IN PIENA FACOLTÀ - Novembre 2011

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Edizione di Novembre 2011 di "In Piena Facoltà"

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ATENE, 17 novembre 1973: manifestazione ai cancelli

del Politecnico. Di lì a poco, un carro armato li sfonderà,

uccidendo decine di persone.

NESSUNO si senta offeso. (F. De Gregori)

Da Praga ad Atene attraverso Madrid, sessant’anni di rivendicazioni

Come ogni anno, il 17 novembre si scende in piazza. Per i tuoi diritti L 17 novembre da oltre sessant’anni è una data di grande valore simbolico per gli studenti: in quel giorno, infatti, centinaia di studenti cecoslovacchi che si opponevano alla guerra furono arrestati e uccisi dai nazisti nel 1939. Nel 1941 alcuni gruppi di studenti in esilio, gli stessi che

avrebbero poi costituito il nucleo dell’Unione Internazionale degli Studenti decisero che il 17 novembre sarebbe diventato l’International Students Day, la giornata internazionale di mobilitazione studentesca. Da quel giorno ogni anno in decine di paesi gli studenti si sono mobilitati in ricordo di quel massacro, per rivendicare il diritto di studiare per tutti e la necessita di costruire un mondo di pace, giustizia, democrazia e libertà. Ancora un massacro nel 1973: in Grecia gli studenti del Politecnico di Atene che manifestavano proprio in difesa di questi principi furono massacrati dai carri armati del regime dei Colonnelli. Ed infine il 17 novembre del 1989 ancora in Cecoslovacchia, i carri armati del regime, questa volta comunista, repressero ancora una volta duramente gli studenti che manifestavano. Ai Social Forum mondiali di Porto Alegre (2003) e Mumbai (2004), l’assemblea studentesca mondiale ha ripreso questa giornata trasformandola da momento prettamente celebrativo a occasione di lotta. QUESTA VOLTA È DIVERSO – Quest’anno la data del 17 novembre, nell’ottica di un movimento globale, nato in risposta alla crisi economica internazionale e a quelle politiche di austerity che vengono “scaricate” sulle fasce più deboli della popolazione, assume un significato peculiare. Non a caso, il 17 novembre è stato rilanciato anche da Occupy Wall Street, come data non solo

studentesca, che attraverserà tutti gli Stati Uniti d’America. Le mobilitazioni si svolgeranno poi in gran parte d’Europa. Dalla Spagna, per rifiutare l’università della precarietà e per un servizio pubblico di qualità, alla Germania, con decine di cortei in tutti i Länder. Gli studenti saranno in piazza anche in Sud America e in Cile. Lo scorso anno in Italia oltre duecentomila studenti sono scesi in piazza in ogni regione, riavviando la mobilitazione dell’autunno caldo studentesco. Anche quest’anno, dopo la grande giornata di mobilitazione studentesca del 7 ottobre, e

soprattutto dopo il 15 ottobre, è necessario un grande giorno di lotta che rilanci una mobilitazione. A Siena noi studentesse e studenti saremo in piazza, contro i governi delle banche e dei colletti bianchi, con i nostri contenuti: innanzitutto l’accesso al sapere e la necessità di maggiori investimenti nell’istruzione pubblica. I tagli alla scuola, all’università, al diritto allo studio, ci collocano tristemente tra i paesi dell’area Ocse che meno investono in questi settori. In particolare, l’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario in Toscana vive una

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MOLTI parlano di politica studentesca. Noi siam

d’un’altra razza: la facciamo e basta.

