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NO AL GOVERNO DELLE BANCHE PER UN FRONTE UNICO ANTICAPITALISTA Mario Monti: salvatore della patria o curatore fallimentare? Si usa dire, in gergo capitalista, che l’Italia è una grande azienda. Anche se l’espressione ci fa specie, utilizze- remo questo paragone per descrivere la situazione italiana. Da che mondo è mondo, una azienda che in fondo all’anno spende il 120 % di quello che incassa non è messa bene. Se a questo ci si aggiunge un debito consolidato verso gli istitu- ti di credito che ormai ammonta a 2000 miliardi di Euro, l’azienda in questione dichiarerebbe immediata- mente fallimento. Ma siccome l’Italia non è la botte- ghina sotto casa che vende carabatto- le, ma la settima potenza capitalista del mondo e la terza economia euro- pea, prima di dichiarare fallimento si tenta il tutto per tutto. Liquidato Berlusconi con una manovra specu- lativa sui titoli Mediaset ( -25% in due giorni) l‘oligarchia finanziaria ha piazzato al governo del paese, o per meglio dire a capo del CDA dell’azienda Italia, un proprio uomo: Mario Monti. Ex collaboratore di Goldman Sa- chs, ex membro della commissione europea e fervente cattolico, Monti è considerato da tutti l’uomo giusto per risollevare le sorti dell’azienda Italia. Ma siamo veramente sicuri che il suo compito sia questo? sia- mo sicuri che a questo signore plu- rimiliardario e plurimandatario stia a cuore il bene del Paese? Più che alla figura di salvatore della patria il ruolo di Mario Monti asso- miglia sempre più a quello di liqui- datore di azienda. Un curatore fallimentare imposto dal tribunale finanziario europeo che avrà lo scopo di garantire alle ban- che la riscossione dei debiti contratti dal nostro paese in venti anni di neo liberismo. C’è da aspettarsi che, nel perfetto stile aziendalistico i crediti dovu- ti verranno rimborsati attraverso la svendita totale del patrimonio pub- blico e collettivo in una gigantesca asta giudiziaria. numero 0 - dicembre 2011 - € 1 GIORNALE TOSCANO DI CONTROINFORMAZIONE di Ruggero Rognoni L’ ultimo anno è stato attraversato da svolte epocali, sociali e politiche per vasti strati della popolazione mondiale. In pochi mesi abbiamo assistito alla caduta delle dittature in Tunisia, Egitto e Libia. I processi ri- voluzionari democratici hanno scon- volto tutta l’ area del Mediterraneo e sono tuttora in atto in un susseguirsi di fiammate rivoluzionarie e con- traccolpi contorivoluzionari. A livel- lo mondiale il capitalismo si trova ad affrontare la sua peggiore crisi strut- turale da molti decenni, iniziata alla fine del 2007 che è ben lungi dall’ essere risolta. Una crisi generata dalla sovrappro- duzione di merci, dalla ricerca spa- smodica di mercati anche tramite le guerre imperialiste, dalla con- seguente riduzione del profitto (in quella che Marx definiva la legge fondamentale del capitalismo cioè “la caduta tendenziale del saggio di profitto”). Una crisi che ha visto il passaggio della ricerca del profitto sempre meno attraverso la produ- zione e lo scambio di merci, ma at- traverso la speculazione finanziaria con rapidi giochi di borsa sul valore fittizio delle monete, dei titoli azio- nari, dei titoli di stato. Un vero gio- co al massacro dove il capitalismo ha trasferito i suoi centri di potere “dalle fabbriche alle banche”, dalla produzione alla speculazione. Per fare questo si è mobilitata la borghe- sia, sua classe sociale di riferimento, nella costruzione di nuovi strumenti politici di potere come gli organismi governativi sovranazionali in pro- grammi sempre di più autoritari. Organismi governati dal potere fi- nanziario che si è trasformato in po- tere politico. Addirittura gli stessi Stati occidentali in forte crisi di li- quidità si sono trovati sull’ orlo del fallimento dovendo “piazzare” i pro- pri titoli a dei tassi di interesse sem- pre più alti. Un vero vortice dram- matico dove a farne le spese sono i settori sociali più deboli: quello dei lavoratori salariati, dei disoccupati delle grandi masse di migranti. Sulle loro spalle si trova tutto il carico di questo DEBITO forzoso con la can- cellazione dei diritti e il ritorno dello sfruttamento selvaggio come quello della fine del 1800. In questo quadro sussistono anche altri fattori importanti: l’ impos- sibilità sistemica di “riformare” il capitalismo in una visione socialde- mocratica, la distruzione ambientale nello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, l’ uso delle guerre imperialiste e l’ estrema debolezza o la mancanza di riferimenti anti- capitalistici per il movimento del- la classe lavoratrice internazionale. Servirebbe contro questo attacco epocale un’ altrettanto forte risposta epocale. E’ la nostra difficile ma non impossibile prospettiva: quella della costruzione di una vera opposizione di classe anticapitalistica. Il governo “bonapartista” berlusconiano è stato sostituito dal governo Monti come distillato del potere della borghesia: potere bancario, potere ecclesiastico vaticano, potere militare imperiali- sta, tecnocrazia confindustriale. Un governo con un consenso popo- lare vastissimo e la dimostrazione dell’ esistenza della limitatissima co- scienza di classe dei lavoratori. Per sostituire un “governo reazionario” la gran parte del consenso di massa dei lavoratori è andato anche cultu- ralmente a favore di un “patto con il diavolo” rappresentato dal suo “ne- mico di classe”di sempre: la borghe- sia. Qual è quindi il nostro compito per affrontare questa “catastrofe”? La re- alizzazione di un forte programma an- ticapitalistico riassunto in 5 punti...... Continua a pagina 2

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NO AL GOVERNO DELLE BANCHE

PER UN FRONTE UNICO ANTICAPITALISTA

Mario Monti: salvatore della

patria o curatore fallimentare?

Si usa dire, in gergo capitalista, che l’Italia è una grande azienda. Anche se l’espressione ci fa specie, utilizze-remo questo paragone per descrivere la situazione italiana.Da che mondo è mondo, una azienda che in fondo all’anno spende il 120 % di quello che incassa non è messa bene. Se a questo ci si aggiunge un debito consolidato verso gli istitu-ti di credito che ormai ammonta a 2000 miliardi di Euro, l’azienda in questione dichiarerebbe immediata-mente fallimento. Ma siccome l’Italia non è la botte-ghina sotto casa che vende carabatto-le, ma la settima potenza capitalista del mondo e la terza economia euro-pea, prima di dichiarare fallimento si tenta il tutto per tutto. Liquidato Berlusconi con una manovra specu-lativa sui titoli Mediaset ( -25% in due giorni) l‘oligarchia finanziaria ha piazzato al governo del paese, o per meglio dire a capo del CDA dell’azienda Italia, un proprio uomo: Mario Monti.Ex collaboratore di Goldman Sa-chs, ex membro della commissione europea e fervente cattolico, Monti è considerato da tutti l’uomo giusto per risollevare le sorti dell’azienda Italia. Ma siamo veramente sicuri che il suo compito sia questo? sia-mo sicuri che a questo signore plu-rimiliardario e plurimandatario stia a cuore il bene del Paese?Più che alla figura di salvatore della patria il ruolo di Mario Monti asso-miglia sempre più a quello di liqui-datore di azienda.Un curatore fallimentare imposto dal tribunale finanziario europeo che avrà lo scopo di garantire alle ban-che la riscossione dei debiti contratti dal nostro paese in venti anni di neo liberismo. C’è da aspettarsi che, nel perfetto stile aziendalistico i crediti dovu-ti verranno rimborsati attraverso la svendita totale del patrimonio pub-blico e collettivo in una gigantesca asta giudiziaria.

