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La Voce delle Voci

MENSILE DI POLITICA ECONOMIA E CULTURA

periodico dell’associazione Voce delle Voci

aprile 2015

DIRETTORE ANDREA CINQUEGRANI

CONDIRETTORE RITA PENNAROLA

REDATTORE CAPO LORENZO ZENONE

PROGETTO GRAFICO PIERGIORGIO MAOLONI

ASSOCIAZIONE VOCE DELLE VOCI ONLUS

LA VOCE DELLE VOCI

recapito postale

Via Euclide 27 80126 Napoli

Iscritto al n. 3227/83 Reg. Stampa Tribunale di Napoli

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A P R I L E 2 0 1 5 3

VOCE STORY

DOVE NON È RIUSCITA LA CAMORRA, ce l'ha fatta questagiustizia 'civile'. Dove non sono riusciti i Pomicinoe i De Lorenzo, ce l'ha fatta un'insegnante di Sulmona

grande amica di Antonio Di Pietro. E' la parabola della Vo-ce che questo aprile compie 31 anni - primo numero adaprile 1984 - e li festeggia sul web. Visto che la sua vita dicarta è stata bruciata esattamente un anno fa (l'ultimo nu-mero in edicola è di marzo 2014), dopo una incredibileraffica di pignoramenti azionati da Annita Zinni, che perventi righe di un articolo che riguardava la maturità di Cri-stiano Di Pietro, figlio dell'ex pm, s'è sentita lesa nell'onoree s'è vista riconoscere dal tribunale di Sulmona un risar-cimento da 100 mila euro: quando familiari di morti peramianto e sangue infetto, nel Belpaese, non beccano uneuro e a L'Aquila devono restituire i soldi per una sentenza'riformata'.

Abbiamo avuto il torto di fare giornalismo d'inchiestae senza santi in paradiso. Un binomio impensabile, unascommessa praticamente impossibile, soprattutto in uncontesto come quello meridionale, cui all'endemica cor-ruzione s'è subito aggiunta - inizio '80 - la piaga d'una ca-morra sempre più imprenditoriale e pervasiva. “Una vocenel deserto”, commentava Giorgio Bocca nel suo mitico“Inferno”, “un mensile con i puzzle delle società fasullein cui politici, camorristi e finti galantuomini intreccianoinstancabilmente le loro trame di furti e malversazioni”.Perchè subito, fin dal primo numero di quel 14 aprile '84,abbiamo cercato di scavare, di capire dove andavano a fi-nire quei fiumi di danari pubblici dal dopo terremoto '80in poi. E per tutte le opere pubbliche, per la terza corsiaRoma-Napoli, per l'alta velocità, per la Salerno-Reggio Ca-labria. Dettagliando quel sistema “ad emergenza continua”,le concessioni con appalti e subappalti a cascata, le lievi-tazioni fisiologiche nei costi, la prassi delle varianti, delle'sorprese geologiche': gli stessi sistemi oggi, dopo oltre unquarto di secolo, utilizzati per il Mose, per Expo e per iGrandi Appalti sotto la lente delle procure (ma i buoi, colmalloppo, sono ormai lontani un bel po'). Accendono i ri-flettori, aprile 2015, le Fiamme Gialle: un terzo degli ap-palti sono illegali. Leggerete, in questa galoppata di tren-t'anni di Voce, quante inchieste e articoli abbiamo dedicatoagli appalti, quante copertine: e anche qualche dibattitonel 'deserto', perchè era chiaro come il sole, già allora, chemai questa politica - marcia e corrotta - avrebbe voluto tra-sparenza nei lavori pubblici, comoda mangiatoia per lesue 'portappalti', le sue 'imprese di partito', la sua camorraal seguito, i suoi faccendieri a ruota. Risolvere qualche pro-blema? Non sia mai. I rifiuti - ne abbiamo scritto a iosa dafine anni '80 - devono restare un'emergenza continua, per-chè in tal modo lorsignori ingrassino a puntino.

Abbiamo pagato prezzi altissimi, ma con enorme faticae altrettanta passione siamo andati avanti, per fare infor-mazione diversa, alternativa, quel che gli altri non scrivonoo non possono scrivere. Siamo stati 'soli', per anni, nel de-serto dell'informazione omologata, con un monocoloreMattino tutto mamma dc - da De Mita a Gava via Pomi-cino - poi entrato nell'orbita Caltagirone. Quel Mattino ci

venne addosso, con una paginata contro la 'Voce dei mi-steri', colpevole di scoprire gli altarini dei suoi cari dc, escrisse Giampaolo Pansa: “come a Sarajevo, i carrarmaticontro le biciclette”. E ci venne addosso il panzer di Po-micino, 11 miliardi di richiesta danni per il libro editodalla Voce 'O ministro. Poi De Lorenzo, per l'altro nostrovolume, Sua Sanità.

Lungo, come un calvario, il capitolo delle 'citazioni ci-vili', l'arma utilizzata con estrema facilità da politici & lac-chè per intimidire, un revolver puntato sulla fronte, e senzache la legge preveda alcun argine. Ce ne sono piovute ad-dosso a decine, e sempre la lamentela del 'tono', della lesamaestà. E, ancor più, la lesione della privacy. Clamorosoil caso della cassetta distribuita ai lettori con le voci di duepolitici che lottizzavano poltrone, assessorati e roba variaalla Regione Campania, 1989. Non rivelammo i nomi deidue, lasciammo ai lettori di identificarli, con un premioal vincitore: e vinsero i due, Pomicino e l'allora portaborsedi Enzo Scotti, Aldo Boffa (poi ‘superassessorato’), che fe-cero sequestrare la cassetta, invocando la privacy. Vincem-mo il giudizio penale, trovammo un giudice a Berlino chemise nero su bianco la prevalenza del diritto di cronacasulla privacy di un tandem impegnato in una spartizioneda mercato (pubblico) delle vacche.

Ma oggi quei giudici di Berlino sono sempre più rari,forse in via d'estinzione. Denunci i camorristi che ti mi-nacciano, ti fanno saltare l'auto? Fai nomi, cognomi e in-dirizzi? Archiviato. Scrivi venti righe venti contenenti solouna piccola imprecisione che nel numero seguente - casopiù unico che raro - provvediamo noi stessi a rettificaresenza che alcuna smentita sia mai pervenuta in redazione?Chissenefrega. Perchè poi sparano la citazione civile da40 mila che - miracolosamente, altro caso più unico cheraro - il giudice ritiene troppo modesta sì che “il patemad'animo transeunte” viene valutato da almeno 100 milaeuro. Sapete quanto s'è visto riconoscere come risarcimentoun operaio della Thyssen che ha assistito in diretta al rogodei suoi compagni e s'è pure lui ustionato? 35 mila euro:e forse il patema era lievemente superiore rispetto a quellodella signora maestrina di Sulmona grande amica dell'expm Antonio Di Pietro.

Questo volumetto per non dimenticare, per non per-dere la memoria storica. Per evitare quella ulteriore beffache lorsignori vorrebbero introdurre nelle nuove normesulla diffamazione: il diritto all'oblio. Per la serie: io rubo,vengo condannato, ma dopo dieci anni nessuno lo devepiù scrivere. Al macero i libri di storia: anche Hitler, forse,va perdonato per qualche falò in più.

E invece, per ricordare. Come spieghiamo poi breve-mente, il collegamento tra i fatti di ieri all'oggi è tanto piùimportante per 'capire': per non cadere dal solito pero. Per-chè l'informazione possa continuare nel suo ruolo di de-nuncia, per svelare le trame & gli affari dei Palazzi e deisuoi inquilini. E anche per capire come mai niente cambia,come mai lorsignori sono sempre lì, i responsabile semprea piede libero, bottini al sicuro e futuro in gloria.

ANDREA CINQUEGRANI

Trent’anni di inchieste

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SONO 42 I GIORNALISTI del mondo minacciati alpunto da essere inseriti nella nuova piattaformaweb varata dal Consiglio d’Europa in difesa

della libertà di stampa. Fra loro non c’è nemmenoun italiano. Segno che anche da quelle parti qual-cosa forse non funziona come dovrebbe. Oppure,più probabilmente, non sono ancora arrivate a Stra-sburgo notizie sulla barbarie che sta disperdendoanche i miseri resti del giornalismo italiano.

Ai membri del Consiglio d’Europa dovremmofar sapere che i mafiosi, in Italia, non hanno piùalcun bisogno di uccidere igiornalisti impiccioni, comefecero con Giovanni Spampi-nato o con Giancarlo Siani.Basta sparare una citazionecosiddetta civile, con una ri-chiesta di risarcimento danniche suoni come un colpo dicannone. Finisce lì.

Perché tanto i giornalistihanno ormai imparato a pro-prie spese che a) sarannocompletamente lasciati soli;b) non potranno mai compe-tere con i mezzi economicidell’avversario; c) non potranno mai eguagliarele attitudini dell’avversario alla corruzione giu-diziaria; d) difficilmente troveranno un giudiceche in sede civile abbia il coraggio di respingerele “ragioni” dell’altolocato e facoltoso denuncian-te; e) se tutto va bene il giudice civile dichiareràche, pur quando siano stati rispettati i canoni del-la verità, della continenza e dell’interesse pubbli-co, tuttavia va ristorata con denaro contante l’in-sonnia causata al vip dalla pubblicazione dellesue malefatte; f) se tutto va male, il giudice acco-glierà i certificati medici del cognato del vip cheattestano la necessità di risarcire - sempre cashdalle tasche del giornalista - anche il “danno bio-logico” subito dal mammasantissima che ha pre-sentato la citazione.

Faremo un breve promemoria per il Consigliod’Europa. Un succinto vademecum su come nonsia stata la mafia, bensì la cosiddetta “giustizia ci-vile” a decretare la fine dell’informazione (e quindidella democrazia) nel nostro povero Paese.

Il caso della Voce fa scuola, purtroppo. Tren-t’anni a credere nella deontologia professionale.Trent’anni a scavare tra documenti, testimonianze,prove come si faceva una volta, sempre e solo nel-l’interesse del bene più prezioso: il diritto dei cit-

tadini di conoscere la verità. Eravamo partiti neglianni ottanta, quando ancora i ladri erano chiamatiladri, gli assassini, assassini e i giusti, giusti. Fragiornalismo investigativo e palazzetti dei giudiciistruttori vigeva un clima di aperta collaborazionenel pieno rispetto delle regole. I mafiosi cercavanodi corrompere e di farla franca, come molti di lorofanno ancora oggi. Solo che non erano andati an-cora a presiedere consigli comunali o uffici giudi-ziari. Esisteva una giusta ripartizione dei ruoli. Daun lato i tradizionali “ladri” e dall’altro le “guar-

die”: non solo gli inquiren-ti, ma anche coloro che colloro giornalismo d’inchiestarappresentavano spesso unformidabile contributo allasempre più complicata atti-vità della magistratura.

Sono passati anni luce.E noi non lo avevamo capi-to. Almeno, non del tutto.Non avevamo messo nelconto gente come AntonioDi Pietro, ancora oggi po-tente dominus nei gangli diuna certa parte della magi-

stratura italiana, che non ci ha mai perdonato diessere stati i primi, nel 2007, a pubblicare le stessecarte giudiziarie – non coperte dal alcun segreto –che sarebbero state poi rese note al grande pubblicoda Report qualche anno dopo, costringendo l’expm a uscire anche dalla scena politica.

Fatto sta che a far chiudere la Voce dopo trentaanni è stata la incivile citazione di una sua amicad’infanzia, l’insegnante Annita Zinni. Fatto sta chela causa “civile” si è svolta a Sulmona, paese di re-sidenza della Zinni. Fatto sta che procuratore capoa Sulmona è la migliore amica della Zinni, AuraScarsella, la stessa che il giudice di Sulmona Mas-simo Marasca ha ammesso a testimoniare in aulaa favore dell’amica Annita contro la Voce. Fatto stache la Zinni ci ha pignorato anche l’osso del collo,mentre non è stato nemmeno sfiorato l’autore del-l’articolo “incriminato”, il giornalista Rai AlbericoGiostra, che è stato visto a braccetto con AntonioDi Pietro.

I criminali siamo noi. E paghiamo per aver cre-duto che nel nostro Paese esista ancora una giusti-zia degna di questo nome.

Sarà bene che prima o poi lo sappia, tutto que-sto, anche il Consiglio d’Europa.

RITA PENNAROLA

La colpa di aver creduto nella Giustizia

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noi eravamo così

Massimo Carminati alla ribalta per Mafia capitale, fine 2014: la Voce scrivedelle sue prime performance romane nel 1987. Stefano Perotti, con ErcoleIncalza oggi sulle prime pagine per l'inchiesta fiorentina sui grandi appalti:un nostro articolo del 1993 dettagliava i suoi rapporti d'affari e societaricon Chicchi Pacini Battaglia, l'uomo a un passo da Dio. Costa Concordia:oggi arriva, sempre dalla procura di Firenze, la pista droga: le inchiestedella Voce del 2012 fornivano, a tragedia calda, tutti gli elementi per unapista russo mafiosa, a base di coca. Altra Concordia, con la Cpl degli appaltimetaniferi ischitani, Pasqua 2015: nel 2008 scrivevamo dei rapporti 'pericolosi'del colosso coop in Terra di Lavoro e del legame con Nicola Cosentino. Solo alcune fra le tante inchieste della Vocein questi trent'anni. E quasi sempre nomi, sigle, rapporti, affari che tornano regolarmente. Ne troverete tanti diesempi come questi nelle pagine del volumetto. Che riteniamo molto utile per non dimenticare. Per non perderela memoria storica. Il business monnezza? Non nasce ieri o l'anno scorso: comincia trent'anni fa, leggere percredere; e così l'assalto delle mafie al centro nord e anche all'estero. Come le stragi di innocenti per amianto oppureper trasfusioni di sangue infetto: si continua a morire oggi, ma scempi & delitti hanno origini lontane, con tantodi nomi e cognomi. Perchè i cittadini sappiano e si interroghino: come mai i responsabili non pagano il conto?

ANDREA CINQUEGRANI

1984. Inchiesta dell'anno - il primo divita della Voce - sui misteri di Mon-teruscello. Un piccola frazione a ri-

dosso dell'area flegrea e a un tiro dischioppo da Pozzuoli. E' lì che “improv-visamente”, fine '83, scoppia un altro ter-remoto, dopo quello tragico di novembre'80. Stavolta, però, la natura non c'entra.Perchè si tratta di un vero e proprio colpodi teatro, una messinscena: adatta per pal-coscenici a base di anfiteatri romani, sibil-le, misteri. Il bradisisma di Pozzuoli, in-fatti, è fenomeno storico, ereditato nei se-coli: un lievissimo, impercettibile e fisio-logico abbassamento della superficie, in-fatti, diventa una notizia, poi una preoc-cupazione, quindi man mano un cennod'allarme, infine un drammatico sos. UnaConcordia ante litteram, e lo Schettino diallora si chiama Uberto Siola, preside qua-si “a vita” della facoltà di architettura aNapoli, ferito alle gambe dalle Br, assessoreall'urbanistica nelle giunte del primo sin-daco rosso del capoluogo partenopeo. E,soprattutto, progettista della Pozzuoli bis,Monte-Mostro-Ruscello.

La Voce comincia a seguire il caso findal suo primo numero, e continuerà a far-

lo per diversi anni: e lo stesso fa, contem-poraneamente, un gruppetto di magistra-ti-coraggio che cercano di capirci qualcosain quel buco nero (l'attuale procuratorenazionale antimafia Franco Roberti, il pro-curatore capo di Nola Paolo Mancuso equello di Potenza Luigi Gay). Un buco ne-ro che condensa, in modo emblematico,alcuni fenomeni che cominciano ad emer-gere nei primi anni '80 targati Campaniapost terremoto: i mega affari dell'edilizia,dei lavori pubblici, e soprattutto il grandepatto che hanno appena sottoscritto poli-tici, imprenditori di comodo, camorristi.Per la gioia di tutti: politici signor nessunoche improvvisamente spiccano il salto ver-so il palcoscenico nazionale, imprese de-cotte o fallite che come arabe fenici risor-gono dalle ceneri e fanno business stra-miliardari, una camorra che trova nei da-nari pubblici il propellente giusto per de-collare.

E il caso Monteruscello contiene tuttigli ingredienti di una grande storia di ma-laffare, un autentico spaccato di Tangen-topoli ante litteram: dentro il suo scrignole alchimie, le astuzie, gli imbrogli del do-po terremoto, che varranno per gli anni

seguenti da istruzioni per l'uso in tutti ilavori pubblici da saccheggiare, fino al Mo-se di Venezia e all'Expo di Milano. C'èdentro la logica oggi imperante, e allora aiprimordi, dell'emergenza, dei commissa-riati straordinari: bypassate regole e leggi,tutto deciso in poche, ovattate stanze. C'èdentro il sistema delle concessioni: unoschemino facile facile, mediante il qualeriempi scatole vuote - le “imprese di par-tito” - con lotti & appalti, poi smisti tuttoin subappalto alle sigle di camorra, che tifanno anche il lavoro di base, dal movi-mento terra alle forniture di calcestruzzo.Ci sono dentro le “varianti in corso d'ope-ra”, grazie alle quali le opere ti durano die-ci anni e i costi vanno alle stelle; ci sonodentro le “sorprese geologiche”, e stavoltaarcheologiche. Sì, perchè a Monteruscelloè successo l'incredibile, come neanche aiconfini della realtà: sgomberi in fretta e fu-ria mezza Pozzuoli, la deporti in un lagera pochi chilometri di distanza, in pienazona rossa, ossia in un'area ad alto rischiosismico (“abbiamo almeno scansato 'o bra-disisma”, commentavano allora alcuni tec-nici) e per di più ad altissima densità ar-cheologica. Per metter su quel ghetto di

1984Story

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VOCE STORY - 1984cemento, infatti, venne effettuato un veroe proprio “Massacro archeologico”, cometitolò la Voce in un'altra inchiesta, a no-vembre '84.

Ma chi erano - come ha cercato di il-lustrare la Voce a partire da quel dram-matico '84 e per gli anni seguenti - prota-gonisti e interpreti di quello scempio, diuno scientifico attacco alle casse dello sta-to sulla pelle dei cittadini (deportati e de-predati), dell'ambiente e del patrimoniostorico? Nella hit dei politici, in cima duegrandi amici del divo Giulio Andreotti:ovvero Enzo Scotti e Paolo Cirino Pomi-cino. Il primo è, proprio quell'anno, mi-nistro della Protezione civile, e quindisancisce quell'emergenza taroccata, aval-lata da prestigiose firme “scientifiche”(sic), poi smentita da alcuni (come il di-rettore dell'osservatorio vesuviano Giusep-pe Luongo); nel pedigree di Scotti un mi-nistero dell'Interno (proprio in altri giornibollenti, quelli della strage di Capaci, e untestimone passato all'allora demitiano Ni-cola Mancino, oggi alle prese con l'inchie-sta sulla trattativa Stato-Mafia) e quelloper i Beni Culturali, un paio d'anni prima,forse comodo per repertare meglio le me-raviglie venute alla luce per gli scavi dellaPozzuoli bis. Il secondo, 'O ministro, èsempre più rampante nello scudocrociato,studia già da ministro, e coltiva svariatirapporti imprenditoriali: dagli amici delcuore di Icla, che man mano scalerà la hitdel mattone a livello nazionale, fino allaSorrentino dei cari fratelli di Torre delGreco. Negli anni seguenti la Voce ne do-cumenterà i legami sempre più stretti einconfessabili, anche attraverso un carteg-gio su carta ministeriale (sic): assunzioni,favori, appalti (a partire dal dopo terremo-to e da Monteruscello), un appartamentoa Posillipo ceduto a “prezzo catastale”:“mia moglie l'aveva letto tra gli annuncidel Mattino”, giustificherà Pomicino l'ac-quisto quasi “a gratis”, mentre la Voce ti-tolerà “Quando un ministro dice le bu-gie”. Cassieri della camorra, i Sorrentino,anello di congiunzione fra la ormai fu Ncodi Raffaele Cutolo e la emergente NuovaFamiglia: alcuni anni più tardi, penseran-no bene di trasferire il loro quartier gene-rale a Lucca (e in questo fine 2014 tuttitrasecolano per le imprese di ''ndranghetanella verde Umbria...).

Quel business - Monteruscello - furampa di lancio, trent'anni fa, per interedinasty mattonare, vere o di copertura. Pu-teolani doc i fortunati Cosenza, a quel bin-go miliardario: il capostipite Livio, altrodc e pomiciniano a 24 carati, potrà fare ilbis tanti anni dopo con le opere, altrettan-to milionarie, dei mega lavori per le nuo-

ve infrastrutture portuali nell'area (sponsord'eccezione Finmeccanica), potendo con-tare sull'apporto della figlia, Giulia, in par-lamento tra le fila del centrodestra. Un dipiù, a quel tempo, l'appalto di Monteru-scello per una famiglia che di palloni -ma anche di mattoni - se ne intendeva,quella dei Pontello, per anni al timonedella Fiorentina calcio.

Ma che fine avrà mai fatto quell'in-chiesta della magistratura? Archiviata inistruttoria. Non bastava l'immensa moledi materiali raccolta dai magistrati di al-lora, fatta di incroci societari, verifiche,riscontri. Non era sufficiente l'aver docu-mentato la partecipazione attiva al busi-ness dei due alter ego di Scotti e Pomici-no, ovvero di Aldo Boffa (passerà in po-chi anni da portaborse ad assessore regio-nale agli strategici Lavori pubblici e allealtrettanto preziose Acque) e di VincenzoMaria Greco (l'uomo ovunque del dopoterremoto e di tutto il maxi fronte degliappalti, a partire dall'alta velocità in fasedi decollo). Non serviva il ruolo attivodella camorra in tutte le fasi dei lavori,dal movimento terra ai subappalti edili.A poco contribuiva la provata scarsa qua-lità delle opere, la totale inadeguatezzadei materiali utilizzati, progettazioni cla-morosamente sbagliate (nei balconi pen-denze verso l'interno, con regolari allaga-menti nelle abitazioni): circostanze chenegli anni seguenti porteranno a dover ri-fare una, due, dieci volte rattoppi & lavori.Niente, tutto in fumo: perchè l'allora pro-curatore capo di Napoli, Alfredo Sant'Elia,si preoccupa circa i destini del portaborsedi Scotti, che lo tempesta di telefonate. Asua volta, il capo dell'allora ufficio denun-ce, Armando Cono Lancuba, preconizzaal Mattino (guarda caso nessun Csm allo-ra prese in esame la vicenda!!) che “il ca-so verrà presto archiviato”. Detto fatto. In-chiesta chiusa. E poteva essere la Tangen-topoli - con pezzi da novanta della poli-tica, delle imprese e della camorra, tuttidentro 'O businèss - di quasi dieci anniprima. “Ci sono solo mancati strumentiinvestigativi come le intercettazioni”, notaoggi Roberti. Ma statene certi, il materialeera ok, “ottimo e abbondante”.

Quanti fortunati destini politici sareb-bero allora precocemente abortiti? Quantecarriere bruciate? Molte, troppe. Quindiniente. Stop alle indagini e alle inchiestescomode. Silenzio per quelle toghe checercano di far piazza pulita di mafie emalaffare e - vedrete presto - per giorna-listi scomodi, che osano guardare dentroi palazzi del potere.

Lo stesso succede con un altro miste-ro di casa nostra, il caso Cirillo, il rapi-

mento del po-tente assessoredc avvenutonell'81, tre anni prima. Un mistero che in-quieta, e che la Voce, fin dal suo primonumero di aprile '84, si sforza di docu-mentare in modo diverso, cercando di ve-dere l'altra faccia della notizia, quel ver-sante oscuro e quasi sempre mai raccon-tato. Sul caso Cirillo la Voce scriverà fiumid'inchiostro, inchieste su inchieste, la ve-rità man mano verrà a galla, tra i soliti de-pistaggi 'istituzionali', i soliti Servizi prontia entrare in funzione. Torneremo sull'ar-gomento, ma questa volta a puntare l'in-dice - come farà tante volte negli anni se-guenti sulle colonne della Voce - Ferdi-nando Imposimato, un giudice istruttore,così si chiamavano allora, speciale: capacedi alzare i veli sui santuari del Potere, delMalaffare, delle Mafie, delle Corruzioni. Eper questo gli ammazzarono il fratello, unadelle prime, e più cruente, vendette tra-sversali. A fine '85 Imposimato - che avevadovuto abbandonare alcune inchieste bol-lenti proprio quell'efferato omicidio - scri-veva per la Voce di “patti inconfessabili”,di accordi tra Dc e Brigate rosse, del ruoloattivo svolto dai servizi segreti, delle stranevisite nel carcere di Ascoli Piceno doveera rinchiuso il capo della Nco, Cutolo.Dopo molti anni Imposimato scopriràidentici percorsi a proposito del rapimentoMoro: dc, servizi, Br, mafie, più l'ingre-diente Usa. Come mai Moro “doveva mo-rire” e Cirillo no? Fatto sta che da allora,da quei rapimenti, la storia dell'Italia cam-bia. Profondamente. E sul fronte campano(che poi diventerà nazionale) la vicendaCirillo rappresenta uno spartiacque: da al-lora la Camorra diventa sempre più ege-mone, si fa Stato, da quel momento un'in-tera classe politica - Dc ma non solo - vie-ne proiettata sul palcoscenico nazionale.

E mentre proprio in quell'anno decol-lano, una volta per tutte, gli astri di Pomi-cino, Scotti, Gava & C., muore Enrico Ber-linguer. La Voce gli dedica la sua secondacover. Solo il volto a campeggiare, senzaalcun titolo, in copertina. Ma oggi - statesereni - abbiamo Renzi.

Il primo numero

della Voce,

aprile 1984.

Nella pagina

precedente, in

apertura, la

copertina dedi-

cata a Enrico

Berlinguer,

giugno ‘84.

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noi eravamo così

Dal Vesuvio eruttano periodicamen-te obbrobri e patologie che manmano diverranno maleodorantemodello su scala nazionale: dalleimprese di camorra esportate intutte le regioni e fino all'estero, al-l'affare Monnezza diventato unmust su quasi tutte le piazza na-zionali, fino ai voti comprati e ven-duti al Comune o in Regione...

ANDREA CINQUEGRANI

C’è oggi in campo Renzi, a salvare laNazione, c'era un Renzullo, quasitrent'anni fa, pronto a salvare Napo-

li. O meglio, a votare, con altri due“compari”, il bilancio di palazzo SanGiacomo ed evitare il crac d'una giuntadc-psi più cespugli: il tutto in cambio disoldi, favori, regali, appalti perchè“ognuno tiene famiglia”. Ne è passatad'acqua sotto i ponti, ma niente è cam-biato: quel copione, quella sceneggiataha continuato ad essere recitata per annie anni, fino a ieri, con consigli comunali,provinciali e regionali veri bivacchi pertrattative e affari, per dividersi il bottinodi compensi autoassegnati “a norma dilegge” o di statuto: tutto ok, tutto in re-gola, anche pranzi a base di ostriche perlorsignori o l'acquisto di gadget a lucirosse. Fino ai freschi scempi di Romacapitale e un comune ricettacolo di ladrie malavitosi. Siamo alle solite: “Napolisiamo noi”, come scriveva magistralmen-te Giorgio Bocca nel 2006 (un libro alquale la Voce ha collaborato), perchè dalVesuvio eruttano periodicamente, macon svizzera regolarità, obbrobri e pato-logie che man mano diverranno maleo-dorante modello su scala nazionale: dal-le imprese di camorra esportate in tuttele regioni e fino all'estero, all'affare Mon-nezza diventato un must su quasi tuttele piazza nazionali fino ai voti compratie venduti al Comune o in Regione (equalche anno più tardi, nell'89, ne ve-

dremo delle belle a proposito dei mira-coli di palazzo Santa Lucia).

Sulla scorta di quei voti, di quella“trattativa” la Voce ricavò una cover sto-ry, pubblicata a novembre '85: lo scoopdell'anno. Sì, perchè in redazione arrivòun plico anonimo, come è capitato so-vente nel corso del tempo: nella maggiorparte dei casi scritti che denunciano unaserie di fatti, spesso circostanziati, a vol-te dettagliatissimi ma sempre da riscon-trare e verificare; in altri casi, pure far-neticazioni, sfoghi personali di qualcunoche ha subito un torto. Quella volta sitrattava di un nastro, contenente la re-gistrazione di un colloquio a tre (anchein quel caso le verifiche per attestarnel'autenticità furono molteplici), protago-nisti tre consiglieri missini, il partito del-l'allora segretario Giorgio Almirante, inprocinto di uscire dalla maggioranze perdar vita a un neo formazione taroccata,una non meglio precisata formazione di“Verdi” (che già esistevano come movi-mento ambientalista). Tutto fuor cheecologica, o per bonificare qualcosa,quell'iniziativa: invece ottima per “ricat-tare meglio”, ossia contrattare quei tre

voti in bilico per ricevere soldi, favori &prebende: tanto per cominciare, 600 mi-lioncini liquidi (che “ce li chiaviamo int''a sacca), poi non resta che “chiedere,chiedere, chiedere”.

Protagonisti dell'intrigo, un rampantemissino, Claudio Renzullo, il consiglie-re-assicuratore Franco Vollaro e il con-sigliere-mattonaro Salvatore Caruso, ilquale - si scoprirà poi - registra la con-versazione bollente che si svolge pressola sede di un periodico locale, Metropoli'80, proprietario lo stesso Caruso: perio-dico che aveva pubblicato, qualche set-timana prima, l'intervista ad un “bossemergente” della Nuova Famiglia, quelGiuseppe Misso - scriveva la Voce -“guarda caso amico di neofascisti e col-legato con l'eversione nera e la mafia si-ciliana; e i sostituti procuratori di Napolistanno indagando sui contatti tra il de-putato missino Massimo Abbatangelo ei camorristi del clan di Misso” (al centro,la strage del treno di Natale, il 904). L'in-chiesta della Voce provoca un mezzo ter-remoto politico: dimissioni a catena, poidietro front, un bilancio traballante, lagiunta del socialista Carlo D'Amato sem-pre più in bilico. “Ormai è chiaro - in-veivano dai banchi dell'opposizione pci- che Napoli è gestita da un comitatod'affari. L'accordo con i verdi passa an-che per la polpa dei parcheggi”. Centi-naia di miliardi da spendere - scrivevala Voce - “preventivati in bilancio e forse

1985Story

La copertina di dicembre ‘85 e, a destra,

quella di novembre ‘85.

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VOCE STORY - 1985già spartiti sottobanco”. Ma chi sono og-gi Carminati, Buzzi & C.? Dei bravi alun-ni che hanno fatto tesoro di tante lezionie affinato il mestiere...

A reggere - in quell'85 - i fili della“trattativa”, per conto di mamma Dc, unaltro emergente, già plurivotato all'ulti-ma tornata elettorale con la bellezza di100 mila voti tondi, ma a Napoli quasiun signor nessuno: Alfredo Vito, la piùpotente macchina elettorale mai scesain campo, una fabbrica di voti, un uffi-cio elettorale pronto a soddisfare tuttele richieste del cittadino-votante-que-stuante; dalla pensione d'invalidità alpassi per il porto, fino al più modestocertificato, tutto fa brodo, e fa colar voticome il grasso.

Mese che passa copione che noncambia. Anzi peggiora. Stavolta il pal-coscenico è quello del San Paolo, il mi-tico stadio che vede da poco in campoi miracoli del nuovo san Gennaro, il Pi-be de oro Diego Armando Maradona.Ma il dietro le quinte si svolte semprea palazzo san Giacomo, sede del Comu-ne. Al centro delle solite “trattative”,ora, i lavori di risistemazione dell'im-pianto sportivo, che cinque anni doposarà al centro di un altro business, quel-lo del Mundial '90 (che significherà unmare di lavori pubblici costosissimi einutili, come la famigerata Linea Tran-viaria Rapida mangiamiliardi e mai rea-lizzata). Nell'85 i mattonari bussano asoldi, e palazzo san Giacomo apre portee portoni. “Ci hanno detto di venire 'am-press, osserva uno”, “di somma urgen-za”, sottolinea un altro. “Per lo stadio”,aggiunge un terzo. Con un sol balzopuoi catapultarti all'Expo di Milano, do-ve la “somma urgenza” è diventata laregola. Ma ecco cosa scriveva la Voce, aproposito dei palazzi locali del poteredi allora: “Ti incontri a Santa Lucia op-pure a San Giacomo o ancor megliopresso la sede di questo o quel partito,sotto una bandiera ideologicamente piùo meno sdrucita, comunque ancor stra-tegica come 'segno del comando': tuttofa brodo per raggiungere l'agognata meta,la poltrona, la nomina, l'appalto, cosìche il politico di turno possa al fine sen-tenziare: veni, vidi, spartii”.

Dell'Affare San Paolo - questo il ti-tolo di copertina - la Voce scrive a di-cembre '85. Ma i tric trac sotto l'alberodi Natale non sono finiti: nello stessonumero, infatti, viene raccontata un'altrastoria, e radiografato un altro tumore sto-rico, le liste dei disoccupati. Liste taroc-

cate, o meglio “infiltrate”, ovvero infar-cite con nomi e personaggi che nonavrebbero alcun titolo per figurarvi: maattraverso le comode cooperative, già al-lora in pista e poi man mano divenutecomodo veicolo per far passare di tutto,ecco un nuovo assalto al solito, genero-so e accogliente palazzo San Giacomo.“La carica dei 700”, titolava la Voce, chericostruiva passo dopo passo, deliberadopo delibera, l'iter di quell'incredibileprovvedimento di maxi assunzione neiservizi di pubblica (sic) utilità, costataalle casse dello stato la bellezza di 48miliardi e 333 milioni. La Voce pubbli-cava anche le parti salienti di un carteg-gio con la prefettura sulle “regolaritàdelle procedure” e soprattutto un elencodi viole mammole, cooperativa per coo-perativa, fedine penali chilometriche,un centinaio di nomi. A partire da quel-la “Cooperativa XXV giugno” in cui fa-cevano capolino una sfilza di “parentidei boss Giuliano di Forcella”. Ecco co-me proseguiva il reportage della Voce.Prima un flash dalla giunta: “La Giunta,anche in considerazione del fatto chemolti reati minori sono stati commessidai soci delle cooperative in occasionedelle lotte per il lavoro condotte dalmovimento nel corso di questi anni, siorienta a considerare come motivo diesclusione solo i reati più gravi legatiad attività sovversiva o delinquenzialesu base associativa”. Poi il frizzante fi-nale: “Sarà un caso, ma i 700 vengonoavviati al lavoro quasi al completo: fraproteste, ricorsi e tempi tecnici, le listealla fine risultano ben poco intaccate.Gli unici certamente esclusi? Meno diuna decina: risultando 'ospiti' di Pog-gioreale o agli arresti domiciliari nonavrebbero mai potuto, evidentemente,rispondere alla chiamata in servizio”.

Problema del passato? Alla fine ar-chiviato e messo in naftalina? Proprio afine 2014 abbiamo fatto una capatina incomune. E ci siamo imbattuti in alcuniimpiegati. “Ci pagano una fame - le lorolamentele - poche centinaia di euro almese, e lo straordinario mai. Per il restoabbiamo la disoccupazione. Siamo dellecooperative sociali, ricordate i 600?”.700, 600, numeri che tornano sul Bin-go-lavoro all'ombra del Vesuvio.

E di cooperative dei detenuti si èoccupato un fresco di stampa, ottobre2014, dedicato all'omicidio del cronistadel Mattino Giancarlo Siani (su cui tor-neremo), avvenuto il 23 settembre '85.Titolo, “Il caso non è chiuso”, autore

Roberto Paolo. Così s'interroga il Corrieredel Mezzogiorno, supplemento parteno-peo del Corsera: “E se la camorra avessecondannato a morte Siani per le sue de-nunce sul business delle coop dei dete-nuti e non per la rivelazione del presun-to tradimento dei Nuvoletta a ValentinoGionta?”. Si torna a parlare dei Giulianodi Forcella. Di cooperative dei detenuti.

Nel corso di tutto quel rovente '85,comunque, la Voce continua a seguire ifiloni d'inchiesta già avviati l'anno prima.A partire dal caso Cirillo, con una sco-perta che conta: in un super documen-tato scritto anonimo arrivato alla Voce,vengono ricostruiti tutti i passaggi bol-lenti nella prima “trattativa” della serie,quella per la liberazione dell'assessoredc. Viene alla luce il ruolo della Seat (leallora Pagine gialle del parastato con unpiduista in sella, Michele Principe) percanalizzare - poi attraverso tivvù e medialocali, via pubblicità - una parte dei soldida raccogliere per il riscatto (gli altri ver-rano pagati alle Br da mattonari e im-prenditori amici). Un botto.

E poi, i grandi affari del dopo terre-moto, le connection tra politica & camor-ra (con la partecipazione di alcuni nomiche contano nei Palazzi del potere), losbarco in Campania dei Cavalieri del-l'Apocalisse mafiosa - come li descrivevaMiki Gambino, cronista allevato allascuola di Pippo Fava e i suoi Siciliani -impegnati sul fronte “largo” delle soliteopere pubbliche; le prime avvisaglie diquello che negli anni seguenti diventeràil puzzolente ma arcimiliardario businessdella Monnezza.

A proposito di “ambiente”, un repor-tage dalla centrale nucleare del Gariglia-no, tra scorie radioattive, un “decommis-sioning” (ossia dismissione) fasullo, per-centuali di tumori crescenti, malattied'ogni sorta in forte incremento, la do-cumentazione (anche fotografica) di or-rende nascite (anche tra gli animali): in-somma, una Chernobyl di casa nostra,una Seveso in piena regola. E, soprattut-to, un antipasto di quello che sarà la tra-gedia della “Terra dei Fuochi”, con unastrage d'innocenti che troverà i suoi pic-chi tra anni. Ma per lorsignori dei palaz-zi, oggi, Capodanno 2014, tutto ciò nonesiste, la Campania è terra felix. E perfesteggiare, come spende i suoi soldi laRegione guidata da Stefano Caldoro? Colconcertone di Gigi D'Alessio immortalatodalle antenne Mediaset: per cantare eballare tutti insieme “quant'è buono 'oprovolone c'a diossina”.

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noi eravamo così

Come mai s'è atteso decenni, perscoprire che le mafie erano arcira-dicate nella capitale, che erano giàallora lampanti le connection af-faristico-malavitose tra la cupolasiciliana, i clan vincenti della ca-morra e la Banda della Magliana?

ANDREA CINQUEGRANI

Le mafie sono sbarcate a Roma. Siciliani,camorristi e Banda della Magliana in-vestono massicciamente all'ombra del

Cupolone per ripulire fiumi di danarosporco. La notizia bomba non è di questigiorni, non si tratta d'un segmento di Mafiacapitale della procura guidata da GiuseppePignatone e che ha fatto (e sta facendo) tre-mare tanti Palazzi del potere a fine 2014.No, quella notizia è di quasi 30 anni fa,perchè la cover story della Voce, “La Cam-pania è Cosa nostra” esce a marzo 1986.Vediamo subito la sintesi dell'inchiesta,riassunta nel sommario. “Storie di malavi-tosi, manager della mafia e colletti bianchisull'asse Roma-Napoli-Palermo. Le indaginiportate avanti dopo l'assassinio del fratellodel giudice Ferdinando Imposimato evi-denziano che i più agguerriti clan campanisono una propaggine operativa dei corleo-nesi di Luciano Liggio. Il ruolo del numerouno della mafia a Roma, Pippo Calò, i suoicollegamenti con Napoli, il suo compitofondamentale: reinvestire i capitali sporchiin imprese 'pulite', tra immobili, assicura-zioni e miliardi a go go”.

C'è oggi da chiedersi: che fine hannomai fatto quelle antiche indagini della ma-gistratura? Come mai s'è atteso anni, anzidecenni, per scoprire che le mafie eranoarciradicate nella capitale, che erano già al-lora lampanti (per chi aveva almeno inten-zione di vedere e capire) le connection af-faristico- malavitose tra la cupola siciliana,i clan vincenti della camorra e la Bandadella Magliana? Perchè s'è lasciato campolibero alle mafie di ingrossarsi e ingrassarsi,spesso e volentieri con generosi danaripubblici? Come mai si interviene con col-pevole - anzi collusivo - ritardo, quando ilcancro è inarrestabile? Quando le metastasihanno invaso istituzioni, politica, pubblicaamministrazione, imprese, il mondo della

cooperazione e chi più ne ha più ne met-ta? Quando i ruoli sono ormai comple-mentari, in perfetta osmosi, tanto da nondistinguere quasi più chi comanda chi, seil delinquente “organizzato” o il politico-pubblico amministratore (che questi ultimisiano mammolette-vittima, secondo alcuneinterpretazioni di Mafia capitale, è tuttoda dimostrare).

Ma torniamo a bomba, ossia a quellaVoce della primavera '86. Due i nodi cru-ciali dell'inchiesta - alla luce dei (molto)successivi fatti - vale a dire le inquietanti(e inquinanti) già forti presenze di mafia ecamorra sulla scena romana. E due i nomidi spicco: uno poi ben noto alle cronache,Pippo Calò; l'altro molto più defilato, Nun-zio Guido, boss della emergente Nuova Fa-miglia che all'epoca sta surclassando (inpratica man mano assorbendo) in Campa-nia quella che fino a pochi anni primaaveva dominato la scena, la Nco di Raffae-le Cutolo.

Partiamo da “Calò & partners romaniin colletto bianco”, come scriveva la Voce:“lo scopo è uno solo, reinvestire attraversole imprese 'pulite' gestite dai colletti bianchidi riferimento, gli enormi profitti derivantida sequestri di persona e traffico di droga.Il principale canale di reinvestimento èquello della speculazione edilizia e immo-

biliare. Pippo Calò - proseguiva il reportage'86 - utilizza a tale scopo le imprese ediliche fanno capo al costruttore romano Da-nilo Sbarra, coinvolto fra l'altro nel riciclag-gio di assegni chiacchierati, e circolati supiazza napoletana, di matrice siciliana (clanSpatola-Inzerillo). E ancora, attraverso al-cune società ('Spes', 'Monte Piccolo', 'MontePortella') costruisce complessi immobliariniente meno che a Porto Rotondo, al cuiacquisto è interessato Ernesto Diotallevi, se-condo Tommaso Buscetta a pieno titoloprestanome per conto dello stesso Calò”.Fa spesso capolino il nome di Flavio Car-boni, il faccendiere sardo che riemergerà insvariate vicende degli anni seguenti, a co-minciare dagli affari targati P3 e P4.

Passiamo al secondo protagonista, Gui-do, così dettagliato nell'inchiesta: “Elemen-to di spicco del clan di Michele Zaza, lea-der di un altro importante segmento dellaNuova Famiglia, Guido non è uno di pococonto e la sua dimensione è importante so-prattutto a livello romano: nella capitale,infatti, è il numero due dopo Pippo Calò,e assieme rappresentano gli interessi dellacommissione palermitana”. E ancora: “Lamoglie di Guido, Lilia Toscano, ha una so-rella, Neyde, per molto tempo legata al pre-giudicato romano Danilo Abbruciati, mortoin occasione dell'attentato al vicepresidentedel Banco Ambrosiano Roberto Rosone; at-tentato compiuto assieme a Bruno Nieddue a Ernesto Diotallevi, personaggio di pri-mo piano della malavita romana, esponen-

Story

La copertina di aprile ‘86 e, a destra, quella

di dicembre ‘86.

1986

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VOCE STORY - 1986te di spicco della Banda della Magliana, elegato a filo doppio a Pippo Calò”.

Diotallevi, Abbruciati: nomi che 'tor-nano' in pagine e faldoni di Mafia capitale.Ambienti neri, squadristi, neofascisti chefanno capolino in altre oscure vicende, enella tragica fine di Pier Paolo Pasolini,con un'incredibile istruttoria “a perdere”,il classico insabbiamento di Stato (comedel resto, in modo emblematico, per la finedi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin) e soloadesso, forse, qualche spiraglio.

Variazioni sul tema in altre due grosseinchieste della Voce '86. Il raggio d'azione,stavolta, s'allarga anche alla Calabria: perquesto il titolo della story di affari & ma-lavita, “Camorra e 'ndrangheta unite nellalotta”; e poi “Quel filo rosso con la Sici-lia”, firmato da Miki Gambino. Nella pri-ma, in cui vengono radiografate le 'ndrinecalabresi, si ritrovano alcune significativeverbalizzazioni di un grosso pentito di ca-morra, Pasquale D'Amico, braccio destrodi don Raffaele Cutolo, che gli aveva - asuo dire - ordinato di eliminare Flavio Car-boni. Così scriveva la Voce: “da Cutolo incarcere (Ascoli Piceno, crocevia di incontriper il caso Cirillo, ndr) seppi che Carboniera legato a gruppi di fascisti dei quali nonfece i nomi. Sempre da Cutolo in carcereappresi che l'attentato a Rosone era statocommesso sicuramente da Abbruciati eDiotallevi. Nel carcere di Ascoli tra marzoe aprile '82 ho avuto modo di parlare conAlbert Bergamelli, mi disse che conoscevapersonalmente Diotallevi e Carboni, i qualifacevano riciclaggio di danaro provenienteda sequestri e da traffico di stupefacenti,in particolare di eroina”.

Nella seconda Gambino passa ai raggix tutti i rapporti tra boss di mafia e di ca-morra, gli intrecci, i legami, le connessionisocietarie, gli incontri, i progetti in comu-ne. Insomma, come spartirsi traffici & bu-siness. Un asse che nasce col traffico di si-garette, le “bionde”, tra i due Michele, Gre-co per la Cupola e Zaza per le truppe dicamorra. Nel reportage, stavolta a parlareè un altro pentito che conta, SalvatoreContorno, che negli anni diventerà unadelle gole profonde più attendibili. Con-torno fornisce importanti dettagli sui sum-mit tra boss. “Alla riunione del 1979 a Ma-rano di Napoli - verbalizza Contorno - par-teciparono i Nuvoletta, Michele Zaza, Pip-po Calò, Salvatore Riina, Bernardo Bruscae Franco Di Carlo, capo della famiglia diAltofonte. La sua famiglia era confinantecon quella di Stefano Bontate, anche que-sti partecipò alla riunione”.

Abbiamo fatto cenno, poco fa, al Ban-co Ambrosiano e all'attentato a Rosone,made in Magliana band. Un Ambrosiano

che torna alla ribalta in un'inchiesta dellaVoce di febbraio '86, dal titolo che non la-scia grosso spazio e equivoci: “Delitto dicamorra”, sottotitolo “Caso Calvi, rivelanoi pentiti: Vincenzo Casillo, vice di Cutolo,il killer”. Il pezzo si basava su altre rive-lazioni bollenti, stavolta lungo l'asse Na-poli-Londra, dettagliava i rapporti dei cu-toliani con il faccendiere Francesco Pa-zienza, uomo ovunque dei Servizi deviati,regista occulto di tanti affari (anche neldopo terremoto post caso Cirillo); soprat-tutto, poi, i rapporti finanziari con lo stes-so Roberto Calvi, che - a loro dire - finan-ziava la Nco con la bella cifra di 100 mi-lioni di lire al mese. Fatto sta che al solitouna “verità giudiziaria” sulla tragica finedel banchiere sotto il ponte dei frati neri,lungo il Tamigi, non s'è mai potuta avere:perchè non approfondire, in quegli anni,quel filone investigativo?

Temi che tornano, anche nell'86. Co-me il caso Monteruscello, sempre più bol-lente, non per via delle alte temperaturedelle magiche acque flegree, ma per il cli-ma politico sempre più surriscaldato. LaVoce pubblica, a ottobre, un'altra cover sto-ry, “La Grande Abbuffata”, sottotitolo “so-cietà, intrecci, appalti, nomi e prestanomenella pioggia miliardaria di Monteruscel-lo”. Un articolo che ci procura grosse sod-disfazioni ma anche grattacapi giudiziari.Sul primo fronte, le parole di uno degliinquirenti di punta della procura napole-tana, Luigi Gay, rispondendo alle doman-de di un giornalista de “La Stampa”: “Vo-lete saperne qualcosa su Monteruscello?Leggete cosa scrive la Voce della Campa-nia”. Sul secondo fronte, le prime bordatea botte di querele: sono i dc Enzo Scotti ePaolo Cirino Pomicino - regista politicodell'operazione Monteruscello in quantotitolare della protezione civile il primo,grande amico di imprese acchiappappalti,come Icla e Sorrentino, il secondo - toccatinel vivo perchè da una serie di elementi(azionariati e intrecci societari, legami,amicizie) emergeva con chiarezza che lapresunta “rottura politica” tra i due aspi-ranti delfini di Giulio Andreotti, in realtàera solo apparente, perchè restava ben sal-do il legame d'affari, testimoniato, per fareun solo esempio, dalla stessa Icla, e i duetimonieri, uno di pretta fede scottiana,Massimo Buonanno, l'altro di ispirazionepomiciniana, Agostino Di Falco.

Non è finita, perchè nel pentolonedell'86 ci sono altre sorprese da non poco.Parliamo oggi di cooperative allegre, spes-so di comodo, paravento di affari pocochiari e soprattutto facile transito per fi-nanziamenti a go go? Siamo oggi alle pre-se con prodotti agricoli di dubbia origine,

per via dei massicci inquinamenti cometestimonia - a Gigi D'Alessio piacendo - latragedia di tutti gli ammalati presenti e so-prattutto futuri per la peste da diossina nel-la Terra dei Fuochi? Bene, nella Voce didicembre '86, per il titolo “Agricoltura mi-liardaria: soldi a pioggia e impianti gratisper le coop, i maxi raccolti dopo Cherno-byl, le truffe alla Cee”, c'era già di tutto edi più. Già quasi trent'anni fa spuntavanoe proliferavano cooperative bianche, rossee verdi delle razze più disparate: create adhoc per rastrellare fondi pubblici, aggirareleggi, fottere controlli, gabbare i cittadini-consumatori. E' cambiato qualcosa neglianni? Hanno accertato qualcosa investiga-tori e 007? Un vero saccheggio, un saccoin piena regola, come testimoniava un altroarticolo di quei mesi, “Ersacco di Napoli”,in prima fila l'Ersac, ossia l'ente regionaledi sviluppo agricolo (l'ex Esa, su cui avevagià acceso i riflettori, a fine anni '70, la Vo-ce della Campania di casa Pci, con un Mi-chele Santoro direttore).

E a proposito di fidi facili, riflettoripuntati anche sul Banco di Napoli, allorail più grande istituto di credito del Sud,storico feudo di casa Dc e delle sue pro-verbiali, copiose elargizioni a carattere fa-milistico-clientelare. La Voce ne scrive unpaio di volte, nel corso dell'anno, perchèproprio ad aprile scoppia, a livello nazio-nale, la grana. In manette i vertici dell'isti-tuto, imprenditori “amici”, con accuse danovanta, a base di 416 bis, ossia associa-zione a delinquere di stampo mafioso. Ec-co alcuni titoli: “Alle imprese della camor-ra 50 miliardi del Banco di Napoli”, “Cre-diti a tutti, purchè camorristi o dc”, “Fi-nanziamenti sporchi”, “Fidi facili a Napoli,scattate le manette”. La Voce esce conun'edizione straordinaria: ristampando paripari uno speciale uscito esattamente l'annoprima (ci siamo dimenticati di segnalarloscorrendo l'85, ma così forse l'effetto sor-presa è maggiore!), con la data ben impres-sa, aprile 1985: titolo a caratteri cubitali:“Dal Banco Napoli soldi alla camorra”.Nelle locandine che portiamo alle edicolecampeggiano i titoli di scatola dei giornalinazionali, e poi un paio di scritte per spie-gare: “Aprile '86: sulla stampa nazionale loscandalo Banco Napoli per i crediti facilialla camorra”, e poi: “Aprile 85: esattamen-te un anno prima la Voce denunciava inmodo clamoroso lo scandalo del BancoNapoli, facendo nomi e cognomi, indican-do le società di copertura, i clan 'accredi-tati', i prestanome, gli importi delle opera-zioni miliardarie”. Finanziamenti erogatisenza garanzie a società di camorra, legatein particolare al potente clan Nuvoletta.Cin cin.

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noi eravamo così

A fine anni '80 la Voce pubblicavalunghi elenchi di sponsor impren-ditoriali per finanziare campagnepolitiche, colletti bianchi e vip delmattone: perchè poi l'appalto sa-rebbe arrivato e a quel punto nonrestava che dividere gli utili...

ANDREA CINQUEGRANI

Oggi piangiamo sul latte versato. Orascopriamo l'acqua calda. La corru-zione dilaga, non c'è appalto chia-

ro, pulito e trasparente, tangenti e maz-zette ovunque, con una stagione di manipulite - quel '92 del pool di Milano - benpresto tramontata e spenta prima di pro-durre un qualche effetto moralizzatore.Vent'anni e passa di sonno, prima di sve-gliarsi e capire che gli strumenti s'eranoaffinati, le corruzioni dilagavano, le ma-fie conquistavano fette sempre più vastedi potere economico. E fu subito Expo,poi Mose, quindi le metastasi in tutto ilterritorio nazionale. E tutti a parlare disequestri, di confische (confondendospesso e volentieri gli uni con le altre),il solito bla bla da parata organizzato daiprofessionisti delle antimafie. Così scriveGiovanni Bianconi sul Corriere della serail 3 gennaio 2015, in un pezzo titolato“L'anticorruzione solo a parole”. “Nono-stante gli appelli e i recenti scandali apiù di vent'anni da Mani pulite la svoltaannunciata è ancora ai primi passi. Mala politica non può rinunciare a promuo-vere leggi per far emergere i traffici ille-citi”. Tra quei passi, vengono indicati glisconti di pena per i 'pentiti', per cercaredi “spezzare il legame di omertà tra chiindebitamente paga e chi indebitamenteviene pagato”. Ma non ci si rende contoche spesso e volentieri, tra corruzione econcussione s'infila una terza, più pra-ticata e lucrosa via, quella dell'associa-zione a delinquere (spesso 416 bis, vistala frequente presenza della componentemafiosa nelle trattative spartitorie), chesi prescrive oltretutto in tempi molto piùlunghi?

