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Inaugurazione nuova sede sociale La Voce del Socio ANNO XIII - N. 2 2010 Registro stampa del Trib. di Ascoli Piceno n. 284 del 29.01.93 Sp ecia le CN/AP052/2008

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Inaugurazione nuova sede sociale

La Voce del SocioANNO XIII - N. 2 2010

Registro stampa del Trib. di Ascoli Piceno n. 284 del 29.01.93

Speciale

CN/AP052/2008

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SOMMARIO

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Pag. 3 Palazzo Sciarra è ufficialmente la nuova sede della Banca Picena Truentina

Pag. 4 Gino Gasparretti: “Palazzo Sciarra è una struttura che arricchisce il patrimonio locale”

Pag. 5/6/7 Francesco Colonnella: “Un Palazzo carico di storia e degna sede sociale della Picena Truentina”

Pag. 8/9/10 Gabriele Cavezzi: “Il Palazzo e la famiglia Sciarra d'Acquaviva”

Pag. 11/12/13Alessandro Azzi: “La banca è cresciuta con la comunità. Facendo crescere la comunità e il territorio”

Pag. 14/15Sandro Mariani: “Una splendida avventura”

Stampa:Linea Grafica 0735 702910

Realizzazione a cura dell’ufficio stampa “dalla A alla V” di Vittorio Bellagamba

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Palazzo Sciarra è ufficialmente la nuova sededella Banca Picena Truentina

Una giornata da ricordare quella didomenica 9 maggio 2010, quandoalla presenza di rappresentanti delleistituzioni civili e religiose e di tuttoil team della Banca Picena Truentina,è stata inaugurata la nuova sede del-l'azienda di credito nello storico Pa-lazzo Sciarra. Il taglio del nastro hainfatti reso ufficiale “l'apertura” delnobile edificio settecentesco diAcqua viva Picena, dopo l’accurataopera di restauro nel pieno rispettodella conservazione del patrimonioartistico. È per tale ragione che ab-biamo voluto dedicare questo nu-mero del nostro giornalino al lietoevento che segna una tappa impor-tante nella storia del nostro Istitutodi credito. Riportiamo pertanto gliinterventi integrali dei principali re-latori del convegno inaugurale dellasede. La rinnovata struttura, che co-niuga alla perfezione le caratteristi-che e le peculiarità del patrimonioartistico e architettonico di un pa-lazzo storico con la funzionalità, rap-presenta infatti il risultato di unlavoro importante a livello socialepoiché la banca, investendo nel Co-mune di Acquaviva Picena, ha difatto restaurato anche una porzione

del paese accrescendo il valore delpatrimonio paesaggistico e sanandouna ferita nel tessuto urbanistico delpaese. Il taglio del nastro è statopreceduto dalla Santa Messa in suf-fragio dei Soci deceduti nella Chiesadi San Nicolò celebrata da Mons.Gervasio Gestori Vescovo della Dio-cesi di San Benedetto del Tronto, Ri-patransone e Montalto Marche. IlPresidente Gino Gasparretti ha evi-denziato l'importante opera svoltadalla Banca per lo sviluppo socio-economico del territorio. Poi è statadata la parola ai sindaci Tarcisio In-friccioli di Acquaviva Picena, Ste-fano Stracci di Monteprandone e alprimo cittadino di Colli del Tronto

Tommaso Cavezzi per testimoniarela loro soddisfazione per il risultatoconseguito perfettamente illustratosia dallo storico Gabriele Cavezzi siadall'architetto Sandro Mariani. Sonointervenuti inoltre: Sergio Gatti Di-rettore di Federcasse, Francesco Co-lonnella ex Presidente della Banca,Bruno Fiorelli Presidente della Fede-razione Marchigiana delle BCC eAlessandro Azzi Presidente di Feder-casse. Presenti al simposio ancheCosimo Centrone Direttore Bancad’Italia di Ancona, Flavio DanalacheDirettore Banca d’Italia di Ascoli Pi-ceno oltre ai vertici della FederazioneRegionale delle Banche di CreditoCooperativo.

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Inaugurazione della

nuovaSede Sociale

Domenica

9 Maggio 2010ore 9,00

Acquaviva PicenaVia Marziale, 36

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È con grande piacere che questa mattinaposso dare l'avvio alla cerimonia di inau-gurazione della nuova sede sociale dellanostra Banca di Credito Cooperativo.Sono passati solo alcuni anni da quandoil Consiglio d'amministrazione, sentendola necessità di trovare nuovi spazi per gliuffici della direzione generale, prese la de-cisione di acquistare il Palazzo Sciarra edi procedere alla sua ristrutturazione. Unadecisione importante e impegnativa, maassunta con coraggio e decisione. Deci-sione, soprattutto, di rispettare le originidella nostra banca e lo spirito dei socifondatori. Non a caso, dopo oltre centoanni di storia, la Banca torna in via Mar-ziale a pochi passi da dove era nata. Voglio in primo luogo ripercorrere letappe di quest'avventura:v il 10 novembre del 2005, dopo un'in-

tensa trattativa con il signor NicolaSciarra e dopo aver valutato la possi-bilità di trasformare lo storico palazzoin uffici bancari, venne siglato l'atto divendita;

v si passò immediatamente a incaricarel'architetto Sandro Mariani e i suoi di-retti collaboratori, l'ingegnere GuidoCameranesi e il geometra RobertoFulgenzi, della realizzazione del pro-getto esecutivo per ottenere tutte lenecessarie autorizzazioni e permessi;

v il 26 ottobre 2006 vennero siglati icontratti di appalto dei lavori edili conl'impresa edile Petrelli per i lavori direstauro del palazzo vero e proprio,con l'impresa edile Felicioni Francoper i lavori di restauro delle Cantine,mentre all'impresa Fe.Ma 90 venneaffidata la realizzazione degli impiantielettrici e alla ditta Termoimpianti larealizzazione degli impianti idro-termo-sanitari;

v mi piace ricordare che anche nellascelta delle imprese e dei tecnici ci siè rivolti in loco, proprio nel rispettodel principio del localismo che è allabase di una cooperativa di credito;

v nel gennaio del 2007 sono iniziati i la-vori e vi posso assicurare che, vistala loro complessità, sono stati realiz-zati a tempo di record. Si è trattato diun lavoro imponente che ha interes-sato oltre 4.000 mq di struttura com-plessiva, di cui 2.000 mq adibiti auffici.