numero 0 - dicembre 2011 - € 1

GIORNALE TOSCANO DI CONTROINFORMAZIONE

di Ruggero Rognoni

L’ ultimo anno è stato attraversato da svolte epocali, sociali e politiche per vasti strati della popolazione mondiale. In pochi mesi abbiamo assistito alla caduta delle dittature in Tunisia, Egitto e Libia. I processi ri-voluzionari democratici hanno scon-volto tutta l’ area del Mediterraneo e sono tuttora in atto in un susseguirsi di fiammate rivoluzionarie e con-traccolpi contorivoluzionari. A livel-lo mondiale il capitalismo si trova ad affrontare la sua peggiore crisi strut-turale da molti decenni, iniziata alla fine del 2007 che è ben lungi dall’ essere risolta. Una crisi generata dalla sovrappro-duzione di merci, dalla ricerca spa-smodica di mercati anche tramite le guerre imperialiste, dalla con-seguente riduzione del profitto (in quella che Marx definiva la legge fondamentale del capitalismo cioè “la caduta tendenziale del saggio di profitto”). Una crisi che ha visto il passaggio della ricerca del profitto sempre meno attraverso la produ-zione e lo scambio di merci, ma at-traverso la speculazione finanziaria con rapidi giochi di borsa sul valore fittizio delle monete, dei titoli azio-nari, dei titoli di stato. Un vero gio-

co al massacro dove il capitalismo ha trasferito i suoi centri di potere “dalle fabbriche alle banche”, dalla produzione alla speculazione. Per fare questo si è mobilitata la borghe-sia, sua classe sociale di riferimento, nella costruzione di nuovi strumenti politici di potere come gli organismi governativi sovranazionali in pro-grammi sempre di più autoritari.Organismi governati dal potere fi-nanziario che si è trasformato in po-tere politico. Addirittura gli stessi Stati occidentali in forte crisi di li-quidità si sono trovati sull’ orlo del fallimento dovendo “piazzare” i pro-pri titoli a dei tassi di interesse sem-pre più alti. Un vero vortice dram-matico dove a farne le spese sono i settori sociali più deboli: quello dei lavoratori salariati, dei disoccupati delle grandi masse di migranti. Sulle loro spalle si trova tutto il carico di questo DEBITO forzoso con la can-cellazione dei diritti e il ritorno dello sfruttamento selvaggio come quello della fine del 1800.In questo quadro sussistono anche altri fattori importanti: l’ impos-sibilità sistemica di “riformare” il capitalismo in una visione socialde-mocratica, la distruzione ambientale nello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, l’ uso delle guerre

imperialiste e l’ estrema debolezza o la mancanza di riferimenti anti-capitalistici per il movimento del-la classe lavoratrice internazionale. Servirebbe contro questo attacco epocale un’ altrettanto forte risposta epocale. E’ la nostra difficile ma non impossibile prospettiva: quella della costruzione di una vera opposizione di classe anticapitalistica. Il governo “bonapartista” berlusconiano è stato sostituito dal governo Monti come distillato del potere della borghesia: potere bancario, potere ecclesiastico vaticano, potere militare imperiali-sta, tecnocrazia confindustriale.Un governo con un consenso popo-lare vastissimo e la dimostrazione dell’ esistenza della limitatissima co-scienza di classe dei lavoratori. Per sostituire un “governo reazionario” la gran parte del consenso di massa dei lavoratori è andato anche cultu-ralmente a favore di un “patto con il diavolo” rappresentato dal suo “ne-mico di classe”di sempre: la borghe-sia.Qual è quindi il nostro compito per affrontare questa “catastrofe”? La re-alizzazione di un forte programma an-ticapitalistico riassunto in 5 punti......

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1)No al pagamento del debito pub-blico alle banche. I 90 miliardi di debiti che lo stato regala alle banche devono essere annullati come i 70 miliardi versati annualmente dagli enti locali. E le risorse così liberate debbono andare al lavoro, alla sani-tà, alla scuola. In Toscana il Monte dei Paschi,Banca Intesa San Paolo e altri gruppi finanziari insieme a Confindustria controllano le scelte politiche della giunta regionale im-ponendo progetti inutili e dannosi come il rigassificatore al largo delle coste livornesi, le pericolose discari-che o gli interventi sulla TAV. 2) Le banche e le assicurazioni vanno nazionalizzate, senza inden-nizzo per i grandi azionisti, e sotto controllo dei lavoratori, creando un’unica banca pubblica. In questo modo verrebbero sgravate le fami-glie dai mutui e dagli oneri della ri-chiesta di prestiti per sopravvivere alla crisi. Per colpire la grande cri-minalità e l’ evasione. A favore dei bisogni collettivi, e non del profitto di pochi. Senza la nazionalizzazione delle banche, continuerebbero i pri-vilegi della chiesa Cattolica respon-sabile tramite lo IOR di incontrollate speculazioni finanziarie.

3) Va istituito il controllo operaio sulla produzione a partire dall’abo-lizione del segreto commerciale e dall’apertura dei libri contabili delle aziende. Tramite il segreto vengono nascosti malaffari di ogni tipo. Inclu-si i costi della pubblica corruzione. Un esempio fra gli altri: Finmecca-nica sotto indagine in questi gior-ni, (fortemente presente in Toscana con diversi punti produttivi Ansaldo Breda,Wass,Selex) per aver elargito “fondi neri” alla politica complice degli affari del mercato delle armi.

4) Vanno nazionalizzati i grandi gruppi capitalistici dell’industria, senza indennizzo e sotto controllo operaio, a partire dalle aziende che licenziano, colpiscono i diritti sin-dacali, che inquinano colpendo la salute dei cittadini. E’ un provvedi-mento indispensabile per bloccare i licenziamenti, riorganizzare la pro-duzione, ripartire il lavoro fra tutti, avviare una riconversione dell’eco-nomia a fini ecologici e sociali, se-condo un piano democraticamente definito. FIAT non sarebbe in grado di rompere ogni rapporto sindacale come sta compiendo attualmente il suo A.D. Marchionne. In Toscana non si sarebbero mai realizzati ince-neritori alla diossina come quelli di Pietrasanta,Scarlino o Montale. 5) Va varato un grande piano di opere sociali di pubblica utilità che dia lavoro e risani le condizione di larga parte della società italiana. Si avrebbe un forte calo della disoccu-pazione ripartendo il lavoro verso un indirizzo sociale, utilizzando i fondi liberalizzati dalla nazionalizzazione delle banche. Il risanamento am-bientale, energie alternative, ripara-zione della rete idrica, sviluppo della rete ferroviaria, messa in sicurezza dell’edilizia scolastica e residenzia-le, estensione della rete ospedaliera sarebbero al primo posto.

DISASTRI ANNUNCIATI

di Paolo Vannucci

Appare quasi superfluo chiamare in causa il Governo per i recenti disastri con morti, feriti e immani distruzioni di beni, verificatisi in Lunigiana, alle Cinque Terre e Genova negli ultimi giorni, ma facendo seguito a quelli dello scorso anno ( tre morti a Mas-sa) e degli anni precedenti nel nostro territorio. Il vecchio adagio “Piove, governo ladro”, dovrebbe essere ag-giornato in “Piove, governo ladro ed assassino”.Questo non lo diciamo solo noi, irri-ducibili sovversivi, ma anche le au-torità preposte alla sicurezza del ter-ritorio e della vita dei cittadini; dalla Pretura di Massa, ad esempio, subito dopo il disastro di Aulla è partita una denuncia contro “ignoti” per omici-dio colposo. Inutile aggiungere che questi “ignoti” sono invece i soliti noti, ossia i politici che a livello cen-trale e periferico assecondano i diktat dei poteri forti, ai quali non interes-sano nulla la tutela del territorio e la vita dei loro cittadini, bensì i profitti che ricavano con i loro loschi affari; così si spiegano, a fronte di ridicoli investimenti per la tutela del territo-rio (in questo campo veniamo dopo la Romania ed il Portogallo), quelli molto più redditizi, ad esempio, per il Ponte sullo Stretto (la Mafia rin-grazia), per la TAV in Val di Susa (vedere cosa ne pensano gli abitanti) e soprattutto e come sempre, per gli armamenti.Scrive un noto analista (Antonio Mazzeo) “…senza contare la guer-ra a Gheddafi, le missioni militari all’estero costeranno a fine 2011 un miliardo e mezzo di euro; un inso-stenibile spreco di denaro imposto