Proprio in quei fine anni '80 la Vocesi trovò a pubblicare lunghi elenchi di

sponsor imprenditoriali per finanziarecampagne politiche, colletti bianchi evip del mattone a gareggiare per chi “re-galava di più”: perchè tanto, poi, l'ap-palto sarebbe arrivato e a quel puntonon restava che dividere gli utili, metàa me e metà a te, tutti felici e contenti.E, soprattutto, senza la minima idea didenunciarti, perchè abbiamo siglato unpatto, fatto comunella, messo su un'as-sociazione... a delinquere, sì perchè - al-la faccia delle sane economie capitaliste- spazza via il mercato, non crea “con-correnti”, ma solo oligopolisti d'appalti,cordate di riferimento, “imprese di par-tito” o portappalti, chiamatele come vipare, per dar l'assalto alle casse dellostato. Chi non ricorda quell'incredibileparty elettorale di fine '80 organizzatoin una faraonica villa di Posillipo, a Na-poli, da una dozzina di mattonari doc,con tanto di nome e cognome sull'invi-to, per lanciare la candidatura di 'O mi-nistro Paolo Cirino Pomicino?

E l'87 della Voce è percorso da unlungo filo rosso, proprio a base di ap-palti. A gennaio è la volta della zonaovest di Napoli, la “Pianura di cemen-to”, dove fervono i lavori di un megaconsorzio - il Co.ri. - per la ricostruzio-ne post terremoto: nell'inchiesta titolata

“Gli abusivi sono pezzi 'e Cori” vienesvelato come quel consorzio riservi nonpoche sorprese, e cioè che le imprese fi-no a ieri dedite a mattone selvaggio, orasi affianchino alle new entry tanto careai politici di riferimento. A febbraio è lavolta di lavori & appalti nei porti flegrei,un'area sempre più al centro di svariatiinteressi. A marzo una tappa clou, conil reportage “Appalti d'oro: tutti gli affariin due settori chiave, calcestruzzo e pu-lizie. E tanti misteri...”. Proprio la maxiinchiesta su Monteruscello portata avantidai pm partenopei, infatti, focalizzava lasua attenzione proprio su quei bollenticomparti, ottimi canali per pulire meglio- è proprio il caso di dire - ingenti liqui-dità. Nel primo dominava incontrastatala star Bitum Beton, che ben presto gliinquirenti inquadreranno - come puntadi diamante - nell'arcipelago societarioche ruota intorno al potente clan Nuvo-letta. Incredibile ma vero - miracoli dellagiustizia di casa nostra - dopo anni lesorti dei timonieri di Bitum Beton, LuigiRomano e i fratelli Agizza, Antonio eVincenzo, avranno dei destini diversi:condannato il primo (che aveva fra l'al-tro sposato una Agizza, Maria), assolti isecondi: per la serie, un'impresa può an-che vedere la coabitazione del diavolocon l'acqua santa! Tutti insieme, comun-que, avevano fatto un colpaccio acqui-stando per pochi spiccioli (400 milioni

Story

La copertina di marzo ‘87 e, a destra, quella

di novembre ‘87.

1987

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VOCE STORY - 1987di lire circa) un'intera collina in un'oasiverde del Cilento, a Castelsandra, megaalbergo con piscina compreso. Furibonde,all'epoca, le contestazioni degli ambien-talisti locali, ma servirono a poco: certocontarono di più le alte protezioni, ami-cizie da novanta, una clientela delle piùscelte, con una serie di papaveri di casadc spesso e volentieri a brindare a bordopiscina, immortalati da qualche scatto ditroppo: e il mistero di quelle foto sparite,con big della politica a braccetto dei boss,è stata una delle pagine più bollenti nellespy story di casa nostra.

Aprile, è la volta di “Ad appalto Do-nato”, protagonista un rampante onore-vole socialista, Giulio Di Donato, all'epo-ca responsabile psi per l'ambiente e rag-giunto da un'autorizzazione a procedereconcessa dalla camera per una storia diappalti per edilizia scolastica a Napolida una decina di miliardi. Storia eviden-temente finita in una bolla di sapone,neanche in grado di levare una notte disonno al futuro vicesegretario del garo-fano di Bettino Craxi e uno dei tre assinel pacchetto di mischia dc-psi-pli, chea Napoli etichettavano la PD2, perchèin compagnia di Pomicino e Di Donatoc'era Sua Sanità Francesco De Lorenzo.Una barzelletta in voga sempre all'ombradel Vesuvio di quegli anni vedeva i dueamici, Pomicino e Di Donato, alla fer-mata del bus: Pomicino, “sta passandola 140”, Di Donato, “ce la pigliamo?”,Pomicino “e come ce la portiamo?”. Emitica, per 'O ministro - non barzelletta,ma storia vera - quell'irruzione, in com-pagnia di una decina di amici, negli stu-di Rai di Napoli per assistere in direttasu maxischermo a un Napoli-Milan (luitifosissimo rossonero), al grido “'a Rai èpubblica, accà trasimmo tutti quanti”. Eproprio ai videoppalti di casa Rai la Vo-ce dedicò la cover di maggio. “Pioggiadi appalti - scrivevamo - per la realizza-zione di programmi alla sede Rai di Na-poli nei primi mesi '87. Centinaia di mi-lioni per prodotti di qualità spesso sca-dente. Tutte le sigle che ne hanno bene-ficiato e le cifre che si sarebbero speserealizzando i filmati nel centro di pro-duzione di via Marconi. Come mai unasimile politica? Chi la permette?”.

Un salto a novembre, con “Soldi, sol-di, soldi” e tutti i segreti degli eterni, ar-cimiliardari lavori per la realizzazionedella terza corsia Napoli-Roma: ottimomodello per lo scempio che verrà (e vivee ingrassa ai giorni nostri e per chissàquanto in futuro) con la Salerno-ReggioCalabria, che alle lungaggini da guinness

dei primati unirà anche la presenza delle'ndrine, disseminate lotto per lotto, chi-lometro per chilometro lungo tutto iltracciato, come ha di recente documen-tato una sentenza di cassazione. Ma giàallora, '87, cercavano di non farsi man-care niente: e così magicamente dal ci-lindro dei grossi concessionari - ossiauna star del firmamento mattonaro par-tenopeo, la Giustino Costruzioni (di stret-ta osservanza dc, scottian-pomiciniana)e l'allora colosso pubblico Italstrade - ec-co spuntare una sfilza di subappalti aditte casertane che puzzavano di camorralontano un miglio. Copione simile andràin scena per dar vita anche ad opere mi-nori del dopo terremoto, come - per ri-manere in tema di infrastrutture stradali- la lunga bretella che collega la Tangen-ziale di Napoli (di cui oggi - udite udite- è presidente 'o ministro Pomicino, an-che numero due di Autostrade meridio-nali!) col litorale domitio, “scientifica-mente” realizzata (tanto per spendere dipiù) a due metri dal suolo quando nonv'era alcun bisogno; o per la “Bretellaelastica” di San'Antimo, che per incantoraddoppia il suo chilometraggio, toccacomuni non previsti inizialmente e il cuitracciato viene rinvenuto nelle tasche diun uomo del clan Zagaria.

Una delle critiche alla Voce, nel cor-so degli anni: non fate mai proposte,non mostrate quel che di buono succe-de, non raccontate in positivo le cose.Vero, abbiamo sempre anteposto la de-nuncia di quel (tanto) che non va; cer-cato di fare controinformazione, chemancava del tutto (e manca oggi) inCampania, e non solo; di scavare, nona caccia di veline, ma di documenti ve-ri, di far incroci, verifiche sul campo,per tirar fuori tutto il “marciume” di cuioggi parla Giorgio Napolitano. Ma qual-cosa, in positivo, eccola proprio sulfronte degli appalti, quando a gennaio'87, ad esempio, pubblicammo una seriedi illustri pareri sul tema “Per la traspa-renza degli appalti”, sottotitolo: “Rico-struzione, Monteruscello, piani regionalidi sviluppo, infrastrutture d'ogni sorta:la Campania è un cantiere d'appalti mi-liardari, terreno di conquista per affari-sti, imprenditori e politici. Che fare permoralizzare una giungla che sembra or-mai inestricabile? Ecco alcune propo-ste”. Che portano firme di peso: dal pro-curatore nazionale antimafia Franco Ro-berti al neo presidente della Corte Co-stituzionale Alessandro Criscuolo (altempo giudice alla prima sezione civiledel tribunale di Napoli), da Paolo Man-

cuso (oggi procuratore capo a Nola, al-lora sostituto a Napoli) ad Aldo De Chia-ra (storico pretore antiabusivismo a Na-poli, oggi a Salerno). Quindi, una lungaricognizione sul delicato terreno di se-questri e confische, con una sezione“misure di prevenzione” che in queglianni produceva buoni risultati e rappre-sentava in qualche modo un argine con-tro le imprese mafiose. Sul terreno dellalotta al riciclaggio, mesi dopo, Voce disettembre '87, interviene il giudice Fer-dinando Imposimato, secondo cui “oc-corre esportare la legge Rognoni-La Tor-re”, proprio quella legge partorita nell'81,cardine nella lotta al cuore degli imperieconomici mafiosi. Lo dice a propositodei traffici internazionali di stupefacenti;ma chissà che una sua effettiva adozionesu scala internazionale - vista la succes-siva globalizzazione delle attività mafiose- non sarebbe poi stata in grado di fre-nare l'irruzione di camorristi, 'ndranghe-tisti & C. sui mercati esteri. Per la serie,nessuno è profeta in patria: disapplicatao poco e male applicata da noi, adottatacon successo altrove.

Sugli stessi temi, interveniva ancorail giudice Criscuolo, che poneva soprat-tutto l'accento sulle indagini patrimonia-li: “si tratta di strumenti di accertamentoe indagine di gran lunga superiori ad al-tri, come ad esempio le dichiarazioni ac-cusatorie dei pentiti”. E poi: “compitodel legislatore è quello di creare dellefattispecie. Prendiamo proprio il casodelle indagini patrimoniali: se il soggettoche deve fornire spiegazioni esaurientisu certe sue situazioni economico-finan-ziarie non lo fa, ecco che si configurauno specifico reato. In tal modo è pos-sibile potenziare in modo notevole la lot-ta all'evasione fiscale e al riciclaggio didanaro illecito”.

Quanti anni sono passati da quell'87e siamo ancora lì a discutere di evasionee paradisi fiscali? Ancora lì a guardarequella montagna di nero, di evasione, unsecondo bilancio dello stato, mentre dipari passo prolifera l'economia mafiosa,altro pezzo d'una Italia mai contabiliz-zata? Ancora lì a spremere, ad ogni ma-novra, da Berlusconi e Renzi, i soliti ma-ledetti reddito fisso, i soliti povericristipensionati, a massacrarli via Equitaliacon tasse e balzelli finchè nessuna goc-cia di sangue ne rimanga? E poi - Befana2015 - il blitz del governo Renzi per in-filare nella calza il cadeau del 3 per cen-to a tutti i maxi evasori (Cavaliere in ci-ma) che stappano, ancora una volta,champagne.

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noi eravamo così

E' l'anno boom di Pomicino, l'88, an-che se parecchi altri a seguire vedrannosempre 'O ministro sui vessilli. In fasedi decollo il tanto vagheggiato Regnodel Possibile, il sogno di sventrare e rifardaccapo il ventre storico di Napoli, perla gioia dei tanti amici mattonari...

ANDREA CINQUEGRANI

Ricordate l'incredibile storia dell'ap-partamento di Claudio Scajola visa vis col Colosseo? Nessuna conse-

guenza penale, secondo la giustizia dicasa nostra. Ma la “barzelletta” vive: ècapitato mai a qualche baciato dalla deabendata di vedersi intestare una casa asua insaputa? Di ricevere in regalo sottol'albero una casetta e non chiedersi qualebabbo natale ve l'abbia messa? Ai comu-ni mortali mai, come fare cinquina al lot-to. Ma a qualche politico, prima, sì. E inqualche modo la storia è ancora più in-credibile di quella firmata Scajola.

Perchè al centro della “favola” c'è unappartamento vista mare, quello di Po-sillipo, il quartiere bene di Napoli chenel giro di pochi anni (tra fine '70 e me-tà '80) è passato di mano per ben quattrovolte: mani onorevoli e mani di camorra.Tutta la storia - passaggio per passaggio,società per società - venne raccontatadalla Voce in un articolo di giugno '88,una vera “bomba Maradona” negli am-bienti politici cittadini. Uno scoop simileverrà messo a segno alcuni anni più tar-di con la storia dell'attico opzionato daAlfredo Vito nel centro chic di Napoli,4 miliardi circa il valore, l'equivalentedi una maxi mazzetta, prima restituzionedel maltolto ai giudici nell'era di Manipulite all'ombra del Vesuvio (più avantidare qualche altro ragguaglio).

Attraverso i documenti dell'archiviodei registri immobiliari di Napoli, la Vo-ce ricostruì, tassello dopo tassello, la vitadi quell'immobile che - dentro di sè, co-me in uno scrigno - custodiva un pezzodi storia, una sintesi, una sorta di sum-ma della Politica post Cirillo e post ter-remoto in Campania e, di conseguenza,sul palcoscenico nazionale. Perchè i pri-

mattori assoluti sono due big della Dcpartenopea che fanno per anni la storiadi Napoli e del Paese, ovvero AntonioGava e Paolo Cirino Pomicino, come di-re Interni e Bilancio di un'Italia pre Tan-gentopoli. Mitica, quando don Antonio(sulla Voce ne hanno scritto Percy Al-lum, Valter Vecellio, Gianni Baget Boz-zo) occupava la poltrona del Viminale,una vignetta al vetriolo: “Le forze dellacamorra fanno irruzione in un covo dipolizia”.

Ma torniamo a L'Appartamento - etale era l'asettico titolo dell'inchiesta -di proprietà Gava. Eccoci al primo pas-saggio. A marzo '78 viene venduto aduna misteriosa società, “Alexandra”, am-ministrata da un illustre sconosciuto, talGaetano Carannante. Dopo visure, incro-ci e verifiche, salta fuori che quest'ulti-mo è uno dei più stretti uomini di fidu-cia di Ninì Grappone, all'epoca rampan-te assicuratore a bordo del Lloyd Cen-tauro e anche banchiere, in sella al Cre-dito Campano; ma soprattutto legato afilo doppio con il re delle bionde e lea-der emergente della Nuova Famiglia,Michele Zaza. Anni tempestosi, i fine'70, per Ninì, a causa dei fallimenti a ca-

tena che investono il suo impero socie-tario; l'appartamento riesce a salvarsi perpassare poi, quattro anni più tardi, adun'altra sigla, la S.B. Immobiliare Appal-ti. Altre ricerche, ulteriori visure, incrocie riscontri, per decifrare i reali proprie-tari: ossia i fratelli Sorrentino, Mario eBruno, che con l'impresa di famiglia, laSorrentino costruzioni generali, sarannopoi baciati dalle sempre vigile dea ben-data per gli appalti del post terremoto edi Monteruscello. Ed è datato proprio '84l'ultimo passaggio dell'appartamento, ov-vero in stretta concomitanza con il bingodegli appalti per la Pozzuoli bis: un ca-deau, si sa, non può mai mancare. VeroScajola?

Ma Pomicino vuole strafare, si sa, luipensa sempre in grande e vola alto. Eche fa? Rileva, con la sua Piemme la SBdei Sorrentino, la incorpora. Una “ono-revole” fusione con le forze della camor-ra, seguendo il gingle della vignetta. Ecosa farà anni dopo, quando un giurìd'onore promosso in parlamento gli chie-derà conto di tale operazione (la magi-stratura, invece, dorme)? Giurerà, comeuna mammoletta, che “l'annuncio dellavendita di quell'appartamento lo avevaletto mia moglie Wanda sul Mattino”,perchè - aggiungeva candido - “io i Sor-rentino non li ho mai conosciuti”:Smentito - come vedremo più avanti -da un carteggio su carta ministeriale in-

Story

L’inchiesta di giugno ‘88 e, a destra, quella

di luglio ‘88.

1988

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VOCE STORY - 1988tercorso con uno dei fratelli, Mario (fi-nirà crivellato di colpi in un successivoagguato di camorra). I Sorrentino, dalcanto loro - per via dello 'spessore' cometrait d'union tra vecchia e nuova camor-ra campana - penseranno bene di trasfe-rire il loro quartier generale nelle piùtranquille terra della lucchesia, nella ver-de Toscana. E oggi tutti a “stupirsi” del-la penetrazione di clan e 'ndrine nellealtrettanto quiete e verdi terre d'Umbria!

E' l'anno boom di Paolo Cirino Po-micino, quell'88, anche se parecchi altria seguire vedranno sempre 'O ministrosui vessilli. In fase di decollo il tantovagheggiato Regno del Possibile, il so-gno di sventrare e rifar daccapo il ven-tre storico di Napoli, per la gioia deitanti amici mattonari, di tanti amiciprogettisti: tutti in attesa di appalti, va-rianti, sorprese geo-archeologiche. Scen-dono in campo, fra gli altri, i portaban-diera delle rispettive categorie, EnzoGiustino - il numero uno dei mattonaripartenopei - e Uberto Siola, il presidea vita di Architettura, pci.

Tutti all'assalto delle casse pubbli-che, costruttori & progettisti amici, an-che per inventarsi una bonifica che nonc'è. Anzi, che distrugge l'ambiente, quel-la Terra dei Fuochi che poi subirà altretragedie a base di veleni e diossined'ogni sorta. Ma stavolta si tratta di unoscempio scientifico, quello dei Regi La-gni, la bonifica più taroccata di sempre,capace di impermeabilizzare i terreni efarli scoppiare ad ogni pioggia futura:per poi rifare gli stessi lavori, ben certiche - come è accaduto - nessuna inchie-sta della magistratura verrà mai a met-terci il naso, o se lò farà sarà assoluzioneper tutti e spiccioli di pena per le ultimeruote del carro. Con “I miliardi nel Fan-go”, a gennaio '88 la Voce ricostruiscequell'incredibile affare che sfiora lo stra-tosferico tetto dei mille miliardi: tra i so-liti mattonari - in prima fila anche l'al-lora presidente del Napoli Corrado Fer-laino - i soliti progettisti dello sfascio, isoliti subappalti di camorra.

E gli amici di Pomicino vanno tuttia gonfie vele. Da un Alfredo Romeo -amici da destra a sinistra, comunque, enegli anni a venire dominus nazionaledi tutte le gestioni immobiliari che con-tino dei patrimoni pubblici - a un Ro-berto Pepe, oggi tornato alla ribalta come“l'uomo del crac” nei disastrati trasportidella Regione Campania guidata dall'expsi Stefano Caldoro. Nell'88 la Voce do-cumentò un'altra impresa sempre a base

di “appartamenti”, e sempre nella topi-ca via Petrarca (così come per l'immo-bile Gava-Pomicino-Camorra): stavoltala casetta sulla collina era stata compe-rata con il sudore della fronte del dina-mico Pepe, che guarda caso in quellostesso periodo intascava una cifra di pa-ri importo per una tangente nientemenoche per lavori al teatro San Carlo, alleprese con il cambio delle funi (e da quiil titolo dell'inchiesta “Funi d'oro”).

E tanti amici di 'O ministro li ritro-viamo ben allineati tra le fila dell'Opusdei, cui la Voce dedica un ampio repor-tage a maggio '88: tutti allineati e copertitra fede, formazione universitaria (im-portanti i preside partenopei della co-razzata Ipe), ideali di solidarietà & affari,che non guastano mai. Capofila, a Na-poli, un grande amico di 'O ministro, ilcardiologo Raffaele Calabrò, per anni aivertici di Forza Italia all'ombra del Ve-suvio e ora tornato, proprio con Paolo,alla cara Udc che ricorda tanto casa dc;ma anche supervisore per la sanità nellostaff di vertice del team di Caldoro a pa-lazzo Santa Lucia.

Patti di ferro, quelli sempre strettidal futuro ministro del Bilancio (sarà in-coronato nel '91, antipasto la Funzionepubblica dell'89). Anzi d'acciaio. Temaoggi bollente, l'acciaio, col futuro densodi nubi dell'Ilva di Taranto e soprattuttosulla salute dei tarantini messa a repen-taglio. Mentre a Napoli si gioca ancoraoggi - 2015 - la kafkiana vicenda di unabonifica mai nata ma già costata allecasse pubbliche vagoni di miliardi: e,ora, con un ping pong a tre fra Renzi-Caldoro-De Magistris (il sindaco): sem-pre sulla pelle dei cittadini, costante-mente fregati nelle tasche e nella salute.Più schietto, in quegli anni ottanta, 'Oministro, che di patti d'acciaio se ne in-tendeva, ne stringeva, e sullo stesso ac-ciaio imbastiva grossi business.

IMPRESE DI FAMIGLIACome raccontava la Voce di luglio '88,a proposito delle imprese di famiglia,quelle dei fratelli impegnati nei famosi“tombini Pomicino” che i napoletanihanno calpestato - e calpestano - da unavita nei loro cammini quotidiani. O del-le imprese degli amici di turno, stavoltariuniti sotto l'ombrello della Sires, siglache nel dopo terremoto fece man basadi forniture, sia da parte delle generoseimprese del parastato - con le quali 'Oministro tesseva ottimi rapporti - sia daparte dei privati-amici-mattonari già fo-

raggiati con le prebende post sisma. Eallora, cin cin.

Dall'acciaio all'amianto il passo è bre-ve. Ecco i titoli di due reportage pubbli-cati dalla Voce sempre in quel bollenteluglio '88: “Binario & morte”, “Il killerche venne dal treno”. Quale era il con-vitato di pietra? L'amianto, che prolife-rava nei vagoni ferroviari realizzati inCampania, dalle officine delle Ferroviedello Stato di Torre del Greco e SantaMaria La Bruna, fino agli impianti del-l'Isochimica localizzati a Mercogliano,pochi chilometri da Avellino. E al suoproprietario, Elio Graziano, per svariatianni patròn dell'Avellino calcio, la Vocededicherà non poche inchieste, negli an-ni seguenti, spesso a firma di EnricoFierro, esordi alla Voce e poi una lungavita da inviato prima all'Unità e oggi alFatto. “Azienda leader dell'inquinamentoin Irpinia”, l'Isochimica, come poi saràleader di forniture alle solite ferrovie laIdaff, sempre di Graziano, sul fronte del-le lenzuola usa e getta, grande sponsoril numero uno di Fs Luovico Ligato, chefinirà ammazzato.

Denunciava allora, sulle colonne del-la Voce, un avvocato che ha dedicato lasua vita per difendere donne, ultimi evittime del potere, Elena Coccia, oggiconsigliere comunale a Napoli: “Le re-sponsabilità non si fermato all'ente Fer-rovie. Anche la Regione ha le sue grossecolpe. E poi le scorie. Dove vanno a fi-nire? Si parla di immissioni nel fiumeCalore e di fanghi sotterrati abusivamen-te a Mercogliano”. Chi osò, allora, sfidareanche i sindacati, perchè non barattas-sero lavoro con salute? Don Vitalianodella Sala, prete coraggio, da sempre inprima fila per denunciare scempi ai dan-ni di creature e ambiente, dal post terre-moto all'Isochimica. Spesso in perfettasolitudine. Per anni ha scritto sulle co-lonne della Voce.

Gennaio 2015. Muoiono due operaidell'Isochimica. Rai 2 se ne accorge, ededica un minuto al fatto. Scrive il Cor-sera in un riquadratino da 20 righe:“avevano lavorato all'Isochimica di Avel-lino, dove negli anni '80 venivano scoi-bentate carrozze ferroviarie e dove anco-ra si trovano stoccate tonnellate diamianto”. Meglio tardi che mai.

Un’inchiesta

tratta dal

numero di

luglio ‘88.

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noi eravamo così

Fu un grosso scoop della Voce la pub-blicazione, ad aprile '89, di una con-versazione tra due politici di allora, unodi gran peso, l'altro alle prime armi. Sitrattava di Paolo Cirino Pomicino, inrampa di lancio ministeriale, e Aldo Bof-fa, portaborse di Enzo Scotti...

ANDREA CINQUEGRANI

Esecutivi di vari colori, oggi, voglionostoppare - o quanto meno limitare almassimo - la pubblicazione di telefo-

nate intercettate nel corse di indagini (enon parliamo dell'ultimo golpe sulla dif-famazione: per un carcere che non c'è, li-mitazioni che neanche nei gulag). Un ba-vaglio alla libera informazione perchè,sappiamo tutti, da quelle voci, da quegliaccordi, da quelle parole (spesso in co-dice), da quei comportamenti anglosas-soni (ricordate le fragorose risate tra idue che parlavano di affari con i mortidell'Aquila ancora caldi tra le macerie?)emerge uno spaccato crudo ma vero diquest'Italia sempre più in balia di ordemafiose, sempre a caccia di affari anchesulla pelle di inermi cittadini. Un'Italiache esiste - è sciocco fare i negazionisti- e che un sano giornalismo non solo hail diritto, ma il dovere di far conoscere:per essere sul serio giornalismo a garan-zia di chi non ha potere, di chi è vittimadi lobbies più o meno occulte, violenteo in guanti bianchi.

Un quarto di secolo fa, invece, era ra-rissimo leggere i testi di conversazionibollenti; lo strumento investigativo delleintercettazioni - come ha di recente ricor-dato il procuratore nazionale antimafiaFranco Roberti - era agli albori, e ciò pe-nalizzava le inchieste di allora. Fu quindiun grosso scoop della Voce - ed ebbe lar-ga risonanza - la pubblicazione, ad aprile'89, di una conversazione tra due politicidi allora, uno di gran peso, l'altro alle pri-me armi. Si trattava di Paolo Cirino Po-micino, potente presidente della commis-sione Bilancio (detta “Sportello”, per viadelle continue erogazioni) e in rampa dilancio ministeriale, e Aldo Boffa, porta-borse di Enzo Scotti e ai nastri di parten-

za per le elezioni regionali. Ricostruiamo,per sommi i capi, i fatti. Alla redazionedella Voce un mese prima arriva un plicoanonimo, contiene un'audiocassetta, visono registrate le voci di due politici, unaè facilmente riconoscibile, l'identificazio-ne della seconda - che si esprime per lopiù in dialetto - è più problematica. Dopoalcuni accertamenti volti a verificarequanto meno la “non contraffazione” delnastro, decidiamo di pubblicarne il con-tenuto e - soprattutto - di allegare alla Vo-ce una cassetta con la riproduzione delnastro, perchè - come vedremo - è digrosso interesse. Ma non riveliamo i no-mi dei due protagonisti, lasciando ai let-tori di scovarli, e per questo ci inventia-mo una sorta di lotteria: alle prime tre ri-sposte giuste che ci perverranno, 10 ab-bonamenti in regalo della Voce. I più so-lerti e quindi “vincitori” sono proprio Po-micino e Boffa che fanno un ricorso d'ur-genza - articolo 700 - per far ritirare laVoce dalle edicole, proclamandosi offesinell'onore e nella reputazione. O meglio,chiedono il sequestro della bollente cas-setta: ed è così che polizia e carabinieri,nei giorni seguenti, saranno impegnati abattere a tappeto tutta Napoli e la Cam-pania per trovare le copie, levare il cel-lophane e prelevare la cassetta dello

scandalo. Il processo per diffamazioneche si apre a nostro carico si basa su que-sta tesi d'accusa, portata avanti dai legalidei due politici napoletani (che non ci ac-cusano di intercettazione o altro, perchèla “paternità” delle voci viene ammessa):abbiamo violato la loro privacy (quellaprivacy che negli anni seguenti invaderàle nostre cronache fino alla creazione delGarante per tutelarla, a discapito d'ognidiritto di cronaca), ci siamo intrufolatinelle loro vite private e abbiamo propa-lato “fatti personali”. Esattamente oppostele nostre tesi: abbiamo ritenuto nostro do-vere pubblicare quanto contenuto nel na-stro e riprodurre la cassetta in circa 10mila copie (pari alla tiratura della Vocedi allora) proprio perchè i due personaggisono politici di primo piano e, soprattut-to, perchè non si parla di fatti privati, madi fatti che più pubblici non si può, diistituzioni, assemblee elettive, di Regione,poltrone, assessorati, proprio quando laRegione da mesi e mesi è in crisi: “un as-sessore a me”, dice uno, e l'altro ribatte:“Ma 'o capogruppo chi s'o piglia?”. Pro-prio questo fu il titolo della cassetta, e 'Ocapogruppo fece il giro nelle redazioni dimezza Italia. Dopo un paio d'anni vin-cemmo in tribunale: e venne stabilito cheprevaleva il diritto di cronaca su un ine-sistente - in quel caso - diritto alla priva-cy, perchè la conversazione verteva suquestioni di “pubblico interesse”.

Story

La copertina di aprile ‘89 e, a destra, l’in-

chiesta sulla famosa ‘conversazione’.

1989

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VOCE STORY - 1989

Ma ecco - in rapida carrellata - qual-che passaggio. “... E due assessori a voi”,è l'esordio. Poi, fior tra fiori: “E allora selui vuole fare questo s'ha da scurdà 'o pre-sidente e la questione è: se voi avete bi-sogno di un assessore, voi, e allora nonc'è niente da fare, noi ci pigliamo il segre-tario regionale e due assessori, uno a voi.I basisti si pigliano il presidente, pare Fan-tini, con due assessori e un capogruppo”.Dalle poltrone, poi ai territori, per farneun sol boccone. “Siccome non voglionoil casertano, io non voglio il beneventa-no”. “E' chiaro”. “E allora, nun aggio ca-pito, allora, ci tiene! Non so se rendol'idea, e allora ci dice, resta Fantini e alloradiciamo: tre e mezzo e tre e mezzo, nonso se rendo l'idea”. Poi, il mistero suino.“A proposito, tu sai di quella... di Vincen-zo...”. “No, nun saccio proprio niente”.“Non ti ha telefonato?”. “Nooo, quello èun porco”. “Ma che disgraziato... anzi vo-levo un attimo chiarire”, commenta 'O mi-nistro con aplomb britannico (pubblicam-mo sia la versione in italiano, che quellain vernacolo, colonne affiancate).

Proprio in quell'anno, l'89, comincia-no gli attacchi della stampa di Palazzoalla Voce, senza padrini né padroni. Co-mincia il Mattino, tutto mamma dc, cuo-re a metà tra il grande golfo che va daGava a Pomicino-Scotti e la Base di Ci-riaco De Mita: le prime bordate arrivanoda un pompiere di via Chiatamone, l'ir-pino Franco Genzale, secondo cui i soldidel post terremoto sono stati spesi in ma-niera oculata, senza sperperi né clientele,tutto alla luce del sole. E sul suo fogliopaesano, il Corriere dell'Ufita, sparerà untitolo a tutta pagina, “Mascalzoni”, nonrivolto ai ladri - politici, imprese e ca-morristi - che stanno saccheggiando lecasse dello Stato per bonificare i Regi La-gni o costruire fabbriche in montagna,ma ai giornalisti ficcanaso, inviati al ser-vizio della Lega - scrive - o mossi da in-teressi personali. Le bordate di casa Mat-tino si intensificheranno negli anni se-guenti, come vedremo.

Ma l'attacco più virulento alla Voce,quell'anno, parte proprio dalla corazzatadi casa Pomicino, il patinato mensile Iti-nerario, diretto da un grande amico di 'Oministro, Antonio Galdo e al quale colla-borano, lautamente retribuiti, quasi tutti icorrispondenti dei principali quotidianinazionali. A metà '89 la Voce pubblica al-cuni dati del bilancio di Itinerario: incassiper oltre 1 miliardo di lire da pubblicitàe per circa 10 milioni da vendite in edi-cola. Cifre che parlano chiaro: un giornaleletto tra amici ma foraggiato da montagned'inserzioni di aziende pubbliche, del pa-

rastato o di privati-amici di 'o Ministro,che arrivano anche a sottoscrivere abbo-namenti sostenitori da decine di milioni.Cin cin. Galdo prende carta e penna e in-vece di rispondere a dati incontrovertibili,ci aggredisce: “La Voce nuota nel fango”è l'espressione più british. Parte una no-stra querela che farà registrare un lungo,faticoso iter: cercherà di stopparla perfinol'allora procuratore generale, avocando(circostanza più unica che rara in casi delgenere) a sé l'inchiesta. Ma alla fine la Vo-ce vince. I nostri dati erano esatti (del re-sto li aveva pubblicati proprio Itinerario,in un paginone dedicato al pomposo bi-lancio), l'aggressione del tutto gratuita.Una volta tanto un “golpe” andato a vuo-to, il Potere costretto a perdere una partita.

E per “festeggiare” la Voce di fine an-no pubblica una cover story dal titolo “At-tenti a quei quattro - Scala ministeriale”dedicata al poker d'affari che, secondo unquieto cattolico come l'allora vicesegreta-rio dc Guido Bodrato, domina la scenapolitico affaristica: si tratta del pli FrancoDe Lorenzo, del psi e ministro per le AreeUrbane Carmelo Conte, del bresciano dce ministro dei Lavori pubblici GiovanniPrandini e, ca va sans dire, Pomicino,cui dedichiamo un altro servizio: “il gol-pista”, dettagliando rapporti, amicizie -spesso e volentieri border line - e affari.In prima fila gli amici di Icla, l'Acchiap-patutto, come titolavamo la cover storydi aprile; e Franco Ambrosio, il re delgrano dal quale 'O ministro, qualche an-no dopo, riceverà un altro cadeau - prez-zi catastali, of course - immobiliare (unappartamento sempre a Posillipo, stavol-ta a via Nevio, un bis dopo il regalo confiocco dei Sorrentino).

Ambiente e salute, altri temi caldisui quale la Voce ha sempre cercato diaccendere i riflettori e drizzare le anten-ne. A giugno copertina su “Mafia Bian-ca”, storie di malasanità, di centri privatia caccia di soldi e convenzioni pubbli-che, di baronie universitarie, di dinastyin camice bianco che seguiranno conpremurosa attenzione la nascita e il de-collo di tante carriere politiche spuntateall'ombra del Vesuvio: da quelle di 'Oministro Pomicino e di Sua Sanità DeLorenzo fino a quella di Antonio Basso-lino, prima sindaco di Napoli nella pri-mavera post Mani pulite, quindi duevolte governatore della Campania. Poi,torniamo più volte sull'amianto killer,ed Enrico Fierro di nuovo sulle scenedei massacri, di cui - bene attenti - i me-dia non parlavano. Zitti, muti, allineatie coperti: giornalisti embedded, già al-lora, meglio ancora genuflessi. E del re-

sto, sulla storia del sangue infetto che og-gi - 2015 - torna alla ribalta con l'udienzadell'Epifania già andata in gloria al tribu-nale di Napoli, chi ha mai denunciato,sui media, qualcosa? Chi ha mai suonatoqualche, pur timido, campanello d'allar-me? Forse qualche citofono condominia-le, per il resto, il silenzio più assordate.Per non disturbare i manovratori, i DeLorenzo con le loro scalate ministeriali,i Poggiolini alle prese con la farcitura deipuff di casa con palate di soldi, i Mar-cucci divisi tra il mestiere di editore (ri-cordate la Marilina a bordo dell'Unità diAntonio Gramsci?) e quello di onorevole,come Andrea Marcucci, un tempo brac-cio destro di Sua Sanità De Lorenzo, oggipresidente della commissione cultura e'antenna' di Renzi in Senato.

In quell'89 per la Voce cominciano ascrivere Amato Lamberti e Peppe Lanzet-ta. Due vite, due storie. Il primo a scriveredella camorra spa macina miliardi, Lam-berti, della camorra formato esportazione,della camorra-stato, delle collusioni isti-tuzionali, dei colletti bianchi, dell'assenzadi una vera antimafia, di una magistraturaspesso “altrove”. Presidente per otto annidella Provincia di Napoli ma mai valo-rizzato da una sinistra sempre sorda e cie-ca: perchè la sua voce dava fastidio. Il se-condo, Lanzetta, a raccontare di Scampia,degli ultimi di Secondigliano, del Bronxmetropolitano, dei bucati, dei femminielli,di vite stuprate e vendute, dopo la Samar-canda di Santoro in Rai, Lanzetta in com-pagnia della sua coppoletta verde iniziacon la Voce a pubblicare racconti, poi ver-ranno i successi con Feltrinelli. Ha colla-borato per anni, scrivendo rubriche graf-fianti e corsivi in punta d'ironia, uno deipadri della 180, la legge che ha liberato imanicomi, Sergio Piro, uno dei più stretticollaboratori di Franco Basaglia. E la Vocenell'88 pubblica un volume scritto a quat-tro mani da Piro e da un suo allievo, Wal-ter Di Munzio, con un corredo fotograficoche mozza il respiro: gli scatti di LucianoD'Alessandro, una vita per immortalarel'attimo degli ultimi. Il volume s'intitola“Sopra la Panca”, sottotitolo “storia senzaconclusione di follia,manicomi e riforme inCampania”. Probabil-mente dedicato a noidella Voce: folli nel pen-sare ad un giornalismolibero e indipendente,senza censure e autocen-sure, per svelare il mar-cio del Potere e raccon-tarlo alla gente, ai citta-dini, agli ultimi.

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noi eravamo così

E' stata una delle inchieste più “azzec-cate” della Voce, quella di giugno '90,dedicata ai Mondiali pallonari di quel-l'anno e focalizzata sull'enorme massadi cantieri aperti a Napoli (e a volte maichiusi, ferite aperte per grondar sempremiliardi), decisi spesso di somma ur-genza, seguendo corsie preferenziali,quindi in barba a leggi e norme ...

ANDREA CINQUEGRANI

Olimpiadi, una delle ultime scom-messe del premier Renzi. Sono difine 2014 botti e tric trac per an-

nunciare la candidatura di Roma (e nonsolo) per ospitare, fra dieci anni, i Gio-chi. Peccato che, quasi in contempora-nea, scoppi il maxi scandalo di Mafiacapitale. Per dire: forse qualche proble-mino più urgente ce lo abbiamo, e ve-diamo di ripulire bene casa nostra primadi invitare ospiti da mezzo mondo. Ciavevano già provato un paio d'anni pri-ma, ma l'austero Monti alla fine avevadetto no. E volevate che uno scout comeRenzi potesse mai lasciarsi sfuggire unaribalta del genere, anche il solo - comeè ormai prassi - annuncio che nel suovocabolario vuol dire “fatto!”? Le lezioni,si vede, non bastano. Tutte le cifre deglisfasci sono lì a dimostrare che è occasio-ne ottima per gli affaristi, pessima per lecasse pubbliche e per città scempiate,ma chissenefrega. E chissenefrega se unoche di Giochi se ne intendeva, il miticoPietro Mennea, abbia scritto un libro edecine di articoli per mostrare e dimo-strare - dati e cifre inconfutabili alla ma-no - che le Olimpiadi sono un affare perpochi, una sciagura per la collettività.

E' stata una delle inchieste più “az-zeccate” della Voce, quella di giugno '90,dedicata proprio a un grande eventosportivo, i Mondiali pallonari di quel-l'anno, e focalizzata sull'enorme massadi cantieri aperti a Napoli (e a volte maichiusi, ferite aperte per grondar sempremiliardi), decisi spesso e volentieri disomma urgenza, seguendo corsie prefe-renziali, quindi in barba a leggi e norme

di prassi: pur se l'evento era in program-ma, ovviamente, da tempo, come del re-sto è avvenuto per i più freschi lavorispaziati da Roma alla Maddalena, in pi-sta l'uomo dei miracoli, il signore di tut-te le Emergenze, Guido Bertolaso, e ilcontorno d'amici di mattoni & compassi.Radiografammo, in quel reportage, tuttii lavori in campo, appalto per appalto,impresa per impresa, cifra per cifra. Par-te del leone, è ovvio, per il riammoder-namento degli stadi, a partire da Roma,col consorzio Olimpico '90 capeggiatodal colosso di casa Fiat Cogefar, per pas-sare a Bari dove primeggiano i fratelliMatarrese, quindi a Palermo dove - casounico, asta pubblica mentre altrove do-minano le trattative private - vince laPonteggi Dalmine del gruppo Iri. Poi an-tenne sul San Paolo di Fuorigrotta, a Na-poli, dove la musica è tutta emiliano-ro-magnola e campana: infatti, in prima filanell'aggiudicazione dei lavori un trisd'assi del mondo coop, ossia la Edilterdi Bologna, il Cesi di Imola e il Cer(consorzio Emiliano Romagnolo) più lanapoletana Brancaccio (con un fratellodel team, Marino, all'epoca vicepresi-dente del Calco Napoli). Coop che sta-vano già recitando un grosso ruolo nelpost terremoto, già in rampa di lancio

per macinare affari e lasciare nel cassettosogni di solidarietà, equità, socialismo(sic). E oggi assistiamo ai risultati: conun colosso Unipol sempre più dentro ilcapitalismo (anche quello peggiore, vedivicenda Sai del gruppo Ligresti) e - perfare un solo esempio - le non proprioconfortanti performance del colosso ra-vennate del mattone Cmc, con un via-dotto in crac a una settimana dall'inau-gurazione, quello lungo la Agrigento-Pa-lermo scioltosi ai primi di gennaio 2015.

Nell'orgia forsennata di opere arcimi-liardarie partorite all'ombra del Vesuvioper quel Mundial pallonaro '90, la palmadello Spreco-Scempio (difficile totalizzaredue primati assoluti, solo proprio comeun Mennea sui 100 e 200) spettò di di-ritto ai lavori per la Linea Tranviaria Ra-pida. Folli i progetti, pressochè inesistentigli studi geognositici (per capire cosa siandava a scavare): si favoleggia, addirit-tura, che in loro assenza, e dovendo purpresentare qualcosa per poter svolgere ilavori, le imprese consorziate abbianochiesto ad uno studente universitario dipoter utilizzare la sua tesi di laurea! Aiconfini della realtà, ma ben dentro quellarealtà di deregulation selvaggia. Assessoreal ramo - i Trasporti - dell'epoca a palaz-zo San Giacomo il psi Silvano Masciari.Che riuscì a moltiplicare le deleghe e

Story

La copertina di giugno 1990 e, a destra,

l’inchiesta di settembre ‘90.

1990

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VOCE STORY - 1990poltrone, in quei mesi, arrivando a raci-molarne la bellezza di 7. E il garofano,in quegli anni, coltivava la passione perrotaie, aerei, navi, con un Claudio Signo-rile ministro e leader della “sinistra fer-roviaria” e un cavaliere Eugenio Buon-tempo che dai mattoni riusciva a passarecon disinvoltura alle compagnie di volo,a bordo di Aliblù, o alle flotte, comequella di casa Lauro, presa “aggratis”dalle ceneri di un chiacchieratissimo fal-limento e da una altrettanto controversagestione commissariale. Un tragitto maiandato in porto - quello della Ltr - per-chè la famosa “talpa”, ossia la scavatriceimpegnata nei lavori, s'incagliò ben pre-sto fra rocce, tufi e sottoservizi. Con glianni, però, il progetto verrà ripreso, pertrasformarsi nel percorso del Metrò: chesi esibisce in una performance da alloroMundial, ossia superare di gran lungala già primatista Ltr per Sperperi &Scempi. Per la gioia dei soliti costruttori,per le tribolazioni di cittadini e monu-menti, messi a repentaglio quotidiano,come testimoniato dal crollo di un edi-ficio storico alla Riviera di Chiaia di unanno fa (ci torneremo su).

Da una compagnia area all'altra ilviaggio è breve, e la Voce di quel '90 de-scrisse anche le acrobazie di un finan-ziere calabro-irpino (ovvie le simpatiedemitiane) col pallino degli aerei, Rosa-rio Iandolo. Uno che, ai risparmiatori,vendeva la fontana di Trevi: prometteva,cioè, tassi stratosferici (superiori al 15per cento) per chi scommetteva su suoititoli. “Il grande self made man che vie-ne dal Sud”, pompava il solito Mattino,e si accalcarono caterve di cittadini-in-vestitori. Fu la Voce, a gennaio '90, alanciare il primo sos, e il reportage ven-ne inviato anche alla Consob, numerouno all'epoca Bruno Pazzi. Di nome edi fatto, nessun riscontro, il chissenefre-ga di rito e oplà, dopo un anno tutti incrac, perchè la classica catena di San-t'Antonio - ovviamente - si spezza, e tut-ti i risparmiatori truffati si ritrovano giùcon le pacche per terra.

In quell'anno, comunque, il filo rossonelle inchieste della Voce riguarda alcunitemi che, dopo anni, diventeranno benpiù caldi. Come le acque, l'oro blu sem-pre più prezioso e sempre più nel mirinodei privati, tra le proteste degli ambien-talisti, e un barricadero padre Alex Za-notelli a farsi in quattro per sventare tra-me & progetti sulle solite spalle dei cit-tadini. O la monnezza, che diventerà unabomba solo dopo parecchio tempo. Quin-

di i prodotti alimentari, che oggi vedia-mo sul banco degli imputati, fra terre deifuochi e quotidiane manovre speculative,sempre sulla pelle della gente, per lu-crarci meglio, anche se propini veleno.

Sul fronte delle acque, era l'anno incui la nuova giunta regionale poteva van-tare una star in formazione, il pibe deagua, ossia Aldo Boffa, fresco di nomina- forse i benefici di quella miracolosaconversazione con 'O ministro Pomicino- alla strategica poltrona di assessore peril settore idrico e, visto che ci troviamo- hanno pensato bene lorsignori, quelliper intendersi di “un assessore a me e ate 'o capogruppo - perchè non regalarglianche la delega ai lavori pubblici? Inquell'inchiesta la Voce passa in rassegnaimprese e progettisti in campo, senza di-menticare che l'autentica star si chiamaVincenzo Maria Greco, l'alter ego di Po-micino e docente di idraulica al Politec-nico di Napoli, affiancato dal collega inodore di garofano Raffaele Galdi, saler-nitano e grande amico del ministro perle aree urbane Carmelo Conte.

Dal profumo del garofano agli aromidella monnezza il passo è breve, e restia-mo sempre in casa psi. Perchè il granregista della privatizzazione del serviziodi nettezza urbana a Napoli fu AntonioCigliano, assessore socialista a palazzoSan Giacomo, uomo del vicesegretariopsi Giulio Di Donato. “Bidone scientifi-co”, titolava la Voce l'inchiesta di settem-bre '90, che così sintetizzavamo nel som-mario: “studiata con meticolosità da pro-fessionisti, la lottizzazione selvaggia peril servizio di nettezza urbana cominciadecisamente con un cattivo odore. E' l'in-confondibile lezzo di camorra, che ema-nano un bel po' di sigle vincitrici. Vedia-mo chi sono, bidone per bidone”. Ne ve-niva fuori un quadro agghiacciante, im-prese che solo dopo anni troverannoqualche disco rosso per le inchieste dellamagistrartura. Ma allora, per i media lo-cali - solito Mattino in testa - tutto ok,pulito e trasparente, perchè privatizzareè bello. E allora, tutti in carrozza, per ilgrande business dei sacchetti a perdere,anzi a vincere un appalto che più ghiottonon si può. Ed ecco, sulla ribalta, le im-prese dei fratelli Marrazzo da Casandrinoa bordo della Risan (uno dei fratelli, poi,si darà alla politica, oggi prepotentemen-te in sella ad Italia dei Valori); in pista lafamiglia La Marca che aveva già nel suopedigree la discarica Di.fra.bi di Pianura,che ospita i fanghi dell'Acna di Cengio,non proprio profumi e borotalco; in ram-

pa di lancio i fratelli Colucci da San Gior-gio a Cremano, a un tiro di schioppo daNapoli, che arriveranno addirittura a con-trollare la Waste Management - star inter-nazionale del settore - e a tuffarsi nelleenergie pulite e rinnovabili (come del re-sto i La Marca), e oggi Pietro Colucci è trai generosi partecipanti alle kermesse tar-gate Matteo Renzi.

Dicevamo, i prodotti agricoli. In unreportage di marzo '90, titolato “Grano,grana e grane” emergeva uno spaccato dabrividi sulle truffe Aima, i miliardi de-predati a livello comunitario per opera-zioni inesistenti; la rapide fortune di im-prese nate ad hoc, per fregare meglio, perspartirsi la torta dei fondi Cee. Così sin-tetizzavamo: “Oltre mille miliardi passanoogni anno attraverso l'Aima e finisconosoprattutto nelle tasche dei grandi com-mercianti di grano, invece di beneficiarei produttori. Primi fra tutti il napoletanoFranco Ambrosio e il foggiano PasqualeCasillo”. Mosca bianca a denunciare fattie misfatti, far nomi e dettagliare i contornidei business, un parlamentare beneven-tano del Pci, Carmine Nardone, allievodel grande meridionalista Manlio RossiDoria alla facoltà di Agraria a Portici. Efu proprio Nardone, in solitudine quasiperfetta, a mettere nero su bianco un altromaxi scandalo da sempre dimenticato, ilcrac Federconsorzi, centinaia di miliardispariti, un gigantesco canale di finanzia-mento per mamma Dc e tutto, al solito,inabissatosi nei porti (giudiziari e non so-lo) delle nebbie. Nardone voleva vedercichiaro: per questo nel Pds-Ds poi Pd lasua voce è stata regolarmente zittita.

Il '90 si conclude con la pubblicazionedi un libro edito dalla Voce, “Grazie Si-sma - dieci anni di potere e terremoto”.Sono passati infatti dieci anni da quel 23novembre '80: una Campania uccisa duevolte, da quelle scosse sismiche e da quelblocco di potere - come dice spesso l'av-vocato Gerardo Marotta, storico animatoredell'Istituto Italiano per gli studi filosofici- che ha sfruttato la tragedia per ingrassar-si. E quegli avvoltoisi levano sempre involo, ad ogni emer-genza: dall'Aquila aicentri per immigrati,perchè - come con-versano amabilmen-te Buzzi e Carminati- “speriamo chequest'anno ce nestanno tante di di-sgrazie”. Evviva.

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noi eravamo così

E' per via di un'inchiesta del-la Voce che nel 1991 si riapreil caso della morte del giova-ne cronista del Mattino, finoallora senza autori né colpe-voli, un balletto macabro dierrori, omissioni, ritardi, in-dagini a vuoto.ANDREA CINQUEGRANI

1991 nel nome di Giancarlo. E' per viadi un'inchiesta della Voce, infatti, chein quell'anno si riapre il caso della

morte del giovane cronista del Mattino,fino allora senza autori né colpevoli, unballetto macabro di errori, omissioni, ri-tardi, indagini a vuoto. E' una storia indue atti. Partiamo dal primo, quando inprimavera arriva alla Voce uno scrittoanonimo, si parla di camorre vesuviane,di presenze massoniche, e di una pistaper trovare un bandolo nel giallo Siani:una pista che porta a San Giuseppe Ve-suviano. Ne parliamo subito con AmatoLamberti, l'animatore di quell'Osservatoriosulla camorra cui collaborava Giancarlo:e Lamberti, la sera prima dell'agguatomortale, aveva ricevuto una sua telefona-ta, voleva incontrarlo con urgenza, ap-puntamento per la mattina seguente. Mapoche ore dopo, quella tragica notte, verràammazzato. Secondo Lamberti la pista haun suo significato, proprio perchè Gian-carlo lavorava in quell'area e si era inte-ressato di affari del dopo terremoto. Primadi uscire in edicola, con le notizie sulla“pista di San Giuseppe”, consegnamol'anonimo all'ufficio denunce della pro-cura di Napoli. Viene aperto un fascicolo,assegnato al pm Lucio Di Pietro: final-mente riaperto il caso Siani.

Passano alcuni mesi ed ecco l'eventoclou: ci contatta un docente universitarioche aveva conosciuto e frequentato Gian-carlo alcuni mesi prima della tragica ese-cuzione. Si chiama Alfonso Di Maio. Loincontriamo e ci racconta una storia in-credibile, mai emersa prima: si era vistosvariate volte con Giancarlo perchè il gio-

vane cronista stava lavorando ad un“grosso scoop”, un libro sul dopo sismain cui emergevano tutti i rapporti tramondo politico, affari e camorristi, pro-prio per speculare sui fondi pubblici. DiMaio fa i nomi di alcuni politici, e parladi alcune imprese, una in particolare, laImec di Torre Annunziata. Ma il docentefa di più: e ricostruisce le sue peregrina-zioni in Procura, a Napoli, perchè volevaverbalizzare, davanti agli inquirenti, quelche sapeva. Una volta, due volte spera diessere ascoltato: “la chiameremo noi”, gliviene detto. Quella convocazione non èmai arrivata.

La Voce raccoglie la testimonianza diDi Maio, la registra su cassetta - ovvia-mente col consenso dello stesso Di Maio- quindi la consegna al giudice Di Pietro,il quale, in tempo quasi “reale”, verba-lizza la testimonianza del “superteste”, etale sarà il titolo della cover story di di-cembre '91. Chi aveva provveduto a farsubito da pompiere? Ma il Mattino dovescriveva Giancarlo e dal quale si aspet-tava la tanto agognata assunzione, previopraticantato. Incredibile ma vero, infatti,il quotidiano di via Chiatamone in un re-soconto del 21 novembre e relativo allariapertura delle indagini, così scriveva:“fino a questo momento non sono emersi

elementi di particolare novità sull'attivitàgiornalistica di Siani. Esiste solo una que-rela, accertata, in quel periodo, del sin-daco di San Giuseppe Vesuviano nei con-fronti di Siani. E l'indagine potrebbe av-viarsi all'archiviazione”. Le stesse espres-sioni usate in occasione di un altro caso,quello di Monteruscello.

