La valutazione del rischio di credito nel factoring

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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Economia e Finanza Tesi di Laurea La valutazione del rischio di credito nel factoring Relatore Ch. Prof.ssa Paola Ferretti Laureando Irene Nicoletti Matricola 829413 Anno Accademico 2015 / 2016

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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Economia e Finanza Tesi di Laurea La valutazione del rischio di credito nel factoring Relatore Ch. Prof.ssa Paola Ferretti Laureando Irene Nicoletti Matricola 829413 Anno Accademico 2015 / 2016

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INDICE

RINGRAZIAMENTI ...................................................................................... 5

INTRODUZIONE .......................................................................................... 7

CAPITOLO 1

IL CORPORATE LENDING E IL RISCHIO DI CREDITO

INTRODUZIONE .............................................................................................................. 9

1.1 – IL CORPORATE LENDING ............................................................................... 10

1.2 – IL RISCHIO DI CREDITO .................................................................................. 11

CAPITOLO 2

IL FACTORING: ASPETTI PECULIARI

INTRODUZIONE ............................................................................................................ 15

2.1 – IL CONTRATTO DI FACTORING ................................................................... 16

2.2 – LE MOTIVAZIONI DEL RICORSO AL FACTORING ................................. 18

2.3 – GLI EFFETTI DEL FACTORING ..................................................................... 21

CAPITOLO 3

ANALISI DEI CAMPIONI DI DATI: CEDENTI E DEBITORI

INTRODUZIONE ............................................................................................................ 23

3.1 – GENERAZIONE DEI CAMPIONI DI DATI ................................................... 24

3.2 – VARIABILI CONSIDERATE ............................................................................. 25

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INDICE

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3.2.1 – ANALISI QUALITATIVA ............................................................................... 25

3.2.2 – ANALISI QUANTITATIVA: GLI INDICI DI BILANCIO ....................... 31

3.2.3 – ANALISI ANDAMENTALE: LA CENTRALE RISCHI ........................... 42

3.2.4 – IL RATING: LO STATO DI SALUTE DEL CREDITO ............................ 44

CAPITOLO 4

APPLICAZIONE DEL DOMINANCE-BASED ROUGH SET APPROCH

INTRODUZIONE ............................................................................................................ 49

4.1 - ROUGH SET E CLASSIFICAZIONE MULTICRITERIALE ....................... 50

4.2 - BASI MATEMATICHE DEL DRSA APPLICATE AL CAMPIONE DI RIFERIMENTO ...................................................................................................... 52

4.3 – ANALISI DELLE REGOLE DECISIONALI ................................................... 69

CONCLUSIONI ........................................................................................... 83

BIBLIOGRAFIA ......................................................................................... 85

APPENDICE ............................................................................................... 88

APPENDICE 1 ............................................................................................................................. 88

APPENDICE 2 ............................................................................................................................. 90

TAVOLA 1 – Estratto del campione dei cedenti .......................................................... 91

TAVOLA 2 – Estratto del campione dei debitori ......................................................... 93

TAVOLA 3 – Tabella codici ATECO 2007 per macro-settori .................................. 95

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“Credo di poter affermare che nella

ricerca scientifica né il grado di

intelligenza né la capacità di eseguire

e portare a termine il compito

intrapreso siano fattori essenziali per

la riuscita e per la soddisfazione

personale. Nell'uno e nell'altro

contano maggiormente la totale

dedizione e il chiudere gli occhi

davanti alle difficoltà: in tal modo

possiamo affrontare i problemi che

altri, più critici e più acuti, non

affronterebbero.”

- Rita Levi-Montalcini -

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RINGRAZIAMENTI

Al termine del mio percorso di laurea e della stesura della presente tesi, mi accorgo che sono numerosi i debiti di riconoscenza verso tutti coloro che con il loro aiuto e supporto hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro e alla mia personale crescita.

Desidero, innanzitutto, ringraziare la prof.ssa Paola Ferretti per lo scrupoloso aiuto scientifico e per la volontà e l’interesse di esplorare un ambito di ricerca “nuovo”. Le sono grata per la disponibilità dimostrata e, soprattutto, per il sostegno e i preziosi insegnamenti.

Inoltre, un particolare ringraziamento va al dott. Paolo Murari, Direttore Generale della società di factoring presso cui ho svolto un tirocinio universitario di 6 mesi, e al dott. Luca Simionato, Responsabile Monitoraggio Crediti, per avermi fornito i dati necessari allo sviluppo di questa ricerca.

Vorrei ringraziare anche i miei responsabili, Lino Michielin, Stefano Possamai e Carlo Alberton, per aver creduto nel mio progetto promuovendolo fin dalla sua fase embrionale.

Un sentito “grazie” ad Alessia e Maura le quali hanno condiviso con me questo percorso universitario e mi hanno spesso supportato (e sopportato!) negli studi e nella vita; la mia più sincera gratitudine va poi ad Andrea per gli indispensabili consigli e aiuti informatici e per avermi compreso e assistito in ogni fase "umorale” di analisi e stesura della tesi.

Infine, ma non per questo di minor importanza, vorrei ringraziare la mia famiglia per il costante e amorevole sostegno.

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INTRODUZIONE

L’andamento economico e la disfunzione dei mercati finanziari degli ultimi anni stanno condizionando in modo rilevante la qualità del credito commerciale delle aziende, caratterizzato sempre più da posizioni in sofferenza.

Analogamente e di conseguenza, le banche hanno assistito alla trasformazione di diversi finanziamenti in essere in crediti deteriorati e difficilmente esigibili, comportando gravi perdite e svalutazioni nei bilanci d’esercizio degli intermediari bancari a causa delle ridotte garanzie a copertura di questi eventi negativi. Pertanto, il Comitato di Basilea ha avviato una profonda riforma della regolamentazione della capital adequacy bancaria per garantire una valutazione più rigorosa della qualità degli attivi degli istituti di credito.

In questa situazione di instabilità e di contrazione del credito bancario si colloca il ricorso delle imprese a fonti di finanziamento alternative come il factoring, il quale rappresenta una modalità di smobilizzo dei crediti commerciali; l’impresa ha la possibilità di trasferire la sua carta commerciale a un intermediario specializzato, detto factor, il quale presta tre servizi fondamentali, variamente combinati: la gestione dei crediti ceduti, la garanzia contro l'insolvenza del debitore, il finanziamento.

Il factoring si colloca tra le attività di corporate lending, ossia di concessione di credito alle imprese, e risponde a un preciso fabbisogno finanziario di breve termine di queste ultime; la valutazione dei rischi nel factoring è più accurata e riduce al minimo la probabilità di incorrere in situazioni di sofferenza perché non si limita all’osservazione del soggetto finanziato (cedente) come nelle operazioni autoliquidanti bancarie (dove la banca agisce solo su mandato all’incasso), ma è estesa al debitore ceduto (avvalendosi di una rilevante base dati fornita da Assifact con informazioni sui tempi di pagamento, sui crediti scaduti e contestati che permette di ottenere uno screening sempre aggiornato) e al tipo di operazione (pro soluto, pro solvendo). Il factor dispone di una visione diretta sull’evoluzione della relazione commerciale fornitore/cliente (il cui deterioramento avviene prima del default del soggetto finanziato) e l’osservazione costante e metodica sui debitori gli consente di mettere in atto tempestive azioni di correzione (conferma, riduzione, revoca del plafond).

Data la specificità del business, il presente elaborato ha l'obiettivo di analizzare e comprendere, studiando una specifica realtà di factoring, quale scenario può incentivare la trasformazione di un credito commerciale ceduto in credito “problematico”, in modo da poter minimizzare e presagire eventuali situazioni di crisi e di insolvenza.

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INTRODUZIONE

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Viene quindi svolta un’analisi su un campione di imprese cedenti credito e su un campione di debitori ceduti appartenenti a una società di factoring italiana. Attraverso una tecnica di Data Mining si deducono delle regole decisionali che descrivono come attribuire un giudizio sul merito creditizio delle imprese.

Si ritiene opportuno, a tal fine, esporre nel Capitolo 1 alcune nozioni riguardanti l’attività di corporate lending, il rischio di credito e la sua valutazione; successivamente, il Capitolo 2 descrive alcuni concetti chiave riguardanti il contratto di factoring, le motivazioni per cui le imprese vi ricorrono e gli effetti positivi che genera l’utilizzo costante e protratto nel tempo di questo strumento.

I Capitoli 3 e 4 rappresentano il nucleo dell’analisi: in primis si definiscono le modalità di estrazione e costruzione dei due database oggetto d’indagine (uno per le aziende cedenti il credito, l’altro per i debitori ceduti) e in seguito si presentano le variabili, o meglio, gli attributi che sono stati scelti per descrivere l’insieme di dati; successivamente, con l’ausilio del software jMAF vengono dedotte e studiate delle regole decisionali generate applicando ai dati i concetti teorici del Dominance-based Rough Set Approch.

Queste regole cercano di individuare quali caratteristiche economico-finanziarie possono fungere da alert nel cambiamento dello “stato di salute” di un credito al fine di ottenere un innovativo e semplice modello di scoring basato su logiche multicriteriali piuttosto che statistiche.

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CAPITOLO 1

IL CORPORATE LENDING E IL RISCHIO DI CREDITO

INTRODUZIONE

La valutazione del rischio di insolvenza di un’impresa è stata per molto tempo la maggior preoccupazione di ricercatori ed esperti di finanza. Con il termine insolvenza si intende quella situazione in cui un’azienda non riesce a pagare gli istituti di credito, gli azionisti privilegiati, i fornitori, oppure un conto è scoperto, o l’impresa è fallita secondo la legge. Tutte queste situazioni derivano da una discontinuità di funzionamento dell’azienda.

Il numero di imprese in fallimento è un importante indicatore della salute dell’economia, infatti può essere considerato come un indice dello sviluppo e della solidità della realtà economica. Chiaramente, il fallimento influenza l’intera esistenza di un’azienda e comporta costi elevati per la stessa, per chi collabora con quest’ultima (altre aziende e organizzazioni) e infine per l’economia del Paese.

Diviene quindi necessario per gli istituti creditizi, in primo luogo, interpretare correttamente il particolare fabbisogno finanziario delle imprese e, in secondo luogo, dotarsi di modelli e strumenti capaci di presagire situazioni di crisi e di insolvenza, nel contesto di un’ottimale gestione dei crediti.

Nel presente capitolo si delinea, brevemente, l’attività di corporate lending e gli strumenti a disposizione delle imprese per far fronte a scompensi di liquidità; infine si cerca di fornire una sintetica definizione di insolvenza e rischio di credito, individuando le modalità di stima del rischio stesso e quali sono, invece, le novità introdotte dall’ultima revisione degli Accordi di Basilea.

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Capitolo 1 –Il corporate lending e il rischio di credito

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1.1 – IL CORPORATE LENDING

Per corporate lending si intende l’attività di prestito, o concessione di credito, a una particolare classe di prenditori di fondi, le imprese, e rappresenta da sempre l’attività di core business della banca commerciale, tanto che per alcuni autori l’erogazione di finanziamenti è il principale input dell’attività di un istituto di credito.

Con riferimento al profilo di domanda del mercato creditizio, è da rilevare che il sistema italiano si caratterizza per la presenza di poche grandi imprese, molte piccole-medie imprese e numerose microimprese; questa struttura del tessuto produttivo induce a qualificare le aziende italiane come medium size based e alimenta specifici fabbisogni finanziari.

Di fatto, è necessario interpretare i contratti di lending alla luce delle particolari necessità finanziarie delle imprese, precisando che il mercato creditizio offre una serie di prodotti in grado di rispondere alle esigenze espresse dalla clientela.

Ad esempio, gli scompensi di liquidità derivanti dalla dinamica del capitale circolante possono essere coperti tramite l’apertura di una linea di credito in conto corrente; alternativamente, l’impresa può individuare quelle poste che costituiscono l’attivo circolante (come i crediti verso clienti, i titoli e il magazzino) facilmente smobilizzabili. In questo modo l’azienda, privandosi in via temporanea o definitiva, di alcuni attivi inclusi nell’attivo circolante può ottenere immediatamente disponibilità liquide in conto corrente. Si ricorda che il capitale circolante è paragonabile a una spugna: se esso si contrae, vengono liberate risorse liquide destinabili ad altri impieghi1.

A questo punto è opportuno precisare che questi servizi non sono offerti solo dalle banche, ma sussistono, nel panorama del credito, anche gli intermediari finanziari i quali sono tipicamente specializzati in una specifica area di business, a volte circoscritta a un unico prodotto. Si differenziano dalle banche per l’assenza di raccolta di risparmio presso il pubblico sotto forma di depositi ma a questi soggetti è riservata, secondo l’art. 106 del Testo Unico Bancario, l’attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico sotto qualsiasi forma. Gli intermediari finanziari sono perciò “specializzati” in prodotti definibili “parabancari” come il factoring o il leasing e quindi nel finanziamento degli investimenti in capitale fisso e/o circolante delle imprese.

In questo modo l’attività di corporate lending privilegia forme di relazione con le imprese sempre più personalizzate e diversificate; inoltre le caratteristiche proprie dell’intermediario finanziario, come la ridotta complessità operativa e organizzativa e il minor rischio di illiquidità, consentono di contenere e ridurre il rischio individuale e sistemico2.

1 [9] Caselli S., Gatti S., 2006. Il corporate lending. Bangacaria Editrice 2 [20] Galmarini F., Tavecchia D., 2015. L’intermediario finanziario specializzato tra nuovo Tub, Single Rulebook e vigilanza unica: il caso del factoring. Assifact, consultabile sul sito www.assifact.it/UserFiles/File/PUBBLICAZIONI%20E%20DOCUMENTI/Bancaria%2010-2015.pdf

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1.2 – IL RISCHIO DI CREDITO

Ogni credito concesso ha un proprio margine di rischio generato da un insieme di elementi, che vanno dalle caratteristiche del cliente al contesto economico nel quale è inserito il tipo di finanziamento scelto.

Nello specifico, la gestione del credito commerciale finalizzato a sovvenzionare le aziende è un processo che implica, in primo luogo, l’assegnazione di una valutazione circa la rischiosità dell’impresa cliente, in secondo luogo la concessione e il finanziamento del credito, e infine la riscossione del credito e l’eventuale assunzione del rischio di inesigibilità.

La corretta valutazione iniziale dell’impresa cliente è fondamentale per minimizzare il rischio che la controparte non sia più in grado si assolvere le proprie obbligazioni e per determinare l’ammontare di capitale bancario a copertura del rischio di credito. Ad ogni soggetto economico, infatti, è associato un rating, ovvero un giudizio sintetico espresso sotto forma di punteggio, che esprime una valutazione sulla qualità del credito e quantifica il rischio che la controparte risulti insolvente, sulla base dell’analisi congiunta di variabili finanziarie e non.

Diviene quindi necessario fornire una definizione di rischio di credito e successivamente comprendere come questo concetto influenzi le modalità di valutazione della rischiosità di un’impresa.

Per rischio di credito si intende la probabilità che il finanziamento erogato si tramuti in perdita a causa dell’insolvenza dell’impresa, o, più in generale, il rischio di credito rappresenta “la possibilità che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte, nei confronti della quale esiste un’esposizione, generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditizia3”.

Da quest’ultima definizione emerge che il rischio di credito non riguarda esclusivamente il caso di manifestazione di uno stato di insolvenza4, ma deve essere misurato e conseguentemente gestito facendo riferimento a una distribuzione nella quale l’evento estremo è preceduto da diversi livelli di probabilità che questo possa manifestarsi.

In ottemperanza anche alle disposizioni di Basilea 2 e alle istruzioni dell’Organo di Vigilanza il rischio di credito può essere scomposto in:

- Rischio di default: rischio che la controparte non sia in grado di far fronte alle proprie obbligazioni;

3 Fonte: A. Sironi, I rating interni e i modelli per la gestione del rischio di credito, Tematiche istituzionali – Banca d’Italia, aprile 2000 4 A riguardo Pavesi [28] scrive: “In linea di diritto, per insolvenza si intende uno stato di decozione per cui un soggetto economico, ovvero un imprenditore che esercita un’attività commerciale, non è più in grado di assolvere le proprie obbligazioni verso i creditori, quantomeno con normali mezzi di pagamento; a questo punto interviene il tribunale per giudicare se sussistono le condizioni per dichiarare aperta una procedura concorsuale (fallimento o concordato preventivo).”

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Capitolo 1 –Il corporate lending e il rischio di credito

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- Rischio di spread/migrazione: rischio di variazione del merito creditizio della controparte che determina un effetto sul valore di mercato della posizione creditoria;

- Rischio di recupero: rischio che il tasso di recupero effettivamente registrato al termine della liquidazione delle attività di una controparte divenuta insolvente risulti inferiore a quanto originariamente stimato dalla società.

Il rischio di credito può sorgere come risultato del verificarsi di diversi eventi o il manifestarsi di molteplici fattori, interni ed esterni alla società. Ad esempio, la scelta strategica di operare in alcuni specifici segmenti di business oppure cambiamenti dello scenario macroeconomico di riferimento rappresentano alcuni dei fattori che storicamente possono influenzare le dinamiche di gestione del rischio di credito. È pertanto possibile classificare le fonti del rischio di credito in distinte macro categorie, a seconda che quest’ultimo sia originato da:

- eventi negativi che impattano esclusivamente sulla parte affidata (rischio specifico);

- eventi negativi che impattano sull’intero sistema economico (rischio sistematico).

L’analisi sulla solvibilità della clientela deve tenere in considerazione sempre tutti gli scenari che possono produrre effetti negativi.

A questo proposito, gli enti creditizi utilizzano i modelli di rating, sviluppati direttamente da Banca d’Italia o elaborati dalle banche al proprio interno (Internal Ratings-Based, IRB) e successivamente validati e approvati dalle autorità di Vigilanza, come proxy per la classificazione della qualità del credito.

Il rating da attribuire all’azienda emerge dalla ponderazione di tre tipologie di analisi5:

analisi quantitativa; analisi qualitativa; analisi andamentale.

L’analisi quantitativa considera, come fonte principale di una valutazione sul merito di credito, i dati di bilancio opportunamente riclassificati in quanto è possibile attingere, in modo oggettivo, informazioni sulla realtà economica e finanziaria dell’impresa unitamente al grado di rischio connesso al profilo aziendale. Gli aspetti di carattere quantitativo hanno maggiore rilevanza poiché sono più oggettivi e verificabili, specialmente per le imprese di media dimensione6.

5 [10] Cremona G., Faenza M., Monarca P., Tarantino N., 2006. Il manuale del factoring. Ipsoa 6 [32] Quattrocchio L. M., 2016. La classificazione dei crediti da parte degli intermediari finanziari. Le diverse nozioni di crisi ed insolvenza. La segnalazione alla Centrale Rischi. Il nuovo diritto delle Società n.4/2016, pagg. 16-66, consultabile alle pagine web: www.quattrocchio.it/wp-content/uploads/2014/05/L.M.-QUATTROCCHIO-La-classificazione-dei-crediti-da-parte-degli-intermediari-finanziari.pdf oppure https://iris.unito.it/retrieve/handle/2318/1523054/45496/QUATTROCCHIO%20L.M.,%20La%20classificazione%20dei%20crediti.pdf

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L’analisi qualitativa è ricondotta, invece, a informazioni di tipo ambientale come ad esempio l’assetto giuridico e societario dell’impresa, il suo core business e le attività collegate, il settore di attività, i principali concorrenti, l’evoluzione del settore, le strategie commerciali e i piani industriali di sviluppo, la presenza di competenze finanziarie sviluppate dal management.

Attualmente le PMI e le microimprese manifestano l’esigenza di essere valutate soprattutto con riferimento alle loro risorse intangibili come le strategie aziendali e le potenzialità del business dell’impresa e queste informazioni possono essere raccolte principalmente attraverso incontri diretti tra l’intermediario bancario e/o finanziario e il managemet dell’impresa.

Infine, l’analisi andamentale è caratterizzata da informazioni riferite a situazioni passate ma fortemente correlate con la situazione attuale dell’impresa come il controllo che fornisce la Centrale dei Rischi sulla valutazione complessiva del credito e sulla presenza di sconfini, insoluti, protesti, fallimenti. L’importanza dell’aspetto andamentale risiede nella considerazione del profilo di comportamento del cliente rispetto alla banca e al sistema creditizio.

