappresentazione dei meccanismi eziopatogenetici e delle conseguenti patolo-gie correlate: cancro, diabete, Parkinson, Al-zheimer, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), difetti di nascita, disordini riproduttivi, asma,broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), malattie cardiovascolari, nefropatie croniche, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sindrome da stanchezza cronica, invecchiamento è riportata in Figura 1. Di particolare rilevo è comunque l’azione di can-cerogenicità, interferenza endocrina e neurotos-sicità dei pesticidi.

Cancerogenicità Nella lista delle sostanze chimiche potenzialmen-te cancerogene redatta da EPA e pubblicata nel 2010 oltre 70 pesticidi sono considerati probabi-li o possibili cancerogeni (http://www.epa.gov/pesticides/carlist/). Nel maggio del 2015 la IARC ha valutato la cancerogenicità di 5 pesticidi: glifo-sate, malation e diazionon sono stati classificati come “probabili cancerogeni” (2A), tetraclorvin-fos e paration come “possibili” (2B) (8). Di par-ticolare rilievo appare la classificazione del glifo-sate in quanto questo è l’erbicida più diffuso al

mondo ed è coinvolto anche nella produzione di organismi geneticamente modificati (OGM). So-prattutto mais, soia colza sono stati resi resistenti all’erbicida che quindi può essere usato in dosi ancora più elevate. Le conseguenze di ciò sono state di recente segnalate in un importante arti-colo sul New England Journal of Medicine che ha evidenziato come stiano comparendo specie er-bacee ancor più resistenti tanto che l’Agenzia per la Protezione Ambientale Americana (EPA) ha di recente autorizzato la combinazione del glifosate con il 2, 4D, uno dei componenti del famigerato

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Figura 1: Principali modalità dell’azione tossica dei pesticidi modificata da (2)

Rappresentazione schematica dei meccanismi at-traverso cui i pesticidi inducono patologie croni-che: ROS: specie reattive dell’ossigeno (radicali li-beri), Cyt c: citocromo c, UPS: sistema ubiquitina proteasoma, ER stress: stress del reticolo endopla-smatico, ERAD: degradazione associata al retico-lo endoplasmico, ER : recettore per Estrogeni, AR : recettore per Androgeni, AHR: recettore per idro-carburi arilici, TR: recettore tirodeo, RAR: recetto-re acido retinoico, RXR: recettore x per i retinoidi, PPAR: recettore attivante la proliferazione dei pe-rossisomi, RE elemento di risposta, ALS: sclerosi laterale amiotrofica, CODPD: malattia ostruttiva polmonare cronica

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“agente orange” durante la guerra del Vietnam (19). Va ricordato che anche in Italia gli animali da carne vengono alimentati con mangimi OGM, quali soia, mais, colza ed il glifosate -che quindi entra nella catena alimentare - è stato ritrovato in concentrazioni elevate in liquidi biologici sia degli animali così alimentati che delle persone che si alimentano della loro carne o dei prodotti derivati con ulteriori potenziali rischi per la salu-te umana (20).

Interferenza endocrina Questo termine, introdotto per la prima volta nel 1991, contempla tutte le sostanze che interferi-scono con sintesi, secrezione, trasporto, azio-ne, metabolismo o eliminazione degli ormoni. Il meccanismo d’azione presuppone quindi la possibilità di interferire con la capacità delle cel-lule di comunicare tra loro attraverso gli ormoni e vastissima è la gamma di effetti negativi per la salute che ne conseguono: difetti di nascita, deficit riproduttivi, di sviluppo, alterazioni me-taboliche, immunitarie, disturbi neurocomporta-mentali e tumori ormono-dipendenti. L’Istituto Superiore di Sanità definisce gli interferenti en-docrini come “sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organi-smo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione”. Queste sostanze quindi possono non solo esplicare effetti negativi sull’individuo esposto, ma anche sulle cellule germinali con effetti trans-generazionali, eventualità che desta ovviamente non poche preoccupazioni. I princi-pali gruppi di pesticidi con questa azione sono: insetticidi clorurati (lindano, dieldrin), fungicidi (vinclozolin, linorun), triazolici (ciproconazolo), imidazoli (imizaloil), triazine (atrazina, simazi-na), ditiocarbammati (mancozeb), coformulanti (alchifenoli) (21).

Neurotossicità È uno dei più importanti effetti della esposizione a pesticidi: per esposizioni acute ad organofosfa-ti, ad esempio, non solo si riscontrano nell’imme-diato sintomi a carico del sistema nervoso cen-trale sia di tipo sensoriale che motorio, ma anche sequele neuropsichiatriche a lungo termine quali deficit nel rilevamento di stimoli e nell’elabora-zione delle informazioni, carenze nell’attenzione e nella memoria e maggiore incidenza di depres-sione.Allo stesso modo anche l’esposizione cronica a questi agenti è risultata associata con anomalie neurocomportamentali tra cui ansia, depressio-

ne, sintomi psicotici, sintomi extrapiramidali, de-ficit nella memoria a breve termine, nell’appren-dimento, nell’attenzione e nell’elaborazione.I meccanismi con cui la neurotossicità si può esplicare sono molteplici: vi può essere una in-terferenza con la conduzione neurale in seguito ad alterazione dei canali ionici come da parte di DDT, DDE, aldrin, clordano, esaclorobenzene, to-xafene, piretroidi, una alterazione delle funzioni mitocondriali, l’avvio di segnali pro-infiammatori come da parte degli erbicidi clorofenossiacetici 2,4-D, una interferenza con la trasmissione neuronale per inibizione dell’acetilcolina esterasi, come da parte degli organofosfati e dei carbammati. Con l’inibizione irreversibile dell’acetilcolinesterasi – enzima essenziale alla funzionalità nervosa – si impedisce la degradazione dell’acetilcolina che si concentra nello spazio sinaptico con gravi altera-zioni della neurotrasmissione colinergica (22).

PRINCIPALI PATOLOGIE UMANE CORRELA-TE A PESTICIDIIl problema dell’esposizione cronica a pesticidi e dei conseguenti rischi per la salute umana anche da parte della comunità scientifica è stato troppo a lungo sottovalutato, ma oggi rappresenta un problema di crescente interesse e digitando su un motore di ricerca in data 27 novembre 2015 parole chiave come “pesticides human health” compaiono ben 14.181 lavori scientifici e digi-tando “pesticides children” ne compaiono 5.800 (http:www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=pesticides+human+health; http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=pesticides+children+health) Centinaia di lavori scientifici attestano quindi ormai in modo incontrovertibile come l’esposi-zione a pesticidi comporti un incremento stati-sticamente significativo del rischio per: cancro, diabete, patologie respiratorie, malattie neuro-degenerative, cardiovascolari, disturbi della sfe-ra riproduttiva, infertilità maschile, disfunzioni metaboliche ed ormonali, patologie autoimmuni, disfunzioni renali: alcune di queste verranno più dettagliatamente illustrate.