Continueranno nei mesi seguenti leperformance del Mattino versione idrica,per spegnere ogni entusiasmo circa unpossibile successo nelle indagini del pmDi Pietro, soprattutto per smontare quantoraccontato dal super teste, che nel frat-tempo si arricchisce di nuovi particolari:viene addirittura individuata la tipografiain cui è stato stampato il libro, ma le co-pie sono sparite. Spariti anche appunti eun'agenda di lavoro che Giancarlo con-servava in un cassetto alla redazione divia Chiatamone: dove, intanto, comincia-no a volteggiare parecchi corvi...

Ecco, in rapida carrellata, quel chesuccederà poi. L'inchiesta passa da unpm all'altro, per approdare infine sullascrivania di Armando D'Alterio (oggi pro-curatore capo a Campobasso), il qualeraccoglierà le verbalizzazioni di alcunipentiti che, dopo ulteriori indagini, ser-viranno a costruire l'impianto base peruna nuova accusa. Ed è così che verrannocondannati, poi fino in Cassazione, alcunicamorristi, una storia tra clan, i Nuvolettae i D'Alessandro, e lui, il povero Giancar-lo, “colpevole” di aver rivelato un retro-

Story

La copertina di marzo ‘91 e, in apertura,

quella di dicembre ‘91.

1991

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VOCE STORY - 1991scena di faide e presunti tradimenti. Aparecchi par subito strano che la camorraammazzi per qualcosa di già successo,un articolo già pubblicato: molto più pe-ricolosa - sintetizzava Lamberti - un'in-chiesta non ancora uscita, uno scoop infase di ebollizione, figurarsi un libro qua-si in stampa. Ed è di fine 2014 l'uscitadell'ennesimo volume sul caso (ma il piùserio tra tutti resta quello scritto da BrunoDe Stefano, “Giancarlo Siani: passione emorte di un giornalista scomodo”), cheriporta in auge, a quanto pare sulla scortadi nuove testimonianze, una pista vec-chia e abbandonata, quella delle coope-rative di detenuti proliferate a Napoli al-l'ombra dei clan (in particolare i Giulianodi Forcella).

Da un giallo all'altro eccoci - coverstory della Voce a settembre - all'omicidiodi un pezzo da novanta della sanità cam-pana, il re delle cliniche private PasqualeCrispino, crivellato di colpi in un agguatotipicamente mafioso. Un mondo dove gi-rano i miliardi come noccioline, quello dicamici bianchi & strutture sanitarie inCampania, e soprattutto ben “attenziona-to” dai clan, smaniosi di riciclare sempredi più e meglio: e così tutto quanto ruotaintorno a quel mondo (appalti d'ogni tipo,da forniture e servizi ospedalieri fino a tace risonanze magnetiche) entra regolarmen-te nel mirino delle cosche. Con un risul-tato: pubblico alla deriva, e privato allestelle, con il più grande presidio pubblicodel Mezzogiorno, il Cardarelli, costrettoper anni a dover smistare pazienti d'ur-genza in un centro privato nell'hinterlandnapoletano, convenzionato e in forte, for-tissimo odore di clan. Per il giallo-Crispi-no, al solito, assicurati alla giustizia gliesecutori materiali: ma i mandanti - comepurtroppo capita nel 99 per cento dei casi- sempre a volto coperto. Così per Siani,come per Falcone e Borsellino in Sicilia.

C'è anche un terzo giallo, stavolta“Maradona”, tra le inchiesta della Voce'91. Stavolta a base di polvere bianca, lacoca, e le verbalizzazioni di un pentitoche il nostro mensile pubblica. Non è laprima volta che c'interessiamo di calcio:l'abbiamo fatto in altre occasioni, vuoi sulversante degli affari (appalti, stadi, oppurebilanci societari, azionisti occulti, fiducia-rie e via dicendo), vuoi su quelli, più tor-bidi, di scommesse, totonero, doping. Perfare un solo esempio, anni prima, nell'87,pubblicammo le verbalizzazioni del primopentito da scommesse clandestine, Ar-mando Carbone, che squarciava il velo suquel primo terremoto che squassò il mon-

do pallonaro, l'epoca di un Pablito Rossialla sbarra e di tanti idoli della domenicain frantumi.

O nella monnezza, visto che le stradedel signore che conducono rapidamentedalle stelle alle stalle, all'ombra del Vesu-vio, sono più scorrevoli che altrove. Ed èinfatti di quello stesso anno un grosso re-portage sulle vie delle tonnellate di rifiuti,spesso super tossici: “Tutte le strade por-tano a Rona”, titolavamo, in un reportageprofetico: perchè tante sigle, tante impre-se, tanti nomi faranno capolino solo dopomolti anni in inchieste della magistratura:come capita con Gaetano Vassallo, chedopo una quindicina d'anni diventerà fa-cile oracolo per i media, a svelar trafficie percorsi delle monnezze miliardarie; op-pure con l'avvocato d'affari Cipriano Chia-nese, solo a metà anni 2000 “ufficialmen-te” uomo dei clan, e fino al momento pri-ma colletto bianco, anzi immacolato. E fa-cevano capolino la Difrabi della famigliaLa Marca da Ottaviano poi globalizzata inmezzo mondo; o la Rona che rientravanell'orbita della famiglia Gava.

Da un Di Pietro all'altro - ma semprein toga - eccoci alla prima intervista chela Voce fa al Tonino che solo dopo mesisalirà alla ribalta delle cronache, caval-cando il ciclone Mani pulite. Maggio '91:caso più unico che raro, la Voce dellaCampania invia un suo collaboratore aMilano, in occasione di un dibattito pro-mosso dal Siulp, il sindacato di polizia.Il tema ci pare interessante, il rapporto“imprese-partiti”. Ed ecco, tra i relatori,spuntare un pm della procura di Milano,tale Antonio Di Pietro, a cimentarsi conle “imprese di partito”, le “portappalti”,così le definiva, scatole spesso vuote mariempite di commesse e lavori pubblicigrazie al politico di riferimento. Così scri-veva la Voce: “Vittime o complici? Col-lusioni, contiguità o solo pagamento ditangenti? Il rapporto mafia-imprenditoriè più che mai scottante all'indomani del-la clamorosa sentenza del giudice istrut-tore del tribunale di Catania Luigi Russocon cui vengono assolti da ogni imputa-zione i cavalieri dell'Apocalisse: i Costan-zo, i Graci, i Rendo sono dunque sem-plicemente 'vittime' di un clima d'inti-midazioni cui è impossibile sottrarsi”.“Se a Catania un giudice assolve - con-tinuava la Voce - a Milano un altro ma-gistrato da tempo lavora per far luce suigrossi business della mafia. E' il procu-ratore Antonio Di Pietro, ora impegnatonell'inchiesta sulla Duomo connection,specializzato in reati contro la pubblica

amministrazione, soprattutto sul frontedegli appalti”. Osservava Di Pietro: “l'eco-nomia del Paese e la trasparenza nellapubblica amministrazione sono compro-messe non solo dalle imprese mafiose insenso stretto ma da una serie di compor-tamenti che mettono in pericolo le logichedemocratiche dell'economia”. E precisava:“mi riferisco a quei gruppi imprenditorialicontigui a talune segreterie di partito lequali si dividono la 'torta degli appalti'con modalità formalmente corrette ma so-stanzialmente già decise a tavolino”. E an-cora: “l'impresa amica tenta in tutti i modidi far lievitare i costi dell'appalto in mododa introitare un utile considerevole e spro-positato rispetto al lavoro effettuato; cosanon difficile, in quanto il controllo è nor-malmente blando essendo 'amici' i con-trollati e i controllori”. Diagnosi precocidi un cancro che, con le sue metastasi, ag-gredirà l'intero territorio nazionale, e benoltre la stagione breve di Mani pulite. Unadiagnosi che andava ben oltre i triti e ri-triti copioni a base di corruzione & con-cussione. Una ottima cornice dove inqua-drare tanti appalti e lavori pubblici, unperfetto contesto da 416, ossia associazio-ne a delinquere, quando imprese e partiti“siedono al tavolo della trattativa”. Unperfetto contesto da integrare, al Sud, conun piccolo ingrediente, un bis: perchè c'èda aggiungere un posto a tavola, la camor-ra (o la mafia, oppure le 'ndrine). E ormaianche al nord è questa - da anni, conl'esportazione delle mafie nelle regionicentro-settentrionali - la scena.

Peccato che Di Pietro si sia perso perstrada. Abbia ancor misteriosamente get-tato la toga, si sia tuffato in politica, percostruire un'Italia dei valori immobiliari,come la Voce documenterà molti anni do-po in una cover story - siamo nel 2007 -dedicata all'utilizzo dei soldi del partitoper scopi non proprio di interesse pub-blico. E resta una domanda sempre so-spesa nel vuoto: come mai un Pomicinoin fin di vita chiamerà al suo capezzale,come “amico del cuore” (lui operato dibypass), proprio Di Pie-tro, che l'aveva inquisitoper la maxi tangenteEnimont? Cosa si saran-no sussurrati?

Il '91 si chiude - eanche il cerchio, forse -con l'uscita di 'O mini-stro, storia di un bilan-cio all'italiana, vita eopere di Paolo CirinoPomicino.

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noi eravamo così

A maggio ‘92 la Voce scriveil suo primo reportage sulgrande terremoto degli anni'90, ossia l'alta velocità, base27 mila miliardi per poi de-collare all'infinito: i lavoricontinueranno macinandopalate da milioni di euro.ANDREA CINQUEGRANI

Capaci. Via D'Amelio. Due stragi checambiano l'Italia. Il sacrificio di duemagistrati che hanno servito - immo-

lando la loro vita - uno Stato che invece,man mano, si sta mafiosizzando. Due uo-mini che lottavano per la Giustizia, con lag maiuscola. Per questo soli. Presi i killer- pur se l'inchiesta Borsellino ha fatto se-gnare errori che definire clamorosi è pal-lido eufemismo - sempre, regolarmente avolto coperto, i mandanti. Forse perchè lapista economica, quella dei grandi appaltinon è stata battuta e perlustrata in modoconvincente. Forse perchè, ad esempio, diAlta velocità non s'è praticamente mai par-lato. Forse perchè a Lorsignori - sotto tuttigli esecutivi anni '90, 2000 e via seguitan-do - la Tav sta bene: s'ha da fare, anche segli ambientalisti sbraitano, le popolazionidicono no, un pacifico Erri De Luca scoprevecchio cuor di barricadero.

Eppure di grandi opere e maxi lavorisi stavano occupando, prima di essere am-mazzati, Falcone e Borsellino, impegnatia seguire le tracce dei riciclaggi, a partiredai paradisi fiscali della vicina Svizzera.E, a quanto pare, avevano cominciato a fic-care il naso - forse un po' troppo - anchenel nuovo business degli anni '90, prontoper sbocciare: l'Alta velocità. Per questoavevano incaricato il Ros dei carabinieridi svolgere un lavoro molto delicato: undossier con tutte le imprese coinvolte negliappalti in fase di decollo, imprese casomai nazionali che però avevano legami pe-ricolosi, amicizie border line. E' così chea febbraio '91, sulla scrivania di Falcone eBorsellino, piomba un dossier al calorbianco, il rapporto “Mafia Appalti” che ti-

ra in ballo star delle costruzioni e di tuttoil ciclo del mattone. Ecco spuntare le sigleravennati che fanno capo a Raul Gardini,come la Calcestruzzi, guarda caso in otti-mi rapporti con alcune sigle siciliane ri-feribili direttamente a Cosa nostra: tantoche nell'89 Falcone sbotterà, “la mafia vain Borsa!”, quando il titolo verrà quotatoper la prima volta a Milano. Ed ecco farcapolino le napoletane Icla - la rampanteimpresa cara a 'O ministro - e Fondedile,la storica reginetta partenopea che guardacaso dopo pochi anni verrà incorporataproprio da Icla (nome del parto, Fondedi-cla). Imprese che ritroveremo impegnate,insieme ad altre, nella Tav . E così puresul fronte delle progettazioni, si rimboc-cheranno le maniche per disegnare binari& percorsi i compassi d'oro napoletani -in testa il progettista ovunque VincenzoMaria Greco, a bordo della Servizi Inge-gneria - e il craxiano Gianfranco Troielli,in sella alla Nord Engineering, riunite sot-to l'ombrello di Dlfc.

Ed è proprio a maggio ‘92 che la Vocescrive il suo primo reportage sul grandeterremoto degli anni '90, ossia l'alta velo-cità, base di partenza 27 mila miliardi cir-ca, per poi... decollare all'infinito (i lavoricontinuano macinando palate da milionidi euro): “Appalti a TAVolino”, questo il

titolo dell'inchiesta, cui farà seguito alcunimesi dopo, nel '93, un altro grosso servi-zio, “E' pronto in TAVola”. Mano a manole tessere del mosaico si compongono, unpuzzle agghiacciante per gli interessi, lecomplicità, le coperture: e su tutto la piog-gia arcimiliardaria, come un magma pertacitare dissensi e opposizioni, anzi mie-tere consensi mediatici (del resto, perchèstupirsi?, visto che quasi tutte le proprietàdei media sono dentro 'o business). Ce n'è,infatti, per tutti: dalla pubblica Iri (con Iri-tecna), alle coop d'ogni colore (ma con unaLega “rossa” - sic - a primeggiare), ai mat-tonari d'ogni risma. Fino a qualche frescaconoscenza di Mani pulite, come quelFrancesco Pacini Battaglia, l'uomo “a unpasso da Dio” oppure da “sbancare” (conuna correzione da “sbiancare”) secondo illessico dipietrista. Ecco cosa scriveva laVoce: “L'alta vigilanza su progetti e lavori,nonché la progettazione dei nodi di pene-trazione urbana dei supertreni, spetta alconsorzio Italfer-Sis-Tav, nel cui cda siedeun ex dirigente dell'Agip nucleare, BrunoCimino, che fa capolino anche al verticedi una strana sigla romana, Orox servizi fi-nanziari, che vede schierati in prima filaalcuni personaggi chiave nei torbidi misteridi casa Eni. A cominciare da Chicchi Pa-cini Battaglia, il cassiere delle tangenti mi-liardarie versate dal colosso petrolchimicoal Psi, amministratore con Eugenio Buon-tempo della Ali Leasing che ha addestratopiloti militari libici (e che dragherà i fon-

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La copertina di gennaio ‘92 e, in apertura,

quella di ottobre ‘92.

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VOCE STORY - 1992dali di Ustica in cerca dei resti del Dc Ita-via), fondatore della elvetica Karfinco, ilterminale dei titoli rubati in Italia e riciclatiin Svizzera”. Insomma, un bell'ambiente.Che ci riporta anche in Campania e incompagnia del cavalier Buontempo.

Sul maxi business della Tav scriveran-no, a fine anni '90, Ferdinando Imposima-to e Sandro Provvisionato, autori di “Cor-ruzione ad alta velocità”, una ricostruzio-ne impietosa di quel cancro che ha sac-cheggiato le nostre casse, per distruggerel'ambiente, arricchire gli speculatori (altroche capitalisti che rischiano i loro soldi!),i faccendieri e le mafie, le quali hanno tro-vato un'altra manna piovuta dal cielo. Maquesta Tav (che tra l'altro se ne fotte dipendolari e rami regionali) si deve fare: lovuole l'Europa! E tutti - tranne grillini epiccoli cespugli - genuflessi e belanti.

E se il vento di Mani pulite cominciaa soffiare su Milano quel giorno di san Va-lentino, 14 febbraio '92, quando un MarioChiesa viene beccato con la mazzetta alPio Albergo Trivulzio (e quel giorno sipresentava alla Bocconi 'O ministro, e an-che la “Milano degli scandali”, autoriGianni Barbacetto e Elio Veltri), ci vorràil classico miracolo di san Gennaro, 19settembre, per scoperchiare 'O Vesuvio eil suo ribollente voto di scambio. Così laVoce titola la sua cover story “Si alza ilcoperchio”, dedicata ad una sfilza di fatti& situazioni che cercano di andare ben ol-tre l'ormai già trito - se pur fresco - bino-mio corruzione/concussione. Ed ecco inpista i papaveri di diccì, psi, pli, tutti alleprese con i piatti forti di appalti a 360 gra-di, dal mattone, fino alla (sic) cultura: perfare un solo esempio, l'assalto alla gestionedi un teatro storico come il Politeama diNapoli (“'o teatro: ce lo pigliamo, e comece lo portiamo?”).

Primi grattacapi in vista, dunque, perlorsignori. Che però hanno ben altro concui cui trastullarsi: Pomicino con i suoimattoni e i suoi appartamenti, e caso maiuno yatcht, il Claila, noleggiato “aggratis”dall'amico-re del grano Ambrosio; mentreil compassato De Lorenzo, fresco ministrodella sanità, è in trepida attesa di notizieda Stoccolma. “Aspettando il Nobel”, ti-tola la Voce, raccogliendo pareri accade-mici presso una comunità scientifica sbi-gottita davanti all'intervista in cui il Pa-steur vesuviano si sfogava con PeppeD'Avanzo sulle colonne di Repubblica:“Per quattro anni mi sono fatto un mazzocosì - osserva perdendo per un attimo ilsuo proverbiale aplomb britannico - sonostato un uomo di Stato, un ministro di cui

si dovrebbe andare fieri. E lei, invece, mivuole parlare di questo schifo”, ossia leprime inchieste dei pm partenopei sul vo-to di scambio. Si mobilita il Mattino chemanda il suo inviato a Canterbury per do-cumentare le mirabolanti ricerche nien-temeno che sul Dna condotte dal nostromago Merlino. Peccato che - alla fine -non se ne faccia niente: del resto è inbuona compagnia, Sua Sanità, perchè unpaio d'anni dopo il Venerabile in persona,Licio Gelli, sfiorerà - come documenta,stavolta sul serio, la Voce - il Nobel perla Letteratura con le sue poesie, sull'en-tusiastica ondata dei consensi accademicidi svariate università dell'est, Romania intesta dell'amico Ceaucescu.

A proposito di sanità, due news. Unadedicata ad altri affari a tanti zeri, perchèla Voce, a settembre '92, fa una scoperta:Napoli è la capitale del farmabusiness. Ec-co cosa scrivevamo: “Nel capoluogo par-tenopeo viene controllato il 20 per centodel mercato farmaceutico nazionale, e per-fino una larga fetta di quello francese. Acapo dell'impero un illustre sconosciuto,Stefano Pessina, collegato ad una miriadedi società che vanno dai farmaci alla fi-nanza e al mattone. Ecco i segreti dellasua irresistibile ascesa”. Un'ascesa che haportato molto, molto lontano, visto chenella hit 2014 dei Paperoni d'Italia, uscitasu tutti i media in primavera, fa capolino,al quinto posto, un ancor illustre scono-sciuto, sempre lui, Stefano Pessina.

La seconda è una notizia più “legge-ra”: in quell'anno la procura di Napoliapre una divertente inchiesta, riguarda “ilpizzo sul palloncino” - così titola la Voce,sempre in quel numero di settembre - unaffare che corre lungo l'asse Sorrento-Tai-wan. Cosa sarà mai? Presto spiegato. Untema caldo, quello dei profilattici, per unaregione ad alta densità come la Campania:è proprio per questo che Sua Sanità inpersona, il neo ministro De Lorenzo, faaffiggere suoi manifesti brandendone uno.Ma fa di più: in sede comunitaria, chie-derà misure “long size” suscitando le ov-vie invidie dei colleghi Ue. Qualcuno, pe-rò, cerca di fare ancora di più. E chi saràmai? Il figlio di Aldo Boffa, quello di 'Ocapogruppo, al secolo Girolamo, commer-ciante di preservativi. La sua Pharma In-ternational, infatti, acquista i profilattici“Vivo” direttamente alla fonte, Taiwan,per smerciarli poi su piazza nazionale.Solo che c'è un problemino: come farliadottare dalle farmacie? Ed ecco che vie-ne escogitato il modo giusto: basta trovarela persona ad hoc per sbloccare 200 mi-

liardi di crediti incagliati dei farmacistipresso le solite sonnacchiose casse regio-nali, poi un piccolo consiglio a tutti i far-macisti-beneficiati: comprate e consigliatesolo profilattici Vivo. Detto fatto, partonole prime denunce, scatta la magistratura,poi il solito palloncino che si sgonfia. Co-me, del resto, la giustizia nel Belpaese.

Ma torniamo ad articoli e pezzi da no-vanta. Come ad ottobre, con la radiografiade “L'Impero - Uomini e imprese dellaCarmine Alfieri spa”. Ecco il sommario diquell'inchiesta: “All'indomani dell'arrestodel super latitante da Piazzolla di Nola, laVoce traccia in esclusiva la mappa di tuttigli interessi della cosca, strutturata nellaclassica forma “a cupola” siciliana. Dal-l'edilizia al calcestruzzo fino all'ecobusi-ness, ecco gli interessi miliardari di unaholding capace di fatturate 1.500 miliardi,prima in assoluto nell'universo mafiosodel nostro Paese. E spuntano inquietantirapporti con il mondo politico, in un fre-netico valzer di sigle acchiappappalti”.Un quadro allucinante, nomi che, al so-lito, torneranno alla ribalta solo dopo an-ni, società sconosciute che balzerannosoltanto “poi” agli onori delle cronache.Ma in quel numero della Voce, altri “re-perti” da conservare. Come tutti i contattitelefonici e le conversazioni (siamo dinuovo alle intercettazioni, le prime del-l'epoca) bollenti sulla linea di Luigi Ro-mano, il boss del calcestruzzo.

E, soprattutto, un fresco di stampa fi-nalmente in libreria, “l'Inferno - ProfondoSud, male oscuro” di Giorgio Bocca, chedipingerà con pennellate sferzanti quel-l'universo meridionale in preda alle mafie:come al solito, Bocca anticipava di anni eanni (lo stesso succederà con “Napoli sia-mo noi”). “Due scuole politiche - scrivevaBocca - si contendono i pascoli napoletani,una guidata da Antonio Gava, della fami-glia politica dei Gava, l'altra da Paolo Ciri-no Pomicino, della famiglia metallurgica etombinara (…) La visione che Cirino Po-micino ha della politica è l'ottimismo del-l'irresponsabilità, tanto i denari non sonosuoi, ma dello Stato. Nel brillio dei suoiocchi e dalla sua crapina lucente si presen-ta più allegro alla dissipazione, più ottimi-sta alla bancarotta. Più impunito e maipentito”. Bocca ci dedica un capitoletto(sette pagine che restano scolpite nel nostrocuore), “a quella Voce nel deserto”, alle suefatiche per arrivare ogni mese in edicola,“al mensile con i puzzle delle società fa-sulle in cui politici, camorristi e finti ga-lantuomini intrecciano instancabilmentele loro trame di furti e malversazioni”.

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noi eravamo così

A novembre ‘93 la Voce det-tagliava i rapporti societarifra l’uomo a un passo daDio, Pacini Battaglia, e Ste-fano Perotti. Ventidue annidopo, Perotti viene arrestatocon Ercole Incalza per igrandi appalti.ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno dei massoni, il '93. L'anno incui la Voce fa il botto e pubblica glielenchi di tutti gli iscritti alle logge

campane, a partire dal Grande Oriented'Italia - che conta il maggior numero diaffiliati - per passare poi al Centro socio-logico italiano e finire il percorso con laMassoneria universale, in totale la bellezzadi circa 1.500 nomi. Lo spunto viene of-ferto da due circostanze. La prima riguardal'inchiesta, avviata dal neo procuratore ca-po di Napoli, Agostino Cordova, che in-tende continuare anche all'ombra del Ve-suvio quel suo intenso lavoro investigativoper anni portato avanti a Reggio Calabria,a caccia non solo di elenchi (anche quellicoperti, ovviamente i più “ricercati”), masoprattutto di traffici & affari spesso ‘co-perti’ sotto gli orpelli esoterici: in primafila, per scoprire le connection, due pm dipunta come Giuseppe Narducci e AldoPolicastro. La seconda ha a che fare conun'informativa anonima che arriva alla re-dazione della Voce, la quale fa riferimentoa forti interferenze massoniche verificatesinel corso della campagna per le politichedel 5 aprile '92, ad appena un mesetto dal-lo scoppio di Mani pulite e l'arresto di Ma-rio Chiesa a Milano. La segnalazione, inparticolare, riguarda un summit che si eratenuto a Nola, o meglio “un'agape” indet-ta dai massoni locali “in onore dell'exgran maestro venerabile Armando Coro-na” e alla quale sono invitati alcuni pa-paveri della politica, dall'avvocato pli Al-fonso Martucci (pupillo di Sua Sanità DeLorenzo, viene regolarmente eletto allaCamera), al socialdemocratico Filippo Ca-ria. Fitto il mistero sulla partecipazione

di 'O ministro Pomicino e su quella delsuper boss Carmine Alfieri, che comun-que invia alcuni suoi fedelissimi. Altraindiscrezione, si tratterebbe di una frondaall'interno del Goi, visto che il presidentedei maestri venerabili di Campania e Ba-silicata, Federico Torre, è in rotta di col-lisione con Corona.

L'inchiesta della Voce che fa da cor-redo alla pubblicazione degli elenchi (uninserto di 16 pagine da staccare e conser-vare) spazia dalla Sicilia, a Napoli, fino aRoma per terminare il suo giro ad Arezzo(e lì lo terminavano anche non pochi ca-salesi d'antan, alle prese col businessmonnezza). Ecco un passaggio “siciliano”:“le connection messe in luce dall'agapedi Nola sembrano dar ragione ad alcunetestimonianze provenienti dal milieu mas-sonico-mafioso. Soprattutto quelle delpentito Marino Mannaia, che indica tra ifratelli muratori boss del calibro di TotòRiina e Stefano Bontade”. Poi uno squar-cio partenopeo: “Venendo ai fatti di casanostra, maggior rilievo assumono anchele confessioni di Ermanno Pelella. L'ex li-berale, travolto dallo scandalo rifiuti, rivelai buoni consigli che gli avrebbe elargitoDe Lorenzo: è inutile che cerchi altre stra-de per fare carriera, entra nella massoneriae ti si spalancheranno tutte le porte”. Ul-

teriori rivelazioni arriveranno da un altropentito, Nunzio Perrella, che - scriveva laVoce - “con le sue clamorose confessionitira in ballo i big del Pli nazionale, da Re-nato Altissimo a Francesco De Lorenzo, fi-no a Raffaele Perrone Capano”. Perrellaparla di tre incontri con Sua Sanità e sot-tolinea che “De Lorenzo è stato sicuramen-te informato che i voti venivano compraticon il nostro danaro”.

Nell'inchiesta fanno capolino i nomidi società-scrigno, come ad esempio Fi-scom, da cui si dipanano molteplici affariimmobiliari (con la controllata Cima cheallinea pezzi da novanta della Napoli checonta), assicurativi (tramite la compagniaAmbra), per la compravendita di terreni(un crocevia, già allora, la Toscana, e unbusiness in quel di Pratilia), o di megastrutture come il prestigioso Kursaal diMontecatini, per le cui trattative si siede-ranno allo stesso tavolo mafiosi, camorristi& massoni.

E rimbalzano i protagonisti di quelletrame, dal notaio dei vip romani e napo-letani Michele di Ciommo (un nome chefa capolino anche nell'affare Italsanità conquelli di Mauro Leone e Giuseppe Ciarra-pico) al super faccendiere Enrico Nicoletti,un vero mago del riciclaggio. Il nome diquest'ultimo è costantemente sullo sfondodella vicenda Kursaal - descriveva la Voce- come sorta di regista occulto, ed è co-stante anche la presenza della Banda dellaMagliana. Ma siamo arrivati a Roma. Ed

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La copertina di aprile ‘93 e, in apertura,

quella di ottobre ‘93.

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VOCE STORY - 1993ecco cosa scrivevamo, in quella Voce diottobre 1993 dedicata ai massoni: “Quandosi parla di manovre affaristiche in grandestile degli ultimi anni a Roma, c'è sempredi mezzo la banda guidata da Carminati eDiotallevi, con Calò e Carboni sullo sfon-do. E non dimentichiamo il capitolo stra-gi”. Nomi che vengono prepotentementealla ribalta - sopra tutti il primo, quello diMassimo Carminati - nelle bollenti paginedi Mafia Capitale a fine 2014. Un altro no-me, quello del sempreverde Carboni, fa ca-polino nelle inchieste di questi ultimi annisu P3 e P4. Ecco cosa scriveva di lui, al-lora, la Voce: “Nicoletti ha sempre coltiva-to un feeling con un altro che di masso-neria, di P2 e affari se ne intende, FlavioCarboni, il quale negli ultimi tempi sta an-nusando parecchi business proprio inCampania. Inquisito di 416 bis, Carboni siè rimboccato le maniche per riciclar da-naro proveniente dal clan afragolese deiMoccia. Il legame viene confermato da al-cun foto scattate dalle forze dell'ordine al-l'aeroporto di Fiumicino, dove il faccen-diere romano è ritratto in compagnia diLuigi Moccia (fratello del capoclan Angelo)e di Aldo Ferrucci, già proprietario del Se-ven Up di Formia, uno dei riciclatori piùa la page della Bardellino spa” (a luglio,poi, la Voce pubblica un'inchiesta dal titolo“Carboni ardenti” e dedicata alla perfor-mance campane del faccendiere sardo).

Ma torniamo a bomba. Ossia a De Lo-renzo, di cui abbiamo appena parlato, per-chè a febbraio di quello stesso anno la Vo-ce fa un altro botto, pubblicando "Sua Sa-nità - Viaggio nella De Lorenzo spa,un'azienda che scoppia di salute". Il libroper alcune settimane sarà tra i più venduti(pur se frutto di una coedizione tra due“pulci”, la Voce e la trentina Publiprint delcoraggioso Eugenio Pellegrini, che ha il fe-gato di stampare anche volumi di CarloPalermo e di padre Alex Zanotelli) e si fasubito segnalare per un indubbio primato:ne è stato chiesto il sequestro ancor primadell'uscita in libreria. E' infatti il legale deiDe Lorenzo a sventolare in pubblico, nelcorso della presentazione avvenuta in oc-casione di Galassia Guntenberg (una ras-segna libraria allora molto seguita a Napo-li) le bozze del libro e a leggere passi dellarichiesta di sequestro. La mattina seguentesaremo noi a denunciare Sua Sanità perricettazione: come avrà mai fatto a entrarein possesso delle bozze? Chi le ha mai ru-bate per lui? Apriti cielo: sui quotidianinazionali sarà un diluvio di titoli, come -mitico - quello comparso sul Resto delCarlino: “Ora De Lorenzo frega anche lebozze”.

Da Sua Sanità a 'O Ministro - arieccolo- il passo è breve, ed è del mese seguente,marzo, la cover story “Manfregonia”, de-dicata ad una delle più gustose storie dellaTangentopoli made in Sud. Stavolta, in pi-sta i nastri trasportatori del porto di Man-fredonia per la cui realizzazione si sonoverificati vorticosi giri di denari, e tutto -a quanto pare - proprio sotto il protettivoombrello del Venerabile Licio Gelli. La Vo-ce, infatti, ricostruiva i contorni di una se-greta riunione d'affari che si sarebbe tenutaa Foggia, fine '90, per decidere le strategied'assalto ad alcuni grossi appalti e specu-lazioni urbanistiche. Dentro ai business,ovviamente, dc e psi in prima fila, con unPomicino a tutto campo. Nel ristrettogruppo di imprenditori baciati dalla deabendata, spiccano i fratelli Pisante, ai qualila Voce, negli anni seguenti, dedicherà al-tri articoli: soprattutto sul fronte degli ap-palti idrici, o dei lavori esteri, come nelcaso della Somalia, dove il nome di unaloro impresa, la Emit, fa capolino tra lecarte dell'inchiesta sul caso - mai risolto,altro buco nero nella patologia storica delnostro Paese - di Ilaria Alpi e Miran Hro-vatin (vedremo nelle prossime puntate).

Li vogliamo ritrovare tutti beatamentee magicamente insieme, lorsignori? Eccociallora alla cover di aprile '93, “Non solopizzo - Pomicino Gava Scotti & C. - la Cu-pola napoletana che ha governato l'Italia”,con un significativo sommario: “La tan-gente come 'contorno' di affari stratosferici.Icla, Comapre, Borselli & Pisani. Ecco al-cune fra le principali 'portappalti' miliar-darie del dopo terremoto, oggi nel mirinodei giudici di Mani pulite. Altro che piz-zo. E sullo sfondo le connection tra poterepolitico e camorra”. Per la serie, tutto sottola luce del sole e, oggi, tutto come allora.Ma - oggi - con un inquietante interroga-tivo in più: possibile mai che siamo sem-pre alle prese con la 'pagliuzza' della tan-gente, con le bazzecole a base di mazzette,quando la posta in gioco è stratosferica-mente più alta, quanto ci sono imprese dicopertura, portappalti come allora la Iclaper Pomicino, la Comapre per il psi GiulioDi Donato, oppure la Borselli e Pisani peri De Lorenzo? E quando ci sono “vincoli”associativi, patti d'affari, che senso ha par-lare di corruzione, concussione, minacce,eventuali pentiti? Perchè è tutto 'O Siste-ma che si tiene, e conta su controlli chenon vanno (o sono “blandi”, oppure fattidagli amici), una magistratura troppo spes-so dormiente o pigra; un giornalismo col-luso (per via degli editori) o intimidito(per via delle leggi liberticide sulla stampa,come l'ultima che già si profila, ammaz-

zatutto). Altra copertina che corrobora questa

“tesi”, “I superlatitanti”, settembre '93, de-dicata ad alcune figure-cardine nella Tan-gentopoli partenopea (e di tutto lo scenariod'affari che implicava), ai “superlatitanti azonzo tra l'Europa e le Americhe, in untourbillon di miliardi da sistemare nel mi-gliore dei modi e nei paradisi fiscali”. Cosìsintetizzava la Voce: “La storia del cavalierEugenio Buontempo, di cui tracciamo unamappa di amicizie inedite che portano finoagli svizzeri Pierfrancesco Pacini Battaglia- l'uomo a un passo da Dio - e Noel Croce,con una puntatina su affari libici e Ustica.E poi quella dei grandi faccendieri cari aPomicino: Aldo Molino, genero dell'ex sin-daco di Napoli, Bruno Milanesi, e Vincen-zo Maria Greco, il re del dopo terremoto.Per finire l'itinerario con lo scottiano Filip-po Capece Minutolo”.

Novembre ‘93, ecco la chicca. In un ar-ticolo dedicato agli “Affari ad Alta Veloci-tà”, la Voce scopre un incredibile “matri-monio”, quello fra lo stesso Pacini Battagliae un allora sconosciuto Stefano Perotti. Aquell’epoca il solo Perotti conosciuto eraMassimo, ex presidente della Cassa per ilMezzogiorno e direttore dell’Anas. Eccocosa scriveva la Voce 22 anni fa: “La ‘Ser-vizi Ingegneria’ di Vincenzo Maria Greco,l’uomo ombra di Paolo Cirino Pomicino, èpresente nella compagine di un consorzioromano, DLFC, specializzato nei lavori fer-roviari. Tra gli altri protagonisti di DLFC sisegnalano il faccendiere craxiano Gianfran-co Troielli, il napoletano Antonio Grimaldi,il veronese Dario Lonardoni e il romanoStefano Perotti. Craxiano, il trentacinquen-ne Stefano rappresenta, all’interno diDLFC, la società romana ‘Intercons’, ovveroInternational Consulting. L’Aveva fondata,dieci anni fa, in compagnia di Pierfrance-sco Pacini Battaglia, l’uomo a un passo daDio e ottimo amico di Claudio Signorile”.

A marzo 2015 il nome di Stefano Pe-rotti campeggerà sui titoli di tutti i media,come protagonista dei grandi affari degliappalti pubblici in tandem con il grandemandarino Ercole Incalza. E Pacini Batta-glia viene “derubrica-to” a semplice cono-scente di Perotti.

Come mai l’uomochiave di segreti e affa-ri in Italia, Pacini Bat-taglia, l’ha fatta regolar-mente franca in questianni ed è stato solosfiorato da alcune in-dagini finite in unabolla di sapone?

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noi eravamo così

La Voce nel '94 parte dalla stra-ge di Ustica, il Dc 9 Itavia chefa ancora parlare di sé, per unaverità giudiziaria sempre mon-ca. Pur se storicamente è ormaiaccertato che fu strage di Statomeglio, di stati, vista la parte-cipazione attiva della Francia.

ANDREA CINQUEGRANI

Un anno in giallo. Tra quei misterid'Italia che popolano la tribolata sto-ria del nostro Paese, quei buchi neri

che “regolarmente” uccidono la democra-zia, e quel che resta delle nostre libertà.Non a caso uno dei giornalisti più acuti,Sandro Provvisionato (l'abbiamo già vistocome coautore - con Ferdinando Imposi-mato - del best seller dedicato agli affariTav, “Corruzione ad alta velocità”), firmastorica della Voce, ha dato vita ad uno deisiti migliori sul fronte del giornalismo d'in-chiesta, quel “Misteri d'Italia” dove i giallidi casa nostra vengono scandagliati, vivi-sezionati uno ad uno, spesso con grosse,inedite letture. La Voce, nel '94, parte dallastrage di Ustica, il Dc 9 Itavia che fa anco-ra parlare di sé, per una verità giudiziariasempre monca. Pur se storicamente è or-mai accertato che fu strage di Stato (me-glio, di stati, vista la partecipazione attivadella Francia) e che in prima linea c'eranoi soliti Servizi, a questo punto non più de-viati (vista la mole di delitti & depistaggi):Servizi punto e basta.

Riepiloghiamo i fatti. Sono i primi del-l'anno, e alla redazione della Voce si pre-senta un uomo con la valigia. Anzi duevaligioni. Vuole subito parlarci, deve rac-contarci qualcosa. Ha paura, si sente brac-cato. Infatti, è latitante, le nostre autoritàda mesi gli stanno dando la caccia. Si trat-ta di uno 007, un uomo dei servizi che,colpito negli affetti (la moglie lo ha lasciatoper il suo capo, il generale di divisioneFrancesco Pugliese, non gli fanno più ve-dere la figlia), ha deciso di vuotare il sac-co: per questo ha scritto e inviato al pmche indaga su Ustica, Rosario Priore, due

memorie-bomba dove non solo viene“spiegato” il giallo di Ustica, ma vengonoforniti dettagli su una serie di altri episodidi servizi & affari. Ecco cosa scriveva laVoce, nella cover story di febbraio '94, ti-tolata “Ustica - le esplosive rivelazioni diun superpentito dei servizi segreti”. Dallerivelazioni di Vanno “esce fuori uno spac-cato impressionante di Italia 'deviata', alcentro delle manovre più torbide con lapartecipazione 'fisiologica' di interi pezzidello Stato che agiscono in combutta conmafie, camorre e massonerie varie”.

Partiamo da Ustica e da una veritàche, ancor più alla luce delle successivetragedie libiche culminate con la “finta”rivoluzione e l'assassinio di Gheddafi, ladicono lunga sulla sempre presente vo-lontà di eliminare dalla scena internazio-nale un personaggio scomodo come l'al-lora leader libico. Vanno racconta chequell'anno, l'80, le forze Nato avevano se-gretamente pianificato un “grave incidenteinternazionale, come l'abbattimento di unaereo civile, per poterne addossare la col-pa a Gheddafi ed essere quindi legittimatia colpirlo ed eliminarlo di fronte all'opi-nione pubblica mondiale”. E fornisce tuttauna serie di dettagli, riscontri, ulteriori in-formazioni capaci di delineare uno sce-nario ben studiato a tavolino. Ma il piano

(che prevedeva anche la cattura del pilotalibico che - salvato - avrebbe poi potutosvelare le trame di Gheddafi) “non tenevaconto - scrive la Voce sulla scorta delle ri-velazioni dello 007 - del carattere 'traditore'degli italiani. I nostri servizi fecero fallirequesto disegno criminoso perchè non po-tevano danneggiare Gheddafi, maggior for-nitore di petrolio all'Italia e in rapporti conle nostre principali autorità, cui pagava al-l'epoca mazzette miliardarie. Quindi i no-stri servizi deviati apposero dell'esplosivosull'aereo per simulare l'esplosione in vo-lo”. Qualche mese dopo, il deputato PsiFranco Piro fornirà una versione molto si-mile nella genesi e nelle motivazioni, macon un finale differente: il missile che ab-batte il Dc 9 partirà da una nave amica inquei giorni di stanza nel Mediterraneo, lafrancese Clemanceau. E sempre di ServiziNato si tratta...

Le rivelazioni di Vanno non si ferma-no tra missili e cieli, ma atterrano anchea Roma. Con racconti altrettanto 'esplosivi',anzi profetici a leggere oggi le fresche sto-rie di Mafia capitale che emergono dalleinchieste del pool messo su da GiuseppePignatone. Dopo i memoriali inviati a Prio-re (non serviti a molto, visti gli scarsi ri-sultati giudiziari prodotti), Vanno scriveanche al capo dello stato Oscar Luigi Scal-faro. Ecco come sintetizzava quei fatti laVoce nel reportage di febbraio: “Nel suomemoriale a Scalfaro, l'ex braccio destrodi Pugliese è un fiume in piena. E punta

Story

La copertina di febbraio ‘94 e, in apertura,

quella di dicembre ‘94.

1994

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VOCE STORY - 1994l'indice anche contro un pezzo del saccodi Roma avvenuto sul finire degli anni'80. Protagonista in campo, a suo dire, lacamorra”.

L'operazione è complessa: si parte dal-l'Opera Pia Arati che decide di vendereuna cinquantina di appartamenti di grossovalore nel cuore antico della capitale, aun passo da piazza Navona; poi entranoin gioco svariate sigle immobiliari, disin-volti commercialisti, continui passaggi eincroci societari, in un vortice di miliardi(una sessantina dell'epoca), e poi l'opera-zione si allarga ad altre aree e le maglie dicomplicità si diffondono. Fino a toccare ipalazzi di giustizia (o delle nebbie, a queitempi e anche per un bel pezzo poi). Inuna successiva missiva di fuoco inviatadall'infaticabile Vanno all'allora procuratoregenerale presso la Cassazione, VittorioSgroj, così scriveva l'ex 007: “Alla magi-stratura romana sono stati pagati miliardidi tangenti per coprire gli interessi di po-litici e camorristi coinvolti nei fatti OperaPia Arati/ Tornante 84 (una delle siglecoinvolte, ndr)”. Bersaglio principale diVanno - precisava la Voce - il procuratorecapo Ugo Giudiceandrea “che aveva tral'altro archiviato tre richieste di autorizza-zione a procedere nei confronti di GiulioAndreotti, Mario Tanassi e Matteo Matte-otti per una brutta storia di tangenti '89 traItalia e Libia, nata da una vendita illegaledi cari armati ed elicotteri”. Su altri Servizi& Affari usciremo anche con la cover dinovembre, “Onde Sismi - Esclusive rive-lazioni sui misteri di Stato”, tra Somalia,Gladio e appalti targati Ucsi - come spie-gavamo nel sommario - tre capitoli caldidella nostra recente storia, e su tutti l'om-bra lunga del Sismi (in un riquadro, unpezzo dedicato al nero Marco Affatigato,altro nome tornato a far capolino fra le ri-costruzioni storiche che fanno da sfondoall'inchiesta 2014 su Mafia capitale).

Una copertina anche graficamente stu-penda, quella di febbraio sui misteri diUstica (il fondo è, naturalmente, giallo,con un titolone a caratteri di scatola rossosangue), come al solito disegnata da Pier-giorgio Maoloni. Che conoscemmo anniprima, e fu amore a prima vista: noi se-dotti dai suoi lavori “militanti” e appas-sionati, vuoi per rifare il look al Manifesto,oppure al primo quotidiano polacco, nellasua fucina-laboratorio a un passo da piaz-za Navona; lui preso dalle nostre inchiestetra malaffari, mafie e poteri, per informarei cittadini. Lavorò per noi in perfetto vo-lontariato, come ricevere da Guttuso unritratto gratis

Da un giallo all'altro eccoci a quello

chiamato Vittoria, dal nome, anzi il co-gnome del preside della facoltà di Farma-cia a Napoli, grande amico di Sua SanitàDe Lorenzo, e piduista come il padre, Fer-ruccio De Lorenzo. Resta coinvolto nellatangentopoli all'ombra del Vesuvio, perlui stanno per scattare le manette ma lamattina dell'interrogatorio finale improv-visamente muore. Neanche il tempo pergli inquirenti di spiegarsi perchè e per co-me che il cadavere viene fatto sparire daifamiliari e portato in un baleno a ReggioEmilia per una cremazione lampo (feudomassonico, allora, come raccontavano lecronache locali).

Secondo alcune favole dell'epoca, ilfarmacista in cappuccio e grembiulinoavrebbe preparato per sé una pozione ma-gica, tale da simularne in tutto e per tuttola morte (si parlò addirittura di un miste-rioso pesce-palla da cui estrarre quel li-quido para-paralizzante). Racconti metro-politani a parte, restano alcuni fatti: comemai l'inchiesta viene ben presto archivia-ta? Come mai nessuna indagine sui mi-steri crematori di Reggio? Perchè nessunapista successiva mai battuta, ad esempioquella che conduceva all'isola di Marghe-rita, vis a vis con le coste venezuelane,dove c'è chi giura d'aver incontrato Vitto-ria? (e la Voce a fine anno scriverà un al-tro articolo, “Fuga per la Vittoria”).

E botto finale a fine anno, con il giallodella tragica fine di Ylenia, la figlia di Ro-mina e Al Bano. Una copertina molto di-versa dal solito, quella di dicembre '94,fuori dalle rotte della Voce, impegnata sulversante di denuncia politico-economica.Ma stavolta ci è sembrato il caso di segui-re la pista, per un preciso dovere d'infor-mazione, essendo venuti in possesso, an-che stavolta, di un memoriale molto cir-costanziato circa la morte della ragazza,scomparsa a New Orleans. Dove, soprat-tutto, vengono forniti dettagli circa un te-lex inviato dalla nostra ambasciata di San-to Domingo alle autorità italiane: in essoci sono raccapriccianti particolari del ri-trovamento avvenuto ad Haiti, ad un an-no esatto dalla scomparsa: Ylenia sarebbestata sacrificata nel corso di un rito vudu.La Voce contatta telefonicamente l'amba-sciatore Tommaso De Vergottini. Ecco co-sa scrivevamo: “Nel corso della telefonataripetiamo più volte i riferimenti al telexsegretissimo sulla morte di Ylenia. L'am-basciatore non si scompone. Annuisce.Ma ci prega di essere molto riservati”.L'inchiesta della Voce viene ripresa dasvariati quotidiani e periodici, qualcunoci accusa di sciacallaggio. Dalla famigliaCarrisi - che aveva fino a quel momento

denunciato i raid dei media - un sentitograzie: per una pista vera, per un contri-buto all'accertamento della verità e non acaccia di facili scoop costruiti sul dolore(oltre che sulle invenzioni).

Proseguendo nel fil rouge dei misteri,e anche per dar seguito al filone iniziatocon le inchieste sulla massoneria e la pub-blicazione degli elenchi di affiliati campa-ni, la Voce decide di dedicare spazio adaltri gruppi & ordini. Così, a luglio, è lavolta di una lunga inchiesta sull'Opus deia Napoli, tra mattonari a la page e vip deicamici bianchi; con settembre si passa aiCavalieri del Santo Sepolcro, dove fannocapolino uomini in divisa e anche in toga;per poi passare all'ordine di Malta e sco-prire che esiste, oltre l'ufficialità di pom-posi elenchi, anche una “Malta rossa”, sor-ta di loggia coperta dedita ad affari menoconfessabili. Il viaggio terminerà, per quel'94, con l'ordine dei Templari, altra “asso-ciazione top secret che tiene banco inCampania e oltre”, scrivevamo nel numerodi dicembre. Interessanti, lungo il tragittoalla scoperta dei cavaliere erranti per la re-gione, gli incroci, ossia le “adesioni mul-tiple”: massoni-maltesi, massoni-templari,e perfino dei tris. Per indagare meglio lun-go le rotte del sapere e dei misteri, in per-fetto stile esoterico? O per meglio tessereaffari e badar al proprio tornaconto? Ai po-steri l'ardua sentenza.

Chi in quegli anni badava, e sodo, aipropri affari era di sicuro il Cavaliere.Cui la Voce dedica alcune storie di co-pertina. Una ai suoi esordi, alle originisvizzere e poi man mano sarde (spessovia Flavio Carboni, già passato ai raggi xnegli anni precedenti dalla Voce) dellesue fortune economiche; l'altra lungo letracce di un suo fedelissimo, quell'Ubal-do Livolsi che diventa uomo ovunque ditanti business, anche in campo farmaceu-tico. E infine, per tornare alle amate an-tenne, eccoci agli affettuosi incroci d'af-fari - via Telepiù - con lady Moratti, aquel tempo in sella a mamma Rai. Eccocome sintetizzava la Voce: “Il cognato diDonna Letizia, Massimo Moratti, nellacompagine azionaria della pay tv. E unarcipelago di sigle in cui fanno capolinouomini di Sua Emittenza fianco a fiancocon personaggi legati alla presidentessaRai”. Quell'ex patròn Inter che - svento-lando i vessilli dei volontari di Emergen-cy e del suo animatore Gino Strada - cer-ca sempre di distinguersi dal Cavaliere,smarcandosi a sinistra. Peccato che imorti della sua “democratica” Saras -l'azienda petrolifera di famiglia - forsenon siano proprio d'accordo.

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noi eravamo così

Furono mesi di passione civiledi un’Italia che credeva nellasvolta epocale, di farla finita unavolta per tutte con marciume ecorruzione. Fu breve illusione,perchè le corruzioni sono anzicresciute a dismisura, le mafieingrassate come non mai...

ANDREA CINQUEGRANI

Star, anzi stella (cadente) di copertinaper il '95 Antonio Di Pietro, il mitodi Mani pulite che ha improvvisa-

mente - e senza dar motivi - abbandonatola toga per tuffarsi in politica. A lui de-dichiamo la cover di maggio, “Di Pietrochi?”, con una serie di interrogativi chelasciano interdetti molti italiani, e per pri-mi ci siamo posti noi stessi. Noi che loavevamo “scoperto” un anno prima della'celebrità' - come abbiamo documentatonel '91 - quando da perfetto sconosciutodella procura di Milano parlava di “im-prese di partito”, di “portappalti”, di com-messe pubbliche che vengono decise espartite nelle segreterie politiche. Poi leinchieste. Quei mesi di passione civile diun'Italia che credeva nella svolta epocale,di farla finita una volta per tutte con mar-ciume e corruzione, con i partiti a deci-dere vite e destini della gente. Fu breveillusione, perchè – come le cronache rac-conteranno in seguito – le corruzioni so-no anzi cresciute a dismisura, le mafie in-grassate come non mai, il paese semprepiù sprofondato nel più totale degradopolitico, sociale e istituzionale. E lui, ci-liegina sulla torta, il Tonino nazionale agettare la toga e sbattere la porta. Per tuf-farsi in quella melma che fino al giornoprima, in altra veste, aveva cercato di ri-pulire. Misteri.

Misteri che cerchiamo di porre sultappeto, per trovar risposte, nell'inchiestadi quella primavera. Con un Di Pietroblandito dal Cavaliere che lo vuole tra isuoi, una colomba forzista come l'avvo-cato Dotti che lo vede addirittura comedelfino di sua Emittenza. E lui, il fresco

ex pm, fa poco per evitare i primi auto-gol: come la sua prestigiosa collaborazio-ne al “Telegiornale” di Gigi Vesigna, sto-rico direttore di casa Berlusconi che fon-da un quotidiano con un massone doc,Raimondo Lagostena, Loggia Camea. Mala 'firma' è lui, Tonino. Che, forse, potevanon sapere: pur da pm di razza. Comepotrà non sapere chi è Sergio De Grego-rio, che accoglierà a braccia, quando sarànecessario rastrellar voti utili alla causa.E potrà - terzo incidente di percorso -non sapere chi è Aldo Patriciello, quandostringerà un patto di ferro per raccogliere,ancora una volta, voti, sotto il benevolosguardo di Paolo Cirino Pomicino, unsuo vecchio inquisito per la maxi tangen-te Enimot. E chi chiamerà mai, anni do-po, al suo capezzale quando 'o core daproblemi a 'O ministro? Ma Di Pietro.

Ma in quella prima inchiesta ci po-nevano altri interrogativi. Che derivanoda qualche incarico, ottenuto o mancato.Tonino, infatti, manca l'obiettivo di unapoltrona su misura per lui, quella di capodel costituendo (poi ma costituito) Sis, ilServizio Ispettivo di Sicurezza che avreb-be dovuto contrastare l'evasione fiscale.Centra, invece, quello di super consulen-te della commissione stragi. Ma alla pri-ma uscita ne combina una: sui tragici fat-

ti della Uno bianca e dei fratelli Savi, in-fatti, getta benzina sul fuoco, nessunacomplicità, nessuna regia occulta, nessunmistero: solo “balordi”. E delle complicitàcon la camorra di cui parlano i pm bolo-gnesi. Aria fritta. Nell'inchiesta si parlavadegli ottimi rapporti tra Di Pietro e Lilia-na Ferraro, direttore agli affari penali neldopo Falcone e per anni responsabile del-l'ufficio “automazione” al ministero digrazia e giustizia. Un “bubbone”, quelloinformatico, entrato nel mirino di un giu-dice scomodo, Renzo Lombardi, autoreun pamphlet (e denunce) al vetriolo, “Il-legalità, lobby e miliardi al ministero digrazia e giustizia” (denunce archiviate “intempo reale” dal procuratore romano UgoGiudiceandrea). Informatica pallino perDi Pietro anche quando siederà sulla pol-trona di ministro dei Lavori pubblici, perentrare in rotta di collisione con il re-sponsabile del servizio, un'altra toga dipeso, Mario Cicala, per anni segretariodell'Associazione nazionale magistrati.