In merito alla classificazione dei crediti, dal 1° gennaio 2015 sono stati recepiti dagli organi di Vigilanza i nuovi standard tecnici pubblicati dalla European Banking Authority (EBA) e, di conseguenza, Banca d’Italia ha provveduto ad aggiornare e modificare le regole di redazione del bilancio bancario e a ridefinire il concetto di attività finanziarie deteriorate7.

La nuova ripartizione dei crediti delineata dalla Banca d’Italia è volta a garantire una valutazione più rigorosa della qualità degli attivi bancari, attuando un monitoraggio più rigido dei crediti ristrutturati e oggetto di concessioni. La novità introdotta di maggior rilievo in merito è certamente rappresentata dalla definizione armonizzata di esposizioni deteriorate (non performing exposures) e di esposizioni oggetto di concessione (forborne exposures).

Vengono meno quindi le categorie delle cosiddette “attività deteriorate” (past due loan) che nella regolamentazione previgente erano suddivise, in base al livello di patologia, in esposizioni scadute o sconfinanti, ristrutturate, incagliate, a sofferenza.

Attualmente gli enti creditizi distinguono tra8:

- attività finanziarie non deteriorate, altrimenti definite “esposizioni performing” o in bonis, ossia le esposizioni che non presentano anomalie significative, oppure esposizioni non deteriorate;

7 Si fa riferimento alle circolari n. 272 del 2008 - 7° Aggiornamento - “Matrice dei conti” e n. 217 del 1996 - 13° Aggiornamento - “Manuale per la compilazione delle Segnalazioni di Vigilanza per gli Intermediari finanziari, per gli istituti di pagamento e per gli IMEL”. Il testo integrale della circolare n. 272, ultimo aggiornamento gennaio 2015, è disponibile sul sito web della Banca d’Italia nella pagina: www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivionorme/circolari/c272/index.html. 8 [2] Ametrano F., Pazzaglia S., Tacchino L., 2016. Risoluzione della crisi d’impresa: la prospettiva del sistema bancario italiano. Amministrazione & Finanza n.4/2016, pagg. 82-90

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Capitolo 1 –Il corporate lending e il rischio di credito

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- attività finanziarie deteriorate altrimenti definite “esposizioni non performing” che vengono ripartite, indipendentemente dall’acquisizione di eventuali garanzie (reali o personali) a supporto delle stesse, nelle seguenti categorie di segnalazione: esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate (past due), inadempienze probabili (anche definite Unlikely to pay) e sofferenze.

Si può notare quindi che la categoria dei “crediti ristrutturati” è stata eliminata e questo implica una riclassificazione degli stessi; inoltre il concetto di “incaglio” viene sostituito dalla categoria delle “inadempienze probabili”, in quanto si vuole spostare l’attenzione e il giudizio dell’ente creditizio sulla probabilità che l’impresa debitrice adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie.

Infine, le nuove direttive emanate dall’Autorità bancaria europea prevedono il riconoscimento di una nuova categoria dove vi rientrano le “esposizioni forborne”. Come riporta Quattrocchio [32], “trattasi di una categoria trasversale che riguarda concessioni istituite dalla banca ad un debitore che si trova o è in procinto di trovarsi in difficoltà finanziaria; la Banca d’Italia specifica che le esposizioni forborne deteriorate rientrano, a seconda dei casi, tra le sofferenze, le inadempienze probabili oppure tra le esposizioni scadute e/o deteriorate e non formano una categoria a sé stante di attività deteriorate”. (Fonte: https://iris.unito.it/retrieve/handle/2318/1523054/45496/QUATTROCCHIO%20L.M.,%20La%20classificazione%20

dei%20crediti.pdf)

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CAPITOLO 2

IL FACTORING: ASPETTI PECULIARI

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, si è assistito ad una contrazione del credito bancario a seguito dell’insorgere di un numero elevato di situazioni di crisi d’impresa; le banche, per poter far fronte alla trasformazione di diversi finanziamenti in essere in “crediti problematici”, hanno inasprito la selezione dei soggetti richiedenti una concessione di credito.

La maggiore esigenza di liquidità ha portato le aziende ad ampliare il loro accesso al credito utilizzando nuove controparti e nuovi strumenti come il factoring. In un ottica di medio-lungo termine il ricorso crescente a questa tipologia di contratto potrebbe altresì incentivare il sistema bancario a ridurre la rischiosità dei propri attivi. In questo modo le banche potranno detenere un minor requisito di capitale e ottemperare alle direttive previste dalle nuove regole di vigilanza prudenziale introdotte con Basilea 3, dove si richiede maggiore qualità degli strumenti ammessi nel patrimonio di vigilanza.

In questo capitolo si offre una panoramica sul contratto di factoring, introducendo la regolamentazione che lo disciplina e le caratteristiche essenziali che lo identificano; successivamente si espongono alcune motivazioni che inducono le imprese a ricorre a questo prodotto e infine quali aspetti positivi e migliorativi sembra apportare alla gestione interna dell’azienda.

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Capitolo 2 – Il Factoring: aspetti peculiari

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2.1 – IL CONTRATTO DI FACTORING

L’espressione “factoring” indica l’attività finanziaria di trasferimento di crediti commerciali da un’impresa a una banca o ad un intermediario finanziario specializzato che provvede, dietro un corrispettivo, a fornire una serie di servizi quali la gestione, il finanziamento e l’incasso dei crediti ceduti, fino alla garanzia dell’eventuale inadempimento dei debitori.

Sotto il profilo normativo, il factoring è un contratto atipico di matrice anglosassone ed è regolato dalla legge n. 52 del 21 febbraio 1991. Questa legge, che inquadra il factoring come disciplina speciale della cessione del credito prevista dal codice civile agli artt. 1260 – 1267, si applica quando ricorrono le seguenti condizioni:

- il cedente è un imprenditore;

- i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa;

- il cessionario è una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.lgs. 385/93) il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa.

In ogni operazione di factoring risultano interessati tre soggetti economici (Figura 2.1):

- il factor (o cessionario), rappresentato dalla società di factoring;

- il cliente del factor (cedente), rappresentato dall’azienda che cede al factor i propri crediti;

- il debitore del cliente (ceduto), vale a dire l’acquirente dei prodotti, beni o servizi dell’azienda.

Figura 2.1 – La “trilateralità” nel rapporto di factoring (Fonte: Elaborazione interna)

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Caratteristica fondamentale del factoring è la possibilità di combinare, in funzione delle esigenze e delle caratteristiche del cliente, servizi di varia natura; in particolare, il servizio finanziario (regolamento anticipato dei crediti fattorizzati) si associa ad alcuni servizi non finanziari (gestione e assicurazione dei crediti, prestazione di assistenza e consulenza in campo amministrativo, commerciale, legale, valutario) e in questo modo l’impresa che vi ricorre ha la possibilità di ottenere benefici finanziari, strategici, gestionali e commerciali.

Nello specifico, il factoring offre un supporto:

- finanziario, attraverso lo smobilizzo immediato dei crediti non ancora scaduti e con il prefinanziamento sugli ordini;

- assicurativo, tramite la garanzia del buon fine dei crediti ceduti (esclusivamente per la tipologia pro soluto). Il factor garantisce la solvibilità dei debitori ceduti, in genere concedendo alle imprese clienti dei plafond, cioè dei limiti di rischio rotativi a valere su ciascun debitore (oltre detti limiti i crediti possono essere fattorizzati con clausola salvo buon fine);

- amministrativo e contabile, con la valutazione della solvibilità dei debitori, la contabilizzazione analitica delle partite, l’incasso dei crediti a scadenza o l’eventuale recupero in caso di insolvenza;

- commerciale, con l’aiuto della configurazione delle politiche di vendita e la consulenza in materia di analisi di mercato.

Per ottenere tutti questi benefici potenziali è necessario che lo strumento sia utilizzato in maniera corretta in funzione delle esigenze espresse dall’impresa, del tipo di mercato e del posizionamento competitivo; le imprese che utilizzano il factoring in maniera ampia, sistemica e prolungata nel tempo sono maggiormente in grado di percepirne i benefici sulla gestione delle relazioni creditizie con i propri clienti e in termini di riduzione dell’attività interna di gestione dei crediti commerciali9.

Inoltre è opportuno precisare che esistono due tipologie di contratti di cessione: pro soluto (ossia con il trasferimento del rischio di credito a carico del cessionario, cioè dell’acquirente il credito) e pro solvendo (ossia con il mantenimento del rischio di credito a carico del soggetto che lo cede).

Nel factoring pro soluto il factor acquista e gestisce i crediti commerciali vantati verso determinati debitori, previamente identificati, e si assume il rischio dell’insolvenza degli stessi nei limiti del plafond associato a ciascun debitore.

Nel factoring pro solvendo, invece, il rischio di mancato o parziale pagamento dei debitori ceduti resta in capo al cedente e quest’ultimo è tenuto a restituire alla società di factoring le

9 [35] Tavecchia D., 2012. Gli effetti del factoring sulle imprese italiane. Alcune evidenze empiriche. Assifact, DiscussionPaper Series n. 1/2012 consultabile al sito: www.portalefactoring.it/UserFiles/File/CREDIFACT_PAPERS/Q1-2012%20IT%20Tavecchia.pdf

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Capitolo 2 – Il Factoring: aspetti peculiari

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somme anticipate quale corrispettivo dei crediti ceduti, oltre agli interessi, spese e commissioni concordate. Il cedente garantisce inoltre che tutti i crediti sono certi, liquidi ed esigibili10 a scadenza (anche quelli futuri).

Dato che nel contratto di cessione del credito risultano interessati due soggetti (cedente e debitore/i), anche il rischio che si assume il factor è osservabile dal punto di vista dell’uno e dell’altro soggetto economico. Infatti, il rischio massimo assumibile verso il cedente è rappresentato dall’importo massimo di anticipazione che il factor è disponibile a concedere a quest’ultimo (fido accordato); dall’altra parte, se il fido collegato a un debitore è pro soluto, il rischio che si assume il factor è determinato dall’importo massimo di crediti relativi a uno specifico debitore che la società si è formalmente impegnata a garantire al cedente.

Il corrispettivo della cessione è determinato in misura pari al valore nominale dei crediti ceduti, o al diverso importo che risultasse dovuto dal debitore per effetto di eventuali riduzioni connesse con l’operazione sottostante (sconti, abbuoni, ecc.); l’anticipazione invece corrisponde ad una percentuale, preventivamente convenuta, sul valore nominale dei crediti (di solito pari all’80%) che dipende dalle esigenze del cliente e dalla qualità del credito11. La quota non anticipata viene in seguito liquidata al cedente dopo che la società di factoring ha incassato il pagamento da parte del debitore.

2.2 – LE MOTIVAZIONI DEL RICORSO AL FACTORING

Il factoring non è un contratto nuovo ma uno strumento già presente e consolidato nel mercato italiano; inoltre, osservando la figura 2.2, si sta assistendo a un crescente ricorso di questo prodotto negli ultimi anni, tanto che l’Italia risulta essere il quinto mercato del factoring a livello mondiale e il quarto a livello europeo. I dati di Banca d’Italia e Assifact a dicembre 2014 dimostrano che, nonostante il PIL italiano abbia subito una contrazione negativa dello 0,4% e a sua volta l’erogazione di credito bancario abbia registrato un’inflessione del -1,6% nel settore privato e del -2,43% nel settore pubblico, il ricorso al factoring è aumentato nel 2014 del 2,81% con un turnover di 178 milioni di euro (11% del PIL)12.

10 Definizioni: — certezza, quando il credito deriva da patti precisi e vincolanti per entrambi i contraenti, ovvero quanto sussiste lo scambio effettivo e dimostrabile delle due volontà , da un lato quella di vendere e dall’altro quella di acquistare; — esigibilità, quando il credito, se sottoposto ad un termine, è scaduto, per cui può esserne legittimamente richiesto il saldo da parte di chi ne è titolare; — liquidità, quando il credito è determinato esattamente nell’ammontare, in modo da non creare problemi di interpretazione sulla sua quantificazione. 11 [10] Cremona G., Faenza M., Monarca P., Tarantino N., 2006. Il manuale del factoring. Ipsoa 12 [37] Valentini P., 2015. Factoring: il TMS è parte attiva del processo di supporto alla tesoreria. Amministrazione & Finanza n. 12/2015 pagg. 58-64

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Figura 2.2 – Factoring: il mercato mondiale 2014 (in milioni di Euro)

Questa tipologia di contratto ha trovato ampia diffusione nel mercato italiano principalmente per la presenza di un elevato ammontare di credito commerciale connesso però all’utilizzo di pagamenti fortemente dilazionati. Il motivo principale di ricorso al factoring riguarda, infatti, la possibilità per le imprese di smobilizzare una quota del capitale circolante riuscendo ad ottenere liquidità per finanziare il proprio sviluppo. Alcuni lavori empirici dimostrano che il factoring è un’operazione che attrae dapprima imprese di piccola dimensione, aziende giovani e caratterizzate da una crescita molto rapida; tale tendenza sarebbe collegata a una logica di outsourcing del processo di gestione del credito commerciale in modo da poter sfruttare la struttura organizzativa del factor senza dover internalizzare funzioni di amministrazione e gestione del credito, e soprattutto per poter ottenere informazioni riguardanti la solvibilità dei nominativi ceduti o di potenziali clienti (geograficamente anche lontani) ad un costo inferiore rispetto a quello che l’impresa avrebbe dovuto sostenere.

Inoltre il factoring ha dimostrato di essere uno strumento adatto a fasi negative del ciclo economico: negli anni della grave crisi congiunturale (2008-2009) le aziende sono state “obbligate” a ricorrere alla cessione del credito come fonte alternativa di finanziamento a causa della difficoltà del ricorso al credito bancario tradizionale; grazie alla visione diretta, che ha il factor, sull’evoluzione della relazione commerciale fornitore/cliente (il cui deterioramento avviene prima del default del soggetto finanziato) e grazie all’osservazione costante e metodica sui debitori che consente di mettere in atto tempestive azioni di correzione (conferma, riduzione, revoca del plafond)13, nel biennio della crisi l’incidenza delle sofferenze nel factoring sono state mediamente un terzo di quelle registrate tra gli impeghi bancari14.

13 [19] Galmarini F. di Assifact, Convegno “Studio Pagamenti 2014”. La condivisione delle informazioni per la valutazione e la gestione del rischio. Milano, aprile 2014. Consultabile alla pagina:

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Capitolo 2 – Il Factoring: aspetti peculiari

20

Figura 2.3 – Andamento delle sofferenze nel factoring e nei prestiti bancari tra il 2009 e il 2013

Figura 2.4 – Dati riassuntivi del credito in banca (milioni di euro)

www.assifact.it/UserFiles/File/I%20CONVEGNI/EVENTI%20PATROCINATI%20DA%20ASSIFACT/Studio%20pagamenti%202014-Cribis/Assifact-studio%20pagamenti%202014.pdf 14 [20] Galmarini F., Tavecchia D., 2015. L’intermediario finanziario specializzato tra nuovo Tub, Single Rulebook e vigilanza unica: il caso del factoring. Assifact. Consultabile sul sito: www.assifact.it/UserFiles/File/PUBBLICAZIONI%20E%20DOCUMENTI/Bancaria%2010-2015.pdf

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Questo accade perché la valutazione dei rischi nel factoring non è limitata al soggetto finanziato (cedente) come nelle operazioni autoliquidanti bancarie (dove la banca agisce solo su mandato all’incasso), ma è estesa al debitore ceduto (avvalendosi di una rilevante base dati fornita da Assifact con informazioni sui tempi di pagamento, sui crediti scaduti e contestati che permette di ottenere uno screening sempre aggiornato) e al tipo di operazione (pro soluto, pro solvendo).

Dopo la crisi finanziaria si è anche assistito ad una riduzione del costo del ricorso al factoring, ovvero il costo di questa operazione si è avvicinato ai tassi di interesse richiesti dagli istituti bancari per operazioni simili come anticipo fatture o effetti salvo buon fine, sconto cambiario ecc.; grazie all’analisi puntuale della clientela e del merito creditizio dei clienti ceduti si è riusciti a ridurre gli indici di rischio connessi a questi soggetti.

Le componenti effettive di costo per il servizio completo di gestione crediti e finanziamenti risultano essere15:

interesse sugli anticipi (nel factoring con accredito anticipato); commissione di factoring (stabilita in percentuale degli importi dei crediti ceduti); diritti fissi per ciascuna fattura ceduta; spese di tenuta conto; spese di registrazione del contratto (onere una tantum, all’avvio del rapporto); giorni di perdita valuta sugli accreditamenti in conto.

2.3 – GLI EFFETTI DEL FACTORING

Partendo dal presupposto che il factoring è uno strumento di finanziamento del capitale circolante delle imprese flessibile e ad elevata personalizzazione (per la diversa combinazione dei servizi offerti), gli effetti positivi che si possono manifestare sui soggetti economici che vi ricorrono sono molteplici.

In primo luogo, analizzando l’equilibrio finanziario dell’impresa, l’introduzione del factoring consentirebbe di migliorare il rapporto tra attività correnti e passività correnti (che costituiscono il capitale circolante) favorendo una riduzione del ciclo monetario e incrementando la velocità di circolazione del capitale investito. In seguito, dopo che le risorse investite in credito commerciale sono state liberate, si otterrebbe un miglioramento della posizione finanziaria netta (ovvero della capacità di far fronte al servizio del debito), della redditività e del grado di rischiosità dell’azienda.

In secondo luogo, il ricorso al factoring sembrerebbe alleggerire, attraverso il servizio di gestione dei crediti ceduti, le incombenze amministrative e contabili del cedente; inoltre un

15 [9] Caselli S., Gatti S., 2006. Il corporate lending. Bancaria Editrice

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Capitolo 2 – Il Factoring: aspetti peculiari

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effetto importante del factoring dovrebbe essere quello di sostituire progressivamente i costi fissi legati alla struttura interna di credit management con costi variabili rappresentati dalle commissioni richieste dal factor16.

Un terzo aspetto riguarda i benefici sulla politica commerciale e la conseguente riduzione dei costi di informazione: grazie alle economie di scala presenti nella società di factoring, questa potrebbe fornire importanti informazioni all’impresa cedente sui suoi debitori o su possibili nuovi clienti; questo vantaggio è maggiormente osservabile nei confronti di aziende che offrono prodotti diversificati e/o i fornitori sono geograficamente distanti o frazionati sul territorio.

Infine il ricorso al factoring potrebbe apportare un miglioramento al rating dell’azienda e rendere la relazione banca/impresa più solida, duratura e meno rischiosa a seguito del maggior flusso informativo che interviene nella relazione.

L’esternalizzazione del processo di gestione del credito commerciale potrebbe, in definitiva, rendere le imprese più snelle e flessibili e in grado di concentrare le risorse economiche e manageriali sull’attività principale riducendo così i rischi connessi alla clientela acquisita17.

16 [35] Cit. www.portalefactoring.it/UserFiles/File/CREDIFACT_PAPERS/Q1-2012%20IT%20Tavecchia.pdf 17 [10] Cremona G., Faenza M., Monarca P., Tarantino N., 2006. Il manuale del factoring. Ipsoa

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CAPITOLO 3

ANALISI DEI CAMPIONI DI DATI: CEDENTI E DEBITORI

INTRODUZIONE

Aiutati dalla panoramica dei capitoli precedenti sulla definizione di rischio di credito e contratto di factoring, questo capitolo ha l’obiettivo di analizzare due campioni di dati riguardanti l’uno le aziende clienti di una società di factoring (ovvero imprese cedenti credito commerciale all’intermediario specializzato), l’altro i debitori che vengono ceduti, dall’azienda, al factor.

I dati sono stati forniti da una società di factoring italiana appartenente a un noto Gruppo Bancario nazionale; le informazioni che la stessa ha potuto comunicare fanno riferimento all’anagrafica delle aziende clienti (cedenti) e dei relativi debitori ceduti, ad alcuni indicatori di bilancio e alle segnalazioni presenti nella Centrale Rischi. Ai fini della tutela della privacy delle aziende inserite nel database, ogni dato sensibile è stato omesso dalla presente esposizione.