Cancro Dagli studi condotti sulla grande coorte degli agri-coltori U.S.A. già dagli anni 60 (AHS) e succes-sivamente su altri gruppi di lavoratori, è emerso che per esposizione a pesticidi vi è un incremento di rischio statisticamente significativo per: tutti i tumori nel loro complesso, cancro al polmone, pancreas, colon-retto, vescica, prostata, cervel-lo, melanoma, leucemie, tutti i tipi di linfoma

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e mieloma multiplo. Le sostanze maggiormente coinvolte sono aldrin, chlordane, heptachlor, lin-dane, mancozeb, cyanazine, glifosate, piretroidi, clorpirifos. Particolarmente elevati sono i rischi emersi per tumori del sistema emolinfopoietici, in particolare linfomi NH e mieloma (23). Anche negli studi epidemiologici condotti in Italia sono emersi rischi più elevati per linfomi NH, leucemie e mieloma multiplo (24-27). Di particolare inte-resse è quanto emerso da uno studio condotto su agricoltori francesi esposti a pesticidi, seguiti per 9 anni: in questa coorte si è dimostrata una dram-matica espansione di cloni di linfociti con traslo-cazione (14;18), primo passaggio per l’evoluzione linfomatosa (28). Analoga alterazione era stata riscontrata negli individui maggiormente esposti a diossina dopo l’incidente di Seveso, in cui l’inci-denza di tumori del sangue era risultata più eleva-ta; si è così confermata una somiglianza di effetti fra pesticidi e diossina. Anche nei bambini figli di agricoltori o comunque esposti a pesticidi aumenta il rischio di cancro, in particolare di linfomi, leucemie e tumori cerebrali (3).Particolarmente a rischio appare l’esposizione in utero: una revisione di 13 studi caso-controllo pubblicati fra il 1987 e 2009 per indagare il rischio di leucemia infantile ed esposizione residenziale a pesticidi ha evidenziato che il rischio più elevato, oltre il doppio dell’atteso, si aveva per esposizione durante la gravidanza anche a pesticidi per uso domestico (29-30). Una ulteriore recentissima me-tanalisi ha confermato per esposizione “indoor” (in particolare ad erbicidi) un incremento statisti-camente significativo per la leucemia infantile del 46% e del 26% per i linfomi (31). Risultati analo-ghi sono emersi di recente da un grande gruppo cooperativo cui erano presenti anche ricercatori italiani e da cui in particolare risulta un incremen-to statisticamente significativo del 55% di leuce-mie mieloidi nella prole per esposizione a pesticidi durante la gravidanza (32).

Patologie respiratorieNumerosi sintomi e alterazioni della funzione polmonare si osservano per esposizione a pesti-cidi, in particolare: dispnea, irritazione delle vie respiratorie, gola secca/mal di gola, tosse, senso di costrizione toracica, rinorrea. Asma, Bronchi-te Cronica e Brocopneumopatia Cronica Ostrut-tiva (BPCO) sono risultate le patologie maggior-mente correlate (33). In particolare l’asma è stata riconosciuta come la più comune malattia polmo-nare correlata ad esposizioni professionali: tra gli agricoltori U.S.A. di sesso maschile si è dimostra-ta una associazione statisticamente significativa,

variabile dal +100% al + 134%, tra insorgenza in età adulta di asma atopico e utilizzo di cou-maphos, eptacloro, parathion , dibromoetilene ed una miscela - 80/20 - di tetracloruro di carbonio / solfuro di carbonio (34). Tra le donne l’esposizio-ni a pesticidi, quali carbaril, coumaphos, DDT, malathion, parathion, permetrina, forate, erbici-di (2,4-D e glifosate) e un fungicida (metalaxil), era maggiormente associata con l’asma atopico che non con quello non atopico.In uno studio caso-controllo su agricoltori in India si è registrato un incremento del rischio del 154% di bronchite cronica per esposizioni ad organofo-sfati e carbammati (35). Parimenti nella grande coorte AHS è emerso che l’esposizione a organo-clorurati (eptacloro, clordano, DDT, lindano e to-xafene), organofosforici (coumaphos, diazinone, diclorvos, malathion e parathion) carbammati, permetrina, erbicidi clorofenossici (2,4,5-TP 2,4,5-T) e due erbicidi (chlorimuron-etile e olio di petro-lio) comportava un rischio statisticamente signifi-cativo di bronchite cronica (36).

Sistema Nervoso Le principali patologie neurodegenerative corre-late a pesticidi sono: Morbo di Parkinson, Al-zheimer e Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): di particolare rilievo appare l’esposizione a lun-go termine e a basse dosi di paraquat, maneb, dieldrin, piretroidi ed organofosforici. Sempre più inoltre emerge il ruolo dell’esposizione precoce in utero per malattie neurodegenerative che si manifestano nell’età adulta (37). Vi è inoltre una crescente mole di conoscenze che evidenzia seri rischi da esposizione a pesticidi per il cervello in via di sviluppo e conseguenti sequele neuropsi-chiche nell’infanzia.Morbo di Parkinson: nello studio condotto sull’ampia coorte degli agricoltori americani (AHS) è emerso che anche l’esposizione resi-denziale rappresentava un fattore di rischio; le categorie di pesticidi maggiormente responsabili per insorgenza di Parkinson sono risultati gli or-ganofosforici, i carbammati, gli organoclorurati, i piretroidi. Una metanalisi del 2012 che ha rivisto la letteratura aggiornata, tra cui 39 studi caso-controllo, 4 studi di coorte e 3 studi trasversali, ha evidenziato che l’esposizione ad insetticidi ed erbicidi comportava complessivamente un incre-mento del rischio di Parkinson statisticamente significativo del + 62% (38). Nel 2013 il Morbo di Parkinson è stato ricono-sciuto come malattia professionale in Francia. Morbo diAlzheimer (39): qui il ruolo eziopato-genetico dei pesticidi appare minore rispetto al

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Parkinson, tuttavia molto recentemente si sono aggiunte interessanti evidenze. Nel 2010 è stato pubblicato un ampio studio di coorte longitudi-nale che ha dimostrato come le persone anziane che vivono in una zona agricola mostrano un più alto tasso di deficit di performance cognitiva e rischio di malattia di Alzheimer. Anche un altro studio ecologico condotto in Andalusia ha evi-denziato che le persone che vivono nelle zone più contaminate da pesticidi hanno un aumento del rischio di malattia di Alzheimer, come pure di altre patologie neurodegenerative (Parkinson, sclerosi multipla) e psichiatriche (psicosi e tenta-tivi di suicidio). Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): è la forma più comune delle malattie del motoneurone ca-ratterizzata da esito invariabilmente fatale, nu-merosi sono i fattori di rischio ipotizzati fra cui le esposizioni ad agenti chimici. Un grande studio caso-controllo condotto da McGuire e colleghi nel 1997 è stato il punto di partenza delle indagi-ni che hanno correlato pesticidi e SLA. In questo studio, è stata valutata l’esposizione professio-nale a tre gruppi di sostanze chimiche: solventi, metalli e pesticidi; i risultati hanno mostrato il ruolo predominante di questi ultimi. Nel 2012 è stata pubblicata una metanalisi condotta nella grande coorte AHS che ha evidenziato un incre-mento del rischio di SLA (statisticamente signifi-cativo) del + 95% per esposizione a pesticidi nel loro insieme (40).

Effetti sul cervello in via di sviluppo Di particolare rilevo sono gli effetti di tali sostanze per esposizioni in utero: una mole crescente di co-noscenze correla l’esposizione a questi agenti, ol-tre che a metalli pesanti, solventi, diossine etc, ad una “pandemia silenziosa”. Con questo termine si indica un insieme di defict neuropsichici e com-portamentali, spesso subdoli e di diversa gravità, che sempre più si verificano nell’infanzia e che vanno dai disturbi dello spettro autistico, ai defi-cit di attenzione ed iperattività, alla dislessia e a deficit cognitivi fino alla riduzione del Quoziente Intellettivo (QI). Molti pesticidi sono infatti lipofili e durante la vita fetale il cervello, che è l’unico organo in cui è presente tessuto adiposo, diven-ta un vero e proprio organo bersaglio per questi agenti. Già nel 2006 su Lancet era comparso un allarmante articolo con un elenco di 202 sostanze, tra cui 90 pesticidi, note per essere tossiche per il cervello umano (41); del tutto recentemente gli stessi Autori hanno ripreso l’argomento sottoline-ando come in particolare il clorpirifos sia implicato in questo tipo di rischi e come sia indispensabile