Negli anni seguenti, come vedremo,abbiamo dedicato altri articoli a Di Pietroe alla sua Italia dei Valori, documentandoman mano la fine di un sogno: quello diun movimento politico che vuol farepiazza pulita di tutto il marciume che c'è,di voltare pagina, di rompere con Castae caste, di stare nei fatti dalla parte deicittadini, di guardare all'etica prima an-cora che ai programmi, e invece... flop.Per scoprire un'Italia dei valori immobi-

Story

La copertina di maggio ‘95 e, in apertura,

quella di marzo ‘95.

1995

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VOCE STORY - 1995liari – come documenta la Voce nel 2007e Report riprende anni dopo – per sve-lare una gestione familistica del partito,come del resto da anni denunciano ElioVeltri, Giulietto Chiesa, Achille Occhetto,a proposito della sparizione dei fondi percostruire il “Cantiere” che avrebbe dovu-to realizzare una nuova idea di sinistra.Ma vien sempre in mente un'antica ami-cizia del Tonino nazionale (simpatie gio-vanili destrorse a parte): quella per Fran-cesco Cossiga. Ricordate lo sciopero deimagistrati per via degli attacchi del pre-sidente-picconatore, un giorno sì e l'altropure alle prese con i giudici ragazzini, ocon i trenini per Agostino Cordova op-pure contro un Casson alle prese conGladio? Bene, in occasione di un maxisciopero di toghe anti Cossiga, pochissi-me mosche bianche preferirono quel gior-no non disertare le aule: tra esse Di Pie-tro. Ma si candiderà poi mai a sindacodi Milano per il dopo Pisapia come tantibookmaker danno quasi per scontato?Staremo a vedere.

Da una toga all'altra, eccoci a uno deipm in prima linea sul fronte Mani pulitepartenopea inizio '90, Nicola Quatrano.Lo conosciamo nel corso di un dibattitosui temi della giustizia, rimaniamo colpitidal suo modo di affrontare problemicomplessi, gli proponiamo di scrivereuna rubrica per la Voce, accetta, e si chia-merà “Vostro Onore”. Dopo un paio d'an-ni e una trentina di pezzi, pubblicheremoun volume, Vostro onore, appunto, sot-totitolo “Un giudice di mani pulite rac-conta la Tangentopoli che ha liquidatol'Italia dei De Lorenzo, Craxi, Gava, Po-micino & C., che così “spieghiamo” nel-l'ultima di copertina: “Che fine ha fattol'Onore degli italiani, il Nostro Onore,saccheggiato da un'intera generazione po-litica, umiliato dalla corruzione ammini-strativa, deriso da rapine alle casse delloStato degne della più grottesca bandaBassotti? E perchè i giudici di Mani pu-lite si sono svegliati all'improvviso dopoanni di torpore? Dov'erano mentre avve-niva l'assalto alla cosa pubblica? Esisteun disegno nascosto dietro la loro azioneinvestigativa?”. Domande che oggi cisembrano più attuali di allora. Con losgomento che, però, sono trascorsi inu-tilmente vent'anni: mentre i buoi sono al-legramente usciti dalle stalle e l'Italia èsempre più il Paese degli impuniti, deiladri, degli evasori, dei fuorilegge. Sul-l'orlo del baratro.

In quel '95, comunque, la Voce con-tinua nei suoi filoni investigativi. Unoche trova sempre più spazio è quello del-

le mafie (ovviamente camorra in primis,dal nostro osservatorio campano) formatoesportazione. A partire dalle regioni delcentro nord per arrivare all'estero. Tor-niamo in lucchesia, per rinverdire alcuneimprese fresche di trasloco in quelle areeancora incontaminate; come facciamo unsalto a Torino, per passare ai raggi x al-cuni appalti decisi dall'istituto autonomoper le case popolari; così come avevamofatto mesi prima una capatina a Rimini,sulle tracce di alcune commesse dell'entefiera e finite nel mirino di alcuni clanpartenopei. Quindi sulle tracce Romeo eGiulietta, in quel di Verona, per capirequel che sta succedendo nientemeno chealla centrale del latte, che forse interessaa clan e faccendieri. Come si vede,un'autentica maglia di affari, una retesempre più vasta che passerà di regionein regione, fino a contaminare l'interotessuto nazionale, occupando come uncancro regioni da tutti ritenute indennicome una Val d'Aosta un Veneto o unaLombardia. Ma quando oggi scoppia labomba - le 'ndrine in Umbria o a un pas-so dalla Madunina - ecco che giornali etivvù strillano la notizia, la novità del se-colo: perchè - si sa - la scoperta dell'ac-qua calda, anzi bollente, è la vera sco-perta del secolo. E partir via con i solitipistolotti a base di sequestri e confischeche a sentire un povero Pio La Torre giranella tomba come una trottola.

E un grosso servizio sul tema escesula Voce a dicembre '95, a proposito delBusinEST, ossia i grandi affari delle ma-fie nei paesi dell'ex blocco sovietico,apertisi come scatolette di tonno per gliappetiti delle cosche, spalancatisi per ilfacile e supersponsorizzato ingresso dicapitali freschi, da lavare che più bianconon si può. Ecco il sommario del repor-tage: “Sembravano uscite di scena dopoarresti e morti eccellenti. E invece le di-nasty malavitoso-finanziarie di caso no-stra tornano alla grande. Ecco tutta la ca-morra formato esportazione, all'assaltodei paesi del'Est. Locali notturni, alber-ghi, grandi magazzini, lavorazione del le-gno, del ferro, commercio di armi, drogae sigarette. Un vero Eden del riciclaggio.E, soprattutto, senza controlli. Dalla exJugoslavia alla Romania vediamo uominie affari in campo”. Un solo esempio? Iclan di Secondigliano, solo da poco bal-zati agli onori delle cronache mediaticheper via di Gomorra & dintorni. Ecco cosascriveva, vent'anni fa, la Voce, a propo-sito dell'allora “boss emergente Paolo diLauro”, che “ha deciso di metter su casaa Tolmino, in Slovenia, ad un passo dal

confine italiano e in posizione ideale percontrollare i traffici verso la Croazia el'Ungheria. Ma pare proprio che gli inte-ressi di Di Lauro, detto Ciruzzo 'o milio-nario, si spingano molto più lontano, finonel cuore dell'ex Unione Sovietica, senzatralasciare una puntatina in Romania e inBulgaria, dove pare sia interessato soprat-tutto ad alberghi e investimenti immobi-liari”. E ancora: “Fabbricati, terreni, ne-gozi, esercizi commerciali d'ogni tipo, so-prattutto abbigliamento e ristorazione, in-somma è una vera pioggia di miliardi chesta invadendo anche la repubblica Ceca.Tra i più attivi? Proprio le truppe da sbar-co di Secondigliano: ovvero quelli di ieri(Licciardi-Contini) e di Oggi (Ciruzzo 'omilionario). I Lo Russo, dal canto loro, siconsolano con l'ex Ddr e, per restare a ca-sa nostra, con gli scintillanti locali dellacosta romagnola. Cin cin”. E per anni,vent'anni, hanno continuano a brindare,e naturalmente a espandere confini & bu-siness, i clan. Indisturbati. Ottimo e ab-bondante export made in Italy!

Ma per non tornare sempre a bomba,all'ormai consueta Alta velocità semprepiù a ritmo casertano (inchiesta di ottobre'95: “Tav - Le mani della camorra - I Ca-salesi son già tornati”), ai misteri del casoSiani), oppure, per distrarsi un po', allamani della camorra sul tifo ultrà e sugliaffari pallonari all'ombra del Vesuvio, ec-coci ad una delle cover più riuscite (e suicui temi torneremo di nuovo), quella del-le tre M, ossia Mafia, Medici, Massoni,giocata lungo l'asse Sicilia-Calabria-Cam-pania. Ecco la sintesi: “E' finito sul tavolodel pm Nello Rossi lo stralcio dell'inchie-sta aperta a Palmi sulla connection framassoneria, camici bianchi e malavita or-ganizzata. Un documento esplosivo nelquale risulta indagato il gotha dei radio-logi partenopei. Ma da Palermo partonoaltre indagini al calor bianco che vedonocoinvolti maghi del bisturi. E arrivano fi-no a Napoli, dove l'affaire comodati d'usostarebbe per sollevare il coperchio su altrecolossali truffe avvenute all'ombra dei po-teri occulti”. Ma si sa, le nebbie romanehanno storicamente velato e poi magica-mente fatto sparire le inchieste più roven-ti: e così è successoanche quella volta, unflop di cui nessuno hapiù memoria.

Caste e miliardi -lo sapevamo ieri, losappiamo ancor me-glio oggi - valgonomille volte più di unasciocca inchiestucola...

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noi eravamo così

E’ un'Italia malata, in modo for-se irreversibile (già allora) quellache balza agli occhi in quel '96,con una giustizia di casa nostrache, con due incredibili sentenze,dà il classico colpo di spugna: as-solta la P2. Niente cospirazioni,tutti viole mammole.ANDREA CINQUEGRANI

2014, scoppia il bubbone Università,divampano le polemiche sul nume-ro chiuso. Dopo anni di torpore, il

movimento degli studenti rialza la testa,fa sentire la sua voce, urla il suo diritto -spesso e volentieri calpestato e negato -allo studio. Cominciano a fioccare i ricor-si al Tar perchè vengano annullati i quiz-truffa per l'ammissione, ben presto la goc-cia diventa un mare, si registrano le pri-me vittorie sul fronte giudiziario. Il muroè rotto, il “sistema” marcio di ingressouniversitario messo pesantemente in di-scussione, tanto che lo stesso ministroGiannini fa marcia indietro, perchè “bi-sogna rivedere tutto”. Come tutto è da ri-vedere sul fronte delle carriere accademi-che, sempre legate alle amicizie, alle ba-ronie, alle consorterie, alle mafie univer-sitarie. Esce il libro “Cepus Dei”, coautoreuno degli avvocati di punta del movi-mento degli studenti, Michele Bonetti: al-la sbarra - come sottolinea FerdinandoImposimato nella prefazione - “il degradodell'Università a scapito di centinaia dimigliaia di studenti e delle loro famiglie,oltre che delle istituzioni politiche e am-ministrative della scuola, che traggono laloro linfa vitale dalle varie università pub-bliche e private, sempre più in preda alfenomeno della desertificazione”.

Alle baronie, alle mafie universitarieha dedicato non poco spazio la Voce nelcorso degli anni. Molto forte l'inchiestadi aprile '96, titolo “Corsi e ricorsi storici”.“Un esercito di aspiranti - scrivevamo -marcia verso l'Eldorado dei quasi quat-tromila posti che saranno assegnati conl'ultima contestatissima tornata di con-

corsi, bandita secondo le vecchie logiche,come se il capitolo di universitopoli nonfosse stato mai aperto”. A Roma parteuna grossa inchiesta, nel mirino una tren-tina di concorsi, rinviati a giudizio unadozzina di docenti, un centinaio iscrittinel registro degli indagati. Successo qual-cosa? Niente, tutto più baronale di prima.Anche a Napoli fioccano le denunce, al-cuni docenti (di valore e penalizzati) por-tano le carte in procura. Al calor biancoil j'accuse del primario di cardiologia pe-diatrica Carlo Vosa: “nel giugno '94 primaancora che fossero chiusi i verbali dellaprocedura concorsuale presentai una de-nuncia alla polizia in cui ne annunciavoi vincitori, mettendoli in diretta relazioneagli esaminatori che li avevano sponso-rizzati. Alcuni candidati avevano allespalle solo un'attività didattica non uffi-ciale ma integrativa e una modesta pro-duzione scientifica, fatta soprattutto dicomunicazioni a congressi, tutta però ri-gorosamente scritta a quattro mani con irispettivi commissari di riferimento”. Unpo' come - nel mondo dei lavori pubblici- succede per le portappalti, le impresedi partito e i politici di riferimento. In-tanto, sempre a Napoli, sono in fase dicompletamento i lavori per ultimareun'altra opera “eterna”, il polo universi-

tario di Monte Sant'Angelo, a un tiro dischioppo dallo stadio San Paolo, forte-mente sponsorizzato, fin dalla sua nascita,fine anni '70, dal rampante Psi dell'epoca,personificato dal (poi) vicesegretario delgarofano (e al tempo assessore per l'urba-nistica a palazzo San Giacomo), Giulio DiDonato. E nel '96 la Voce scopre che nelfresco polo c'è anche un invitato speciale:l'amianto, di cui oggi tanto si parla, alloraallegramente utilizzato nei lavori pubblici(e molto nel settore ferroviario, vedi il ca-so Isochimica, ora di nuovo alla ribalta)senza che nessuno alzasse un dito. Era lastessa università, comunque, ad avvertire,con un'insegna che faceva capolino da-vanti ai servizi igienici dell'aulario A:“presenza di materiali contenenti amiantoin matrice compatta. Rischio potenzialesolo in caso di manomissione. Non ma-nomettere”. Succinto e didascalico.

Docenti universitari sempre in poleposition su un altro fronte bollente alquale la Voce dedica ampio spazio neinumeri di giugno e luglio. Così, nel re-portage “Buco vero”, una breve sintesidei fatti: “si profila all'orizzonte un bub-bone da migliaia di miliardi. I nodi delterremoto venuti oggi al pettine con arbi-trati a tanti zeri”. Poi, il mese seguente,“L'arbitro non fa il monaco” e queste no-vità: “lo stato paga sempre due volte, ilresto è mancia. Ad accrescere la voraginedel debito pubblico arriva oggi il salatis-simo conto degli arbitrati, liti giudiziarie

Story

La copertina di maggio ‘96 e, in apertura,

quella di dicembre ‘96.

1996

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VOCE STORY - 1996tra imprese ed enti pubblici decise inquesti giorni a suon di miliardi. Con par-celle da capogiro. Ecco chi sono a Napolie in Campania i signori delle controversiea nove zeri”. E pubblicavamo un lungoelenco di opere, importi, concessionarie, soprattutto, arbitri, i baciati dalla deabendata. Un centinaio di professionistidella parcella, spesso papaveri univer-sitari: per alcuni di loro si trattava di unautentico bingo, una superlotteria quan-do riuscivano a totalizzare più incarichi(in due-tre casi addirittura una dozzina).

E' un anno di vacche grasse ancheper le tante imprese foraggiate con i fon-di regionali, allegri più che mai allora enon meno allegri oggi, con una crisi chemorde e uccide tante piccole impresema non sfiora neanche amici e amicidegli amici, secondo il copione della Re-gione formato Caldoro, che ora vuol ge-stire anche i mega fondi delle bonificheper la terra dei fuochi (dopo il crac delcarrozzone regionale Astir, impegnatoproprio nelle bonifiche, e i crac nei con-ti di sanità e trasporti, altri segmentistrategici).

Ai vagoni di miliardi pubblici, so-prattutto quelli comunitari, e a tanteparolette magiche per aprire dorati scri-gni (Feoga, Fesr, Pop, Pat e via cantan-do) - il tutto regolarmente gestito viaRegione - la Voce ha dedicato svariatiarticoli, a partire da “Cca' nisciuno èFesr”, oppure “Pop corn”. “Discrezio-naità e fastidio per le fatiche consiliari- così scrivevamo a gennaio '96 - richia-mo alla velocità di spesa come alibi perogni forzatura, ritorno alle grandi ope-re”, ecco i primi comandamenti secon-do il verbo di Santa Lucia, sede storicadella Regione Campania. Dove nonpossono perdere d'occhio un altro piat-to da novanta, quello di Bagnoli, anco-ra oggi alle prese con una bonifica fan-tasma, mai nata, ma capace di inghiot-tire montagne di euro, ennesima beffadopo la perdita di migliaia di posti dilavoro, gli storici caschi gialli. E allora,nel '96, era bagarre per l'acquisto deisuoli, con i mattonari partenopei prontia cogliere l'affare, il colosso Cementirdella famiglia Caltagirone (tra l'altroproprietari del Mattino, oltre che delMessaggero) in rampa di lancio, e unacamorra che non può certo far mancarela sua ormai consolidata presenza al ta-volo delle trattative che contano.

“Vendo Bagnoli”, titolavamo la coverdi febbraio '96. “Una follia da 2 milionie centomila metri cubi di cemento - si

proseguiva - indici di densità troppoelevati, sono in arrivo le nuove manisulla città”. Storie degne del capolavorodi Franco Rosi, scomparso pochi giornifa. Storie che tornano, ciclicamente.

E vacche grasse - per completare ilgiro - in carne e ossa, stavolta, autenti-che, in occasione della paura per l'epi-demia di Bse, ovvero Mucca pazza.Fantasmi evocati spesso e volentieri adarte, caso mai per vender meglio mira-colosi (e miliardari, per le case farma-ceutiche) vaccini. Ma stavolta era l'oc-casione buona per fare una bella rico-gnizione sui traffici di bovini, sui ma-celli regolarmente in odore di clan, suallegri import in barba ai già flebili con-trolli: di tutto e di più in un settoreagroalimentare in preda alle speculazio-ni, agli affarismi, alla faccia della salutedei cittadini-consumatori. In quella co-ver story, “Porca vacca”, ricostruivamoanche il crac Federconsorzi, uno dei bu-chi neri più incredibili nella storia eco-nomica e politica del nostro Paese (unavoragine da migliaia di miliardi di lire,mezza dc d'allora coinvolta, gli altri aosservare l'assalto alla diligenza). Storiedi un'Italia malata: allora (immaginaria)di Bse, oggi (autentica) di Bce, con unDraghi al timone fino alle soglie del2020, come ha annunciato “rinuncian-do” alla candidatura per il Colle.

Ed è un'Italia malata, in modo forseirreversibile (già allora) quella che balzaagli occhi in quel '96, con una giustiziadi casa nostra che, con due incredibilisentenze, dà il classico colpo di spugna:assolta la P2. Niente cospirazioni, nes-sun attentato alle istituzioni, tutti violemammole. “Lo ha deciso la Corte d'As-sise di Roma - ricostruisce la Voce amaggio '96 - confermando la sentenzadi primo grado che assolveva Licio Gellie una serie di affiliati da una sfilza dipesantissimi addebiti. Dopo che il pro-curatore generale Giorgio Santacroce hadato disco verde (“la storia del nostroPaese non passa solo attraverso la P2”,aveva sottolineato), dal presidente dellaseconda sezione della corte d'assise,Vincenzo Frunzio, è arrivata la confer-ma, con la richiesta di assoluzione pernon aver commesso il fatto”.

Decidiamo di intervistare il Venera-bile in persona, prendiamo contatti, an-diamo ad Arezzo, il cancello di VillaWanda si apre, ci accoglie un pappagal-lo che, a quanto pare, ce l'ha con il ca-po dello stato Oscar Luigi Scalfaro (af-fibbiandogli un epiteto non proprio af-

fettuoso). Dall'intervista, che pubblichia-mo, insieme ad un ricco corredo fotogra-fico, escono fuori non poche notazionisui politici di casa nostra e, soprattutto,emerge una palpabile soddisfazione, ol-tre che per la fresca sentenza (“mi è statofinalmente restituito quanto mi si dove-va, ma senza interessi”, commenta, ag-giungendo subito: “ma pagheranno orai giudici per quindici anni di indagini eprocessi inutili?”), anche per l'attuale sta-to delle cose. Ad esempio, gli chiediamose ritiene che il suo famoso “Piano di Ri-nascita” sia stato attuato. Così risponde:“Nella sua gran parte sì. Manca solo larepubblica presidenziale. E pensare chequando ne parlavo io quasi mi davanol'ergastolo”. E poi, “chi ha contribuito inmisura maggiore alla sua realizzazione?”;risposta: “Un po' tutti, devo esser since-ro. Certo, Berlusconi più degli altri”. Ma,si sa, non è mai troppo tardi. E chissàche prima o poi dal magico cilindro delfiorentino Matteo Renzi non possa uscireun bel coniglio che si chiama elezionediretta del capo dello Stato. Miracoli delNazareno?

E ad alcune vecchie conoscenze delVenerabile, il divo Giulio Andreotti e l'expicconatore Francesco Cossiga, è dedi-cata la copertina di dicembre '95, il bottodi fine anno, ossia le esplosive rivelazio-ni di Alma Manuela Tirone, che parten-do dal giallo del testamento di RenatoGuttuso, si dipanano lunga una fitta se-rie di affari & misteri. Ecco il sommariodi quella cover dal titolo “J'accuse!”.“Storie di traffici internazionali dall'exUnione Sovietica all'Italia, passando at-traverso paradisi elvetici e atterrandomagari nell'assolata Bagheria. Quando il'Gobbo' giocava la sera a poker con Gut-tuso e la mattina dopo s'incontrava conl'amico Gelli. E ancora Mino Pecorelli,frequentatore del Venerabile. E le coper-ture del 'porto delle nebbie' su un'ereditàda centinaia di miliardi, con un giudicedi tutto l'affaire, Filippo Verde, oggi in-quisito per rapporti con mafia-massone-ria-banda della Magliana. Sullo sfondola presenza intrigante di belle donne inaffari. A cominciare da lei, Marta Mar-zotto, che periodicamente minaccia difar riaprire il caso dell'eredità contesa. Epoi, dulcis in fundo, Rosanna Lamber-tucci, anchor woman del cuore di 'ziGiulio. Entriamo nel fiume in piena diAlma Manuela Tirone”. Che dopo qual-che anno muore in circostanze del tuttomisteriose: un'altra storia, un altro gialloin questa Italia dei misteri.

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noi eravamo così

Gennaio '97, gennaio 2014, passatauna vita, poco cambia sulla scenapolitica. Sentivi ieri il lider MaximoD'Alema, odi ora il premier MatteoRenzi, cambiano le virgole, la so-stanza resta. Per la serie, il prodottoè sempre lo stesso, lorsignori daun parte, i cittadini dall'altra.ANDREA CINQUEGRANI

Dagli accordi a base di crostata aitweet. Dalla Bicamerale ai patti delNazareno. Gennaio '97, gennaio

2014, passata una vita, poco cambia sullascena politica. Sentivi ieri il lider MaximoD'Alema, odi ora il rottamatore premierMatteo Renzi, cambiano le virgole, la so-stanza resta. “Tra noi e Forza Italia nonci sono poi tante differenze, siamo dueformazioni politiche confinanti, tra cui èil caso di stabilire confronti dialettici, si-nergie operative”. Chi avrà mai pronun-ciato queste parole? Si accettano scom-messe. Beh, vince chi punta su baffino,perchè sono le sue precise parole in pie-no clima di Bicamerale, e riportate nel-l'editoriale della Voce di gennaio '97. Manon sono pari pari il Renzi pensiero dioggi, a un passo dall'elezione per il Colle,in pieno feeling Nazareno? Quindi, am-mettiamolo, merita un premio anche chile attribuisce all'attuale premier: per la se-rie, come li giri, come li volti, il prodottoè sempre lo stesso, lorsignori da un parte,i cittadini dall'altra. E poi a stupirsi del-l'astensionismo bulgaro e del successod'un Grillo!

Incredibile, quel '97, sembra di per-correre pagine d'oggi anche sugli itineraridella giustizia, di Mani pulite e - tantoper non farci mancare niente - di sfascieconomici. Per un guardasigilli Orlandoche prepara oggi pacchetti giustizia, allorascendeva in campo Giovanni Maria Flickche, dalle nevi di Courmayeur (dove que-st'anno ha sciato - corsi e ricorsi - scoutMatteo col seguito di mamma Rai), an-nunciava la fine della stagione di Manipulite, la tanto agognata uscita da Tan-

gentopoli (sic!), “con il conseguente discoverde alla Bicamerale - scriveva la Voce- l'accordo sulle tivvù, l'abbraccio nuzialeBerlusconi-D'Alema”. “Un colpo di spu-gna sul passato, anzi un'autorizzazione adelinquere per sempre, senza incorrerein conseguenze penali. Si potrà peculare,concutere, estorcere, corrompere, riciclaredenaro sporco, trafficare droga, potendofar ricorso a queste immorali provvidenzenel caso in cui si dovesse essere scoper-ti”. Altro piccolo concorso a premi: dichi saranno state mai quelle parole inperfetto stile Grillo? Di quale bolscevico?A parlare era l'avvocato di Berlusconi,Carlo Taormina. “Bisogna snellire i pro-cessi - chiedeva Flick - evitare che i reaticadano in prescrizione, far entrare un po'di soldi nelle casse dello Stato”. E viacon i patteggiamenti concordati e tutti iriti alternativi buoni per chi ha soldi, pes-simi per chi non li ha e vuole solo giu-stizia. “Si sta andando verso un sistemadove i processi diventano un optional eil mercato della giustizia una prassi”, am-moniva, nel '97, il segretario di Magistra-tura democratica, Vittorio Borraccetti. Ecosa è successo dopo? Il diluvio. Conuna giustizia che oggi si vuol “deflazio-nare” a botte di spese legali crescenti, abotte di arbitrati o mediazioni che costa-no un occhio. Così scriveva la Voce a

febbraio '97, sul dopo Mani pulite: “Ilquadro è perfetto. Dopo cinque anni di'libertà dai partiti', la magistratura sta tor-nando rapidamente a guardia del Palazzo,dei Palazzi, scodinzolando”. E non fa al-trettanto oggi?

La cover d'apertura di quell'anno nonpoteva che essere dedicata al crac giusti-zia. Partendo da un'intervista choc, quellaa Walter Armanini: “l'uomo che sta pa-gando per tangentopoli vuota il sacco”,titolava la Voce, con un Antonio Di Pietroe un Gherardo Colombo tirati in ballo peri metodi investigativi non proprio anglo-sassoni. E per qualche “dimenticanza”nelle indagini: perchè, si chiedeva Arma-nini, tutti addosso a me e nessuno a darla caccia a un Troielli, l'uomo delle cassecraxiane libero come un fringuello? “Per-chè se parla uno come Troielli altro cheTangentopoli 2”, dichiarava. Uno che, co-me abbiamo già visto, di affari se ne in-tendeva: spesso in combutta con il suo“gemello” meridionale, Vincenzo MariaGreco, l'uomo ombra di Paolo Cirino Po-micino. E in quel numero della Voce,gennaio '97, un altro servizio riguardaval'amico-nemico di 'O ministro, il dc Vin-cenzo Scotti, alle prese con le foto bol-lenti in quel di Castelsandra, l'albergo deiclan nel verde Cilento...

Da un crac all'altro, eccoci ai soldiche volano via, a un mare di risparmia-tori fregati, senza che alcun controllo (ov-viamente preventivo) sia stato mai messo

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La copertina di gennaio ‘97 e, in apertura,

quella di maggio ‘97.

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VOCE STORY - 1997in campo. Non è la prima volta che suc-cede a Napoli, abbiamo già visto i cracdella banca Fabbrocini (area Gava) e delCredito Campano targato Ninì Grappone(area clan Zaza); o il flop del gruppo So-cofimm che regalava interessi stratosfericisotto gli occhi benevoli di mamma Con-sob e le fanfare del Mattino. Ora è la voltadi un altro gruppo privato, quello DeAsmundis, che a bordo di una Sim - mol-to di moda, a quell'epoca - raccolse mi-liardi a palate tra i risparmiatori parteno-pei e non solo, anche stavolta senza chefoglia si muovesse, che alcun controllo siallertasse. Anzi. Così sintetizzavamo:“Prendi i soldi e scappa, si diceva unavolta. Oggi basta prendere i soldi, non c'ènemmeno bisogno di scappare. Sembraquesta l'amara sintesi del clamoroso cracDe Asmundis, la premiata ditta tutta bu-siness & alta finanza che ora saluta il maredi piccoli risparmiatori e grossi investitori,tutti truffati per centinaia di miliardi. Unaband che magari ha ripreso a lavorare al-l'ombra della Madunina...”. Non lasciavaspazio a dubbi il titolo della cover, “Losbanco dei mille”, e per anni seguirà unpenoso iter giudiziario, una marea di cit-tadini che perdono tutti, non pochi papa-veri che al contrario riescono a recuperareil malloppo. Nel mezzo, procedure falli-mentari che si perdono tra le solite nebbieperchè - come la Voce ha documentato insvariati servizi - proprio sulle sfortuneaziendali e personali cominciano a vol-teggiare i corvi, che nel caso di Napoli tro-vano un preciso referente nei clan, ben in-teressati - sulla scorta delle loro ingenti li-quidità - a far un sol boccone di imprese'pulite'. Tanto per riciclare meglio.

Clan che drizzano bene le antenne an-che sui business della salute, come già vi-sto. E caso mai intrecciano grossi affari suchi sta male, sta morendo, e poi muore.Così capita, per cominciare dalla fine, cheti organizzano loculi e funerali (il pizzodei cimiteri, sul trasporto), che provvedo-no ai servizi ambulanze, che ti curano(sic) nel centro convenzionato perchè ilpubblico non funziona, non ha le appa-recchiature (una volta), oppure ci sono li-ste d'attesa chilometriche (ora). E' di aprile'97 l'inchiesta “I manager della metastasi”,una tragica carrellata su cifre, appalti, so-cietà, convenzioni, miliardi, costi medi,confronti con le altre regioni. Così l'incipitdel pezzo: “Cinquanta miliardi. E' la stra-tosferica cifra che gli abitanti della Cam-pania spendono ogni anno a beneficio deicentri privati per la sola radioterapia. E ilgiro d'affari s'impenna se sommato al co-

sto delle altre indagini (tac, risonanze ma-gnetiche, biopsie e affini), che molto spes-so occorre pagare di tasca propria, vistele chilometriche liste d'attesa dei presidipubblici. 100, 200, 500: un turbinare dimiliardi giocato sulla pelle della gallinadalle uova d'oro di fine millennio, l'am-malato di cancro”. E caso mai, nel 2014,vieni a sapere da un illuminato ministroLorenzin che dipende dagli “stili di vita”;poi, per qualche cervellone a caccia diNobel, è tutto colpa del caso, del fato ci-nico e baro! Ma torniamo a quei manager,a quei business: la Voce racconta la storiadel centro Aktis, di Marano, baciato dallafortuna. Perchè riesce a effettuare una va-langa di Tac e risonanze negli anni in cuiil più grande ospedale del Mezzogiorno,il Cardarelli, non ha ancora le apparec-chiature idonee... Ai confini della realtà.Il centro fa capo a Gianfranco Scoppa, ra-diologo con il pallino per la politica e unapassione per Alleanza Nazionale. Tra lefortune di casa Scoppa, anche un matri-monio: quello di un rampollo di famigliache sposa una Nuvoletta (il potente clanlegato alla Cupola siciliana). E un fratello,Maurizio Scoppa, per anni generale in ca-po dei Carabinieri per la Campania. E co-sa farà mai, il generale Scoppa congedatodi fresco dall'arma? Ma diventerà com-missario straordinario all'Asl 1 di Napoli,l'azienda sanitaria più grande di tutto ilsud (nel cui bacino, ovviamente, ricade ilCardarelli). Il cerchio magico.

E un altro cerchio perfetto si chiudecon gli affari esteri della camorra. Aveva-mo terminato con i brindisi di fine '96 fe-steggiando i business tra le cuccagne del-l'est post muro di Berlino, ed ecco cheora, maggio '97, ci ritroviamo sull'altrasponda dell'Adriatico, in Albania, per ve-dere cosa stanno combinando i Casalesi.Sì, loro, ben prima di Gomorra, molti an-ni prima degli altri botti giudiziari per as-sestare decisi colpi al clan, che nel frat-tempo ha potuto agire tranquillo e indi-sturbato. Per macinare miliardi, per rici-clare montagne di danari. Titolo della co-ver, “Il clan degli albanesi”, con un som-mario del genere: “Droga in cambio disoldi sporchi. Traffico di armi. Ingenti ca-pitali che percorrono in lungo e in largol'Adriatico. Su tutto, l'ombra dei clan, inprima fila lungo l'asse Terra di Lavoro-Al-bania, con Aversa che diventa magica-mente ombelico del mondo. Ecco l'incre-dibile vicenda delle finanziarie finite incrac con un esclusivo ritratto dei gran re-gisti aversani di tutta l'operazione. E unforte odore di 416 bis”. Nell'inchiesta fan-

no capolino nomi di immacolati profes-sionisti - architetti, commercialisti - di po-litici locali e regionali, di affari (spiccanoi business sulle truffe Aima orchestrate daclan & politici), e tutto confermato dalleconvergenti verbalizzazioni di svariati col-laboratori di giustizia che - agli albori delleoperazioni Spartacus 1 e, ancor più, Spar-tacus 2 - forniranno una serie di corrobo-ranti prove per ricostruire la spaventosarete di affari & collusioni. Sullo sfondo, al-tri mega affari, a partire dalla cittadella perla Us Navy in fase di decollo a Gricignano,ossia in piena terra di Gomorra.

E proprio alla “Navy d'oro” la Voce de-dica un ampio reportage, cui faranno se-guito altri servizi nel corso dell'anno. Unaffare da mille e una notte, gestito da unastorica famiglia casertana, quella dei Cop-pola da Pinetamare. Un nome, una dina-sty, una storia. Che forse qualcuno ricordaper il rapimento di un rampollo di fami-glia; oppure per il villaggio monstre di Pi-netamare, enormi palazzoni fuorilegge,senza lo straccio di un'autorizzazione, unoStato assente, poi complice, un risanamen-to affidato a chi aveva massacrato l'am-biente. Storie di ordinario Belpaese. Ungiorno ci contatta Corrado Augias, vuol ca-pirci qualcosa, per il suo telefono Giallo,sui misteri della cittadella Us Navy di Gri-cignano: la Voce ne ha scritto, documen-tando un fitto carteggio tra i Coppola e al-cuni papaveri dell'establishment a stelle estrisce, sotto il vigile, amichevole sguardodell'ambasciatore Usa in Italia, Tom Fo-glietta. Forse è incuriosito, Augias, dalledue anime di famiglia, un Vincenzo “con-servatore” e un Cristofaro “progressista”,ma entrambi storicamente dc. “CompagnoCorrado”, è il saluto di quest'ultimo, da-vanti a uno sbigottito Augias. E sbigotti-ranno in molti quando, anni dopo, vedran-no una Coppola, Cristina, fianco a fiancocon lady Confindustria Emma Marcegaglia.“Famiglia Cristiana”, sarà il titolo dell'in-chiesta dedicata alla presidente nazionaledei giovani industriali. “Mirabella e la be-stia”, un altro titolo, stavolta alle prese conuna giungla di società, appalti e misteriche costellano il percorso della nuova co-razzata di famiglia: che negli ultimi tempi- 2014 - finirà sotto i riflettori degli inqui-renti per una brutta storia di fidi facili damilionate di euro. Tanti anni prima, pro-prio in quelle aree casertane, era successala stessa cosa, vagoni di miliardi nelle cas-se di imprese “amiche”, come quelle delcavalier Maggiò nell'era di FerdinandoVentriglia vicerè del Banco di Napoli. Cor-si e ricorsi.

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noi eravamo così

Emblematica la copertina di mag-gio '98 che traeva spunto non soloda quel clima di fine impero, maanche dalla fresca tragedia di Sar-no, la collina che fa una strage diinnocenti, mentre gli sciacalli chedall'Irpinia volano a Sarno, poiverso l'Aquila, sono sempre lì...ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno in cui parte a Napoli, su ini-ziativa della Voce, il telefono antica-morra. Ecco come e perchè nasce.

Tutto prende spunto, strano ma vero, daun paese dove non c'è mafia, non esisteil reato di 416 bis, come l'Inghilterra (pe-raltro l'assalto dei clan è già partito in di-rezione Scozia, tanto che i La Torre diMondragone - come denuncia il sociologoAmato Lamberti - riciclano a mani basse,per fare un esempio, in quel di Aberde-en). A Londra esiste un alto tasso di cri-minalità comune, e per questo hanno pen-sato bene di adottare alcune efficaci azionidi contrasto. A parlarcene è Percy Allum,il politologo inglese ormai quasi napole-tanizzato, autore di un testo cardine sullaDc (“Potere e società a Napoli nel dopo-guerra”) e in particolare sui Gava, emble-ma anni '60 di quella politica. Allum col-labora alla Voce da alcuni anni, scrive an-che di camorra, e altrettanto farà la figlia“Felia”, oggi docente all’università di Bathma spesso in Italia per affrontare temi abase di mafie & camorre (sarà a Napoli inoccasione delle giornate antimafia 2015organizzate dall'Istituto per gli studi filo-sofici e diretto dal procuratore nazionaleantimafia Franco Roberti). Ci racconta diaver visto a Londra molti manifesti per lestrade, nei locali pubblici, dove campeggiaun numero di telefono: si tratta di un'ini-ziativa - spiega - promossa da un gruppo,Crimestoppers, commercianti, piccoli im-prenditori, professionisti che hanno decisodi investire qualcosa per promuovere untelefono attivo presso Scotland Yard, ingrado di raccogliere denunce dei cittadinisu episodi di violenze, minacce, intimi-dazioni, e il tutto nel più perfetto anoni-

mato. L'iniziativa è in vita da ormai unadecina d'anni, funziona, ma il segreto - cifa capire - è in una capillare azione dipropaganda, per far conoscere e “ricorda-re” ai cittadini quel numero, quella pos-sibilità di denunciare nomi e fatti restan-do del tutto anonimi, potendo evitarequalsiasi tipo di esposizione e quindiogni azione ritorsiva. Ci pare subitoun'idea innovativa, efficace, da poter tra-durre nella nostra realtà ben più devasta-ta, soprattutto in una città come Napoli,massacrata dal racket e da violenze d'ognisorta. Anche Allum è d'accordo, e rite-niamo insieme che la chiave sia propriol'anonimato: proprio per superare muridi diffidenza, per sconfiggere quella coltredi omertà (5519999 - Linea antiomertà èil titolo della cover di marzo '98) che sto-ricamente accompagna la figura di chi de-nuncia, di chi trova il coraggio di far no-mi e cognomi dei suoi estorsori. Del resto,a Napoli (e non solo) le cronache deglianni seguenti insegneranno non poco sulvariegato universo antiracket, popolatospesso e volentieri da comode onlus overgini sigle del volontariato solidaristico:dietro alle quali - lo confermano recentis-sime inchieste - spesso si nascondono glistessi aguzzini, i quali non trovano stru-mento migliore per farsi una reputazione“antimafiosa”, caso mai godere di fondipubblici, e ricevere - proprio loro - le de-

nunce di chi vorrebbe pulizia e invece fi-nisce nella tana del lupo.

A inizio '98, quindi, prendiamo con-tatti con la questura di Napoli perchè ven-ga allestito un punto di ascolto, contattia-mo un'agenzia di pubblicità, per organiz-zare un minimo di campagna pubblicita-ria (e Brain Storm realizzerà i materiali inperfetto volontariato, cioè gratis); il comu-ne di Napoli, dal canto sui, assicura unamini affissione. Voilà, il telefono decolla,con mezzi pressochè zero, ma tanta vogliadi dar vita a qualcosa di utile, e non i so-liti bla bla. Che succederà nei mesi se-guenti? Presto detto. Lo strumento va, fun-zione, si ricevono parecchie telefonate algiorno, in un anno verranno messe a se-gno - partendo dalle segnalazioni - diverseoperazioni antiraket soprattutto nel centrostorico e nella zona del Vomero. Poi, però,tutto evapora. Ricordate la premessa, ossiauna forte campagna pubblicitaria per farconoscere il numero antiomertà ai citta-dini? Bene. Tutti i media napoletani alli-neati e coperti per non dar notizia; pernon inserire quel numero tra i servizi pub-blici. Il perchè? Perchè avevamo promossonoi l'iniziativa. Abbiamo detto e scritto:dimenticate la Voce, noi non ci siamo, da-te spazio solo al 5519999, fatelo conosce-re, uno spazietto tra i numeri utili, comele farmacie di turno. Niente. Il silenzio piùcompleto. Del resto, lo slogan di BrainStorm (vedi locandina alla pagina seguen-te) così recitava: “Il silenzio è di piombo”.Proprio così.

Story

La copertina di maggio ‘98 e, in apertura,

quella di marzo ‘98.

1998

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VOCE STORY - 1998Anche il '98, come l'anno precedente,

nasce sotto neri auspici: una Bicameraleche s'avvia verso le secche dell'inciucio,una giustizia sempre più agonizzante, unastagione di Mani pulite destinata a un tri-ste epilogo. Così commentavamo nell'edi-toriale di febbraio. “Tangentopoli è tuttalì, tutta ancora da scrivere, con affaristidel calibro d'un Pacini Battaglia piena-mente in grado di tessere le loro trame,con un Pomicino - grande amico e sodaledi Necci - che impartisce lezioni per il ri-sanamento pubblico e pontifica: rifiutereil'amnistia perchè non ho mai rubato perme, con un De Lorenzo della serie 'conla mia forza di volontà ho sconfitto il can-cro'. E Tangentopoli sta per essere defini-tivamente archiviata da una Bicameraleche neanche la versione più becera dellaprima repubblica avrebbe mai osato par-torire. E del maltolto? Guai ormai a par-larne. Di rogatorie internazionali? Peggioche andar di notte. Suvvia, una bella am-nistia, un bel colpo di spugna, una Bica-merale salvatutti, e cin cin”. Passano maridi anni e stagioni e, 15 gennaio 2015, ec-co spuntare per le antenne di La 7, salot-tino di Myrta Merlino, la 'crapina lucente'- come scriveva la penna di Giorgio Boc-ca - di 'O ministro Pomicino: a disegnareil profilo etico-politico del nuovo capodello stato, a mettere in guardia sui rischidi un partito unico Renzi-Berlusconi, luivero baluardo della democrazia e garantedella Costituzione (ma come, il presiden-te-economista con la statura ad hoc peril Colle ce l'abbiamo in casa, 'O ministro,e ce lo lasciamo sfuggire?).

Ed emblematica la copertina di mag-gio '98, “La fine di Mani pulite... e la verastoria di mani nel fango”, che traeva spun-to non solo da quel clima di fine impero,ma anche dalla fresca tragedia di Sarno,la collina che significativamente viene giù,fa una strage di innocenti, mentre lorsi-gnori, i signori delle sciagure, gli sciacalliche dall'Irpinia volano a Sarno, poi versol'Aquila, sono sempre lì, tranquilli, a tuf-farsi nei loro dobloni come i paperoni denoantri, a fottersene della giustizia, chetanto non li sfiorerà nemmeno. Ecco cosascrivevamo in quelle ore di lutto. “E' unastrage di camorra. Una strage politica. Co-me macigni vengono al pettine nodi de-cennali di connivenze, corruttele, conti-guità delinquenziali e affaristiche. E' pro-prio il colletto bianco del clan Galasso,oggi sotto processo per 416 bis, MarcoCordasco a imbracciare riga e compassoper disegnare i canali del Sarno a iniziodegli anni ottanta. Segue a ruota VincenzoMaria Greco, l'alter ego di Pomicino in-quisito nell'85 per 416 bis e poi prosciolto

(tornato alla ribalta giudiziaria solo conTangentopoli), il quale segue con premurai destini degli impianti di depurazionelungo il Sarno”. Un Greco, ricordavamo,prima impegnato in un altro 'capolavoro',ossia il progetto per la 'sistemazione' (sic)dei regi Lagni, lavori per centinaia di mi-liardi finalizzati alla cementificazione edistruzione scientifica del territorio. “I col-pevoli - scriveva la Voce a maggio '98, po-chi giorni dalla tragedia di Sarno - hannonomi, cognomi, indirizzi, numeri di tele-fono, recapito fax. Per un magistrato nonc'è che l'imbarazzo della scelta. Mani pu-lite sta morendo”. E ancora, tanto per es-sere più chiari: “la montagna di fango ab-battutasi su centinaia di vittime innocentinon piove dal cielo. E' il risultato di de-cenni di corruzione, malapolitica, connec-tion malavitose, business miliardari chehanno ingrassato i bilanci della camorraspa. E tutto questo accede proprio mentrela stagione di mani pulite muore sotto icolpi di 323, 513 e un mare di prescrizio-ni”. Un mare che, negli anni a seguire, s'èfatto oceano, capace di sommergere lesperanze in qualche barlume di giustizia.E in tanti mari di fango, emblematico eletterale, sono state inghiottite fette delBelpaese, dalle Cinqueterre alla costieraamalfitana fino al Gargano. E ormai rego-lare il copione delle sciagure: chi rompenon paga, la fa franca; anzi caso mai tornain pista per i soccorsi, poi i nuovi proget-ti, le bonifiche e comunque il 'domani'.Per la serie: i professionisti delle catastrofi(le antimafie, del resto, hanno fatto pro-seliti).

Il filo rosso che ha contraddistinto laVoce, la denuncia degli affari malavitosiconiugati con la politica, gli appalti in-grassatutti, perciò non può che continua-re in quel '98, e trovando conferma pro-prio nella tragedia di Sarno. E così tor-niamo sugli eterni - ma estremamenteproficui proprio perchè eterni, e senzacontrolli su chi li effettua - lavori per laSalerno-Reggio Calabria, clan e 'ndrineschierate lotto per lotto a lucrare meglio,profitti alle stelle, rubinetti sempre apertidi fondi pubblici facili. E così con l'Altavelocità, tutti in pista per il grande busi-ness anni '90, 2000 e via incassando: ti-tolo dell'inchiesta di marzo '98 “Icla iovorrei che tu Sandokan e Zagaria” (assi-curato alle patrie galere solo qualche an-no fa, il secondo, dopo una agevole lati-tanza, e poi una cattura ad orologeria).Un'illuminante intervista a FerdinandoImposimato, titolo “Mazzetta infinita” eun significativo sommario (soprattutto aleggerlo oggi): “Imposimato fa il puntosulla corruzione che, a dispetto di tutte

le inchieste di tangentopoli, domina tut-tora la scena dei grandi appalti pubblici,soprattutto al Sud, dalla Tav agli interportialle opere del Giubileo. Con una malavitaorganizzata sempre in prima fila”. E oraabbiamo appena varato il supercommis-sariato affidato a Raffaele Cantone... Ma sisa, anche le migliori intenzioni possononaufragare sui primi scogli politici. E cosìsuccesse - lo descrive un pezzo della Vocea novembre '98 - a due magistrati in gam-ba, uno grande esperto di appalti, MarioCicala, l'altro di informatica, Renzo Lom-bardi, impegnati per dar trasparenza nellagiungla dei lavori pubblici e per questoarruolati dall'Antonio Di Pietro ministro.Ma fu un fuoco di paglia, una breve illu-sione. La loro azione - proprio perchè se-ria e innovativa - era indigesta alle lobbies,ai potentati, alle burocrazie, quindi ancheal Tonino-ministro. Non se ne fece nullae quella sempre attesa riforma finisce an-cora una volta in naftalina (a perderci sa-ranno al solito le casse dello stato, quindii cittadini-contribuenti).

Ma per distrarci un po' da codici &appalti, eccoci a storie di sanità & affari.E' la volta dei traffici genetici che prolife-rano all'ombra del Vesuvio, un mercatodelle uova d'oro (e infatti la Voce titola lasua cover di ottobre “La mammina dalleuova d'oro”), di ovuli ed embrioni che na-sce spesso e volentieri nelle ovattate stan-ze di primari disinvolti e professionisti acaccia di affari.

Dulcis in fundo, storie di Miss. Sì,perchè la Voce quell'anno - partendo dauna dettagliata denuncia di un impresario- portò alla luce un inedito scenario disoldi, favori e protezioni in occasione del-le tornate regionali per allestire la kermes-se di Miss Italia. Scoprendo che anche sta-volta non può mancare lo zampino dellacamorra: così come, solo dopo parecchianni, verranno alla luce tutte le connec-tion tra neomelodici e malavita organiz-zata. Ecco come esordiva la Voce nel suoreportage di luglio '98: “Miss Italia o missImbroglio? A pensarci bene, in fondo c'erada immaginarselo: il concorso che ognianno macina miliardi per assegnare la pal-ma di più belladella penisoladeve fare i conti,in Campania, coifenomeni di cor-ruzione e malaf-fare dilaganti nel-le principali atti-vità economichedella regione”.Mia cara miss,balla coi lupi

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noi eravamo così

Anno bollente di elezioni po-litiche, quel '99. Anno per laconsacrazione del nuovo in-quilino del Colle, nel dopoOscar Luigi Scalfaro. L'annoin cui il comunismo va insoffitta e Silvio Berlusconi inParadiso.ANDREA CINQUEGRANI

Faranno un deserto e lo chiamerannoIslam. Ci viene quasi la pelle d'oca,oggi, a leggere quel titolo di aprile '99,

dedicato allora al sangue fratricida versatoin Algeria. A quei governi fantoccio messisu e appoggiati dal nostro occidente -Francia in testa - alle tante stragi di inno-centi con la complicità di un'Europa ciecae ottusa. E arriveremo alle primavere ta-roccate arabe, a una Libia liberata (sic) daltiranno Gheddafi, per piombarla nel caospiù totale (anche stavolta, Servizi alla pa-rigina); e stesso copione con i despoti si-riani, le forze di liberazione locali che san-no tanto di mercenari a stelle e strisce. An-ni prima, il rovente '91, avevamo dedicatouna cover allo scoppio dell'altra guerra diliberazione, dall'ennesimo tiranno, il nu-mero uno, Saddam, fino al giorno primafinanziato dagli Usa, poi scaricato. “Basta'sta guerra”, il titolo, e pubblicammo quat-tro poesie inedite di Peppe Lanzetta,“Guerra Vattenne”, “Ferma 'sta guerra”,“Intifada”, “Je nun voglio murì”. Ecco ilfinale di Intifada: “Soffia 'stu viento ca' sa-pe 'e rivolta / soffia pe' chi nun ha tenutomai sciorta / se chiamma Intifada e nunsaccio perchè / ma è nu viento ca' soffiapure pe' te'...”. Ci mancano solo le note diPino Daniele...

E torneremo più avanti su altri misterid'oriente, dal giallo della liberazione delledue Simone, fino ai rapporti con Osamabin Laden. Delle due storie parla, in un'in-tervista da brividi, Carlo Taormina, che daparlamentare ha ricoperto il ruolo di pre-sidente della commissione stragi. Raccontò- e nessuno lo smentì mai - che per la li-bertà delle due Simone il nostro stato pagòsvariati milioni di euro. Incredibile, quindi,

lo stupore di oggi, per un possibile, piùche probabile pagamento del riscatto: leautorità smentirono allora, smentisce oraGentiloni, è il solito copione. Ma l'altrastoria era ben più incredibile. A Taorminal'aveva raccontata una sua cliente illustre,Loredana Bertè, all'epoca fidanzata con lastar mondiale del tennis Bjorn Borg. “Sia-mo stati a pranzo da George Bush - avevanarrato la Bertè - e a tavola c'era ancheun arabo dai modi gentili, un amico diBush. Si chiamava Osama bin Laden”. Ilfondatore di Al Qeida d'amore e d'accor-do con Bush senior, che d'altro canto nonpoteva dimenticare come Saddam Hus-sein fosse azionista nella società dell'ae-roporto di Los Angeles. Anche su questastoria, mai nessuna smentita. E ne conti-nua a raccontare, di storie ai confini dellarealtà, dure forse da digerire ma autenti-che, un Giulietto Chiesa, che a inizio gen-naio 2015 alla Gabbia di Paragone rico-struisce alcune sceneggiate Usa nei paesiarabi, e ricorda l'11 settembre, la scomodarealtà delle Torri gemelle e delle collusio-ni targate Cia.

E quella primavera '99 vede sangueinnocente scorrere a fiumi nelle terre sla-ve. Per mano Usa. “L'America è una na-zione fondata sui valori di conquista, ge-nocidio, massacri, violenza. Questa terraè intrisa di sangue”. E' il j'accuse di NoamChomsky. Così riepiloga una sequenza de-

gna di American Snipers l'editoriale dimaggio della Voce: “6 aprile, i missili Natomancano una caserma e colpiscono civiliabitazioni, dodici i morti. Un'altra dozzina- uccisi sempre per 'errore' - a Pristina il 7aprile. E' di cinque giorni più tardi la stra-ge di Grdelica, come bersaglio un trenozeppo di civili. E' poi la volta di 75 tradonne, vecchi e bambini, scambiati daicaccia a stelle e strisce per un plotone diserbi. 27 aprile, Surdulica: per una svistada 300-400 metri colpite dagli F15 alcunecase invece di una caserma. 2 maggio,morte sul bus a Nis. Giorni prima era statacolpita la tivvù di Belgrado. 'Non si puòstare a discutere e indignarsi per ogniobiettivo colpito'. Così D'Alema esprimeil suo cordoglio per le vittime”. E cosìcontinuava la Voce. “Grazie Nato. Grazieper i bombardamenti chirurgici in Iraq.Grazie per la strage del Cermis. Grazie perla centrale nucleare del Garigliano che c'ir-radia tutti i giorni. Grazie per il gasoliosversato a tonnellate nelle viscere di Ba-gnoli, dove c'è il tuo quartier generale.Grazie per l'operazione arcimiliardaria del-la Us Navy a Gricignano d'Aversa, oggi al-la ribalta per il maxi sequestro dispostodalla Dia. Grazie all'ambasciatore clinto-niano in Italia Tom Foglietta, grande ami-co della famiglia Coppola, sponsor d'ec-cezione, quando gestiva tutti i fondi Usaper le costruzioni militari, di quel busi-ness condito di camorra & massoneria”.

E a proposito di massoneria, dedichia-mo la cover di aprile proprio al fresco

Story

La copertina di giugno ‘99 e, in apertura,

quella di aprile ‘99.

1999

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VOCE STORY - 1999cambio al vertice di cappucci & grembiu-lini del Grande Oriente d'Italia, con l'av-vocato civilista di Ravenna Gustavo Raffinovello Gran Maestro, al posto dell'uscen-te Virgilio Gaito, napoletano, che diventeràuna sorta di 'ministro degli esteri', visto ilfresco viaggio, siamo nella primavera '99,nelle mitiche isole Hawaii e, con ogni pro-babilità, negli States. Così scriveva la Voce:“Dei collegamenti tra la massoneria no-strana e quella statunitense non s'è fattomai mistero. Soprattutto sulle pagine delpatinato magazine Massoneria Oggi, chepropone spesso immagini dei vertici traconfratelli dei due Paesi. Senza contare ilsolido radicamento all'ombra del Vesuviodella loggia Truman che riunisce i masso-ni in servizio presso la Nato di Bagnoli”.Arieccoci.