La rinnovata struttura coniuga alla perfe-zione le caratteristiche e le peculiarità delpatrimonio artistico e architettonico di unpalazzo storico con la funzionalità, al finedi soddisfare le esigenze di chi quotidia-namente utilizzerà la struttura per svol-gere le proprie mansioni lavorative.Devo dare atto ai nostri tecnici di essereriusciti, senza snaturare in alcun modo lastruttura del palazzo, a realizzare ufficidotati di tutte le più avanzate tecnologie,funzionali e belle esteticamente.Mi sono permesso, in un recente incon-tro con il personale, di fare una battutabenevola, dicendo che bisognerebbe pa-gare per venire a lavorare in questi uffici.Ma il valore dell'intervento non può es-

sere limitato al soddisfacimento delleesigenze operative della nostra Banca,che avrebbe comunque potuto realizzareuna struttura ex novo ad Acquviva Pi-cena o in altra località. Si è trattato infattidi un lavoro importante a livello sociale,perché la banca che ha investito in Ac-quaviva Picena ha di fatto restauratoanche una porzione cospicua del centrostorico, accrescendo il valore del patri-monio paesaggistico e sanando una fe-rita nel tessuto urbanistico del paese.Visitando il palazzo sono sicuro che nonpotrete fare a meno di rilevare il valore delregalo che è stato fatto alla comunità lo-cale, riportando all'originaria bellezza unpalazzo che è carico di storia e bellezzaarchitettonica. Nel concludere la mia relazione, voglio inprimo luogo ringraziare i miei due vicepresidenti e i colleghi consiglieri che mihanno pienamente sostenuto nelle scelteeffettuate e nel prendere decisioni tantoimportanti. Un ringraziamento particolarelo voglio rivolgere alla direzione e al per-sonale tutto che sono stati capaci di or-ganizzare e realizzare il trasferimentodalla vecchia alla nuova sede in tempibrevissimi, senza che si creasse il mi-nimo problema a tutta la struttura com-merciale. Infine voglio ricordare nelringraziamento anche tutti i tecnici e leimprese che hanno collaborato nei lavori,anche se sono sicuro che anche per loroè stato un piacere e un onore parteciparea questa impresa.Oltre ai nominativi già citati voglio ricor-dare tra le imprese la Babini spa, la Elettrosrl, la Essevuemme snc, la Omat snc, laNeon Picenia, e la ditta Nello Gaetani.Tra i tecnici il perito Andrea Cocci, il geo-metra Nazzareno Carosi, l'architetto CatiaGuerrieri e la restauratrice Monica Isopi.

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cioIL PRESIDENTE DELLA BANCA PICENA TRUENTINA, GINO GASPARRETTI:

“PALAZZO SCIARRA È UNASTRUTTURA CHE ARRICCHISCEIL PATRIMONIO LOCALE”

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L’EX PRESIDENTE DELLA BANCA PICENA TRUENTINA, FRANCESCO COLONNELLA:

“UN PALAZZO CARICO DI STORIA E DEGNA SEDE SOCIALE DELLAPICENA TRUENTINA”

Autorità, Signore Socie e Signori Soci,cercherò di tratteggiare brevemente ilsignificato di questa manifestazione e isentimenti che credo stiamo tutti spe-rimentando in questa atmosfera difesta. La prima cassaforte della CassaRurale dei Prestiti (era questo il nomeoriginario) di Acquaviva era posizionatanel sottoscala della casa del PrevostoDon Nazzareno Veccia, a 200 metri daqui, in questa storica via Marziale. Ver-rebbe da dire che la strada percorsa inoltre 108 anni, almeno in senso fisico,è stata molto breve. A tappe succes-sive, passava progressivamente quiaccanto, sempre in via Marziale e, solonel 1971, nella sosttostante sede di ViaLeopardi: tutto nel giro di alcuni metri. I nostri antenati, piuttosto che preoc-cuparsi dell'apparenza delle strutturemateriali, si preoccuparono innanzi-tutto di interpretare in chiave solidari-stica e secondo la dottrina socialecristiana, la modernità che scaturivadai nascenti, nuovi fermenti sociali.

Quei fermenti sociali ben avvertiti dap-prima in Germania da Federico Raffai-sen, il pioniere delle Casse Rurali, inItalia poi da papa Leone XVIII con lastorica enciclica Rerum Novarum del1891, preceduta dalla costituzione del - la prima Cassa Rurale italiana, nelgiugno del 1853, a Loreggia, in provin-cia di Padova, ad opera di Leone Wol-lemborg. Ogni epoca ha i suoi fermentinuovi, le sue esigenze sociali, le suecrisi, le sue spinte innovative, la suamodernità, che di volta in volta si chia-merà modernismo, post-modernismo,epo ca industriale o post-industriale.Ora, sta a noi avvertire le modernità dioggi, che richiedono di essere ricono-sciute, accolte e servite col discerni-mento di chi, libero da interessipersonali e dotato dell'esperienza edegli strumenti ereditati dal passato, hala missione e l'ambizione di servire lacomunità in cui vive e opera, privile-giando magari le imprese e le categoriesociali meno appetite dai grandi gruppi