situazione di estrema difficoltà. Il sistema dei servizi e degli interventi monetari a favore degli studenti universitari deve infatti fare i conti con il depotenziamento del finanziamento statale: nel 2012 5,5 milioni di euro, stessa cifra del 2011, ma 6,8 milioni di euro in meno rispetto al finanziamento del 2010. Queste cifre hanno delle ricadute effettive sulle vite degli studenti, perché comportano il rischio che non si riescano a coprire tutte le borse di studio e che aumentino le tariffe dei servizi con la diminuzione della loro qualità. CITTADINI, SUL SERIO – Come sindacato studentesco è per noi fondamentale ridiscutere non solo del diritto allo studio e della sua sostenibilità, ma di un altro importante tema che ad esso è imprescindibilmente legato, ossia quello della cittadinanza studentesca. È necessario che in una città universitaria, come Siena, ci si interroghi su come tutelare i diritti degli studenti, che non devono essere considerati “polli da spennare”, ma parte integrante del tessuto urbano. Per questo siamo convinti che non solo l’ARDSU ma anche l’Ateneo e il Comune debbano finalmente occuparsi di alcuni aspetti fondamentali, finora gravemente ignorati, legati alla vita degli studenti: il diritto alla casa, il diritto alla mobilità, gli spazi di studio e non solo. Lo studente che decide di vivere e studiare a Siena deve fare i conti con un mercato immobiliare caratterizzato da prezzi esorbitanti, dubbie condizioni di igiene e sicurezza degli appartamenti, contratti in grigio o in nero. Solo degli incisivi interventi degli enti pubblici possono migliorare la condizione attuale, con una lotta seria per la regolarità dei contratti e quindi anche contro l’evasione fiscale, con sempre maggiori investimenti nell’edilizia pubblica, che avrebbero un effetto calmierante del mercato privato degli affitti, frenando così l’aumento dei canoni di locazione. Altrettanto importante è la questione dei trasporti. Questa viene vissuta faticosamente soprattutto dagli studenti del polo di San Miniato, da chi per risparmiare qualche euro decide di andare ad abitare in periferia, dai pendolari e da chi vive in residenze universitarie decentrate. Anche in questo caso è necessaria una seria riflessione sul servizio, per un aumento delle corse negli orari cruciali e in quelli serali, come anche e per la creazione di una carta che preveda tariffe ridotte per gli studenti. Link Siena è da sempre impegnata anche nella lotta per gli spazi, innanzitutto per quelli adibiti allo studio. Lo scorso anno, dopo l’occupazione serale di alcune biblioteche, ci siamo confrontati con l’amministrazione dell’Ateneo per la riapertura delle sale studio dopo cena e nei fine settimana e, durante la passata sessione estiva, siamo riusciti ad ottenere questi orari di “apertura

straordinaria”. Anche quest’anno ci vedrà impegnati affinché un fondamentale servizio, quale quello delle biblioteche, sia garantito e vada incontro alle effettive esigenze degli studenti. IL 17 PER NOI – Tutti questi sono i contenuti con cui riempiremo la piazza del 17 novembre. È evidente che non basterà una giornata, seppure di grande afflato, per avere degli effetti. Il 17 novembre rappresenta solo l’inizio di un

percorso, di una stagione di lotte, in cui vogliamo coinvolgere tutti gli studenti per portare avanti insieme delle proposte e ripartire dalle scuole e dalle università, luoghi di confronto e unici spazi di democrazia che ci restano, per costruire da noi l’alternativa.

Antonella Siani

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ECCO il Policlinico. Lì dentro si formano i medici del fu-

turo. Diritto allo studio permettendo…

Perché essere studenti richiede sempre più spese e sempre più sacrifici?

Nel quartiere dell’Ospedale (e non solo) urge una “terapia intensiva” INO a pochissimo tempo fa la maggior parte della popolazione seguiva con distacco gli eventi economici che riguardavano il paese, l’Europa e il mondo, convinti che quello fosse un piano che non si sarebbe mai intersecato con le loro vite.