Anno bollente di elezioni politiche,quel '99. Anno per la consacrazione delnuovo inquilino del Colle, per il dopoScalfaro. L'anno in cui il comunismo vain soffitta e Berlusconi in Paradiso. Cosìparlava Veltroni: “Il comunismo è incon-ciliabile con la libertà”. Ammoniva lo sto-rico D'Alema: “La Dc va riabilitata. E an-che il Psi”. Non contento, il lider Maximoaggiungeva: “Forza Italia è un grande Par-tito Democratico”. Attenzione alle maiu-scole: e dopo qualche anno, andrà in scenalo 'scippo' fra amici, portabandiera Pd sa-ranno D'Alema, Veltroni & C. E sarà diqualche mese dopo la “dichiarazione”d'amore definitiva, la firma di due cuori -che oggi ritroviamo pigolanti nel caldo Na-zareno - che si sono sempre cercati. A ce-lebrare le nozze, nell'austera aula di Mon-tecitorio, l'ex toga rossa Violante che cosìconfessò davanti ad un'attonita platea:“Noi non ci siamo mai sognati di fare unalegge sul conflitto d'interessi. Con noi, anzi,le aziende di Berlusconi hanno visto au-mentare i loro fatturati”. Tutto miele congli amici diessini, il Cavaliere in quel finemillennio: tanto da farsi sfuggire: “Il pro-gramma di Prodi per l'Europa è il nostro”.E oggi? Caso mai voterebbe il professorebolognese per il Colle, o anche l'altro emi-liano doc Bersani, come si augura niente-meno che l'ex falco Giuliano Ferrara, oracolomba svolazzante sui lidi renziani.

Per la corsa al Quirinale, la Voce scris-se la cover di maggio, titolo”Gava o DeMita? Da Rosa Russo Iervolino a NicolaMancino. Uomini e storie nel passato po-litico dei due campani in pole positionper la successione a Scalfaro sul Colle piùalto”. Non ci arriveranno, ma andrannocomunque di gran carriera, i due. Senatoe Csm per il secondo, mentre la prima siaccontenterà della poltrona di primo cit-tadino a Napoli. Ma ecco cosa scriveva laVoce, qualche mese prima della sua ele-

zione a sindaco del capoluogo parteno-peo. Testuale: “16 ottobre. Il ministro Ier-volino, in pole position per la poltrona disindaco a Napoli, visita la città. La mala-vita?, le chiedono. 'Ha una certa vitalità -riflette - ma siamo al di sotto rispetto apaesi come la Svezia e la Francia. Napolinon è affatto malata. Per usare una meta-fora scherzosa, direi che non è il caso diun ricovero ai Pellegrini'. Al Cottolengoforse sì”. Purtroppo tra le sciagure di Na-poli c'è stato anche l'arrivo di un sinda-co-marziano che probabilmente non erain grado di distinguere una nuvola da untombino. Finendo di piombare la città nelbaratro più profondo, come la Voce do-cumenterà, anni più tardi - proprio per'celebrare' Rosetta Iervolino sindaco - pub-blicando il vibrante “Napoli nel sangue”scritto da Iacopo Fo, disegni e vignette diEleonora Albanese (il padre di Eleonora,signore d'altri tempi, era stato massacratoda una banda di balordi in pieno centroe in pieno giorno a Napoli). Ma si sa, Na-poli è malata immaginaria...

E' proprio un lungo viaggio, il '99, in-torno alla Balena bianca, lungo i suoi iti-nerari, verso quel Grande Centro da sem-pre vagheggiato e che con regolarità tornanelle parole del picconatore, alle presecon la neonata Udr, il lungo feeling conil ceppalonese Mastella che “si è fatto ve-nendo dietro a De Mita”, come ricordanogli agiografi parafrasando una sua anticarimembranza dei tempi che furono; maora il buon Clemente s'è affrancato, è di-ventato grande, promette, sulle spondeberlusconiane, un milione di posti di la-voro, e poi scopre un'anima progressista,quindi centrista. L'anno comincia con isoliti sfasci alla solita Regione, che a diecianni esatti da 'O capogruppo chi s'o pi-glia?, cambia ancora una volta guida po-litica, o meglio corrente dc alla guida: per-chè lorsignori hanno sempre trattato l'entepubblico come una dependance di casa,la Regione come il cortile dove pascolarele proprie vacche. Emblematico, a questopunto, il portabandiera del nuovo corso,un nome che è tutto un programma, po-litico e non solo: Losco. “Ma non se lopoteva cambiare, quel cognome?”, si chie-devano in molti. Come ad esempio ha fat-to un suo collega - rammentavano altri -un Mastronzo che da un giorno all'altro,per miracolo, si trasforma in Mastranzo(senza che il prodotto peraltro cambi). Ec-co cosa scrivevamo a gennaio '99: “neltorbido clima di restaurazione degli ultimimesi, alcune vicende campane assurgonoad emblema di un futuro impastato d'am-biguità e compromessi, che va a sostituireun passato non meno fosco. E' il caso del-la crisi alla Regione Campania, che in

queste febbrili ore di lottizzazione ha co-nosciuto uno dei momenti più bassi dellasua storia. Ecco alcuni particolari indiscretisul passato dei 'nuovi' vertici ed una gu-stosa chicca sull'estremo colpo di codadella giunta mandata a casa: la pioggia didelibere firmate dall'assessore alla culturaGiuseppe Scalera, tra cui spiccano i 50 mi-lioni devoluti a un'associazione ceppalo-nese nata per celebrare i fasti del segretarioUdr Clemente Mastella”. Appunto. E oggi,la Regione targata Stefano Caldoro, psi, cheBerlusconi vuole a tutti i costi ricandidareal vertice di palazzo Santa Lucia, riesce afare molto di peggio: soldi a pioggia, amicidegli amici, incarichi, consulenze d'oro, e- su tutto - un forte odore di clan, con unapredilezione - guarda caso - per il caserta-no. Ma a chi andranno mai - è il nuovobingo che impazza - i miliardi per le tantoagognate bonifiche nella Terra dei fuochigestita in prima persona da Nembo-Caldo-ro? Provate a indovinare...

E proprio in quelle terre di lavoro, fineanni duemila, andava in scena un'altragrande “abboffata”, secondo lorsignori in-vece “un'occasione di lavoro e sviluppoproduttivo”: l'interporto (da noi ribattez-zato “l'interporco”) di Marcianise, tantoper pareggiare il confratello napoletano,ossia l'interporto di Nola, costola di quelmega centro commerciale, il Cis, partoritosulle terre della Campania felix (ma sottoil pieno controllo dei clan, a quel tempoAlfieri), lider maximo Gianni Punzo, unodei primattori sul supertreno Italo, in com-pagnia degli altri due “bellini”, l'ex FerrariLuca Cordero di Montezemolo e misterTod's Diego Della Valle. A proposito di tre-ni, il '99 è anche l'anno di “Corruzione adAlta velocità”, l'incredibile ricostruzionedi appalti, miliardi, connivenze, coperture(in prima fila Romano Prodi ai tempi dellapresidenza Iri) scritta da Ferdinando Im-posimato e Sandro Provvisionato.

Poteva mancare una cover su 'O mini-stro Pomicino, visto che i diritti d'autoresu tutte le opere pubbliche (Tav quindiben compresa) gli sono dovuti? Ecco quin-di “Il gran regista”, una story che nonmuore mai. Smisurati affari che popolanouna maxi inchiesta della procura di Romadi vita, purtroppo, breve. Come quella delsuo pm, Pietro Saviotti, che muore d'in-farto. Ecco tra quelle pagine ingiallite, '99,una conversazione: “Domani abbiamo unariunione preparatoria del Cipe per la ri-partizione dei fondi. Il brodo cresce”. “Ilavori fanno schifo? Ma che ce ne importa!Noi le schifezze vogliamo, basta che cidanno i soldi”.

Buzzi e Carminati al telefono, 2014,Mafia Capitale: “Voglio un anno di scia-gure, disgrazie, immigrati. So' soldi”.

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noi eravamo così

Un 2000 che ricorda tantoquesto 2015. Un MassimoD’Alema premier indiscusso,ma un partito spezzato, unabase alla ricerca delle utopieperdute. E’ tanto diverso il co-pione oggi con Matteo Renziprimo ministro?ANDREA CINQUEGRANI

Il comunismo è morto e sepolto. Paroladi (ex) compagni. Lo hanno proclamatoai quattro venti, a fine millennio, i lea-

der di quel che un tempo si chiamava Pci,poi alle prese con continui cambiamentidi sigla, neanche un targa automobilistica;secondo il verbo dei D'Alema e dei Vel-troni da rottamare anche le utopie socia-liste, troppo a sinistra, pericolose, megliouna spruzzata lib, caso mai in salsa a stel-le e strisce - come invoca ogni giorno Wal-ter - senza farsi mancare un bella dose diturbocapitalismo, secondo i gusti del Mas-simo che veleggia a bordo del suo Ikarus.

E' dedicata proprio al “Massimo Siste-ma”, al sistema nato e rapidamente cre-sciuto alla corte del nuovo premier, la co-ver della Voce a marzo 2000. Tutti gli ami-ci del presidente, nome per nome, storiaper storia, affare per affare. E una scoperta:due gli asset prediletti, il solito mattone(rosso) e le polizze, perchè forse è meglio“assicurarsi” il futuro. Nel nostro viaggionel mondo dalemiano partiamo proprioda Napoli, perchè è lì che sta andando inscena una piece tipica di un certo mododi fare impresa, di metter su affari con isoldi di... san Gennaro. E' la paradossalestoria di una sigla storica nel panoramaedilizio partenopeo, la “Società pel Risa-namento di Napoli”, che possiede circaseimila immobili nel cuore antico dellacittà, si trova in difficoltà e attraverso sva-riate acrobazie finanziarie passa alla Do-mus Italica, guidata dal tandem Alfio Mar-chini-Alberto Zunino. Oggi il primo sognala poltrona di sindaco a Roma, fa soventecapolino nei salotti tivvù da Vespa allaAnnunziata fino a Santoro, nel dopo Ma-rino calza a pennello sia per i renziani

che per Berlusconi. Sarà papa. Il secondo,Zunino, tra un'impresa e l'altra, è ancoroggi in sella a Risanamento. Ma l'acquistoboom di fine millennio fu una vera ma-gia, degna del miglior Silvan: acquistoqualcosa che vale 1000 (i miliardi del-l'epoca) per meno della metà, che pagocon i soldi che mi prestano le banchedando in garanzia gli stessi immobili. Lafontana di Totò e l'americano! Senza 'cac-ciare' una lira mi becco un arcipatrimo-nio! Ma per fare Bingo, i due potevanocontare su una quinta colonna da non po-co: ossia l'amministratore delegato del 'Ri-sanamento' all'epoca, Luigi Scimia. Chiera Scimia? Così in quell'inchiesta di mar-zo 2000 lo descrive la Voce: “Brasseurd'affari a tutto campo nell'universo dale-miano, attualmente riveste la carica di nu-mero due della Consap, il colosso assicu-rativo pubblico presieduto da LorenzoPallesi, altro fedelissimo del 'Massimo Si-stema' cui fa capo Marchini. Ma c'è dipiù. Nel fitto arcipelago societario che ri-conduce a Pallesi, spicca la milanese Si-ge, corazzata di corso Matteotti da ben500 miliardi di capitale. Nella stessa so-cietà siede anche Zunino, l'altro che ha'scalato' il Risanamento. Se dunque l'inef-fabile Marchini - artefice fra l'altro dellafamosa cena D'Alema-Cuccia - sembraval'unico riferimento diessino nella conte-statissima fusione, oggi affiorano nuovi,

imbarazzanti collegamenti tra gli acqui-renti, lo staff dirigente del Risanamento el'establishment governativo nazionale”.Poi, un altro passaggio, concernente gliamici-assicuratori del premier: “Nasce co-me assicuratore Lorenzo Pallesi, nome diprimo piano nel panorama Ina. Allo stes-so istituto fa capo Vincenzo Morichini,proprietario dell'Ikarus insieme a RobertoDe Santis prima che il veliero venisse ac-quistato da D'Alema. Senza contare poi lasuper corazzata Ge.a., partorita nel '97 dal-la terna De Santis-Federico Massa-PinoMarzo per spaziare nell'universo mondodelle polizze”.

Un 2000 che ricorda tanto questo2015. Un D'Alema premier indiscusso, maun partito spezzato, una base alla ricercadelle utopie perdute (diverso copione oggicon Renzi?). Scriveva la Voce nell'edito-riale di giugno 2000: “per mettere un po'di ordine in questo Barnum, ci vorrebbeuna sinistra forte, unita: l'idea di Cofferatiè una delle pochissime praticabili”. UnCofferati che oggi esce sbattendo la portadopo le primarie truffa in Liguria e apreforse il domani per una nuova forza a si-nistra, tutta da inventare (ma che esistenella società, solo tra le intellighenzie no).Così osservava Pietro Ingrao, un grandevecchio di un grande Pci: “I Ds sono or-mai un partito di centro, i gestori del si-stema capitalistico e se ne appagano”. Pa-role sacrosante, allora, e ancora più attualiadesso, in era Renzi.

In quell'editoriale scrivevamo della cri-

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La copertina di giugno 2000 e, in apertura,

quella di marzo 2000.

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VOCE STORY - 2000si dell'Unità, alle prese con i soliti pas-saggi di proprietà: “L'Unità è nel mirinodel Dalai. Non il Lama, ma il socio diBerlusconi nella casa editrice Baldini eCastoldi. Non sono bastati, si vede, i soldidei Marchini e degli Angelucci, mattonaried (ex) barellieri corsi al capezzale delquotidiano in coma. Ve la sareste mai im-maginata un'Unità da Gramsci al Cavalie-re?”. Poi verranno i Marcucci, lady Ma-rialina, la rampolla della dinasty di san-gue (proprio a fine '99 la Voce pubblicavauna maxi inchiesta sul processo per ilsangue infetto che ancora oggi -15 annidopo - vede alla sbarra, a Napoli, i Mar-cucci e i Poggiolini!!). E in quel 2000, aottobre, una delle firme di punta dell'Uni-tà, Enrico Fierro, che aveva cominciatoproprio alla Voce (fra l'altro coautore diGrazie Sisma e 'O ministro), scrive unpezzo su quei mesi turbolenti che si vi-vevano alla redazione che fu di AntonioGramsci. “La morte di carta” è il profeticotitolo di quell'articolo: “un travaglio vis-suto dall'interno, il tradimento di se stessi.La fine annunciata. Lo sperpero delle ri-sorse a favore della nuova nomenklatura,autogratificatasi a suon di miliardi. E ilvertice ds rimasto con il classico cerinoacceso in mano. Ecco, passo dopo passo,come si 'suicida' un giornale”. Così com-mentava Fierro: “Dovevamo forse rubareper continuare a stampare l'Unità?, sichiede ancora Veltroni. No, dovevate co-struire un rapporto più limpido tra eco-nomia e politica, tra voi e i vostri amiciMarchini e Angelucci, quelli che avevanocomprato la maggioranza delle azioni delgiornale, non sapendo che farsene del-l'Unità. Quelli che avevano interessi ex-traeditoriali e che questi interessi, soloquesti, hanno coltivato. Ma forse - con-cludeva con amarezza Fierro - è troppochiedere tutto ciò a un partito e a gruppidirigenti che in soffitta hanno messo tantecose. Una sopra tutte le altre, quella cheun signore di nome Enrico Berlinguerchiamava 'questione morale'. Frase magicae bellissima che affascinò migliaia di uo-mini e donne e che racconta della limpi-dezza della politica e della sua autonomiarispetto ai poteri forti dell'economia e del-la finanza”. Eravamo nel 2000, quindicianni fa... Oggi gli indecenti balletti suquelle spoglie, tra editori gossipari in ram-pa di lancio e palazzinari di paese.

Fu l'anno dell'Operazione Sofia, quel2000. Una storia intricatissima di poterideviati, servizi segreti, massoneria, pezzida novanta dell'economia e della finanza(arieccoci), e sullo sfondo un obiettivochiaramente politico: la ricostituzione diquel Grande Centro che tanti orfani dellaBalena bianca da sempre coltivano. Ma

ecco come si accende il caso. Alla Vocearriva una missiva anonima, contiene do-cumenti e informative top secret, sono se-gnati anche numeri di protocollo: lo esa-miniamo, si tratta di notizie che possonofar tremare tanti palazzi, si parla di appaltitaroccati, fondi che vanno e vengono dal-l'estero, soldi ovviamente neri, provvisteper dar vita a un movimento politico, no-mi di professionisti, imprenditori anchenoti, politici, alti prelati. Di tutto e di più.Bufala? O cosa? Fatte tutte le verifichepossibili, decidiamo di pubblicare l'in-chiesta “Poteri deviati”, sommario di co-pertina “dall'Operazione Sofia che coin-volgerebbe vertici delle Fiamme gialle,pezzi da novanta della politica e alti pre-lati, alle manovre massoniche per dele-gittimare le procure di Lagonegro, Napolie Palermo”. In pratica - scopriremo - sonoin piedi due inchieste, partite a Lagonegroe Roma sulla scorta, anche, di dossier alcalor bianco delle fiamme gialle (due dos-sier, per la precisione, con due numeri diprotocollo in sequenza). A fine anno, cicontatta Gianluigi Nuzzi, inviato del Gior-nale, ha letto l'articolo, ci chiede ragguaglicirca quel materiale, l'ha ricevuto anchelui e sta per uscire con un pezzo. Che get-ta acqua sul fuoco, parla di un'inchiestabluff di Lagonegro. Buon profeta, Nuzzi,visto che poi tutto confluirà a Roma, pro-curatore capo Salvatore Vecchione, pmGiancarlo Capaldo; e alla fine la pietratombale, archiviazione. Anni dopo il con-duttore di Quarto grado intervisterà Ca-paldo nel suo bestseller “Vaticano spa”:“C'erano elementi molto forti in quell'in-chiesta - dichiara il pm - poteva arrivaremolto in alto. Purtroppo però non siamoriusciti a trovare gli elementi probatoriadatti per incardinarla e giungere a deirinvii a giudizio”. Da una bomba a un trictrac. Come per tanti misteri di casa nostra.

Da un giallo all'altro, eccoci ad unainchiesta sulla massoneria che parte daNapoli, e può rappresentare una svoltaanche per capire altri affari & misteri, acominciare dalla strage di Capaci. Leggereper credere. Cominciamo dal sommariodel pezzo titolato “La sera andavamo daSpinello”: “Da Andreotti a Garibaldi. Epoi Nicolazzi, Pomicino, Di Donato,Mach di Palmstein, Ambrosio, Della Mor-te, Cordasco. Nomi grossi quelli che com-paiono nelle carte giudiziarie relative allelogge deviate della massoneria facenti ca-po ai fratelli Spinello. Un filo nero checonduce fino ai boss targati camorra ebanda della Magliana”. Tutto parte dalleverbalizzazioni rese alla Dia di Napoli nel'97 dal super faccendiere Francesco Pa-zienza, l'uomo del caso Cirillo e del gialloCalvi: Pazienza - scriveva la Voce - “fa ri-

ferimento al ruolo ricoperto dagli Spinellonel mosaico della massoneria ed ai legamid'affari con un altro pezzo da novanta ingrembiulino, Mario Mortera, promotorefra l'altro di una Lega Universale Framas-sonica”. Ma le verbalizzazioni bomba so-no quelle di Angelo Siino, il 'ministro deilavori pubblici di Totò Riina', interrogatodai pm partenopei il 14 giugno '99. Eccocosa dichiarava Siino e la Voce riportavain quel numero: “Salvatore Spinello vo-leva che io lo affiancassi in alcuni affari,mi disse che voleva creare una super log-gia massonica segreta nella quale potes-sero confluire esponenti politici di rilievo,dell'imprenditoria e della criminalità or-ganizzata in modo da creare rapporti direciproca convenienza”. Poi, più nel det-taglio: “Spinello, in occasione di vari in-contri, vantò rapporti di conoscenza conCraxi e Martelli, mi disse che aveva rap-porti con Pomicino e Di Donato, mi se-gnalò l'impresa Icla che all'epoca avevaproblemi in un lavoro sull'autostrada Pa-lermo-Messina, mi parlò di altri due im-prenditori a nome Chitis, titolari dellaFondedile”. Poi due botti. Il primo: “Miparlò anche dei finanziamenti che dove-vano affluire per i lavori di realizzazionedelle terza corsia e della Tav. Mi disse nel'91 che lui poteva decidere sui lavori dellaTav perchè aveva collegamento con i per-sonaggi che avevano in mano tutto”. Il se-condo: “Spinello mi disse che se Falconefosse rimasto in Sicilia sicuramente loavrebbero ucciso, per cui si proponeva co-me persona che avrebbe potuto favorire iltrasferimento di Falcone a Roma. Tale di-scorso mi venne fatto da Spinello alcunimesi prima che Falcone fosse trasferito aRoma per l'incarico ministeriale quandoministro di grazia e giustizia era l'onore-vole Claudio Martelli. Fatto sta che dopoalcuni mesi, intorno ai primi del '91, versola fine di febbraio Falcone fu effettivamen-te trasferito al ministero e io rimasi moltomeravigliato anche perchè Spinello si van-tò con me di essere stato lui ad aver fattotrasferire Falcone”. Incredibile: Siino rac-conta di un massone, Spinello, che puòtutto sull'Alta velocità e forse è stato de-terminante nel trasferimento di Falcone aRoma. Quel Falcone che sulla sua scriva-nia aveva il dossier “Mafia Appalti” re-datto dal Ros proprio nel febbraio '91, do-ve fa capolino la Tav.

A questo punto, sorgono spontanee al-cune domande: come mai di quella cla-morosa inchiesta partenopea, forse passatanel solito porto delle nebbie romano, sisono perse le tracce? Perchè i soliti insab-biamenti a orologeria? E non doveva al-zarsi il velo sui tanti gialli di Stato, nellatrasparente glasnost targata Renzi?

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noi eravamo così

Siamo al dopo 11 settembre, allamaxi inchiesta della procura par-tenopea sulle cellule del terroreche proliferano all'ombra del Ve-suvio: un'inchiesta all'epoca con-dotta dall'attuale procuratore an-timafia Franco Roberti. “ObiettivoNapoli” il titolo della cover.ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno del Cavaliere. Che torna insella, batte un nemico che più amiconon si può - perchè ormai l'inciucio

regna sovrano - e governa il vascello Italianei mari del nuovo millennio. Oppure,passando di metafora, guida il volo di unPaese ormai lanciato verso le rotte del-l'euro (lui che, d'altro canto, accusa Prodi& C. di aver svenduto la lira). Lui, suaEmittenza, di alte quote se ne intende. Edè proprio al “Volo delle Libertà” che laVoce dedica la cover story dell'anno, unvero botto. Di che si tratta? Scopriamoche alla procura di Palermo, dove porta-no avanti la mega inchiesta su MarcelloDell'Utri, è fresca una verbalizzazione danovanta, resa da un giudice, Giorgio DellaLucia, a un altro giudice, Domenico Goz-zo. In pratica, a fine '99 Della Lucia si tro-va a Firenze in compagnia di Filippo Al-berto Rapisarda, il finanziere sicilianoprima amico e socio di Dell'Utri, poi en-trato in rotta di collisione. In un risto-rante incontrano casualmente un certoFranco Rembado (Rapisarda con ogniprobabilità lo conosce), i tre conversanoe, a un certo punto, la bomba: “nell'80Berlusconi ha noleggiato dalla mia so-cietà un aereo privato per portare da Pa-lermo a Parigi la famiglia Buscetta, mo-glie, fratello e figli, mentre Tommaso Bu-scetta era ristretto nel carcere di Cuneo”.

Ecco cosa dichiarava Della Lucia, in-tervistato dalla Voce: “Non riuscivo a cre-dere alle mie orecchie, il racconto era pre-ciso, sicuro, dettagliato. Ho pensato, horiflettuto. Poi ho deciso di raccontare l'ac-caduto al pm Gozzo”: dal quale, infatti,si reca per verbalizzare il 15 novembre

2000. “Un pazzo, un visionario Della Lu-cia”: così taglierà corto dell'Utri a propo-sito della ricostruzione fatta davanti alpm Gozzo. Le stesse parole che userà neiconfronti del suo ex socio Rapisarda: uncopione, quindi, ben noto.

Una toga che conosceva molto benequel variegato mondo berlusconiano, Del-la Lucia. E' proprio lui, nel lontano '87,a interrogare il Cavaliere in persona suimotivi dell'assunzione dello stalliere Vit-torio Mangano ad Arcore. E nel corsodello stesso interrogatorio viene affrontatoil tema della compravendita di alcuni ter-reni, di proprietà di una misteriosa sigla,Milano Parco Est, che conduce alla Cassadi Risparmio di Asti. Così prosegue laVoce. “Della Lucia era diventato una togatroppo pericolosa per l'armata berlusco-niana almeno per un altro buon motivo.Nel lontano '82, mentre venivano portatea compimento dall'ufficio istruzione deltribunale di Milano alcune delle inchie-ste più importanti legate al traffico didroga e ai sequestri di persona, organiz-zati dai nuclei mafiosi siculo-calabresitrapiantati in Lombardia, Della Lucia siimbatte in una strana operazione finan-ziaria sull'asse Milano-Cagliari. Il faccen-diere Flavio Carboni, legato alla P2 e allabanda della Magliana, cede, a suon dimiliardi, un gruppo di società immobi-

liari, con sede in Sardegna, al gruppo im-prenditoriale del cavalier Berlusconi.Grande artefice dell'operazione è il fidoFedele Confalonieri”. Già due fatti: ben33 anni fa Della Lucia e suoi colleghi mi-lanesi indagavano su mafia e 'ndrine inLombardia, cosa che sindaci e prefettihanno scoperto 'per forza' (dopo le rive-lazioni di Roberto Saviano e le inchiestedi Ilda Boccassini) solo qualche anno fa,e solo oggi - inaugurazione anno giudi-ziario 2015 - certifica Giovanni Canzio,presidente della Corte d’Appello di Mi-lano. Secondo: lo stesso Della Lucia stavaindagando sulle connection sarde del Ca-valiere, a cominciare dai rapporti con Fla-vio Carboni: come dire, quando Berlusco-ni, via Sardegna, spicca - è il caso di ri-peterlo - il Volo.

Ma proseguiamo nella ricognizione,più terra terra, di Della Lucia, che inda-gando proprio su quei rapporti societariche portano da Cagliari a Trieste, s'imbattein “una lista di nomi - così scriveva laVoce di quell'aprile 2001 - con, a margine,il titolo e il grado ricoperto all'interno diuna struttura che ha tutta l'aria di rappre-sentare una vera e propria loggia masso-nica supercoperta. E' l'anno in cui Calviviene scoperto cadavere sotto il ponte deiFrati neri a Londra, mentre solo pochimesi prima venivano alla luce gli elenchiP2 di Castiglion Fibocchi”. Della Luciaparla della scoperta al pm romano Dome-nico Sica e al giudice istruttore Bruno Si-

Story

La copertina di ottobre 2001 e, in apertura,

quella di aprile 2001.

2001

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VOCE STORY - 2001clari. Dopo qualche mese, la bollente in-chiesta su Berlusconi-Carboni passa alporto delle nebbie del Cupolone. Per laserie: su quelle misteriose origini del Ca-valiere, meglio non sentire, non vedere,non parlare.

Ma torniamo a quel Volo della fami-glia Buscetta per Parigi. Le rivelazioni diDella Lucia e l'inchiesta della Voce ri-schiano d'infuocare il già rovente climapre elettorale. Ma succede un fatto incre-dibile (e solo spiegabile per via dell'in-ciucio maximo): lo scoop non viene ri-preso dalla sinistra (sic), da un'Unità orilanciata attraverso qualche interrogazio-ne di uno sperduto compagno barricade-ro. No. A darle il giusto propellente sonoproprio le artiglierie del Cavaliere, scesein campo per denunciare il complotto aorologeria, le bufale della stampa di si-nistra (la Voce era del Pci, qui ci azzec-cano): è infatti il Libero firmato da Vitto-rio Feltri a scrivere in prima pagina di“Una bomba sotto la sedia di Berlusco-ni”, che una settimana dopo il voto do-vrà deporre a Palermo in occasione delprocesso dell'Utri. Proprio quello.

Ma non sarà finita qui. Perchè soloanni dopo, in occasione degli spionaggiorganizzati dal tandem Pollari-Pompa edi una incredibile spy story all'italiana,scopriremo che, a partire da quell'artico-lo, saremo adeguatamente “attenzionati”.Noi della Voce, individuati dagli 007 dicasa nostra, al vertice di una cupola “di-sinformativa” ai danni del Cavaliere, noicrocevia di pericolosi agenti britannici(leggi uno che più pacifico non si può,Percy Allum) e soprattutto di un mani-polo di magistrati comunisti e di giorna-listi sovversivi (da Michele Santoro, exdirettore della Voce, a Giulietto Chiesa,Gianni Barbacetto e i bolscevichi di arti-colo 21). Una vicenda sulla quale torne-remo, una storia ai confini della realtàancora in scena al tribunale di Perugia:perchè, con altri spiati e dossierati, ab-biamo denunciato quegli sporchi Servizipagati con i soldi dei contribuenti. Lor-signori si sono barricati dietro il comodo“segreto di stato” e solo dopo un inter-minabile iter giudiziario finalmente avre-mo un processo a Perugia. Si vedrà.

Una spy story tira l'altra ed eccoci al-la cover di settembre 2001, “Spy Story,il caso giudiziario dell'anno ai raggi x”.Un'altra vicenda che più border line nonsi può, così sintetizzata: “spioni fai da te,ufficiali infedeli, grand commis di Stato,facoltosi finanzieri in cerca di riscatto eluogotenenti dei clan. Tutti insieme ap-

passionatamente in una spy story portataalla luce da due magistrati di punta dellaprocura partenopea e ora al vaglio deicolleghi romani”. I due pm erano AldoPolicastro, che abbiamo visto anni fa im-pegnato in una maxi inchiesta sulla mas-soneria, e Luigi De Magistris, che qual-che anno dopo si rimboccherà le mani-che per scoprire tutte le connection po-litico-massonico-mafiose in Calabria enon solo (arrivando tanto in alto da ve-dersi alla fine costretto ad abbandonarela toga). Tutto, secondo rituali ormai con-solidati, finirà tra le nebbie romane. Co-me del resto la già vista Operazione So-fia, sulla quale torniamo con un ampioreportage a gennaio 2001, fornendo ul-teriori dettagli su quel magma incande-scente che però alla fine, come già visto,partorirà il classico topolino “archivia-zione”, l'altra faccia della giustizia chenon c'è, mannaia azzeratuttto come lamiracolosa prescrizione.

Ancora mafie, stavolta vestite da po-lizza, nell'ampio reportage sulle mafieassicurative, un bubbone sul quale, aquanto pare, l'Antitrust vuol vedercichiaro. Perchè - come la Voce documen-ta - negli anni, soprattutto a Napoli, s'ècreato un vero e proprio “Cartello”, ca-pace di stabilire prezzi in regime quasimonopolistico, azzerando quindi ogni il-lusione di concorrenza calmieratrice. Edè così, in un mix fra truffe delle compa-gnie e truffe alle compagnie (l'industriadei falsi incidenti, con tanto di medici,periti e assicuratori al seguito), è il citta-dino tartassato a rimetterci il collo: tantoche a Napoli, già una dozzina d'anni fa,un'autovettura su tre non pagava più laRc auto (in un simile contesto, renderlaobbligatoria significava dire al cittadino:paga il pizzo e non rompere). E quellamaxi multa da 700 miliardi di vecchielire (avete udito bene) che avrebbe do-vuto colpire le sorelle del Cartello che fi-ne ha poi fatto? Il solito bluff, la solitasparata che s'è sgonfiata come un pallon-cino al primo sole.

Da una mafia all'altra passiamo allamonnezza. E' di settembre 2001 uno deipassaggi clou. La Voce scava tra le cartedell'inchiesta Cassiopea, scopre alcuneconversazioni bollenti, pubblica unostralcio e succede il 48. Perchè ai capidel telefono ci sono due colletti bianchi,l'avvocato Cipriano Chianese del caser-tano e un imprenditore del ramo disca-riche del nord. Solo dopo anni la magi-stratura porterà alla luce le performancedell'avvocato tuttofare, fino a quel mo-

mento un insospettabile, e verranno pri-ma sequestrati e poi confiscati molti suoibeni, dalla Campania al Basso Lazio. Fat-to sta che allora Chianese si sente lesonell'onore, minaccia azioni legali, chiedeun “fiore” come risarcimento, 50 milionidi vecchie lire che possiamo trasformarein “redazionali” per raccontare le mera-viglie delle imprese di casa Chianese, apartire da quella Resit dove solo oggi do-vrebbero cominciare le bonifiche. Ma chierano i suoi grandi amici? Venerabile aparte, dove si era recato in gita insiemead alcuni casalesi da novanta comeFrancesco Bidognetti, alias Cicciotto 'emezzanotte, anche magistrati che conta-no (soprattutto in quel di Santa MariaCapua Vetere) e generali. Come quel Do-menico Cagnazzo, vertice dei carabinieriin Sicilia proprio nell'anno della catturadi Totò Riina e, soprattutto, del mancatocontrollo - 2 settimane piene - del covo.

Dalle mafie ai terrorismi, che cosìsintetizzavamo nel sommario: “Predica-zione e Combattimento è il nome delgruppo salafita sulle cui tracce è da tem-po impegnata la procura. Un team diprimissimo piano, a conferma del ruolorivestito dalla pista partenopea nelle in-dagini sul terrorismo internazionale”. Aseguire, un pezzo firmato da FerdinandoImposimato, “Sull'orlo del disastro”: “ilconflitto mediorientale e il suo ruolo nel-l'offensiva terroristica che portò, in Italia,all'uccisione di Massimo D'Antona, i ri-schi connessi all'estensione sul suolo sta-tunitense del conflitto arabo-israeliano.Ecco, in una serie di documenti eccezio-nali, l'allarme lanciato da Imposimatoun anno prima della strage di New Yorke rimasto inascoltato”.

Ma per rifarci un po' il palato, finia-mo col Che. Che torna alla ribalta, inizio2015, per via del possibile disgelo traCuba e Obama. E, sul versante parteno-peo, col forte richiamo del sindaco diNapoli Luigi De Magistris - lo avevamovisto prima alla caccia di trame masso-niche - a un movimento di rinascita dalbasso, stile Che. “Ricomincio dal Che”,titolava la Voce la sua cover di giugno2001, una serie di contributi alla ricercadi utopie perdute e di una sinistra che -nel magma neo liberista dei suoi capi ecapetti - ha smarrito ogni sua identità.Così terminava l'editoriale di quel nu-mero: “il Verbo della Sinistra dovrà es-sere per sempre quello di Rutelli, D'Ale-ma e Folena? O c'è (Che) dell'altro?”. Cisembra che quell'interrogativo sia oggiancora più urgente.

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noi eravamo così

Con il 2002 parecchie firmesi aggiungono sulla Voce edesce un libro che ci sta moltoa cuore, “See Naples anddie”, autore Tom Behan, uninglese napoletanizzato chemeglio di ogni altro ha capitoil sistema-camorra.ANDREA CINQUEGRANI

Un inizio diverso per questo 2002, lanostra odissea negli spazi ormai ri-stretti dell'informazione, per dar vita

ad un prodotto, la Voce, che cerca di faregiornalismo d'inchiesta, svelare il marciu-me dei Palazzi, rischiando sul campo ognigiorno, vuoi per le minacce della camorravuoi per le più subdole minacce “a mezzostampa”, querele e citazioni civili che tivengono puntate sulla tempia per intimi-dirti, spesso e volentieri a suon di milioni.Lo vedremo più avanti, fino all'odierna,incredibile vicenda che ci ha - per ora -costretti a sospendere le pubblicazioni car-tacee del nostro mensile. Nel nostro lungocammino, comunque, abbiamo potuto con-tare su degli splendidi compagni d'avven-tura. Parecchi li avete già conosciuti stradafacendo, a partire dall'84, diversi ci affian-cano a inizio 2000. E' il momento di fareun po' il punto, perchè proprio con il 2002parecchie firme si aggiungono, ed esce unlibro che ci sta molto a cuore. Si tratta di“See Naples and die”, vedi Napoli e poimuori, autore Tom Behan, un inglese na-poletanizzato, bastava sentire le sue parolealla segreteria telefonica (“'acca' nun ce sta'nisciuno, per favore lasciate un messag-gio”, “no one at the moment, please leavea message”, in uno splendido mix anglo-italo-partenopeo). Ha vissuto e insegnatoper anni a Napoli, è entrato nelle sue vi-scere, e meglio di ogni altro ha capito ilsistema-camorra. Da buon marxista (trot-skista convinto, anima super left del La-bour Party), ha interpretato il fenomenodella delinquenza organizzata, che si faman mano impresa, come una “fisiologicapatologia”, un tumore tutto dentro questocapitalismo. La sua vita è finita troppo pre-

sto, stava lavorando ad un'opera basata sudieci storie, dieci vite votate all'impegnoanticamorra.

E così, una vita votata alla giustizia,alla legalità, è quella di Ferdinando Im-posimato, il cui nome è già rimbalzato di-verse volte in queste pagine di Voce storye ancora tornerà molto spesso. Perchè tan-tissimi misteri del nostro Paese (e non so-lo, visto anche l’impegno sul fronte estero,nel denunciare le tratte di esseri umani, itraffici di droga, sul terrorismo internazio-nale, sulla vera storia dell'11 settembre)sono passati sotto la sua lente d'ingrandi-mento, riuscendo sempre a vedere “pri-ma” e “oltre”: dall'attentato al Papa (mi-steri vaticani compresi) fino al delitto Mo-ro. E “Doveva Morire” - dedicato allo sta-tista dc - l'ha scritto a quattro mani conSandro Provvisionato, altro grande colla-boratore della Voce. Non solo Terra e tantoaltro, nel curriculum di Provvisionato, maanche il suo magnifico “Misteri d'Italia”,un mosaico di gialli quasi sempre irrisolti,i tanti buchi neri della nostra storia (e suiquali anche la Voce ha cercato di far lucecon le sue inchieste).

Eccoci poi alle “toghe”. A partire daNicola Quatrano col suo Vostro Onore, larubrica che ci ha accompagnato per dueanni nel dopo Mani pulite, e poi l'uscitadel libro: che fra l'altro proprio a fine 2002viene attaccato frontalmente dal Giornale

del Cavaliere - anche se ad otto anni dal-l'uscita - uno dei consueti affondi controle 'toghe rosse' che popolano gli incubi disua Emittenza. Per proseguire con AldoDe Chiara, una vita come pretore di fron-tiera nel contrastare l'abusivismo selvaggiodi Mani sulla città a Napoli, un forte im-pegno, per anni, nel trasferimento degli uf-fici del palazzo di giustizia dallo storicoCastelcapuano al centro direzionale, gran-de esperto di appalti, di trasparenza am-ministrativa. E poi Enzo Albano, una vitaperchè quel c'è scritto nelle aule dei tribu-nali 'la legge è uguale per tutti' non siavuoto esercizio retorico ma realtà di tuttii giorni, toga garantista quando il garanti-smo significava qualcosa, tra i fondatori diMagistratura democratica ma nauseato dal-le derive correntizie, un giudice che volevaa tutti i costi unire la parola “giustizia” adun'altra, in modo indissolubile, “sociale”:un vero “compagno”.

Come compagni sono Luciano Scateni,per anni con Banana Republic sulle colon-ne della Voce, quella Voce che aveva fon-dato, nei mitici anni '70, quando la testataera di proprietà del Pci. E lui, il rosso Sca-teni, poi a Paese Sera, quindi in Rai, il vol-to che per anni e anni i napoletani hannoascoltato e amato; la passione per la pit-tura, i suoi Vesuvi fiammeggiati, le sue fal-ci e martello che si perdono nello spaziorosso, sempre più piccole. E compagnodon Vitaliano Della Sala, il prete coraggiodelle prime proteste irpine per gli sperperidel dopo terremoto, per dare sul serio casa

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La copertina di giugno 2002 e, in apertura,

quella di novembre 2002.

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VOCE STORY - 2002e lavoro a chi ne ha diritto e non perchèlorsignori si spartiscano il bottino. Una vi-ta per i diritti civili, per le minoranze, pergli immigrati, le battaglie con i giovani deicentri sociali, porto Alegre, il movimentoNo global. Battaglie portate avanti conFrancesco Caruso, il cui nome torna oggialla ribalta sulla stampa di palazzo, 'scan-dalizzata' per un piccolo corso di sociolo-gia all'università della Calabria (addiritturascende in campo Aldo Grasso col suo fon-dino per il Corsera): dimenticando, tutti,che quell'inchiesta - e ancor più quella de-tenzione - furono folli esempi di una pa-tologia giudiziaria ormai sempre più pras-si costante, come l'archiviazione per l'as-sassinio di Carlo Giuliani (proprio in quel2002 una nuova superperizia taroccata,come documentiamo nell'inchiesta di di-cembre) che ha nomi e cognomi ben pre-cisi, come l'assassinio di Cucchi, comequello di Magherini, come tutti i mortiammazzati innocenti. Vitaliano e Carusoerano, sono dalla loro parte. E siamo statiinsieme per anni, con articoli, le “ColonneMilitanti”, dibattiti.

E una vita per la politica con la P ma-iuscola, per l'impegno anticamorra (hafondato l'Osservatorio dove ha lavoratoGiancarlo Siani), per l'ambiente è stataquella di Amato Lamberti, che denuncia-va le collusioni politica-mafie quando nes-suno ne parlava, i colletti bianchi quandonon era di moda, il buniness monnezzaquando l'odore era lontano mille miglia,le mafie estere quando ancora si parlavadi piccolo spaccio nel quartiere. Per la Vo-ce ha scritto articoli, inchieste, rubriche,ha ispirato la nostra linea di denuncia, digiornalismo investigativo. Abbiamo anchepubblicato dei suoi stupendi racconti. Mi-tico uno: sulla morte, il dopo, i contatti,le presenze.

E poi ancora tanti - e ci torneremo piùavanti - come Giulietto Chiesa, Elio Veltri,Elio Lannutti, Iacopo Fo. Tutti nomi cheservirebbero come il pane per una Sinistrache voglia rinascere, rifondarsi, ricomin-ciare da capo, ritrovarsi per uscire dallemelme. E siamo sempre qui a chiederci -come ce lo siamo chiesto sempre in questiquasi trent'anni di Voce - come mai la si-nistra tende sempre al suicidio? Ad autoannullarsi? Servirà a qualcosa il fresco can-tiere Sel, civatiani & C.? Ricordavamo, inun'editoriale di quel 2002, marzo, una fra-se di Ermanno Olmi: “I leader della sini-stra sono scaduti come il latte”. E prose-guivamo: “Basta per la sinistra - come giu-stamente si chiede Asor Rosa - una 'rivo-luzione liberale'? Scrive cose sacrosante,nel suo Punto, Enzo Albano: 'altro che li-

berismo e ok alle guerre. La sinistra deveritrovare i valori, le utopie, combattere sen-za paure le ingiustizie, per un nuovo mon-do, non solo possibile, ma necessario”.

E proprio in quel numero di marzo,un'inchiesta sui Rom (“Arrivederci Rom”).E oggi - sono passati 13 anni - siamo an-cora in emergenza Rom, dalle periferie ro-mane a quelle napoletane. Ecco il signi-ficativo sommario: “Vivono ancora ghet-tizzati, spesso dentro autentiche 'riserve',vittima di luoghi comuni e pregiudizi. E'il popolo dei Rom, una leggendaria storiaalle spalle ramificata in etnie diverse.Qualcosa però si sta muovendo, tra sforzidi associazioni e di volontari”. Ma la si-tuazione, a quanto pare, è peggiorata: laGabbia di Paragone sondaggia e sui Romc'è ancora abissale ignoranza; e comunque- come in tutte le emergenza, a partire daquella per gli immigrati - si infila facil-mente il virus degli affari sulle spalle dichi ha bisogno. Come dimostra l'inchiestaMafia Capitale a Roma, mentre a Napolisi indaga su disinvolte associazioni, casomai no profit o comode onlus, che maci-nano affari a molti zeri alla faccia dellasolidarietà.

E di fini tanto umani e solidaristicisono lastricati i cammini della corazzatasupercattolica, l'Opus Dei, cui la Voce hadedicato la sua cover più 'centrata' del2002 (l'inchiesta verrà ripresa da un gior-nalista di razza come Ferruccio Pinotti,autore di un must per districarsi nellegiungle massoniche come 'Fratelli d'Ita-lia'), “Opus Dei tutti i nomi - La santifi-cazione al potere”. Ecco il sommario: “inmargine a fasti e polemiche per la consa-crazione di Josemaria Escrivà de Balaguer,la Voce porta alla luce gli scenari diun'Italia parallela, con gli opusdeisti na-zionali che da tempo estendono la loropresenza dalle sfere vaticane a quelle del-le massime istituzioni del Paese. Rico-struiamo per la prima volta l'attuale orga-nigramma di vertice, pubblicando anchenomi e cognomi di frequentatori, simpa-tizzanti, ex alunni eccellenti, assidui con-vegnisti & dintorni. A cominciare da in-sospettabili vip di casa Ulivo”. Era fresca,infatti, la partecipazione dell'ex premier,Massimo D'Alema, alla cerimonia di san-tificazione di Escrivà, duramente stigma-tizzata da intellettuali del calibro di An-tonio Tabucchi, Paolo Flores D'Arcais eGianni Vattimo. E’ d'inizio anno la parte-cipazione di altri papaveri di sinistra (sic)come Francesco Rutelli e Cesare Salvi,fianco a fianco di un Andreotti e un But-tiglione, al centenario dalla nascita delneosanto. L'inchiesta della Voce fa scal-

pore, riceviamo un fiume di telefonate inredazione, fax, molti ci chiedono da doveabbiamo avuto quelle notizie, come abbia-mo saputo quei nomi. Solo un grosso la-voro di ricerca, tra carte, atti, documenti,soprattutto materiali pubblici di iniziative'culturali', di studio: incrociando i nomi,verificando il tasso di assiduità alle mani-festazioni (soprattutto le convention di ca-sa Ipe, la sigla ovunque targata Opus Dei,affiancata da altre).

Tanto per non far torto a nessuno, co-munque, in quel 2002 dedichiamo una co-ver anche a “I massoni che contano a Na-poli”. Mesi tempestosi, quelli del GrandeOriente, che ha deciso un'ispezione nellasua loggia partenopea, il quartier generalealla Galleria Umberto, per verificare - scri-veva la Voce - su “gravi irregolarità nellanomina degli organi societari, in bilanci edichiarazioni fiscali, ma la questione ri-guarda anche la sparizione di mobili an-tichi e quadri di valore”. E alla redazionedella Voce in primavera arriva un plicocontenente documenti top secret, un lungoelenco di nomi, l'organigramma di una Su-perloggia e perfino di un Tribunale segreto.Tutto è accompagnato da un lungo memo-riale (dove vengono descritti fatti e misfat-ti, faide, lotte interne, affari, si parla del-l'attività di tre sigle massoniche, Humani-tas, Darwin e la misteriosa Assistenza Bi-sogno Celato Placido Ruggero) firmato daHiram Habif, dietro al quale evidentemen-te si cela un massone dissidente. Un 'pro-gressista' dell'epoca, come oggi si proclamail moralizzatore Gioele Magaldi, uscito convolumone “Massoni” per i tipi di Chiare-lettere? Forse. Allora, comunque, conse-gniamo tutto il materiale pervenuto in pro-cura, come facciamo d'abitudine quandosi tratta di documentazione particolarmen-te scottante. Dopo aver effettuato verifichee riscontri (date, indirizzi, società, incrocicon le liste precedenti) pubblichiamo an-che l'elenco dei nomi, i vip. Per un precisodovere di cronaca.

Intanto, sono passati dieci anni dalloscoppio di Tangentopoli. E come sono finitein naftalina le indagini a caccia dei massoni- con un Agostino Cordova trasferito da Na-poli per “incompatibilità ambientale” - cosìsono arcisepolte le illusioni che da quellaMani pulite potesse partorire un'Italia di-versa, meno ladra e meno ingiusta. Pia il-lusione. E così, a febbraio 2002, esce la co-ver “Mani impunite - Ecco perchè quellagrande speranza è finita nel nulla”. Un nul-la che siamo costretti a certificare oggi piùche mai. Quando il supercommissarioCantone arriva, sconsolato, ad ammettere:“la corruzione non la batteremo mai”.

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noi eravamo così

Dalle monnezze alle macerie ec-coci in Iraq, dove va in scena ildopo guerra umanitaria, la sce-neggiata Usa per liberare quelleterre dal tiranno Saddam, finan-ziato fino al giorno prima, e in-vece per beccarsi il petrolio e ilcontrollo di un'area strategica.ANDREA CINQUEGRANI

E' un anno in instant. Sono i book editidalla Voce nel 2003, agili pamphlet de-dicati a temi e personaggi di quest'Italia.

A partire da luglio, vengono allegati al men-sile, una strenna per i lettori, così come erastata la famosa audiocassetta di 'O capogrup-po. E tanto per restar fedeli al gingle pomi-ciniano che ha scandito questi anni di affari& politica, il volumetto d'esordio non puòche essere dedicato a lui, 'O ministro, per iltitolo “Istituzioni di economia politica ap-plicata - Tre lezioni dell'onorevole professorPaolo Cirino Pomicino - manuale consigliatoagli studenti del corso di politica economicaalla terza università di Roma”. Forse nontutti lo ricordano ma una dozzina d'anni fail redivivo ex titolare del Bilancio prima re-pubblica saliva addirittura in cattedra, perinsegnare agli studenti in che modo si am-ministra la cosa pubblica: o meglio - sugge-rivamo noi - come si svaligiano le casse del-lo stato, tanto che il logo dell'editrice era“Banda Bassotti”. Da morire dal ridere - pernon piangere sulle nostre disgrazie econo-miche e sociali - le conversazioni pubblicate(oltre agli atti giudiziari e alle ricostruzionidei fatti) su alcune vicende emblematiche,quali il crac Ambrosio-Banco di Napoli, conuna sfilza di papaveri “istituzionali”, oppuredi sinistra (sic), a conversare amabilmentesu come fottere lo stato, in che modo fregarei controlli, per la serie “ruba i soldi e scap-pa”, felice come una pasqua.

C'è un filo rosso, che lega i pamphlet.Sono in fondo tutti amici, lorsignori, o re-citano la commediola di guardia e ladri. Co-me è il caso di Antonio Di Pietro, cui è de-dicato il secondo volumetto, “L'uomo chesapeva troppo - dalle stragi del '92 a Manipulite fino all'Italia dei valori. Tappe, ami-cizie e inciampi dell'uomo che conosce la

vera storia del Paese”, e per spiegarsi me-glio: “Dall'amicizia con Cirino Pomicino airapporti elettorali 'a rischio', fino alla verastoria dell'esperienza fallita al ministero deiLavori pubblici, alcuni aspetti inediti dellacarriera e della personalità di Antonio DiPietro”. Il terzo è dedicato a un grande ami-co di 'O ministro, ossia Antonio D'Amato,il numero uno di Confindustria: o meglio,il grande feeling nasce con D'Amato senior- il padre, Salvatore, titolare di un imperodi carta, corazzata la Seda - per poi traman-darsi al rampollo e alla compagna, MarilùFaraone Mennella (alla quale è dedicata lacontrocopertina capovolta), che si tuffa - èil caso di dirlo - nel business dell'oro blu,il lucroso settore idrico, e nell'ancor piùghiotta sanità (e il tutto nell'era di AntonioBassolino gran timoniere della RegioneCampania). Un altro passaggio, ed ecco pla-nare verso lidi consociativamente cari, quel-li dalemiani: ed è così che prende corpo ilquarto pamphlet, “Il velardismo”, dedicatoall'uomo, Claudio Velardi, che “sussurravaa D'Alema”, dalla cravatta alle strategie po-litiche. Tanti nomi che si rincorrono, da Mi-cucci a Rondolino, fino a Marchini, Vissani,Stefania Craxi, Crespi, Polito, Annunziata,Napoli, Consoli. Ma leggiamo il sommariodel libello, così come dalla cover: “In prin-cipio era l'inciucio. Poi arrivò l'intesa sot-tobanco. Quindi lo scenario immaginificoin cui collocare le nuove alleanze. Vedi allavoce velardismo. Ovvero perchè destra e si-

nistra non esistono più”. E oggi, in pieno rinascimento renziano?

Nella splendente era del Nazareno? Con l'in-ciucio che diventa matrimonio in piena re-gola? Il minestrone, in cottura da tempo, èservito.

Dagli inciuci ai regali. E' di febbraio2003 lo scoop del primo appartamento “ag-gratis” per Claudio Scajola. Uno col ventoper anni sempre in poppa, visto che gli im-mobili, all'ombra del Cupolone, gli piovonoaddosso senza sborsare un euro, una veramanna, un bingo continuo. Tutti sanno lastoria dell'appartamento vista Colosseo diqualche anno fa, il cadeau degli amici pa-lazzinari, la Anemone band: lui cade dallenuvole, non sa niente, si proclama innocen-te come un giglio candido. E tale lo ricono-sceranno i giudici che - incredibile ma vero- sentenziano che è possibile ricevere unacasa in regalo senza saperlo, o meglio senzache ciò costituisca 'reato': vallo a dire ai sen-zatetto o agli sfrattati di tutti i giorni o aglieserciti di inquilini povericristi che muoio-no per pagare un fitto. Ma nessuno sa - tor-nando a bomba - che anche dodici anni fail fedelissimo del Cavaliere aveva ricevutoun altro pacco dono col fiocco: 320 metriquadrati in via Bruxelles, cuore dei Parioli,uno dei tanti appartamenti confiscati a unmattonaro napoletano in odore di camorra,Francesco Rea. L'appartamento deve essere“utilizzato in modo rigorosamente transito-rio, a favore di personalità istituzionali inrelazione all'incarico rivestito”: così prescri-ve una precisa norma del dipartimento dipubblica sicurezza. Peccato che quell'anno

Story

La copertina di ottobre 2003 e, in apertura,

quella di aprile 2003.