bancari, ma non per questo menodegne di fiducia e suscettibili di svi-luppo utile a sé e al territorio di riferi-mento, in un contesto economicoquantitativamente minore, ma sicura-mente umanamente più ricco. Dallaperizia dello storico e amico GabrieleCavezzi, abbiamo ascoltato come que-sto palazzo sia carico di storia. Una sto-ria non confinata nell'ambito dellemura di Acquaviva, bensì influente iterritori circostanti. Il suo restauro, conle finalità più diverse, magari slegatedal contesto storico, urbanistico, so-ciale, poteva essere intrapreso da unqualunque privato facoltoso o da unaqualunque istituzione. Bene hannofatto gli amministratori di questa BancaCooperativa a rilevare, restaurare, va-lorizzare questa grande struttura, colduplice scopo di elevarla a degna sedesociale della Picena Truentina Banca diCredito Cooperativo e, nello stessotempo, conservarne la memoria storicae il valore architettonico-urbanistico,per dotare la comunità locale di unastruttra polifunzionale per usi culturali.È appena il caso di ricordare che, primadi questa inaugurazione ufficiale, que-sto auditorium ha già ospitato concertie convegni. Difficilmente un altro pri-vato avrebbe gratuitamente messo adisposizione del pubblico una strutturacosì preziosa. Questo significa vivere il presentecome servizio, come sussidiarietà,come solidarietà, narrando il passato econtemporaneamente costruendo il fu-turo, un futuro fedele al buon saporeantico. Così ci si appropria sempre dipiù di quelle che sono state le moder-nità positive del passato, per incanalare

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nel futuro le modernità vere, che sboc-ciano nel presente.Questo palazzo, questa sede è, e sarà,il laboratorio e il contenitore di questofuturo antico, il luogo cioè dove si stu-dieranno le migliori forme di servizioda offrire alle comunità di riferimentoe, mentre funge da contenitore, è giàesso stesso un contenuto, perché que-ste mura sono esse stesse un'operasolida, ricca di storia e di arte, posizio-nata a meraviglia su un balcone pano-ramico ricco e unico. In altre parole èun'opera bella. È una bella immaginedella nostra bella realtà. E se è un'operabella, deve servire al bene, secondol'eterno principio che ciò che è vera-mente bello è anche buono e vero.Ma chi può garantire che quest'operafunzionerà davvero nel futuro, per ilbene? Noi, amici cooperatori. Soltantonoi. Perchè noi siamo la storia vissuta,vivente e presente, la storia che si vede,che si tocca; noi che tramandiamoquesta storia, che trasmettiamo i va-lori, che nelle feste del socio consegna -mo il testimone ai nuovi soci, mentrefesteggiamo i vecchi. Il futuro di que-st'opera, il futuro della Banca PicenaTruentina Credito Cooperativo è sol-tanto nelle nostre mani. Questa bancaè nostra, anche se non è solo per noi.È per i nostri figli, per i nostri nipoti, perle generazioni che verranno in tutto ilterritorio di riferimento, per sollecitaree sostenere le loro imprese. Basta con-servare i principi, le esperienze, gliesempi sedimentati durante i nostricento e più anni di storia. Questaazienda ha saputo, partendo da pochi

soci, crescere ininterrotamente, fun-gendo non solo da istituto di credito.In momenti di gravi difficoltà, comedurante le due guerre mondiali, ha fun-zionato spesso come ultima spiaggiaper le famiglie più bisognose chehanno trovato credito e pure benefi-cenza, anche quando assai incerta erala prospettiva della restituzione. Equando ci sono state crisi finanziariemolto gravi, come quella mondiale del1929 e quella tutta interna nostra del1992, ha saputo reagire dimostrandotutta la sua forza. Forza che gli derivavapiù dai principi che dalla solidità delsuo patrimonio, dalla saggezza e dallamoralità della sua compagine socialepiuttosto che dalla cultura economica,accademicamente intesa, della stessa.Durante gli anni della mia presidenzaho spesso letto e riletto i verbali dellesedute di consiglio e di assemblea dellecasse rurali di Acquaviva e di Monte-prandone. La stessa rivisitazione ha

fatto l'amico Cavezzi per realizzare quelbel libro “Una storia esemplare”, dalquale vengono fuori grandi esempi disolidarietà, di amore per gli uomini, leloro famiglie e il loro lavoro che rap-presentano la linfa vitale di quel radi-camento nel territorio che è stato ed èla forza di ogni cooperativa di credito.Sarebbe doveroso, anche in questa oc-casione, ricordare le persone fisicheche nel secolo scorso hanno creatoprima e fatto grandi poi le casse ruralidi questo nostro territorio, ma sarebbetroppo lungo e rimando appunto al bellibro dell'amico Cavezzi. Non si puònon citare però la presenza generosa efattiva di questa banca in tutte le attivitàimportanti del territorio. Attività privatee attività pubbliche.Attività private: cooperative, artigiani,lavoratori dell'agricoltura, del commer-cio, della pesca, anche quando nonavevano garanzie reali da offrire, pur-ché dimostrassero capacità e voglia dilavorare, hanno sempre ottenuto il cre-dito da questa banca. La grande con-siderazione dell'elemento lavoro,accanto alla capacità di saper ricono-scere la creatività, il valore e l'onestàdelle persone (l'intuitus personae)sono state le bussole che hanno con-sentito e mai tradito il successo di que-sta banca. E anche nell'attuale crisi, adifferenza dell'altra parte del mondobancario, questo comportamento ba-sato sul valore dell'uomo e del suo la-voro, è il primo criterio di giudizio