Questa passività agli eventi ha solcato la linea ormai evidente che ha separato la popolazione dai più ricchi del pianeta con conseguenze catastrofiche nella vita quotidiana. Fino ad un paio di anni fa, le compagnie aeree low-cost ti permettevano di viaggiare nel mondo anche con un centesimo. Una corsa sulla linea urbana di Siena costava solo novanta centesimi, andare in un ospedale pubblico era l’unico modo per non farsi strozzare dalle spese sanitarie. Questi però sono solo ricordi annebbiati. Link Siena si sta impegnando nel denunciare la gravissima crisi economica a cui è stato portato l’intero Paese, organizzando manifestazioni, assemblee, cercando di farsi sentire nei luoghi di democrazia (presunta). È proprio nelle assemblee che sta prendendo piede la consapevolezza di ciò che sta succedendo anche a Siena e che noi vogliamo denunciare: dal sovraffollamento degli autobus all’aumento del costo della mensa, dall’aumento delle tasse per alcune facoltà, ad un aumento dei costi delle case. IN DIRETTA DA SAN MINIATO – I ragazzi che frequentano le lezioni nei poli didattici dell’Ospedale “Le Scotte” e di San Miniato hanno potuto constatare gli effetti dei ridotti finanziamenti alle regioni da parte del governo; infatti questo ha avuto tantissime conseguenze: ad esempio un aumento dei costi dei biglietti e degli abbonamenti delle corse urbane di Siena, con una riduzione sostanziale delle stesse, specialmente nel fine settimana. Ciò ha creato sovraffollamento negli autobus (nonostante il numero degli abbonati sia sicuramente aumentato dato il boom di iscrizioni nelle facoltà scientifiche, che notoriamente frequentano questi poli), causando a sua volta un notevole ritardo delle vetture, impegnate in improbabili sali e scendi di passeggeri; causando numerosi malori nella gente che è costretta a viaggiare in spazi angusti; inoltre “lasciando a terra” numerosi studenti che non potranno così raggiungere la facoltà per seguire regolarmente le lezioni; quest’ultima costringerà il passeggero che non ha potuto prendere l’autobus a trovare altri mezzi per spostarsi (macchina, motorino, bicicletta) contribuendo ad un’ulteriore congestionamento del traffico nelle ore di punta, oltre ad un irragionevole anche se sottovalutato aumento dell’inquinamento. La popolazione, studentesca e non, si è chiesta a questo punto se bisognava ridurre o aumentare il numero delle corse delle autovetture. Ma la risposta che i governatori ci hanno dato la conoscete: tagli economici e conseguente riduzione. DI MENSE, CASE E ALTRI FRONZOLI – Ma se questo fosse l’unico danno diretto che gli studenti possono denunciare saremmo miopi; pensiamo alle mense: i pochissimi soldi stanziati sempre dal Governo alle Regioni ha causato un ridotto finanziamento dell’ARDSU; ciò ha avuto

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UN momento di studio alla Sala Rosa.

nuove conseguenze dirette nelle tasche degli studenti: un pasto completo, come molti di noi ricorderanno, fino a qualche mese fa costava 2,50 euro; attualmente il costo è di tre euro, con la prospettiva di aumentarlo ulteriormente nel prossimo futuro. Sarebbe stata una bella soddisfazione avere dei servizi migliorati, che almeno ci facessero ingoiare meglio la pillola, e invece…sempre i poveri malcapitati studenti di San Miniato non accedono alla mensa, costretti, a pranzo dopo lezione, a file chilometriche per poter mangiare. Questo induce a praticare uno sport ormai diffuso fra i più giovani: il salto del pasto, con conseguenze ovvie sulla salute e a discapito della capacità di concentrazione durante le lezioni pomeridiane.

Supponiamo che uno studente, che finisce la lezione all’una e deve rientrare alle tre, ritornasse a casa a pranzo per ovviare al problema, quanto tempo avrebbe per pranzare? Quanti di voi sanno che a prescindere da quanti utilizzino i servizi dell’ARDSU paghiamo una tassa di 98 euro ad ogni iscrizione all’anno accademico? Può essere ancora una volta, ci chiediamo, il peggioramento del servizio la risposta ad un aumento dell’utenza che paga per poi non usufruirne? In alcune delle nostre facoltà (Medicina e Farmacia) è stato approvato a fine luglio un aumento delle tasse che ha provocato ulteriori

conseguenze, come ad esempio una ulteriore, nefasta riduzione degli orari di apertura delle biblioteche. La Sala Rosa, anche conosciuta come Accademia dei Fisiocritici, ha subito un taglio di tre ore serali, infatti chiuderà tutti i giorni alle venti anziché alle ventitré, privando di un importante luogo di studio gli studenti più diligenti, mentre la domenica resterà semplicemente chiusa. Ancora una volta, è questa la risposta coerente ad un aumento dei costi? Ogni studente frutta all’università dai 1700 ai 2199 euro e ad un aumento delle tasse e del numero di iscritti bisognerebbe far corrispondere un ampliamento delle strutture e non una diminuzione, con un miglioramento dei servizi. Ed infine è normale che vengano discussi progetti per chiudere residenze universitarie, quando la mancanza di case ha fatto schizzare alle stelle i prezzi di una stanza, o ha costretto alcuni dei neo-immatricolati a trovare alloggio nei paesi limitrofi a Siena, con l’aggravante di non aver pensato alla possibilità di istituire un calmiere per gli affitti? NOI CI SIAMO, OVUNQUE – In questi giorni di protesta sono questi i dati reali che inducono nella nostra associazione il desiderio di fornire un piano di alternativa all’attuale situazione, ed è per questo che vi inviteremo nelle nostre numerosissime assemblee, in piazza o anche semplicemente nei corridoi a discutere della crisi e dei suoi effetti, perché stiamo cercando di costruire un’idea per la Cittadinanza Studentesca che faccia capire agli organi di potere le esigenze degli studenti, che comprendano l’alloggio, il diritto allo studio, la possibilità di fare cultura e lo svago. Pensiamo che sia giunto il momento di non farlo da soli. Il 17 novembre sarà un’ottima occasione per dar voce ai nostri appelli.