una politica di prevenzione globale per arginare questa vera e propria epidemia (42). Nello specifi-co si è dimostrato che i bambini con livelli più alti di tracce di metaboliti di insetticidi quali i derivati degli organofosforici presentano un rischio quasi doppio di sviluppare deficit di attenzione ed ipe-rattività rispetto a quelli con livelli di “normale” contaminazione (43).In seguito altri studi condotti indipendentemen-te presso l’Università di Berkeley, il Mt. Sinai Medical Center e la Columbia University hanno dimostrato con accurate valutazioni di biomo-nitoraggio (misurazioni dei metaboliti sulle uri-ne o alla nascita sul cordone ombelicale) che le donne esposte durante la gravidanza ai pesticidi hanno maggiori probabilità di dare alla luce figli meno intelligenti della media. Più precisamente, un’esposizione prenatale dieci volte superiore alla norma corrisponde ad un calo di 5,5 punti nei test sul QI. Una revisione del 2013 (44) ha preso in esame gli effetti dei pesticidi sul neuro-sviluppo ed in particolare sulla sfera sensoriale, motoria, cognitiva, su QI e sulla morfologia cere-brale con risonanza magnetica (vedi Fig.2). Dallo studio è emerso che 26 su 27 studi evidenziano effetti neurocomportamentali, con una relazione dose-risposta in 11 su 12 studi; inoltre 10 studi longitudinali, che hanno valutato l’esposizione prenatale, hanno riscontrato effetti comporta-mentali all’età di 7 anni ed alterazioni motorie specie nei neonati. In 2 gruppi di 20 bambini ciascuno, con livelli medio/alti e medio/bassi di clorpirifos valutato sul cordone ombelicale, una RMN eseguita in età scolare ha evidenziato alte-razioni cerebrali più o meno marcate in relazione alla differente esposizione (45).Un’ulteriore sistematica revisione che ha preso in esame 134 studi ha confermato che è proprio l’esposizione prenatale in utero quella che com-porta i maggiori rischi (46). Diabete Lo studio condotto sulla coorte dell’AHS ha evi-denziato che per aldrin, chlordane, eptachlor, di-chlorvos, trichlorfon, alachlor e cyanazine vi era un aumento del rischio di diabete sia per un uso continuativo sia per un uso di almeno 100 giorni durante il corso della vita; in quest’ultimo caso per esposizione ad aldrin, chlordane, eptaclor l’incremento del rischio era rispettivamente del 51%, 63%, e 94% (47). Del tutto recentemente una ulteriore indagine, condotta sull’ampia co-orte delle mogli della coorte AHS che avevano segnalato di non avere mai personalmente ap-plicato o preparato pesticidi ha dimostrato che

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tre organofosforici un organoclorurato e l’erbici-da 2,4,5-T/2,4,5-TP erano associati con diabete incidente con rischi statisticamente variabili dal +50% al +99% (48).

Patologie cardiovascolariIpertensione ed assetto lipidico sono risultati al-terati in relazione a contaminanti organici persi-stenti (POP’s), inclusi pesticidi, sia fra i veterani U.S.A che per esposizioni residenziali. Fra i re-sidenti in buona salute del sito industriale della Monsanto si è evidenziata una correlazione fra i più elevati livelli di PCB e pesticidi ed incremen-to di lipidi totali, trigliceridi e colesterolo tota-le con pattern diversi fra i diversi congeneri dei PCB e i diversi pesticidi (49). Analoghi risultati sono emersi da uno studio condotto in Svezia e si conferma così l’alterazione dell’assetto lipidico connesso ad esposizioni ambientali. Di particolare interesse i risultati emersi sul lega-me fra esposizione prenatale a DDT ed insorgen-za di ipertensione prima dei 50 anni: in donne gravide fra il 1959 e il 1967 sono stati raccolti e stoccati prima del parto campioni di siero su cui si è dosato il DDT; a distanza di decenni si è valutata l’incidenza di ipertensione sulle figlie ad età fra 39 e 47 anni. Per esposizione prenatale a livelli medi/alti di DDT l’incremento del rischio di ipertensione è risultato del 260%; per i più

bassi del 150% (50). Uno studio condotto sulla AHS ha evidenziato che anche i disordini ipertensivi in gravidanza, compreso l’eclampsia, sono associati in modo statisticamente significativo con l’esposizione sia professionale che residenziale a pesticidi durante il primo trimestre di gravidanza (51). Di partico-lare interesse a questo riguardo è quanto emer-so da un recente studio condotto in Norvegia su 28.192 gravide: il rischio di eclampsia nel gruppo che aveva praticato abitualmente durante la gra-vidanza una dieta biologica è risultato quasi di-mezzato (OR=0,76) rispetto al gruppo che aveva avuto una alimentazione tradizionale (52).

Disordini riproduttivi, infertilità, malforma-zioni e difetti di sviluppo La maggior parte dei pesticidi, in particolare gli organofosforici, possono alterare la qualità del seme in vari modi: riduzione della densità, moti-lità e numero degli spermatozoi, inibizione della spermatogenesi, aumento delle anomalie al DNA e alterazioni della loro morfologia, riduzione del volume e peso di testicoli, epididimo, vescicole seminali e prostata (53). Vi possono essere inol-tre alterazioni dei livelli di testosterone per ini-bizione della attività testicolare, variazioni degli ormoni ipofisari e dell’attività degli enzimi an-tiossidanti a livello degli organi riproduttivi: tutti

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Figura 2: anomalie cerebrali alla RMN in due gruppi di bambini con livelli più o meno elevati di clor-pirifos

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questi effetti sono ben comprensibili se si pensa all’azione di interferenti endocrini svolta da mol-te di queste sostanze. Incremento dell’abortività spontanea, alterato rapporto maschi/femmine, effetti antiandrogeni con demascolinizzazione e cambiamenti nello sviluppo puberale si sono osservati principal-mente per esposizione a DDT, aldrin, chlorda-ne, dieldrin, endosulfan, atrazina, vinclozolin. Importanti correlazioni fra esposizione a pe-sticidi (in particolari erbicidi), malformazioni, morte intrauterina, ritardi di crescita, alterazio-ni nell’impianto sono giunte da studi sperimen-tali e da studi epidemiologici di sorveglianza sui veterani americani del Vietnam, coorte in cui è stata documentato un aumentato rischio di spi-na bifida ed anencefalia. Un più alto rischio di ipospadia è emerso per esposizione prenatale sia materna che paterna (54): è interessante no-tare che da un recente studio è emerso che una alimentazione di tipo biologico in gravidanza si è dimostrata protettiva nei confronti dell’ipo-spadia (55).

Malattie della tiroideUno studio condotto nell’ambito dell’AHS ha va-lutato il rischio di ipo-ipertiroidismo fra le mogli degli agricoltori americani in relazione all’uso/non uso di organoclorurati: è emersa una preva-lenza di malattie tiroidee clinicamente diagnosti-cate pari al 12,5% con una prevalenza di ipotiroi-dismo e ipertiroidismo rispettivamente del 6,9% e 2,1%. In particolare l’esposizione ad organoclo-rurati e fungicidi ha comportato un incremento notevole del rischio di ipotiroidismo, per esposi-zione a mancozeb si è registrato un incremento statisticamente significativo sia di ipo che di iper-tiroidismo (56). Un ulteriore studio nella medesi-ma coorte dell’AHS, ma questa volta prendendo in esame i 22.246 maschi, ha valutato l’associa-zione tra l’uso di 50 diversi pesticidi e le patolo-gie tiroidee ed anche in questo caso è emersa una aumentata probabilità di ipotiroidismo con l’uso degli erbicidi 2,4-D, 2,4,5-TP, alaclor, dicamba e olio di petrolio (57).