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nell'erogazione del credito. Lo dimostral'alta percentuale di impiego attornoall'89% e la percentuale delle soffe-renze inferiore a quella del sistemabancario in generale.Attività pubbliche: scuole, ospedali, entilocali, parrocchie, associazioni spor-tive, associazioni di volontariato, perdare avvio o sostenere opere meritorie,hanno sempre intercettato la genero-sità di questa banca, fedele ai principidella solidarietà e della sussidiarietà.Nel momento in cui ancora acuti eranoi campanilismi, la Cassa Rurale e Arti-giana di Acquaviva e quella di Monte-prandone, comprendendo per tempol'utilità di unire le loro forze per poterstare al passo con le nuove tecnologie,realizzarono la fusione, adeguando lestrutture alle nuove esigenze dimensio-nali. Di lì a poco la nuova azienda aprivale nuove e importanti filiali di Centobu-chi, San Benedetto e Martinsicuro.Nel 1995, superate brillantemente ledifficoltà, nel 1992, dopo aver aperto lafiliale di Grottammare, incorporava laconsorella di Colli del Tronto e, nel girodi qualche anno, apriva le filiali di Mon-sampolo, Porto d'Ascoli, aprendo lastrada alle ulteriori aperture. Un altromomento storico di questa nostraazienda fu rappresentato dalla rileva-zione, in piena collaborazione e solida-rietà con le Federazioni centrali,regionali e nazionali, della consorellaabruzzese di Torano, tutelando l'imma-gine del sistema del credito coopera-tivo e contemporaneamente i depositidei risparmiatori di quel territorio. Unterritorio nel quale poi è continuata lanaturale espansione della nostra

azienda con le ulteriori filiali abruzzesidi Nereto, Alba Adriatica, Colonnella eTortoreto. Accennavo alla collaborazione e allasolidarietà con le federazioni regionalee nazionale. Mi piace ricordare che giàalla prima assemblea dei soci succes-siva alla costituzione del 1902, e preci-samente il 21 giugno 1903, al terzopunto all'ordine del giorno figura:“Adesione alla Federazione delle CasseRurali” e da allora, sempre fedele aquella deliberazione unanimemente ap-provata, questa banca ha cambiato di-verse denominazioni, passando dacassa Rurale dei Prestiti società coo-perativa in nome collettivo a Cassa Ru-rale e Artigiana e finalmente a Banca diCredito Cooperativo, ma non si è maiallontanata dai principi ispiratori né dalsistema delle Federazioni regionale enazionale. Diciotto furono i soci fonda-tori, tra cui tre sacerdoti: Calvaresi DonFrancesco, Capocasa Don Pietro e Vec-cia Don Nazzareno e tutti, sottoscri-vendo l'Atto costitutivo, versaronociascuno la somma di lire una. Analogafu l'origine della cassa Rurale dei Pre-stiti “San Giacomo della Marca” diMonteprandone, nella quale i soci fu-rono diciannove e fin dall'inizio, o im-mediatamente dopo, sostanziale ful'apporto del clero locale nelle personedi Don Salvatore Capriotti, Don Vin-cenzo Cicchi, Don Giuseppe Caselli eDon Benedetto Lanciotti.Un veloce sguardo retrospettivo ci mo-stra il cammino percorso in 108 anni.All'assemblea del 6 marzo 1904, allachiusura del primo anno operativo, l'at-tivo risultò di lire 9.075,87 e l'avanzo

netto di lire 78,19; l'anno successivo afronte di un attivo raddoppiato,l'avanzo netto risulta quintuplicato: siprefigura già il successo che la bancaavrebbe avuto nel futuro, né si accennaa perdite o sofferenze. Oggi, in regimedi libero mercato, spesso mercato sel-vaggio, i fondamentali della banca con-tinuano a essere lusinghieri, anche serafforzati devono devono essere gli ele-menti di attenzione, di prudenza e dicapacità tecnica. Anticipando i dati cheesamineremo alla prossima assem-blea, i soci sono 1980, i dipendenti119, i clienti 62.765, la raccolta com-plessiva supera 535 milioni di euro, gliimpieghi si aggirano attorno all'89%,le sofferenze nette al 31 dicembre 2009intorno all'1,80%, ben al di sotto dellamedia nazionale riferita all'intero mer-cato del credito; il territorio di operati-vità comprende 26 Comuni dislocatinelle province di Ascoli Piceno e Te-ramo con una rete di vendita di 18 fi-liali. Oggi celebriamo un nuovo ca pi tolodella “Storia esemplare”, presenti e ra-dicati nel territorio come sempre e piùdi prima, nel momento in cui una crisieconomica dalle dimensioni planetarieha colpito tutte le categorie e in misuramaggiore proprio la clientela di riferi-mento di questa banca. L'alta percen-tuale degli impieghi dimostra comequesta banca non si tiri indietro anchequando aumenta il rischio dell'impresa,dando fiducia alla sua clientela tradizio-nale e, spesso, soccorrendo anchequegli imprenditori che, nel momentodel bisogno, si sono ritrovati abbando-nati dalle altre banche. È un atto do-vuto, di coraggio e di responsabilità, inlinea con la missione dell'azienda.A essa, alla sua clientela, ai suoi ope-ratori, alle nostre famiglie, per il benedel nostro territorio, vanno i miglioriauguri di tutti noi.Arrivederci alla prossima assemblea.