Fabrizio Diaferia

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Grazie alla pressione in DSU e Ateneo dei rappresentanti di Link Siena

Entro pochi mesi tutte le residenze saranno coperte dalla rete Silver OPO un anno di estenuante battaglia, Link Siena è felice di annunciare a tutti gli studenti che abitano nelle Residenze Universitarie che, finalmente, si è avviato il processo di con-nessione della rete wireless del DSU con quella dell’Università degli Studi di Siena. Per

chi si fosse perso qualche puntata, un breve riassunto. GLI ESORDI DIFFICILI – Anni fa l’Azienda DSU di Siena ottenne dalla Fondazione MPS il finan-ziamento di un progetto teso a rendere disponibile la rete internet per gli studenti delle Residenze Universitarie. I lavori sono stati ultimati e la gestione del servizio è stata affidata alla società Wi-Way. L’Azienda chiedeva agli studenti, per il servizio, 9 euro al mese. Già questo elemento sarebbe stato sufficiente per organizzare una rivolta, dato che a tutti gli effetti l’accesso ad internet deve considerarsi un servizio essenziale. Ma la cosa clamorosa è che, a fronte del finanziamento ricevuto, da un lato, e del costo mensile del servizio fatto pagare agli studenti (che sono ovviamente borsisti) dall'altro, la fruizione era praticamente impossibile! Prima i singoli utenti e poi i rappresentanti delle residenze hanno sollevato il problema del malfunzionamento, ma sia il DSU che il gestore del servizio sono stati evasivi. A questo punto entra in ballo Link Siena. Antonella Siani, rappresentante nel Consiglio di Ammi-nistrazione dell’Azienda Regionale DSU, ha organizzato incontri in ciascuna residenza, per rico-struire il quadro d’insieme e, fatto ciò, ha fatto propria la questione e l’ha delineata ai vertici dell’Azienda Regionale. Ma le molte beghe politico-amministrative che imbrigliavano l’Azienda Regionale non lasciavano tempo per affrontare i problemi seri. Così, paradossalmente, sono stati gli studenti che hanno dovuto cercare, proporre e far condividere la soluzione alla questione. Nel far ciò, sono saltate fuori le cause del malfunzionamento attuale della rete, che sarebbero errori grossolani nella progettazione prima, e realizzazione poi, del progetto stesso. UN SEGNALE FORTE – Ma andiamo alla soluzione del problema. Tenuto conto che l’Università di Siena offre agli studenti la connessione wireless ad internet (la rete “silver”) e che da quest’anno è stata persino aumentata la banda disponibile, e tenuto conto che gli studenti che abitano le resi-denze sono gli stessi che all’Università hanno l’accesso ad Internet gratis, Link Siena ha proposto che venisse connessa la rete internet dell’Università con l’infrastruttura di distribuzione delle resi-denze, in modo da poter rendere il servizio ai borsisti gratuito, funzionante e di qualità. Così i rappresentanti di Link Siena (a cominciare da Antonella Siani per il DSU ed Andrea Greco per UniSi) hanno spinto da un lato l’Università a concedere, e dall’altro il DSU a permettere questa “connessione”. La difficoltà essenziale è stata far dialogare i due enti tra loro e far capire al DSU che la questione è prioritaria (infatti in genere l’approccio è che prima vengono le questioni di Fi-renze e Pisa, e poi se c’è tempo è il turno di Siena). La soluzione definitiva è stata raggiunta nell’ambito di un incontro tenutosi il mese scorso, anch’esso organizzato dai rappresentanti degli studenti, nell’ambito del quale sono stati messi “a forza” attorno ad un tavolo DSU, Università e tecnici dell’una e dell’altra parte, col preciso scopo di decidere, una volta per tutte. IL PROGETTO – La scorsa settimana i tecnici dell’Università e del DSU, all’esito di un ultimo so-pralluogo, hanno messo a punto le soluzioni tecniche opportune e connesso la Residenza Universi-taria De Nicola e la Residenza Mattioli, i cui studenti potranno accedere ad internet gratuitamente, sfruttando la rete dell’Università. Queste due residenze, in tempi brevi, verranno utilizzate per di-stribuire il segnale anche alle altre, attualmente coperte dal servizio WiWay, fino alla totale coper-tura. Link Siena vigilerà sui tempi, sul funzionamento e sulla buona qualità del servizio.