dai fabbricanti d’armi del comples-so Finmeccanica e dal colosso degli idrocarburi ENI, le due holding che con il loro potere finanziario condi-zionano pesantemente le scelte di politica industriale, estera e della difesa. Come insostenibile è il li-vello raggiunto dalle spese militari: sempre nel 2011, il solo bilancio del Ministero della difesa ammonta a 20.556.850.000 (venti miliardi e mezzo) di euro, 192 milioni in più del bilancio 2010”.Per rendere più comprensibili que-ste cifre, diciamo che un solo caccia bombardiere F -35 Lightning della Lockeed Martin (ne saranno costru-iti più di un centinaio a Cameri, No-vara) costa, nudo, circa 114.000.000 di €; con i sistemi d’arma montati il prezzo raddoppia, arrivando a 228 milioni di €, equivalenti a 441 mi-liardi di vecchie lire. La spesa per un solo F 35 basterebbe per costruire un’ ottantina di asili nido, quella per due sarebbe sufficiente per costruire ed attrezzare un moderno ospedale (fonte Emergency) come quello di Carrara, che invece sarà chiuso per … “razionalizzare i costi della sani-tà” (messi in crisi, peraltro, dalle note ruberie dei dirigenti provinciali).Non crediamo sia possibile porre fine a questa politica perversa, sen-za una radicale rivoluzione di questo irrazionale, infernale e profonda-mente antidemocratico sistema; è possibile però rivolgersi alla popo-lazione della nostra provincia, per-ché faccia pressione sulle istituzio-ni locali, a partire dai sindaci e dal Prefetto, affinché reperiscano con ogni mezzo i fondi necessari per la messa in sicurezza del nostro terri-torio; ad esempio rivedendo tutto il

disciplinare relativo all’ estrazione del marmo, una delle principali fonti di ricchezza della nostra provincia, nonché del dissesto idrogeologico della stessa: è secondo noi immora-le che i concessionari (non padro-ni!) delle cave distruggano le nostre montagne, senza alcun ritegno e con-trollo, per i loro profitti, pagando ai Comuni una tassa ridicola; è ora che il nostro marmo sia estratto sotto il controllo di chi lo lavora! I proven-ti della tassa marmi potrebbero così servire, assieme a quelli derivanti dal recupero dell’ evasione della stessa, a finanziare i lavori per la messa in sicurezza del territorio, magari im-piegando gli operai licenziati dalla Eaton, dai N.C.A. e dalle altre fab-briche in crisi. Altri fondi potrebbero essere recuperati ESPROPRIANDO il terreno delle industrie straniere e nazionali che chiudono (Eaton “USA e getta” N.C.A., etc.), rilanciando at-tività produttive compatibili con la realtà economica della Provincia.Ai politici che si muovono solo all’ interno delle “compatibilità di si-stema”, e che giudicano utopistiche queste semplici e ragionevoli propo-ste, ricordiamo che la gente è stanca delle loro promesse e delle loro bu-gie (come hanno dimostrato le palate di fango contro Matteoli ad Aulla), e che in tutto il mondo sta montando la protesta contro un sistema econo-mico perverso ed obsoleto, il capita-lismo.Il P.C.L. di Massa Carrara esprime il proprio cordoglio e la propria solida-rietà per i cittadini della Lunigiana e della Liguria che hanno perso la vita e/o le loro proprietà, e sarà a fianco delle popolazioni colpite che riven-dicano i loro diritti.

CINQUE PUNTI PER UN FRONTE ANTICAPITALISTA

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pagina 3 interni PROSPETTIVE E SCENARI DELLA LOTTA

DOPO IL 15 OTTOBRESono passate ormai alcune settima-ne dalla manifestazione del 15 otto-bre a Roma e questo ci consente di fare alcune considerazioni su quella giornata, ponendole però all’interno di una critica di fondo nei confronti di quella sinistra istituzionale più o meno radicale, e dunque in una di-mensione prettamente politica.Per prima cosa vogliamo riafferma-re con ancor maggiore convinzione la validità della proposta generale contenuta nel messaggio “Noi il de-bito non lo paghiamo”, che insie-me ad altre organizzazioni abbiamo lanciato e portato all’interno della manifestazione degli “indignados”. Il continuo e ormai irreversibile ag-gravarsi della situazione economico-finanziaria, peraltro facilmente pre-vedibile, non fa altro che rafforzare le nostre ragioni e rendere ancor più evidente la necessità e l’urgenza di agire in quella direzione.Sappiamo che quella sinistra svolge la sua azione politica in funzione di un suo ritorno al governo, nel quadro di quell’alternanza tipica di un siste-ma democratico borghese. E questo significa agire all’interno di quel sistema politico senza mettere in di-scussione le sue basi. Per cui non ha alcun interesse a indirizzare la prote-sta verso “il potere” in quanto tale e verso quei “palazzi del potere” che ambisce un domani a occupare. In questa cornice vanno inserite quel-le decisioni prese dal coordinamen-to della manifestazione, che hanno comportato la rinuncia ad ogni ipo-tesi di una sua diversa caratterizza-zione, privilegiando così il classico corteo di protesta. Questo ha sicura-mente facilitato anche il prodursi di quegli stupidi e deprecabili episodi di vandalismo che si sono verifica-ti nella prima fase della manifesta-zione. Il Partito Comunista dei La-voratori si è confermato anche in questa occasione come il più attento e il più sensibile nei confronti della realtà. Infatti, in un documento del 25 settembre aveva già ammonito: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a

rivendicare il diritto a marciare ver-so i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa riven-dicazione, rischia questo sì di spia-nare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre”. Un altro punto da considerare riguar-da il ruolo svolto dai “movimenti“. I quali, proprio per le loro caratte-ristiche specifiche, sono facilmente soggetti a essere in qualche modo condizionati o strumentalizzati dalle forze di quella sinistra, che si accre-ditano sempre come sostenitrici del-le loro ragioni salvo poi tradirle una volta raggiunto il potere. Ciò che è avvenuto in un passato più o meno recente è più eloquente di qualunque argomentare. Riteniamo che occorra agire in di-rezione opposta, alzando il livello dello scontro politico e indirizzarlo proprio verso i suoi centri di potere; e che per questo sia necessario e im-prescindibile che anche i movimenti, pur nella loro autonomia, si muova-

no in quella direzione.Un’altra considerazione, sul tema della violenza. E anche qui Trotsky, al quale ci sentiamo orgogliosamen-te vicini, ci ispira e ci offre un pre-zioso aiuto col suo splendido libello “La loro morale e la nostra”.Con quel riferimento, più sommes-samente, noi vogliamo far risaltare la falsità e l’ipocrisia di quel conti-nuo e assillante richiamo alla “non violenza”.Urlato in maniera parossistica nelle piazze da quella sinistra, assume il significato di un messaggio lanciato verso i detentori del potere, per ras-sicurarli che quelle piazze destinate a diventare sempre più calde con l’aggravarsi della crisi, saranno te-nute agevolmente sotto controllo. La stessa disponibilità a collaborarecon le forze di polizia in questo com-pito e l’aberrante ricorso alla dela-zione, ne costituiscono la miglior conferma. Tutto questo contribuisce ad accreditarsi come sicuramente af-fidabile anche agli occhi della grande finanza internazionale, che, per con-tinuare a fare i propri loschi affari

sulle spalle dei proletari, ha bisogno di anestetizzarli, di tenerli tranquilli e il più lontano possibile da ogni mo-vimento di ribellione e di rivolta. Concludendo, quella sinistra tiene molto a ri-conquistare il Palazzo anche in funzione di un potere che di fatto rimarrà fine a se stesso. Per questo motivo agisce per incanalare ogni protesta verso quelle ormai in-nocue manifestazioni caratterizzate da lunghe passeggiate sulle strade di Roma, con palloncini, fischietti e magari un fiore in mano, che assu-mono paradossalmente e in maniera tragicomica gli aspetti di una festa.Non può esservi garanzia migliore per i veri poteri dominanti.