In questo capitolo ci si sofferma quindi a descrivere la struttura dei campioni di dati, dalla loro generazione alla scelta delle variabili che li compongono. In particolare, viene dato ampio spazio alla descrizione degli indicatori di bilancio e ad alcune voci che compongono il prospetto della Centrale Rischi.

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

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3.1 – GENERAZIONE DEI CAMPIONI DI DATI

Le informazioni riguardanti i cedenti e i debitori sono state fornite dalla società di factoring attraverso tre distinti database: il primo raccoglieva esclusivamente dati anagrafici (codice identificativo, denominazione, forma giuridica, recapiti, ecc.); il secondo presentava alcuni indici di bilancio e alcune voci di stato patrimoniale e conto economico riclassificati; il terzo, la posizione dell’azienda in Centrale Rischi. Sono state dapprima selezionate le aziende clienti, e di conseguenza i debitori collegati, che presentavano un’esposizione nei confronti del factor (in termini di fatture cedute caricate a sistema) nel mese di gennaio 2016

Delle aziende considerate, sono stati selezionati i prospetti contabili presenti nel secondo database, relativi all’esercizio 2014, ad eccezione di alcune imprese per cui era già disponibile il bilancio civilistico del 2015.

Un primo problema, riscontrato nel collegare il database delle anagrafiche con quello contenente i bilanci, è sorto dalla mancanza, per metà dei soggetti, dei prospetti contabili. Il motivo di questa omissione è da imputare, in primo luogo, alla presenza, tra i debitori, di numerose pubbliche amministrazioni e di alcune aziende estere; in secondo luogo, al recepimento di nuovi cedenti per i quali non era ancora stato inserito a sistema il bilancio dell’ultimo esercizio, oppure alla presenza di cedenti in concordato preventivo o che hanno presentato dichiarazione di fallimento. Le aziende che riversano in questo stato, solitamente, tendono a ritardare la presentazione dei dati contabili.

Per superare questi inconvenienti, si è deciso di escludere dall’indagine le pubbliche amministrazioni e tutti i debitori esteri e di raccogliere i prospetti contabili mancanti interrogando il database di informazioni economico-finanziarie e di bilanci aziendali AIDA di proprietà del Bureau Van Dijk. Dato che la maggior parte delle aziende in fallimento o in concordato preventivo non ha presentato il proprio bilancio nell’anno precedente la dichiarazione di insolvenza, si è scelto di recuperare gli ultimi dati disponibili relativi alla chiusura d’esercizio più prossima all’anno di fallimento.

Infine è stato collegato, ai precedenti due database, quello comprendente le segnalazioni presenti in Centrale Rischi sulla situazione dei fidi in essere per ciascun cliente a gennaio 2016.

Si sono così ottenuti due campioni distinti: il primo costituito da 340 cedenti di cui 31 sono stati dichiarati insolventi o falliti tra il 2010 e il 2015; il secondo composto da 330 debitori di cui 22 in procedura concorsuale o in liquidazione/scioglimento tra il 2010 e il 2015.

La Tavola 1 e la Tavola 2 in Appendice presentano un estratto dei campioni (l’uno per i cedenti, l’altro per i debitori) a partire dai dati disponibili nei tre database.

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3.2 – VARIABILI CONSIDERATE

Come esposto nel Capitolo 1, ad ogni azienda dovrebbe essere assegnato un rating che emerge da un’analisi quantitativa, qualitativa e andamentale della stessa.

Per questo motivo entrambi i campioni sono stati costruiti considerando le seguenti 17 variabili:

4 variabili qualitative, tra cui la posizione geografica delle imprese, il settore di attività, l’anno di costituzione e la tipologia di fido accordata dal factor;

9 indicatori di bilancio per supportare l’analisi quantitativa; la finalità dei dati di bilancio opportunamente riclassificati è di interpretare la realtà economica e finanziaria unitamente al grado di rischio connesso al profilo aziendale;

3 indici che rispondono ad un approccio andamentale, ossia informazioni riferite a situazioni passate ma fortemente correlate con la situazione attuale dell’impresa come il controllo che fornisce la Centrale Rischi sulla valutazione complessiva del credito e sulla presenza di sconfini, insoluti, protesti, fallimenti;

1 indicatore sintetico di rating che attribuisce un punteggio allo stato di salute del credito delle imprese.

3.2.1 – ANALISI QUALITATIVA

Posizione Geografica

Per ogni soggetto presente nel database delle anagrafiche viene fornita la sigla della provincia presso cui ha sede l’impresa. Si è deciso, per rendere più snella l’analisi, di raggruppare inizialmente le province in base alla regione di appartenenza. In un secondo momento è risultato opportuno ragionare per aree geografiche, in modo da evidenziare eventuali differenze tra le varie zone d’Italia.

Le aree geografiche individuate sono:

Italia Nord-Occidentale che comprende le regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria;

Italia Nord-Orientale che considera le regioni Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna;

Italia Centrale formata dalle regioni Toscana, Lazio, Umbria, Molise; Italia Meridionale che raggruppa le regioni Campania, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Calabria; Italia insulare che considera Sicilia e Sardegna; Estero (solo per i cedenti) che individua le aziende con sede extra-territoriale.

Nei grafici 3.1 e 3.2 è illustrato, con una rappresentazione a torta, il partizionamento geografico risultante per il campione dei cedenti e per quello dei debitori. Si osservi che le imprese cedenti sono maggiormente localizzate nell’area Nord-Est mentre i debitori sono

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

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equamente distribuiti nell’Italia Settentrionale. Le imprese selezionate situate al Centro e al Sud raggiungono una percentuale di presenza territoriale modesta.

Grafico 3.1 – Campione dei cedenti suddiviso per area geografica

Area geografica Conteggio Italia Nord Occidentale 90 Italia Nord Orientale 141 Italia Centrale 46 Italia Meridionale 56 Estero 7 Totale complessivo 340

Grafico 3.2 – Campione dei debitori suddiviso per area geografica

Area Geografica Conteggio Italia Nord Occidentale 117 Italia Nord Orientale 133 Italia Centrale 52 Italia Meridionale 25 Italia Insulare 3 Totale complessivo 330

27%

41%

16%

14%

2%

Area geografica - CEDENTI

Italia Nord Occidentale

Italia Nord Orientale

Italia Centrale

Italia Meridionale

Estero

35%

40%

16%8%

1%

Area geografica - DEBITORI

Italia Nord Occidentale

Italia Nord Orientale

Italia Centrale

Italia Meridionale

Italia Insulare

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Settore di attività economica

Per settore di attività economica si intende, in questa trattazione, il codice ATECO 2007 assegnato a ciascuna azienda il quale “è una combinazione alfanumerica […]. Le lettere individuano il macro-settore economico mentre i numeri (da due fino a sei cifre) rappresentano, con diversi gradi di dettaglio, le specifiche articolazioni e sottocategorie dei settori stessi.” (fonte: www.codiceateco.it/codice-ateco)

Data la numerosità di attività economiche, si è scelto di operare un raggruppamento per macro-settori ATECO (1° livello per lettere) cui appartengono le imprese selezionate. La Tavola 3 in Appendice riporta la struttura del codice Ateco dopo aver selezionato solo i macro-settori.

Si è provveduto quindi ad associare a ciascuna descrizione specifica di attività economica rilevata nei campioni, una descrizione “minima”, riferita appunto al macro-settore di appartenenza.

Le aziende cedenti risultano raggruppate in 16 macro-settori di attività economica, mentre i debitori evidenziano 14 classi di raggruppamento.

Nelle tabelle 3.1 e 3.2 è fornito il dettaglio dell’aggregazione. Si può facilmente notare che il settore economico dominante per entrambi i campioni è quello delle attività manifatturiere, seguito dal settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio e dal comparto delle costruzioni.

Tabella 3.1 – Campione dei cedenti suddiviso per attività economica

Attività Economica da Codice Ateco 2007 Conteggio % su Totale ATTIVITÀ MANIFATTURIERE 150 44% COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI

63 18,5%

COSTRUZIONI 39 11,5% TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO 21 6,2% FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA 12 3,5% NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI SUPPORTO ALLE IMPRESE 12 3,5% SANITA' E ASSISTENZA SOCIALE 9 2,6% SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE 8 2,4% AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 6 1,8% ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI 5 1,5% ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE 4 1,2% ATTIVITA' IMMOBILIARI 3 0,9% FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE DEI RIFIUTI E RISANAMENTO

3 0,9%

ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE 2 0,6% ISTRUZIONE 2 0,6% ATTIVITÀ ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO 1 0,3% Totale complessivo 340

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

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Tabella 3.2 – Campione dei debitori suddiviso per attività economica

Attività Economica da Codice Ateco 2007 Conteggio % su Totale ATTIVITÀ MANIFATTURIERE 187 56,7% COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI

62 18,8%

COSTRUZIONI 18 5,5% TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO 13 3,9% SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE 10 3,0% ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE 9 2,7% SANITA' E ASSISTENZA SOCIALE 8 2,4% NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI SUPPORTO ALLE IMPRESE 7 2,1% FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE DEI RIFIUTI E RISANAMENTO

6 1,8%

FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA 5 1,5% ATTIVITA' IMMOBILIARI 2 0,6% AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 1 0,3% ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE 1 0,3% ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE 1 0,3% Totale complessivo 330

Anno di Costituzione dell’impresa

La variabile identifica l’anno di iscrizione dell’azienda nel registro delle imprese.

Le aziende cedenti selezionate sono state costituite tra il 1938 e il 2014 mentre il range individuato dai debitori è più ampio in quanto l’impresa più datata è stata iscritta nel registro delle imprese nel 1901.

Il grafico 3.4 fornisce una rappresentazione, per anno, della frequenza di imprese che sono state costituite in determinati periodi storici.

A titolo esemplificativo, il 20% delle aziende presenti nel campione dei cedenti sono state costituite tra il 2010 e il 2014, mentre poco più del 35% sono state costituite tra il 2000 e il 2009. Nel decennio 1990-1999 risultano essere state fondate il 20% delle imprese quindi al restante 25% appartengono le aziende definibili come “storiche”.

Indagando invece il campione dei debitori, si nota una minore percentuale di imprese “giovani”: solo il 5% delle aziende selezionate è stato iscritto nel registro delle imprese negli ultimi 5 anni e un 24% nel decennio 2000-2009. Tra gli anni 1990 e 1999 sono state costituite il 23% delle società e quindi quasi il 50% del campione è rappresentato da aziende presenti da più di 25 anni nella scena economica.

Si può concludere che la composizione dei due campioni è molto differente sotto l’aspetto della storicità aziendale.

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

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Grafico 3.4 – Rappresentazione della frequenza di imprese costituite tra il 1901 e il 2014

Tipologia di fido accordato al cedente e al debitore collegato

La variabile “Tipologia di Fido” individua il tipo di prodotto che è stato assegnato all’azienda cedente e al suo (o ai suoi) debitore/i ceduto/i dal factor nel momento della sottoscrizione del contratto di factoring, dopo un’accurata valutazione del cliente e del suo portafoglio crediti.

Le tipologie di fido presenti nei campioni selezionati sono:

Pro-solvendo, identifica un’operazione di factoring con rischio a carico del cedente per il mancato pagamento dei debitori ceduti. Il cedente infatti è tenuto a restituire alla società di factoring le somme anticipate quale corrispettivo dei crediti ceduti in caso di insolvenza del debitore;

Pro soluto, identifica un’operazione di factoring con assunzione del rischio a carico della società di factoring per il mancato o parziale pagamento dovuto all’insolvenza dei debitori ceduti;

Pro-solvendo e Pro-soluto: identifica quella situazione in cui ad un cedente sono collegati più fidi; questo avviene quando si vuole operare una discriminazione all’interno del portafoglio crediti del cedente tra i debitori ceduti;

Piano di Rientro: identifica una particolare situazione del cliente, solitamente collegata a un credito deteriorato, in cui si sta valutando un’azione di rientro della posizione e recupero del credito;

Sola gestione e Fido Revocato: la prima fattispecie identifica quelle posizioni per cui il cliente ha richiesto solo l’amministrazione dei crediti ceduti e viene quindi a mancare

02468

1012141618202224

1901

1923

1930

1938

1945

1947

1951

1959

1961

1963

1965

1967

1969

1971

1973

1975

1977

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011

2013

Freq

uenz

a

ANNO di COSTITUZIONE - CEDENTI e DEBITORI

Cedenti Debitori

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

30

77%

13%10%

Fido collegato al debitore

PRO SOLVENDO

PRO SOLUTO/PROSOLVENDO

PRO SOLUTO

l’aspetto finanziario dello smobilizzo dei crediti; per revoca del fido invece si intende la sospensione dell’utilizzo della linea di credito in concomitanza di grave insolvenza dei soggetti coinvolti o in situazioni di contenzioso.

Nei grafici a torta 3.5 e 3.6 è mostrata la composizione dei due campioni dal punto di vista della tipologia di fido. Alla maggior parte delle aziende viene assegnato un fido pro solvendo, mentre per il 20% circa dei cedenti si opta per un fido pro-soluto.

Grafico 3.5 – Rappresentazione della distribuzione della Tipologia di Fido per i cedenti

Grafico 3.6 – Rappresentazione della distribuzione della Tipologia di Fido per i debitori

69%

18%

7% 5%

1%

Tipologie Fido CEDENTI

PRO SOLVENDO

PRO SOLUTO

PRO SOLUTO/PROSOLVENDO

FIDO PER SOLAGESTIONE/REVOCATO

PIANO DI RIENTRO

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

31

3.2.2 – ANALISI QUANTITATIVA: GLI INDICI DI BILANCIO

La selezione degli indici economici e finanziari è basata su due motivi principali: il loro utilizzo in precedenti studi ([1], [15], [25]) e per essere stati utilizzati in esperienze decisionali precedenti da esperti di finanza.

Facchinetti [16] identifica 3 principali categorie di indici in funzione della capacità segnaletica che sono in grado di manifestare sul versante:

della solidità, intesa come capacità dell’impresa di perdurare nel tempo; della liquidità, intesa come capacità dell’azienda di far fronte, tempestivamente ed

economicamente ai propri impegni; della redditività, quale capacità dell’impresa di remunerare congruamente tutti i fattori

della produzione impiegati.

Ai fini del presente lavoro, quindi, gli indici selezionati possono essere raggruppati in 3 classi a seconda che si voglia investigare:

l’equilibrio economico o reddituale; l’equilibrio patrimoniale; l’equilibrio finanziario.

Gli indici reddituali studiano il livello di redditività complessivo dell’impresa, ossia la capacità di produrre reddito e generare risorse.

Gli indici patrimoniali verificano la presenza di un’adeguata struttura degli impieghi, il livello di indebitamento e la congruenza tra le fonti di finanziamento attivate e le corrispondenti modalità di impiego dei capitali raccolti.

Gli indici finanziari analizzano la capacità dell’azienda di attivare nel tempo fonti di finanziamento idonee a coprire i fabbisogni indotti dalle operazioni di gestione.

Nei campioni individuati alcuni di questi indici non risultavano definiti (N.d.): per poter trattare questi dati “mancanti” si è assegnato un valore significativamente grande o piccolo alle posizioni N.d..

Dopo la descrizione di ogni categoria di indicatori, si riportano i grafici di dispersione costruiti per ciascun indice, considerando i dati presenti nei campioni; in questo modo è possibile osservare la reale volatilità dei ratios, individuare la presenza di alcuni outlier e capire in quale range di valori si ha una maggiore concentrazione di casi.

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

32

INDICI REDDITUALI

La prima categoria di indici ha l’obiettivo di studiare il livello di redditività complessivo dell’impresa, ossia le basi su cui poggia la relativa modalità di creazione del valore.

La redditività delle vendite: R.O.S. (Return On Sales) Il R.O.S. è un indicatore della redditività del fatturato e fornisce una misura (%) della capacità

dell’impresa di produrre profitto dalle vendite complessivamente effettuate nel periodo. Viene quindi preso in esame l’ambito della gestione operativa o attività caratteristica dell’impresa, indagando quanto reddito operativo l’azienda realizza per ogni unità monetaria di vendite.

L’indice può essere espresso come segue:

à % = ( )

∗ 100

Il R.O.S. è tanto più soddisfacente quanto più risulta elevato; il R.O.S. aumenta con l’aumentare dei ricavi (e quindi incrementando il volume delle vendite e/o i prezzi di vendita) e con il diminuire dei costi.

L’indice deve essere confrontato, non solo con l’andamento storico dello stesso, ma soprattutto con la redditività media delle vendite del settore di appartenenza in quanto un valore positivo dell’indicatore potrebbe evidenziare una situazione di normalità.

Il valore del R.O.S. deve sempre essere analizzato insieme al valore di un altro indice: l’Asset Turnover.

L’indice di rotazione dell’attivo netto (Asset Turnover) Se ad un miglioramento del ROS corrisponde un tasso di rotazione dell’attivo stabile o

maggiore ad esso, si può affermare che il miglioramento della redditività delle vendite è dovuto ad una riduzione dei costi conseguenti ad un miglioramento dell’efficienza aziendale.

L’Asset Turnover rappresenta un indicatore di efficienza, in quanto indica nel corso di una gestione produttiva il numero delle volte in cui il capitale investito si è rinnovato o ha ruotato per effetto dei ricavi delle vendite; di conseguenza, può essere considerato come una buona proxy delle volte in cui l’attivo netto ritorna mediamente in forma liquida attraverso i ricavi di vendita.

Solitamente l’indice di rotazione dell’attivo netto è espresso come segue:

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

33

-0.50

0.51

1.52

2.53

3.54

4.55

5.56

6.57

7.58

8.59

Rota

zion

e at

tivo

(vol

te)

Asset Turnover

Cedenti

Debitori

=

Il valore assunto dall’indicatore è correlato a valori elevati di capitale circolante, quindi per imprese commerciali l’indicatore dovrebbe assumere valori molto superiori rispetto alle imprese industriali; inoltre la sua unità di misura non è una percentuale quanto un numero di ideali “giri di una ruota”.

Grafico 3.7 – L’indice della redditività delle vendite

Grafico 3.8 – L’indice di rotazione dell’attivo netto

-60

-50

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

R.O

.S. %

Redditività delle vendite

Cedenti

Debitori

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

34

Il grafico di dispersione 3.7 mette in relazione la distribuzione dell’indice di redditività delle vendite per il campione dei cedenti e dei debitori contemporaneamente. In questo modo è possibile notare la presenza di aziende con valori del R.O.S. fortemente negativi, anche se la distribuzione sembra concentrarsi nell’intervallo [-10% , 20%]. Osservando invece il grafico 3.8 che mostra la distribuzione dell’indice di rotazione dell’attivo, si rileva che quest’ultimo assume, per la maggior parte delle aziende, valori compresi tra 0 e 2,5. Inoltre l’indice sembra essere più volatile nel campione dei debitori.

INDICI PATRIMONIALI

Gli indici patrimoniali permettono di analizzare la struttura degli investimenti e dei finanziamenti in modo tale da poter esprimere la capacità dell’azienda di mantenere nel tempo una situazione di equilibrio strutturale. Per raggiungere questo equilibrio è necessario che vi sia un’elasticità degli impieghi in grado di far fronte ai cambiamenti imposti dall’esterno, un livello di indebitamento non eccessivamente alto ed infine una congruità tra le fonti di finanziamento attivate e le corrispondenti modalità di impiego.

Per poter permettere all’analista di dare un giudizio in merito al grado di dipendenza dell’azienda dalle fonti di finanziamento esterno è necessario calcolare gli indici di seguito esposti.

Indice di autonomia finanziaria L’indice di autonomia finanziaria esprime il rapporto tra il patrimonio netto e il totale

dell’attivo, dove per totale attivo si intende il capitale investito o, più specificamente, l’ammontare complessivo degli investimenti immobilizzati e circolanti, effettuati sia con risorse interne che di terzi. L’indice di autonomia finanziaria “è un indicatore dimensionale di patrimonializzazione, il quale mostra il peso dei fondi interni per finanziare gli attivi dell’azienda. Valori elevati dell’indicatore evidenziano una maggiore capitalizzazione dell’azienda e, di conseguenza, possono essere considerati un segnale di solidità strutturale”. (Fonte: www.cerved.com/pub/bilanci/note_1_trend.pdf)

Infatti, tanto più è elevato il valore dell’indice, tanto più l’azienda è indipendente dal ricorso a mezzi di terzi. Il reciproco dell’indice fornisce una misura dell’indice di indebitamento (leverage).

