La vecchia e l'Avatar

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Favola comica semierotica. Una novella del '600, riadattata in chiave moderna, attuale, dinamica e divertente. Ci ricorda che il tempo passa, la tecnologia esplode ma l'animo umano non cambia mai.

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La vecchia e l’Avatar

Liberamente tratto dalle novelle del “Pentamerone”.

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Libera riduz ione dal Pentamerone di G. B. Basile.

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©Gio vanna S. - 2014

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La vecchia e l’Avatar

Liberamente tratto dalle novelle del “Pentamerone”.

C'era una volta un ricchissimo uomo d'affari che, tra le tante proprietà, possedeva un palazzo stupendo nel centro di una grande città. Per puro caso due vecchie sorelle brutte e piene di grinze, pur di nascondersi all'occhio del mondo, andarono a rifugiarsi proprio in un piccolo appartamento alla base del palazzo, nella zona più selvatica del giardino, per evitare al massimo ogni contatto con l'esterno. Il magnate era appassionato di Internet e passava molte ore trastullandosi con Facebook e manco a farlo apposta ad una riffa della parrocchia le vecchie avevano vinto un PC e quindi, anche loro, dopo essersi costruite un avatar accattivante, amavano passare il

tempo tra poesiole, amenità e menzogne. Cercando amici e amiche nel proprio circondario, il ricco signore, cui piaceva “la figa” più che mai, cercava sempre di accalappiare qualche verginella per arricchire la sua collezione di scopate … Caso volle che il programma di ricerca gli propose, tra le altre, proprio Fiordaliso e Sogno Delizioso, nomi fasulli che le due becere avevano scelto per passare il tempo nella loro tana. Chiacchierando del più e del meno il gran signore chiese loro

l'amicizia su FB, che gli venne puntualmente accordata … e cominciò a chattare con le due befane, camuffate da Cenerentole. Le due vecchiacce, arrabbiate col mondo per gli acciacchi e la bruttezza, si lamentavano di continuo, “sforbiciando” con invidia e

cattiveria su tutti gli argomenti che passavano loro per la testa. Si lamentavano allora per un nonnulla, specialmente a causa di un loro “fastidioso” vicino che abitava il palazzo, proprio sopra la loro casa.

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Un giorno Fiordaliso aveva ricevuto in testa una piuma di cuscino e aveva dovuto andare in ospedale … Un altro giorno, un colpo di tosse mattutino del vicino aveva

provocato un tale spostamento d'aria che la “fanciulla” era volata via e per riportarla a casa erano dovuti intervenire i Vigili. Il gran signore chattava e leggeva con avidità e trasporto le loro leggiadre reazioni.

Un mattino, mentre il milionario cercava di affrancare una lettera, perse il francobollo, che cadde di sotto … Pochi minuti dopo seppe dal Computer che la povera Fiordaliso per poco non era stata decapitata dai bordi seghettati di un francobollo caduto, misteriosamente, dall'alto. Il magnate fece due più due e comprese quello strano scherzo del destino. Quale misteriosa fortuna aveva fatto si che la sua amica di Facebook, la leggiadra Fiordaliso, fosse proprio la sua vicina? Lui non l'aveva mai veduta, ma questo non gli aveva impedito di masturbarsi mentre era perduto in una chat amatoria con lei … immaginandola e sbavando sul suo Avatar, in cui somigliava tanto a

Monica Bellucci in una posa particolarmente osé. Che delicatezza, che raffinatezza, che sensibilità aveva dimostrato la sua “bella” gridando “Al terremoto” per una scorreggia e rischiando di annegare per un sputo.

Prese una decisione, infiammato dall'amore: quella donna doveva essere sua. Allora si fece coraggio e le dichiarò tutto il suo sentimento; inoltre le confermò, scusandosi, che il vicino tanto inopportuno ma affascinante, giovanile e “miliardario” … era proprio lui. In carne, ossa e frattaglie. Le manifestò la voglia matta di incontrare immantinente una ragazza come lei, tanto delicata, tenera e gentile.

La vecchiaccia non stava più nella pelle, ma si rendeva anche conto di essere un vero cesso, allora, pur di non perdere il corteggiamento di un “principe azzurro” in età così tarda, promise al signore solo questo: da lì a otto giorni gli avrebbe mostrato un solo ditino … tanta era la sua pudicizia.

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Anche se controvoglia, il milionario accettò. “Come negli affari più succulenti” pensò “devo procedere a piccoli passi … ma sono certo che dopo il dito, presto ella sarà finalmente tutta mia.”

Contò le ore e i minuti, mandando ogni giorno alla catapecchia delle vecchiacce ogni ben di dio, il tutto sempre accompagnato da mazzi di fiori spropositati. Le vecchie intanto si accordarono così: si sarebbero succhiate un dito

e lo avrebbero medicato con unguenti e latte fresco e, al momento stabilito, il dito che sarebbe risultato il più morbido e delicato sarebbe andato a conoscere il signore del palazzo. La sorte volle che alla fine proprio “Fiordaliso” risultasse avere il dito più accettabile, e così, quando il signore si presentò alla loro porta, reclamando il premio pattuito, la vecchia, attraverso lo spioncino, gli porse il dito, ammollato come un budino. La fantasia fece il resto e l'utente di Facebook, miliardario e affascinante, perse completamente la testa e si eccitò a dismisura al solo leccare quel dito di vecchia. Non resistette più e appena tornato a casa, mandò un valletto a invitare a cena la sua amata.