Riteniamo che sia necessario la-sciare definitivamente i sogni e le chiacchiere ai poeti e agli opportu-nisti, con tutte le loro mistificazioni e ipocrisie, e, all’opposto, proporre e mettere in atto altre forme di lotta in direzione e in funzione di una rivolta sociale che, parafrasando Marx, è la sola levatrice della storia.

di Mario Capecchi

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lavoro e sindacato pagina 4PISTOIA: L’ANSALDO BREDA E IL SUO FUTURO

LOTTA DI CLASSE: QUALE FUTURO PER LA FIOM?

di Gobborosso

La situazione per l’AnsaldoBreda si sta facendo sempre più complicata e pericolosa nei suoi esiti. Sono ormai passati quattro mesi da quell’annuncio shock di dismissione dell’azienda da parte dell’Ammini-stratore Delegato della holding Fin-meccanica, Giuseppe Orsi. Ricordia-mo che Finmeccanica è controllata dal Tesoro con oltre il 30 per cento di capitale azionario. Durante questo periodo, tutte le Isti-tuzioni locali hanno preso solenni impegni con i lavoratori per scon-giurare ogni ipotesi di ridimensiona-mento dell’azienda. Le RSU hanno organizzato una serie di scioperi con manifestazioni per le vie cittadine. La stanca ripetizione di una classica ritualità. Sappiamo bene però che la loro in-cidenza sulle scelte di Finmeccanica è praticamente nulla. Le ultime di-chiarazioni di Orsi al mondo della finanza ne sono una chiara confer-ma. Quella «ristrutturazione [che] va effettuata a prescindere da chi sarà il proprietario finale» è funzionale a quell’«impegno assoluto» al decon-solidamento di AnsaldoBreda.Nell’immediato, le conseguenze di quella annunciata ennesima riorga-nizzazione, che sarà illustrata entro un paio di settimane, è facile pre-

di Daniele Caboni RSU- FIOM Continental

Per capire cosa succede nelle fab-briche è necessario ricordare i prin-cipali avvenimenti politico-sindacali dall’ultimo congresso Cgil del 2010 e cosa nello specifico questi avveni-menti significhino per la Fiom.Il XVI congresso Cgil vede confron-tarsi due mozioni: quella di maggio-ranza “i diritti e il lavoro oltre la crisi” primo firmatario Epifani, e “la Cgil che vogliamo” firmatari tra gli altri Landini, Cremaschi e Rinaldini.“La Cgil che vogliamo” chiede più ini-ziativa sulla lotta alla precarietà, la lotta contro le firme separate a livel-lo di categoria e confederali e chiede di riformare la burocrazia interna in modo da alleggerire gli apparati cen-trali a favore di un decentramento delle risorse. La rete28aprile parte-cipa attivamente al Congresso all’in-terno de “la Cgil che vogliamo” la quale ne esce minoranza con poco più del 17% dei consensi.Nella Fiom, “la Cgil che vogliamo” prende inve-ce attorno al 70%. Per la prima volta la sinistra sindacale non è solamen-te presente come minoranza nelle varie categorie della Cgil, ma addi-rittura come mozione maggioritaria nella Fiom, dove Landini e Crema-schi stanno con posizioni diverse in maggioranza e dove la minoranza fa capo alla mozione Epifani-Camusso. La situazione politica in Cgil è ribal-tata all’interno della Fiom.Nella manifestazione del 16 Ottobre la Fiom apre ai movimenti, discute con gli studenti di precarietà e chiede alla Cgil un vero sciopero generale,

vedere che ricadranno sulle spalle dei lavoratori in termini di nuovi esuberi, nuova CIG, e nuove vessa-torie condizioni di lavoro. Mentre all’orizzonte, nella migliore delle ipotesi, si profila una nuova proprie-tà che sicuramente non sarà italiana; con le tragiche conseguenze, anche se diluite nel tempo, di una prevedi-bile delocalizzazione.I lavoratori hanno già pesantemente pagato le conseguenze di scellerate scelte strategiche. Anche nel recen-te passato, nonostante una serie di

accordi, sempre più penalizzanti nei loro confronti, raggiunti con l’azien-da, si sono trovati i soli a rispettare gli impegni reciprocamente presi. Gli investimenti promessi non sono arrivati, e addirittura quella com-messa per i Treni ad Alta Velocita, che avrebbe costituito un’importante occasione di lavoro e dunque anche di un miglioramento dei bilanci, è ancora in fase di stallo. A tutt’oggi, quella commessa, non è ancora en-trata in produzione. In questa corni-ce va inserita la rinuncia sine die di

Trenitalia all’annunciato acquisto di nuovi treni regionali. Una commes-sa sulla quale i lavoratori contavano molto per consolidare il loro posto di lavoro e per creare nuova occupazio-ne. Peraltro, è presumibile che questa situazione molto difficile venga ora ulteriormente aggravata dalle deci-sioni che prenderà il gauleiter Monti. Sappiamo che uno dei pilastri della sua azione governativa sarà costitu-ito dalla privatizzazione di tutte le aziende pubbliche, fra le quali rientra certamente anche Finmeccanica.

Per combattere e scongiurare queste drammatiche prospettive, crediamo che sia illusorio e molto pericoloso affidarsi ancora alla politica di basso profilo e alla moderazione sindacale, imperniate sulle compatibilità di si-stema. Crediamo, all’opposto, che sia necessario abbandonare quelle blan-de e inconcludenti forme di protesta finora attuate, e iniziare una pratica di lotta corrispondente alla grave sfi-da epocale lanciata dal capitalismo finanziario. E alla sua dichiarazione di guerra senza esclusione di colpi, occorre che i lavoratori si contrap-pongano in maniera adeguata con tutti i loro mezzi a disposizione. Che solo all’interno di una vera lotta di classe possono dare risultati con-creti e duraturi.

che faccia da sponda ai movimenti e alle aspettative dei lavoratori, il qua-le però arriva mesi più tardi, ormai depotenziato di quella spinta propul-siva che lo caratterizzava quando il “ferro era caldo” e poteva fermare Marchionne.Il paradosso è che la Cgil dà ragione alla Fiom quando non firma contratti devastanti per i lavoratori e rifiuta le nuove regole imposte da Confindu-stria, ma dà ragione anche alla Flai (alimentaristi) e Filcams (commer-cio) che invece le firmano. La Fiom dice anche che il modello Marchion-ne non è cosa che coinvolge 2 o 3 stabilimenti Fiat, ma sarà il nuovo modello di relazioni sindacali per tutto il mondo del lavoro e per questo è necessario lo sciopero generale.Come è andata la storia si sa: la Fiom è rimasta inascoltata, Marchionne in

questi giorni sta finendo di portare a casa l’annullamento del contratto na-zionale e la privazione del potenziale di lotta della Fiom, mentre le isola-te lotte di pugni di lavoratori a nulla possono valere contro l’offensiva di Confindustria e della Fiat. La Cgil, ancora una volta, a parole dice di es-sere con loro ma nei fatti richiama a un dialogo che attacca ancora di più gli operai in termini di salario e di potere contrattuale.Peggio ancora fir-ma con Cisl e Uil il protocollo del 28 giugno 2011 che accetta punti impor-tanti del piano Marchionne, primi su tutti le deroghe ai contratti nazionali in termini di orario e le limitazioni al diritto di sciopero, tanto da ricevere i complimenti della BCE.In questo quadro si sviluppa la di-scussione sulla piattaforma per il rinnovo contrattuale dei metalmec-