COSTI ECONOMICI PER DANNI ALLA SALUTE DA PESTICIDI Data la numerosità e consistenza degli studi scientifici è ormai possibile fare una valutazione anche economica dei costi per danni alla salute umana conseguenti all’esposizione a pesticidi. Già nel 2012 uno studio quantificava l’impatto sulla salute ed i costi relativi ai danni derivan-ti dall’esposizione a 133 pesticidi applicati in 24

paesi europei nel 2003, pari a quasi il 50% della massa totale di pesticidi applicata in quell’anno. Solo 13 sostanze applicate a 3 classi delle colture (uva/viti, alberi da frutta, ortaggi) contribuiva-no, secondo questa indagine, al 90% degli im-patti complessivi sulla salute per una perdita di circa 2000 anni di vita (corretti per la disabilità) in Europa ogni anno, corrispondente ad un costo economico annuo di 78 milioni di euro (58). Sempre nel 2012 è stata pubblicata una indagine che ha valutato i costi per intossicazione acuta da pesticidi nello stato del Paranà giungendo alla conclusione che per avvelenamento acuto il co-sto complessivo ammonta per lo stato del Paraná a 149 milioni di dollari ogni anno, vale a dire per che per ogni dollaro speso per l’acquisto di pesti-cidi in questo stato, circa $ 1.28 vengono spesi a causa dei costi esternalizzati da avvelenamento (59). È stato calcolato che negli anni 90’ negli Stati Uniti i costi ambientali e per la salute pubblica conse-guenti all’utilizzo di pesticidi ammontassero ogni anno a 8,1 miliardi di dollari, per cui, essendo spe-si ogni anno per il consumo pesticidi in questo paese 4 miliardi di dollari, significa che per 1 dol-laro speso per l’acquisto di queste sostanze se ne spendono 2 per costi esternalizzati (60). Un altro studio pubblicato nel 2005 ha valutato che sempre negli USA i costi per patologie cro-niche ed avvelenamenti da pesticidi ammontino a 1.1 miliardi di dollari, di cui circa l’80% per il cancro (61). È stato calcolato che nelle Filippine il passaggio da uno a due trattamenti per la coltu-ra del riso ha comportato un ulteriore profitto di 492 pesos, ma costi aggiuntivi per la salute di 765 pesos, con una perdita netta quindi di 273 pesos (62). In Tailandia si è valutato che i costi esterna-lizzati da pesticidi possano variare annualmente da 18 a 241 milioni di dollari (63). In Brasile i soli costi per danni alla salute dei lavoratori addetti alle coltivazioni di fagioli e granturco ammonta-no al 25% del ricavo (64).Per venire a dati più recenti e più vicino alla re-altà europea si può ricordare un recente lavoro condotto per valutare il carico di patologie ed i costi connessi all’esposizione ad interferenti en-docrini in Europa: un panel di esperti ha valutato con “forte probabilità” che ogni anno in Europa si perdano ben 13 milioni di punti di Quozien-te Intellettivo (QI) per esposizione prenatale ad organofosfati e che vi siano ulteriori 59.300 casi aggiuntivi di disabilità intellettuale (65). Dal mo-mento che è stato valutato che ogni punto di QI perso per esposizione prenatale a Mercurio valga circa 17.000 euro ed i conti sono possono essere analogamente presto fatti anche per l’esposizio-ne ad organofosforici (66).

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CONCLUSIONIÈ ormai assodato in modo inequivocabile che l’esposizione a pesticidi comporta non solo gra-vi ed irreversibili alterazioni a carico dell’am-biente, dei suoli, degli ecosistemi e di svariate forme di vita, ma si correla anche a gravi conse-guenze sulla salute umana. Questi effetti, dap-prima evidenziatisi per esposizioni professiona-li, riguardano oggi tutta la popolazione umana, stante l’utilizzo sempre più massiccio e diffuso di questi prodotti in ogni parte del pianeta e la loro presenza costante in aria, acqua, suolo, cibo e nello stesso latte materno. Queste conse-guenze sono particolarmente gravi per esposi-zioni – anche a dosi minimali – che si verificano durante la vita embrio-fetale e la prima infan-zia, comportando in special modo danni sullo sviluppo cerebrale e rischio di malattie non solo nell’infanzia, ma anche nelle fasi più tardive della vita. I pesticidi hanno dimostrato di alterare l’omeo-stasi dell’organismo umano in quanto in grado di indurre molteplici e complesse disfunzioni a carico praticamente di tutti gli apparati, organi e sistemi, comportando quindi patologie di tipo endocrino, nervoso, immunitario, respiratorio, cardiovascolare, riproduttivo, renale. Vi è ormai evidenza di forte correlazione fra esposizione a pesticidi e patologie in costante aumento quali: cancro, malattie respiratorie, Parkinson, Alzhei-mer, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), auti-smo, deficit di attenzione ed iperattività, diabe-te, infertilità, disordini riproduttivi, malforma-zioni fetali, disfunzioni metaboliche e tiroidee. La possibilità che tali disfunzioni si trasmettano anche alle generazioni future, attraverso alte-razioni epigenetiche della linea germinale, non può che accrescere le nostre preoccupazioni, stimolandoci a ricercare e realizzare pratiche

agronomiche in grado di soddisfare i bisogni alimentari delle popolazioni senza compromet-terne in modo, forse irrimediabile, la salute. Dal momento che sono soprattutto le esposizioni precoci, in particolare in utero, quelle più perico-lose e alla luce di quanto emerso da alcuni studi che hanno dimostrato l’effetto protettivo della alimentazione biologica, riteniamo che la popo-lazione debba essere adeguatamente informata per scelte più consapevoli. È auspicabile inoltre che il biologico non rimanga un privilegio per po-chi, ma un diritto per tutti, specie nelle fasi della vita più delicate quali gravidanza, allattamento ed infanzia.Una recente metanalisi dell’Università di Berkeley (67) che ha esaminato 115 ricerche scientifiche per confrontare agricoltura biologica e conven-zionale concludendo che - almeno per alcune colture - non vi sono prove sufficienti per affer-mare che l’agricoltura convenzionale sia più ef-ficiente e dia rese maggiori rispetto a quella bio-logica, ha soprattutto affermato che: “aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una ne-cessità. Non possiamo semplicemente continuare a produrre cibo senza prenderci cura del nostro suolo, dell’acqua e della biodiversità”.I costi umani, sociali ed economici correlati all’esposizione a pesticidi non sono più tollera-bili ed affinchè non debba ulteriormente crescere l’elenco delle “Lezioni imparate in ritardo da pe-ricoli conosciuti in anticipo” (68) crediamo che si debbano promuovere senza esitazioni attività produttive ed agricole che non prevedano l’uso della chimica di sintesi, quali i metodi di tipo biologico/biodinamico, i soli in grado di rispetta-re e preservare non solo l’ambiente in cui vivia-mo, ma soprattutto la salute umana ed in special modo quella delle generazioni a venire.

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Dottor Marco La Grua, Centro Oncologico Fiorentino, Medicina del Dolore, Rimini