=

Page 36: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

35

Oneri finanziari su fatturato Gli oneri finanziari sono rappresentati dagli interessi che nascono dall'accensione di un

debito di finanziamento e da possibili sgradevoli situazioni di insolvenza che possono insorgere.

Il rapporto tra gli oneri finanziari a numeratore e il fatturato a denominatore è un indicatore di onerosità che mostra l’assorbimento dei ricavi prodotti dagli oneri finanziari.

Tipicamente le piccole e medie imprese italiane evidenziano problematiche su eccessivi oneri finanziari e sulla loro gravosa incidenza sul fatturato totale (il totale delle fonti o degli impieghi). Il valore del rapporto dovrebbe tendere ad essere minimizzato per rientrare in una situazione di normalità strutturale. Valori molto elevati sono indice di debolezza finanziaria dell’azienda in quanto la ricchezza prodotta dalle vendite viene assorbita per la copertura del capitale di terzi.

Grafico 3.9 – L’indice di autonomia finanziaria

Grafico 3.10 – L’indice degli oneri finanziari su fatturato

-120-100

-80-60-40-20

020406080

100120

Cap.

net

to s

u Ca

p in

vest

ito %

Indice di Autonomia Finanziaria

Cedenti

Debitori

-10123456789

1011121314151617

One

ri fin

. su

fattu

rato

%

Oneri finanziari su fatturato

Cedenti

Debitori

Page 37: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

36

Osservando il grafico 3.9 appare evidente che la maggior parte delle aziende selezionate dispone di un indice di autonomia finanziaria positivo, come raccomandano gli esperti di finanza, ad eccezione di alcuni casi, rilevati soprattutto tra i cedenti. Inoltre si può notare che per i debitori, la distribuzione dell’indice si concentra su valori più alti rispetto ai cedenti.

Per quando riguarda gli oneri su fatturato, il grafico 3.10 mostra una situazione inversa rispetto al grafico precedente: l’indice assume tendenzialmente valori superiori nel campione dei cedenti; emerge quindi che questi ultimi sono maggiormente esposti verso gli enti creditizi.

INDICI FINANZIARI

È possibile suddividere gli indici finanziari in due gruppi:

- il primo gruppo è rappresentato dagli indici di struttura: essi permettono di analizzare l’utilizzo corretto o scorretto delle fonti (capitale proprio e mezzi di terzi);

- il secondo gruppo è rappresentato dagli indici di liquidità i quali mettono in evidenza la capacità dell’azienda di far fronte nel tempo ai propri impegni.

Gli indici finanziari analizzano quindi la correlazione tra investimenti e finanziamenti.

Indici di struttura

L’obiettivo degli indici di struttura è di analizzare l’equilibrio finanziario di medio-lungo periodo dell’impresa e comprendere se la struttura degli investimenti e dei finanziamenti è sostenibile nel lungo periodo.

Si precisa in primo luogo che la differenza tra immobilizzi netti e capitale netto è nota come margine di struttura e rappresenta l’eccesso di capitale netto liberamente investibile in attività a breve scadenza. L’analisi finanziaria sostiene inoltre che i capitali permanenti – cioè la somma tra capitale netto e passività consolidate – dovrebbero essere sempre superiori al valore delle immobilizzazioni per un utile principio di correlazione tra durata delle poste degli attivi immobilizzati e quella delle passività a scadenza più lunga. Recentemente, inoltre, la teoria della finanza si è avvicinata molto a questo ragionamento sostenendo che la massimizzazione del valore dell’impresa riposa su un adeguato matching tra la duration (durata finanziaria) dei debiti e la duration degli asset finanziati da quei debiti.

Indice di copertura globale L’indice di copertura globale, detto anche quoziente di struttura secondario, indica il

rapporto fra le fonti finanziarie permanenti (ovvero la somma tra capitale netto e debiti finanziari a medio/lungo termine) e il totale delle immobilizzazioni.

Page 38: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

37

Sinteticamente il ratio patrimoniale assume la seguente formulazione:

= +

Questo quoziente esprime un’indicazione sulla correlazione temporale tra fonti di finanziamento e investimenti e fornisce, quindi, il livello di equilibrio strutturale dell’azienda: un valore maggiore o uguale all’unità indica che l’azienda finanzia gli investimenti a medio/lungo termine con le opportune fonti di finanziamento. Al contrario, un valore dell’indice inferiore ad uno è sintomo di squilibrio finanziario in quanto parte degli attivi fissi sono coperti finanziariamente da fonti a breve termine. Tale situazione, se perdura nel tempo, può condurre l’azienda ad uno status di insolvenza.

Debt/Equity Ratio o Gearing Ratio Il Debt/Equity Ratio o Gearing Ratio è un quoziente di indebitamento che misura il grado di

solidità patrimoniale dell'impresa.

L’indice esprime il rapporto tra i debiti su cui si pagano gli interessi e il patrimonio netto dell'azienda e viene utilizzato per verificare il grado di dipendenza dell'impresa da fonti finanziarie esterne18. Il quoziente può assumere la seguente forma:

=

Il rapporto consente inoltre di apprezzare il rischio finanziario dell'impresa, ossia il livello di probabilità che l’azienda non sia più in grado di onorare i propri impegni futuri. Il rischio è tanto più basso quanto più consistente è il patrimonio netto rispetto al valore dei mezzi di terzi.

Ogni comparto industriale ha dei propri valori ritenuti sostenibili, quindi risulta difficile generalizzare indicando una soglia oltre alla quale i debiti diventano troppo pesanti19.

Bisogna comunque sottolineare che una società con una situazione di elevato indebitamento, molto superiore rispetto ai concorrenti, difficilmente riuscirà ad indebitarsi allo stesso tasso di interesse dei competitors: maggiore è il peso del debito e la sottocapitalizzazione, maggiore è il premio al rischio richiesto.

18 Fonte: http://argomenti.ilsole24ore.com/parolechiave/rapporto-debitoequity.html 19 Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/leverage-parteterza.htm

Page 39: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

38

Grafico 3.11 – L’indice di copertura globale

Grafico 3.12 – Il gearing ratio

Il grafico 3.11 evidenzia una situazione di equilibrio strutturale positiva: la maggior parte delle imprese presenti nei due campioni ha un indice di copertura globale maggiore o uguale a 1. Esaminando invece il grafico 3.12, risulta evidente un rischio finanziario maggiore tra le imprese cedenti: il Gearing Ratio di quest’ultime si attesta su valori elevati, sintomo di forte dipendenza da fonti finanziarie esterne.

-20

-10

0

10

20

30

40

50

60

Cap.

per

man

ente

su

attiv

o fis

so

Indice di Copertura Globale

Cedenti

Debitori

-9-6-30369

1215182124

DFN

su c

ap. n

etto

Gearing Ratio

Cedenti

Debitori

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

39

Indici di liquidità

Gli indici appartenenti al secondo gruppo cercano di investigare l’equilibrio finanziario di breve termine delle imprese, valutando la capacità di quest’ultima di bilanciare le uscite correnti con le entrate derivanti dalla gestione e destinate a manifestarsi entro breve periodo.

Da questi indici si ottengono informazioni significative in merito al grado di liquidità/solvibilità aziendale; inoltre gli indici di durata consentono di ottenere preziose informazioni sulla velocità dei processi aziendali e sulla dinamica temporale dei flussi finanziari di breve termine.

Acid (o Quick) Test ratio La differenza tra attività a breve e passività a breve si definisce capitale circolante netto in

senso finanziario. Secondo un’impostazione tradizionale, l’analista dovrebbe esprimere un giudizio positivo quando le imprese presentano un capitale circolante netto finanziario positivo.

Se al capitale circolante netto finanziario sottraiamo il valore delle rimanenze di magazzino – cioè la parte dell’attivo a breve su cui è più difficile esprimere giudizi circa la conversione in forma monetaria in tempi brevi – e successivamente quello dei debiti a breve è possibile ottenere un indicatore più stringente della capacità di rimborso delle passività esigibili, noto come margine di tesoreria.

Questo margine, che secondo gli analisti dovrebbe sempre essere positivo, può essere trasformato in quoziente dividendo il valore del capitale circolante netto finanziario al netto delle scorte per il valore delle passività a breve termine; questo rapporto è conosciuto con il termine di indice di liquidità immediata (o Acid Test Ratio):

= ( − )

L’indice di liquidità viene espresso in termini assoluti e poiché rappresenta una misura più prudenziale della solvibilità aziendale, valori superiori all’unità indicano una situazione equilibrata dove l’attivo rappresenta realmente la fonte da cui attingere per soddisfare esigenze immediate di liquidità. Valori del quoziente inferiori all’unità sono da reputare critici per la solvibilità a breve dell’azienda.

Un valore dell’indice pari ad uno, così come un margine di tesoreria positivo o nullo, indica una posizione equilibrata: le liquidità attuali, o ottenibili in tempi brevi, sono in grado di estinguere completamente le passività correnti.

Page 41: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

40

Giorni di credito ai clienti e Giorni di credito dai fornitori Gli indici in grado di stimare in modo quantitativo i tempi di monetizzazione dell’attivo

circolante e di estinzione del passivo corrente prendono il nome di indici di rotazione e di durata.

In particolare, la durata media dei crediti verso clienti fornisce un’importante informazione sulle politiche commerciali attuate dall’impresa poiché esprime una misura delle dilazioni di pagamento mediamente concesse ai propri clienti.

Questo primo indice di durata può essere espresso come segue:

=

∗ 360

e indica l’intervallo di tempo, in giorni, necessario prima che i crediti verso clienti vengano incassati.

Diversamente, la durata media dei crediti verso i fornitori fornisce un’indicazione sui tempi medi di dilazione concessa alla società dai propri fornitori, ovvero i giorni intercorrenti tra l’acquisto di beni e servizi ed il pagamento degli stessi; a parità di condizioni una durata elevata del rapporto indica che l’azienda necessita di minore fabbisogno finanziario per il capitale circolante20.

= + + ∗ 360

Il valore di entrambi gli indici è strettamente legato alle consuetudini del settore di mercato in cui è inserita l’azienda ed alla forza contrattuale della società nei confronti della propria clientela.

Il grafico 3.13 evidenzia che l’indice di liquidità immediata, per la maggior parte delle aziende selezionate, si attesta su valori compresi tra 0 e 2, ad eccezione di alcuni soggetti che, collocandosi oltre questo range, dimostrano di possedere una situazione finanziaria molto equilibrata nel breve termine. Analizzando invece i grafici 3.14 e 3.15 si nota subito una differenza sostanziale: la durata dei crediti verso fornitori copre un range che sfiora i 750 giorni mentre la durata dei crediti verso clienti si attesta su valori massimi intorno ai 400 giorni.

20 Fonte: www.cerved.com/pub/bilanci/note_1_trend.pdf

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

41

Grafico 3.13 – L’indice di liquidità immediata

Grafico 3.14 – L’indice di durata media dei crediti verso i clienti

Grafico 3.15 – L’indice di durata media dei crediti verso fornitori

-0.70

0.71.42.12.83.54.24.95.66.3

77.78.49.19.8

10.5

Liqu

idità

imm

edia

ta

Acid Test - Liquidità immediata

Cedenti

Debitori

0

50

100

150

200

250

300

350

400

Dura

ta C

lient

i (gg

)

Durata media Crediti Vs Clienti

Cedenti

Debitori

050

100150200250300350400450500550600650700750

Dura

ta Fo

rnito

ri (g

g)

Durata media Crediti Vs Fornitori

Cedenti

Debitori

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

42

3.2.3 – ANALISI ANDAMENTALE: LA CENTRALE RISCHI

Una caratteristica peculiare del sistema bancario italiano è quello di disporre di una base dati molto ricca di informazioni gestita da Banca d’Italia che consente un’analisi dettagliata del potenziale di indebitamento aziendale ancora non sfruttato; questa struttura di pooling informativo che provvede, a livello istituzionale, a sistematizzare in un quadro organico di lettura l’insieme delle posizioni che l’impresa assume nei confronti dell’intero gruppo di intermediari affidanti è gestita dalla Centrale dei Rischi21.

L’attività di raccolta dell’informativa sui rischi creditizi, attraverso lo strumento della Centrale dei Rischi (C.R.), è essenziale per tutelare la stabilità del mercato e dei suoi operatori, valutare l’affidabilità della clientela e comprendere la sostenibilità finanziaria di iniziative future da finanziare.

La Centrale Rischi rappresenta un potente strumento informativo a disposizione degli intermediari creditizi in quanto le informazioni sono liberamente fruibili dagli intermediari che partecipano alla centralizzazione dei rischi; le informazioni sono esaustive e complete poiché la Centrale dei Rischi riconduce in uno schema di classificazione coerente la globalità delle operazioni di credito che si sviluppano nel mercato; infine i dati offrono una visione dell’andamento del rapporto creditizio determinata dalla brevità dell’intervallo di tempo che intercorre fra l’accadimento del fenomeno e la segnalazione. Infatti, ogni intermediario trasmette al termine di ogni mese la situazione dei fidi in essere per ciascun cliente e successivamente la C.R. trasmette a tutti gli istituti segnalanti un flusso informativo di ritorno riguardante la posizione del singolo affidato nei confronti del sistema creditizio.

Le categorie di censimento utilizzate dalla Centrale dei Rischi permettono di classificare le operazioni per classi omogenee di rischio e secondo un criterio di rischiosità crescente. Il modello è organizzato secondo una matrice a doppia entrata: lungo l’asse verticale vengono raccolti i dettagli dei rischi a cui l’intermediario si espone nei rapporti con il cliente, mentre lungo l’asse orizzontale sono previsti due ulteriori settori, le “variabili di classificazione” e le “classi di dati”.

I rischi oggetto di censimento sono suddivisi in cinque sezioni distinte:

1. Crediti per Cassa, a sua volta raggruppati in cinque classi di rischiosità crescente: a. Rischi autoliquidanti: comprendono tutte le operazioni qualificate dalla presenza di una

fonte di rimborso predeterminata; questa categoria accoglie i finanziamenti che la banca concede alla propria clientela affinché possa far fronte, nel breve termine, ad una immediata disponibilità di cassa relativamente a crediti che non sono ancora scaduti e che si vantano nei confronti di terzi. Vi rientrano, ad esempio, le cessioni di credito, gli anticipi su crediti ceduti per attività di factoring, gli anticipi salvo buon fine, lo sconto di portafoglio commerciale.

21 [9] Caselli S., Gatti S., 2006. Il corporate lending. Bangacaria Editrice

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

43

b. Rischi a scadenza: comprendono tutte le operazioni di finanziamento nel cui contratto è stata stabilita la scadenza ma non la fonte con la quale verrà effettuato il rimborso del finanziamento22. Vi rientrano operazioni di finanziamento sia a breve sia a medio lungo termine come, ad esempio, il leasing, il mutuo, gli anticipi su crediti futuri collegati a operazioni di factoring, i pronti contro termine.

c. Rischi a revoca: confluiscono in questa categoria i finanziamenti concessi al cliente in conto corrente per consentirgli una gestione della tesoreria flessibile23. Questa categoria comprende anche gli insoluti, cioè crediti scaduti e impagati derivanti da operazioni precedentemente classificate nella categoria dei rischi autoliquidanti come le operazioni di sconto, le cessioni pro solvendo e gli anticipi salvo buon fine.

d. Finanziamenti a procedura concorsuale: la categoria in questione è limitata a quelle situazioni particolari in cui la banca vanta dei crediti nei confronti di organi di procedure concorsuali e gli stessi sono assistiti da una prelazione.

e. Sofferenze: la segnalazione a sofferenza dei crediti è lasciata, secondo le istruzioni della Banca d’Italia, alla valutazione dell’intermediario; tra le sofferenze devono confluire le esposizioni per cassa dei clienti in stato di insolvenza, anche se non accertato giudizialmente.

2. Crediti di firma: la categoria accoglie tutte quelle operazioni di garanzia che la banca ha ritenuto di potersi addossare per far fronte ad eventuali inadempimenti di obbligazioni assunte dalla propria clientela nei confronti di terzi;

3. Garanzie ricevute: in questa categoria viene segnalato il valore delle garanzie che gli intermediari hanno ricevuto da terzi per supportare l’obbligazione degli affidati nei confronti dell’intermediario24;

4. Derivati finanziari: comprendono tutti i contratti derivati negoziati sui mercato over the counter (OTC);

5. Sezione informativa: contiene l’indicazione di operazioni non creditizie in senso stretto ma a queste collegate.

La Centrale dei rischi rileva, inoltre, alcune variabili quantitative al fine di individuare l’esposizione di un intermediario nei confronti delle controparti; in particolare, nella sezione “classi di dati” vengono riportati gli importi delle diverse operazioni bancarie che sono oggetto di rilevazione.

22 [17] Farchione A., 2009. La Centrale dei rischi ed il report delle segnalazioni. PMI n.12/2009, pagg. 14-20 23 [17] Farchione A., 2009. La Centrale dei rischi ed il report delle segnalazioni. PMI n.12/2009, pagg. 14-20 24 [9] Caselli S., Gatti S., 2006. Il corporate lending. Bangacaria Editrice

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Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

44

Ai fini del presente elaborato, sono state considerate come variabili andamentali solamente le categorie di censimento relative ai rischi autoliquidanti, ai rischi a scadenza e ai rischi a revoca in quanto erano le uniche informazioni accessibili in modo completo nel database contenente la posizione delle aziende in Centrale Rischi.

Nello specifico, per ognuna di queste classificazioni dei rischi sono stati costruiti degli indicatori che evidenziano la percentuale di sconfino/scaduto sul fido accordato al cliente. Il valore degli sconfini e degli importi accordati alla clientela sono rilevabili nella sezione “classi di dati” lungo l’asse orizzontale del report della C.R.

Si è scelto di considerare l’importo del fido accordato in quanto quest’ultimo rappresenta il credito che gli organi competenti dell’intermediario segnalante hanno deciso di concedere al cliente, ovvero il limite complessivo che la banca è disposta a riconoscere, dopo aver effettuato una valutazione del rischio di controparte.

3.2.4 – IL RATING: LO STATO DI SALUTE DEL CREDITO

A ciascun soggetto presente nei campioni dei cedenti e dei debitori (fin qui descritti da variabili di tipo qualitativo, quantitativo e andamentale) è associato un indicatore sintetico di rating che genera una partizione in classi, all’interno dei campioni, e identifica la bontà o meglio la salute del credito oggetto di analisi.

Questo indicatore viene assegnato dalla società di factoring a ciascuna impresa censita nel database considerando due aspetti: lo status regolamentare e lo status gestionale.

Il profilo regolamentare è definito in base ai criteri della Banca d’Italia disciplinati dalla circolare n. 217 del 5 Agosto 1996 e successivamente dal 13° aggiornamento del 20 gennaio 2015 (“Manuale per la compilazione delle Segnalazioni di Vigilanza per gli Intermediari Finanziari, per gli Istituti di pagamento e per gli IMEL”); il profilo gestionale invece è determinato internamente alla società di factoring e consente di individuare una strategia di gestione del soggetto considerato al fine di governare il rischio di credito.

Nella tabella 3.3 è riportata la classificazione dei crediti prevista dalla normativa di Banca d’Italia; la società di factoring riassume le posizioni sotto descritte in 4 classi che hanno valore segnaletico per la predisposizione della Matrice dei Conti25:

BONIS SCADUTO DETERIORATO INCAGLIO SOFFERENZA

25 La Matrice dei conti è un flusso informativo trasmesso dalle banche italiane e dalle filiali italiane di banche estere alla Banca d’Italia riguardante le segnalazioni statistiche di vigilanza.

Page 46: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

45

Tabella 3.3 - Classificazione degli stati di rischio per Banca d'Italia

Inoltre, la società di factoring ha individuato al suo interno degli “status gestionali” (o classi di monitoraggio crediti) per i quali, ad ogni profilo gestionale, è associata una strategia di intervento. Contrariamente a quanto accade per le segnalazioni di Vigilanza, le categorie gestionali interessano le posizioni direttamente affidate (cedenti pro solvendo e debitori pro soluto).