canici che vede un riavvicinamento di Landini e Camusso in quanto la piattaforma, che la Fiom presenta da sola per ovviare all’ennesima firma separata di Fim e Uilm, propone i punti che la Cgil e la Fiom avevano detto di non voler accettare, come il rinnovo triennale e le limitazioni al diritto di sciopero.L’assemblea dei delegati Fiom a Cervia vara la piattaforma con 506 favorevoli, 1 contrario e 7 astenuti. La rete 28 aprile interviene critica-mente ma alla fine accetta di votare Si per non uscire dalla maggioranza e impedire che si crei una nuova mag-gioranza interna con il sostegno del-la “minoranza Camusso”, andando a perdere di fatto l’unica categoria di sinistra all’interno della Cgil. In tutta Italia ci sono realtà che in ordine sparso hanno votato contro la piattaforma, come ad esempio la Piaggio, ma queste risposte isola-te creano nuove fragilità, per cui le burocrazie attaccano e strumenta-lizzano le risposte dei lavoratori. La strumentalizzazione in questo senso è funzionale a quanti vogliono Cre-maschi e noi fuori dalla maggioranza Fiom, per normalizzare la categoria pur avendola a sinistra.Un bel da fare quello della rete 28 aprile in Fiom: cercare di impedire derive moderate nel quadro appena descritto.E ancora una volta i fatti sono chiari: piattaforma arretrata o avanzata che sia, non è supportata dalle lotte né della Fiom, né della Cgil. La Fiom non riconosce il potenziale che de-tiene ed ha paura di giocare l’ultima sua carta, quella decisiva, quella che potrebbe cambiare il corso della sto-ria: il conflitto.

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pagina 5 antifascismo DOSSIER ANTIFASCIMO:

LA FONDAZIONE RSI DI TERRANUOVA BRACCIOLINIdi Martina Giustelli

Il 26 agosto 1986 La Nazione scri-veva: “Nascerà una piccola Predap-pio nel bel mezzo del Valdarno are-tino.”Infatti, un paio di mesi prima, un gruppo di reduci repubblichini ave-va acquistato, ad un prezzo straccia-to, una grande villa nella frazione Cicogna, a Terranuova Bracciolini, per farne una Fondazione - istituto storico, sacrario della Repubblica di Salò.Col passare degli anni questa Fon-dazione si è evoluta in qualcosa di molto più complesso e pericolo-so, affiancando all’attività storica e commemorativa quella palesemente politica, puntando sulla formazione delle giovani leve, alle quali “passa-re il testimone” del credo fascista.Dietro la maschera della ricerca storica e della conservazione di do-cumenti e cimeli dell’epoca, si na-sconde infatti un’ organizzazione strutturata in delegazioni regionali, dalle quali a loro volta, con un vero e proprio sistema a scatole cinesi, si dipanano pseudo-associazioni cultu-rali, disseminate in tutta Italia, le cui parole d’ordine sono sempre le stes-se: Tradizione, Disciplina, Stirpe, Corporativismo, Cameratismo.La delegazione romana è quella che fa da padrona. Ne è presidente Bru-no Lazzarotto, un anziano e ricco imprenditore, fondatore del gruppo bancario Capitalia. Ma chi ne muo-ve le fila è Piero Cappellari, ricerca-

tore storico e ufficiale riservista dell’ Esercito, autore di pubblicazioni nelle quali la storia è completamente stravolta al fine di riabilitare i repub-blichini, infangando la memoria dei partigiani per ribaltare il ruolo di vit-time e carnefici.Le attività della Fondazione spaziano dalle conferenze e seminari su temi ricorrenti come la “mistica fascista”, “il cameratismo”, “il patrimonio della RSI”, ai campi di formazione, che si tengono una volta l’anno in primavera, nei quali si fa anche ad-destramento fisico. I partecipanti ai seminari ed ai campi, tutti meticolo-samente “selezionati”, provengono dalle realtà giovanili dell’estrema destra: Casa Pound, Forza Nuova,

Militia, non mancano neppure i nazi-skin. Oltre alla pubblicazione di un periodico cartaceo, Acta, nel quale si trovano soprattutto vecchi documen-ti del ventennio, la Fondazione RSI, ormai al passo coi tempi, si avvale per la propria propaganda di siti in-ternet, blog e forum di discussione, dai quali è possibile farsi un’idea di quali siano le vere finalità di questo covo.. Viene da chiedersi: come è possibile che da 25 anni continui ad esistere una struttura del genere, che addirittura può avvalersi dei finan-ziamenti del 5x1000 in quanto rico-nosciuta come Onlus?La risposta sta nel compiacente si-lenzio delle istituzioni. Se inizial-mente i partiti dell’epoca, dal PCI

alla DC, ma anche le varie associa-zioni e l’Anpi, reagirono con grande clamore, furono riuniti consigli co-munali straordinari, intercomunali, provinciali, dove ogni volta veniva approvata all’unanimità (tranne il Movimento Sociale) una mozione in cui si condannava il fatto che tale istituto fosse proprio nella Provincia di Arezzo, medaglia d’oro alla Re-sistenza, e per di più nel comune di Terranuova Bracciolini raso al suolo dai nazisti, nel giro di poche settima-ne, inspiegabilmente lo sdegno e la protesta lasciarono il posto al silen-zio ed all’indifferenza delle istituzio-ni. Così oggi, nonostante da un quarto di secolo la Cicogna venga perio-dicamente invasa da fascisti della peggior specie, provenienti da tutta Italia, il 99% dei cittadini valdarnesi è completamente all’oscuro dell’esi-stenza della Fondazione RSI e delle sue attività.Dallo scorso anno i compagni aretini del Coordinamento Antifascista An-tirazzista Toscano hanno iniziato una campagna di controinformazione e di denuncia, con il fine di far chiu-dere la Fondazione. Ma i Sindaci del territorio e la Provincia di Arezzo, lavatisi la coscienza con una iniziale formale condanna della Fondazione per le pesanti pressioni degli antifa-scisti, si sono poi riadagiati nell’in-differenza, continuando di fatto a le-gittimare l’esistenza di questo covo fascista, che, di questo passo, resterà lì in eterno.

GARFAGNANA: LA PROPOSTA RIVOLUZIONARIA PARTE DA GORFIGLIANOdi Alessandro Ferri

La sera del 29 Ottobre scorso, la Garfagnana si è illuminata di rosso, un rosso rivoluzionario, un rosso che vuol portare "innovazione" in una terra che ha dimenticato la necessità della lotta di classe.

E' Gorfigliano, situato ai piedi della catena mon-tuosa delle Alpi Apuane e posizionato all'estre-mo Nord di quella straordinaria terra, il paese scelto per questa importante iniziativa, organiz-zata dal Partito Comunista dei Lavoratori, dal titolo:"Garfagnana Revolution". E' in quella sera che i militanti del PCL garfagnino hanno volu-to ricordare la Rivoluzione Russa, attraverso la partecipazione di movimenti sindacali e associa-zioni antifasciste. Nella bellissima sala congres-si "Pietro Ferri", addobbata per l'occasione con bandiere rosse che invitavano alla ricostruzione della Quarta Internazionale e dove al centro di queste spiccava una bellissima falce e martello, si respirava finalmente aria nuova, aria rivoluzio-naria, un'aria che portava i partecipanti a spasso nel tempo attraverso citazioni di Lenin e Trotsky, si respirava aria di cambiamento descrivendo atti storici avvenuti 94 anni orsono. E' in quell'oc-casione che il Pcl Garfagnana ne ha approfittato per far chiarezza sulla propria posizione poli-tica, visto che fino a quel momento in molti si erano avventurati in analisi e giudizi al limite del ridicolo. Evidenziando l'immenso piacere di mi-litare in un Partito realmente comunista, il quale permette di uscire finalmente da quell'idea co-mune che essere comunisti vuol dire Pace and Love, vuol dire essere costituzionalisti, vuol dire

sottostare al centrosinistra abbandonando defini-tivamente la lotta di classe, e ribadendo la loro opposizione verso qualsiasi coalizione formata da partiti borghesi, siano essi di centrodestra o centrosinistra, il Partito Comunista dei Lavorato-ri ha avvallato la chiara intenzione di costruire un vero percorso di svolta del movimento opera-io e sindacale: di metodi, programma, direzione.