Attuali evidenze cliniche nell’utilizzodi oppioidi nel dolore non oncologico

Negli ultimi anni la facilitazione legislativa alla prescrizione degli oppioidi e la costante sensibiliz-zazione dei medici specialisti e MMG al loro uti-lizzo hanno portato ad un consistente incremento nella prescrizione di questi farmaci nel trattamen-to del dolore persistente e cronico, sia nei pazienti affetti da malattia neoplastica che in quelli sof-ferenti per dolore persistente definito impropria-mente “benigno”. Questo aumentato utilizzo di oppioidi ci ha permesso di gestire in modo più efficace e con minori complicazioni molti quadri dolorosi, riducendo l’utilizzo prolungato di FANS, spesso gravato da complicanze gastrointestinali, cardiocircolatorie e coagulative.Purtroppo però, mentre è ben stabilita l’efficacia dei farmaci oppioidi ed è ben codificato il loro uti-lizzo nel dolore acuto e nel paziente oncologico, molto meno chiare sono le loro indicazioni e le regole di utilizzo nei pazienti con dolore persisten-te/cronico non associato a patologie oncologiche, non trascurando inoltre i rischi potenziali connes-si al loro utilizzo in termini di tolleranza, abuso, misuso e sviluppo di dipendenza. Riguardo a tali tematiche le evidenze scientifiche di livello elevato appaiono purtroppo ancora scar-se, anche se già sono in grado di suggerire mo-dalità corrette di comportamento e prescrizione; scopo di questo scritto è perciò quello di riportare quanto attualmente disponibile sulla letteratura più recente.Già nel 2004 una review apparsa su Pain (Opioids in Chronic non-cancer pain: systematic review of efficacy and safety. Pain 2004; 112: 372-380) pun-tualizzava la mancanza di evidenze sull’utilizzo a medio-lungo termine dei farmaci oppioidi; inoltre il basso numero di pazienti coinvolti e i brevi fol-low-up degli studi analizzati non permettevano di trarre conclusioni riguardo ai problemi di tolleran-za e sviluppo di dipendenza. Queste conclusioni erano successivamente confermate da una pubbli-cazione del 2008 su Pain Physician (Effectiveness of opioids in the treatment of chronic non-cancer pain. Pain Physician, 2008: 11; S181-S200). Una recente revisione (Evidence-Based Guideli-nes on the Use of Opioids in Chronic Non-Cancer Pain—A Consensus Statement by the Pain Asso-ciation of Singapore Task Force. Ann Acad Med Singapore 2013;42:138-52) ha analizzato l’effica-

cia degli oppioidi nei più frequenti quadri di dolo-re cronico non oncologico. Le conclusioni di tale lavoro di revisione hanno evidenziato come, ad eccezione del dolore neuropatico periferico diabe-tico e di quello vascolare, in tutti gli altri quadri di dolore cronico non-oncologico siano assenti evidenze riguardo all’utilizzo di oppioidi per un periodo oltre i 12 mesi.Una posizione molto critica sull’uso di oppioidi nel dolore persistente/cronico nei pazienti non oncologici è stata ultimamente assunta dalla Ac-cademia Americana di Neurologia (Opioids for chronic noncancer pain. A position paper of the American Academy of Neurology. Neurology® 2014;83:1277–1284), il cui Subcommittee per la Sicurezza dei Pazienti ha evidenziato e pubblicato dati preoccupanti riguardo al numero di decessi direttamente o indirettamente provocati dalla as-sunzione di oppioidi per scopo medico, numero di dimensioni epidemiche e che quindi pone un problema di grande rilievo per la salute pubblica. Il gruppo più a rischio per tali decessi è quello rappresentato dalla popolazione fra i 35 ed i 54 anni; in tale gruppo la mortalità per abuso o mi-suso di oppioidi ha superato quella congiunta per ferita da arma da fuoco o incidenti stradali e, nel periodo 1999-2010 è stato calcolato che i decessi verificatisi abbiano superato anche il numero di morti americani nella guerra del Vietnam (più di 100.000 nel periodo analizzato!).Alla luce di questi dati il SubCommittee ha per-ciò eseguito una approfondita review riguardo alle evidenze scientifiche ed alle loro implicazio-ni sulla policy della prescrizione di oppioidi negli States; si è evidenziato come nelle guidelines e regolamenti attuali non fossero presenti specifici suggerimenti riguardo al dosaggio di oppioidi ra-gionevolmente utilizzabile nel dolore conico non oncologico; al contrario, il “model pain acts” ap-provato dagli States proibisce azioni disciplinari legate alla prescrizione di dosi estremamente alte di oppioidi, il che implica che non esista un limi-te di sicurezza da non oltrepassare, assumendo perciò come verità definita il concetto propugnato da alcuni specialisti di Medicina del Dolore che il modo corretto di trattare la tolleranza da oppioidi sia quello di incrementarne la dose, impostazione evidentemente non del tutto condivisibile e priva

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di rischi. Le conclusioni finali della revisione citata sono che, mentre esiste una evidenza per un significa-tivo pain relief nel breve termine con l’utilizzo di farmaci oppioidi, tali evidenze sono invece assen-ti nel lungo periodo, sia riguardo ad un efficace controllo del dolore che nel miglioramento della funzione e della qualità di vita. L’utilizzo prolun-gato di molecole oppioidi in questi pazienti inoltre espone i pazienti a seri rischi di overdose oltre che a possibile sviluppo di dipendenza fisica e psichi-ca.Questa posizione estremamente critica espres-sa dal documento della Accademia Americana di Neurologia è supportata anche da altre recen-ti analisi (Long-term opioid treatment of chronic nonmalignant pain: unproven efficacy and neglec-ted safety. Journal of Pain Research 2013:6 513–529). In questa pubblicazione sono stati analizza-ti gli articoli prodotti sull’utilizzo di oppioidi nel dolore non-oncologico in un periodo di 30 anni (dal 1983 al 2012); il numero totale di studi iden-tificati (2.356 su i vari database medici) è stato sottoposto a selezione secondo i criteri di esclusio-ne previsti dallo studio (presenza di casi con do-lore maligno, utilizzo di associazioni fra oppioidi e antidepressivi o anestetici locali, durate di trat-tamento inferiori ad 1 giorno e studi aventi meno di 10 pazienti) e di conseguenza ridotto a circa 250 pubblicazioni. Di questi, 197 erano semplici case reports, 53 erano ricerche cliniche originali, di cui solo 25 erano RCT mentre gli altri manca-vano di un adeguato gruppo di controllo; un solo studio RCT inoltre aveva un follow-up di 3 mesi e nessuno una durata superiore. In conseguenza di questa mancanza pressoché assoluta di studi di alta qualità la revisione in oggetto conclude che al momento non esistono sufficienti evidenze per affermare l’efficacia della somministrazione di op-pioidi a lungo termine.Nella stessa review si sono inoltre applicate le stes-se modalità di analisi ricercando la presenza di adeguate indagini in letteratura sul potenziale di sviluppo di dipendenza da farmaci oppioidi nei trattamenti a medio-lungo termine. Le conclusio-ni, anche in questo caso, hanno riportato la man-canza di evidenze riguardo alla sicurezza di tali farmaci nel lungo termine, come purtroppo dram-maticamente sottolineato nel crescente numero di decessi per abuso di oppioidi prescritti per uso medico. A conferma di tutti dubbi emersi in letteratura ri-guardo all’utilizzo a lungo termine degli oppioidi, nell’Ottobre 2013 la FDA ha annunciato una serie di importanti misure per incrementare la sicurez-za e l’utilizzo appropriato delle formulazioni a ri-lascio prolungato.

Tali misure includono l’obbligo di riportare avvisi di sicurezza sulla etichettatura dei farmaci, oltre a richiedere alle case farmaceutiche ulteriori studi e trials sulle molecole e formulazioni di oppioidi presenti sul mercato, con l’obbiettivo di valutare i possibili rischi in termini di abuso, sviluppo di dipendenza, overdose e morte, e sulla possibilità di sviluppare stati di ipersensibilità al dolore.Le conclusioni di questa analisi sulle evidenze alla base del’utilizzo degli oppioidi nel trattamento del dolore persistente e cronico nel paziente non oncologico devono essere perciò improntate alla prudenza ed al buonsenso. Non possiamo “but-tare via il bambino con l’acqua sporca”: i farmaci oppioidi devono restare importanti e centrali nel trattamento del dolore, ma il loro utilizzo deve es-sere attento e prudenziale specialmente quando ci si trovi a trattare pazienti non-oncologici sopratut-to se in età a rischio o in attività lavorativa, dato il potenziale impatto di tali farmaci anche sulla vita di relazione ed il potenziale sviluppo di abuso e dipendenza, attualmente sottovalutato. È dovero-so inoltre produrre evidenze riguardo alla efficacia e sicurezza di tali farmaci nell’utilizzo prolungato. Nell’attesa di adeguati studi e linee guida si può aderire ad alcuni suggerimenti per una più sicura prescrizione di oppioidi (Pain Medicine 2013; 14: 959–961):1. Valutare, prima di iniziare la prescrizione di op-pioidi, il rischio che presenta il paziente di svilup-pare un misuso o abuso di tali farmaci2. Ricercare e trattare disturbi comportamentali coesistenti quando presenti 3. Le tradizionali tabelle di conversione possono essere pericolose nel switching da un oppioide all’altro. Valutare attentamente ed esser pruden-ziali nella conversione4. Evitare di combinare benzodiazepine con op-pioidi specie durante le ore del sonno5. Utilizzare il metadone solo come oppioide di seconda o terza scelta con una dose molto bassa e ritirarlo molto lentamente6. Ricercare possibili stati di apnea in pazienti in terapia con dosaggi giornalieri elevati di metadone ed altri oppioidi ed in pazienti a particolare rischio7. Informare i pazienti in terapia a lungo termine con oppioidi della necessità di ridurne il dosaggio durante infezioni del tratto respiratorio superiore o episodi asmatici8. Evitare di utilizzare formulazioni a rilascio pro-lungato per la gestione del dolore acuto, postope-ratorio o trauma correlato.