2003

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VOCE STORY - 2003Scajola - abbandonata la poltrona del Vimi-nale - ricopra solo l'incarico di “coordina-tore delle campagne elettorali di Forza Ita-lia”, non il massimo dell'istituzionalità.Quindi un regalo in piena regola, “un ca-deau”, come titolava la Voce. Ma tra lorsi-gnori, si sa, il bon ton non manca mai.

E proprio in quella Voce di febbraioviene alla ribalta un altro investimento deiclan, stavolta lontano mille miglia, addirit-tura nel nord della Scozia, Aberdeen. E' lì,infatti, che hanno deciso di puntare le lorofiches - tanto per lavare meglio - i La Torredi Mondragone. Lo ha denunciato anni pri-ma il sociologo anticamorra Amato Lam-berti, nel più totale silenzio dei media (e suquegli assordanti silenzi la Voce scriveràuna cover, “CircOrfeo”, dedicata all’alloradirettore del Mattino, oggi saldamente insella al Tg1). La Voce pubblica un articolodello scozzese Daily Record, che ricostrui-sce la mappa dei business a base di appar-tamenti, negozi, ristoranti, rammenta l'im-pegno di Lamberti che, nel '94, era stato ad-dirittura minacciato dalla vedova La Torreintervenuta ad un comizio elettorale. Dopoqualche mese, maggio 2003, un altro arti-colo della Voce, “La Torre in piena”, cen-trato sulle verbalizzazioni del boss AugustoLa Torre che “sta svelando legami & affarimiliardari”. Al centro, in particolare, i bu-siness che ruotano intorno al consorzio peri rifiuti Ce 4, che solo dopo anni salirà allaribalta delle cronache. Nelle stessa inchiestasulle monnezze casertane, la Voce scriveun pezzo dal titolo “Ah, Alemanno”. Eccouno stralcio: “Piccole eminenze grigie cre-scono. Anche al ministero per le Risorseagricole, alimentari e forestali, retto da Gian-ni Alemanno di Alleanza nazionale. Il suobraccio destro per le 'politiche' nel Mezzo-giorno viene dal casertano e si chiama Mar-co Cerreto, grande amico, tra gli altri, di Ni-cola Ferraro, uno che di munnezza, riciclag-gio e tante altre cose se ne intende, a bordodella sua Ecocampania”. E via poi con unasfilza di altri nomi non proprio immacolati.Così come non sono viole mammole i nomiche collegano oggi, a partire dall'inchiestadella procura di Roma “Mafia Capitale”, lostesso Alemanno con gli ambienti di Terradi Lavoro. A una dozzina e passa d'anni didistanza, quindi, niente cambia all'orizzon-te: e l'odore di monnezze, soldi e clan è piùforte che mai.

Non è finita, perchè in quell'anno la Vo-ce fa anche una capatina a Roma, per laprecisione al ministero dell'ambiente, dovesiede un burocrate da novanta, l'eterno capodi gabinetto Paolo Togni. Ed è un altro “Cir-co Togni” (dopo il già visto Orfeo) che vain scena, tra una sfilza di conflitti d'interes-se per via delle varie poltrone pubbliche e

private ricoperte, al centro di affari miliar-dari. A chiederne le dimissioni, allora, eraun senatore di Rifondazione comunista,Tommaso Sodano, già braccio destro diAmato Lamberti alla Provincia di Napoli eoggi, 2015, vicesindaco nel comune rettoda Luigi de Magistris (autore, Sodano, conil giornalista d'inchiesta Nello Trocchia dellibro-denuncia “La peste”, sull'affare mon-nezza ben prima che scoppiasse il bubbo-ne): uno che ha sempre puntato l'indice,Sodano, sul ciclo dei rifiuti made in Fibe,ossia la controfigura del colosso Fiat-Im-pregilo. Di Togni la Voce aveva scritto an-che anni prima, a proposito della WasteManagement Italia, il colosso a stelle e stri-sce entrato nell'orbita di un gruppo che sul-la monnezza (e oggi sulle energie rinnova-bile) ha costruito le sue fortune, i Colucci,ora tutto 'core' renziano. E fa una capatinaanche in Puglia, il nostro magazine, con“Buio Fitto”, e in prima fila il fresco gover-natore di quella Regione, il rampante Raf-faele Fitto, oggi in prima fila nella frondaanticavaliere all'interno della dilaniata For-za Italia alle prese col Nazareno. Ecco cosascriveva la Voce: “Filo diretto Campania-Puglia per lo smaltimento delle nostre eco-balle e affari a molti zeri per il gruppo Mar-cegaglia, che ora punta sugli impianti ditermodistruzione, come quello di Massafra,in provincia di Taranto”.

Dalle monnezze alle macerie - tanto permassacrare meglio esseri umani e ambiente- eccoci in Iraq, dove va in scena il dopoguerra umanitaria, la sceneggiata Usa perliberare quelle terre dal tiranno Saddam, fi-nanziato fino al giorno prima, e invece perbeccarsi il petrolio e il controllo di un'areaassolutamente strategica. Ma anche permettere le mani su una ricostruzione chefa sempre gola a tutti, per i vagoni da mi-liardi di dollari che piovono a profusione.Alla Voce, in quei mesi di sangue per lepopolazioni e di affari nel pentolone perLorsignori, ci siamo chiesti: ma vuoi vederese non ci mettono lo zampino anche loro,i mattonari di casa nostra, quelli che giàhanno saccheggiato le casse pubbliche delbelpaese e adesso non vedono l'ora di fion-darsi su quei bottini? Detto fatto, la Vocerealizza una cover, ad aprile 2003, che cer-ca proprio di far luce su intrighi, connec-tion, affari nel deserto iracheno che puòtrasformarsi nella terra dei bengodi per iSignori delle Catastrofi, “I Signori delle Ma-cerie”, come recita il titolo. E così ne sco-priamo delle belle, svariate sigle care ai vipdi casa (e Cosa) nostra all'assalto delle di-ligenze. Ma non potevamo dimenticare unosguardo sui colossi a stelle e strisce, comeCarlyle Groupe, o le acchiappatutto tipoHalliburton - per fare solo due nomi in un

variegato arcipelago - destinati a vedere i lo-ro fatturati impennarsi grazie alle tragedie.Con un cenno particolare alla lobby texana,quella di casa Bush. Che proprio oggi tornain auge, per proporre un altro Bush, il terzodella serie, Jeff, per la nuova Casa biancadel dopo Obama, sponda repubblicana. LaVoce riprendeva alcune dichiarazioni deldeputato elvetico Jean Ziegler, sempre inprima linea nel denunciare traffici e 'lavaggi'internazionali: “I principali dirigenti e leeminenze grigie dell'amministrazione Bush,per la maggior parte multimiliardari, pro-vengono direttamente dagli ambienti dei pe-trolieri texani. Proprio grazie alle società pe-trolifere George Bush, suo fratello Jeff, go-vernatore della Florida, e il loro padre, han-no potuto accumulare una fortuna colossale.Il vicepresidente Dick Cheney, il ministrodella Difesa Donald Rumsfield e la respon-sabile del Consiglio nazionale di sicurezzaCondoleeza Rice sono tutti ex direttori ge-nerali di società petrolifere texane”. E alloranon volete che domani Jeff non possa pun-tare in alto?

La cover di maggio prosegue sull'ondaamericana. Ed è la volta del giallo Sars, gial-lo di nome e di fatto. Perchè - scriveva laVoce - “le armi biologiche, di distruzione dimassa, sono state preparate nei laboratoriUsa, sia per dare una lezione ai cinesi cheper confezionare vaccini e fatturare miliardidi dollari”.

Ma per finire l'anno e tirarci un po' su,eccoci ai gialli vaticani, nella cover “Monsi-gnor Mistero - da papa Luciani a RobertoCalvi, dal capo delle guardie svizzere a Gior-gio Rubolino: esclusive rivelazioni sulle mor-ti eccellenti vaticane”. Faceva seguito adun’altra copertina col botto, tutti i nomi del-l'Arciconfraternita dei Pellegrini a Napoli,una sorta di massoneria bianca, sotto le cuicandide ali si sono storicamente riuniti, al-l’ombra del Vesuvio, imprenditori, profes-sionisti, magistrati e via enumerando, per farsempre del bene, ci mancherebbe, e poi pen-sare a farsi favori incrociati, non guasta mai.Fu un piccolo grande terremoto. Cose pocochiare, affari non sempre trasparenti, tantoche la Curia poi pensò bene di commissa-riare la confraternita. Meglio tardi che mai.Ma ci voleva un Bergoglio per cominciare,in tutto l'edificio di madre chiesa, un'opera-zione di pulizia un po' più radicale...

Due dei volumetti pubblicati dalla Voce nel

2003, dedicati a Di Pietro e Pomicino.

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noi eravamo così

Anche quello di Ilaria Alpi è omi-cidio di stato, con uno stato poicolluso, depistatore, insabbiatore.La Voce a marzo 2004 pubblicaun'inchiesta indicando una pistaben precisa: Ilaria e Miran stavanoindagando su traffici di rifiuti (enon solo) tra Italia e Somalia.ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno dei gialli internazionali, daiconflitti d'oriente - Iraq in testa, rapi-menti compresi - fino alla tragica fine

di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, dove spun-ta qualche pista forte.

Procediamo con ordine e partiamo dal-la cover di maggio, “Guerra”, con la tragicaesecuzione di Fabrizio Quattrocchi in terrairachena, cui farà seguito, a ottobre, una co-pertina “gemella”, “Abbi dubbi”, dedicataalla “sorte di Baldoni, Quattrocchi, Ayad eal ruolo di Maurizio Scelli”, come scrive-vamo nel sommario. Le inchieste della Vo-ce finiscono per raccontare un'altra storia,praticamente oscurata dai media, cioè quel-la di un vero e proprio esercito parallelo,una milizia mercenaria che opera negli sce-nari di guerra e che ha in Italia uno deisuoi avamposti. Così scriveva la Voce dimaggio: “Ma da dove arrivano i plotoni diforze paramilitari chiamate in Iraq per vi-gilare sull'incolumità delle autorità occu-panti? A indagare è ora la procura di Ge-nova, la stessa città da cui proveniva Quat-trocchi. La stessa città in cui ha sede la so-cietà per la quale Fabrizio aveva lavorato,la Security Ibsa Italia srl. Benchè finora suimedia come responsabile della società siaapparso solo Roberto Gobbi, Ibsa Italia è diproprietà del milanese Giacomo SpartacoBertoletti, 63 anni, fondatore e direttore an-che di un mensile dedicato alle arti mar-ziali, Samurai. Ibssa Italia fa parte della ca-tena Ibssa, ovvero International BodyguardSecurity Service Association, fondata inFrancia nel 1994 ma con sede principale aBudapest e associati in 90 paesi del mondo.La segreteria dell'Associazione di guardiedel corpo mondiali si trova a Tel Aviv, inIsraele”. Attraverso ulteriori passaggi socie-tari si arriva poi a un altro collegamento ba-

se, quello con il “Nuovo Parlamento Mon-diale”, la sigla framassonica internazionalefondata da un palermitano, il Lord Presi-dente Mons. Sen. Viktor Busà, fra le altrecose (da far invidia ai cav.lup.mann. di fan-tozziana memoria) autodichiaratosi “Arci-vescovo ortodosso della chiesa russa auto-cefala”. Scherzi a parte, secondo non pochistudiosi di Servizi deviati & dintorni, il par-lamento mondiale è un crocevia di affari einteressi da non poco, a partire dai trafficidi documenti (è un gioco da ragazzi, perun iscritto, avere un passaporto diploma-tico) per finire ai rapporti con altre strutturepoco trasparenti, come, ad esempio, la“Malta rossa”, ossia l'ordine parallelo aquello ufficiale dei Cavalieri di Malta.

Da un ordine all'altro, eccoci ai Tem-plari, che passiamo ai raggi x in un repor-tage di novembre 2004. E torniamo semprea bomba, in Iraq. Ai bodyguard. Sì, perchèuno dei quattro rapiti come Quattrocchi,Salvatore Stefio, “nel mese di ottobre - scri-ve la Voce - riceve a Palermo, nella chiesadi San Giovanni dei Napoletani, l'investi-tura di Cavaliere Templare nel corso di unasolenne cerimonia. “Per me che ho vissutola prigionia in terra islamica - dichiara Ste-fio - i principi dei Templari sono moltosentiti”. Principi missionari e pacifisti aparte, forse Stefio non sa che i Templarisono una 'potenza', vista, come dettagliavala Voce, “la consistente penetrazione deiCavalieri Templari nelle istituzioni italiane

e in quelle mondiali, dai ministeri alla Na-to, passando attraverso l'Unicef e le NazioniUnite”.

Ed eccoci alla terza cover, settembre,sulle due Simone, il terzo anello della ca-tena. Titolo, “La chiave del rapimento”, eil significativo sommario: “C'è un unico filorosso che lega il tragico destino di Quat-trocchi col rapimento delle due pacifisteitaliane. Alcune circostanze inedite potreb-bero aiutare a trovarlo. E condurci nellostrano, oscuro mondo degli ordini cavalle-reschi più volte finiti nel mirino della ma-gistratura”. E' un altro valzer di sigle, quelloche si dipana entrando di nuovo nella giun-gla delle security: Naf Security, Dts Securityche così si uniscono alle due già viste, legemelle di casa Bertoletti, Ibsa e Ibssa. In-somma una giungla che più intricata nonsi può. E viene da chiedersi: ma che fineavranno mai fatto le tante inchieste, sparsesul territorio nazionale (Genova, Bologna,Roma, Bari, Napoli, per citarne solo alcu-ne), che hanno cercato nel tempo di vedercichiaro su Ordini (ufficiali e paralleli), secu-rity, strane affiliazioni (un nome che ci vie-ne in mente per tutti e sul quale avevamoscritto anni prima, i “Corpi garibaldini”,sorta di croce rossa parallela con tanto dieliambulanze al seguito), tra soldi, appalti,documenti fasulli e chi più ne ha più nemetta? Boh. Il buio più fitto. Flop. Per laserie: il pozzo nero dei soldi spesi per in-chieste mai arrivate al capolinea. Quindi,cittadini-contribuenti gabbati due volte: peri fondi buttati dalla finestra e per i delin-quenti a piede libero, con i misteri che re-

Story

La copertina di marzo 2004 e, in apertura,

quella di gennaio 2004.

2004

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VOCE STORY - 2004stano in piedi.

E quale altro giallo è lì a urlare per unagiustizia che non c'è? Quello di Ilaria Alpie Miran Hrovatin, vent'anni e passa di ve-rità negata (nelle aule), c'è morto il padredi Ilaria, la madre ormai non aspetta piùniente, la sua sconsolata rassegnazione ègiunta al punto di ritenere del tutto inutileil “premio Ilaria Alpi” per il giornalismo,ormai passerella di consunti bla bla. Perchèanche quello di Ilaria e Miran è omicidiodi stato, e con uno stato poi colluso, depi-statore, insabbiatore, affossatore. La Voce amarzo 2004 pubblica un'inchiesta al calorbianco, sul giallo, indicando una pista benprecisa: Ilaria e Miran stavano indagandosu traffici di rifiuti (e non solo) tra Italia eSomalia. Soprattutto su dei misteriosi in-terramenti di fusti super tossici disseminatilungo un'arteria stradale, quella per Bosaso.Ci sono delle foto a testimoniarlo, foto digrossi fusti sparsi tra le dune, nel percorsodi morte che porta verso il mare. La Vocericostruisce la storia. Una storia pericolosa,perchè in ballo ci sono nomi da novanta,pezzi grossi dell'industria privata (e poipubblica), ci sono di mezzo complicità deileader somali dell'epoca (la famiglia di SiadBarre), ci sono di mezzo i soldi della coo-perazione. Si parte dalla Techint della po-tente famiglia Rocca (col timoniere Gian-felice nella hit dei contribuenti italiani eda sempre a un passo dal vertice di Con-findustria) che si aggiudica un mega appal-to Fai per la realizzazione di pozzi idrici.In un incredibile balletto di appalti e su-bappalti, poi, divide la torta con il gruppoPisante (ricordate? quelli dei nastri traspor-tatori di Manfregonia, '92) e la Ecologia spadei fratelli Gavio (allora sotto inchiesta perle tangenti Itinera con l'ex presidente del-l'Eni Gabriele Cagliari, oggi i re delle auto-strade di casa nostra). Ma chi era sul pontedi comando di Techint in quegli anni?Nientemeno che Paolo Scaroni, che ne faràil suo trampolino di lancio per la poltro-nissima di presidente del colosso Eni. Cincin. Ma pensate che di questa storia abbiamai scritto qualcuno? Che una toga si siapremurata di indagare? Macchè. I soliti por-ti delle nebbie. Un piccolo scampolo di ve-rità in un'aula di tribunale per le dichiara-zioni di un ex dipendente Techint, DavideCafiero, su false fatturazioni che non volevaavallare. E una querela fatta all'inviato delCorsera Massimo Alberizzi che l'aveva rac-contata. Poi il buio più nero.

Come quei pozzi, Come quei fusti tos-sici. Che gridano ancora vendetta, ogni annoche passa: a certificare la morte della giusti-zia nel nostro Paese. Come è successo perl'assassinio di Carlo Giuliani, al G8 di Ge-nova, 2001. Così la Voce a febbraio 2004:

“Una sentenza già scritta che - come spessoaccade nella storia giudiziaria italiana quan-do sotto accusa è lo Stato - preannunciaval'esito finale delle indagini e la definitivaarchiviazione delle responsabilità per gli au-tori del delitto”. Tracciavamo un ineditoprofilo del procuratore capo a Genova, LuigiFrancesco Meloni, delineavamo i contornisempre più inquietanti delle perizie pilotate:tutto perchè verità sia sepolta.

Ma le storie somale, incredibilmente,si incrociano con altri misteri esteri. Cheportano addirittura in Nicaragua. In quellostesso numero della Voce su Ilaria, infatti,parecchi protagonisti e interpreti fanno ca-polino nel giallo del caso Parmalat. Cosìsintetizzavamo: “Dalla Somalia ai bubbonidi casa nostra targati Federconsorzi e, oggi,Parmalat. Ci sono proprio tutti, i protago-nisti dei crac. Riuniti all'ombra della po-tente Opus Dei”. Ed è così, ad esempio,che ritroviamo i soliti amici, Scaroni e iPisante, sotto l'ombrello della corazzata tut-ta sanità e santità Humanitas (suo l'avam-posto di Rozzano, nel milanese); caso maiin compagnia di un pezzo grosso dell'Opusdei, Gianmario Roveraro, l'uomo che hadisegnato le prime strategia di lancio diuna Parmalat ancora in fase di lancio, e or-ganizzato la svendita del colosso Feder-consorzi: poi sparirà in circostanze miste-riose. E braccio destro di Roveraro è peranni Ettore Gotti Tedeschi, altro opus deia tutto tondo, per un po' timoniere di casaIor, la cassaforte di tutti i segreti vaticani.E dove saranno mai finiti i vagoni di mi-liardi spariti dalle casse di Parmalat? Vo-latilizzati? Oppure volati in Nicaragua, do-ve al vertice della prima banca del Paesec'è un finanziere amico, Carlo Pellas. LaVoce riceve informazioni dettagliate, si fan-no nomi e cognomi, si parla di conti cor-renti, transazioni, voli: insomma tutto perpilotare la 'svendita' del colosso di Collec-chio, alla faccia dei risparmiatori beffati eper costruirsi una nuova fortuna in comodiparadisi fiscali esteri...

Dai buchi neri di tante storie, ai neriautentici. Ed eccoci ad altre due cover,d'inizio e fine anno. Partiamo dalla prima,“Allarme nazi - La Cosa Nera”, ossia lacreatura che è ancora nel ventre della du-cessa. “Dopo anni - scrive la Voce di gen-naio - trascorsi a rifarsi una verginità de-mocratica, scendendo in campo perfino colpartito trasversale delle donne, all'indoma-ni della brusca virata di Fini, AlessandraMussolini si ritrova a fondare un partito adestra di ogni destra, insieme a un mani-polo di nazifascisti, alcuni implicati nellestragi di Stato. Ecco chi sono, processo perprocesso, i camerati d'avventura”. Tra i no-mi spiccavano quelli di Luca Romagnoli

(l'erede di Pino Rauti e della sua FiammaTricolore), Adriano Tilgher (a bordo delFronte Nazionale) e Roberto Fiore, in sellaa Forza Nuova. La Voce ha già scritto delleloro gesta in altre occasioni, in particolareun reportage di novembre '98 (“Eravamoquattro amici al Nar”) nel quale, in parti-colare, ci soffermavamo sulle performanceaffaristiche (e non solo) di Fiore & cameratiin Inghilterra. Molte notizie erano già stateriportate dalla stampa britannica, uno pertutti il Guardian, non noto per le sue sim-patie bolsceviche. Veniamo querelati, tuttele circostanze “pesanti” - comprese le con-danne per tentata strage e la prossimità aiservizi segreti britannici - vengono confer-mate dal giudice (Giovanni Fragola Rabua-no) che però ci condanna per una notizia:un viaggio (riportato, appunto, dal Guar-dian) in Libano. Cos'era successo? Il ligioRabuano aveva interrogato Fiore: “Lei inLibano c'è stato?”, risposta “No”. Allora, laVoce condannata per quel viaggio. In ap-pello, of course, la sentenza viene ribaltatae vinciamo. A novembre 2004, comunque,eccoci all'atto secondo: ossia ad un altromatrimonio in vista, stavolta tra la neo crea-tura nazi e nientemeno che Forza Italia, au-spice Marcello Dell'Utri: “Casa Nera” è iltitolo della cover. Insomma, Dio li fa e poili accoppia.

Quell'anno finisce con la memoria diuna grande anima della Voce, lo scrittoreLuigi Compagnone, che ha firmato pezzi,corsivi, rubriche (il giornalismo gli fornivamateriali per lavorare “d'estro disarmoni-co”), regalato racconti e poesie. In quel2004 esce la raccolta di versi “Dolore d'epo-ca”, a seguire “La Vita Nova di Pinocchio”.La Voce organizza un incontro all'Istitutoitaliano per gli studi filosofici dell'indomitoavvocato Gerardo Marotta, carattere fierocome quello di Luigi. Un Compagnone - ri-cordavamo - che “ha rappresentato l'animavera, forte, coraggiosa della Voce lungo tuttigli anni settanta. L'anima che attacca, de-nuncia, con i suoi versi e con i suoi fondidi fuoco. Dove ogni parola, ogni sillaba èstracolma di senso civile, la voce di chi èsfruttato, calpestato, privato dei propri di-ritti”. Ecco un suo dono alla Voce: “E' lardoche v'ingrassa. Ed il cemento. / E poi la pa-rentela del mercato. / Ed il ragù politicoaromato / di vecchia sacrestia e di tradi-mento. / Riveriti alla banca e nel convento/ e in casa dello Scriba autorizzato / vi ada-giate sul trono del cacato / dalle viscere vo-stre a cuor contento. / Cuor di ladroni dovel'impostura / batte a tempo con tempi di ra-pina / nella legalità della baldoria / entrolo scialo delle nuove mura / innalzate davoi sulla rovina / d'una città smerdiata dallaStoria”.

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noi eravamo così

A marzo pubblichiamo un'inter-vista a Carlo Taormina, secondoil quale per le due Simone “è statopagato un consistente riscatto” (lacifra si aggirava sui 5 milioni dieuro), “per Baldoni non si fece intempo”, mentre “per GiulianaSgrena la trattativa è in corso”.ANDREA CINQUEGRANI

2005, l'anno dei Bilderberg. Una parolache, da qualche tempo a questa parte,è stata sdoganata, soprattutto nei di-

battiti che affrontano le crisi europee, il po-tere degli Usa e della troika, il killeraggiomonetaristico dei paesi che non ci stanno,come la Grecia. Ma allora, esattamente die-ci anni fa, il più totale silenzio mediatico,solo rapidi sussurri in rete, tra i social net-work, caso mai un breve report di un gior-nalista-infiltrato in un summit supersegreto.Come quello del 3 giugno 2004, sulle rivedel lago Maggiore, in un esclusivo albergodi Stresa. E' lì che si riuniscono i potentidella Terra per decidere gli assetti del mon-do, per vedere quali politiche monetarieadottare, come spartirsi le risorse, qualiconflitti caso mai alimentare perchè utili -come insegna mamma America - non soloper l'industria bellica ma per le finanze delpaese. Festeggiano i loro 50 anni, quel giu-gno 2004, perchè il primo summit si tennenel '54 ad Oosterbeek, in Olanda, tra i sa-loni dell'hotel Bilderberg, primo condottie-ro sua maestà il principe Bernardo de Lip-pe, ex ufficiale delle SS, che guiderà le suetruppe per un ventennio, quando verrà tra-volto dallo scandalo Lockheed; suo bracciodestro Joseph Retinger (attenzione, non Rat-zinger), un faccendiere polacco dai millerapporti che contano. Fitta, a Stresa, la pat-tuglia italiana, che fa gli onori di casa perricevere ospiti del calibro di Henry Kissin-ger e Richard Pearle, David Rockefeller eMelinda Gates. Ecco, fior tra fiore, alcunidei nostri papaveri: Rodolfo De Benedetti,Franco Bernabè, Mario Draghi, Gabriele Ga-lateri, Mario Monti, Tommaso PadoaSchioppa, Corrado Passera, Paolo Scaroni,Domenico Siniscalco, Giulio Tremonti,Marco Tronchetti Provera. Fra i giornalisti

di casa, Ferruccio De Bortoli, Lucio Carac-ciolo e Gianni Riotta. Non presero partealla convention, quell'anno, due habituècome Romano Prodi e Walter Veltroni. Ec-co cosa scriveva la Voce di febbraio, a pro-posito di possibili (sic) conflitti d'interesse:“Sono in parecchi, oggi, a domandarsi nel-le aule del parlamento europeo, a Strasbur-go, come è stato possibile avere per tantianni un commissario italiano come MarioMonti, membro a tutti gli effetti di Bilder-berg; e come, soprattutto, è stato possibileavere un commissario europeo quale Ro-mano Prodi, sicuro supporter di quellalobby”. Negli anni seguenti ci sarà poi dachiedersi come mai l'Italia ha dovuto sor-birsi un premier, Monti, mai votato; e co-me mai mister Prodi sia tra i papabili - pa-re addirittura senza più veti del Cavaliere- per il Colle 2015.

Dagli Usa agli Usa, la cover d'inizioanno, gennaio, era dedicata allo tsunamiche dieci anni fa devastò il Bengala. “On-de Cia”, il titolo: “Chi aveva avuto pertempo le notizie sull'onda mortale in ar-rivo e, in oltre due ore, non ha avvertitola popolazione? Quale è stato il ruolo de-gli Stati Uniti e perchè solo la base diDiego Garcia non ha riportato danni? Eora, cosa significherà il controllo degliaiuti? Tanti interrogativi e qualche incre-dibile risposta”. Non si trattava delle pro-fezie di Adam Kadmon, né di teorie paracomplottarde: ma di autentica controin-

formazione, come quella contenuta in unbest seller del giornalismo investigativomade in Usa, “Tutto quello che sai è fal-so”, che ti arriva a smontare “scientifica-mente” anche l'allunaggio (per la serie,quando le bufale diventano realtà, e casomai riescono a volare).

Per rimanere con i piedi per Terra, tor-niamo in Iraq, e al giallo dei rapimenti, or-mai una vera catena che da Baldoni eQuattrocchi, fino alle due Simone è ora alculmine con il caso della giornalista Giu-liana Sgrena, e la tragica morte di un ser-vitore (una volta tanto un signore ai Servi-zi) dello Stato, Nicola Calipari, ucciso dalfuoco 'amico' (sic) degli alleati a stelle estrisce. La Voce ricostruisce la vicenda, esoprattutto l'inedita somiglianza con unepisodio simile, quando due body guarditaliani, Valeria Castellani e Paolo Simeoni,rischiarono di fare la stessa fine (e a lorovolta avevano arruolato Quattrocchi). Epubblichiamo un'intervista all'allora depu-tato di Forza Italia Carlo Taormina (chepresiedeva la commissione d'inchiesta sulcaso Alpi-Hrovatin) che ne racconta dellebelle: dice che per le due Simone “è statopagato un consistente riscatto” (la cifra siaggirava sui 5 milioni di euro), “per EnzoBaldoni non si fece in tempo”, mentre “perGiuliana Sgrena la trattativa è in corso”.Quindi, nessun dubbio che in tutte le si-tuazioni si sia parlato, trattato, deciso im-porti e modalità. Alla faccia dei negazionisti(solo per Aldo Moro, in realtà, la trattativanon è mai cominciata, perchè “Moro dove-va morire”, come hanno documentato Fer-

Story

La copertina di febbraio 2005 e, in aper-

tura, quella di marzo 2005.

2005

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VOCE STORY - 2005dinando Imposimato e Sandro Provvisio-nato nel loro libro). E la Voce, in quelle pa-gine, ricostruisce un altro scenario di casanostra: il “riscatto” che i nostri Servizi pa-garono per la cattura di Totò Riina, il man-cato controllo del covo per ben due setti-mane e, soprattutto, il vero lasciapassare -o chiamatela se volete la polizza sulla vita- per Bernardo Provenzano, quell'archiviodei 3000 nomi custodito nella cassaforte diRiina e magicamente volatilizzato.

Ma non è finita sugli scenari di guerra,perchè in quel 2005 la Voce realizza altredue cover per cercare di documentare i fo-schi - e milionari - scenari di security, didifese parallele, di eserciti mercenari: Ser-vizi regolarmente coperti. E' di giugno l'in-chiesta “I mercenari dello Stato italiano -I rapporti segreti di Parlamento Mondialee Ibssa con Esercito e Partiti”. Sono idrammatici giorni di un altro rapimento,la volontaria Clementina Cantoni nelle ma-ni dei guerriglieri afgani. Ecco il sommariodi quel reportage: “Nelle ore in cui salel'allarme per la sorte di Clementina Can-toni, vengono alla luce inquietanti legamifra le sigle internazionali per il reclutamen-to di eserciti paramilitari e interi pezzi del-lo Stato italiano. A cominciare dalle ForzeArmate. Per finire con alcuni personaggiche portano dritto in casa di Alleanza Na-zionale”. E, non va dimenticato, a queltempo ministro degli Esteri era un certoGianfranco Fini... . Passiamo ad ottobre,con la cover “Lo Stato Parallelo”: ulteriorinotizie, altre conferme sulle connection abase di mercenari & affari, decisi in segre-te, ovattate stanze. Ecco l'eloquente som-mario: “Emerge per la prima volta un col-legamento tra la Dssa, la 'polizia parallela'di estrema destra fondata dal duo GaetanoSaya-Riccardo Sindoca, e la Ibssa, tirata inballo nell'ambito dell'inchiesta sull'arruo-lamento di Quattrocchi, Stefio, Agliana eCupertino in Iraq. Il filo rosso parte dallaMacedonia, a bordo di una sigla umanita-ria, e conduce a Palermo, fino al Parlamen-to Mondiale di Vittorio Busà”.

Il filo rosso - anzi nero - prosegue conla cover di fine anno, un brindisi con ilVenerabile che, a quanto pare, sta tornadoalla grande (ma era mai sparito?). “Il ritor-no di Gelli”, il titolo, e un sommario cheè tutto un programma: “Le massonerie in-ternazionali ora escono allo scoperto. Lofanno attraverso sigle ammantate di bene-ficenza e pacifismo, dislocate da un capoall'altro del mondo. Per la prima volta por-tiamo alla luce il filo che collega Licio Gel-li e i suoi figli con una sigla umanitariamacedone in cui siedono membri del Par-lamento Mondiale di Palermo ed espo-nenti della Polizia Parallela”. Nel pezzo

si parla di “gestione di ingentissime ri-sorse destinate a fini umanitari” e si ri-corda, fra l'altro, che uno dei rampolli diGelli, Raffaello, è ormai di casa all'Onu,dove segue i destini di una organizzazio-ne non governativa, l' “Agenzia delle cittàunite per la cooperazione nord-sud” edè al timone di Uta, United Towns Agen-cy, che associa circa 2000 professionistidi tutto il mondo e dove lavora anche laconsorte, Marta Gelli, che trova il tempoper tessere una fitta rete di affari tra ilprincipato di Monaco e svariati paesi eu-ropei e non solo.

Per par condicio, comunque, ancheuna copertina sui destini dell'Opus dei,soprattutto all'indomani della morte diGiovanni Paolo II. Nel pezzo di aprile2005 in prima fila la figura di Alì Agca(un paio di mesi fa tornato sul luogo del-l'attentato con un bel mazzo di fiori in ma-no e un segreto - oltre quello di Fatima -sempre ben stretto), poi si parlava del suc-cessore (“il cardinale Joseph Ratzinger,uno tra i 'papabili', ventisette anni fa capodella delegazione opusdeista che elesseKarol Wojtyla sul soglio di Pietro”), e diun altro quasi papa, il presidente “a vita”di Bankitalia (e tale soprattutto per volontàdel Cavaliere) Antonio Fazio. Scriveva laVoce: “Ritroviamo Fazio tra i leader diun'altra creatura tutta business e chiesa: sitratta della fondazione “Sorella Natura”,che si ispira alle prescrizioni evangelichedel poverello di Assisi per fondare unaBanca etica, acquistare e ristrutturare im-mobili come la chiesa di Santa Croce adAssisi, nonché stringere intese con partnercome la Popolare di Lodi ma anche colos-si del calibro di Unicredit, Sanpaolo Imi,Montepaschi, Banca Sella”. Quella popo-lare di Lodi dell'amico e compagno di me-rende Giampiero Fiorani...

Ma proprio in quei mesi cominciava-no a soffiare i venti di Bancopoli, le sca-late dei furbetti del quartierino a un'An-tonveneta o ad un Corriere della Sera, esempre con la benedizione di papà Fazio.Ecco cosa scriveva la Voce a maggio, sottoil titolo “Arriva er cash”: “Il Banco di Bil-bao vuol fare il colpaccio? Pronto a scen-dere in campo il ruspante palazzinaro Da-nilo Coppola, col suo amico aversano Giu-seppe Statuto. Hanno già in mano il 10per cento delle azioni ma possono fare dipiù. E, soprattutto, sono uomini cash. In-tanto la rampante Popolare di Lodi scalaAntonveneta, dopo aver fatto man bassadi chiacchierati titoli siciliani”. E comenon ricordare, poi, uno dei protagonistidella band, lo Stefano Ricucci ai tempi delgossip via Anna Falchi. Ma chi scendevain campo, allora, per difendere i mattonari

de noantri, il libero mercato? Un Piero Fas-sino che sbotta: perchè criminalizzare gliimmobiliaristi? E poi a difendere il colossocoop Unipol, che, poverino, qualche annodopo farà un sol boccone (fino a qualcheanno prima indigeribile) della Sai di casaLigresti. E allora, in quella bollente estate,i Ds in prima fila contro “le intercettazioniche violano la privacy”, con un governoche fa quadrato: “in futuro le intercettazio-ni saranno ammesse solo per questioni dimafia”. “Come se la vendita di un colossobancario - scriveva la Voce - fosse una vi-cenda condominiale. E i reati contro il pa-trimonio pubblico, gli assalti alle casse del-lo stato, naturalmente, sono bazzecole”. Seallora si toccò il fondo, oggi siamo scesimolto più giù: con le ultime dal Palazzoche affossano ogni briciolo della già ago-nizzante libertà di stampa, l'impossibilitàdi virgolettare una parola da verbali cheneanche sono più coperti dal segreto istrut-torio. Roba che nemmeno nei gulag dellapiù remota Siberia (pene pecuniarie, retti-fiche & via d'esecuzione in esecuzionesommaria).

Se ci sei ancora, da queste parti, caroRoberto Saviano, batti un colpo. Dì qual-cosa. Scrivi qualcosa per questa libertà distampa che meriterebbe qualche grammodi rispetto in più. Saviano ha collaboratoalla Voce a partire da fine 2005, con unpezzo - proprio - “Stampa di rispetto”. Nonusava mezzi termini, Roberto: “Corriere diCaserta, Gazzetta di Caserta, Cronache diNapoli. Veri e propri bollettini quotidianidi camorra”. Così scriveva: “Spesso sannodi avere come interlocutori affiliati, fian-cheggiatori, boss e capizona, imprenditorie politici vicini ai cartelli camorristici. Nel-le supercarceri, non ci sono casertani e na-poletani che non abbiano l'abbonamento aquesti giornali”. Ancora: “Articoli rivoltiad un pubblico di affiliati, ma anche perchi vuole capire le decisioni importanti suquali tavoli vengono prese. Da questi fogliche chiamano i boss con i loro sopranno-mi, che già tracciano condanne e alleanzeprima d'ogni sentenza e indagine, si leggo-no ogni giorno le volontà di chi comanda”.Altro che pizzini...

L’articolo di

Roberto

Saviano per

la Voce di

novembre

2005.

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noi eravamo così

Due inchieste della Voce vinconoil Premio Saint Vincent per i mi-gliori reportage. Si tratta di duegialli in piena regola: il “suicidio”del manager Telecom Adamo Bo-ve, e l'avvelenamento di AlexanderLitvinenko con uno 007 italiano,Mario Scaramella, a tutto campo.ANDREA CINQUEGRANI

E' un grande anno per la Voce, quel2006, che fa un colpo doppio: perchèsaranno due inchieste della Voce a

vincere il Premio Saint Vincent per i mi-gliori reportage pubblicati da magazine.Si tratta di due gialli in piena regola: il“suicidio” (sic, stile Pinelli) del managerTelecom Adamo Bove, l'avvelenamento diAlexander Litvinenko con uno 007 italia-no, Mario Scaramella, a tutto campo.

Partiamo dalla prima cover, “Telecom-plotto”, e il significativo sommario: “la tra-gica fine di Adamo Bove, il supermanagerdella security Telecom “suicidato” con unvolo da 40 metri lo scorso 21 luglio, po-trebbe essere solo l'ultimo atto del duroscontro tra poteri finanziari (e paramasso-nici) occulti per il controllo del colosso ita-liano di telefonia e, forse, del futuro delletelecomunicazoni in Europa. Vediamo gliinediti assetti del potere in Telecom, trauomini di area Opus Dei, faccendieri e pi-duisti”. Sullo sfondo, affari & faide in casaTelecom, la band di spioni arruolati dal pa-tròn, Marco Tronchetti Provera, agli ordinidel super 007 Giuliano Tavaroli. E un'in-chiesta avviata su quegli intrecci, dove allafine pare che il capo, Tronchetti, potessenon sapere che i suoi uomini spiano perconto di lui (sembra la storia degli appar-tamenti regalati a Scajola a sua insaputa).L'altra inchiesta bollente, quella sul “sui-cidio”, presto archiviata (ma la famiglia diBove non ci sta). Nel bel mezzo, tracce diopus & massoni. Sì, perchè Bove era unodei docenti più stimati nelle fila di “ElisFellows” (la sigla che organizza i seminariOpus), tanto da risultare, anche dopo latragica morte, come “docente” (fra paren-tisi, poi, “deceduto”); mentre sul fronte dicappucci e grembiulini, da segnalare un

nome, quello di Emanuele Cipriani, il de-tective a capo della Polis d'istinto, legatoa Tavaroli (e insieme arrestati per ordinedel gip milanese Paola Belsito) e, soprat-tutto, grande amico di Raffaello Gelli e disua moglie, Marta (li abbiamo già vistiqualche anno fa).

Passiamo alla Scaramella band. Conun caso - quello dell'avvelenamento dello007 russo - che oggi torna prepotentemen-te alla ribalta, per via del grosso processoche a fine gennaio 2015 parte presso l'Al-ta Corte britannica: convitato di pietra,Putin, perchè dal Kgb di Mosca sarebbepartito l'ordine di eliminare la scomodaex spia; ma teste d'eccezione Scaramella,su cui pesa la pesante ombra di un audioin cui sono state registrate le ultime pa-role di Litvinenko. Una storia intricatis-sima, quella del “polonio”, che la Voceracconta a dicembre nella cover “Servizie Segreti” e un sommario che è già tuttoun programma: “La vera storia dello 007Mario Scaramella, un pedigree pieno dimisteri. Dalla Ecpp, lo scrigno che ha gi-rato per mezzo mondo, passando per leamicizie più imbarazzanti e le parenteleeccellenti, fino ai rapporti con tre serviziin un colpo solo. Nella nostra inchiesta,tappa dopo tappa, cerchiamo di ricostrui-re il puzzle. Che passa per Napoli, Poten-za, San Marino fino a Miami e in Soma-lia”. E a quanto pare - stando alle ultimis-sime - gli interessi di Scaramella ora si

dividono “tra Roma e Mogadiscio”. Il gial-lo, allora, balzò sulle prime pagine perchèl'ultimo incontro dello 007 russo era statoproprio con la spia di casa nostra, in unristorante sushi di Londra. E Bond-Scara-mella a quel tempo era stato arruolato dalpresidente della commissione Mitrochin,Paolo Guzzanti, come suo consulente. Og-gi lo stesso Guzzanti dichiara: “Litvinenkovenne ucciso col polonio, io e Scaramellacon falsità prefabbricate”. Farebbe bene,oggi, Guzzanti a spiegare il perchè di quelmega incarico a Scaramella; e perchèscambiò per buoni dei documenti chiara-mente taroccati, come i falsi confezionatiin serie dallo 007 vesuviano nientemenoche al consolato generale d'Italia a Miami(dove lavorava un altro amico impegnatonelle attività di security, Filippo Marino).Comunque sia, Scaramella è uno che con-ta, e soprattutto può contare su parenteleal top. La sorella Adele, ad esempio, ègiudice al tribunale di Napoli: suo il maxiprocesso sulla monnezza a Napoli, impu-tato eccellente, fra gli altri, Antonio Bas-solino, assolto. Zio è poi Antonio Rastrel-li, ex governatore di An alla Regione Cam-pania (suo il primo piano rifiuti), mentrel'avvocato Sergio Rastrelli, figlio di Anto-nio, è il legale di Scaramella. Da un togaall'altra eccoci a una star, Arcibaldo Miller,per anni procuratore di punta a Napoli eper quasi un decennio super ispettore mi-nisteriale (trasversale al punto giusto, coni governi Prodi e Berlusconi): la figlia Cri-stina, ispettore di polizia, ha sposato Pie-tro Scaramella, fratello di Mario. E due

Story

La copertina di ottobre 2006 e, in apertura,

quella di dicembre 2006.

2006

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VOCE STORY - 2006grandi amici nel tempo: Sergio De Grego-rio, il trasvolatore sulle rotte Berlusconi-Di Pietro e ritorno (con tanto di miliardial seguito, come ammesso); e Italo Boc-chino, l'ex braccio destro di Fini in An,che ha incrociato spesso i destini dellasua Finbroker a San Marino con quellidella Ecpp di fede scaramelliana (con unaFinbroker a sua volta dentro misteri & af-fari targati Telekom Serbia).

Se vogliamo tuffarci ancora di più nel-le trame Bilderberg-Opus-Massoni, non re-sta che l'imbarazzo della scelta. Partiamoallora da gennaio, in sella alla “Stirpe deiDraghi”, e un ritratto inedito del neogover-natore di Bankitalia che poi passerà in sel-la al colosso Bce. Ecco il sommario: “L'ar-tefice delle privatizzazioni Draghi ha mes-so d'accordo maggioranza e opposizione,Tremonti e Prodi. Che, come lui, siedononella potente superloggia dei Bilderberg.Ecco la vera storia di una svendita - quelladell'ex colosso industriale Italia - che co-mincia esattamente dove nasce l'operazio-ne Mani Pulite: sul panfilo Britannia disua altezza reale Queen Elizabeth, nel1992”. Ecco, nell'inchiesta, come la Vocericostruisce quel clima politico. “Ad argi-nare la tempesta arriverà il governo di sa-lute pubblica guidato da Giuliano Amato,il dottor Sottile passato dalla fedeltà cra-xiana a quella dalemiana. E per guidare iltanto sospirato piano di Privatizzazioni -il solo che potrà salvare l'Italia dalle tem-peste finanziarie - chi potrà esserci mai?Of course, Super Mario Draghi, che in ottoanni porterà a casa un bottino da quasi200 mila miliardi di vecchie lire, venden-do a destra e a manca gli ex gioielli di ca-sa, anzi dello Stato”. Si parte con la ven-dita Efim, poi a seguire - governo Amato,vigile sguardo di Super Mario - sarà la vol-ta dei big Enel, Eni, Ina e Iri trasformati incomode spa. Tanto per regalare meglio (al-tro che risanamento, e lo vediamo dai di-sastrati conti odierni).

Eccoci all'Opus. E all'indomani delgiallo Roveraro. Così scrive la Voce nellacover di settembre “Dentro la HoldingOpus Dei”: “La scomparsa del finanzieree soprannumerario Opus Dei GianmarioRoveraro, avvolta da dubbi e circostanzeoscure, ci guida alla scoperta degli inediticolossi finanziari messi su dai ferventi se-guaci di Josemaria Escrivà, che spazianotra fede, business e politica, con la bene-dizione di alcuni vertici istituzionali delPaese. Filo conduttore è il supermanagerGiuseppe Garofano, ultimo protagonista ri-masto sulla scena del ciclone Mani Pulitema, soprattutto, socio eccellente del-l'Opus”. Un giallo nel giallo, la fine di Ro-veraro, i cui “resti” vengono identificati

non si sa come: torna subito alla mente ilcaso di Sergio Castellari, l'ex direttore ge-nerale delle partecipazioni statali inquisitoper lo scandalo Enimont, e ritrovato mu-tilato, decomposto, ma subito “riconosciu-to” (e certificato il suicidio: peccato che lapistola fumante si trovasse, “stranamente”,tra cinta e pantaloni). Mesi prima, a mar-zo, la Voce aveva scavato dentro il cracParmalat - la creatura lanciata da Tanzi eRoveraro anni prima nel jet set societario- scoprendone delle belle (e delle balle peri risparmiatori truffati). “Parmalat, ecco chici ha guadagnato - Le buona azioni di mi-ster Bondi”, il titolo della cover. “Ecco ilmiracolo di San Gennaro per migliaia difornitori dell'azienda di Collecchio finitain crac, con un titolo che fa il salto triplo.Ma spuntano quattro società che hannofatto man bassa delle azioni prima dellosbarco in Borsa. Chi si nasconde dietro lamaxi operazione?”. E la Voce pubblicavaun lungo elenco di baciati dalla fortuna:ossia “tutti gli istituti finanziari, una no-vantina, che hanno aperto i rubinetti delcredito per l'ex creatura di Tanzi e ora siritrovano proprietari di quasi un terzo delcapitale con azioni della Nuova Parmalat”.Una bella cuccagna (mentre i piccoli azio-nisti piangono e, al massimo, recupereran-no il 20 per cento, erano le previsioni).

Siamo ai Massoni. Che vediamo ai na-stri di partenza in occasione del voto diaprile 2006 (“tutti i candidati che fannoriferimento a vecchie e nuove massonerieinternazionali in uno scenario da brividi.Fra tempalari 'a volto scoperto' e avanzidella P2, mentre anche l'Opus Dei scendedirettamente in campo”). Oppure sulle rot-te della monnezza miliardaria nel repor-tage “Licio io vorrei che tu, Cipriano edio...”, dedicato alle mirabolanti e maleo-doranti imprese di Cipriano Chianese, soloda pochi anni “ufficialmente” collettobianco dei casalesi, prima inappuntabileavvocato. Poi, un'intervista al Venerabilein persona, che apre il suo cuore a “que-sta” sinistra-sinistra: “la conversione” è iltitolo del servizio: “parla il Venerabile chedopo il gentlemen agreement con LindaGiuva D'Alema, scarica gli Usa e passa allasinistra”. Tiri mancini.

Dai traffici di monnezza di Casalesi &C. ai tumori il passo è breve. Oggi è l'uovodi Colombo, come dimostra il fresco distampa - gennaio - scritto a quattro manidal cronista di Canale 5 Paolo Chiarielloe l'oncologo Antonio Giordano. Quasi 9anni fa, a luglio 2006, la Voce pubblicavauna cover, “Le nostre Seveso” dove le ci-fre - ignorate poi a lungo - parlavano dasole. “Assai peggio che a Seveso. Gli am-malati di cancro in Campania raggiungono

punte del + 400 per cento. Colpa del bub-bone-business rifiuti e della micidiale dios-sina. Lo dicono gli ultimi rapporti di orga-nismi internazionali: uno spaventoso j'ac-cuse che vi proponiamo in esclusiva”. Co-me mai quei rapporti sono finiti nei gabi-netti o nelle pattumiere? Perchè solo annidopo chi avrebbe dovuto controllare si sve-glia dal letargo? Come mai oggi la RegioneCampania ha l'impudenza di finanziareuna campagna di disinformazione con isoldi dei cittadini sulla bontà dei prodottidella Campania felix affidandola alle notedi Gigi D'Alessio?

Da un killeraggio all'altro il passo è bre-ve, e in quel 2006 la Voce torna sul sangueinfetto che sta facendo strage di ammalati:e ancor più ne farà negli anni a venire, pro-prio come succede con la bomba ad oro-logeria della monnezza super tossica. TomBehan, il nostro grande amico “camorro-logo”, ci fa sapere di un eccezionale docu-film, “Price of blood”, prodotto dalla Bbcproprio sui traffici di emoderivati, perchèil braccio operativo della famiglia che suquegli affari ha costruito le sue fortune (c'èancora oggi in vita a Napoli un processo),la dinasty dei Marcucci, in Inghilterra è sta-to l'avvocato David Mills, sì proprio l'amicodi Berlusconi, coinvolto nell'inchiesta AllIberian. Un botto in Inghilterra, quel docu-mentario choc che mostrava casse di emo-derivati nei congelatori con scatoloni dibaccalà; e i percorsi off shore delle impresedi casa Marcucci. E oggi un rampollo difamiglia, Andrea Marcucci, è uno dei fe-delissimi di Renzi a palazzo Madama,“l'antenna di Matteo in Senato”.

Chiudiamo ancora con Saviano. A gen-naio la Voce pubblica il suo “Io so” che co-sì sintetizziamo: “L'io so di Pasolini è l'in-cipit per il racconto-verità di Roberto Sa-viano su una Campania e su un Paese mar-ci di illegalità, malaffare, camorra. Alla basedi tutto la terra, il cemento...”. Ed ecco al-cuni brevi flash: “Le prove sono inconfu-tabili perchè parziali, riprese con le iridi,raccontate con le parole e temprate con leemozioni rimbalzate su ferri e legni. Io ve-do, trasento, parlo e così testimonio”. Poi:“Io so chi ha costruito l'Emilia Romagna, iquartieri nuovi di Milano, so chi costruiscele ville in Toscana, le ditte di Michele Za-garia, uno dei latitanti più ricercati, che la-vorano in subappalto”. A maggio esce Go-morra e alla Voce Roberto regala un'ante-prima: “Noi, nella Terra del Fuoco”. Avevascelto per noi proprio quel brano, che bru-cia oggi ancora più di allora: “Le terre era-no cariche di cromo esavalente. Se inalato,si fissa nei globuli rossi e nei capelli e pro-voca ulcere, difficoltà respiratorie, problemirenali e cancro ai polmoni”.

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noi eravamo così

Rimaniamo estasiati e basiti inegual misura. Noi così potenti epersuasivi, mediaticamente al cen-tro di un movimento di tale por-tata? Crocevia di un gruppo di“giuristi militanti”, parte di quel-l'esercito di 200 e passa magistratispiati da super Pompa & C.?ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno in cui scopriamo chi vera-mente siamo. Giornalisti sediziosi, ca-so mai al soldo di qualche potenza

straniera, professionisti della disinforma-zione, alla guida di autentiche macchinedel fango. Ma c'è di più: siamo i capiban-da di una cellula fondamentalista, unasorta di Al Qeida, capace di radunare mi-lizie altrettanto sediziose, in particolaremagistrati e altri “disinformatori”. Ai con-fini della realtà? Su Scherzi a parte? Nien-te di tutto questo. E' solo la mattina del5 luglio, quando riceviamo la telefonatadi un collega romano che subito ci dice:“Ho letto su Repubblica. L'ho capito. Era-vate voi...”. Due pagine di Repubblica perun lungo titolo che campeggia: “Quei giu-risti militanti e il circolo mediatico dele-gittimano il premier”. E un sottotitolo tut-to per noi: “Una Voce da spegnere. Uninglese da spiare”. Cosa è successo? Sultavolo del Csm c'è da tempo una patatabollente, ossia i dossier del Sismi, l'atti-vità di dossieraggio svolta dai nostri Ser-vizi (non quelli deviati - come ci teniamoa sottolineare - ma il Sismi vero). La bom-ba scoppia e saltano fuori le carte, mon-tagne di dossier che - scopriremo poi -vengono accatastati in un ufficio ad hocin via del Quirinale, e confluiranno poicon quelli del giallo Abu Omar: per la se-rie, le vie dei Servizi sono infinite. Il tut-to, sotto il vigile sguardo del numero unodi casa Sismi, Niccolò Pollari, e del suofido braccio destro - il gosth writer di tuttii dossier bollenti - Pio Pompa. Un indi-rizzo che torna, quello di via del Quiri-nale, perchè dopo anni ospiterà una rivi-sta, il Punto, promossa dall'instancabilePollari: gliela avrà suggerita l'amico disempre, Sergio De Gregorio?