Al grido di " Proletari di tutti i paesi, Unitevi!" il partito rivoluzionario garfagnino ha sottolineato quanto sia grave abbandonare definitivamente la lotta come si sta verificando in Garfagnana ed in tutta la lucchesia di fronte al più grande e brutale attacco portato a segno dalla borghesia, dai suoi interessi, dai suoi partiti, in quanto tutto ciò comporterà il suicidio della classe lavoratri-ce. Per i militanti del PCL, rimanere inermi di fronte all'azione di Casa Pound, dove i militan-ti possono agire indisturbati e addirittura esse-re protagonisti di servizi televisivi su Noi TV (televisione locale lucchese), sembra alquanto irreale; inoltre sostengono che la classe lavo-ratrice garfagnina si è arresa, delegando tutte le sue speranze su partiti politici padronali che hanno sostenuto il modello Marchionne, che col-laborano con Confindustria, che hanno creato lo stato attuale del precariato e dove questi trovano il costante sostegno di forze pseudo comuniste. Ed è a questo punto che viene lanciata la vera proposta: "Il nostro progetto - dice il coordinatore garfagnino - è di ricollocare tutto il movimento dei lavorato-ri, delle lavoratrici, degli

studenti, dei pensionati, dalla giusta parte, quella che gli spetta, lavorando affinché abbandoni quella schiera di politican-ti da poltrona sempre pron-ti a versare lacrime di coccodrillo. Unire la lotta attraverso un percorso anticapitalista-antifasci-sta e comunista che risponda con la medesima forza e in egual misura all'offensiva dei padroni. Convinti che non stiamo proponendo niente di assurdo, ma un qualcosa che faccia finalmente emergere l'esigenza di una concreta lotta, che ab-bia come unico obbiettivo finale la trasformazio-ne dell'attuale macelleria in giustizia sociale, in-vitiamo la cittadinanza garfagnina ad unirsi a noi per la costruzione di un vero percorso di svolta costruendo i Consigli, ossia, nuovi organi poli-tico-istituzionali rappresentativi dei Lavoratori".

In sostanza è stata una serata all'insegna di un fondamentale ricordo storico, dove parados-salmente si è potuto intravedere l'unico spi-raglio futuro che possa realmente condurre ad una concreta giustizia sociale.

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giovani e studenti pagina 6

LA QUESTIONE GIOVANILE E STUDENTESCA:NECESSITA’ DI UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA

di Giacomo Cei

Il 2011 è sicuramente stato un anno caratterizzato a livello internaziona-le dalle numerosissime proteste di massa. Queste proteste, nate dal vento delle rivolte nord africane contro regimi pluriennali come quello di Ben Ali in Tunisia e di Moubarack in Egitto, si sono rapidamente diffuse in tutto il continente Europeo, a cominciare dalla Spagna, negli Usa e persino in Israele. Cioè che salta subito all’oc-chio, oltre l’imponenza numerica di queste mobilitazioni e le parole d’or-dine sorprendentemente avanzate, è la larga partecipazione a queste delle giovani generazioni.Dopo decenni in cui i giovani erano spariti dalla scena politica, accusati di qualunquismo e di indifferenza politica, finalmente sembrano mo-strare la voglia di riappropriarsi del dibattito pubblico, soprattutto per quello che concerne il loro futuro. Non è un caso infatti che la crisi capitalista vada proprio a colpire maggiormente le nuove generazioni sobbarcando loro i costi enormi di un debito pubblico ormai insoppor-tabile. Parallelamente a questo fardello ge-nerazionale, i giovani sono oggetto di attacco continuo per quanto ri-guarda la precarizzazione selvaggia

del mondo del lavoro, la disoccu-pazione dilagante, il problema della casa, e non ultimo lo smantellamento sistematico della scuola pubblica. Proprio partendo da questa ultima questione, il Partito Comunista dei Lavoratori, sta cercando di imposta-re il proprio lavoro politico nelle gio-vani generazioni. Il movimento stu-dentesco, oltre ad aver rappresentato in passato uno dei principali motori dello scontro di classe, gioca oggi un ruolo fondamentale nell’avanzamen-to della lotta nel nostro paese. Lungi dal rappresentare un surrogato della classe operaia, il movimento studen-

tesco ha dimostrato però negli anni scorsi di poter assumere un ruolo chiave nelle mobilitazioni nazionali, andando proprio a sopperire al vi-stoso arretramento della lotta sinda-cale. Gli esempi più lampanti delle potenzialità enormi del movimento studentesco sono sostanzialmente due: il 14 dicembre 2010 durante la mobilitazione contro il governo, e la manifestazione del 16 Ottobre quan-do questo si legò alla FIOM in una delle manifestazioni più partecipate degli ultimi anni.L’intervento all’interno del mo-vimento studentesco deve essere

quindi, per un partito rivoluziona-rio come il PCL, uno dei principali terreni di intervento. Occorre quin-di che il partito, oltre a produrre un analisi esaustiva della questione giovanile e studentesca, individui le linee principali di intervento e si doti rapidamente di strutture intermedie organizzate con le quali operare.In questo quadro si è svolta fino ad oggi la discussione della Commis-sione Giovani, istituita dal secondo Congresso, e in questa direzione va la scelta dell’ultimo comitato poli-tico di convocare il prima possibile una conferenza nazionale dei giova-ni militanti del PCL.Questa conferenza, la quale dovrà prevedere dei passaggi di discus-sione preliminari a livello regiona-le, dovrà elaborare definitivamente le nostre modalità di intervento in un settore che si mostra quanto mai variegato ed eterogeneo, dimostran-do di saper bilanciare al meglio la massima fermezza dei principi con il massimo della flessibilità tattica.Riuscire ad intervenire con nostre strutture organizzate nel movimento studentesco, guadagnando la fiducia di settori sempre più ampi dello stes-so, impedirne le derive avventuriste, moderate o di destra, imprimendo invece una direzione rivoluzionaria, sempre più legata alla lotta operaia, è il compito del partito e dei suoi giovani militanti.

STUDENTI E LAVORATORI:

IN PIAZZA CONTRO IL CAPITALISMOdi Francesco Vacca

“Il popolo deve capire che non bisogna soltanto far cadere un dittatore, ma anche il sistema”

Ernesto Guevara.

Gli Studenti e i Lavoratori che hanno manifestato Giovedì 17 Novembre a Firenze in occasione dello sciopero generale dei Cobas e della giornata internazionale per il diritto allo stu-dio, lo hanno capito bene.

Alla manifestazione erano presen-ti Studenti, Cobas, il movimento di Lotta per la Casa, Occupy Firenze e i Lavoratori dell’Ataf, che stanno por-tando avanti una raccolta firme con-tro la privatizzazione del servizio di trasporto pubblico fiorentino. Occupy Firenze è il movimento de-gli Indignati fiorentini che da Vener-dì 11 novembre ha occupato piazza SS Annunziata dove vengono svolte regolarmente assemblee e laboratori di vario tipo.E’ stato lanciato l’appello a tutte le realtà, partitiche e movimentiste, di unirsi per combattere assieme lo

stesso nemico comune: il sistema capitalista. Il Corteo ha voluto se-guire un percorso diverso dal solito, passando da quartieri limitrofi alle piazze destinate al turismo, coperte da una maschera di ricchezza e sfar-zo che troppo spesso nasconde la re-altà sociopolitica del paese. Le idee sono forti e chiare: “Riap-propriamoci del quartiere combat-tendo il degrado voluto da una clas-se dirigente menefreghista che pensa solamente a rimpinzarsi le tasche a

spese del Popolo”.Durante il per-corso i manife-stanti, passando dalla sede di Banca Italia in via dell’Oriolo, hanno tenuto un significativo in-tervento sul neo governo Monti ed hanno affisso uno striscione

al portone d’ingres-so del palazzo con su scritto:

“Più criminale fondare una banca che rapinarla”, sottolineando il fat-to che un governo di banchieri non porrà fine all’ azione speculativa delle banche, ma bensì la legittime-rà con leggi a favore di privatizza-zioni e liberalizzazioni del lavoro a spese di noi Lavoratori e Studenti.Altri interventi sono stati effettuati in piazza Duomo (in lingua inglese) e in piazza Stazione, dove è interve-nuto Riccardo Antonini, il ferrovie-re licenziato da FS perché ritenuto in conflitto di interesse in quanto consulente dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.