Andrea Greco

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Giorgio Cremaschi.

Esiste ancora l’Europa dei Popoli? O è stata ipotecata anche quella?

Giorgio Cremaschi il 24 novembre al Polo Mattioli: iniziamo l’analisi A crisi economica ormai è entrata prepotentemente nelle nostre case con tutto il suo carico di paroloni e di numeri. Bund, BTP, spread, 500 punti, 7% di interesse, e chi più ne ha più ne metta.

Ma la crisi è molto di più, innanzitutto è dibattito e confronto, analisi su come uscirne, se uscirne si può. Un punto di maggiore rilievo lo assume il rapporto tra la crisi finanziaria e la credibilità, oltre che la sostenibilità, del governo. In molti si chiedono, possono i mercati e gli indici di borsa

sfiduciare un Governo? Il caso greco e quello drammatico che in questo momento si sta consumando sotto i nostri occhi, ovvero quello italiano, sono forse un chiaro esempio di come la crisi economica non solo mina l’efficacia delle azioni politiche dei governi, ma, nel maggiore dei casi, ne determina delle ricadute politiche dirompenti. In Spagna, Zapatero annuncia elezioni anticipate, in Grecia Papandreou annuncia il governo nazionale, in Italia Berlusconi perde pezzi di maggioranza. In più casi la democrazia stride con i concetti di Europa di tutti oppure Europa dei popoli. Il mancato referendum greco, che rischiava di mettere fuori gioco le banche franco-tedesche, alla fine è stato immolato all’altare del pre-summit del G20. La consultazione democratica era pericolosa e metteva a rischio l’Europa, un gran paradosso. Neanche le letterine sono servite a molto, quelle di

Trichet e Draghi, oppure quelle di Berlusconi, che lasciano in mano all’Italia la patata bollente della crisi. Il primo ottobre Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale della FIOM, ha lanciato un appello: “dobbiamo fermarli”. L’appello conteneva anche cinque punti per ripartire: non pagare il debito; drastico taglio alle spese militari; giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro; i beni comuni per un nuovo modello di sviluppo; una rivoluzione per la Democrazia. Cremaschi oggi appare il più lucido tra gli uomini politici, sul tema della crisi sembra trovare la sua soluzione nel default. Ma è possibile davvero? Certamente nelle lettere di cui sopra citate il tema del debito è legato strettamente alla capacità di incidere dei cittadini. Ripensare a nuovi modelli di democrazia, ma sopratutto rispettare la volontà popolare, quella che a giugno impose 27 milioni di sì per la difesa e il rilancio dei beni comuni, come l’acqua, contro un modello di privatizzazioni in voga ormai da decenni, è sicuramente una priorità. Eppure la stessa lettera di Draghi e Trichet chiedono appunto nuove e più pesanti privatizzazioni, rischiando di rendere 27 milioni di voti carta straccia. Cremaschi si sofferma nella sua analisi anche sulle enormi spese militari e sugli enormi tagli all’istruzione e al welfare. I fatti di Pomigliano e Mirafiori, l’accordo del 28 giugno e l’attacco all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il diritto a licenziare proposto nell’articolo 8 della manovra finanziaria, impongono una dura analisi anche sul diritto del lavoro. Per questo motivo il 24 novembre, incontreremo Cremaschi a Scienze Politiche. Insieme con i docenti di Economia più eterodossi cercheremo di affrontare il tema della crisi partendo dall’analisi di Sergio Cesaratto sul convegno “L’Italia e l’Europa verso il baratro?”. Sarà l’analisi giusta? Chissà, ma almeno cominciamo a discuterne!