Ma torniamo al paginone di Repub-blica, firmato da Carlo Bonini, e a quelbollente 5 luglio. Ecco l'incipit del dos-sier: “Appunto per il direttore - Gennaio2003: Attacchi contro il presidente delConsiglio alla vigilia del semestre italianodi presidenza Ue. Si è avuta notizia che,sui recenti attacchi portati da alcune te-state giornalistiche, avrebbero essenzial-mente interagito: il nutrito gruppo digiornalisti e “giuristi militanti” raccoltointorno alla “Voce della Campania” di-retta da Andrea Cinquegrani e Rita Pen-narola; Michele Santoro; Giuseppe Giu-lietti, Paolo Serventi Longhi; Ignazio Pa-trone; Sandro Ruotolo e Giulietto Chiesa;il presidente della stampa estera in ItaliaEric Jozsef, corrispondente del franceseLiberation”.

E' solo l'inizio, perchè alla Voce - inquanto capobanda - è dedicata un'atten-zione particolare: “Quanto poi al ruolomediatico esercitato dalla 'Voce dellaCampania', esso risulterebbe caratterizzatodalle forti connessioni stabilite con am-bienti dei cosiddetti 'giuristi militanti', dalrappresentare una delle principali com-ponenti del complesso circuito telematicofacente congiuntamente capo ai siti 'Cen-tomovimenti' e 'Manipulite.it' che alimen-ta il processo di delegittimazione del pre-mier”. Così prosegue il dossier Pompa,sic compresi: “Prestigiosi opinionisti (sic)hanno scritto negli ultimi anni per la 'Vo-

ce'. Tra questi 'Percy Allum', cittadino in-glese il cui nome sarebbe Anthony PeterAllum che, oltre ad essere punto di rife-rimento di alcuni corrispondenti comequelli del Guardian, dell'Economist e delFinancial Times, godrebbe di solidi legami(in ciò agevolato dall'essere docente pressol'Orientale di Napoli) con ambienti delfondamentalismo islamico, fungendo an-che da collegamento con quelli attivi inGran Bretagna”.

Ecco cosa scrive, a botta calda, la Vo-ce, agosto 2007, nella sua cover story“Spioni!”: “Rimaniamo estasiati e basitiin egual misura. Noi così potenti e per-suasivi, mediaticamente al centro di unmovimento di tale portata? Crocevia diun gruppo di “giuristi militanti”, una pic-cola parte di quell'esercito di 200 e passamagistrati spiati non solo in Italia da su-per Pompa & C.? Noi in combutta conEconomist e Liberation per disarcionareil premier? Poi la chicca di Allum, un pa-cifista che non toccherebbe neanche unamosca”. Nella Voce di settembre rispon-derà Allum, che racconta di un tentativodella Cia di arruolarlo, come informatore,negli anni '60: cosa che farebbe un po' apugni con la sua attuale militanza islami-sta... Noi, alla Voce, cerchiamo di capireil perchè: vendetta politica, di uno deitanti papaveri che abbiamo passato ai rag-gi x in questi anni? C'è solo l'imbarazzodella scelta. Per qualche nervo scopertotoccato, un affare fatto saltare? Anche sta-volta, il piatto è grosso, dalla Tav a tuttigli appalti del dopo terremoto e non solo.

Story

La copertina di agosto 2007 e, in apertura,

quella di marzo 2007.

2007

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VOCE STORY - 2007Una traccia, nel vasto arcipelago, ci paresubito significativa: la cover che può avercolpito nel segno, caso mai il capo delgoverno di lì a poco. Ed eccoci a quel“Volo delle Libertà”, la copertina bombache poteva far saltare la premiership diBerlusconi, aprile 2001, cover che - po-tenzialmente - era in grado di 'delegitti-mare', nell'ottica pompiana, il Cavaliere:che qualche settimana dopo avrebbe ver-balizzato nell'aula bollente di Palermo(“la bomba a orologeria sotto la sedia delneo premier”, come titolava il Libero diVittorio Feltri).

Ma cosa ha prodotto tanta attenzionedei Servizi? Un'attività di dossieraggio,uno spionaggio 'attivo' per anni e anni,vale a dire intercettazioni telefoniche,ambientali, delegittimazioni comprese (cichiediamo: quanto può aver inciso tuttociò nella vita economica del giornale, ri-cerca di pubblicità compresa?) e chissàcosa altro: alla faccia di ogni privacysbandierata ai quattro venti da Lorsignoriquando si parla dei loro affari! Decidiamodi dare battaglia, ci costituiamo parte ci-vile per i danni subiti (chiedendoci comemai, fra l'altro, soldi pubblici venganospesi per fini privati!), si apre un proces-so a Perugia che - dopo anni di stop andgo, parere alla Corte costituzionale com-preso - alla fine sta per approdare in au-la. Sarà giustizia o l'ennesimo insabbia-mento di stato? Staremo a vedere.

E' l'anno dei pezzi da novanta, quel2007, che segna l'uscita della Voce a li-vello nazionale: ossia, da Voce dellaCampania - come era stata fin dall'inizio- a Voce delle Voci, con una faticosa di-stribuzione a livello nazionale, per laquale ci dà una grossa mano una coope-rativa romana di compagni, quelli veri,di nome e di fatto: “Reds”, appunto. Eallora, eccoci alle cover dedicate ad al-cuni vip di casa nostra, i papaveri deinostri cortili politici.

Primavera che sboccia, marzo 2007,ed eccoci subito con “Il bell'Antocri”, unreportage sulle fortune mattonare di casaDi Pietro, che ha buttato al vento la togaper tuffarsi in politica, fondando quel-l'Italia dei valori (per ora, a quanto, pare,immobiliari) che comincia a dargli qual-che grattacapo. Ecco il sommario dellacover: “Un ex fondatore dell'Idv spara azero su Antonio Di Pietro. Del j'accuse,tuttora al vaglio della procura di Roma,è stato informato il capo dello Stato. Ve-diamo i passaggi roventi dell'esposto, cheaccende i riflettori sul 'socio unico' delsuo partito e sulla creatura societaria delministro, l'immobiliare di famiglia Anto-cri”. Una vera bomba, quella innescata

dall'ex socio fondatore, l'avvocato MarioDi Domenico. Fatti molto gravi sotto tuttii profili - morale, deontologico, politicoe via cantando - ma che non approde-ranno, alla fine, a un risvolto 'penale':proprio come era capitato con le gravis-sime accuse contro il Di Pietro pm delpool, accusato di cose da sant'uffizio, ma“penalmente” non rilevanti, come i suoicolleghi hanno sentenziato nei giudizisuccessivi. Gli stessi fatti - dopo svariatianni - ripresi e amplificati da Report, se-gneranno la fine politica dell’ex toga, chein quattro e quattr'otto sbaraccherà il par-tito all'indomani della trasmissione diMilena Gabanelli. Ma in quanti avevanogià scritto - e in tempi arciprecedenti -di quelle storie? Insieme alla Voce la po-le spetta di diritto a Oliviero Beha, in li-breria con il suo “Italiopoli”, e a LauraMaragnani per un documentatissimo ser-vizio su Panorama. E solo un annetto fagli amici di un tempo, poi 'traditi', ossiaGiulietto Chiesa, Achille Occhetto e ElioVeltri (l'altro fondatore storico di Idv),avranno alla fine una sentenza a favore:Di Pietro deve restituire i fondi intascatia nome del 'Cantiere' che avevano fon-dato insieme. Staremo a vedere. In quellacover, comunque, passavamo in rassegnaalcune amicizie border line per il supermoralizzatore di casa nostra: quelle con'O ministro Pomicino, il molisano AldoPatriciello e l'acrobata Sergio De Grego-rio: per la serie, un pm di tale calibro,“se li conosce li evita”. E invece... Nelcorso dell'anno, e poi anche nel 2008,alcune inchieste al calor bianco sugliappalti Anas, con un Di Pietro perfettodirettore d'orchestra.

Un altro che non ha evitato 'relazionipericolose' è l'allora sindaco di RomaWalter Veltroni, al quale la Voce dedicauna cover tra le più gettonate, “Adda ve-nì Veltroni”, dove si svelano gli altarinisu una storia che puzza di massonerialontano un miglio. Ma si sa, sono propriogli amici a stelle e strisce i cappucci piùpotenti al mondo, con tutti i Presidentiallineati e coperti in pole position. Eccoil sommario della cover: “Da Catanzaroa Potenza, le più recenti inchieste dellamagistratura mettono a nudo un sistemaaffaristico di potere bypartisan, che sem-bra aver trovato come formidabile collan-te l'appartenenza a logge coperte. E pro-prio una società di casa Gelli aveva fattola sua comparsa nella capitale, ottenendodalla giunta Veltroni un appalto nella mo-numentale Villa Ada”. E' la storia a basedi cappucci, grembiulini & giocattoli, vi-sto che dentro l'affaire c'è anche la rea-

l i zza -

zione di un Museo del giocattolo: e dentroil 'giocattolo' c'è una società, Antiqua2001, dove ritroviamo i coniugi Gelli, Raf-faello (figlio per Venerabile) e Marta, cheabbiamo già incontrato in precedenti in-chieste della Voce. Un Veltroni, c'è da ri-cordare, che a fine 2007 diventerà segre-tario del fresco Pd. Ecco cosa scrive la Vo-ce nell'editoriale di dicembre. “Il fido luo-gotenente di Veltroni, Goffredo Bettini, tes-se come Penelope, quotidianamente, la te-la con l'amico-de-una-vita, il gran Ciam-bellano di sua Emittenza, Gianni Letta:per l'accordo fra la novella creatura delCavaliere (che mai vedrà sbocciare unalegge sul conflitto d'interessi: firmato Mas-simo, Walter & C.) e il neonato Pd. Parolademocristiana. Vero?”.

Ma eccoci al terzo vip (sic) di quel-l'anno in cover. E' il Clemente Mastellada Ceppaloni, il ministro girevole lungol'asse Polo-Ulivo (e ora, 2015, pronto atornare in pista, occhio alla destra-centro).Un fine anno difficile, per lui e i suoi afi-cionados, e ancor più duro sarà l'inizio2008, quando un ciclone giudiziario pro-veniente dalla procura di Santa Maria Ca-pua Vetere investirà l'intera famiglia (com-presa la signora Sandra Lonardo Mastella,a quel tempo presidente del consiglio re-gionale della Campania). E proprio daSanta Maria era partita l'inchiesta Cher-nobyl, pm Donato Ceglie, alle prese conuna incredibile storia di traffici di rifiutitossici per mezzo Mezzogiorno, epicentroproprio Ceppaloni e alcune società ricon-ducibili a mastelliani doc (comunquemoltissime sigle sono coinvolte, vecchiee nuove conoscenze in forte odor di ca-morra). Hanno trafficato e sversato illeci-tamente montagne di veleni nei fiumi, neilaghi, in mare. Così scriveva la Voce:“Una superholding affaristico-malavitosacapace di devastare il territorio, pianifi-care a tavolino il disastro ambientale,mettere in conto infezioni, malattie, mortied epidemie, pur di cumulare profitti apalate”. E le bonifiche? Neanche a parlar-ne, in quei territori dal beneventano finoal foggiano. E l'inchiesta? Continui stopand go, con ogni probabilità sperandonella solita, santa prescrizione.

Da una monnezza all'altra, chiudia-mo in gloria con “Il signore degli sfra-celli”, al secolo Guido Bertolaso, l'alloracapo della Protezione civile prestato aNapoli, novello San Gennaro, per mira-colare la città invasa dai rifiuti: lo avevavoluto a tutti i costi il Cavaliere, lo ri-conferma - tanto per cambiare - RomanoProdi. Purtroppo, lo vedremo in campoanche l'anno prossimo, alle prese con al-tre, tragiche macerie: quella di una mar-

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noi eravamo così

Potevamo tenere nel cassettoquei nuovi elenchi dei massoniche ci erano arrivati in redazio-ne? Certo no. Proprio per queldiritto-dovere alla conoscenza,alla memoria, alla trasparenzache abbiamo cercato sempre dimettere in campo.ANDREA CINQUEGRANI

Inizio d'anno scoppiettante, il 2008, conil pacioso faccione del professor Roma-no Prodi in cover. E un titolo spiazzan-

te: “Massoni, amici miei”. Il sommariospiega subito qualcosa: “Prima l'inchiestade Magistris che scopre la pista massoni-ca dell'amico a San Marino. Poi il fratelloPaolo che elogia il Grande Oriente d'Italia.Ed ora viene alla luce, in esclusiva, la let-tera inviata 'con amicizia' al ParlamentoMondiale di monsignor Viktor Busà”.L'inchiesta nasce strada facendo, tassellodopo tassello. A incuriosirci parecchio èun'esternazione dell'altro professor di casaProdi, Paolo, sul Goi. Cerchiamo di ap-profondire e scopriamo che nel must diFerruccio Pinotti su cappucci & grembiu-lini in carriera, il già citato “Fratelli d'Ita-lia”, c'è una chicca che riguarda l'ultimaconvention 2007 del Goi al palacongressodi Rimini, perchè nella sua prolusioned'apertura il Gran Maestro Gustavo Raffifa riferimento ad una esemplare citazionedel prof Paolo, secondo cui lo stesso Goi“è una delle più importanti agenzie pro-duttrici di etica che abbia creato dal suoseno la storia dell'Occidente”. Un attimodi trasalimento, ma procediamo. Tra lecarte riguardanti una potente sigla para-massonica di cui abbiamo già più volteparlato, il Parlamento Mondiale, eccospuntare una missiva rivolta al presidenteBusà: “ho ricevuto la sua cortese letterainsieme con gli Atti Parlamentari relativialla VII Conferenza sulla Sicurezza nelMediterraneo e desidero ringraziarLa del-la cortese attenzione. Mi è gradita l'occa-sione per salutarla con viva cordialità”. Edi proprio pugno Prodi verga, oltre allafirma, i saluti: “con molta amicizia”. Me-

no amici del premier, di tutta evidenza,i suoi consiglieri personali: visto che nes-suno gli aveva fatto sapere che proprioin quel bollente agosto lo Scico di Romaredigeva un rapporto al calor bianco suquel Parlamento Mondiale, al centro deipiù svariati traffici, e sui sodali di mon-signor Busà. Terzo elemento: in un'in-chiesta a tutto campo dell'allora pm diCatanzaro Luigi de Magistris (oggi sinda-co di Napoli) fanno capolino parecchiesigle in forte odore di massoneria acquar-tierate in quel di San Marino. Alcuneportano ad ambienti forzisti (come l'Os-servatorio del Mediterraneo vicino all'exministro degli Esteri e commissario eu-ropeo a Bruxelles Franco Frattini), altresono riconducibili ad ambienti prodiani,come la sanmarinese Pragmata, nata dauna costola della più celebre Nomisma(e all'entourage viene ricondotto dagli in-quirenti anche il vicepresidente di Con-findustria a Vibo Valentia, Pietro Macrì,“rappresentante della Loggia San Mari-no”). Tutto ciò varrà a Prodi l'iscrizionenel registro degli indagati, abuso d'ufficioil capo d'imputazione. E, in seguito, varràa Luigi de Magistris (non dimentichia-molo, Mastella guardasigilli!) una fineprematura della sua carriera in magistra-tura. Perchè, si sa, chi tocca i fili muore.O si ferisce a morte.

E su piste decisamente massoniche -

anzi piduiste - batte con grande decisioneil libro dell'anno, quel “Doveva Morire”di cui abbiamo più volte scritto in questaVoce story, autori Ferdinando Imposimatoe Sandro Provvisionato. Per capire chi haucciso davvero Moro, chi ha non impe-dito e alla fine voluto la fine dello statistadc, con una incredibile serie di depistag-gi; un uomo venuto dagli Usa, Steve Piec-zenick, per dirigere le operazioni (comelui stesso confesserà anni dopo), e sullosfondo le figure di Andreotti e Cossiga. Eproprio al ministro degli Interni - e poiPicconatore - dovrà riferire il “comitatodi crisi” allestito per salvare (sic) Moro:11 piduisti su 12. Per la serie, dovevamorire. Perchè nessun compromesso,nemmeno storico, andava celebrato. Equei comunisti potevano rimanere ancorper un bel pezzo alla porta (fino a chenon spariranno da soli). E oggi, presiden-ziali di fine gennaio 2015, Imposimato èil primo nella hit degli italiani per il Collepiù alto, con 16 mia preferenze e passadel popolo grillino. E al voto finale è ilsecondo, il presidente degli italiani, dietroSergio Mattarella, il presidente del Palaz-zo. Strano comunque che i vertici Grillo,Casaleggio & C., pochi giorni prima, aves-sero optato per un Prodi spinto.

Nel corso degli anni, Imposimato hascritto decine e decine di interventi sullecolonne della Voce. Sempre per denuncia-re derive, malaffare, sperpero di danaripubblici, mortificazioni di speranze, dienergie di un popolo calpestato, di dirittioffesi. E a favore di partiti trasparenti, non

Story

La copertina di novembre 2008 e, in aper-

tura, quella di settembre 2008.

2008

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VOCE STORY - 2008covi di mafiosi e affaristi. Per gli ultimi,non per gli amici degli amici. Così sinte-tizzavamo uno dei suoi mitici articoli, giu-gno 2008: “Dopo il massacro elettorale del13 e 14 aprile, non resta che ripartire dazero. Dai problemi della gente, delle piaz-ze, dai bisogni quotidiani e dai diritti cal-pestati. Basta leader perdenti, caste, salotti,burocrazie da museo. E nuove, rigoroseregole per i partiti”. Sarà mai così nel nuo-vo millennio targato Renzi-Mattarella?

Ma torniamo ai massoni e agli ac-chiappamassoni. E' di settembre 2008 illungo reportage della Voce proprio sul ca-so de Magistris che sta scuotendo il mon-do politico, giudiziario e non solo. Pub-blichiamo infatti “La controinchiesta”, perquesto sommario: “In quasi 1200 paginedue pubblici ministeri di Salerno ristabi-liscono dopo lunghe indagini la verità sul-la assoluta correttezza di Luigi de Magi-stris, in aperto contrasto con quel verdettodel Csm che lo ha allontanato da Catan-zaro e privato delle funzioni inquirenti.Ne emerge il torbido scenario dei rapporti,nel Paese, tra potentati occulti e la partepiù altisonante della magistratura”. Sco-priamo, fra l'altro, che de Magistris è l'uni-co pm che ha avuto il coraggio di aprireun'inchiesta “pericolosa” mentre tante altreprocure avevano insabbiato tutto: si trattadi una piccola (ma non poi tanto, viste ledimensioni dell'affaire) Parmalat, ossia ilcaso di una catena di banche popolari chestanno finendo nell'orbita di una corazzatadel settore, Bper, la popolare dell'EmiliaRomagna. Giri strani, cartolarizzazioni fa-cili, notai londinesi in campo: insommaun buco nero in cui è tutta dentro la con-sorella dell'Irpinia, lo “sportello di fami-glia” di casa De Mita negli anni '80 del do-po terremoto, ma anche di un altro bossdella zona: quel Nicola Mancino che di-venterà tanti anni dopo vertice del Csm.Quel Csm ghigliottina per de Magistris:che voleva vederci chiaro nell'affare Mu-tina, così si chiamava lo scrigno di politici& affaristi allestito in quegli anni.

Con tanti materiali incandescenti sottomano, e tanta attualità dell'argomento, po-tevamo tenere nel cassetto quei nuovielenchi dei massoni che ci erano arrivatiin redazione? Certo no. Proprio per queldiritto-dovere alla conoscenza, alla memo-ria, alla trasparenza che abbiamo cercatosempre di mettere in campo. Ed è così cheper tre mesi, a partire proprio da settem-bre, pubblichiamo tre speciali, tre lunghielenchi di nomi. Notando, evidentemente,delle differenze rispetto a quelli pubblicatiparecchi anni prima: nomi che mancanoall'appello, ingressi nuovi, alcuni nomi

(anzi cognomi) brillantemente modificati,con qualche cambio vocalico che fa tantolifting. Nell'anno seguente, il 2009, comin-ceremo a pubblicare dei volumetti, regio-ne per regione. Ma ci fermeremo a due,l'Emilia Romagna e la Campania: per lasolita mancanza di mezzi, le risorse sonopoche. Mezzi e risorse che non mancanocerto per i signori di acque e monnezze,i due grandi business di clan e collettibianchi. Parte proprio dalla Calabria - do-ve abbiamo visto de Magistris pm a tuttocampo - “e si estende all'intera penisolail raggio d'azione di una autentica cupolaaffaristica alimentata da appalti truccati,milioni di euro e protezioni politiche, conuna scia di sangue al seguito. Acqua, su-perstrade e sanità i bocconi preferiti. E inun'inchiesta spuntano la Torno dell'ex P2Giancarlo Elia Valori e le imprese delgruppo Pisante”. Sono proprio le indaginiportate avanti dal coraggioso pm di Ca-tanzaro, che la Voce incrocia con le (man-cate) indagini sul caso di Ilaria Alpi e Mi-lan Hrovatin, che abbiamo già visto. Per-chè alcuni protagonisti sono comuni, eparecchi nomi tornano. Non a caso, titolodell'inchiesta è “La Super Cupola”, conuna star del parastato, Paolo Scaroni, inprima fila. Nello stesso numero della Vo-ce, viene in luce un protagonista dei bu-siness di monnezza nel Napoletano, Gae-tano Vassallo, che in quei giorni cominciaa far capolino sulle pagine dei media: pec-cato che - come la Voce documenta a ot-tobre 2008 - le prime verbalizzazioni ri-salgano a parecchi anni prima, '91. Stessocopione sarà poi per quelle di CarmineSchiavone, metà '90, e solo da poco aglionori delle cronache. Ma chi e perchè hatenuto nei cassetti a far la muffa? Perchèle indagini sono abortite sul nascere?

Novembre 2008, eccoci ad un’inchie-sta calor bianco, “Il Casalese”, dedicata aNicola Cosentino, il cui nome non era an-cora salito con prepotenza alla ribalta. Cosìscrive la Voce: “Dietro le quinte degli sce-nari politico-affaristici che dal casertanoassurgono alla guida delle istituzioni delPaese. Primo fra tutti Nicola Cosentino,ma anche alcuni suoi fedelissimi sbarcatiin parlamento. A cominciare dall'avvocatodi fiducia, esperto di questioni legali pe-trolifere e anche iscritto ad una Loggia del-la massoneria in Campania”. Si tratta diCarlo Sarro, originario di Piedimonte Ma-tese, nota enclave massonica. La storia sidipana attraverso una fittissima rete dirapporti: a partire da quelli con l'ex pre-fetto di Caserta, Maria Elena Stasi, che en-tra prepotentemente nell'orbita cosentinia-na e viene candidata al parlamento tra le

fila berlusconiane; passando per un big ditutte le Emergenze, Guido Bertolaso, e al-cuni suoi fedelissimi, come l'architettoClaudio De Blasio.

Ma ecco la sorpresa. Nell’inchiesta suCosentino e Sarro, spunta il nome di unacooperativa, il colosso metanifero Cpl Con-cordia. La Voce ricostruisce i rapporti traCpl, attraverso il suo presidente RobertoCasari, e l’entourage cosentiniano, con lapresenza speciale di Carlo Sarro, anche inqualità di avvocato a tutela degli interessidella mega cooperativa modenese. Cpl ri-sentita invia prima una secca smentita, incui sottolinea la sua lontananza politicada Cosentino, la sua “vera operatività sulterritorio”, nonché le numerose attività be-nefiche e umanitarie. Dopo un mese arrivala querela. Marzo 2015. Roberto Casari èindagato dalla DDA per ipotesi di collega-menti col clan dei Casalesi. E scoppia loscandalo Cpl Concordia, in cui spunta an-che il nome di Tremonti.

Ma ecco che, magicamente, in quel2008 il cerchio si chiude. Perchè a dicem-bre esce la cover “Tremonti boys”, il bottodi fine anno. In copertina, infatti, il voltodel potente ministro berlusconiano (primadi trasmigrare su lidi para no global) del-l'Economia, e sullo sfondo quelli dei suoifedelissimi, l'appena visto Cosentino e ilsuo uomo ombra, uno sconosciuto MarcoMilanese. Ecco cosa succede. A ottobrealla redazione della Voce arriva un'infor-mativa anonima, super dettagliata, una de-cina di pagine dove vengono descritti uo-mini, società e affari che ruotano intornoal ministero di XX settembre. Non man-cano squarci sul versante personale, ten-denze sessuali comprese. Come al solitocerchiamo di fare tutte le verifiche del ca-so, analizziamo i fatti, le circostanze de-scritte, le sigle. Decidiamo di pubblicareun servizio solo succo e sostanza, depu-rato da tutto ciò che ha a che vedere conla “privacy”. Ecco il sommario dell'inchie-sta, tanto per capirci: “Bravi ragazzi, i pro-fessionisti che il ministro dell'EconomiaGiulio Tremonti ha voluto con sé in viaXX settembre, da cui partono le scelte ri-volte ai destini finanziari del Paese in unmomento di crisi mondiale. Braccio destroassoluto è l'ex delle fiamme gialle MarcoMilanese, dioscuro del 'divo Giulio' insie-me all'altro campano Nicola Cosentino,cui è strettamente collegato”.

Milanese chi? Si dicevano, in molti,allora. Ci vuole un bel pezzo prima chescoppi lo scandalo P3, poi P4, con tantodi Milanesi & dintorni. Compresi altri beipersonaggi che abbiamo già più volte vistoin passato, come un certo Flavio Carboni...

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noi eravamo così

Nel reportage di maggio la Vocecerca di dare “uno sguardo aldream team degli esperti che laProtezione civile ha non solo al-lertato, ma addirittura stipen-diato”. E scopre non pochi mas-soni all'opera, tra cappucci &compassi (d'oro).ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno del tragico terremoto all'Aqui-la. E la cover di maggio non può cheessere dedicata a quella sciagura, so-

prattutto per cercare di capire se si potevaagire in maniera diversa, per trovarsi piùpreparati; se erano state adottate tutte lemisure del caso, visto che il territorio ènotoriamente a rischio sismico; e per ve-rificare nomi e cognomi di chi è entratoin campo. “I signori delle macerie”, il ti-tolo, dove campeggiano le facce del pre-mier Berlusconi e del signore di tutte leemergenze, Guido Bertolaso. Spulciandofra carte, delibere regionali, provvedimen-ti cominciamo a capire che parecchie co-se non tornano. A cominciare dal varo,due anni prima, marzo 2007, di unapomposa determina, la DC5-95, il tocca-sana, viene subito proclamato, per argi-nare tutti i rischi da sisma. Si tratta del“Primo programma regionale delle veri-fiche tecniche”, vale a dire - precisa laDC5 95 - “per la esecuzione delle verifi-che dei livelli di sicurezza sismica degliedifici pubblici e delle opere infrastrut-turali di carattere strategico”. Il tutto vienefinanziato con 5 milioni 326 mila euro.Ecco cosa scrive la Voce: “Il provvedi-mento è firmato dal dirigente del servizio,l'ingegner Vincenzo Antenucci. Lo stessouomo che nel week end di fine gennaio2009, appena due mesi prima del disa-stro, volteggiava sugli sci insieme a Ber-tolaso. Slalom speciale fra le tombe o gi-gante fra gli edifici crollati, si chiedonoin molti oggi a L'Aquila. Ma a cosa è maiservito quel fantomatico piano? Che han-no combinato questi super tecnici antiterremoto? Misteri che la magistratura, alpari di altri (progettazioni, fornitura di

calcestruzzo e materiali vari, subappalti)dovrà presto chiarire”. Misteri ancora og-gi in attesa di risposte giudiziarie, vistala ormai rituale lentezza anche di frontea tragedie come quella patita dagli aqui-lani (e pensare che fu subito forte e benriconoscibile l'odore di tante imprese eforniture). Come del resto forte e ben ri-conoscibile la provenienza di tanti pro-tagonisti della prima ora. Nel reportage,infatti, la Voce cerca di dare “uno sguar-do al dream team degli esperti che laProtezione civile ha non solo allertato,ma addirittura stipendiato”. E scopre nonpochi massoni all'opera, tra cappucci &compassi (d'oro). E altri grembiulini sonoregolarmente disseminati sul territorio,come alla locale Ance, l'associazione deicostruttori, oppure al consorzio Confidi,o alla Confcommercio Abruzzo.

E sull'uomo della provvidenza, Ber-tolaso, ne scopriamo una bella: il suobraccio destro è nientemeno che il capi-tano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio,una vita al fianco del generale Mario Mo-ri, fin dai tempi della cattura di Totò Rii-na e, soprattutto, del mancato controllodel covo, circostanza che ha favorito lasparizione del mega archivio da 3000 no-mi; poi per garantire la sicurezza del Co-mune di Roma, arruolati entrambi - Moroe Ultimo - dal sindaco Gianni Alemannooggi al centro delle trame di “Mafia Ca-

pitale” (ma come mai il generale e il ca-pitano, col loro fiuto investigativo, nienteavevano annusato?). Bertolaso conta sulfido Ultimo per la gestione della patatabollente dei rifiuti in Campania, quandoministro dell'ambiente è il verde AlfonsoPecoraro Scanio: ma ben presto i due -Pecoraro e Bertolaso - entrano in rotta dicollisione, perchè il re delle emergenzevuole una terapia tutta a base di discari-che, per di più da localizzare nei parchiprotetti della Campania. Il dinamico DeCaprio è di casa al ministero: è infatti“Comandante del reparto Analisi del co-mando carabinieri per la tutela dell'am-biente” fin dal 2005, dove l'ha voluto ilpredecessore di Pecoraro, l'An AlteroMatteoli. Manca la ciliegina sulla torta,perchè contemporaneamente Ultimo (ri-cordate le performance del mitico RaulBova?) lavora al fianco di un pm di puntacome Henry John Woodcock, il quale - inquel periodo - sta indagando anche su Pe-coraro Scanio. Un'inchiesta che solo dopoanni si rivelerà una vera bolla di saponema per l'allora leader dei Verdi significhe-rà un pesante stop politico, neanche adue mesi da quel voto che celebrerà la fi-ne della sinistra (Rifondazione e Verdiout, neanche al 4 per cento).

Ai massoni coperti - tanto per tornarein argomento - e alle logge estere la Vocededica la sua copertina di settembre, “Sfi-da ai massoni coperti”, sommario: “Parlal'uomo che sta indagando sugli elenchitop secret - La vera storia dei pm folgorati

Story

La copertina di giugno 2009 e, in apertura,

quella di maggio 2009.

2009

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VOCE STORY - 2009per essersi avvicinati troppo a quelle liste- I clan della camorra e la massoneria este-ra: il caso La Torre”. In una parte dell'in-chiesta, infatti, si parla del potente clanLa Torre di Mondragone, il cui esponentedi punta, Augusto, venne arrestato per or-dine dell'allora pm della Dda partenopeaRaffaele Cantone, oggi super commissarioAnticorruzione. In quegli anni la coscaaveva deciso di puntare sull'estero, metala Scozia, epicentro Aberdeen, dove tral'altro ha sede una delle più potenti logge,la “Grand Masonic Lodge of Scotland”. E’di febbraio 2015 l’ultima: il nuovo legaledi Augusto La Torre è Antonio Ingroia,l’ex pm antimafia.

E' un diluvio di inchieste e articoli sumafie & dintorni, quel 2009. Per rimanerealle terre casertane, eccoci alla cover “DaiCasalesi al Ros”, dove lo spunto è offertodal caso Marrazzo, la storia coca-trans cheinvestì l'allora governatore del Lazio. L'oc-casione per un ampio reportage sui mi-lionari traffici di polvere bianca piazzatadai clan a Roma, potendo con ogni pro-babilità godere di adeguate coperture, perla serie “Servizi perfetti”. L'inchiesta sisposta poi nel Basso Lazio, a Formia edintorni, per capire come è strutturato eorganizzato l'impero dei fratelli Cosentino,che più avanti vedremo nelle sue perfor-mance a base di pompe & gas. Qualchemese prima, per tornare a bomba e allacapitale, avevamo radiografato un altrodream team, quello degli Alemanno boysalla conquista del Campidoglio: autoreNello Trocchia, nel curriculum libri cheanticipano di molto le cronache succes-sive, come sul business dei rifiuti (“La Pe-ste”) e sulle infiltrazioni mafiose negli entilocali (“Federalismo criminale”). Così co-me Elio Veltri sulla Voce aveva diagno-sticato (lui medico e mafiologo) già allora- ricordiamolo, siamo nel 2009 - la pre-senza sempre più massiccia di 'ndrine neltessuto economico della Lombardia e laprogressiva infiltrazione nella vita politica(solo all’inaugurazione 2015 dell'anno giu-diziario il procuratore generale della corted'Appello di Milano lo conferma). Poidue copertine per entrare dentro al mon-do dell'antimafia: ossia capire meglio chisono le guardie e chi i ladri, e se per casonon ci sono, a volte, confusioni di ruoli.Così a gennaio esce “Antimafia de che?”,quando al vertice della solita commissio-ne (che storicamente non è servita ad al-tro che a certificare - in ritardo - l'acquacalda) siede il forzitaliota sardo Beppe Pi-sanu, e tra i suoi autorevoli membri puòcontare su gente della statura morale epolitica di un Paolo Cirino Pomicino, 'O

ministro, e Alfredo Vito, mister centomi-la. Quindi la cover “Mi faccio la scorta”,dedicata a certi “professionisti dell'anti-mafia” che come saggiamente anticipavaLeonardo Sciascia, ben poco hanno acuore i destini di vittime, usurati, racket-tati e così via, ma nella migliore delleipotesi badano a poltrone e carriere.

Ed eccoci alla cover dell'anno, giugno2009, con due big alla ribalta: il Cavalierein persona, Silvio Berlusconi, e il suoGran Ciambellano, ossia Gianni Letta.Procediamo con ordine. E' appena scop-piato il giallo sulla presunta giovanefiamma di sua Emittenza, la bionda na-poletana Noemi Letizia. E giù ondate digossip e veline un giorno sì e l'altro pure,paginate e paginate quotidiane mentrel'economia affonda, la crisi morde, i mer-cati crollano e le guerre sono di casa. No,da noi si parla di escort, amorazzi e viaflirtando. La Voce cerca un’altra lettura,perchè in quei mesi a Napoli si giocauna partita del tutto diversa, con l'emer-genza rifiuti, le sempre più forti pressionidei clan, una politica sempre più inqui-nata. L'inchiesta s'intitola “Isso, essa e 'amalavita”, ed ecco il sommario: “A Na-poli gli investigatori della Direzione di-strettuale antimafia stanno indagando suipossibili collegamenti tra Elio BenedettoLetizia, il padre dell'ormai celebre Noe-mi, e il ceppo che a Casal di Principe havisto per anni egemone il clan capitanatoda Armando, Giovanni e Franco Letizia,gruppo di fuoco del boss Giuseppe Se-tola, area Bidognetti. Tutti alleati degliscissionisti di Secondigliano”. Potevarappresentare un segnale per chi dovevacapire, quell'improvviso sbarco del ca-valiere a Casoria, in pieno hinterlandpartenopeo, per festeggiare il complean-no di una ragazzina? Fatto sta che dopoqualche mese - e grazie a un Bertolasoin forma San Gennaro - il miracolo si av-vera, e a Napoli il livello monnezza nonraggiunge più i primi piani delle case, lamarea maleodorante progressivamente siritira, come per obbedire ad un coman-do. E in questo scenario, aveva forse si-gnificato qualcosa il più che irrituale ri-tiro del Milan - la squadra del Cavalierein attesa della partita col Napoli - non alsolito hotel Vesuvio sullo stupendo lun-gomare, ma nella landa desolata di San-t'Antimo dove improvvisamente sorge l'-Hotel Olimpia di Luigi Cesaro, il presi-dente della Provincia poi indagato percamorra? A proposito di quelle zone, co-sì scrive la Voce: “Terre di inceneritori,ecoballe e Cdr. Al confine col triangolodella morte Nola-Marigliano-Acerra. Co-

mune, Sant'Antimo, due volte sciolto perinfiltrazioni camorristiche. Area infestatada sversamenti illegali di materiali tossici.E non lontana da quell'agro aversano dacui trae le sue origini il gruppo Setola-Bi-dognetti-Letizia”.

Ma veniamo all'altro piatto forte. E aLetta. Il cui nome è tra le carte di un'in-chiesta top secret avviata dalla procuradi Potenza (pm John Woodcock) per farluce su strani traffici sulla pelle degli im-migrati, i business targati Cie e Cara, queilager che chiamano caso mai prima ac-coglienza. Ci sono grossi interessi in ballo,alcuni gruppi a contendersi la torta, e aquanto pare ci vogliono santi in paradiso.Proprio per questo due fratelli potentini,i Chiorazzo, avrebbero chiesto una mani-na a Letta e al capo dipartimento per leLibertà civili e l'immigrazione presso ilministero degli Interni, il casertano MarioMorcone, che anni dopo verrà candidatodal Pd per la poltrona di sindaco a Na-poli (strabattuto da Luigi de Magistris chepoi vincerà il ballottaggio con il berlusco-niano Gianni Lettieri). Le carte della ri-chiesta di rinvio a giudizio per una sfilzadi ipotesi di reato che vanno dalla corru-zione alla turbativa d'asta circolano da unmesetto nelle redazioni dei principali me-dia nazionali. Arrivano anche alla Voceche, a giugno, decide di pubblicare il re-portage “John, Gianni e i Chiorazzo”. Pa-recchi siti riprendono la notizia, che correvia web: ma sui media - stampa e tivvù- niente, il silenzio più tombale. Passanotre mesi esatti e ci vuole il battesimo deil Fatto, la neonata creatura di Travaglioe Padellaro, per rompere quel muro: peril suo primo numero in edicola decide diaprire a tutta pagina con “Indagato Letta”,e proseguire anche il giorno seguente,sempre a tutta pagina. Vengono minuzio-samente ricostruiti tutti i tasselli dell'in-chiesta, e viene anche precisato che quel-le notizie circolavano da mesi nelle reda-zioni, ma che nessun organo di stampasi era azzardato a scrivere qualcosa per-chè Letta è strategico nell'erogazione deifondi all'editoria, quindi tutti sono coper-ta. Tranne un magazine - scrive il Fatto -la Voce delle Voci che a giugno avevascritto della vicenda.

In quello stesso numero di giugno,scrivevamo anche delle performance dilady Maria Teresa Letta, sorella di Gianni,zia di Enrico - il futuro premier nel dopoMonti - e presidente della Croce Rossad'Abruzzo, al centro proprio in quei mesidi feroci polemiche e accuse al vetrioloper la gestione dei fondi e del personale.Terra bollente, quell'anno, l'Abruzzo.

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noi eravamo così

Due libri affrontano altrettantitemi bollenti, e più volte al cen-tro di inchieste della Voce: ovverocome ti ammazzo chi non puòdifendersi, scena del crimine lasala operatoria; oppure come timassacro un'economia, uccidole imprese e taglieggio i cittadini. ANDREA CINQUEGRANI

Stavolta partiamo da due libri che 'por-tano' alla Voce. Si tratta di “Ultimi,viaggio ai confini della vita”, scritto da

Rita Pennarola, condirettore della Voce eedito da Pironti, esce a gennaio 2010. E di“Bankster - Molto peggio di Al Capone ivampiri di Wall street e piazza affari”, au-tore Elio Lannutti, in distribuzione a giu-gno per i tipi di Editori Riuniti, scritto conAndrea Cinquegrani e la stessa Rita Pen-narola. Vengono affrontati due temi bol-lenti, e più volte al centro di inchieste del-la Voce: ovvero come ti ammazzo chi nonc'entra niente e non può difendersi, scenadel crimine la sala operatoria; oppure co-me ti massacro un'economia, uccido le im-prese e taglieggio i cittadini, scena del cri-mine una Bankitalia guidata da mister Dra-ghi o una Bce che sarà poi guidata da su-per Mario.

Partiamo dal primo, che scandaglia suimisteri di inizio e fine vita. Con una leggein tema d'aborto, la 194 mai realmente at-tuata, e una prevenzione sempre in “salad'attesa”, mentre la consapevolezza scien-tifica - incredibile ma vero - è addiritturain soffitta: per la serie, a far le spese di tut-ta questa industria tra ignoranza & affaric'è una vita, un battito, una creatura cheinvece fa la fine di un rifiuto tossico o diuno scarto di macelleria: un feto fetente dicui sbarazzarsi presto e comunque. Ma èancor più sul fine vita che sorgono inter-rogativi grandi come una montagna, e sudue fronti. Uno riguarda la morte cerebra-le. Viene dimostrato nel libro, dati alla ma-no, che non esistono certezze scientifiche,che anzi esiste un'industria che ti fabbricail morto prima che sia tale, per espiantarlomeglio. Nel libro vengono raccontate storiedi ragazzi dichiarati morti, pronti per

l'espianto, e poi tornati in vita. E il mar-keting Usa, ad esempio, per interveniresubito sui familiari, rincoglionirli di falsiscientifici, per poter predare organi freschida trapiantare poi. Insomma, un businessche arriva fino al testamento biologico, al-le industrie degli espianti-trapianti, ai rasdel bisturi, alle case farmaceutiche tuttedentro i maga affari, le “industrie” nei ter-zi e quarti mondi per trafficare su organifreschi di bimbi bombardati nei più atrociscenari di guerra o in contesti dove nonesiste nemmeno un'anagrafe mortuaria, seineanche un numero.

Eccoci al secondo, Bankster. Che partedagli scenari esteri, in primo luogo la Gre-cia vittima sacrificale di un sistema natoper ammazzare economie e popoli, quellaGrecia che - vivaddio - oggi risorge e si er-ge come un baluardo contro la Troika e iBankster targati Bce. Ed è proprio perspolpare meglio le terre elleniche chescendono in campo le sorelle del rating,i killer in giacca e cravatta che decidonole sorti di questo o quel popolo. Lannuttiva al cuore del problema e scopre chi c'èdietro quei moloch, chi sono i manovra-tori, quali interessi si muovono realmentein campo, per perseguire quali perversefinalità, e sempre sulla pelle dei cittadini-contribuenti. E' un percorso articolato,quello che porta avanti “Bankster”, sulletracce dei responsabili a stelle e striscedelle prime grandi bolle speculative, le

catene di titoli spazzatura, i derivati sal-siccia: è il crac Lehman ad aprire le danze;e nel bel mezzo le incredibili fortune diuna star della finanza, Goldman Sachs,con alcuni nostri papaveri, Draghi in testa,a reggerne il timone. E non può mancareun'escursione nei misteri di casa Bilder-berg oppure Trilateral, le grandi massone-ria finanziarie che condizionano i destinidel mondo. Per approdare, quindi, dallenostre parti, alle prese con i tanti crac an-nunciati, da Parmalat fino ai furbetti o fur-boni del quartierino, le scalate, l'Italia dellecricche, la maxi truffa delle assicurazioni,le grandi cupole come Bankitalia e Consobche fingono di controllare mentre i vam-piri della finanza continuano a succhiarsangue e profitti. Ancora, tra i moloch ban-cari di casa nostra, dall'Unicredit made inPalenzona al Monte dei Paschi che prestoesploderà. Fino ai tanti misteri negli scri-gni di San Marino. Leggere per credere.Fondatore dello storico mensile Avveni-menti, una vita al timone di Adusbef (l'as-sociazione nata per denunciare lo strapo-tere bancario), da parlamentare all’attivocentinaia di interrogazioni sui temi piùbollenti, Lannutti è appena uscito, fine2014, con “Diario di un senatore di stra-da”, Castelvecchi editore.

Dai servizi delle alte finanze a quellitradizionali il passo è breve. Eccoci cosìalla cover di febbraio 2010, “Servizi & se-greti”, e questo sommario: “Dalla vera sto-ria degli spioni napoletani fino ai verticidell'Aisi, ex Sisde, passando per le storieinedite o inconfessabili di molti tutori del-

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La copertina di febbraio 2010 e, a destra,

quelle di “Ultimi” e di “Bankster”

2010

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VOCE STORY - 2010l'ordine in divisa ai vertici della carriera.Ecco su quali risorse umane possono con-tare gli italiani per la loro 'sicurezza inter-na', mentre al Copasir comanda il paga-nese signor Giuseppe Esposito”. La Vocetracciava un profilo dell'eminenza grigiaCopasir, alle prese con presidenti-papavericome Francesco Rutelli e Massimo D'Ale-ma. E spiccava subito una sigla, un pic-colo grande colosso nel settore delle con-sulting, “Energy for your business”: e inprima fila, nel cda, spiccava il nome diRanieri Mamalchi, componente della fon-dazione Nuova Italia di Gianni Alemannoe tra i più ascoltati nelle ovattate stanzedel Campidoglio.

Sempre Business & Misteri in campocon la Bertolaso band, e la cover di mar-zo, “L'uomo dell'Opus”, che avevamo giàvisto sugli scudi negli scorsi anni. Ecco lasintesi: “Dietro fatti, misfatti & protagonistidel grande affare Emergenza, dalla Mad-dalena all'Aquila, passando per i Mondialidi nuoto e i rifiuti di Napoli, spuntano re-troscena che riportano immancabilmentedentro le austere stanze dell'Opus Dei. Acominciare proprio dallo stesso sottose-gretario, fino ai Gentiluomini di Sua San-tità Gianni Letta ed Angelo Balducci”. Ein quell'occasione la Voce pubblicava unelenco aggiornato di affiliati, frequentatorie simpatizzanti del movimento fondatoda san (da un paio d'anni ormai) Josema-ria Escrivà de Balaguer: “Quasi 600 nomidi personalità e semplici cittadini checompaiono regolarmente - o talvolta informa occasionale - in notiziari o organi-grammi di casa Opus Dei”.

A fine anno, novembre, è invece lavolta delle “Cricche massoniche - Dal Par-lamento Mondiale alla P3 passando perIgor Marini e Valter Lavitola”. La coverprende spunto da due inchieste che viag-giano in modo parallelo, a Milano e a Be-nevento, per far luce su trame massonichee dintorni. Tornano alla ribalta eserciti emilizie mercenarie, in combutta logge divario tipo, organismi come quello presie-duto da monsignor Viktor Busà (già vistonegli anni scorsi) o i Templari. Sullo sfon-do, fanno capolino parecchi nomi dell'in-chiesta sulla P3, quale ad esempio Pasqua-lino Lombardi - l'uomo dei contatti concerte sfere della magistratura - per arrivaread altri papaveri del mondo giudiziario,come Franco Antonio Pinardi, segretariogenerale della confederazione dei giudicitributari e di pace, vice ministro del Par-lamento mondiale e numero uno dell'Os-servatorio Parlamentare europeo (dove sirimbocca le maniche un massone fai date dal curriculum alla cav.lup.mann madein Fantozzi, tale Gennaro Ruggiero).

Passiamo ad altri affari ed eccoci a ca-

sa Cosentino, con un sottosegretario al-l'Economia che viaggia a tutto gas. “DonNicola della Pompe”, il titolo dell'inchie-sta, e questo sommario: “Dall'esplosivastoria dei vagoni di gpl saltati per aria nel-l'eccidio di Viareggio, alla sterminata retedi stazioni di servizio disseminate inCampania e non solo. Frutto di una pro-lifica campagna acquisti. Ecco il vero re-gno dei Cosentino. A tutto gas e milioni”.Solo pochi mesi fa un'inchiesta della ma-gistratura porterà alla luce quei businesse quegli intrecci, conditi di metodi nonpoco spregiudicati per accaparrarsi pompesu pompe e creare un quasi monopoliodella distribuzione. La Voce aveva iniziatola sua ricognizione appena dopo la trage-dia di Viareggio, dove prendevano fuocodelle grosse cisterne della Aversana Gas,una delle sigle di famiglia, cui tengonocompagnia Aversana Petroli e Ip service.E proprio quest'ultima fa segnare, negliultimi anni, ottime performance. Così scri-veva la Voce: “Ip Service nel corso di al-cuni anni - in particolare a partire dal2001, quando Berlusconi torna al governo- inizia una vera e propria campagna ac-quisti che le consente di rilevare una in-terminabile sfilza di stazioni di servizio(oppure di impiantarne ex novo, facendoincetta di terreni, spesso e volentieri ac-quistati nel corso di chiacchierate aste giu-diziarie o fallimentari) da colossi comeAgip ed Eni (o da singoli privati), per sfio-rare, oggi, la soglia dei 200 impianti”. Iltutto per un giro d'affari che, fatti due cal-coli, supera i 100 milioni di euro annui.E i Cosentino possono contare su un'ami-cizia che pesa, quella col prefetto di Ca-serta Elena Stasi, che darà disco verde allaAversana Petroli ricorrendo ad “una pro-cedura che si usa raramente” (e dimenti-cando i “pericoli d'infiltrazione mafiosa”sottolineati in precedenti relazioni prefet-tizie), e per questo, su indicazione di Co-sentino, Berlusconi la candiderà alla Ca-mera nelle liste Pdl.

Ha una sua roccaforte nel Basso La-zio, quartier generale a Formia, l'imperodei Cosentino. E a poca distanza, in queldi Fondi, domina un altro ras sempre tar-gato Pdl, il senatore Claudio Fazzone, chesi è fatto le ossa come autista di NicolaMancino. E capace, Fazzone, di evitare loscioglimento del comune di Fondi, nono-stante le pesantissime infiltrazioni - epi-centro il Mof, ossia il Mercato Ortofrutti-colo - d'ogni sorta, vero crocevia d'affariper 'ndrine, camorra e mafia, un caso piùunico che raro.

Non occorre fare farne molta, di stra-da, per arrivare a Civitavecchia, dove vain scena un altro affare da novanta. “Portoche Scotti”, è il titolo della cover di set-

tembre. Che così sintetizziamo: “Per la pri-ma volta viene alla luce l'incredibile sce-nario affaristico che si muove lungo la co-sta laziale. Un super mix a base di cosche,politica made in tangentopoli e interessimassonici, in prima fila l'ex P2 GiancarloElia Valori. Al centro dei business da mi-liardi c'è lo scalo portuale di Civitavecchia.Ma anche la centrale a biomasse, il cemen-tificio e tutto quanto fa appalto”. Un cen-trale in cui fa capolino la presenza nien-temeno che di Massimo Ciancimino, at-traverso una sigla, Sirco, riconducibile aValerio Bitetto, massone, arrestato e con-dannato per concussione nella Mani pulitemilanese, collettore craxiano delle tangentiEnel. Al porto, invece, spunta la sagomadi un altro pezzo da novanta della primarepubblica, Vincenzo Scotti, a bordo dellaPrivilege Fleet Management Co spa. Sulfronte mattonaro la presenza ovunque èquella di Francesco Bellavista Caltagironeche al timone della Porto del Tirreno spaè il dominus delle infrastrutture portualidal Lazio in su, fino alla Liguria dellacompagna Beatrice Parodi, figlia dell'ar-matore Piergorgio, in ottimi rapporti conClaudio Scajola (che proprio quell'anno ri-ceve quasi “aggratis” - e ignaro - l'appar-tamento vis a vis col Colosseo).

Da una fonte rinnovabile all'altra ec-coci agli affari nel vento, a tutto eolico. LaVoce, nel 2010, realizza un paio di inchie-ste. Ad aprile in scena “Brulli & Pupi”:“Mattatore sulla scena del vento il colossoreggiano Brulli, un turbine di sigle che dal-l'Inghilterra porta fino ad Avellino e a in-contri 'border line'. Sotto i riflettori il tan-dem Speziali-Sgromo, mentre a Girifalcosi falsificano le mappe catastali”. Così spie-gavamo: “in prima fila un senatore Pdl,Vincenzo Speziali, segretario della com-missione Finanze e Tesoro a palazzo Ma-dama, e un gruppo imprenditoriale in forteascesa che fa capo alla famiglia calabresedegli Sgromo: per la serie, uno dei tanticonflitti d'interesse di casa nostra grandicome un pala eppure ormai fisiologici”. Aottobre, poi, un salto in Sicilia, con “Lemale pale”: “L'arresto di Vito Nicastro daAlcamo (secondo gli inquirenti prestano-me di Matteo Messina Denaro), apre nuoviscenari. Che portano ad arcipelaghi socie-tari, intrecci, paradisi fiscali, faccendieri ein Irpinia...”. Perchè proprio nell'avellinesevanno in scena le performance a tutte rin-novabili di un altro segretario di NicolaMancino (stargli al fianco era una veracuccagna), Antonio Arminio. Il nome diArminio balzò alla ribalta delle cronacheper una telefonata sempre negata (ma do-cumentata), quella col faccendiere AntonioSaladino, il protagonista dell'inchiestaWhy Not di Luigi de Magistris.

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noi eravamo così

Tornano sempre in pista gli excamerati, vuoi in doppiopetto,vuoi, a volte, in orbace. Non c'èche l'imbarazzo della scelta, frai tanti servizi realizzati dalla Vo-ce in quel 2011. A gennaio leBrigate rossonere, a marzo l’ine-dita coppia dei Fratelli d’Italia.ANDREA CINQUEGRANI

E' l'anno della destra. O meglio, diquelle truppe finian-bocchiniane chehanno appena messo nel cassetto fez

e busti del duce per approdare a lidi li-beral paraprogressisti (o para altro... se-condo chi non la pensa come loro). Sia-mo freschi delle vicende di Montecarlo,l'ennesima casa della story di proprietari“a loro insaputa”: se in quell'immobilec'è lo zampino di mio genero - giurò unFini imbufalito - giuro che lascio la pre-sidenza della Camera. Detto non fatto,quando la circostanza risulterà manifestaanche agli ipovedenti più spinti, lui re-sterà regolarmente attaccato alla poltrona(per poi inabissarsi - da buon sub - defi-nitivamente). Riavvistato al MattarellaDay, ridente e plaudente alle parole delneo capo dello Stato sui valori eterni del-la Resistenza.