Il Corteo è ter-minato in piaz-za di Bambine e Bambini di Beslan dove è stato rilanciato il messaggio di Unità per tut-te quelle realtà con obbiettivi Anticapitalisti, Antifascisti e Comunisti.

“ E’ più crimi-nale fondare

una banca che rapinarla”

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pagina 7 internazionale IL RUOLO CONTRORIVOLUZIONARIO DEL KKE IN GRECIA:DOCUMENTO DELL’ASSEMBLEA POPOLARE DI PIAZZA SYNTAGMA

di “Assemblea popolare di piazza Syntagma, 21/10/2011”

Dopo Varkiza , il Politecnico, la Scuola di Chimica (1979) il dicem-bre 2008 e una serie di altri casi, la realtà ancora una volta rivela il ruolo del Partito che tradisce sistematica-mente le lotte popolari. E se fino ad ora hanno strangolato, con le loro cariche politiche ogni sciopero generalizzato e determinato in tutti questi anni, se hanno insul-tato tutte le rivolte come una “pro-vocazione”, d’ora in poi la storia di-mostra che non sono “semplici errori politici”, ma una posizione consape-vole e coordinata per difendere la dittatura parlamentare e dei rapporti capitalistici finanziari e sociali.Questo è quello che hanno fatto ieri (20/10), troppo, anche se fino a quel punto hanno chiamato il popolo alle manifestazioni per il rovesciamento del governo. Invece di proteggere chi circondava il parlamento ne hanno protetto il regolare funzionamento, hanno agito ancor più barbaramen-te della polizia, spaccando le teste e consegnando manifestanti alle forze della repressione. La cosa peggiore che hanno fat-to è stato di legittimare lo Stato, che ha ucciso uno dei loro com-pagni, accusando dell’omicidio una certa violenza parastatale. Da ieri, in modo definitivo e irrever-sibile, il cosiddetto “Partito Comu-

nista” non è altro che una barriera contro il tentativo di seppellire il cadavere parlamentare. Qualsiasi essere umano libero che lotta per la propria dignità in questi giorni cru-ciali deve individuarlo politicamente come un bersaglio. Questa frase non deve essere letta come una scissione nel movimento. Potremmo avere problemi comuni e obiettivi comuni con gli elettori del “Partito Comunista”, ma la politica e la pratica della leadership dalle cui labbra pendono segue gli ordini del governo e degli inviati del FMI e UE della BCE. Non abbiamo mai mar-ciato fianco a fianco con loro, non saranno mai con noi.

Dobbiamo tutti tenere presente che il “Partito Comunista” agirà come una quinta colonna del regime ditta-toriale, sperando ancora una volta di afferrare qualche briciola dal tavolo parlamentare, proprio come ha fatto nel 1990.La posizione di tutti i gruppi poli-tici, siano essi parlamentari o non, che ha sostenuto gli atti del “Partito Comunista”, sia indirettamente che con il loro silenzio, o direttamente con le loro dichiarazioni, è altret-tanto condannabile. Fino a quando questi partiti rimangono all’interno di un parlamento composto di de-stinatari degli ordini della Troika e continuano a ricevere i loro stipendi

grassi, sono interamente corresponsabili di quello che è suc-cesso finora e di quello che verrà. Il loro voto negativo al memorandum e le leggi votate insieme rivelano con precisione il loro ruolo nella dittatura: fornendo l’alibi della de-mocrazia e della pluralità delle voci, sostengono completamente il par-lamento di rappresentanti, in modo che il popolo impoverito continui a contare i voti in ogni seduta fissa e predeterminata di voto delle leggi che cancellano il suo futuro – e al tempo stesso, sono alimentati con l’illusione che qualcuno parli in loro nome e nel loro interesse. Così, lasciano l’opposizione ai professio-nisti della politica, e non sentono il bisogno di reagire immediatamente e di persona. Qualsiasi voto, anche per i partiti extraparlamentari di “estrema sini-stra” alle elezioni nazionali e locali non è altro che olio negli ingranaggi [della macchina] e una legittimazio-ne della “correttezza” della dittatura parlamentare.Dal 25 maggio, quando ci siamo ra-dunati in piazza, abbiamo rivelato che la democrazia diretta è la capa-cità di ciascuno di noi di partecipare, di consultarci l’un l’altro, di model-lare le idee insieme in modo autono-mo, lontano dalle etichette ideologi-che o parlamentari. Resteremo qui, contro il loro parlamentarismo e la loro burocrazia fallimentare

LIBIA:CONTRORIVOLUZIONE E LEGGE DI MERCATOdi Sergeyev Artem

Con la morte di Gheddafi si è chiusa una vecchia pagina di storia mediter-ranea fatta di interessi tra imperiali-smo occidentale, fonti energetiche e le conseguenze di una dittatura spie-tata.La rivoluzione libica iniziata all’ ini-zio del 2011 è stata utilizzata dall’ imperialismo occidentale per pren-derne il controllo. La natura contro-rivoluzionaria della direzione poli-tica della rivoluzione libica sotto il CNT ha consegnato di fatto alle po-tenze occidentali la continuità dell’ imperialismo nel paese affossando le legittime aspirazioni democratiche di un popolo che può emanciparsi solamente attraverso il successo di un programma anticapitalistico. Ma solo all’ interno delle contraddizioni della rivoluzione/controrivoluzione è possibile far emergere elementi di un programma marxista rivoluziona-rio e antimperialista.La NATO non può controllare il ter-ritorio libico ed ora iniziano i primi problemi di gestione del potere all’ interno del Consiglio Nazionale Transitorio. I combattimenti che hanno visto pro-tagonista la città As Zawiya, cittadi-na a 30 km da Tripoli dove da metà novembre sono scoppiati scontri violenti fra miliziani fedeli al Cnt

e miliziani della tribù al-Warshfana ne sono la dimostrazione. Contem-poraneamente appare come garante degli interessi occidentali la sinistra presenza del Qatar, simbolo di de-mocrazia e di libertà made in USA. Chi meglio dell’ Emiro del Qatar può fungere da gendarme armato nella gestione degli affari delle potenze occidentali assetate di petrolio e con la volontà di trarne tutto il profit-to possibile? In questi giorni i vari comitati d’ affari affollano Tripoli e Bengasi come al Bazaar. Si fanno affari di tutti i generi. In prima fila dall’ italia per il mercato delle armi Finmeccanica e le sue fabbriche di elicotteri, l’ ENI alla ricerca di affa-ri sul fronte delle fonti energetiche, UNICREDIT per recuperare vecchi crediti. Il capitalismo internazionale in crisi ha bisogno dei conflitti e delle sue macerie per rigenerarsi. La Libia oggi purtroppo non è il solo territo-rio da depredare, anche sull’ IRAN cominciano a soffiare minacciosi i venti di guerra. In Egitto, Siria, Yemen e nella stessa Palestina il fermento non si è assopi-to. E’ proprio di questi giorni il ritor-no di forti fiammate rivoluzionarie e della conseguente repressione. La necessità di una svolta anticapitalista e anti imperialista in tutta l’ area di-venta assolutamente indispensabile.