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AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO

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RECENSIONE

L’altruismo del singolo che salva l’umanità interaL’altruismo sta da secoli al centro di molte riflessioni: filosofi, psicologi, pensatori politici hanno cercato di definire che cosa significa intenzione altruistica, se esista nell’uomo la volontà di gio-vare agli altri senza riceverne un vantaggio e anzi con la concreta possibilità di ricavarne un dan-no. Queste riflessioni si sono quasi sempre risolte in sterili diatribe tra i sostenitori e i detrattori dell’altruismo. Negli Anni Sessanta del secolo scorso una cospicua parte di scienziati sociali, che si occupò del problema, negò l’esistenza dell’altruismo e anzi affermò che anche quelle manife-stazioni a prima vista ascrivibili a intenzioni altruistiche altro non fossero che fenomeni originati dall’egoismo umano.David S. Wilson, biologo evoluzionista, dissente da questo modo di impostare la ricerca sull’al-truismo. Anzitutto ritiene necessario tenere al centro dell’indagine l’altruismo inteso come azione e non semplicemente come pensiero e intenzione. Ritiene inoltre che per dirimere la questione si debba adottare un punto di vista evoluzionistico e introduce il concetto di selezione multilivello, ossia un meccanismo evolutivo che non si esprime su un piano solo, ma riguarda invece molte-plici livelli (geni, cellule, organismi, individui, gruppi, specie) ciascuno dei quali sta dentro ad uno più vasto e ciò fa sì che un comportamento, considerato adattivo ad un livello, possa non es-serlo ad un livello superiore o viceversa. Questo punto di vista lo porta a riflettere sulla selezione intra-gruppo e su quella inter-gruppo, nelle quali spesso l’altruismo svolge un ruolo radicalmente diverso: l’individuo altruista è svantaggiato nella selezione all’interno del gruppo, ma risulta un elemento fondamentale in quella tra gruppi diversi. Mette infine a fuoco il concetto di equivalen-za nelle scienze, secondo cui la scienza non necessariamente è un avvicendarsi di paradigmi che si sostituiscono uno all’altro nel tempo – come ha affermato Thomas Kuhn – ma punti di vista diversi, che spesso coesistono e che talvolta risultano incommensurabili tra loro.

Wilson, si è detto, analizza l’altruismo attra-verso l’evoluzionismo. Tiene però a precisare di non avere nulla a che fare con il darwinismo sociale, da lui è considerato una teoria fallace e menzognera, utile soltanto a dare una veste rispettabile all’egoismo peggiore. L’Homo oeco-nomicus, proposto dal darwinismo sociale, non esiste e ritiene anche falso l’assunto secondo cui agire seguendo il proprio esclusivo interes-se fa il bene della comunità intera. La critica di Wilson (vedi capitolo 7, pp. 95-97), si appunta sulle idee della scrittrice e filosofa russa Ayn Rand, strenua propugnatrice di un laissez-faire selvaggio, che ha avuto una certa influenza su alcuni politici del Novecento. Wilson ha una concezione della vita economica diametral-mente opposta a quella della Rand, egli pensa la società come un “superorganismo”, in cui occorre che siano previste politiche sociali in grado di promuovere l’altruismo delle azioni, ossia tali da costringere gli esseri umani che ne fanno parte ad agire per il bene comune del gruppo: ”Tutte le società che funzionano bene hanno bisogno di meccanismi che coor-dinino le azioni e impediscano lo sfruttamento dall’interno. Si tratta di meccanismi altruistici o egoistici, in termini di pensieri e sentimenti? Non importa, purché facciano il loro lavoro in termini di azioni” (p. 105).

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Paul McNeelyCara Jane! cara adorabile Jane!Come scivolavi nella stanza (dove giacevo così malato)con la tua cuffietta da infermiera e i polsini di lino,mi prendevi la mano e mi dicevi con un sorriso:«Non siete poi così malato –starete presto bene».E come il liquido pensiero dei tuoi occhiaffondava nei miei, quale rugiada che penetranel cuore di un fiore.Cara Jane! l’intera fortuna dei McNeelynon avrebbe potuto comprare la tua cura di me,giorno e notte, notte e giorno;né pagare il tuo sorriso, né il calore della tua anima,nelle tue manine posate sulla mia fronte.Jane, fino a che la fiamma della vita scomparvenell’oscurità oltre il disco della notteanelai e sperai di guarireper adagiare il mio capo sui tuoi piccoli seni,e tenerti avvinghiata in una stretta d’amore –mio padre provvide per te alla sua morte,Jane, cara Jane?

Lee Masters, Antologia di Spoon River, traduzione di Letizia Ciotti Miller, Newton Compton (1974), 10a ediz., 1985.

DEDICATO A UN’INFERMIERA

Paul McNeelyDear Jane! dear winsome Jane!How you stole in the room (where I lay so ill)In your nurse’s cap and linen cuffs,And took my hand and said with a smile:«You are not so ill – you’ll soon be well».And how the liquid thought of your eyesSank in my eyes like dew that slipsInto the heart of a flower.Dear Jane! the whole McNeely fortuneCould not have bought your care of me,By day and night, and night and day;Nor paid for your smile, nor the warmth of your soul,In your little hands laid on my brow.Jane, till the flame of life went outIn the dark above the disk of nightI longed and hoped to be well againTo pillow my head on your little breasts,And hold you fast in a clasp of love –Did my father provide for you when he died,Jane, dear Jane?

RECENSIONE

Nelle religioni troviamo, ovviamente, l’altruismo, ma ciò che non è tanto ovvio è che i religiosi non pensano in termini di altruismo assoluto, non negano se stessi e la propria vita a vantaggio esclusivo degli altri: essi creano altruismo a livello di azione e un’azione altruistica è quella che giova sia agli altri che a chi la compie.Nella vita quotidiana incontriamo persone con un livello più alto di “prosocialità” (aperti e colla-borativi con gli altri membri della comunità) o con un livello più basso. I “pro-alti” (così definiti perché hanno un alto grado di “prosocialità”), dice Wilson, hanno maggiori probabilità di suc-cesso, se riescono a circondarsi a loro volta di “pro-alti”. Tuttavia ritiene che la “prosocialità” si possa (anzi si debba) sviluppare, e per fare questo occorrono politiche sociali capaci di creare il giusto ambiente di sviluppo di questa capacità umana.Il concetto di selezione multilivello porta l’autore a ritenere che nessun adattamento evolutivo possa essere considerato buono in assoluto: ciò che appare buono ad un livello può essere noci-vo ad un altro. Neanche l’altruismo sfugge a questa sorte e nel libro è mostrato come esso possa diventare patologico.Wilson, infine, ritiene che per rendere migliore il mondo in cui viviamo si debba pensare ad esso in termini di organizzazione funzionale, cioè in termini di organismo. Allora le nostre iniziative e le nostre politiche, se vogliono essere incisive e migliorare il nostro ambiente, dovranno tenere conto della selezione multilivello e, perciò, dovranno considerare molteplici variabili. È il benes-sere del mondo intero lo sfondo, l’orizzonte di ogni politica efficace. Quelle che invece avranno breve respiro , perché rivolte a settori parziali, saranno politiche fallaci: esse potrebbero risultare benefiche ad un certo livello e per alcuni, ma nello stesso tempo potrebbero risultare nocive ad altri livelli e per altri individui. Perciò soltanto una visione globale o – come dice Wilson – pla-netaria può dare sufficiente certezza che una politica sia in grado di perseguire il benessere di tutti gli esseri umani.