Dopo poco il valletto ritornò con un messaggio: la damigella aveva accettato l'invito, ma niente cena, perché era in astinenza, però, se proprio il suo amato insisteva, lei si sarebbe immolata all'altare dell'amore, raggiungendolo direttamente nella sua stanza da letto.

Figurarsi il damerino, come si arrapò nel ricevere questa notizia: lui solo con lei, nello stesso letto e senza alcun preliminare … che goduria! L'eccitazione fece sì che poco badasse all'unica richiesta della sua amata: voleva che l'incontro avvenisse a luci spente, essendo la “bambolina” timida e inesperta. E così si fece. A mezzanotte in punto la vecchia spelacchiata si recò negli

appartamenti regali del suo innamorato. Per riuscire a passare la prova del tocco, la vecchia megera aveva raccolto tutte le sue “pellecchie”, stirandosi come un otre gonfiato. Tutto l'ammasso di pellacce rugose e raggrinzite, l'aveva poi raccolto, in un sol groppo, legato tenacemente sulla schiena.

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La speranza recondita era che il signore non arrivasse fino a carezzarla in quelle parti del corpo. Gli amplessi si susseguivano e la vecchia, letteralmente, non stava più

nella pelle. Si godeva quel membro giovane e virulento che sprofondava nella sua vagina sfiancata, come un tronco sprofonda nel lago d'Averno. Ma quando il principe la volle possedere dal di dietro, senti sotto

mano la “mappazza di pellecchie”, avvoltolata come la zampogna di un vecchio zampognaro. Soddisfatti i suoi bisogni, l'uomo mandò a quel paese ogni impegno verbale e chiamò i suoi servitori, per accendere la luce e controllare finalmente chi aveva ospitato il suo regale talamo, disegnato da Versace. La sorpresa fu sconcertante … e il signore fu talmente disgustato e schifato che nessuna doccia gli sembrò più adatta a ripulirlo da tanta putrefazione. Incazzato come un toro imbizzarrito, ordinò ai suoi sgherri di mandare a casa la vecchia schifosa, subito, ma … non per le scale, bensì buttandola dalla finestra.

A nulla valsero i pianti della sventurata, che si difendeva col dire che alla fine era stato lui a invaghirsi di lei su Facebook e, sempre lui, a dichiararle il suo amore e il suo desiderio incontrollabile. Ma non ci fu niente da fare e così la poveretta nuda come un verme,

con le cotenne tornate allo stato brado, venne scaraventata giù dall'ultimo piano del palazzo. Fortuna volle che proprio le sue pelli afflosciate le facessero da paracadute, fino a fare che si impigliasse tra gli ultimi rami di un grosso albero. Rimase così, appesa e infreddolita, schifosamente nuda a imprecare contro la sorte e la Luna. Il caso volle che quello fosse l'albero delle fate della zona, che si

incontravano lì, essendo uno degli ultimi parchi rimasti in città. Le fate la videro e risero non poco a sentirla sbraitare, e quando lei acconsentì a narrare loro la sua disavventura, tanto ne risero da decidere di farle un dono magico.

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Così, mentre l'alba sorgeva, le fate fecero un potente incantesimo e all'istante, la vecchiacci puzzona si trasformò in una deliziosa fanciulla, dai capelli dorati e dalla pelle di seta.

Adagiarono la giovinetta sul prato e la vestirono di sette veli colorati, che non coprivano del tutto e sue stupende forme. Stanca per le avventure e le sorprese, la vecchia tornata fanciulla, si addormentò sotto l'albero delle fate.

Quando l'Aurora indorò il giardino, il signore del palazzo, ritornato alquanto in se, volle dare uno sguardo, per vedere che fine avesse fatto la vecchia megera. Quale fu il suo stupore, quando si accorse che della putrefatta non vi era traccia, però, ai piedi dell'albero più bello del parco, giaceva una fanciulla di rara bellezza, giovanissima e fresca come una rosa di Maggio. Immediatamente corse in giardino accompagnato dai suoi bodyguard e, destata la stupenda giovanetta, subito le dichiarò il suo amore incondizionato e la ferma volontà di dare all'istante una grandiosa festa di fidanzamento. Così fecero e invitarono parenti e amici, tra cui la vecchia sorella, la

summenzionata “Sogno delizioso”, che, infelice per la fortuna della sorella e rosa dall'invidia, insistette per tutta la sera, per farsi dire come aveva potuto fare, sua sorella, vecchia e schifosa almeno quanto lei, a diventare bella e ricchissima: promessa in sposa a

cotanto maschio. E per quanto Fiordaliso le dicesse di tacere, perché avrebbero avuto tutto il tempo di chiarire l' accaduto, quella megera non demordeva … tanto che all'ennesima petizione: - E come hai fatto … e come hai fatto? - ella rispose: - Mi sono fatta scorticare! - le disse la sorella, disturbata da quella seccatrice. Ma quella la prese sul serio. Detto fatto, nonostante la senilità purulenta, la sorellaccia non

sopportava tanta bellezza e gioventù solo per la sorella “Fiordaliso” e si recò in tutta fretta da un barbiere. Questi la prese per matta e cercò di dissuaderla ma visto che la vecchia lo pagò anticipato e insisteva tanto, finì per accontentarla …

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E così tutti vissero felici e contenti, tranne la vecchiaccia insistente, che fece la fine che si meritava.

FINE

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