Le categorie interne di classificazione a fini gestionali delle posizioni sono le seguenti:

IN BONIS

IN OSSERVAZIONE

SORVEGLIATO

CONTENZIOSO

Classe Categoria Descrizione

Non deteriorate

(Performing)

In bonis Esposizioni con andamento regolare

Esposizioni scadute non deteriorate

Vanno incluse sia le esposizioni scadute da oltre 90 giorni che non si considerano deteriorate (ad esempio, le esposizioni scadute che non superano la soglia di rilevanza fissata nell'ambito dell'approccio per singolo debitore) sia quelle scadute da non oltre 90 giorni.

Deteriorate

(Non-Performing)

Esposizioni scadute deteriorate

Esposizioni per cassa diverse da quelle classificate a sofferenza o le inadempienze probabili che, alla data di riferimento della segnalazione, sono scadute. Le esposizioni scadute possono essere determinate facendo riferimento, alternativamente, al singolo debitore o alla singola transazione.

Inadempienze probabili (Unlikely to Pay)

La classificazione in tale categoria è, innanzitutto, il risultato del giudizio dell'azienda circa l'improbabilità che, senza il ricorso ad azioni quali l'escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente (in linea capitale e/o interessi) alle sue obbligazioni creditizie. Tale valutazione va operata in maniera indipendente dalla presenza di eventuali importi (o rate) scaduti e non pagati.

Sofferenze

Il complesso delle esposizioni per cassa e fuori bilancio nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'azienda. Sono escluse le esposizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio Paese.

Page 47: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

46

Questi profili di rischio vengono associati principalmente a posizioni che, ai fini delle segnalazioni di Vigilanza, sono classificati come “Bonis” ma internamente assumono connotazioni differenti.

Di seguito si fornisce una sintetica descrizione di ciascun profilo gestionale, per comprendere quali sono gli aspetti di maggior rilievo, per una società di factoring, nell’assegnazione di una determinata classe di rischio.

Come per la classificazione di Vigilanza, la classificazione gestionale “In Bonis” si riferisce a clienti il cui rapporto è regolare o a debitori che risultano perfettamente regolari nei pagamenti dovuti alla società, per i quali dunque non si attivano procedure di monitoraggio particolari.

Le posizioni “In Osservazione” riguardano quei soggetti che nelle segnalazioni di Vigilanza vengono evidenziati “in bonis” ma, pur non presentando al momento particolari profili di rischiosità, profilano difficoltà di vario genere e natura che introducono elementi di attenzione circa il prosieguo della relazione. Tuttavia non ricorrono ancora gli estremi per il passaggio a inadempienze probabili o sofferenze.

Tabella 3.4 - Tabella decisionale per la classificazione “in osservazione”

CEDENTI DEBITORI

Proposta da parte del cedente di un piano di rientro.

Nel caso di pro-soluto, mancato pagamento a scadenza di credito esigibile in assenza di pagamento diretto al cedente.

Eventi negativi/pregiudizievoli di diversa natura che a seguito di analisi necessitano di uno specifico monitoraggio dello stato di rapporto.

Proposta da parte del debitore di un piano di rientro.

Richiesta di proroga da parte del debitore.

Operatività pro solvendo: aumento dello scaduto e flessione delle cessioni.

Richiesta di proroga fatture con assenso del cedente.

Sconfini in Centrale Rischi o peggioramento degli stessi.

Eventi negativi/pregiudizievoli di diversa natura che a seguito di analisi necessitano di uno specifico monitoraggio dello stato del rapporto debitore.

Protesti e pregiudizievoli di conservatoria (lievi).

Sconfini in Centrale Rischi o peggioramento degli stessi.

Pagamento del credito sotto garanzia Protesti e pregiudizievoli di conservatoria (lievi).

Richiesta di rimborso al cedente. Problematiche emerse in relazione ai singoli crediti ceduti e riscontrata difficoltà finanziaria del debitore.

Procedure fallimentari. Anomali e criticità della posizione del debitore. Procedure fallimentari.

Page 48: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

47

La classificazione interna a “Sorvegliato” riguarda tutte quelle posizioni che non evidenziano una corrispondenza diretta con le segnalazioni di Vigilanza.

Tabella 3.5 - Tabella decisionale per la classificazione a “sorvegliate”

CEDENTI DEBITORI

Cliente con qualità del credito scaduto deteriorato o inadempienza probabile.

Mancato pagamento del piano di rientro del debitore

Decorsi 60 giorni dall'apertura della contestazione da parte del debitore (con comunicazione in forma scritta), in assenza di riscontri da parte del cliente.

Mancanza di riscontro all'avvio della messa in mora

Atto di pignoramento notificato al debitore opponibile

In presenza di crediti riconosciuti decorsi 60 giorni dall'apertura della contestazione da parte del debitore (con comunicazione in forma scritta), in assenza di riscontri da parte del cliente.

Infine, vengono assegnate a “Contenzioso” le posizioni per le quali vi sia una insolvenza accertata giudizialmente o per le quali l’azione stragiudiziale sia esaurita o priva di sostanziali prospettive.

Seguendo la descrizione dei profili di rischio esposti e associando le due tipologie di classificazione (regolamentare e gestionale), è stato possibile suddividere i campioni nelle seguenti classi di rating:

BONIS BONIS

BONIS IN OSSERVAZIONE

BONIS SORVEGLIATO

BONIS CONTENZIOSO

INCAGLIO

SOFFERENZA

I due campioni, cedenti e debitori, risultano essere così partizionati sotto l’aspetto del merito creditizio:

Page 49: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 3 – Analisi dei campioni di dati: cedenti e debitori

48

70%

17%

1%1% 3%

8%

STATO DI SALUTE DEL CREDITO - CEDENTI

BONIS BONIS

BONIS IN OSSERVAZIONE

BONIS SORVEGLIATO

BONIS CONTENZIOSO

INCAGLIO

SOFFERENZA

Grafico 3.16 – Classificazione dei “cedenti” secondo lo stato di salute del credito

Grafico 3.17 – Classificazione dei “debitori” secondo lo stato di salute del credito

Entrambi i campioni rilevano una percentuale soddisfacente di crediti “in bonis”, sintomo che le strategie di valutazione e monitoraggio dei crediti, adottate dalla società di factoring, si sono rilevate, nel tempo, efficaci.

79%

8%3%

9% 0%1%

STATO DI SALUTE DEL CREDITO - DEBITORI

BONIS BONIS

BONIS IN OSSERVAZIONE

BONIS SORVEGLIATO

BONIS CONTENZIOSO

INCAGLIO

SOFFERENZA

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

49

CAPITOLO 4

APPLICAZIONE DEL DOMINANCE-BASED ROUGH SET APPROCH

INTRODUZIONE

Nel capitolo precedente è stato analizzato nel dettaglio un campione di dati fornito da una società di factoring nazionale e sono state individuate alcune variabili che si ritengono più esplicative al fine della presente dissertazione; quanto esposto risulta utile per la comprensione del presente capitolo incentrato sull’applicazione di una tecnica di Data Mining, il Dominance-based Rough Set Approch (DRSA), ai campioni precedentemente individuati.

Come è noto, gli accordi di Basilea incoraggiano gli istituti di credito e gli intermediari specializzati a dotarsi di modelli interni (Internal Rating-Based o IRB) per la valutazione del rischio di credito.

In letteratura sono stati esposti e studiati diversi metodi come l’analisi discriminante, i modelli logit e probit, l’algoritmo di partizionamento ricorsivo ecc., per descrivere dei modelli di rating che avessero una capacità soddisfacente di discriminare tra imprese sane e in default e riuscissero inoltre a prevedere il fallimento di queste ultime.

Nonostante gli apprezzabili risultati raggiunti, l’applicazione di questi metodi comporta alcune limitazioni legate principalmente a restrizioni statistiche poste nell’assunzione di alcune ipotesi; inoltre il linguaggio con cui vengono comunicati gli esiti ottenuti risulta spesso non comprensibile o difficile da interpretare da chi deve assumere delle decisioni, in quanto i risultati sono esposti attraverso una rappresentazione funzionale.

Scopo di questo capitolo è testare l’abilità dell’approccio Rough Set non tanto nel prevedere l’insolvenza di un’azienda, quanto nell’individuare quale scenario può incentivare la trasformazione di un credito commerciale ceduto in credito deteriorato o insolvente; si è quindi maggiormente interessati a identificare, mediante l’analisi Rough Set basata sulla relazione di

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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dominanza (DRSA), quelle caratteristiche economico-finanziarie che possono fungere da alert nel cambiamento dello “stato di salute” di un credito, al fine di ottenere un innovativo modello di scoring basato su logiche multicriteriali piuttosto che statistiche come l’analisi discriminante lineare.

In primo luogo, vengono esposte brevemente alcune peculiarità della teoria Rough Set e della classificazione multicriteriale.

In secondo luogo, i concetti teorici del Dominance-based Rough Set Approch vengono esposti unitamente alle elaborazioni ottenute dall’applicazione del software jMAF, sviluppato dal Laboratorio di Intelligent Decision Support Systems dell’Istituto di Computing Science presso l’University of Tecnology di Poznan.

4.1 - ROUGH SET E CLASSIFICAZIONE MULTICRITERIALE

La Teoria Rough Set introdotta da Pawlak (1982) e approfondita da Pawlak, Grzymala-Busse, Slowinski e Ziarko (1995) è uno strumento matematico che affronta e tratta informazioni vaghe e incerte ed è comprovato essere efficace per l’analisi di tabelle di informazioni (ad esempio tabelle di informazioni finanziarie) che descrivono un insieme di oggetti (come le aziende) attraverso un insieme di attributi multi valore (quali indici finanziari e variabili qualitative).

La filosofia del metodo è basata sull’assunzione che ad ogni oggetto può essere associata qualche informazione (dati, conoscenza). Gli oggetti che presentano le stesse caratteristiche sono indiscernibili alla luce delle informazioni disponibili. La relazione di indiscernibilità generata in questo modo è la base matematica della Teoria Rough Set.

Slowinski e Zopoundis (1995) hanno, in prima battuta, utilizzato l’approccio Rough Set per l’analisi e la previsione del rischio di insolvenza di un’impresa. Si sono avvalsi di 12 ratios finanziari e hanno confrontato l’approccio Rough Set con alcune analisi statistiche.

Slowinski, Zopounidis e Dimitras (1997) hanno applicato l’approccio Rough Set ad un’altra realtà: una banca greca era interessata ad individuare, tra le imprese industriali e commerciali presenti in modo rilevante in Grecia e già incluse nel suo portafoglio clienti, quelle migliori e più dinamiche per poter investire i propri capitali.

Successivamente, Greco, Matarazzo e Slowinski (2002) hanno proposto un nuovo approccio alla Teoria Rough Set per affrontare problemi di classificazione multicriteriale, introducendo in questo modo il Dominance-based Rough Set Approach (DRSA) che generalizza l’approccio classico (CRSA) (Pawlak, 1982, 1991) sostituendo la relazione di indiscernibilità con la relazione di dominanza. Questo permette di prendere esplicitamente in considerazione le proprietà ordinali degli attributi considerati; gli attributi il cui dominio è ordinato secondo una preferenza crescente o decrescente sono chiamati criteri.

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Per chiarire l’importanza assunta dalla relazione di dominanza e dall’individuazione di classi ordinali all’interno delle variabili considerate per descrivere i campioni, si consideri la classificazione delle imprese clienti di una banca sotto il punto di vista del rischio di insolvenza. Questa classificazione può scaturire da alcune peculiarità delle aziende stesse come i valori assunti dagli indicatori ROE, ROI e ROS. Il dominio di questi attributi non è semplicemente ordinato ma coinvolge un ordine preferenziale poiché, dal punto di vista dei manager della banca, valori molto positivi di ROE, ROI, ROS conferiscono una migliore valutazione ai clienti che vengono valutati sul possibile rischio di insolvenza.

Se si trascurano queste informazioni nella ricerca della conoscenza si possono trarre delle conclusioni sbagliate. Si considerino, ad esempio, due aziende, A e B, valutate attraverso un insieme di attributi, incluso il ROE. Se l’azienda A ha un alto valore di ROE mentre l’azienda B ha un basso valore di ROE e la valutazione di queste aziende su altri attributi è uguale, allora, da un punto di vista del rischio di fallimento, l’azienda A è meglio (ovvero, domina) dell’azienda B. Se, tuttavia, nel campione di dati l’azienda A è stata assegnata a una classe di rischio maggiore di B, questo risultato è sicuramente inconsistente. Questa inconsistenza non viene individuata dai comuni metodi di ricerca della conoscenza e le possibili conclusioni che possono derivare da questi ultimi sono: “se il ROE di un’azienda è basso, allora l’azienda è sana” e “se il ROE di un’azienda è alto, allora è rischiosa”, e questo è paradossale. Per scoprire questa inconsistenza bisognerebbe analizzare il campione di dati dal punto di vista del principio di dominanza il quale presuppone che un oggetto che ha una valutazione migliore (o in generale non peggiore) sugli attributi considerati non può essere assegnato a una classe decisionale peggiore.

I problemi di classificazione di questo tipo sono altrimenti detti problemi di classificazione ordinale con vincoli di monotonia perché migliore è il valore assunto da un oggetto, migliore dovrebbe essere la classe decisionale a cui l’oggetto viene assegnato.

Vale la pena infine sottolineare che, a differenza del modello classico in cui i valori assunti dagli attributi devono essere discretizzati in classi la cui definizione rimane legata alla soggettività del decisore, nell’approccio basato sulla dominanza è possibile valutare i criteri anche considerando un dominio continuo.

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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4.2 - BASI MATEMATICHE DEL DRSA APPLICATE AL CAMPIONE DI RIFERIMENTO

Tabella d’informazione e relazione di dominanza

Le informazioni che riguardano le imprese dei rispettivi campioni sono presentate sotto forma di una matrice di dati, nella quale le righe sono contraddistinte dagli oggetti (cioè le aziende), mentre le colonne sono contrassegnate dagli attributi e contengono i valori di ogni corrispondente attributo per gli oggetti (Figura 4.1).

Figura 4.1 – Rappresentazione teorica della Tavola delle informazioni

Per poter indagare agevolmente i database dei cedenti e dei debitori con l’applicativo jMAF, è stato necessario rinominare gli attributi in modo più sintetico, poiché il software non recepisce, nella lettura delle stringhe di testo, eventuali spazi o particolari segni di punteggiatura.

Gli attributi presenti in entrambe le tavole di informazione sono, di conseguenza, così descritti:

GEO = Area Geografica FIDO = Tipologia Fido ATECO = Descrizione Minima Ateco COSTITUZIONE = Anno di Costituzione dell’impresa REVOCA = % di sconfino su importo accordato nei rischi a revoca da C.R. SCADENZA = % di sconfino su importo accordato nei rischi a scadenza da C.R. AUTOLIQUIDANTI = % di sconfino su importo accordato nei rischi autoliquidanti da C.R.

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GEO FIDO ATECOCOSTITU

ZIONEREVOCA

SCADENZA

AUTOLIQUIDANTI

INDICE1 INDICE2 INDICE3 INDICE4 INDICE5 INDICE6 INDICE7 INDICE8 INDICE9 CREDITONORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1960 0.00 0.00 0.00 16.86 0.92 39.53 2.20 1.27 0.93 1.15 122.50 61.60 5MERIDIONALE PRO_SOLVENDO cat13 1983 0.02 0.00 0.00 11.63 1.41 33.72 6.23 6.34 0.27 1.85 194.14 96.18 4NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1976 0.00 0.00 0.00 9.99 0.61 38.55 1.96 2.26 0.69 1.08 189.40 138.93 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1984 0.00 0.00 0.00 28.55 1.87 -31.73 2.58 1.07 -1.20 1.03 118.79 88.87 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1987 0.00 0.00 0.00 17.92 0.76 -14.57 3.30 -0.38 -1.12 0.75 36.66 364.66 5NORD_ORIENT SOLUTO_SOLVENDO cat6 1980 0.00 0.00 0.03 8.66 0.94 25.50 3.49 1.03 1.88 0.82 106.93 63.13 5NORD_ORIENT SOLUTO_SOLVENDO cat6 1980 0.00 0.00 0.03 2.22 0.72 2.98 4.83 0.74 14.20 0.45 142.53 248.45 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat8 1985 0.00 0.00 0.00 8.91 0.81 11.64 1.88 3.04 2.33 1.01 344.35 203.82 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat9 1967 0.00 0.00 0.00 3.52 2.13 6.19 1.41 0.57 -1.30 0.79 91.27 151.84 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1988 0.00 0.00 0.00 3.50 1.22 7.62 0.97 3.42 3.74 0.70 131.16 95.46 5NORD_ORIENT PRO_SOLUTO cat6 1996 0.00 0.00 0.00 1.47 1.17 1.56 2.15 2.90 13.09 0.54 93.44 136.70 5NORD_ORIENT PRO_SOLVENDO cat6 1998 0.00 0.00 0.00 5.19 1.05 6.29 1.80 1.49 6.86 0.88 214.05 131.59 5

INDICE1 = ROS INDICE2 = Asset Turnover INDICE3 = Indice di Autonomia Finanziaria INDICE4 = Oneri Finanziari su Fatturato INDICE5 = Indice di Copertura Globale INDICE6 = Debt/Equity Ratio INDICE7 = Acid Test INDICE8 = Durata Clienti (gg) INDICE9 = Durata Fornitori (gg) CREDITO = Stato di Salute del Credito

In Figura 4.2 viene riportato un estratto della tavola delle informazioni del campione dei cedenti con gli attributi opportunamente rinominati.

Figura 4.2 – Estratto della tavola delle informazioni dei Cedenti

Sia a questo punto U un insieme finito di oggetti (universo, ossia tutte le imprese del campione), Q un insieme finito di attributi (variabili qualitative e indici economico-finanziari), Vq un dominio dell’attributo q e F(x,q) una funzione che assegna ad ogni coppia oggetto-attributo (x,q) un valore da Vq. L’insieme Q è, di solito, composto dall’insieme C degli attributi condizionali e dall’attributo decisionale D.

Vq è rappresentato dall’intervallo di valori che può assumere ciascun attributo. Per maggior chiarezza si riportano i domini di ciascuna variabile presente nei campioni di riferimento, esposti come richiesto dallo stesso software jMAF:

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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**ATTRIBUTES + GEO: [Estero, CENTRO, MERIDIONALE, NORD_OCCID, NORD_ORIENT], + FIDO: [PRO_SOLUTO, PRO_SOLVENDO, SOLUTO_SOLVENDO,

GESTIONE_REVOCA, RIENTRO], + ATECO: [cat1, cat2, cat3, cat4, cat5, cat6, cat7, cat8, cat9, cat10, cat11, cat12,

cat13, cat14, cat15, cat16], + COSTITUZIONE: (integer) + REVOCA: (continuous) + SCADENZA: (continuous) + AUTOLIQUIDANTI: (continuous) + INDICE1: (continuous) + INDICE2: (continuous) + INDICE3: (continuous) + INDICE4: (continuous) + INDICE5: (continuous) + INDICE6: (continuous) + INDICE7: (continuous) + INDICE8: (continuous) + INDICE9: (continuous) + CREDITO: (integer)

Per “continuous” si intende l’insieme dei numeri reali, mentre per “integer” si intende l’insieme dei numeri interi.

Tutte le variabili considerate nei campioni sono attributi condizionali, ad eccezione della variabile “CREDITO” (ovvero Stato di Salute del Credito) che svolge il ruolo di attributo decisionale.

L’attributo decisionale D (Stato di Salute del Credito), inoltre, crea una partizione di U in un numero finito di classi Cl={Clt , t ∈ T}, T={1,…,n}.

In particolare le classi decisionali individuabili nei campioni di riferimento sono cinque e rispecchiano il dominio del criterio “CREDITO”:

5 = BONIS BONIS,

4 = BONIS OSSERVAZIONE,

3 = BONIS SORVEGLIATO,

2 = BONIS CONTENZIOSO,

1 = INCAGLIO,

0 = SOFFERENZA.