Mario Dimonte

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Il punto dell’Associazione per una Libera Università delle Donne

Lea Melandri e Maria Grazia Campari lanciano il 25 novembre L 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La data venne scelta dall’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi in ricordo delle sorelle Mirabal, esempio di femministe rivoluzionarie, brutalmente assassinate perché si

opponevano al regime dittatoriale del loro paese. Il problema della violenza maschile sulle donne, anche se affrontato negli ultimi anni con minore omertà rispetto al passato, non è diminuito. Le statistiche ci informano che in Italia una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, è stata vittima della violenza di un uomo, mentre il femminicidio è la prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo. Altro dato rilevante è che nel 75,2% dei casi di violenza in Italia, l’aggressore è un famigliare o un conoscente . Il problema va affrontato in tutta la sua complessità. Sarebbe infatti un errore legare queste forme di violenza soltanto alle vicende più intime del rapporto tra i sessi (sessualità, amore, affetti familiari). È necessario chiarire che non è un problema dipendente da forme di devianza individuale o di sicurezza pubblica, come spesso viene utilizzato in maniera strumentale contro lo “straniero”, ma individuare in esso innanzitutto un residuo di quell’antica cultura patriarcale che per anni ha caratterizzato il rapporto tra i sessi. Altrettanto importante è non isolare le forme di violenza “fisica” da quella che si perpetua attraverso la cultura maschile dominante, presente nei mezzi di comunicazione, nel linguaggio, nelle norme morali eccetera, che tende ad identificare la donna con il corpo, la funzione sessuale e riproduttiva, e quindi alla sua cancellazione come persona. E’ questa la ragione anche della sua tendenziale esclusione dalla vita pubblica. PRIVATO SARÀ LEI – Per queste ragioni non è possibile considerare la violenza sessista, anche domestica, come un fatto privato, ma è un problema pubblico, che le istituzioni non possono ignorare o mistificare attraverso la scorciatoia dell’ utilizzo del diritto criminale come risposta esclusiva o preponderante. Occorre agire per una piano di acculturamento e sensibilizzazione fin dalla prima infanzia per il cambiamento delle relazioni fra donne ed uomini, in ogni contesto del vivere associato. Le misure devono svilupparsi attraverso una legislazione onnicomprensiva che evidenzia l’origine sessista e discriminatoria della violenza contro le donne e la previene attivamente, contrastando esclusioni e pregiudizi. Si concretano attraverso una vigilanza costante ed un monitoraggio dei risultati, attivando interventi correttivi e provvidenze pubbliche adeguate. Prevedono, oltre alla visibilità del problema, ritenuto di interesse generale, ruoli attivi delle istituzioni pubbliche centrali e locali, gravate dalle connesse responsabilità. COSA C’È DA FARE – È necessario un piano incentrato su specifiche iniziative, tra cui il lancio di campagne pubbliche di sensibilizzazione contro gli stereotipi dei ruoli familiari femminili; la promozione di azioni positive per la eguaglianza di genere in tutti i campi del vivere associato (politico, economico, culturale); il reintegro dei fondi sottratti ai Centri Antiviolenza e alle Case delle donne, fondi che andrebbero aumentati per rafforzare le équipe che vi operano con varie professionalità e collaborazione integrata; l’istituzione di un Osservatorio indipendente di monitoraggio sui diritti delle donne e di vigilanza sui mezzi di informazione e pubblicità, a garanzia di un trattamento conforme ai valori costituzionali e alla dignità personale delle donne.

Antonella Siani

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PERCHÉ questa foto non rimanga un ricordo.

Aria tesa al polo Mattioli: cosa si prospetta per gli scienziati politici?

Si avvicinano i “Dipartimenti”, ma avvolti dal mistero. E dai sospetti CIENZE Politiche nel caos. Da giorni gli incontri diventano febbrili. Docente dopo docente, fino al Rettore. I giorni che separano dalla nascita dei Dipartimenti, imposti dalla Legge 240/2010, creano sensazioni di estrema preoccupazione su come si deciderà di proseguire.

Scienze Politiche entra in una crisi drammatica. Ad oggi sono due i Dipartimenti che prenderanno forma, entrambi di Scienze Politiche, entrambi con lo stesso nome. Eppure qualche differenza c’è. Uno si occuperà di scienze sociali e cognitive, ottimo ed interessante per la ricerca, l’altro più classico mantiene la sua didattica dei livelli attuali.