Andrea BreschiStudente, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Firenze

David Sloan Wilson, L’altruismo: la cultura, la genetica e il benessere degli altri, Torino, Bollati Boringhieri, 2015, euro 19,50.

Umberto Buscioni, Testimoni di fuoco, 1987, olio su tela

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La Medicina degli Uomini (7)Le parole dei mediciPierluigi Benedetti

PASSATO E PRESENTE

I medici hanno avuto sempre il problema di farsi capire dai malati e di capire quello che a loro riferivano i malati stessi; e naturalmente, come in tutte le relazioni fra gli uomini, le parole det-te e ascoltate sono state gli strumenti di questo rapporto.Fino al momento in cui la malattia fu considerata un flagello divino e vendetta di dei irati, a torto o a ragione, contro individui o popoli interi, il linguaggio che i medici usarono fu molto simile a quello dei mediatori fra il divino e l’umano, quali essi erano considerati, cioè a quello dei sacerdoti.Le cose cambiarono (soltanto in teoria) con la nascita della medicina “scientifica”, che non cer-cava più in cielo le cause dei morbi e invocava l’aiuto degli dei per guarire i malati; cosa che avvenne nel mondo greco del VI secolo avanti Cristo, quando per opera dei medici della Scuola Ippocratica, la medicina iniziò a essere conside-rata una scienza come la matematica o l’astro-nomia, anzi più complessa e difficile delle altre, la conoscenza delle quali era indispensabile per la formazione del medico; e, se mai ce ne fosse bisogno, l’Epistola 22 di Ippocrate indirizzata al figlio Tessalo, ne è chiara testimonianza:“Figlio mio, dedicati allo studio della geometria e del calcolo..., ciò renderà la tua mente più acuta e capace di vedere più lontano per acquistare in medicina tutto quello di cui hai bisogno”. (Vedi nota alla fine).Nella pratica questa nuova e rivoluzionaria concezione della medicina cambiò molto poco nell’opera e nel linguaggio dei medici, che con-tinuarono a curare i malati usando le parole che avevano sempre usato, magari spiegando e giu-stificando, da parte dei più illuminati, le scelte basate sulle nuove conoscenze in modo com-prensibile ai loro pazienti, i quali per una for-mazione culturale che non andava aldilà della dimensione magica, erano preclusi da forme più avanzate di conoscenza. Per secoli è stato così e nelle regioni più arretrate del mondo (e non solo in quelle) le cose funzio-nano ancora in questo modo.Nel mondo occidentale ci fu un periodo, dai pri-mi dell’800 fino alla prima guerra mondiale, in cui prevalse l’illusione che la scienza, spiegate al

vento le vele di un rapido, irreversibile e inarre-stabile progresso, potesse liberare l’uomo dalle sue deficienze fisiche e morali; e in quel tempo utopico di progresso infinito nel mondo fisico e di giustificate ma, ahimè!, velleitarie illusioni di egualitarismo acritico nei rapporti sociali, la me-dicina si guadagnò una puerile considerazione fi-deistica da parte della gente comune, che vedeva, nei positivi risultati ottenuti nella lotta contro ter-ribili malattie contagiose, la prova di una scienza medica onnipotente. Però attenzione! Anche in questo caso si trattava di adesione acritica a una fede in Dei diversi da quelli antichi, ma sempre di Dei si trattava. Erano i figli della cosiddetta Ragione divenuta una fede e divinizzata, quindi contraddizione in termine, antitesi della logica e del buon senso; e in nome della quale nell’800 furono generate aberranti e mostruose ideologie, che giustificarono guerre folli e genocidi tremen-di. I medici purtroppo non furono immuni da tali illusioni, e a parte quelli che addirittura si di-stinsero nel sostenere tesi che di scientifico non avevano niente, come le teorie di Heckel sulla “pura” razza umana e i vari manifesti sulla “pu-rezza delle razze” che ne seguirono, nella pra-tica quotidiana il loro linguaggio ne risentì e si adeguò al questo nuovo modo di pensare, dimo-strando incrollabile fiducia nel progresso medico scientifico. Fra di essi alcuni in buona fede, altri senza scrupoli e amor proprio, giocarono lette-ralmente con le nuove vere scoperte come i feno-meni elettromagnetici, o inventarono addirittura

Glassarmonica. Strumento musicale. Con il suo suono Mesmer curava alcuni dei suoi pazienti.

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PASSATO E PRESENTE

inesistenti forme di energia come il magnetismo animale di Mesmer o i raggi N di Blondlot, per confondere e guadagnare prestigio con i pazienti, usando parole di cui loro stessi non conoscevano il significato o proprio non significavano niente. Gli eventi degli anni che andarono dall’inizio della prima guerra mondiale (1914) alla caduta del muro di Berlino(1989), – il “Secolo breve”, secondo la definizione dello storico inglese Eric Hobsbawm –, riportarono tutti con i piedi sulla terra, più sporca e insanguinata di prima, travol-gendo ogni certezza e rimettendo in discussione i principi stessi del contratto sociale, sulla base del quale ha senso vivere insieme. Il linguaggio con cui oggi gli uomini comunicano fra loro è di-venuto totalmente diverso dai precedenti, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, e in partico-lare alla rete, che permettono di condividere in tempo reale non solo ogni conoscenza, ma anche ogni idea, anche la più falsa, perfida e pericolosa per chi non ha conoscenze specifiche e capacità di giudizio sufficiente in quello specifico campo; cioè per tutti, perché nessuno può essere esperto di tutto, ma in particolare per i più piccoli di età e per i meno istruiti.Per i medici le parole da usare nei rapporti con i loro pazienti sono di nuovo cambiate, e capire e farsi capire è diventato molto più difficile, perché il medico non deve soltanto soddisfare le legitti-me esigenze di cura del malato, ma deve anche perder tempo a rispondere a infinite domande più o meno assurde generate nella mente di mol-ti da notizie spesso false e fantasiose, veicolate e

diffuse dai media e da internet. “Sa, Dottore? Su internet c’è scritto che ...”, Alla televisione hanno detto che …” Il “Dottore” deve rispondere e usare un linguaggio convincente, il che è particolarmente difficile quando si tratta di malati immaginari ed è quasi sempre impossibile quando chi fa la domanda ha il solo scopo di ve-dere se il medico è al corrente dell’ultimo chiac-chiericcio “scientifico” riportato dai talk show. In verità, se fosse cresciuta la vera conoscenza scientifica nella gente comune, la possibilità di capire e di farsi capire da parte del medico sa-rebbe stata facilitata, ma purtroppo non è quasi mai così; e, come si è detto, il medico a volte si

Franklin Delano Roosvelt, 1941. Fu colpito dalla polio all’età di 39 anni.

Nel 1958 in Italia ci furono 8.000 casi di poliomielite. La malattia colpisce di solito bambini sotto i cinque anni, ma nessuna età è del tutto risparmiata.Contro di essa non esiste cura: il virus col-pisce e distrugge i motoneuroni provocando paralisi flaccida irreversibile; i muscoli de-gli arti inferiori sono i più colpiti, ma non è raro che vengano colpiti anche i muscoli di altri distretti, in particolare i muscoli re-spiratori.