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Ogni elemento x ∈ U appartiene a una e solo una classe Clt ∈ Cl, infatti ad ogni azienda è associato un preciso rating di rischio di insolvenza. Le classi appartenenti a Cl hanno un ordinamento preferenziale secondo un ordine crescente, cioè si suppone che per ogni r,s ∈ T , poiché r>s , gli oggetti appartenenti a Clr sono preferiti (strettamente o debolmente) rispetto agli oggetti appartenenti a Cls . Infatti, se un’impresa è stata collocata in una classe con rating 4 (Bonis in Osservazione) questa è preferibile a un’impresa con rating inferiore.

Sia ora ≽ una relazione di preferenza debole -o relazione di surclassamento –(Roy, 1985) su U, la quale rappresenta una preferenza sull’insieme degli oggetti rispetto al criterio q; ≽ significa “x è almeno tanto buono quanto y rispetto al criterio q”. Si suppone che ≽ sia un preordine totale, cioè una relazione binaria completa, riflessiva e transitiva, definita su Vq.

Si può affermare che x domina y rispetto a ⊆ , indicata xDPy, se ≽ per ogni q ∈ P .

Quanto sopra esposto rappresenta la relazione di dominanza la quale costituisce la base concettuale per la definizione delle regole decisionali.

Dato che il Dominance-based Rough Set Approch nasce per agevolare la trattazione di variabili che prevedono, intrinsecamente, un ordinamento preferenziale dei valori (crescente o decrescente), si riportano le variabili presenti nei campioni di riferimento accompagnate da una legenda (indispensabile per poter poi utilizzare l’applicativo jMAF) dove gain sta per ordinamento crescente (valori più grandi per una determinata variabile sono preferibili), cost identifica un ordinamento decrescente (valori più piccoli sono preferibili), none significa invece assenza di ordinamento.

**PREFERENCES GEO: none FIDO: none ATECO: none COSTITUZIONE: cost REVOCA: cost SCADENZA: cost AUTOLIQUIDANTI: cost INDICE1: gain INDICE2: gain INDICE3: gain INDICE4: cost INDICE5: gain INDICE6: cost INDICE7: gain INDICE8: cost INDICE9: gain CREDITO: gain

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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Si ritiene opportuno sottolineare che è stato scelto di assegnare un ordinamento decrescente alla variabile “Anno di Costituzione dell’impresa” (ovvero, sono preferibili le imprese che sono sul mercato da più anni) non solo perché, a parere della società di factoring che fornisce i dati, la presenza sul mercato da un maggior numero di anni è spesso sinonimo di solidità, ma soprattutto perché per queste imprese sono disponibili informazioni storiche, andamentali e di bilancio di maggior estensione.

Le variabili “Area geografica”, “Tipologia Fido” e “Descrizione minima Ateco” non presentano alcun ordinamento nei loro valori.

Tutte le variabili collegate all’analisi andamentale (cioè “% di sconfino su importo accordato” per i rischi a revoca, a scadenza e autoliquidanti) prevedono un ordinamento descrescente dei valori, in quanto gli istituti di credito o gli intermediari specializzati come le società di factoring associano un rating migliore ai clienti che hanno una percentuale di sconfino/scaduto sull’importo accordato più bassa possibile.

Tutti gli indici ad eccezione dell’“INDICE4”, dell’“INDICE6” e dell’“INDICE8” sono positivamente correlati allo stato di salute del credito, ovvero maggiore è il valore che assumono, migliore è il rating associato all’azienda.

Relativamente agli altri tre attributi risulta chiaro che lo stato di salute del credito peggiora all’aumentare dell’indebitamento dell’azienda (INDICE4 e INDICE6) e all’aumentare del periodo di incasso dei crediti verso clienti.

Approssimazioni basate sulla dominanza

Nelle classificazioni multicriteriali, a causa dell’ordinamento preferenziale nell’insieme delle classi Cl e nel rispetto della relazione di dominanza, gli insiemi che devono essere approssimati non sono le classi nello specifico ma le unioni superiori (upward unions) e le unioni inferiori (downward unions) delle classi decisionali, rispettivamente:

= , = , = 1, … , .

L’unione Cl rappresenta l’insieme di oggetti appartenenti alla classe Clt o a una classe superiore, mentre Cl rappresenta l’insieme di oggetti appartenenti alla classe Clt o a una classe inferiore.

Il software jMAF supporta il calcolo delle unioni superiori e inferiori. Dagli output generati (Figura 4.3 e Figura 4.4) si può notare, ad esempio, che per il campione dei cedenti nell’unione superiore (At least 1) della Classe decisionale 1 (Credito INCAGLIATO) rientrano 314 aziende, mentre nell’unione inferiore (At most 1) della stessa classe decisionale vengono conteggiate 36 aziende. Espandendo le rispettive sezioni, si possono individuare precisamente gli oggetti-imprese che concorrono a definire le unioni superiori e inferiori di ogni classe decisionale.

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Figura 4.3 – Unioni delle classi superiori e inferiori per il campione dei cedenti

Figura 4.4 – Unione delle classi superiori e inferiori per il campione dei debitori

Dal punto di vista degli attributi condizionali e sempre nel rispetto della relazione di dominanza applicata ai criteri C, dati ⊆ e x ∈ U , i “granuli di conoscenza” (detti atomi o insiemi elementari nell’approccio classico) usati nel DRSA per rappresentare le unioni delle classi di decisione ( e ) per mezzo delle loro approssimazioni inferiore e superiore sono:

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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l’insieme di oggetti che dominano x, chiamato P-insieme dominante,

( ) = { ∈ : },

l’insieme di oggetti dominati da x, chiamato P-insieme dominato,

( ) = { ∈ : }.

Queste relazioni corrispondono ai cosiddetti coni positivi e negativi di dominanza.

In altre parole, per ogni azienda x si individua l’insieme delle imprese y che presentano, rispetto ai criteri condizionali C, almeno le stesse caratteristiche o superiori, ovvero l’insieme delle imprese y che dominano l’azienda x. Parimenti, si individua l’insieme delle imprese y che presentano tuttalpiù le stesse caratteristiche dell’azienda x o inferiori, ovvero l’insieme delle imprese y che sono dominate dall’azienda x.

Per ogni t ∈ T e per ogni P ⊆ C, l’insieme di tutti gli oggetti appartenenti a Cl senza alcuna ambiguità costituisce la P-lower approximation di Cl ossia l’approssimazione inferiore di Cl con riferimento a P, indicata P(Cl ), e l’insieme di tutti gli oggetti che possono appartenere a Cl costituisce la P-upper approximation di Cl ossia l’approssimazione superiore di Cl con riferimento a P, indicata P(Cl ) :

( ) = { ∈ : ( ) ⊆ },

( ) = { ∈ : ( ) ∩ ≠ ∅},

per t=1,…,n.

L’approssimazione inferiore di un’unione superiore P(Cl ), è composta da tutte le aziende x del campione (universo U) che hanno almeno la stessa valutazione su tutti gli attributi considerati P e appartenenti alla classe Cl , o migliore. Di conseguenza, se un’impresa y presenta delle valutazioni almeno migliori sui criteri di P rispetto a x, allora certamente y appartiene a Cl o a una classe superiore.

L’approssimazione superiore di un’unione superiore P(Cl ) è invece composta da tutte le aziende x del campione che hanno almeno una valutazione non peggiore, considerando gli attributi P, rispetto a un’impresa y appartenente alla classe Cl , o una migliore. Quindi se

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un’azienda z ha valutazioni sui criteri di P non peggiori dell’oggetto x appartenente a P(Cl ), allora è possibile che z appartenga a Cl o a una classe superiore.

Analogamente, si possono definire e interpretare le P-lower approximation di e P-upper approximation di :

( ) = { ∈ : ( ) ⊆ },

( ) = { ∈ : ( ) ∩ ≠ ∅},

per t=1,…,n.

Tutti gli oggetti appartenenti a e con qualche ambiguità costituiscono la P-boundary di e di (ossia le frontiere o regioni dubbie), definite da ( ) e ( ), rispettivamente. Le frontiere possono essere rappresentate in termini di approssimazione superiore e inferiore come segue:

( ) = ( ) − ( ),

( ) = ( ) − ( ),

per t=1,…,n.

Più semplicemente la frontiera ( ) è composta da tutti gli oggetti ambigui rispetto al all’insieme di criteri P e dall’unione superiore delle classi . Analogamente, la frontiera

( ) è composta da tuti gli oggetti ambigui rispetto l’insieme di criteri P e dall’unione inferiore delle classi .

Riprendendo le Figure 4.3 e 4.4, si può notare che sia il campione dei cedenti sia quello dei debitori individuano senza ambiguità, per ogni unione superiore e inferiore delle classi decisionali, le approssimazioni inferiori e superiori rispetto agli attributi condizionali

Per ogni t ∈ T e per ogni ⊆ il rapporto:

( ) =− (⋃ ( )∈ )

| | =− (⋃ ( )∈ )

| |

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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è definito qualità dell’approssimazione (quality of approximation o quality of sorting) della classificazione Cl per mezzo dell’insieme di attributi P, o in breve, qualità della classificazione. Essa esprime il rapporto tra tutti gli oggetti P-correttamente rappresentati tramite gli attributi di P e tutti gli oggetti del campione di dati (U), cioè la percentuale di oggetti per cui non c’è ambiguità. Ampliando l’insieme dei criteri considerati, la qualità dell’approssimazione non può decrescere, al massimo può crescere.

In sintesi, γ (Cl) può essere visto come una misura della qualità della conoscenza che può essere estratta dalla matrice di dati, dove P è l’insieme dei criteri e Cl è l’ordinamento considerato.

Nelle figure 4.3 e 4.4 sono riportati i valori della qualità dell’approssimazione per entrambi i campioni (Quality of Approximation); come già individuato, tutte le aziende presenti in entrambi i campioni risultano essere state correttamente rappresentate attraverso l’insieme di attributi e quindi la qualità dell’approssimazione è esatta e pari a 1.

Inoltre, per ogni t ∈ T e per ogni P ⊆ C si definiscono accuratezza dell’approssimazione rispettivamente di Cl e di Cl i rapporti tra il numero di oggetti appartenenti alla P-lower approximation e alla P-upper approximation dell’unione:

( ) = | ( )|| ( )|

, ( ) = | ( )|| ( )|

Nell’output che descrive l’unione delle classi per i debitori e per i cedenti è possibile osservare che per tutte le unioni sia at least (Cl ) sia at most (Cl ) l’accuratezza dell’approssimazione è uguale a 1. Questo implica che non ci sono unioni di classi approssimate (rough).

Insiemi Ridotti e Nucleo

Ogni sottoinsieme minimo di criteri P ⊆ C tale per cui la qualità dell’approssimazione della classificazione Cl per mezzo dell’insieme ridotto di attributi P sia uguale all’approssimazione della classificazione Cl espressa dall’insieme completo di attributi C (ovvero, γ (Cl) = γ (Cl)) è definito come un ridotto (reduct) di Cl ed è indicato REDCl.

Si osservi che un campione di dati può avere più di un ridotto e l’intersezione di tutti i ridotti si chiama nucleo (core) ed è indicato come CORECl.

I criteri presenti in CORECl non possono essere eliminati dalla tavola delle informazioni senza deteriorare la qualità dell’approssimazione. Questo significa che nell’insieme C dei criteri condizionali ci sono tre categorie di attributi:

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Attributi indispensabili presenti nel nucleo; Attributi intercambiabili presenti in alcuni ridotti ma non nel nucleo; Attributi ridondanti che non sono né indispensabili né intercambiabili poiché non sono

presenti in nessun ridotto.

Nello specifico, il campione dei cedenti evidenzia la presenza di 19 ridotti e il nucleo è formato dagli attributi condizionali “GEO”, “FIDO”, “COSTITUZIONE” e “INDICE9”, ovvero tre variabili qualitative e un indice di liquidità risultano essere gli attributi indispensabili per la corretta descrizione del campione (Figura 4.5).

Il campione dei debitori evidenzia, invece, un minor numero di ridotti (6) per i quali la qualità dell’approssimazione è uguale a 1 (come per ( )), e il nucleo è caratterizzato dagli attributi condizionali “GEO”, “COSTITUZIONE”, “INDICE1”, “INDICE2”, “INDICE6”, “INDICE8” e “INDICE9”. Per questo insieme di dati gli indicatori più significativi risultano essere due variabili qualitative, due indici di redditività, un indice di struttura e due indici di liquidità (Figura 4.5). Sette attributi condizionali su 16 sono quindi indispensabili per non alterare la qualità dell’approssimazione, mentre due criteri (“AUTOLIQUIDANTI” e “INDICE4”) risultano superflui per la descrizione della tabella decisionale.

Per poter osservare, con maggior dettaglio, la diversa significatività che assumono gli attributi condizionali individuati dai ridotti rispettivamente nel campione dei cedenti e in quello dei debitori, è stata costruita una tabella, per ciascun campione, dove gli attributi sono ordinati, in modo decrescente, relativamente al numero di volte (frequenza) che un attributo appare nei diversi ridotti (Tabelle 4.1 e 4.2).

Tabella 4.1 - Frequenza degli attributi nei ridotti del campione “CEDENTI”

Attributo Condizionale Famiglia Indicatore Ordinamento ↓

COSTITUZIONE 19 FIDO 19 GEO 19

INDICE9 INDICI DI LIQUIDITA' 19 ATECO 17

INDICE2 INDICI DI REDDITIVITA' 16 INDICE4 INDICI PATRIMONIALI 13 INDICE5 INDICI DI STRUTTURA 12 INDICE8 INDICI DI LIQUIDITA' 12 INDICE6 INDICI DI STRUTTURA 10 REVOCA CREDITI PER CASSA 10 INDICE1 INDICI DI REDDITIVITA' 7 INDICE3 INDICI PATRIMONIALI 7 INDICE7 INDICI DI LIQUIDITA' 5

SCADENZA CREDITI PER CASSA 3 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 1

NUCLEO

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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Tabella 4.2 - Frequenza degli attributi nei ridotti del campione “DEBITORI”

Attributo Condizionale Famiglia Indicatore Ordinamento ↓

COSTITUZIONE 6 GEO 6

INDICE1 INDICI DI REDDITIVITA' 6 INDICE2 INDICI DI REDDITIVITA' 6 INDICE6 INDICI DI STRUTTURA 6 INDICE8 INDICI DI LIQUIDITA' 6 INDICE9 INDICI DI LIQUIDITA' 6 ATECO 5 FIDO 3

INDICE3 INDICI PATRIMONIALI 2 INDICE5 INDICI DI STRUTTURA 2 INDICE7 INDICI DI LIQUIDITA' 1 REVOCA CREDITI PER CASSA 1

SCADENZA CREDITI PER CASSA 1 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 0

INDICE4 INDICI PATRIMONIALI 0

È possibile notare che, per il campione dei cedenti, le variabili qualitative rivestono un ruolo fondamentale nella descrizione dei ridotti; i ridotti del campione dei debitori invece assumono una connotazione più variegata e in particolare nel nucleo sono presenti quasi tutte le tipologie di indicatori economico-finanziari. Infine, sia per il campione dei cedenti sia per quello dei debitori, gli attributi condizionali legati alla Centrale Rischi, ovvero la percentuale di sconfino/scaduto sui rischi a revoca/scadenza/autoliquidanti, risultano essere meno significativi in termini di frequenza di apparizione nei ridotti di ciascun campione.

NUCLEO

Page 64: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

63

NU

CLEO

GEO

FIDO

COST

ITU

ZIO

NE

INDI

CE9

1919

1719

103

17

167

1312

105

1219

19 R

IDO

TTI

GEO

FIDO

ATEC

OCO

STIT

UZI

ON

ERE

VOCA

SCAD

ENZA

AUTO

LIQ

UID

ANTI

INDI

CE1

INDI

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INDI

CE3

INDI

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INDI

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INDI

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INDI

CE9

RIDO

TTO

1GE

OFI

DOCO

STIT

UZIO

NE

REVO

CAIN

DICE

1IN

DICE

2IN

DICE

4IN

DICE

6IN

DICE

7IN

DICE

9RI

DOTT

O 2

GEO

FIDO

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INDI

CE1

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3GE

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DOAT

ECO

COST

ITUZ

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ESC

ADEN

ZAIN

DICE

2IN

DICE

3IN

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4IN

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6IN

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9RI

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5GE

OFI

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TTO

6GE

OFI

DOAT

ECO

COST

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EIN

DICE

2IN

DICE

4IN

DICE

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DICE

6IN

DICE

9RI

DOTT

O 7

GEO

FIDO

ATEC

OCO

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NE

INDI

CE2

INDI

CE4

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CE6

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CE7

INDI

CE8

INDI

CE9

RIDO

TTO

8GE

OFI

DOAT

ECO

COST

ITUZ

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VOCA

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INDI

CE2

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CE4

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CE9

RIDO

TTO

9GE

OFI

DOAT

ECO

COST

ITUZ

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EIN

DICE

1IN

DICE

2IN

DICE

4IN

DICE

6IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

0GE

OFI

DOAT

ECO

COST

ITUZ

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DICE

4IN

DICE

5IN

DICE

7IN

DICE

8IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

1GE

OFI

DOAT

ECO

COST

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ZAIN

DICE

2IN

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5IN

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8IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

2GE

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DOAT

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1IN

DICE

2IN

DICE

4IN

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5IN

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8IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

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DOAT

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COST

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DICE

2IN

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3IN

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4IN

DICE

5IN

DICE

8IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

4GE

OFI

DOAT

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COST

ITUZ

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ERE

VOCA

INDI

CE2

INDI

CE4

INDI

CE5

INDI

CE8

INDI

CE9

RIDO

TTO

15

GEO

FIDO

ATEC

OCO

STIT

UZIO

NE

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CAIN

DICE

3IN

DICE

5IN

DICE

7IN

DICE

8IN

DICE

9RI

DOTT

O 1

6GE

OFI

DOAT

ECO

COST

ITUZ

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ERE

VOCA

INDI

CE2

INDI

CE3

INDI

CE5

INDI

CE8

INDI

CE9

RIDO

TTO

17

GEO

FIDO

ATEC

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UZIO

NE

REVO

CAIN

DICE

1IN

DICE

2IN

DICE

5IN

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8IN

DICE

9RI

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O 1

8GE

OFI

DOAT

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COST

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INDI

CE1

INDI

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CE3

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TTO

19

GEO

FIDO

ATEC

OCO

STIT

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NE

REVO

CAAU

TOLI

QUI

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TIIN

DICE

1IN

DICE

2IN

DICE

5IN

DICE

6IN

DICE

9

CRED

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ER C

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TRAL

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SCHI

INDI

CI D

I RED

DITI

VITA

'IN

DICI

PAT

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IALI

INDI

CI D

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ITA'

NU

CLEO

GEO

COST

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ZIO

NE

INDI

CE1

INDI

CE2

INDI

CE6

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INDI

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63

56

11

06

62

02

61

66

6 RI

DOTT

IG

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DOAT

ECO

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NE

REVO

CASC

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TOLI

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TIIN

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1IN

DICE

2IN

DICE

3IN

DICE

4IN

DICE

5IN

DICE

6IN

DICE

7IN

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8IN

DICE

9

RIDO

TTO

1GE

OFI

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STIT

UZIO

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CE1

INDI

CE2

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CE6

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TTO

2GE

OAT

ECO

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ITUZ

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EIN

DICE

1IN

DICE

2IN

DICE

3IN

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6IN

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8IN

DICE

9RI

DOTT

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INDI

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4GE

OAT

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COST

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DICE

1IN

DICE

2IN

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DICE

9RI

DOTT

O5

GEO

FIDO

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NE

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CE1

INDI

CE2

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CE8

INDI

CE9

RIDO

TTO

6GE

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DOAT

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CE1

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CE2

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CE6

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CE8

INDI

CE9

CRED

ITI P

ER C

ASSA

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TRAL

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SCHI

INDI

CI D

I RED

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VITA

'IN

DICI

PAT

RIM

ON

IALI

INDI

CI D

I STR

UTT

URA

INDI

CI D

I LIQ

UID

ITA'

Figura 4.5 – Rappresentazione dei ridotti per il campione “CEDENTI” e dei ridotti per il campione dei “DEBITORI”

Page 65: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

64

Regole decisionali

Il risultato finale di un’analisi effettuata con DRSA è un insieme di regole decisionali espresse in termini di proposizioni del tipo “se…allora…” chiamate regole di decisione.