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LO STORICO GABRIELE CAVEZZI:

“IL PALAZZO E LA FAMIGLIASCIARRA D'ACQUAVIVA”

In premessa di questo mio inter-vento mi corre anzitutto l'obbligodi ringraziare il presidente dellaBanca Picena Truentina per l'onoreconferitomi per la terza volta diparlare all'assemblea dei soci,dopo quella sul libro della storiadella Banca e quello sulla storia diColli, circostanza questa che miriempie di legittimo orgoglio, nonsenza un qualche imbarazzo per iltema che dovrò affrontare, moltoampio, ma necessario di una sin-tesi esaustiva.L'altra premessa riguarda i vivicomplimenti per la scelta effettuatadalla Banca nel riscattare un presi-dio abitativo importante e signifi-cativo come quello della casaSciarra di Acquaviva, restaurarloed eleggerlo a sede centrale del-l'Istituto. Ed è proprio in questicomplimenti il tema della comuni-cazione.Sono note le vicende storiche diAcquaviva che l’hanno portata adassumere il ruolo di presidio mili-tare di assoluta importanza strate-gica, ai confini con i territorisoggetti ad Ascoli, città perenne-mente in conflitto con Fermo, a cuiAcquaviva è legata da diversi secolie a cui è stata definitivamente as-segnata a metà del XV secolo. Unpresidio che è deputato a sorve-gliare anche il territorio costiero el'altro confine, quello con il Regnodi Napoli, posto lungo il FiumeTronto, totalmente visibile dallasommità del castello. Perdurandole ostilità con Ascoli, le minacce diincursioni ottomane e non da ul-

time le interferenze da parte delregno di Napoli, all'inizio del XVIsecolo Fermo decide di fortificarein maniera importante e decisivaAcquaviva, operazione che richiedeun lungo impegno e sacrifici daparte degli abitanti del castello e diquanti vi sono chiamati a risiederviper ragioni militari o di manova-lanza. Lungo questo periodo si collocanole immigrazioni sclavone e alba-nesi, la traslazione di muratori dal-l'Italia settentrionale (i lombardi),il supporto di truppe occasionaliprovenienti dal comitato fermanoin genere. Le operazioni di rinno-vamento strutturale si succedonocon ritmi diversi e provocano l'ab-battimento di molte abitazioni si-tuate nello spazio che deveaccogliere il nuovo presidio fortifi-cato o prossimo a esso, per cui sirichiede il trasferimento di diversefamiglie in un'area attigua al vec-

chio castello, che prenderà il nomedi “Terra vecchia”. In quest'ultimospazio, vicino alla fortezza, riman-gono le famiglie più rappresenta-tive, prossime alla chiesa di S.Nicolò che prenderà più tardi ilnome di S. Rocco. Proprio in questo spazio, detto“piano santo”, accanto ad abita-zioni di famiglie di “reggimento”del tempo, rimane la famigliaSciarra, qui insediatasi con il suoprimo rappresentante, inviatovi daFermo, Angelo, nel 1439, accantoagli Assalti, ai Migliori, ai Viviani,ai Vecchi, ecc. Ma dobbiamo sa-pere che mentre tutte le altre fami-glie avevano una loro indipendenzaeconomica, quella degli Sciarra,costituita da un ramo della più im-portante genealogia instauratasi aFermo nel XIV secolo, sino all'ini-zio del XVIII secolo continua a es-sere classificata come famigliafermana. Troviamo, nel corso degli

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anni, dal ramo acquavivano, richie-ste di non pagare le tasse a Fermo,in quanto loro ormai si sentono cit-tadini di Acquaviva. Gli archivi no-tarili di quel tempo sono pieni diinventari testamentari, dei beniposseduti nel contado fermano,compresi quelli di Grottammare,San Benedetto e Acquaviva, comepatrimonio unico e indivisibile, am-ministrato da un unico compo-

nente, posseduto da un unicoerede, quasi sempre un “primice-rio”, uomo di elevata cultura e in-serito in ambito ecclesiasticofermano in maniera importante. Solo con la seconda metà del XVIIIsecolo gli Sciarra di Acquavivapossono ritenersi autonomi, pur ri-manendo legati a Fermo per varieragioni politiche ed economiche,con l'assegnazione definitiva deipatrimoni urbani e rurali posti nelterritorio del paese. Questi Sciarra non li vediamo quasimai assumere ad Acquaviva re-sponsabilità politiche, amministra-tive o militari significative,sembrano quasi volersi defilare,dedicarsi alle loro attività economi-che, quali l'amministrazione delleterre e il commercio. Troviamo indiversi documenti acquavivani iconti che presentano al Comuneper la somministrazione di carta, di

cera, di vitto e altro, in occasionedi cerimonie e ricevimenti; li ve-diamo investiti di responsabilitànella gestione della “fossa delgrano”, ossia dell'Annona, del benealimentare più importante del pe-riodo. Ma la loro attività più remu-nerativa appare quella del credito,ossia la somministrazione disomme “a censo” dietro la corre-sponsione di interessi che varianodal 6% all'8%, un'attività molto dif-fusa in quegli anni che vede le fa-miglie più ricche assolvere a unruolo che precede quello bancario.Ma gli Sciarra non si limitano aprestare soldi in paese, lo fannoanche con altri, soprattutto consambenedettesi, impegnandosispesso direttamente in imprese dipesca e di trasporto merci con lebarche. Le garanzie per questi pre-stiti sono rappresentate sempre daimmobili, che in caso di mancato

assolvimento debbono essere alie-nati o incamerati dal creditore.Altrettanto importanti sono i le-gami familiari che vengono co-struiti attraverso i matrimoni,sempre con prospettive economi-che sicure.Quindi siamo in presenza “dicenso”, come si usava dire untempo, che ha nel suo contestoanche sacerdoti e suore, quasisempre però poco impegnati nellavita pastorale e dediti più alla fami-glia, cosa abbastanza frequente neisecoli scorsi in famiglie di ceto. Ri-troviamo comunque alcune donnee uomini degli Sciarra quali fonda-tori o componenti di congregazionireligiose di Acquaviva, segno diun'”appartenenza” e di una ricer-cata visibilità sociale. Nel frat-tempo, però, la famiglia aveva fattocostruire nel XVI secolo una cap-pella di jus patronato, intestata allaMadonna della Misericordia, in unterreno di sua proprietà a ovest delcastello.La casa Sciarra è quindi anche“una banca”, come lo sono le altredi famiglie importanti, ma questasembra essere la più forte, accantoad analoghe attività di prestito chefanno le chiese, i conventi e le con-gregazioni religiose, forti di patri-moni terrieri e finanziari.I suoi componenti li vediamo sem-pre lontani da implicazioni politichesin poco dopo l'unità d'Italia,