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trova in condizioni di difficoltà estrema, di rado per rispondere a domande su argomenti che la scienza non è arrivata a chiarire, più spesso per contestare le più illogiche richieste e le più assur-de domande. Valga per tutte l’esempio delle fre-quenti ed estenuanti discussioni sulla necessità delle vaccinazioni contro malattie terribili come la poliomielite, sparite dall’immaginario collet-tivo, ma pronte a riaffacciarsi chiedendo il loro terribile tributo di morte e di sofferenze. Eppure, sull’onda di una moda venuta da oltre atlantico, anche queste vengono messe in discussione con-tro ogni evidenza scientifica.In questo desolante panorama di medici e di pa-zienti alla ricerca di un nuovo modo di intender-si, potrebbero portare conforto, e forse aiuto, gli studiosi del linguaggio, gli esperti di comunica-zione, i giornalisti seri, i divulgatori scientifici, in una parola i veri “amici della conoscenza e del-la scienza”, che al tempo di Ippocrate venivano chiamati filosofi. Alcuni, con abnegazione e co-

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stanza, lo fanno da una vita; ma i media conce-dono loro molto poco, orientando l’interesse del pubblico, sempre più distratto e sempre meno preparato ad arte per distinguere fra verità e in-teressate menzogne, verso futili giochi e notizie scandalistiche. Per tutti, medici, “filosofi”, media, istituzioni e gente comune, è il momento di adeguarsi alla re-altà di un mondo, in cui la condivisione univer-sale delle conoscenze, può essere un’occasione da non perdere, forse l’ultima.

Conclusione (leggera), riguardo al linguaggio dei medici. Nella storia di “Pinocchio”, libro che a mio giudi-zio andrebbe fatto leggere e studiare nelle Scuole Superiori perché, pur essendo un testo di psica-nalisi e filosofia pura, è divertente e istruirebbe, senza portar tedio, le giovani menti discenti, Collodi, scrittore arguto e mai valorizzato in ma-niera adeguata, descrive il consulto di tre medici

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intorno al capezzale di Pinocchio malato.E i medici arrivarono subito, uno dopo l’altro: arrivò cioè un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante. –Vorrei sapere da lor signori –disse la Fata rivol-gendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio – se questo disgraziato burattino sia vivo o morto! … A quest’invito il Corvo, facendosi avanti per pri-mo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quando ebbe ta-stato tutto bene bene, pronunziò solennemente queste parole: – A mio credere il burattino è bell’ e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo! Mi dispiace – disse la Civetta – di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero. – E lei non dice nulla? – domandò la Fata al Grillo-parlante. – Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lì … lo conosco da un pezzo! … è una birba matricola-ta …, uno svogliato, un vagabondo …

Già! Perché può succedere che i medici parlino a vanvera, ma non è poi rarissimo che si trovino davanti dei bugiardi, che raccontano, per i fini più diversi, enormi bugie! E non sempre è facile accorgersene subito.NOTAIppocrate, Lettere sulla follia di Democrito”, (Liguori Editore).

Epistola n°22: Lettera di Ippocrate al suo figlio TessaloNel corso dell’Assemblea Ordinaria Annuale de-gli iscritti all’Ordine dei Medici del 26 novembre u.s. è stato donato ai nuovi inscritti questo pic-colo libro. Si tratta di un testo scritto circa due o trecento anni dopo la morte di Ippocrate, in cui un ignoto Autore raccoglie alcune lettere del grande medico del passato. Fra queste le più famose sono quelle che trattano della supposta “follia” di Democrito, che Ippocrate viene chiamato a curare (Epistole 10 – 21). Il medico e il filosofo dialogano fra loro e Democrito, che non è folle, ma si dimostra il più saggio degli uomini, spiega a Ippocrate il signifi-cato della vita, facendogli capire la futilità delle smodate ambizioni degli uomini. Il medico, che era stato mandato a guarire un pazzo si accorge di essere stato “curato” nell’animo da un saggio e ritorna alla sua isola arricchito da questa espe-rienza. Per duemila anni questo libro è stato spunto di riflessione per filosofi, poeti, scrittori e artisti (basti ricordare l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam) ed è stato scelto per i nostri giova-ni colleghi perché mantengano sempre la mente aperta al confronto e come augurio di una vita professionale lunga, ricca di soddisfazioni e so-prattutto serena.

PASSATO E PRESENTE

Umberto Buscioni, Purpura, 1989, olio su tela

Umberto Buscioni, Ora del poeta, 2001, olio su tela

C O M U N I C A Z I O N I

RICORDO DI MARCELLO VERRECCHIA

Alcuni giorni orsono è deceduto il dott. Marcello Verrecchia, per tanti anni otoiatra dell’Ospedale di Pistoia e libero professionista. È difficile per me, che l’ho avuto come prezioso collaboratore per circa 30 anni di vita ospedaliera, tracciar-ne un breve profilo senza cadere nell’agiografia. Marcello infatti è stato un esemplare professionista, che ha unito alla buona preparazione universitaria e post-universitaria una spiccata capacità diagnostica, che era la “summa” della sua pazienza nel ricercare ogni utile indizio nella anamnesi patologica recente e remota del soggetto esaminato e della sua perspicacia nel trarre la sintesi da quanto aveva obiettivamente osservato. In tanti anni di lavoro fianco a fianco, mai c’è stato uno screzio fra noi, essendo il nostro rapporto improntato alla stima ed al rispetto reciproci. Marcello era un uomo buono, attaccatissimo alla famiglia ed aveva trasmesso ai tre figli (due maschi ed una femmina, tutti laureati) il suo senso del dovere e la sua adamantina onestà. Quando gli chiedevo notizie dei suoi figli, gli si illuminava il volto e mi riferiva, con il giusto orgoglio di padre, i loro successi nello studio prima e nella professione poi. Era un appassionato filatelico ed aveva messo insieme una pregevole collezione, che conservava e accresceva con la cura e l’impegno che metteva in tutte le sue cose. Io ho perduto un caro amico, la comunità pistoiese un bravo medico.

Franco Cappellini

INDIRIZZO POSTA ELETTRONICA

Si ricorda ai colleghi che è obbligatorio comunicare a questo Ordine il cambiamento del proprio indirizzo di posta elettronica per poter, in tempo reale, inoltrare le notizie utili alla professione; è impossibile l’invio tempestivo di circolari che richiedono tempi lunghi per la preparazione essendo gli iscritti ormai quasi 1600.È opportuno che questo Ordine venga a conoscenza dell’ubicazione dello studio del professionista: infatti giungono al centralino dell’Ordine continue richieste da parte di cittadini che chiedono dove il professionista abbia lo studio oppure dove possa essere contattato. Per motivi di privacy non possiamo fornire l’indirizzo privato del sanitario e molti utenti si lamentano.

PROSSIME SCADENZE

31 GENNAIO 2016Termine ultimo per la presentazione delle domande per l’inclusione in graduatoria: della medicina speciali-stica ambulatoriale; della pediatria di base; dell’assistenza primaria; della continuità assistenziale; dell’emer-genza territoriale; della medicina dei servizi territoriali.29 FEBBRAIO 2016Scade il termine per il pagamento della quota annuale ordinistica. Onde evitare disguidi e permettere a questi uffici di ottemperare ai versamenti necessari alla FNOMCEO, si raccomanda il pagamento con puntualità.

PROSSIMI CORSI DI AGGIORNAMENTO ECM

GENNAIO 2016 C/O LA SEDE DELL’ORDINE – VIALE ADUA 172

SABATO 23 GENNAIO 2016 ORE 8.45 (N. 4 CREDITI ECM per 70 partecipanti)“Immigrazione e salute: falsi allarmismi e veri bisogni”

SABATO 30 GENNAIO 2016 ORE 8.30 (N. 5 CREDITI ECM per 70 partecipanti)“Tiroide – Ormoni e dintorni”