Le regole di decisione generate dalla teoria Rough Set non derivano direttamente dalla tavola delle informazioni, ma dalle approssimazioni inferiore e superiore delle unioni ascendenti e discendenti delle classi decisionali.

Per una data unione ascendente Cl (at least) o discendente Cl (at most), le regole estratte suggeriscono rispettivamente una formulazione delle stesse del tipo “…allora x appartiene almeno alla classe Clt” o “…allora x appartiene al massimo alla classe Cls”.

Si possono considerare le tre seguenti tipologie di regole decisionali:

1. Regole decisionali certe derivanti dalle unioni superiori che consentono di ordinare gli oggetti indicando il limite inferiore dell’ordinamento assumendo la seguente forma generale:

( , ) ≽ ( , ) ≽ … ( , ) ≽ ∈ ,

= { , , … , } ⊆ , , , … , ∈ … ∈ ;

2. Regole decisionali certe derivanti dalle unioni inferiori che consentono di ordinare gli oggetti indicando il limite superiore dell’ordinamento assumendo la seguente forma generale:

( , ) ≼ ( , ) ≼ … ( , ) ≼ ∈ ,

= { , , … , } ⊆ , , , … , ∈ … ∈ ;

3. Regole decisionali ambigue o approssimate derivanti dalle frontiere delle unioni superiori ed inferiori e assumono la forma:

( , ) ≽ ( , ) ≽ … ( , ) ≽

( , ) ≼ … ( , ) ≼ ∈ ∈ ,

= { , , … , } ⊆ , = { , , … , } ⊆ ,

= ∪ ,

, , … , ∈ × × … × , ∈ < .

Page 66: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

65

La relazione di dominanza crea quindi una partizione dello spazio che può essere compresa ricorrendo a una semplice rappresentazione grafica. Si consideri, come in figura 4.7, due criteri condizionali x e y (ad esempio due indicatori finanziari) con un ordine di preferenza crescente e due imprese A e B. La relazione di dominanza crea una partizione in settori, ognuno dei quali rappresenta la relazione attesa fra i criteri condizionali e il criterio decisionale nel rispetto del principio di dominanza.

Figura 4.7 – Partizione dello spazio imposto dalla relazione di dominanza fra due oggetti A (quadrato) e B (rombo) secondo i criteri x e y

L’insieme di regole decisionali indotte dalle approssimazioni definite dalle relazioni di dominanza danno, in generale, una rappresentazione più sintetica dell’informazione contenuta nella tabella di decisione rispetto all’approccio classico. Inoltre permette di prescindere dalla discretizzazione in classi dei criteri descritti da variabili continue, fornendo nel complesso una maggiore comprensione del fenomeno analizzato limitando in parte la soggettività dovuta alla discretizzazione degli attributi continui richiesta dall’approccio classico.

Per quanto riguarda i campioni “CEDENTI” e “DEBITORI” in esame, le regole decisionali che li descrivono sono state generate utilizzando l’applicativo jMAF. Per indurre il calcolo delle regole decisionali è stato scelto uno dei metodi disponibili: il minimal covering rules (VC-DOMLEM algorithm) che permette di generare un insieme di regole che ricopre tutti gli oggetti della tavola di informazione, e sono state poi considerate solo le regole certe.

Queste ultime sono esportabili solo nel formato “file di testo” (Figura 4.8), e quindi è stata prodotta una macro utilizzando il linguaggio Visual Basic (si veda Appendice 1) per agevolare il lavoro di riorganizzazione delle regole in modo da renderle più comprensibili e indagabili dal decisore (Figura 4.9).

Page 67: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

66

Le regole decisionali generate dall’algoritmo secondo il metodo del minimal covering rules sono rispettivamente 211 per il campione dei cedenti e 195 per il campione dei debitori.

Allo scopo di fornire degli indici utili alla valutazione dell’importanza delle regole e della loro capacità di risultare efficaci al fine della classificazione di altre imprese si introducono quattro misure quantitative tra cui:

il supporto (support), ovvero il numero di aziende x ∈ U che soddisfano sia la parte condizionale sia quella decisionale della regola; il supporto fornisce una misura dell’“estensione” della relazione osservata e viene così definito:

( , ) = | ( )| = | ( ) ∩ ( )|

dove |X| rappresenta la cardinalità di X.

la forza della regola decisionale (strength) ovvero il numero di aziende nell’universo di

riferimento che hanno le stesse premesse e le stesse conseguenze; questa misura fornisce la “rappresentatività” della relazione osservata e viene così definita:

( , ) =( , )

| |

il coefficiente di copertura della regola (coverage factor), ovvero il numero di aziende che soddisfano sia la parte condizionale (premessa) della regola sia quella decisionale (conseguenza) della regola sulla numerosità di casi che cadono nello stesso criterio decisionale; questo indice fornisce una misura della capacità della relazione di spiegare i fenomeni osservati e viene così rappresentato:

( , ) = | ( ) ∩ ( )|

| ( )| =( , )

| ( )|

il fattore di certezza della regola decisionale (certainty factor), ovvero il numero di aziende che hanno le stesse premesse e la stessa conseguenza rapportate alla

Page 68: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

67

numerosità di casi che soddisfano la parte condizionale della regola; il fattore di certezza può essere definito come segue:

( , ) = | ( ) ∩ ( )|

| ( )| =( , )

| ( )|

Se ( , ) = 1, allora → è una regola decisionale certa (certain decision rule); se 0 < ( , ) < 1 la regola decisionale assumerà la connotazione di una regola decisionale incerta (uncertain decision rule).

Il fattore di certezza può essere interpretato come una probabilità condizionata che y appartenga a D(x) dato che y appartiene a C(x), in formula ( | ).

Figura 4.8 – Output delle regole decisionali fornito da jMAF

[…]

Page 69: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

68

Crite

ri co

ndiz

iona

li →

211

7128

7631

1518

857

4423

4324

1213

3444

Crite

rio

Deci

sion

ale

CRED

ITO

↓ga

inG

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neFI

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neAT

ECO

none

COST

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ZIO

NE

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cost

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1↓

gain

INDI

CE2

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inIN

DICE

3↓

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INDI

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stIN

DICE

5↓

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INDI

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↑co

stIN

DICE

7↓

gain

INDI

CE8

↑co

stIN

DICE

9↓

gain

CRED

ITO

<=

1<=

-21.

95<=

2.1

9CR

EDIT

O >

= 3

= CA

T6>=

2.5

>= 6

8.49

CRED

ITO

<=

1<=

-6.7

7>=

7.1

CRED

ITO

<=

0>=

199

3<=

-6.7

7>=

7.1

CRED

ITO

>=

3>=

8.5

1>=

41.

37CR

EDIT

O >

= 4

>= 3

.79

<= 1

64.4

5>=

107

.15

CRED

ITO

>=

4=

CAT6

<= 4

6.28

>= 5

.05

CRED

ITO

<=

2>=

17.

49>=

1.8

CRED

ITO

>=

1<=

200

1>=

3.7

9<=

3.4

1CR

EDIT

O <

= 1

= PR

O_S

OLV

ENDO

<= -1

.31

CRED

ITO

<=

1<=

0.6

6<=

-12.

21CR

EDIT

O >

= 3

>= 3

.79

<= 2

.18

>= 1

07.1

5CR

EDIT

O <

= 3

= PR

O_S

OLV

ENDO

<= -0

.5CR

EDIT

O >

= 4

= PR

O_S

OLU

TO>=

-7.5

4CR

EDIT

O >

= 2

<= 2

000

>= 5

.98

>= 0

.66

CRED

ITO

>=

1=

PRO

_SO

LUTO

CRED

ITO

>=

3>=

3.7

9<=

6.5

1>=

176

.86

CRED

ITO

>=

4>=

23.

48>=

34.

33CR

EDIT

O <

= 1

= PR

O_S

OLV

ENDO

<= -3

.19

<= 0

.28

CRED

ITO

<=

0=

NO

RD_O

RIEN

T<=

-117

.98

CRED

ITO

<=

2=

NO

RD_O

RIEN

T<=

1.2

2<=

0.1

4CR

EDIT

O >

= 1

= CE

NTR

O>=

0.1

1CR

EDIT

O <

= 1

>= 1

0.33

<= 0

.28

CRED

ITO

>=

1<=

198

8>=

0.7

CRED

ITO

>=

3<=

199

8>=

5.9

8<=

233

.35

CRED

ITO

>=

3>=

11.

8>=

180

.76

CRED

ITO

<=

0<=

-257

.62

CRED

ITO

<=

0=

NO

RD_O

RIEN

T<=

0.6

6<=

-12.

21CR

EDIT

O >

= 3

= CA

T6>=

-8.0

9>=

0.8

2>=

137

.35

CRED

ITO

>=

4=

NO

RD_O

RIEN

T>=

2.5

>= 0

.86

CRED

ITO

>=

3<=

198

4>=

2.8

6CR

EDIT

O <

= 4

>= 3

.88

>= 2

.25

CRED

ITO

>=

4>=

4.8

6<=

2.1

8>=

125

.28

CRED

ITO

>=

4<=

0.0

>= 1

1.8

>= 1

80.7

6

CRED

ITI P

ER C

ASSA

-CEN

TRAL

E RI

SCHI

INDI

CI D

I RE

DDIT

IVIT

A'IN

DICI

PA

TRIM

ON

IALI

INDI

CI D

I ST

RUTT

URA

INDI

CI D

I LIQ

UID

ITA'

Figura 4.9(a) – Rielaborazione delle regole decisionali

Page 70: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

69

Figura 4.9(b) – Misure a sostegno delle regole decisionali: Support, Supporting Examples, Strength, Confidence, Coverage Factor

4.3 – ANALISI DELLE REGOLE DECISIONALI

Una prima osservazione che si può trarre dall’estrazione delle regole decisionali è la frequenza degli attributi nell’insieme di regole. Infatti, si possono condurre varie considerazioni analizzando come gli attributi concorrono a partecipare alla classificazione di un’impresa in una classe di rating o in un’altra.

Nelle Tabelle 4.3, 4.4, 4.5, 4.6 sono riportate proprio queste frequenze, per i cedenti e per i debitori, a seconda che il decisore sia interessato a quante regole supportano un determinato attributo o a quanti oggetti, ovvero aziende, supportano lo stesso attributo.

Al fine di calcolare il corretto numero di supporti per ogni attributo, si è ricorsi nuovamente alla stesura di un codice in linguaggio Visual Basic in Excel (Appendice 2). È opportuno specificare che il software jMAF riporta il numero di supporti e gli oggetti a supporto di ciascuna regola; tuttavia, se si vuole calcolare la frequenza degli attributi nell’insieme di regole eliminando eventuali oggetti ridondanti (cioè che concorrono alla descrizione di più regole), è

Page 71: La valutazione del rischio di credito nel factoring

Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

70

necessario ricorre a un’unione insiemistica tra tutti i supporti che sostengono un determinato attributo nelle diverse regole decisionali.

Tabella 4.4 – Frequenza attributi negli insiemi di regole dei cedenti (ordinamento decrescente su “Somma num. Regole”).

Tabella 4.4 – Frequenza attributi negli insiemi di regole dei cedenti (ordinamento decrescente su “Somma Supporti”).

Se osserviamo in primo luogo quante regole decisionali contengono ciascun attributo, preso singolarmente, risulta evidente che il settore di attività economica e il posizionamento geografico sono gli attributi più presenti e probabilmente anche i più descrittivi visto che sono

ORDINAMENTO ↓ rispe o al Num di REGOLE che SUPPORTANO un determinato ATTRIBUTO

CEDENTI - Descrizione

Attributo FAMIGLIA INDICATORE

SOMMA Num.

Regole

SOMMA SUPPORTI

ATECO 76 262 GEO 71 261 INDICE1 INDICE REDDITUALE 57 294 INDICE2 INDICE REDDITUALE 44 232 INDICE9 INDICE DI LIQUIDITA' 44 239 INDICE4 INDICE PATRIMONIALE 43 199 INDICE8 INDICE DI LIQUIDITA' 34 213 COSTITUZIONE 31 154 FIDO 28 149 INDICE5 INDICE DI STRUTTURA 24 149 INDICE3 INDICE PATRIMONIALE 23 222 SCADENZA CREDITI PER CASSA 18 120 REVOCA CREDITI PER CASSA 15 146 INDICE7 INDICE DI LIQUIDITA' 13 144 INDICE6 INDICE DI STRUTTURA 12 134 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 8 58

ORDINAMENTO ↓ rispe o al Num di OGGETTI che SUPPORTANO un determinato ATTRIBUTO

CEDENTI - Descrizione

Attributo FAMIGLIA INDICATORE

SOMMA Num.

Regole

SOMMA SUPPORTI

INDICE1 INDICE REDDITUALE 57 294 ATECO 76 262 GEO 71 261 INDICE9 INDICE DI LIQUIDITA' 44 239 INDICE2 INDICE REDDITUALE 44 232 INDICE3 INDICE PATRIMONIALE 23 222 INDICE8 INDICE DI LIQUIDITA' 34 213 INDICE4 INDICE PATRIMONIALE 43 199 COSTITUZIONE 31 154 FIDO 28 149 INDICE5 INDICE DI STRUTTURA 24 149 REVOCA CREDITI PER CASSA 15 146 INDICE7 INDICE DI LIQUIDITA' 13 144 INDICE6 INDICE DI STRUTTURA 12 134 SCADENZA CREDITI PER CASSA 18 120 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 8 58

Page 72: La valutazione del rischio di credito nel factoring

La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

71

supportati da numerose imprese. Guardando attentamente le due tabelle è possibile scorgere una possibile correlazione: attributi presenti con un’alta frequenza nel set di regole decisionali sono contemporaneamente supportati nella descrizione delle stesse da un elevato numero di oggetti e, viceversa, attributi supportati da un minor numero di regole presentano un numero inferiore di imprese che li sostengono.

Tabella 4.5 – Frequenza attributi negli insiemi di regole dei debitori (ordinamento decrescente su “Somma num. Regole”).

Tabella 4.6 – Frequenza attributi negli insiemi di regole dei debitori (ordinamento decrescente su “Somma Supporti”).

ORDINAMENTO ↓ rispe o al Num di REGOLE che SUPPORTANO un determinato ATTRIBUTO

DEBITORI - Descrizione

Attributo FAMIGLIA INDICATORE

SOMMA Num.

Regole

SOMMA SUPPORTI

ATECO 63 301 GEO 59 249 INDICE1 INDICE REDDITUALE 55 252 INDICE3 INDICE PATRIMONIALE 46 330 INDICE8 INDICE DI LIQUIDITA' 43 227 INDICE9 INDICE DI LIQUIDITA' 41 264 COSTITUZIONE 39 218 INDICE2 INDICE REDDITUALE 36 293 REVOCA CREDITI PER CASSA 28 212 INDICE5 INDICE DI STRUTTURA 21 194 FIDO 20 84 INDICE6 INDICE DI STRUTTURA 20 168 INDICE4 INDICE PATRIMONIALE 16 212 INDICE7 INDICE DI LIQUIDITA' 8 304 SCADENZA CREDITI PER CASSA 5 75 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 3 102

ORDINAMENTO ↓ rispe o al Num di OGGETTI che SUPPORTANO un determinato ATTRIBUTO

DEBITORI - Descrizione

Attributo FAMIGLIA INDICATORE

SOMMA Num.

Regole

SOMMA SUPPORTI

INDICE3 INDICE PATRIMONIALE 46 330 INDICE7 INDICE DI LIQUIDITA' 8 304 ATECO 63 301 INDICE2 INDICE REDDITUALE 36 293 INDICE9 INDICE DI LIQUIDITA' 41 264 INDICE1 INDICE REDDITUALE 55 252 GEO 59 249 INDICE8 INDICE DI LIQUIDITA' 43 227 COSTITUZIONE 39 218 INDICE4 INDICE PATRIMONIALE 16 212 REVOCA CREDITI PER CASSA 28 212 INDICE5 INDICE DI STRUTTURA 21 194 INDICE6 INDICE DI STRUTTURA 20 168 AUTOLIQUIDANTI CREDITI PER CASSA 3 102 FIDO 20 84 SCADENZA CREDITI PER CASSA 5 75

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

72

La tabella 4.5, dove gli attributi condizionali sono ordinati in base al numero di regole che contiene quel determinato descrittore, mostra una distribuzione degli attributi simile a quanto accade per le regole dei cedenti; il settore di attività economica e il posizionamento geografico sono gli attributi più presenti nelle regole, seguiti da un indice di redditività, un indice patrimoniale e due indici di liquidità. Tuttavia, nell’insieme di regole dei debitori non si rileva alcuna relazione proporzionale tra il numero di regole in cui è presente un attributo e la somma degli oggetti che lo supportano, evidenziata invece nell’insieme di regole dei cedenti.

Si cerca ora di individuare quelle regole che supportano gli eventi peggiori, ovvero quelle regole per cui le imprese x1, x2, …xN appartengono al massimo alla classe decisionale Cl0

(sofferenza) o Cl1 (incaglio o inadempienza probabile) per i cedenti e al massimo alla classe decisionale Cl2 per i debitori, dato che l’8% del campione è classificato tra i crediti in contenzioso. In questo modo è possibile individuare quali sono gli indicatori di massima prudenza per intercettare eventuali situazioni di grave insolvenza.

Osservando la tabella 4.6 dove sono illustrate le regole decisionali dei cedenti per Cl0≤ e Cl1≤ si nota che gli indicatori economico-finanziari che hanno maggior potere descrittivo e predittivo per situazioni di insolvenza sono gli indici di redditività e gli indici patrimoniali.

In particolare, i valori che assume l’INDICE1, ovvero l’indicatore di redditività delle vendite, sono negativi in quasi tutte le regole in esame; valori negativi del ROS e quindi del risultato operativo di gestione -che sta a numeratore dell’indice- sono effettivamente sinonimo di insolvenza. Infatti, se non è possibile incrementare i ricavi o ridurre i costi dei fattori produttivi non resta che cessare l’attività. Insieme a quest’ultimo va letto l’INDICE2, ovvero l’Asset Turnover, che rappresenta l’incidenza dei ricavi sul totale degli impieghi e anche l’INDICE4 che mostra l’incidenza degli oneri finanziari sul fatturato, ovvero sui ricavi.

Anche i valori assunti dall’indice patrimoniale “INDICE3”, cioè l’autonomia finanziaria, sono fortemente negativi per la maggior parte delle regole: questo significa che il patrimonio netto è stato interamente intaccato dalle perdite le quali hanno eroso tutto il capitale sociale e tutte le riserve.

Merita poi un punto di attenzione la variabile andamentale -presente nel prospetto della Centrale Rischi- “SCADENZA” che identifica la percentuale di sconfino/scaduto sui crediti accordati dagli intermediari e classificati come rischi a scadenza (ovvero finanziamenti per cui è stata stabilita la scadenza ma non la fonte di rimborso). Se questo attributo, letto insieme agli indici sopra esposti, assume una percentuale di scaduto elevata allora si è in una situazione di possibile crisi d’impresa.

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

73

Tabella 4.6 – Regole decisionali dei cedenti per Cl0≤e Cl1≤

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

74

Tabella 4.7 – Regole decisionali dei debitori per Cl2≤

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

75

Se si osservano le regole decisionali dei debitori che rientrano nell’unione discendente Cl2≤ per le quali “…allora lo stato di salute del credito delle imprese x1, x2, …xN è classificabile al massimo nella classe di credito in contenzioso”, si può notare che le prime tre regole, ovvero quelle con un coverage factor maggiore, contengono l’INDICE3, ossia l’indice di autonomia finanziaria, variamente combinato con gli attributi condizionali ATECO e ANNO COSTITUZIONE oppure POSIZIONE GEOGRAFICA e INDICE6 (cioè Debt/Equity Ratio). La possibilità quindi che la posizione di un debitore si tramuti in contezioso si verificherebbe:

quando si sia in presenza di un’impresa appartenente al settore economico delle costruzioni, di costituzione recente e con un indice di autonomia finanziaria (che rappresenta il ricorso a mezzi propri per finanziare gli investimenti in immobilizzazioni o circolante) inferiore o uguale a 7.27;

quando l’impresa è situata nell’Italia nord orientale e l’indice di autonomia finanziaria è negativo (in caso di erosione del capitale sociale e delle riserve per effetto delle perdite) e il Debt/Equity Ratio è maggiore o uguale a 6.82, ovvero l’azienda dipende fortemente da fonti finanziarie esterne;

quando si sia in presenza di un’impresa appartenente al settore economico del commercio all’ingrosso e al dettaglio, di costituzione recente e con un indice di autonomia finanziaria negativo.