Ma perché divisi? Qualcuno dice incomprensioni, altri parlano di resa dei conti per scontri personali che durano ormai da anni. La verità è che dietro tutto questo c’è un malessere generale per una facoltà che oggi vive il declino e che, eppure, sarebbe un punto di riferimento per l’analisi delle dinamiche della società, con i suoi studi multidisciplinari, che gettano diversi sguardi sul mondo attuale e le sue problematiche. Separati in casa da mesi, con gli studenti che tentano la mediazione.

I Rappresentanti degli Studenti di Scienze Politiche da giorni effettuano le varie consultazioni che porteranno all’indizione di una assemblea pubblica. Nel quadro di confusione, gli studenti prestano la loro chiarezza e la loro capacità di critica e di analisi. Non bastasse questo, il giorno 8 novembre, gli studenti del Consiglio di Facoltà si sono presentanti dal Rettore per esprimere la loro viva preoccupazione, la loro volontà di lanciare un appello di unità in un contesto già mortificato dai bassi numeri di immatricolazione e da una didattica ridimensionata, strappando al Magnifico la promessa di farsi espressione delle nostre istanze. L’incontro si è dimostrato utile da molti punti di vista, il Rettore si è mostrato estremamente d’accordo sulle nostre analisi e sulle nostre preoccupazioni, invitandoci a imporre ancora il confronto nella facoltà, lui stesso si farà portavoce nella costruzione di un Dipartimento unito e coeso, magari allargato a nuove discipline, capaci di ridare più ampio respiro di elaborazioni alla vecchia Didattica. Abbiamo, come studenti, ma anche come docenti associati e di ruolo, ricercatori, il dovere di resistere ancora un minuto di più. Non possiamo permetterci di perdere altri importanti pezzi, ma abbiamo invece il dovere di rilanciare un progetto didattico-scientifico. Non possiamo lasciare la facoltà nelle mani dei personalismi di chi, dividendosi, distrugge un intero patrimonio di conoscenze critiche, ma dobbiamo far sì che sia permessa la formazione di studenti professionali per il mondo del lavoro, civilmente attivi nel campo delle analisi sociali. Gli studenti si sono dimostrati solidi a livello teorico e pratico. Hanno occupato il Senato, imponendo una reale discussione che in questi mesi avevano esautorato i Consigli di Facoltà e i dibattiti pubblici. Sentiamo che solo una spinta democratica reale, voluta dagli studenti, potrà imporre una reale inversione di tendenza, per questo motivo saremo pronti a presentare i testi di Dipartimento sotto l’esame del Referendum Studentesco. Non perderemo le nostre pratiche, anzi le rilanceremo cercando sempre una più ampia convergenza di idee e di progetti. Scienze Politiche Resiste!

Mario Dimonte

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PCI, PSI, PLI, PRI, DC DC DC DC… (Rino Gaetano. Mi sa che non è cambiato molto.)

Cade il governo, e tutto va bene. Ma se cadono i valori, chi li rialza?

Riflessioni “qualunquistiche” nei dintorni di una crisi (di nervi) ON riesco a capire l’eccitazione che serpeggia tra la gente ogni volta che il governo Berlusconi sta per cadere. O meglio, forse riesco a capirla e proprio per questo cerco di non pensarci.