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quando la società cambia in moltidei suoi aspetti. Ma li vediamoanche titubanti quando ad Acqua-viva nascono i primi movimenti diattività bancarie solidali, salvo par-teciparvi quando questi si affer-mano e diventano sicuri.Nel frattempo, con le ultime gene-razioni, assisteremo anche all'as-sunzione di importanti respon sa bilità,con cariche pubbliche, come quelle

di Luigi che sarà sindaco dal 1863al 1867, quindi dal 1870 al 1876,Gioacchino dal 1879 al 1880, edancora dal 1881 al 1888, seguitoda Nicola dal 1924 al 1927 per ri-trovare l'omonimo erede dal 1975al 1980.E la casa? Questa non ha le dimen-sioni che conosciamo oggi. Il piùantico catasto che ci è stato possi-bile consultare è quello del 1828,dove risulta di proprietà di SciarraNicola che vive con i fratelli Fran-cesco e Lorenzo, formata da ben32 vani posti su cinque piani, cosìdivisi: 2-5-9-11-5; mentre quelloche poi diventerà il giardino difronte e l'attuale sala accanto alparcheggio, è occupato da due pic-cole abitazioni composte rispettiva-mente da 3 piani, per un totale di12 vani. Queste saranno acquistatesul finire del XII secolo e abbattute

per fare posto allenuove destinazioni.Nel periodo, in viaMarziale, poco di-stante ci sono lasede comunale equella delle carceri. È una casa cometante di caratterenobiliare, dotata dicappellina, di saledi ricevimento, dicamere da letto, dispazi destinati allaservitù e di quelli

sottostanti con funzioni di depositodi grano, olio e di cantine. Una fa-miglia e una casa simboli di un po-tere economico non trascurabile

per il territorio, che trasferirà i suoiinteressi anche in Ascoli e in tuttolo spazio Truentino, precedendo eispirando indirettamente le pro-spettive di sviluppo della Banca Pi-cena Truentina ed è per questo cheho parlato all'inizio di “simbolo”. Un ringraziamento in appendice vaal signor Alessandro Sciarra, citta-dino acquavivano ma di originisambenedettesi, cliente della vo-stra banca, che per quasi un ven-tennio, pur non appartenendo aquel ceppo degli Sciarra, ha con-dotto e conduce ancora una ricercastorica su Acquaviva e su quella fa-miglia così peculiarmente rappre-sentativa della Storia Picena.

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IL PRESIDENTE DI FEDERCASSE, ALESSANDRO AZZI:

“LA BANCA È CRESCIUTA CON LA COMUNITÀ. FACENDO CRESCERE LA COMUNITÀ E IL TERRITORIO”

L’inaugurazione di oggi è un eventoaziendale, ma anche sociale. E’, daun lato, l’occasione per sottolinearel’ulteriore passo di crescita com-piuto dalla vostra banca. Dall’altroha anche una valenza sociale perchéoffre l’opportunità per migliorare ilservizio reso dalla BCC alla comu-nità locale. D’altronde, nei nostristatuti è scritto che l’obiettivo dellenostre banche è “promuovere il mi-glioramento morale, culturale edeconomico dei soci e delle comu-nità locali”. La banca è cresciutacon la comunità. Facendo crescerela comunità e il territorio. Esserestata, lungo la propria storia, unpunto di riferimento certo per lacrescita economica delle famiglie,degli operatori economici, soprat-tutto i più piccoli, aver cercato di in-tercettare i bisogni del territorio erispondere alle esigenze della co-munità, è stato pagante per labanca. Che ha potuto valorizzare la

conoscenza diretta della clientela el’appartenenza al territorio come va-lore economico. Nello stessotempo, ne ha beneficiato la comu-nità, perché la prossimità reale di unintermediario aiuta, ad esempionella valutazione del merito di cre-dito, a giudicare una persona perquello che è, e non soltanto perquello che ha. Il percorso compiutoera impensabile nel lontano 1902,per i 18 soci che fondarono laCassa Rurale dei Prestiti di Acqua-viva Picena…L’esperienza ci con-sente di dire che la cooperazione hafunzionato. Vorrei inoltre fare qual-che considerazione sull’oggi. LeBCC sono state all’antitesi dellacrisi. Ne sono state antidoto, permitigarne gli effetti su imprese e fa-miglie. In una parola, le BCC hanno“fatto” nel concreto l’identità che af-fermano: la banca “differente”, labanca “contro corrente”. Le nostrebanche di fronte alla crisi non sono

arretrate. Non hanno chiuso i rubi-netti del credito, continuando a fi-nanziare l’economia reale con unadinamica di crescita più che triplarispetto al sistema (secondo gli ul-timi dati disponibili, a dicembre del2009, gli impieghi delle BCC sonoaumentati nel corso dell’anno del6,3% rispetto al 2,2% del sistemabancario). E sono venute incontroalle esigenze delle famiglie congrande prontezza e grande flessibi-lità. Penso agli accordi realizzati inanticipo rispetto al resto dell’indu-stria bancaria con il mondo arti-giano che garantivano forme dimoratoria nei prestiti e di ristruttu-razione del debito; penso alle inizia-tive rivolte a chi ha perso il lavoro,volte a fornire una risposta “diemergenza” alle ovvie necessitàdelle persone; agli oltre 80 accordidi microcredito siglati in tutta Italia,in partnership con Diocesi, Caritas,realtà specializzate. Guardiamo al-

l’oggi. C’è qualchepiccolo segnale di ri-presa. Secondo l’ul-tima rilevazione diUnioncamere riferitaal I° trimestre 2010,la crisi allenta ilmorso sull’economiareale e la vitalità delleimprese italiane recu-pera i livelli del 2007,preannunciando ilpossibile ritorno allastabilità nel corso diquest’anno. Tra gen-naio e marzo rallen-