ELEZIONI ARGENTINE:GRANDE RISULTATO DEL PARTIDO OBREROdi Marcelo Ramal

Con le votazioni conclusesi il 23 ottobre, il Frente de Izquierda y de los Trabajadores ha ottenuto un forte riscontro al suo proposito, proclamato durante tutta la campa-gna elettorale: lo sviluppo di una alternativa politica dei lavoratori su scala nazionale. Nelle votazioni il fronte ha ottenu-to 660.000 voti, con ottimi risultati a Buenos Aires, Cordova, Salta e Neuquen. L'altro obiettivo che ci eravamo assunti, l'ingresso di de-putati al congresso, non ha potuto essere raggiunto per soli 3.000 voti nella capitale e, nel caso di Buenos Aires, per una disposizione antide-mocratica del regolamento eletto-rale imposta sotto la dittatura e mai revocata dalla " democrazia ".

Il successo del Fronte ha smentito le argomentazioni di quelli che at-tribuivano il risultato del 14 agosto ad una scelta opportunista o occa-sionale. Ora abbiamo ripetuto que-sto successo. È stato dimostrato che il voto del 14 non è stato solo un volto di difesa di un diritto de-mocratico, ma che questo diritto è stato rivendicato in una prospettiva politica ben definita: quella di una

sinistra indipendente dal governo e dai partiti capitalisti. Nella sua cam-pagna elettorale, il Fronte ha unito le rivendicazioni operaie immedia-te a una prospettiva anticapitalista, e ci siamo fatti capire da milioni di lavoratori, giovani e cittadini. In questo modo abbiamo riscattato la tradizione della politica elettorale socialista, come campo di sviluppo politico della classe operaia. Nel-le mani degli opportunisti, questo stesso strumento elettorale era ser-vito come pretesto, in Argentina e nel mondo intero, per sperimentare tutte le combinazioni possibili di sottomissione ai partiti capitalisti.

Il primo merito, in questo progetto è stato di esserci uniti, ossia di aver creato un polo unico di classe con-tro i partiti ed i blocchi capitalisti. In questo modo, abbiamo facilita-to l'interesse e la comprensione dei lavoratori verso il nostro program-ma. Il mandato dei 660.000 voti del Fronte è molto chiaro: si lega con il programma ed i propositi politici della campagna elettorale.

(stralcio dell’ articolo di Marcelo Ramal da “Prensa Obrera”. Tra-duzione di Paolo Vannucci)

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cultura pagina 8

supplemento locale al giornale comunista dei lavoratori - registrazione al trbunale di Milano

n.87 del o6/02/2008.stampa : tipografia Nuova Cesat Coop

via Buozzi21/23 Firenze

Pubblichiamo di seguito una lette-ra scritta da un familiare delle vit-time della strage all’amministra-tore delegato delle FS Moretti.

Sono Andrea Maccioni. Forse il mio nome le dirà poco o niente. O forse lo collegherà all’immagine di quel ragazzo che da 28 mesi, insieme agli altri soci fondatori dell’Associazione “Il Mondo che Vorrei” ONLUS for-mata dai familiari delle vittime della strage di Viareggio del 29 Giugno 2009, gira l’Italia e manifesta con le foto di tre volti sorridenti appesi al collo. Quelli sono i volti di mia so-rella e dei miei due nipotini che ho perso nella immane tragedia. Se li ricorda?Lo chiedo, perché per molti è più facile abbassare lo sguardo quando mostro quella foto in occasioni di manifestazioni o dibattiti. Tre vitti-me innocenti che, insieme ad altre 29 persone, ho e abbiamo “semplice-mente” perso quella maledetta notte. Notizia diventata quasi banale, direi quasi di poco scalpore, in una socie-tà dove perdere drammaticamente un proprio caro sembra essere diventa-to un comun denominatore che lega molti cittadini. Ma le nostre vittime rimuoiono altre cento, mille volte di fronte a decisioni come la sua.Oggi, 7.11.11, appena terminato l’incidente probatorio tenutosi a Lucca, ha pensato bene di sferrare quello che io personalmente reputo

INIZIATIVE ED APPUNTAMENTI

VIAREGGIO: LA STRAGE IMPUNITA

un colpo basso, ossia inviare la let-tera di licenziamento al Sig. Riccar-do Antonini, consulente tecnico di parte civile nell’incidente probato-rio per la strage di Viareggio. Una persona colta, riflessiva, disponibile e talmente coraggiosa da non sotto-mettersi al ricatto del licenziamento piuttosto di aiutare i familiari della strage di Viareggio. Da un lato il Sig. Antonini, per me e per noi Riccar-do, con la sua onesta ricerca di ve-rità, dall’altro il potere che con armi impari, vuole tapparci la bocca. Mi stupisco della sua scelta. Lei stesso, a Genova, dichiarò di essere come noi alla ricerca della verità. Perché allora la scelta di allontanare il Sig. Antonini, una persona che si bat-te per quello che anche lei sostiene appunto essere il suo stesso obietti-vo? Viviamo in una società in cui le persone vengono valutate con pesi e misure diverse. Siamo stati costretti a sentire per esempio, che per l’Ing. Licciardello, consulente tecnico no-minato dal GIP e pagato da RFI, non esiste sudditanza psicologica e quin-di può continuare regolarmente a svolgere la sua attività. Nel caso del Sig.Antonini invece si ritiene neces-sario un suo annientamento.Fosse stato Lei il giudice, l’Ing. Licciardello l’avrebbe “licenziato” dall’incarico? Non riesco a capire. L’unica cosa certa è che io sono sta-to costretto a giocare questa partita, anche se il mio sarà sempre il ruo-

lo del perdente, qualsiasi sia il suo esito. Perché sono io ad aver perso Stefania, Luca eLorenzo. Lei non ha perso niente. Siamo noi, familiari di 32 splendide persone, che nella tran-quillità e sicurezza delle loro case sono state costrette a prendere un treno, senza pagare il biglietto, che li ha portati via per sempre.Dopo il disastro di Crevalcore il Sig. Armando D’Apote dichiarò che le ferrovie italiane, nonostante la tra-gedia del 07.01.05, erano le più si-cure d’Europa. Poi lei, Ing. Moretti, dichiarò la stessa cosa anche dopo il 29.06.09, nonostante la strage di Viareggio.

Quanti “nonostante” dobbiamo an-cora subire perché i nostri cari la smettano di essere uccisi? Provo tanta rabbia e tanto dolore dentro di me, ma nonostante tutto credo in un mondo migliore, e nutro la speranza di poter raccontare a chi è rimasto, che nel nostro mondo c’è ancora chi ha il coraggio di lottare onestamente per i valori in cui crede, e chi viene punito per le proprie colpe.

Pertanto Le chiedo di rivedere il Suo/Vs. provvedimento nei confronti del Sig. Antonini.Spero in una Sua risposta, la meno retorica possibile, per favore.

In fede Andrea Maccioni

links e contatti

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coledì dalle ore 21:30www.pclfirenze.blogspot.com

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Mese di Dicembre:

Mercoledi 7 Cena di autofinanziamen-to del PCL Pistoia con Marco Ferrando presso il circolo ARCI Bonelle via Bonellina 235- info e prenotazioni 334 8687957

Lunedi 12 “né Monti, né Tre-monti” Dibattito con Marco Ferrando ore 21.00 presso Circolo ARCI via delle Porte Nuove 33 Firenze.

Venerdi 16

“fettunta rossa” cena a buffet € 5,00 ore 21:30 presso Archivio 68 via Orsini 44 Firenze - presentazione del libro “i maiali si sono svegliati” intervengono Lu-ciano Vasapollo (RdC) Ildo Fusani (SC) Ruggero Rognoni (PCL) Sandro Targetti (PRC) Augusto Scaglioso (PdCI)

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