Avevamo già cominciato a dicembre2010 con la cover “La Zuppa del Casale”e un sommario anticipatorio: “ha un epi-centro tutto casertano e una roccaforte aCasal di Principe il ribaltone delle alle-anze che ha determinato la crisi politicanel Paese. E' in Terra di Lavoro, feudoelettorale dei contendenti Nicola Cosen-tino e Italo Bocchino, che si è definito findalla primavera scorsa il quadro degli ac-cordi con l'Udc. E dalla stessa area po-trebbero arrivare i massicci finanziamentisu cui contano i finiani. Attraverso il pro-console Bocchino”. Fisiologico sviluppodi quella copertina, la gemella di marzo2011, “La Cassa del Bocchino - Ecco per-chè Bocchino e Pomicino tengono in pu-gno Fini”. Siamo all'indomani del primocongresso nazionale di Futuro e Libertà,Fiera di Milano, dove Fini incorona ilgeometra di Frignano suo delfino, un

Bocchino che tira al punto giusto in talke salotti che contano. Ma ci vogliono sol-di. L'inchiesta della Voce scopre da dovepossono arrivare, e tutto parte da un'in-formativa inviata dal Ros alla procura diFirenze che sta indagando sugli affari del-la Cricca dei grandi appalti, in particolarele maxi commesse per il G8 e per i 150anni dell'unità d'Italia. Le poche pagineche arrivano alla nostra redazione sonolapidarie, una serie di sigle e di nomi, ei business: scavando, incrociando e frul-lando ecco che salta fuori un incredibilemosaico, con protagonisti e circostanzeche in molti casi, anche dopo anni, tor-nano. Per i protagonisti, in prima filaVincenzo Maria Greco, il plurivisto uomoovunque di 'O ministro Pomicino sulfronte degli appalti, in compagnia deirampolli Ludovico e Maria Grazia; poiun gruppetto di commercialisti di strettaosservanza Greco (Alessandro Fiorentinoe Alessandro Parisi), o bocchiniani doc(Francesco Ruscigno), oppure fifty fifty(Domenico Chieffo). Quindi un altro “re-ferente abituale” (questa la terminologiaRos) di Greco nei business portuali, Ro-berto Marconi, già al vertice della para-statale Italia Navigando. Eccoci a imprese& affari. C'è un riferimento preciso algruppo Ambrosio, nel report, con ogniprobabilità ai destini di quello che ful'impero del grano di un grande amicodi 'O ministro, Franco Ambrosio. Ma il

boccone più ghiotto si chiama Impresaspa, ossia la nuova Icla degli anni 2000,la star del mattone per tutte le opere inItalia e nel mondo. Qui c'è la polpa, ovvioci possa essere la “Cassa”. In pochi anniImpresa ha scalato la hit del mattone (co-me fece consorella Icla negli '80), fa lavoriper mezzo mondo e cura il gioiellino diFirenze tanto caro a Matteo Renzi sinda-co, il tram veloce dall'aeroporto al centro.A bordo i rampolli di casa Greco, chefanno la parte del leone al timone di Li-guria Costruzioni (l'azionista forte, circal'80 per cento, su un capitale sociale da25 milioni di euro), condivisa con unvecchio mattonaro amico di casa Pomi-cino, Raffaele Raiola (il quale aveva in-corporato la patata bollente della Sorren-tino Costruzioni). Ma come sbarca impre-sa a Firenze? Facendo un sol boccone diuna ex star delle costruzioni viola, la BTP(Baldassini-Tognozzi-Pontello) finita nelmirino della magistratura e poi in crac.Ma le toghe hanno puntato i riflettori an-che sulle strane manovre, intorno a BTP,messe in piedi dal coordinatore Pdl DenisVerdini (che oggi vede il suo patto delNazareno in forte crisi dopo la batosta perl'elezione di Sergio Mattarella al Quirina-le) e da una vecchia conoscenza di casaprima Dc, poi Udc, quindi Pdl, Vito Bon-signore, un pallino per gli appalti auto-stradali e, soprattutto, socio dei fratelliGreco e di Rescigno in una creatura me-diatica, Investimenti Editoriali, che avevadato vita alla catena di E Polis prima del-l'editore sardo Nichi Grauso poi passatasotto il controllo di Bocchino. E i cerchi

Story

La copertina di aprile 2011 e, a destra,

quella di marzo 2011.

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VOCE STORY - 2011si chiudono. In che modo si sia poi chiu-sa l'inchiesta fiorentina resta ancora unmistero: come i tanti ormai già visti lun-go gli itinerari giudiziari di casa nostra.

Ma eccoci al terzo atto. E al “Provedi Terzo Dolo”, quel polo di centro sem-pre vagheggiato da tanta ex dc e tanti im-prenditori de noantri. Ecco come sinte-tizzavamo i fatti nell'inchiesta di giugno,all'indomani di un importante voto am-ministrativo: “dai ballottaggi di Napoli eMilano vengono alla ribalta due leaderrivoluzionari, de Magistris e Pisapia. Mavecchia politica e finanza si sono mossein anticipo. In esclusiva, tutte la manovredi casa Confindustria: l'ex numero unoD'Amato pensa ai mega business di Na-poli est, l'attuale vertice Marcegaglia èpronta a scendere in campo con Fli,mentre Gianfelice Rocca, opusdeista, èoggi pro Pisapia. Sullo sfondo politico, ilTerzo Polo-Grande Centro, non solo diFini, Casini e Rutelli, ma anche di Boc-chino, Vito e Pomicino. Il 'nuovo' chesgomita...”.

Sempre a base di inciucio maximouna delle cover più gettonate dell'anno,“Fratelli d'Italia”, in prima i volti ben notidi Walter Veltroni e Gianfranco Fini, den-tro “due storie eccellenti, due fratelli divip. Ecco in campo Valerio Veltroni, pas-sato dai crac pisani da mille miliardi aifasti romani col gruppo Parnasi. E Mas-simo Fini, ai vertici dell'impero Angeluc-ci, la dinasty convenzionata tutta d'oro”.Quella dinasty che per anni ha editatonon pochi quotidiani di tendenza, dal Ri-formista a Libero fino all'Unità, per ironiadella sorte diretta proprio da Walterl'americano. Un reportage, quello di apri-le, dentro una sanità capitolina semprea caccia di nuove, laute convenzioni do-ve il pubblico paga e il privato ingrassa;o dentro il mattone romano a caccia dinuovi affari, caso mai lo stadio tutto ver-de & sport (sic) o la cementificazione diaree verdi, “come ad esempio quella divia Città di Castello - scrivevamo allora- un pacco ben confezionato dalla giuntaAlemanno a favore degli interessi madein Parnasi, in perfetta continuità con idesiderata del precedente esecutivo Vel-troni”. I conti, si vede, tornano.

E tornano sempre in pista gli ex ca-merati, vuoi in doppiopetto, vuoi, a volte,in orbace. Non c'è che l'imbarazzo dellascelta, fra i tanti servizi realizzati dallaVoce in quel 2011. Andiamo per ordinecronologico. Gennaio, è la volta delle“Brigate rossonere”. Veniamo a sapereche settimane prima, nel cuore chic diRoma, via Lucina, presso la sede di Fon-dazione Nuova Italia, il sindaco ha pre-

sentato in pompa magna il quarto nume-ro del trimestrale Theorema. Due ghiot-tonerie tutte da gustare. In sella alla Nuo-va Italia, oltre al presidente-primo citta-dino Gianni Alemanno, la gentile con-sorte Isabella Rauti, mentre una dellestrategiche aree di studio, quella per lepolitiche internazionali, è affidata allecure di Loris Facchinetti, massone, e so-prattutto ex pezzo da novanta di OrdineNuovo. Passiamo al comitato scientificodi Theorema, un vero uovo di Pasqua:perchè dentro c'è la sorpresa di un pre-sidente del calibro di Mario Mori, l'excapo del Ros e numero uno dei Servizisegreti, e di Giuseppe De Donno, il suoeterno braccio destro (anche nelle inchie-ste che li vedono coinvolti). Nello stessoperiodo Mori e l'eterno braccio sinistro,il capitano Ultimo, ricevono l'incaricoper la Sicurezza dal Comune di Roma (enon pare lo prestino per volontariato).Ma ecco un secondo uovo, e dentro unasorpresa ancora più emozionante: tra iprestigiosi collaboratori del trimestralec'è la firma di Valerio Morucci, sì ricor-date bene, il brigatista-carceriere di AldoMoro, poi 'dissociato' e ora libero comeun fringuello (negli stessi mesi tornavain libertà anche l'ideologo del rapimentoCirillo, Giovanni Senzani). E oggi, nei sa-lottini tivvù, siamo ancora costretti a sor-birci le idiozie dei maitre a penser se-condo cui non c'era alcun legame trabierre e servizi. Ma fateci il piacere, di-rebbe Totò.

Procediamo sempre a destra. Siamoa febbraio e ad altri due piatti forti. Il pri-mo viene servito da Nello Trocchia, “Pol-verini e i suoi Celori”. Ecco il fulminanteincipit: “Escluso e senza poltrona: nonpoteva certo finire così. Nè per lui né pergli altri. Dopo aver tappezzato Roma edintorni di manifesti, speso pacchi disoldi per la campagna elettorale, l'ex con-sigliere regionale di An Luigi Celori nonpoteva restare al palo dopo la mancatapresentazione della lista del Pdl. Chi hasostenuto Renata Polverini, la presidentedella Regione Lazio, non resta a piedi.Se Roma e Gianni Alemanno piangonoper lo scandalo delle assunzioni nellemunicipalizzate, la Regione non ride dicerto: lottizzare è la parola d'ordine. CosìCelori, suo sponsor politico Altero Mat-teoli, ministro delle Infrastrutture, a metàdicembre è stato scelto come presidentedel cda di Autostrade per il Lazio, la spanelle mani dell'Anas e della Regione cheha come obiettivo la costruzione dellanuova Pontina”.

Il secondo riporta ai fasti littori e “al-l'armi siam fascisti”. Titolo dell'inchiesta

“Un vigilante per amico”, e il dettaglio:“Vera regina degli appalti per la vigilanza,la Italpol della famiglia Gravina, moltocara al presidente della Camera Gianfran-co Fini. Ma nella giungla delle commessearcimilionarie fanno capolino anche il pa-tròn della Lazio Claudio Lotito e i nipo-tini di don Enrico...”. E non si tratta diun Enrico qualunque, il Nicoletti cassieredella Magliana band, al centro di tanti in-trecci & affari, come dimostra l'inchiestadella procura di Roma su Mafia Capitaledi fine 2014. Tra i business più ghiottinon può mancare proprio quello della vi-gilanza, una gigantesca torta suddivisaequamente tra gang e partiti, come nelpiù perfetto manuale Cencelli. In quel-l'inchiesta, infatti, si passava dai mega ap-palti di casa Italpol - Fini grande sponsor- a quelli di un'altra star del settore, l'exUrbe poi Pegaso quindi Nuova Città diRoma, e un via vai di personaggi chevanno dal forzo-dipietrista Sergio De Gre-gorio alla dinasty ex psi dei Montali, finoa un ras delle coop bianche, Carlo Mitra.Stessi nomi in campo anche per il giallodelle cimici negli uffici di lady Polverinialla Regione, con un via vai di vigilanzeper tutti i gusti: siamo a maggio, con “Isignori delle Pulci”.

E cambia poi tanto l'aria con la coverdi ottobre 2011? Macchè, arieccoli. “Mae-stri di Lavitola” è il titolo dell'inchiesta,per questo significativo sommario: "La ve-ra storia dell'uomo al centro di tutti i piùrecenti intrighi italiani, Walter Lavitola.Con un grosso maestro, Sergio De Grego-rio, ora prudentemente all'ombra del Se-nato, e uno sdoganatore di entrambi chesi chiama Antonio Di Pietro”.

E il mese precedente, tanto per nonfarci mancare niente, era stata la volta diun'altra cover da novanta, “Dalla P4 allaC3”: “ci sono grandi star del firmamentoeconomico e giudiziario nazionale nel-l'associazione C3 che riunisce calabresieccellenti, e non solo. Molti nomi ricor-rono in maniera impressionante nel bol-lente fascicolo sulla P4”.

Ma per tirarci un po' su eccoci conl'intervista di un grande, Ferdinando Im-posimato, ad un altro grande, l'eterno al-loro olimpico Pietro Mennea. E' in ebol-lizione la candidatura di Roma città olim-pica 2020, e Mennea va giù duro a de-nunciare affari & intrallazzi dietro l'ango-lo, una lotteria per pochi mattonari e i lo-ro lacchè, una sciagura per la collettività,per l'ambiente, per le casse pubbliche. Ecita, dati alla mano, i flop più recenti.Mario Monti, alla fine, bocciò il sognoolimpico. Ma poteva mai turbo Renzi la-sciarsi sfuggire occasione più grande?

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noi eravamo così

A marzo e aprile 2012 la Voce rivelache a causare il naufragio del secolofu un traffico di droga. I magistraticontinuano a seguire la pista del-l’inchino. Ma nel marzo 2015 unaprocura tenace, quella di Firenze,scopre che sul Costa Concordia haviaggiato cocaina pura.ANDREA CINQUEGRANI

Finiamo in giallo e ricominciamo a tut-to giallo. A dicembre 2011, infatti,l'ultima cover era dedicata ai misteri

di Italo, il supertreno ad alta velocitàpronto ai nastri di partenza, con la bene-dizione dei tre “Carini”, l'allora (poi sca-ricato) mister Ferrari Luca Cordero diMontezemolo, lo scarparo padrone di To-d's Diego Della Valle, il 'pannazzaro' e pa-tròn di Cis e Vulcano Buono Gianni Pun-zo. E l'ok delle banche, in testa il neo mi-nistro di tutte le economie e finanze del-l'esecutivo Monti, Corrado Passera, tra iprimi azionisti Ntv (la società che parto-risce Italo) a bordo delle vagonate da mi-lioni del gruppo Intesa. Tutti d'amore ed'accordo, a partire da un grande sponsorpolitico come Pierluigi Bersani, che inqualità di ministro dell'Industria avevadato disco verdissimo. Siamo alle solite:come fu per mamma Tav, anche stavoltala finzione delle finzioni, pochi spiccioliprivati, tutto il resto banche (quindi cit-tadini-contribuenti, ossia popolo bue),perciò pubblico. E loro a magnificare inostri capitani coraggiosi (erano lo stessoi furbetti e furboni del quartierino e deiquartieroni) che rischiano in proprio! Mafateci il piacere... Tutto funziona a mera-viglia, tutti in carrozza, pronti per la par-tenza... abortito. Una, due, tre volte. Cosanon va? Perchè lo spumante resta col tap-po in canna? Una bazzecola, forse unapinzellacchera, ma ecco che dalla Prefet-tura di Napoli non arriva il tanto sospi-rato “nulla osta” per il via, quel certificatoantimafia che tarda, e il capostazione nonpuò imboccare il fischietto. La Voce scri-ve della vicenda a dicembre, e continueràa seguirla per tutto il 2012, documentan-

do che c'è un inceppo proprio per unadelle sigle che hanno dato vita ad Ntv,quella targata Punzo, che vede il suo cer-tificato antimafia sospeso come in unlimbo. Così sintetizzava la Voce, nella co-pertina “Mal di treno”: “E' bloccato inprefettura, a Napoli, il rilascio del discoverde antimafia per le imprese del Cava-lier Gianni Punzo, uno dei tre moschet-tieri di Ntv, il primo treno privato ad altavelocità d'Europa. Così mentre i finan-ziamenti restano al palo, rischia il tracol-lo anche il principale investitore, quellaBanca Intesa San Paolo che nelle scorsesettimane ha visto il suo leader Passerapassare al vertice del governo Monti condeleghe a Sviluppo e Trasporti. Coinci-denze?”. Per svariati mesi il copione noncambia di una virgola: in soldoni, è par-tito il megasupertreno ad alta velocitàsenza lo straccio di un'antimafia! Nonsiamo su Scherzi a parte. Per fortuna chea scrivere di tutta l'incredibile vicenda inquelle settimane esce un prezioso e book,“Alta Rapacità”, autore Gianni Dragoni,inviato di punta del Sole 24 ore e fondi-sta per Annozero di Michele Santoro.

Da un maxi treno a una mega nave,eccoci a bordo della Concordia del co-mandante Schettino, per passare a ungiallo che si colora di rosso. Come il san-gue delle vittime innocenti inabissate aun passo dalla Costa (sia nel senso di na-

ve che di terraferma, per tragica bi-ironiadella sorte). Proprio in queste settimaned'inizio 2015 si sta celebrando il processo,al quale l'acrobata Schettino arriva dopouno slalom speciale tra gossip, kermessee convegni, dove ha potuto insegnare, daperfetto cattedratico, “Le Tecniche di Ge-stione del Panico”: come invitare Draculaad un master per infermieri o Riina peruna lectio magistralis di legalità. All'in-trepido Schettino la Voce ha dedicato duecopertine uscite nell'anno, “La pista rus-sa” di marzo e “Il capitano e i clan” didicembre. Partiamo dalla prima, a pochesettimane dalla tragedia. Ecco il somma-rio: “C'è qualcosa che non torna nelle ri-costruzioni del naufragio. Quello che ilcomandante Schettino fin da subito nonriesce a spiegare è il motivo, forse incon-fessabile, che lo portò quella notte a di-rigere la 'sua' nave a tutta velocità controscogli che lui stesso conosceva a memo-ria. Chi o cosa lo spinsero a salire inplancia per la manovra kamikaze? Smen-tita clamorosamente la versione dell'in-chino, vengono a galla fatti e personaggiche conducono tutti in Russia”. Nell'in-chiesta di fine 2012 entra in scena unconvitato di pietra, la camorra. Vediamorapidamente di capire la ratio che ci hacondotti su quelle piste. Alla base la va-cuità di tutte le motivazioni ufficiali, l'in-chino, la manovra sbagliata, lo slalom trale scole, l'errore che neanche un alunnodella scuola nautica più sgarrupata si sa-rebbe mai sognato di commettere. Quindi,il perchè è altrove. E può solo stare in af-fari inconfessabili, in 'carichi' da novanta,

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La copertina di novembre 2012 e, a destra,

quella di marzo 2012.

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VOCE STORY - 2012in 'trasporti eccezionali', fuori da ogni rot-ta. Droga, o che? La Voce documentaqualche precedente già in casa Costa, ri-porta le testimonianze di passeggeri maiudite prima; e soprattutto ricostruisce loscenario delle coste toscane, già avvezzea strane segnalazioni, particolari avvista-menti: il tutto, in forte odore di trafficinon proprio immacolati. Ci chiediamo,sia a marzo che, in modo ancor più forte,a dicembre: possibile mai che agli inqui-renti non sia passato per la mente chequalcosa di meno folkloristico dell'inchi-no può esser stato il via per la sequenzada incubo? Un imprevisto dentro un co-pione già visto? A inizio febbraio 2015 lacondanna, per Schettino, a 16 anni. Ma,soprattutto, a marzo 2015 salta fuori l’in-quietante verità: due boss ‘ndranghetistioperanti in Toscana, intercettati, parlanofra loro dei traffici di cocaina a bordo del-le navi da crociera. E d evocano in parti-colare la Costa Concordia. Ma la Procuradi Grosseto aveva continuato a seguireimperterrita, per anni, la pista dell’inchi-no, che sfida tra l’altro il buon senso co-mune, senza porsi troppe domande.

Eppure sono gli stessi, identici inter-rogativi che ci portano dentro altri gialli,misteri ancora irrisolti che però continua-no a popolare i nostri Chi l'ha visto,Quinta Colonna o i pomeriggi tivvù Rai1 o Rete 4, a seguire il verbo di CristinaParodi o di Barbara D'Urso che con soa-vità chatta col sempreamato premier Ren-zi (anche ora dopo il Mattarellum?) o conla maga a caccia di Roberta Ragusa nellecampagne pisane. Siamo perciò alla coverdi maggio, “Gli impuniti - Melania e le al-tre, i buchi neri nelle indagini”, e questosignificativo sommario: “Moventi illogici,che non reggono, eppure diventano prove.Armi del delitto mai trovate. E quell'om-bra dei clan che lasciano una firma sul ca-davere, senza che nessuno voglia vederla.Lontane dalla prontezza delle DirezioniAntimafia, molte procure di provincia se-guono per mesi ed anni piste passionali,ruotando intorno a gelosie familiari, storiea luci rosse o al massimo sballi da balordidi periferia. Ma ecco come, da MelaniaRea alle altre, è possibile ricostruire unastoria ben diversa”. Si dipanano allora,uno dopo l'altro, i tragici casi di Melania,Roberta, Yara, Sara. Perchè non è mai statabattuta la pista camorra nei casi di Mela-nia e Yara? Partiamo dal primo. Come maiè stato estromesso dall'inchiesta l'unico ingrado di far luce su 'altri', ben più pre-gnanti moventi al di fuori della pista pas-sionale, e cioè il gip Giovanni Cirillo? Ilquale, appena lasciata la procura di Tera-

mo per passare a Giulianova, dichiara:“Melania è stata uccisa perchè aveva sco-perto un segreto inconfessabile, forse le-gato alla caserma dove Parolisi lavorava”.E fa capire che con ogni probabilità il ma-rito-militare “stava rendendo conto a qual-cuno di qualcosa che non sappiamo”, per-chè forse “la moglie aveva scoperto qual-cosa e lui è stato costretto a portarla lì”.Una pista che dalla caserma (anzi dallecaserme, vista la precedente esperienza aTolmezzo) porta fino in Afghanistan, doveParolisi aveva prestato servizio, forse in-teressandosi di qualcosa che avrebbe fattomeglio a lasciar perdere, perché di polve-re bianca possono occuparsi solo i clan.Un altro elemento caduto quasi nel di-menticatoio: una soldatessa napoletana,Laura Titta, ad Ascoli dal 2009 al 2011,quando addestratore delle reclute femmi-nili è il caporal maggiore Parolisi.

Il 14 giugno 2011 la Dia fa arrestaread Ascoli proprio Titta, nell'ambito del-l'inchiesta sul boss dei casalesi MicheleZagaria. “Il fresco vedovo Parolisi - scrivela Voce - dichiarerà agli inquirenti asco-lani che lui la Titta non la ricorda. E tantobasterà ad allontanare l'immagine dei bossche estendono il loro potere nei repartidelle caserme”. E quella orrenda esecu-zione con 37 coltellate e una siringa con-ficcata nel petto dilaniato, può essere maifollia passionale? O non piuttosto un pre-ciso messaggio nel rituale di camorra, af-finchè chi deve intendere intenda? A feb-braio 2015 l’assurda sentenza della Cas-sazione: 37 coltellate ma “senza crudeltà”,ricalcolo della pena.

Passiamo a Yara e all'incredibile in-chiesta costata alle casse dello stato palatemilionarie in prove del Dna di massa,praticamente mezza Lombardia al setac-cio, come svuotar il mare con un secchiel-lo. E poi, il topolino, neanche, con ogniprobabilità un innocente, Bossetti, sbattutocome il solito mostro in prima pagina, di-strutto in base a un teorema scientificoche fa acqua da tutte le parti. E anche sta-volta: perchè non seguire una pista chepur ha fatto capolino, quella delle minac-ce arrivate al cantiere del padre di Yara?Come mai quella misteriosa sigla campa-na, la Lopav dei fratelli Locatelli, non pro-prio una società immacolata, non è statamai guardata un pochino più a fondo, so-lo una scorsa e via? Può aver condiziona-to quella cena “tra un’impresa di camorrae alcuni notabili degli apparati inquiren-ti?”. Eppure anche stavolta alcuni segnalici sono: lavori, appalti, subappalti, movi-mento terra, tutti ingredienti che - sappia-mo bene - ormai sono pietanze molto care

ai clan; e altrettanto bene sappiamo cheda anni (come cerchiamo del resto di do-cumentare in queste pagine) clan e 'ndrinesono “salite” in Lombardia e oggi vi abi-tato in maniera stanziale, dettando le loroleggi e le loro ferree regole: se serve mi-nacciando, intimidendo e caso mai invian-do segnali di sangue.

Altre piste, altri misteri e una comuneverità anche per il giallo di Roberta Ra-gusa, epicentro il pisano, terra di cappuc-ci massonici e un iperindiziato, come ilmarito Antonio Logli, ancora, dopo treanni e passa dalla “scomparsa”, a piedelibero. La Voce ricostruisce quell'ambien-te, e soprattutto punta i riflettori su un bi-glietto ritrovato in zona: “andate a vederenell'inceneritore”. E' quello di Ospedalet-to, poco distante da casa dei Logli, e facapo alla Geofor, la stessa ditta di servizicomunali per la quale Antonio Logli la-vorava come elettricista. E siamo alle so-lite. Perchè in quella direzione non si èvoluto guardare più di tanto? Forse chitocca certi fili muore? O che?

Da gialli di sangue ad altri gialli, nonmeno di sangue, perchè costano la vitadi centinaia di contribuenti ogni giornotaglieggiati, rackettati, non solo dalle ma-fie, ma dallo Stato, via Equitalia. Eccocicosì alla cover di giugno, “Giallo Befera- Uomini, sigle & misteri del vertice diEquitalia che sta mettendo in ginocchioil Paese”.

E di non poche ombre è popolato unaltro pezzo fondamentale dello Stato,quello delle prefetture, presidio fonda-mentale per la legalità sui territori. La Vo-ce dedica ben due cover, a inizio e fineanno. Partiamo da febbraio, “I prefetti eil fattore C - Storie vere dai palazzi delgoverno in Italia con la benedizione diNicola Cosentino”. Qualche elemento inpiù: “Mentre l'assalto del crimine orga-nizzato si estende a tutte le regioni italia-ne, noi andiamo a vedere cosa succedenei centri vitali dello Stato. Da Roma aNapoli, da Crotone a Genova, ecco alcu-ne situazioni che dovrebbero far riflettere.Con una serie di collegamenti che moltospesso vedono in pista esponenti di pro-venienza Campania, tutti con l'imprima-tur di un coordinatore Pdl come Cosen-tino 'o Mericano”. La cover di novembrepassa invece in rassegna i profili dei trecandidati per la poltronissima di capodella polizia, tutti e tre di provenienzaprefettizia: “Prefetti Perfetti? La vera sto-ria di Alessandro Pansa, Giuseppe Peco-raro, Giuseppe Procaccini, in pole posi-tion per la successione a Manganelli”.Vincerà Pansa.

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noi eravamo così

Il 2013 è un susseguirsi di in-chieste che cercano di decodifi-care quel che sta succedendo inun'Italia ormai a sovranità li-mitata, una democrazia di car-tapesta capace di tramandare loscettro del comando da unmembro all'altro della Kasta.ANDREA CINQUEGRANI

Non potevamo inserire nel puzzle deigialli 2013 un pezzo da novanta comele inchieste di Ferdinando Imposima-

to sulle Twin Towers, e tutti i misteri diquell'11 settembre. Era necessario dedicareun ampio spazio a parte, un'apertura a sé,perchè quelle indagini, quelle illuminateosservazioni sospese tra il diritto e l'inve-stigazione allo stato puro, l'acquisizione edelaborazione di documenti a volte top se-cret, è qualcosa che va al di là di cronachee dissertazioni quotidiane: perchè si fa sto-ria, quella vera. Fa sorridere che oggi, unosservatore come Aldo Grasso sul Corserad'inizio febbraio, cercando di minimizzarelo straordinario successo di Imposimato - ilvero presidente del popolo italiano - perl'elezione del capo dello Stato, si lasci an-dare a una sparata del genere: “ci mancavasolo un presidente che da alcuni anni èconvinto che nella morte di Aldo Moro sia-no coinvolti i servizi segreti di mezzo mon-do, che gli attentati dell'11/9 siano statiun'operazione di terrorismo consentita dal-l'amministrazione Usa...” e via blaterandodi questo passo. Lontana mille miglia dalleantenne di Grasso l'ideuzza che Moro, sì,“Doveva Morire”, come scrivono Imposi-mato e Sandro Provvisionato, perchè cosìhanno deciso i nostri Servizi, e la nostra Po-litica: non i servizi di altri, né un'altra poli-tica. A dichiararlo non è una spia di Putin,non un castrista incallito: è un uomo dellaCia, Steve Pieczenick, il quale confessa concandore (e Imposimato ne aveva raccolto latestimonianza, mai smentita, una mezzadozzina d'anni fa) che arrivò dagli Usa conquel preciso compito; e qui diventò il brac-cio operativo di Kossiga - ma sì, scriviamolouna volta e per tutte col K - allora ministrodegli Interni, alle dipendenze un comitato

di crisi con 11 piduisti su 12. Ma questecose, mammoletta Grasso non le sa?

E difficilmente sa, giglio Grasso, cheMohammed Atta, l'attentatore principe del-le Torri Gemelle, era un uomo targato Cia,libero di scorazzare in lungo e in largo pergli States, volare da una costa all'altra, e alseguito una fedina penale chilometrica. MaAtta, si sa, è una belva islamica. “Atta d'ac-cusa” è il titolo della Voce di marzo 2012.“In esclusiva per la Voce, ecco il 'cuore' deldocumentato capo d'accusa allestito da Im-posimato per la Corte dell'Aja. Cia, Fbi eBush sapevano ben prima cosa sarebbesuccesso e chi era Atta, il terrorista liberodi viaggiare per mezzo mondo”. Ancora:“Atta non solo era sotto controllo, ma an-che protetto dalla Cia: infatti non fu mairinviato indietro in Europa quando allafrontiera fu sorpreso con visti illegali. Nèfu arrestato”. Ma queste, si sa, sono bazze-cole, pinzellacchere. Fantasie comunistoidi.Peccato che a urlarle siano personalità co-me Imposimato e Giulietto Chiesa, l'altramosca bianca da anni sul fronte per de-nunciare i crimini “umanitari” a stelle estrisce e l'11 settembre taroccato. In un al-tro superdocumentato reportage, Imposi-mato dimostra, carte sempre alla mano, co-me perfino in Borsa la notizia dell'attentatocorresse. “Insider sulle Torri”, il titolo, peril sommario: “Cia e Fbi 'attivi' nella stragedelle Twin Towers. Non solo non hannoindagato, ma sono stati protagonisti dell'in-

sider trading di azioni delle due compagnieaeree, American e United Airlines. Lo do-cumenta il j'accuse di Imposimato appenaapprodato alla Corte dell'Aja”. Del resto, ungiornalista investigativo di Washington, Ky-le Hence, così scriveva: “I documenti ritro-vati a Groud zero e le osservazioni di per-sone competenti dicono una cosa spaven-tosa. Ancor più spaventosi i motivi per cuile autorità hanno fermato il tentativo diidentificare e perseguire i responsabili eneutralizzare la rete finanziaria che ha age-volato il più ignobile dei crimini”.

Da Presidenti, Caste e Servizi a stelle estrisce ai confratelli di casa nostra il passonon è poi tanto lungo. E il 2013 è un sus-seguirsi di articoli e inchieste che cercanodi decodificare quel che sta succedendo inun'Italia ormai a sovranità limitata, una de-mocrazia di cartapesta capace di tramanda-re - come in perfetta era feudale - lo scettrodel comando da un membro all'altro diquella Kasta, senza chiedere il becco di unparere. O di un voto. Così, in un baleno,passeremo da un mai votato Monti a un al-trettanto mai eletto, né tantomeno sceltoLetta: stessa inarrestabile china che porteràall'Impero Renzi, su cui pare non tramontimai il sole.

A questo punto, val la pena di adottareil criterio cronologico e così vediamo, mesedopo mese, come le nomenklature germo-gliano. “Scrivi Monti leggi Dc - Dietro lequinte del Grande Centro”, è il titolo digennaio. Alla scoperta di inediti nei trascor-si del primo ministro professore: “tra i piùfidi consulenti di Paolo Cirino Pomicino alministero del Bilancio c'era Mario Monti,che 'O ministro aveva chiamato al suo fian-

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La copertina di gennaio 2013 e, a destra,

quella di luglio 2013.

2013

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VOCE STORY - 2013co per le linee di programmazione econo-mica”. In quella stessa inchiesta, per rian-nodare i fili del Centro, tornavamo sull'in-credibile vicenda del mancato (ancora) nul-la osta antimafia per le imprese di GianniPunzo, e quindi per la creatura Italo, natadalla Ntv dei tre 'carini'. Era l'occasione perdare una chicca ai lettori. Eccola: “Dicem-bre 2011. La Voce esce con lo scoop in co-pertina del certificato antimafia negato aPunzo, con conseguente ritardo per la par-tenza dei treni Italo. Poche ore dopo a te-lefonare in redazione è Carlo Calenda, chesi qualifica come direttore generale dell'In-terporto con trascorsi in Sky, Ferrari e Con-findustria. 'Interporto opera in concessionedella Regione Campania, quindi non ne-cessita di quel certificato', spiega, glissandosul fatto che a ridosso dello scalo stava perinsediarsi il reparto manutenzione treniNtv. Non sapevamo un anno fa che Calen-da, il manager prestato da Montezemolo aPunzo, sarebbe diventato l'uomo macchinadell'Agenda Monti, via Italia Futura. Exdiessino, romano, Calenda è oggi anche alfianco di Giovanna Melandri nel board diHuman Foundation, sigla 'filantropica' fi-nanziata da Enel e presentata in pompamagna tre mesi fa da Giuliano Amato eMario Monti”. 5 febbraio 2015: Calenda ealtri magnifici sette di Scelta Civica lascia-no la barca e approdano sui soleggiati lidirenziani: ottimo acquisto per turbo Renziun ex Ferrari che torna a casa!

Febbraio, siamo alla “Black List”, ossiala consueta rassegna di Impresentabili invista del voto, come da decenni è tradizio-ne alla Voce: consigli utili perchè, a unpasso dall'urna, “se li conosci li eviti”. Eccoil breve vademecum: “fra le centinaia diimpresentabili in corsa per Montecitorio opalazzo Madama, scorriamo fior da fiorenelle liste dei diversi partiti, da nord a sud,ivi compresi i 'moralizzatori' di turno, valea dire i candidati poco raccomandabili im-boscati nelle formazioni che si richiamanoal Verbo di Mario Monti”. E a propositodel premier, eccoci alle prese con una veraprimizia: non bastavano Bilderberg o la Tri-lateral, e nemmeno gli Illuminati alla col-lezione del professore “fin dal suo insedia-mento a palazzo Chigi rimbalzato quotidia-namente sul web per le sue conclamate ap-partenenze a logge supermassoniche mon-diali. Lui - scrive la Voce a febbraio 2013- il premier, fin dal 2004 aveva fondato inEuropa una compagine tutta sua, Bruegel,che fa discutere fin dal suo primo apparire.Per Monti e i suoi si tratta di un sempliceacronimo (Brussels European and GlobalEconomic Laboratory). Per i più sospettosi,evocare il grande artista fiammingo del'500, noto per la rappresentazione dei cie-

chi, è l'implicito riferimento a quel pano-rama occulto della finanza mondiale chei cittadini non possono - e non devonomai - vedere”. Nel super board di Bruegelc'è un pezzo da novanta dei Bankster in-ternazionali, Claude Trichet, per anni alvertice dalla Bce prima dell'era Draghi. Tragli italiani eccellenti Vincenzo La Via, di-rettore generale del Tesoro con super Ma-rio Monti premier; e poi l'ex ministro mon-tiano dell'Economia Vittorio Grilli e - po-teva mai mancare - una presenza gauche,l'economista 'rossa' Letizia Reichlin.

Marzo. Tutti dentro “Le Male Camere”,ovvero “Dalla A alla Z ecco l'identikit deglieletti ad alto tasso di impresentabilità po-litica o giudiziaria. E monta la marea gril-lina”. E finalmente che monta, vero Gut-talax per sfangare i palazzi da tutto il mar-cio imputridito per decenni. In quel nu-mero della Voce, il presidente dell'AdusbefElio Lannutti scrive un pezzo sul boom dispese per consulenze e clientele duranteil governo Monti, quello della tanto sban-dierata spending review, e sull'aumento al-le stelle di tassi e mutui sulle spalle di fa-miglie e imprese. E conclude con una let-tera aperta al leader 5stelle Grillo: “CaroBeppe, non potevo fare l'indifferente men-tre l'Italia colava a picco, ma dovevo esserepresente, partecipare al vento del cambia-mento che soffia da queste piazze, lo stessovento di pulizia e moralità che nel 1984generò lo storico sorpasso del Pci, dovutoall'effetto Berlinguer. Sono certo che la rab-bia degli onesti, milioni di onesti che nonsi rassegnano alla sfascio di un Paese por-tato alla disperazione da questi stessi par-titi che fanno finta di essere nuovi, sempregli stessi uomini che, sotto mentite spoglie,cambiano casacca, saprà liberarci dai cor-ruttori, sconfiggere un sistema di potereche ha accumulato un debito da 2000 mi-liardi di euro, indagare su cloptocrazie, tec-nocrazie, oligarchie e sepolcri imbiancaticome Bankitalia, Consob, Isvap che hannorubato il futuro ai giovani”. E ancor piùduro, Lannutti, il mese seguente, con“L'Europa dei figli di Troika e il grido deglioppressi” e questo sommario che ha ancorpiù significato oggi, dopo la vittoria ad Ate-ne di Tzipras che spalanca verso nuoviscenari: “E' cominciata la rivolta dei popolicontro le tecnocrazie, quelle cleptocrazieeuropee guidate dai 'figli di Troika' MarioDraghi, Cristine Lagarde e Manuel Barroso.Gli italiani hanno bocciato la Scelta Civicadi Mario Monti che ha deciso i massacrisociali per salvare le banche, compresa laroccaforte rossa di Siena. Intanto il parla-mento tedesco boccia il fiscal compact diAngela Merkel. Ma la stampa italiana ta-ce”. Come tace oggi, scodinzolante un gior-

no sì e l'altro pure verso Giano-Renzi, oggipro Tzipras più cravatta, domani in ginoc-chio da Angela davanti all'altare Bce. “I ma-novratori” è il titolo della cover di aprile.“Dalla Trilateral ad Aspen, da Astrid ad Ita-lianieuropei, fino alla montiana Bruegel, ec-co tutta la nomenklatura che sta program-mando a tavolino i destini dell'Italia per iprossimi anni”.

Sempre col vento in poppa a maggio,a bordo “Kasta Viva - l'inedito chi è dellanuova nomenklatura”, quella partorita dopoil nuovo esperimento genetico made in Let-ta, Enrico, perchè zio Gianni è dall’altra -si fa per dire - parte del tavolo. “Doveva es-sere un governo di scopo - scrive la Voce -per fare le riforme urgenti. Invece arriva ilpiù pletorico e mastodontico degli esecutiviche costerà altri milioni agli italiani dissan-guati. Ecco i prescelti dalle lobby para-mas-soniche orbitanti introno al nuovo pre-mier”. “Dalle larghe intese ai patti scellera-ti”, commenta Imposimato in quel numero.“I nazisti dell'euro e i giovani in catene”,commenta Lannutti.

Il top è a luglio, con “La Torre dei Mi-racoli - tutte le strade portano da Roma aPisa, terra di massoni & misteri”. Torniamosui luoghi dei misfatti, e quindi una capa-tina in quell'inceneritore di San GiulianoTerme, dove con ogni probabilità è finitaogni speranza di trovare le ultime tracce diRoberta Ragusa, con un killer sempre, ov-viamente, a piede libero. E in quei luoghidove continuano a bruciare, come nei peg-giori forni d'ogni tempo, le speranze di unpopolo che continua a perdere vite, speran-ze e utopie: massacrato da poteri e lobbiesche sembrano perpetuarsi come nel peggior(o più riuscito) Argento della serie.

Ma per tirarci su in vista dei botti di Ca-podanno, eccoci ai “Massoni Rossi”, etichet-ta dicembre 2013. “Partiamo da un libroshock sui 'Panni sporchi della sinistra' diFerruccio Pinotti per ricostruire quell'asseinconfessabile che da tempo collega uominidell'ex Pci ad una certa parte della magistra-tura, con la supervisione delle massonerieorganiche ai poteri finanziari internazionali.Il quadro di un Paese nel quale si decidonoa tavolino epurazioni e ribaltamenti dei go-verni, si eliminano i giornalisti indipendentie si abbandonano i testimoni di giustizia”.E' la volta buona - come si diceva una volta- per raccontare una 'favola' da sempre tra-mandata tra le silenti, discrete mura del pa-lazzo di giustizia a Milano, dove aveva la-vorato il mitico Pool. La favola di una visi-tina in una villa molto carina, Wanda il suonome, adagiata tra il verde delle colline are-tine: lì, un bel mattino, arrivò un'auto blu ene discese una toga. E i due parlarono felicie contenti. Licio, io vorrei...

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noi eravamo così

Un numero 'povero' ma denso,l'ultima Voce di marzo 2014: for-ze al lumicino, però ancora laforza di fare controinformazione.Va in questa direzione l'inchiestasul Monte dei Paschi di Siena,il dietro le quinte del “suicidio”di Davide Rossi.ANDREA CINQUEGRANI

2014, va in scena il Vangelo secondoMatteo. La Voce trova il tempo perun'inchiesta nel suo ultimo numero

in edicola, a marzo, dove viene passato airaggi x uno dei grandi amici e finanziatoridel novello premier, Vincenzo Manes, chedivide i suoi interessi tra finanza, solidarietà- poteva mai mancare? - e qualche gratta-capo, come quello che può derivargli dalbubbone Parmalat. “Manes secondo Matteo- Le micce sotto il governo Renzi - L'amicoin Parmalat”. Ecco il sommario: “Passatofinora sotto traccia, ecco il profilo affaristicodi Vincenzo Manes, terzo finanziatore dellaFondazione Open di Matteo Renzi dopoDavide Serra e Guido Ghisolfi, seguito aruota dall'immobiliarista Alfredo Romeo.Che ne sapeva Manes, nel 2009, del destinodi Parmalat?”. Dopo un anno esatto il nomedi Serra fa capolino tra i vip della lista Fal-ciani dei grandi evasori internazionali malui fa spallucce e osserva: “avere un contodenunciato regolarmente presso una dellepiù grandi banche del mondo non è un rea-to”. Torniamo a Manes, la cui “storia im-prenditoriale s'intreccia con quella dellascalata di Lactalis a Parmalat, al centro diun'inchiesta della procura di Milano”. Nelreportage si rincorrono una sfilza di sigle,a partire da tre misteriosi fondi d'investi-mento, Skagen, Zenit e Mackenzie che poihanno ceduto proprio a Lactalis le propriepartecipazioni. “E' in particolare attorno alpassaggio del 15,3 per cento di pacchettiazionari dai tre fondi esteri a Lactalis, pro-pedeutico alla zampata finale sull'aziendadi Collecchio da parte dei francesi, che sisono concentrate le attenzioni della procuradi Milano”. Ma c'è la sagoma di un altro

fondo ad animare la scena: “Si tratta delfondo I2Capital - scrive ancora la Voce - unveicolo finanziario di Intek Group presie-duto da Manes. Intek group nasce nel 2012dall'aggregazione di Intek spa e KmeGroup, il maggior produttore mondiale dirame. Accanto a Manes, nel cda del grup-po siede un altro personaggio di primissi-mo piano del salotto finanziario italiano,Ruggero Magnoni”. Altre storie, altri lega-mi, altre vicende, che per la famiglia Ma-gnoni significano anche grane & bancarotte,come nel caso del crac Sopaf.

Tornando ai folgorati sulla via renziana,scrivevamo di Romeo, il re delle gestioniimmobiliari, al quale avevamo dedicato lacover di novembre 2013, “Romeo e il buonConsiglio”, il titolo. E questo sommario: “Ipiù attenti osservatori se lo domandano dasempre: qual è la buona stella che ha con-sentito ad Alfredo Romeo di scalare i gra-dini dell'alta finanza nazionale, fino a di-ventare una star che fa piazza pulita di ap-palti miliardari, in Italia ed ora anche oltre?L'ultimo colpo grosso riguarda la gestionedel colossale patrimonio immobiliare tar-gato Inps, una vicenda giudiziaria che hadell'incredibile e vede ancora una volta ilConsiglio di Stato scendere in campo peraccogliere le ragioni del Gruppo Romeo,disponendone istantaneamente la colloca-zione in pole position come vincitore della

gara d'appalto con una sentenza addiritturaanticipata rispetto alle motivazioni”. UnGruppo Romeo che può contare sulle per-formance di un comunicatore del calibrodi un Bocchino, l'Italo ex nazional alleato.

La copertina di marzo, comunque, eradedicata al fresco neo alleato del premierRenzi, quell'Angelino Alfano altrettanto Gia-no (sic), un giorno pronto a ritappetarsi conl'ex capo Silvio, il giorno dopo (come suc-cede a san Valentino 2015 col voto per l'Ita-licum) pronto a fiondarsi tra le braccia delpresidente del consiglio. “Il volo di Ange-lino” era il titolo di quella cover, che pas-sava ai raggi x problemi vecchi e nuovi.“Dietro quell'aplomb di stile britannico chegli ha permesso di chiudere con una pietratombale il caso del sottosegretario Gentile,Angelino Alfano nasconde la preoccupa-zione per la serie di grane che potrebberoprima o poi tornare a galla. Qui ricostruia-mo l'amicizia con l'imprenditore RobertoSaija, arrestato con l'accusa di truffe milio-narie, mentre proprio su Gentile affioranoi legami con un certo De Gregorio”. E' lastoria - incredibile ma vero - dell'ennesimoimmobile che, per caso, capita nei destinidi un politico di casa nostra: non bastavaScajola, nemmeno Fini, ora è la volta delministro degli Interni (o meglio, di “Interni& Arredi”). Si tratta di un appartamento inCampo de' Fiori, a Roma, “che uno degliattuali inquisiti a Milano per la truffa mi-lionaria, Roberto Saija, fino al 2009 avevaaffittato ad Alfano per la modica cifra di500 euro al mese, contro un valore pari adalmeno il triplo”. L'inchiesta milanese che

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La copertina di gennaio 2014 e, a destra,

quella di marzo 2014.

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VOCE STORY - 2014porta ad “amici” del ministro parte da truf-fe & evasioni milionarie tra Malta e Lus-semburgo, vede volare i milioni come noc-cioline tra pale e parchi eolici, fanno ca-polino nomi da non poco come “Vito Ni-castri - scrive la Voce - l'uomo al quale laprocura di Trapani aveva sequestrato beniper un miliardo e mezzo di euro in quantoconsiderato prestanome del superboss Mat-teo Messina Denaro”.

Un numero 'povero' ma denso, l'ultimaVoce di marzo 2014: poche pagine, le forzeal lumicino, però ancora la forza di farecontroinformazione. E va proprio in questadirezione l'inchiesta sul Monte dei Paschidi Siena, il dietro le quinte di un oscuroepisodio di sangue, il “suicidio” di DavideRossi, un uomo che sapeva troppo e nondoveva più parlare. Il caso verrà ripreso, afine 2014, da Milena Gabanelli: tante cir-costanze che non tornano, una dinamicadel tutto anomala. Solo di sfuggita, nel cor-so di quel Report, il legame tra Rossi e Ste-fano Bisi, quel milieu massonico appenaaccennato. “Rossi e il groviglio armonioso”,titolava la Voce, e questo sommario: “C'èstata la mano 'illuminata' dei massoni to-scani dietro il volo di 30 metri a testa ingiù del capo comunicazione Mps, DavidRossi, sulla cui fine pochi giorni fa il gipha chiesto l'archiviazione? Qui ricostruiamoi legami tra Rossi e il collega, come luigiornalista professionista, Stefano Bisi. Chenelle stesse ore in cui si scriveva la parolafine sull'indagine per Rossi, assurgeva alvertice del Grande Oriente d'Italia comeGran Maestro”. La Voce si era già occupatadi Bisi in un pezzo di luglio 2013 dedicatoad esplorare il fitto sottobosco della mas-soneria rossa in Toscana. “A cominciaredagli interessi del Goi - ricordiamo nel nu-mero di marzo - nella Urbs, la società im-mobiliare amministrata dal tesoriere delGrande Oriente Enzo Viani, fiorentino, non-ché ex dipendente Mps. Pur passando perconservatore, Viani non aveva esitato adappoggiare la candidatura a sindaco dell'exPci Graziano Cioni, che sarebbe poi statosconfitto dal moderato Matteo Renzi”. Eancora: “Un intreccio inestricabile, quellofra massoni e potere finanziario nelle re-gioni rosse. Basti ricordare che era stato ilbersaniano Franco Ceccuzzi, prima di di-ventare sindaco di Siena, a prescegliere ilmassone Viani come presidente dell'aero-porto senese di Ampugnano. E quando di-venta primo cittadino, Ceccuzzi è reduceda una campagna elettorale sponsorizzatadal Corriere di Siena diretto da Bisi. Diret-tore editoriale del Corriere è poi l'ex depu-tato Pdl Rocco Girlanda. Più volte intercet-tato al telefono con l'amico Denis Verdini,Girlanda è stato sottosegretario ai Trasporti

nel governo di Enrico Letta, che lo volleanche a capo del Cipe”. Girlanda, Verdini,l'asse pdl che volle il patto del Nazareno,forse abortito dopo il Mattarella day...

C'è molta Sicilia in quello scorcio di2014. E' di febbraio l'inchiesta “Il club deisiciliani”, che prende spunto da un'incur-sione di Vincenzo Scarantino negli studidi Servizio Pubblico, arrestato praticamentein diretta dopo l'intervista da Anonymus.Ma per le cose detto o non dette nell'inter-vista? Per qualche rivelazione bomba? Per-chè alza il velo sulla suo clamoroso pen-timento taroccato? No. Per molestie ai dan-ni di una ragazza disabile. Scrive la Voce:“Quindi, nessuna paura. Per ora i 'pupari'che hanno inventato il falso pentito, scrittoi copioni, corretto le 'bozze', i manovratorio falsi suggeritori, insomma i depistatorisulla strage di via D'Amelio possono dor-mire sonni tranquilli. Nessuna identità sulgrafomane che ha infarcito di note il 'co-pione' che il pupo doveva recitare”. Ap-pena di striscio i nomi dei due pm chehanno 'creduto' a Scaratino: Nino Di Mat-teo (“ma era a Caltanissetta da appena seimesi”, minimizza Marco Travaglio) e AnnaMaria Palma, che avrebbe fornito ampierassicurazioni sulla “tenuta” e la credibilitàdi Scarantino, anche di fronte alle picco-nate di tre pentiti, Salvatore Cangemi inprimis. E alle picconate di un pm del ca-libro di Ilda Boccassini, che senza peli sul-la lingua a Scarantino disse. “non le homai creduto”. L'incredibile storia dell'in-chiesta farsa sulla strage di via D'Amelio -costata anni e anni di galera per imputatirisultati poi del tutto estranei ai fatti, e so-prattutto tempo e risorse perse perun'istruttoria del tutto campata per aria -viene in quei mesi ricostruita per filo e persegno da un maestro del giornalismo in-vestigativo, Sandro Provvisionato, per annifirma della Voce. Ecco come sintetizziamoil suo intervento, “Sentire Scarantino percapire la Trattativa” nel numero di febbraio2014: “Continuano ad affiorare depistaggidal caso Scarantino, una vicenda oscurama, soprattutto, una pagina nera della giu-stizia italiana. Perchè magistrati antimafiaancor oggi in prima linea hanno dato cre-dito al falso pentito Scarantino per oltre15 anni, benchè Ilda Boccassini avesse in-viato una nota durissima in proposito a Ti-nebra fin dal 1994?”. Sulle difese d'ufficiopro Di Matteo, così scrive Provvisionato:“Come mai colui che è considerato oggil'icona dell'antimafia a Palermo, ieri, a Cal-tanissetta, era così sprovveduto da non ac-corgersi del depistaggio di Scarantino?Obiettano i più avvertiti mafiologi di su-perficie: quando Di Matteo si trovava aCaltanissetta, era solo un giovane magistra-

to e, nella vicenda Scarantino, ha avuto unruolo marginale. Dimenticando che Di Mat-teo è stato pm nel capoluogo nisseno dal1992 al 1999, cioè dall'anno della strage divia D'Amelio e ancora per cinque anni, du-rante i quali ha continuato a credere allecontinue 'fregnacce' (tanto per usare lo stes-so termine di Ilda Boccassini) di Scaranti-no. Di Matteo ha anche sostenuto l'accusanel processo che - testimone sempre Sca-rantino - ha condannato all'ergastolo un belmanipolo di innocenti. E quando gli avvo-cati della difesa lo ricusavano, assieme allacollega Palma, imperterrito ha continuatoa battere la falsa pista Scarantino”. Non ba-sta, perchè anche a Palermo - ricorda Prov-visionato - “Di Matteo ha già avuto qualchedefaillance: secondo i giudici della quartasezione di Corte d'Assise ha completamentesbagliato l'impostazione dell'accusa per lamancata cattura, ottobre '95, di Provenzanocontro il prefetto del Sisde (già generale deicarabinieri) Mario Mori, e il suo braccio de-stro Mario Obinu, entrambi assolti”.

E per finire, torniamo a bomba, ossia aimassoni. Perchè nella copertina di febbraio2014 li ritroviamo in prima fila, “Preti, mas-soni e milioni” e questo significativo som-mario: “Ruota tutto intorno ai fondi dellaRegione Campania lo scandalo che ha por-tato in manette il padre superiore dei Ca-milliani e il faccendiere Oliverio, con qualeil numero uno della giunta Caldoro firmala delibera milionaria. Intanto, per dare buo-na stampa al presidente, arriva il filomas-sone Alessandro Cecchi Paone col fido Lui-gi Crespi”. Il sondaggista riemerso dopoqualche anno in penombra, e passato dallacorte del Cavaliere a quella del candidatopremier per la Regine anche al voto di pri-mavera 2015: e gran regista, Crespi, dellospot per inneggiare a doc e dop campaniimmacolati nelle Terre dei Fuochi, con unGigi D'Alessio nel motore: anche 'a reginaElisabetta ‘magna’ mozzarella! E mentregrandi e piccini muoiono di cancro, cin cin.

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