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tano le chiusure (10mila in meno ri-spetto al 2009), e riprende la nascitadi nuove imprese (4.700 in più). Il saldo è ancora negativo (-16mila),ma dimezzato rispetto allo scorsoanno. Sappiamo però che la ripresaè lenta e fragile. Lo scenario nelquale si muoverà l’industria banca-ria è caratterizzato da meno debito,più regole e più patrimonio, affermada tempo il Governatore della Bancad’Italia. Sul tema della ri-regola-mentazione le iniziative in corsosono numerose e coinvolgono di-versi orga nismi internazionali (G-20, Financial Stability Forum,Comitato di Basilea, CommissioneEuropea, Comitati europei di Vigi-lanza). Qui una preoccupazione, chenon pare illegittima, è che organismisempre più distanti dall’operativitàdegli in ter mediari dei diversi territoripossano introdurre regole semprepiù “omogeneizzate” e “omolo-ganti”.Il nostro futuro? sfidante ed impe-gnativo. Ma anche promettente, intermini di conferma delle qualità delnostro modello d’impresa, di cuidobbiamo essere orgogliosi. Il mer-cato riconosce il ruolo specifico chele banche di comunità, e dunque leBCC, possono continuare ad avereper lo sviluppo dei territori e per ilfuturo del Paese, poiché sono depo-sitarie di maggiori conoscenze inmateria di economie locali e sono,altresì, in grado di facilitare l’ac-cesso al credito alle imprese, grazie

al l ’attenuazionedelle asimmetrieinformative. Le isti-tuzioni ricono-scono la funzionedelle banche delterritorio, e delleBCC nello speci-fico. Sono questele premesse per

costruire un futuro di nuovo svi-luppo per le BCC. Puntando su treingredienti essenziali: la rete, l’iden-tità, il sistema dei controlli. Per le BCC la rete non è un’opzione.E’ una necessità. Non può esseredunque una scelta contingente o in-termittente. Soltanto “facendo rete”- ed una rete potenzialmente sem-pre più ampia e robusta - che la sin-gola BCC può mantenere la propriaautonomia e il proprio radicamentosul territorio. Il tema del rafforza-mento dell’identità mutualistica èstrategico per le nostre banche.Identità è competitività. Fa la diffe-renza nel mercato, per le BCC. E nona caso il Credito Cooperativo contaoggi un milione di soci. Però nonbasta. O la mutualità diventa l’ele-mento che permea la strategia e chepoi si concretizza in “organizza-zione” stabile all’interno delle nostreaziende e nelle realtà di sistema, op-pure rischierà di restare “un mo-mento”, seppure qualificante. Ma

non funzionale alla competitività.Occorrono nuove professionalitàdedicate, nuove competenze capacidi animare la partecipazione e colti-vare nuove metodologie di coinvol-gimento, soprattutto pensando aigiovani soci. Per il Credito Coope-rativo i giovani sono una risorsaculturale, in primo luogo, perchérappresentano una spinta al cam-

biamento, alla creatività, all’innova-zione. Una risorsa organizzativa,perché ci impongono nuovi lin-guaggi, nuovi metodi e nuovi stru-menti. Una risorsa operativa perchéci portano ad interrogarci sull’effi-cacia e completezza del nostro por-tafoglio di offerta, sulle nostremodalità di relazione, sulla nostrareale attrattività. Terzo punto: il con-trollo. Determinante non solo per lastabilità, ma anche per lo sviluppo.Di qui l’attenzione alla continua qua-lificazione del sistema dei controllie delle garanzie e al rafforzamentodel patrimonio delle nostre banche. Concludo dicendo che quando siparla di futuro si rischia sempre ladivisione tra ottimisti e pessimisti.Io preferisco schierarmi tra i realisti.Accentuando la capacità di leggereil contesto e le situazioni, il più pos-sibile con lenti multifocali e capacidi guardare lontano. Non dimenti-cando né sottovalutando i punti diforza che distinguono le organizza-

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zioni. E noi ne abbiamo diversi. Spe-riamo certamente che la crisi non siatroppo lunga e che non arrechi ancoratroppi danni. Ma intanto iniziamo danoi, a fare quello che è possibile fare.Tutto quello che è possibile fare. E’

questo d’altronde lospirito cooperativo:responsabilità, impe-gno, intrapresa. Nonattesa e non inerzia.Cicerone sosteneva:

“La prudenza è la capacità di distin-guere le cose da fare da quelle da evi-tare”. Sono entrambe attitudini che amio parere le BCC devono continuarea sviluppare per preservare il grande

patrimonio di reputazione che il Cre-dito Cooperativo ha costruito nelcorso della sua storia. E per garantireai propri soci e clienti tranquillità e fi-ducia. Come sa fare la BCC PicenaTruentina. Cui rivolgo i miei auguri diproseguire con lo stesso entusiasmoe dinamismo la sua attività a serviziodel territorio e per lo sviluppo delle co-munità locali. Grazie