Premettiamo che non si dovrebbe parlare del solo governo Berlusconi, che non ci si dovrebbe limitare alla visione di un fallimento imminente, che si dovrebbe fare una certa classificazione nella “gente”. Ma ciò premesso, ritengo che in questo momento possa specificare fino a questo punto. Prescindiamo adesso dalla circostanza che siamo ormai abituati a dire gatto prima di averlo nel sacco, non so se per caratteristiche genetiche di un popolo o se per assuefazione alla delusione - sapendo di non ottenere qualcosa ti accontenti di godere della sua parvenza quando è più forte - e che gli uomini che imparano dai propri errori sono vivi solo nelle leggende orientali. E dire che non ci sarebbe da guardarsi neanche troppo indietro per imparare. Arriviamo dunque al punto. Cosa c’è da festeggiare se il governo Berlusconi cade? Precisiamolo: non è che mi dispiaccia, anzi. Ma non trovo cosa ci sia da festeggiare. Giacché se questo governo cade la motivazione non può che essere una: non ha più niente da offrire ad alcun parlamentare, nel senso che l’utilità che ogni parlamentare ricaverebbe dal vendersi è ormai minore da quella che gliene deriva dal non farlo; fondamentalmente ciò vuol dire che si sono già attrezzati per gli anni della prossima legislatura. In teoria vuol dire anche che i vertici di questo governo sono compromessi oltre ogni limite, ma questo non mi fa festeggiare. Sono anni che non mi interessa di vedere perseguitato questo o quel politico, vorrei che se ne andassero a rinchiudersi nelle varie ville ad Antigua senza dar più fastidio, pur a godersi la vecchiaia brindando sull’aver fatto fortuna sulle nostre spalle, piuttosto che sentirne parlare in ogni dove per i prossimi tre lustri. Quindi cosa c’è da festeggiare se una contingenza di questo sistema corrotto fallisce? No, non c’è da festeggiare, c’è da rimboccarsi le maniche. Non c’è da sorridere, c’è da assumere un’espressione combattiva. Invece le nostre facce si inebetiscono. Ci facciamo cullare ancora una volta dalle promesse dei soliti politici. Ci sarà chi mi darà del qualunquista, ma preferisco farmi accusare che farmi travolgere da chi, cavalcando questa eccitazione per il fallimento del nemico, propina un nuovo che avanza che è uguale al vecchio o un’Italia migliore fondata sullo stesso meccanismo del sistema attuale, da chi l’Italia ce la vuol far cambiare e per farlo ci ripropone il disfacimento democristiano; poi c’è chi voleva entrare nel sistema per cambiarlo da dentro e si è fermato alla prima parte; mi sembra anche inutile citare le ideologie che dovrebbero andare per la maggiore nel nostro Paese, perché non esistono più, fantasmi di loro stessi. Qualunquismo? Forse: ma ogni persona che avrebbe potuto distinguersi nella sua posizione di rappresentante non lo ha fatto, l’accusa non va a tutti in gruppo, ma a ognuno preso singolarmente. Cosa resta? Resta il sistema politico che è sempre lo stesso. Non condanno la politica, che in sé considerata è forse la massima forma d’arte a cui l’uomo possa aspirare. Non condanno, con queste parole, neanche la corruzione e la melmosità della politica attuale, anche se mi porta alla nausea. Condanno invece la cecità di chi non capisce che farsi prendere dall’eccitazione per un evento singolo e contingente è un grande errore, che non capisce che c’è ancora tutto da costruire, a

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partire dalla volontà di farlo. Indignati, indignati per cosa se poi ci facciamo abbindolare come sempre dai soliti specchietti per le allodole? Personalmente trovo più da festeggiare quando con amici e compagni si arriva a idee concrete per far rinascere una vera politica. Noi, in prima persona. E intanto, finché non prenderemo coscienza delle nostre reali potenzialità, dobbiamo smettere di fare le pecore, aprire gli occhi e costringere i governanti attuali a fare le persone serie. Dobbiamo far capire che siamo attenti, che non cadiamo più nei tranelli di chi gli intrighi li fa per mestiere, di chi agisce, se non per i propri tornaconti personali, quanto meno per mantenere in vita un sistema di legami e relazioni che gli permette di far rimanere inaccessibile il suo mondo, invece che per il benessere pratico e concreto del popolo che rappresenta. Ci rendiamo ormai conto che c’è un abisso tra le scelte dei rappresentanti e i bisogni dei rappresentati. Ci dobbiamo rendere conto che l’ennesima campagna elettorale propagandistica non farà che inabissarci ancora di più. E’ vero che fiducia e consenso sono concetti distinti, e pensare di poter riporre fiducia nei rappresentanti in una democrazia come la nostra forse non è concepibile, ma oggi è impossibile anche dare un consenso. A meno che, come dicevo, non ci si voglia continuare a far trattare come pecore. Risvegliamo le vere coscienze politiche e facciamo le persone serie, non siamo più i poeti e i navigatori, siamo i ciarlatani e i mafiosi, non mi sembra ci sia tanto da scherzarci, non mi sembra sia il tempo di festeggiare per la caduta di un governo o di un altro, ne possiamo prendere atto e andare avanti; persino l’indignazione per un parlamento che è diventato un mercato non può bastare, perché, come ho già detto, quella è una piazza dove non c’è più niente da salvare. Che quel sistema si smuova un po’ oppure no, non fa molta differenza, non è un motivo di festeggiamento, se non per le pecore. Non so se ce ne rendiamo conto, ma tocca a noi, e nessuno farà niente al posto nostro.

Antonio Totonik Gallo

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Sferzante postilla umoristica a cura di Viva la Satira (facebook.com/vivalasatira)

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