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È passato qualche anno da quando ab-biamo iniziato a lavorare per il restaurodel Palazzo Sciarra e delle sue cantine,e solo oggi riappaiono i contorni diquesta, che posso definire “una splen-dida avventura”. Essere stati partecipidella vita di una Banca Cooperativa,partecipi di un intervento urbano inuna cittadina che la storia la raccontaquotidianamente, in tutto ciò si con-centra la soddisfazione per il risultatoottenuto. Avevamo compreso imme-diatamente la lungimiranza di questoConsiglio e del Presidente nel portareavanti un progetto che andava al di làdel puro significato imprenditoriale.Non si trattava di trovare una sede mi-gliore e più capiente per una banca cheera cresciuta nel territorio, ma dovevaanche “segnare” il territorio, cioè es-sere una presenza, un pezzo di storia,proprio perché la territorialità è semprestata la forza dell'Istituto stesso. Cosapoteva esserci di meglio se non un edi-ficio che faceva parte della storia delpaese, un pezzo delle fortificazioni diAcquaviva Picena, un segno impor-tante su cui tutti potevano ricono-scersi. La scelta è stata indovinata, lalungimiranza di queste persone chehanno fatto la storia, hanno maggior-mente radicato la Banca nel territorio.L'edificio, o meglio ancora il com-plesso di edifici, per cui siamo statichiamati a ristrutturare e ad adeguarealle esigenze di un istituto bancario, èa cavallo del colle, su cui sorge Acqua-viva Picena. Una parte di edificio postoa sud e l'altro a nord. Come se da quisi dovesse controllare il territorio, sucui quotidianamente si opera, e comese dal territorio, si potessero indivi-

duare la città e l'edificio che supportae contribuisce alla crescita del territoriostesso. Un supporto reciproco, unacollaborazione quotidiana, come èquotidiana l'opera di questo Istitutobancario, attento alle esigenze dei cit-tadini, vicino e di stimolo alla crescitadelle aziende, di supporto alle opera-zioni sociali e culturali dei comuni incui opera. La progettazione di per sé èstata affascinante, prima con la sco-perta del complesso urbano, con la co-noscenza della storia attraverso lastruttura, poi man mano che si entravanelle viscere nascoste dell'edificio, lescoperte della sua storia, le stratifica-zioni degli interventi e su ogni inter-vento si leggevano le esigenze, imomenti, le necessità. La trasforma-zione poi, da edificio familiare a edificionobile, accorpandone due unità attra-verso l'unione economica di famiglienobili a mezzo di matrimoni. Il segno

L’ARCHITETTO SANDRO MARIANI:

“UNA SPLENDIDA AVVENTURA”

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di un'economia che cresce, segni edu-cati, contenuti, di una generazione cheha sempre lavorato, che dai commercie dall'agricoltura, ha tratto la sua ric-chezza che ha generosamente scam-biato con la popolazione reddito elavoro. Il raggiungimento di uno stato

sociale sempre migliore, e matrimoniche accrescono il potere economico,hanno trasformato edifici presenti nelcontesto urbano di Acquaviva, in resi-denze qualificate. Così è stato per il Pa-lazzo Sciarra, specificatamente adattatoalle esigenze della famiglia, reso nobilee artistico, con soffitti e pareti affre-scati, in quelle stanze destinate alla rap-presentanza, che fortunatamente sonoarrivate a noi in un buono stato di con-servazione. La movimentazione in-terna, separata, tra la proprietà, cheaveva collegamenti verticali interni, in-dipendenti da quelli della servitù, chesvolgeranno le mansioni in orari etempi diversi. Da notare anche, la ric-chezza dei prospetti esterni, in quel-

l'edificio nato a scopo industriale su viaBoreale. Anche per la cantina, una fac-ciata curata e ricercata, anche se rap-presentava un luogo di lavoro. Unaspetto che ci ha impegnati è statoquello statico. Il palazzo, di per sé soli-dissimo, poggia sulle antiche muradella città che raggiungono anche unmetro e mezzo di spessore. La preca-rietà stava nei collegamenti orizzontali,che erano in legno e avevano subito neisecoli diversi interventi a seconda dellenecessità familiari senza tener contodelle regole statiche. Si è intervenuticon un progetto unitario di consolida-mento dal basso, svuotando e rimon-tando volte in mattoni, sempre con lostesso materiale, che veniva bancalato

e poi riutilizzato nella ricostruzione dellemurature, e questa è stata la metodo-logia usata in tutti i paramenti murari.Erano presenti collegamenti trasversali,tra palazzo e cantina, gallerie scavatenel tufo, che abbiamo ripristinato emantenuto nell'aspetto originale, e ab-biamo creato un nuovo collegamentoper esigenze di gestione dei vari ufficidell'istituto. Per finire lo spazio apertosu via Marziale, una nuova piazza, unoslargo in questa parte della città storica.Gli organismi dirigenti dell'Istituto ave-vano intuito questi importanti segni ur-bani, da salvaguardare e da trasmetterealle generazioni future. Questa intui-zione e il loro convincimento hannoportato al risultato che oggi è sotto gli

occhi di tutti e che tutti possono am-mirare. Non mi dilungo a descrivere lenostre esperienze dal punto di vistatecnico, quello che mi premeva rac-contarvi è l'esperienza storico-cultu-rale, quella di essere stati protagonistidi una scelta, per la salvaguardia delterritorio in cui viviamo. L'entusiasmoche io e i miei colleghi, che mi hannosupportato in questa avventura a cui vail mio ringraziamento, soprattutto per-ché senza di loro e senza le loro espe-rienze non potevo raggiungere unsimile risultato. A loro devo accomu-nare le imprese edili e quelle impianti-stiche, che hanno partecipato al lavoro,a cui debbo oggi pubblicamente rico-noscere l'impegno profuso e la dispo-

nibilità a mettere a disposizione la loroesperienza tecnica. Non per ultimo, ilConsiglio dell'istituto e la Dirigenzatutta, che ci è stata vicina, ci ha spro-nato, a volte anche incalzato, ma ci hatrasmesso la forza e la fiducia, attra-verso un confronto continuo, per il rag-giungimento di questo obiettivo.L'obbiettivo a cui abbiamo aspirato èstato quello di trasformare un edificioin una struttura che potesse rappre-sentare l'operosità e la socialità di unistituto bancario, un istituto bancariocon specifiche particolari, quelle di uncredito cooperativo, di una banca nonsolo vicino, ma dentro al territorio.Credo che ci siamo riusciti o per lomeno di esserci andati molto vicino.

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