Analogamente è possibile individuare quali regole supportano gli eventi ottimali, ovvero quelle regole per cui le imprese x1, x2, …xN appartengono almeno alla classe decisionale Cl5 che si riferisce alle esposizioni non deteriorate. In questo modo è possibile individuare quali valori assumono gli indicatori e quale lettura combinata degli stessi risulta determinante per classificare un’impresa, con una certa probabilità, tra i crediti sicuramente in bonis.

La tabella 4.8(a) mostra le prime 25 regole decisionali, per i cedenti, appartenenti all’unione superiore della classe decisione Cl5. Le prime quattro regole (che risultano avere un coverage factor maggiore) si riferiscono tutte al settore economico delle attività manifatturiere, ma per ognuna varia il valore dell’indice di redditività delle vendite e, inoltre, sono descritte da variabili diverse. Una prima considerazione riguarda il fatto che nel campione le imprese appartenenti al settore economico delle attività manifatturiere sono presenti in misura rilevante (150 su 340); forse, se si suddividesse tale macro-settore in sotto-categorie di attività economica si potrebbe cogliere il motivo, in primis, di un diverso valore dell’indice ROS, dato che quest’ultimo è strettamente collegato al settore in cui opera l’azienda.

Successivamente è possibile osservare che le regole decisionali supportate da un numero più alto di aziende sono descritte principalmente da attributi qualitativi (posizione geografica, tipologia fido, settore ateco, anno di costituzione) alcuni dei quali presenti anche nel nucleo, ovvero nell’insieme di informazioni indispensabili per non deteriorare la qualità della conoscenza che può essere estratta dalla matrice di dati.

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

76

Tabella 4.8 (a) – Prime 25 Regole decisionali dei cedenti per Cl5≥

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

77

Quanto affermato potrebbe avvalorare la tesi sostenuta da De Luca [14] secondo il quale attualmente le PMI e le microimprese manifestano l’esigenza di essere valutate soprattutto con riferimento alle loro risorse intangibili come le strategie aziendali, le potenzialità del business dell’impresa, il loro core business, l’evoluzione del settore e le strategie commerciali. Queste informazioni possono essere raccolte principalmente attraverso incontri diretti tra l’intermediario bancario e/o finanziario e il managemet dell’impresa; quindi si potrebbe dedurre che l’attribuzione di un rating positivo è avvalorato se si associa all’analisi per indici un’analisi qualitativa o ambientale dell’impresa.

Spostando l’attenzione sulle regole decisionali del campione dei debitori (Tabella 4.8(b)) che descrivono alcune situazioni dove i crediti delle imprese sono stati classificati come performing, ci si accorge che gli indicatori di bilancio, variamente combinati tra di loro, sono presenti in modo rilevante nelle regole decisionali. Probabilmente, questo può essere spiegato alla luce del fatto che il debitore, non avendo rapporti commerciali diretti con il factor (come accade invece per il cedente) se non nel momento in cui gli viene sollecitato un pagamento, difficilmente può essere valutato sotto l’aspetto qualitativo come invece sembra accadere per il cedente. Quindi, ci si affida, principalmente, all’analisi degli indici di bilancio e alle rilevazioni presenti in Centrale Rischi. Infatti, la prima regola afferma, con una probabilità del 14%, che se un’impresa appartiene al settore manifatturiero e ha un indice di redditività maggiore o uguale del 10.17% e mediamente incassa i crediti che vanta nei confronti dei clienti in massimo 66 giorni allora le si può attribuire un giudizio positivo sul suo stato di salute. Analogamente, la seconda e la terza regola descrivono due situazioni per le quali un debitore risulta essere “in bonis” con una probabilità del 13%: se il ROS assume valori maggiori del 6% circa e la percentuale di credito scaduto sull’accordato nei rischi a scadenza è inferiore allo 0.07% oppure se il ROS è maggiore o uguale al 5.65% e non vi è presenza di sconfino sui rischi a revoca in CR.

La regola successiva afferma invece che in assenza di sconfino sui rischi a revoca e se gli oneri finanziari sono lo 0.37% dei ricavi e se mediamente l’azienda usufruisce di pagamenti dilazionati superiori ai 60 giorni allora anche in questo frangente la valutazione potrebbe essere positiva.

Risultano infine interessanti le seguenti due regole decisionali dove si può apprezzare la necessità delle lettura congiunta di più indicatori.

L’ottava regola descrive il caso in cui l’indice di redditività di un’impresa, costituita prima degli anni 2000, si attesta su valori del 3% o maggiori e l’Asset Turnover valga 1.89. Questa regola potrebbe individuare quella situazione in cui il risultato operativo di un’impresa (numeratore del ROS) è decurtato dall’incidenza di alcuni costi, ma allo stesso tempo i ricavi sono pari a quasi due volte il valore degli investimenti in immobilizzazioni e attivo circolante; la redditività delle vendite quindi risente di alcuni costi di gestione ma l’attivo netto ritorna mediamente in forma liquida attraverso i ricavi di vendita quasi due volte l’anno.

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

78

Tabella 4.8 (b) – Prime 25 Regole decisionali dei debitori per Cl5≥

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

79

La decima regola invece individua quella situazione in cui il ROS può assumere valori leggermente negativi, ma l’analisi dell’azienda deve essere accompagnata da un indice di autonomia finanziaria maggiore o uguale a 10 (ovvero il patrimonio netto finanzia interamente il totale degli impieghi), da una durata media dei crediti concessi ai clienti inferiore ai 70 giorni e dalla possibilità di pagare con una dilazione di circa 100 giorni o più.

Un’ulteriore indagine può essere svolta guardando, invece, agli attributi che descrivono le regole decisionali e in particolare alla forza descrittiva degli indicatori di bilancio.

Come noto, la selezione degli indici è stata effettuata in funzione della capacità segnaletica che questi sono in grado di manifestare. In particolare, Facchinetti [16] identifica 3 famiglie di indici che indagano rispettivamente la redditività dell’impresa (nel presente elaborato si fa riferimento agli indici reddituali R.O.S. e Asset Turnover), la sua solidità (analizzata attraverso indici patrimoniali come l’indice di autonomia finanziaria e gli oneri finanziari sul fatturato e indici di struttura come l’indice di copertura globale e il Debt/Equity Ratio) e infine la liquidità della stessa (indagata per mezzo dell’indice di liquidità immediata e degli indici di durata dei crediti verso i clienti e verso i fornitori).

Osservando, quindi, le regole decisionali di entrambi i campioni è possibile individuare quali sono le famiglie di indicatori più rappresentative per una corretta classificazione delle imprese e se la capacità segnaletica degli indici migliora se questi sono associati, all’interno della stessa regola, ad indicatori appartenenti a una diversa categoria di indagine.

Per semplificare l’analisi e porre l’attenzione sulle regole che hanno una maggiore capacità di spiegare i fenomeni osservati si è scelto di indagare le regole decisionali con coverage factor pari almeno al 10%.

In questo modo è stato possibile notare, nell’insieme di regole dei cedenti, che l’indicatore più rappresentativo appartiene alla famiglia degli indici reddituali (ROS nello specifico), seguito dalla famiglia degli indici che indagano la solidità (oneri finanziari su fatturato, autonomia finanziaria e indice di copertura globale) e dalla famiglia degli indici di liquidità (in particolare la durata dei crediti verso i fornitori, presente anche nel nucleo).

È interessante rilevare che l’indice di redditività delle vendite, quando associato a un indicatore di solidità e di liquidità, individua con più precisione eventuali differenze tra una classe decisionale e un’altra. Ad esempio, la tabella 4.9 evidenzia che se l’indice ROS assume un valore maggiore o uguale a 3.79% e gli oneri finanziari sono minori o uguali al 2.18% del fatturato e la durata dei crediti verso i fornitori è maggiore di 107 giorni allora all’impresa può essere associato un rating maggiore o uguale a 3 (credito in bonis sorvegliato o superiore); la valutazione migliora ulteriormente passando a un punteggio maggiore o uguale a 4 (credito in osservazione o superiore) se a parità di oneri finanziari il ROS e la durata dei crediti verso i fornitori aumentano (ROS ≥ 4.86% e crediti vs fornitori ≥ 125.28 giorni). Tuttavia è possibile assegnare a un’impresa un rating maggiore o uguale a 4 anche quando il ROS è maggiore o

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

80

uguale al 4% e la durata dei crediti verso i fornitori è maggiore o uguale a 86 giorni, l’importante è che il peso degli oneri finanziari sia minore o uguale all’1.47% del fatturato.

Nell’insieme di regole dei debitori, invece, l’indice di autonomia finanziaria (che indaga la solidità dell’azienda) risulta avere maggior forza rappresentativa; infatti con una probabilità del 95% è possibile affermare che se un’azienda ha un patrimonio netto 3 volte superiore al totale degli impieghi allora l’impresa appartiene alla classe decisionale dei crediti in contezioso o superiore.

Come individuato nelle regole dei cedenti, anche per i debitori la classificazione di un’impresa in una determinata classe decisionale dipende dalla lettura congiunta di più indicatori di bilancio, soprattutto se appartenenti a categorie di indagine diverse.

La tabella 4.10 mostra, ad esempio, che un’impresa può appartenere a una classe decisionale maggiore o uguale a 4 (credito in osservazione o in bonis) con una probabilità del 29% se l’indice di autonomia finanziaria assume valori maggiori o uguali a 25.94 e l’indice di copertura globale è maggiore o uguale a 0.95 e se la durata dei crediti verso i fornitori è inferiore o uguale a 80 giorni. Invece un’azienda cade nella classe decisionale dei crediti sorvegliati o peggiore con una probabilità del 14% se si verificano queste due situazioni:

la redditività delle vendite è ≤ a 6.16%, l’indice di autonomia finanziaria è ≤ di 7.27, l’indice di copertura delle immobilizzazioni è ≤ di 1.78 e la durata dei crediti verso i clienti è ≥ di 400 giorni;

l’indice di autonomia finanziaria è ≤ di 3.04, il Debt/Equity Ratio è ≥ di 4.13 e la durata dei crediti verso clienti è ≥ di 218 giorni.

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

81

Crite

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Tabella 4.9 – Estratto di alcune regole decisionali dei cedenti con coverage factor ≥ 0.10

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Capitolo 4 – Applicazione del Dominance-based Rough set Approach

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10.

8<=

0.8

846

0.13

9393

939

0.15

4882

155

CRED

ITO

<=

2=

CAT9

>= 2

003

<= 7

.27

50.

0151

5151

50.

1515

1515

2CR

EDIT

O <

= 4

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1.87

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23.

0910

0.03

0303

030.

1449

2753

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O <

= 3

<= 6

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.27

<= 1

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01.0

66

0.01

8181

818

0.13

9534

884

CRED

ITO

<=

3<=

3.0

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218

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0181

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1395

3488

4CR

EDIT

O >

= 3

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O>=

13.

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102

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1212

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1346

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24

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CRED

ITO

>=

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CRED

ITO

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184

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10.

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1111

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= 4

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NTR

O>=

13.

15<=

78.

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0.09

3939

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CRED

ITO

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5>=

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9.9

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68.

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98.

2227

0.08

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0.10

3448

276

CRED

ITO

>=

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1.7

9>=

19.

8>=

98.

2229

0.08

7878

788

0.10

1045

296

CRED

ITI P

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Tabella 4.10 – Estratto di alcune regole decisionali dei debitori con coverage factor ≥ 0.10

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

83

CONCLUSIONI

L’obiettivo della presente trattazione risiedeva nell’individuazione di alcune caratteristiche economico-finanziarie e/o ambientali delle imprese oggetto di indagine che potessero fungere da alert nel cambiamento dello “stato di salute” di un credito e se vi fosse una diversità di allocazione del rischio tra cedenti e debitori.

L’analisi, svolta utilizzando i concetti propri del Dominace-based Rough Set Approach, ha evidenziato, innanzitutto, che i cedenti e i debitori di una società di factoring dovrebbero essere valutati secondo due diverse modalità:

i cedenti (clienti dell’azienda di factor) richiedono una valutazione non solo basata sui prospetti contabili, ma supportata da un’analisi qualitativa, ovvero orientata a conoscere il settore in cui si inserisce l’azienda, la sua posizione geografica e da quanto è attiva;

i debitori, invece, non avendo rapporti commerciali diretti con il factor ma dovendo solo far pervenire i pagamenti a quest’ultimo, possono essere valutati principalmente in base ai valori che assumono alcuni indicatori finanziari.

Osservando inoltre le regole decisionali di entrambi i campioni è risultato interessante confermare, alla luce di quanto riportato nella letteratura, che la capacità segnaletica degli indici è maggiore quando questi vengono combinati ottenendo un insieme di indicatori che indagano ciascuno un aspetto diverso dell’impresa come la redditività, la solidità e la liquidità.

In questo modo le regole individuate cercano di spiegare la decisione in base alle circostanze in cui questa è stata presa e fornire una prescrizione all’intermediario finanziario su come valutare eventi simili in futuro.

Vale la pena sottolineare che l’analisi fin qui condotta è il risultato di alcune scelte che è stato necessario effettuare; in particolare, i dati utilizzati rappresentano un sottoinsieme dei dati forniti avendo dovuto eliminare principalmente i debitori esteri e le pubbliche amministrazioni. Però, lo strumento di analisi utilizzato e la teoria che lo valida hanno la capacità di mantenere la forza descrittiva dei campioni di dati indipendentemente dal numero di oggetti e dalle variabili utilizzate.

Infine è utile precisare che i risultati ottenuti forniscono un ausilio al factor per la comprensione di caratteristiche peculiari dei campioni e permettono di individuare eventuali analogie tra le imprese appartenenti allo stesso settore economico o alle quali è stato accordata la stessa tipologia di fido; tuttavia l’indagine va affiancata ad ulteriori informazioni, soprattutto di tipo qualitativo (ovvero i principali concorrenti, l’evoluzione del settore, le strategie commerciali e i piani industriali di sviluppo, la presenza di competenze finanziarie

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CONCLUSIONI

84

sviluppate dal management) per poter discriminare in modo abbastanza esatto tra una classe di rating e un’altra con punteggio superiore o inferiore.

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La valutazione del rischio di credito nel factoring A.A. /

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APPENDICE

APPENDICE 1

Macro1 Worksheets("Foglio2").Activate Columns("A:A").Select Selection.TextToColumns Destination:=Range("A1"), DataType:=xlDelimited, _ TextQualifier:=xlDoubleQuote, ConsecutiveDelimiter:=False, Tab:=True, _ Semicolon:=False, Comma:=True, Space:=False, Other:=False, FieldInfo _ :=Array(Array(1, 1), Array(2, 1), Array(3, 1), Array(4, 1), Array(5, 1), Array(6, 1), _ Array(7, 1), Array(8, 1), Array(9, 1), Array(10, 1), Array(11, 1), Array(12, 1), Array(13, 1 _ ), Array(14, 1), Array(15, 1), Array(16, 1), Array(17, 1), Array(18, 1), Array(19, 1), Array _ (20, 1), Array(21, 1), Array(22, 1), Array(23, 1), Array(24, 1), Array(25, 1), Array(26, 1), _ Array(27, 1), Array(28, 1), Array(29, 1), Array(30, 1), Array(31, 1), Array(32, 1), Array( _ 33, 1), Array(34, 1), Array(35, 1), Array(36, 1), Array(37, 1), Array(38, 1), Array(39, 1), _ Array(40, 1), Array(41, 1), Array(42, 1), Array(43, 1), Array(44, 1), Array(45, 1), Array( _ 46, 1), Array(47, 1), Array(48, 1), Array(49, 1), Array(50, 1), Array(51, 1), Array(52, 1), _ Array(53, 1), Array(54, 1), Array(55, 1)), TrailingMinusNumbers:=True i = 2 Do While ActiveSheet.Cells(1, i) <> "" ActiveSheet.Cells(1, i).Select If ActiveCell.Offset(1, 0) <> "" Then Range(Selection, Selection.End(xlDown)).Select Selection.Cut ActiveSheet.Cells(1, 1).End(xlDown).Select ActiveCell.Offset(1, 0).Select ActiveSheet.Paste Application.CutCopyMode = False i = i + 1 Else Selection.Cut ActiveSheet.Cells(1, 1).End(xlDown).Select ActiveCell.Offset(1, 0).Select ActiveSheet.Paste Application.CutCopyMode = False i = i + 1 End If Loop For i = 1 To 500

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APPENDICE

89

For j = 2 To 500 If Cells(i, j) <> "" Then ActiveSheet.Cells(i, j).Select Selection.Cut ActiveSheet.Cells(1, 1).End(xlDown).Select ActiveCell.Offset(1, 0).Select ActiveSheet.Paste Application.CutCopyMode = False End If Next Next Columns("A:A").Select ActiveWorkbook.Worksheets("Foglio2").Sort.SortFields.Clear ActiveWorkbook.Worksheets("Foglio2").Sort.SortFields.Add Key:=Range("A1:A10000" _ ), SortOn:=xlSortOnValues, Order:=xlAscending, DataOption:=xlSortNormal With ActiveWorkbook.Worksheets("Foglio2").Sort .SetRange Range("A1:A10000") .Header = xlGuess .MatchCase = False .Orientation = xlTopToBottom .SortMethod = xlPinYin .Apply End With Range("B2").Select ActiveCell.FormulaR1C1 = "=IF(RC[-1]<>"""",IF(RC[-1]=R[-1]C[-1],1,""""),"""")" Range("B2").Select Selection.AutoFill Destination:=Range("B2:B10000") Range("B2:B1000").Select Range("C1").Select ActiveCell.FormulaR1C1 = "=COUNTA(RC[-2]:R[10000]C[-2])" Range("C2").Select ActiveCell.FormulaR1C1 = "=COUNT(C[-1])" Range("C3").Select ActiveCell.FormulaR1C1 = "=R[-2]C-R[-1]C" Range("C4").Select End Sub

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APPENDICE 2

Macro 2 Dim valore Sheets("Foglio2").Select For i = 2 To 200 For j = 3 To 8 ActiveSheet.Cells(i, j).Select valore = ActiveSheet.Cells(i, j).Value If valore Like " INDICE9*" Then ActiveSheet.Cells(i, j).Select Selection.Copy Sheets("Foglio1").Select For k = 2 To 17 ActiveSheet.Cells(1, k).Select If ActiveSheet.Cells(1, k) Like "INDICE9" Then ActiveSheet.Cells(i, k).Select ActiveSheet.Paste Application.CutCopyMode = False End If Next Sheets("Foglio2").Select End If Next Next ' End Sub

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APPENDICE

91

TAVOLA 1 – Estratto del campione dei cedenti

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92

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APPENDICE

93

TAVOLA 2 – Estratto del campione dei debitori

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APPENDICE

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TAVOLA 3 – Tabella codici ATECO 2007 per macro-settori

Codice Ateco

Descrizione

A AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA

B ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE

C ATTIVITÀ MANIFATTURIERE

D FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA

E FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE DEI RIFIUTI E RISANAMENTO

F COSTRUZIONI

G COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI

H TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO

I ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE

J SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE

K ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE

L ATTIVITA' IMMOBILIARI

M ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE

N NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI SUPPORTO ALLE IMPRESE

O AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E DIFESA; ASSICURAZIONE SOCIALE OBBLIGATORIA

P ISTRUZIONE

Q SANITA' E ASSISTENZA SOCIALE

R ATTIVITÀ ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO

S ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI

T ATTIVITÀ DI FAMIGLIE E CONVIVENZE COME DATORI DI LAVORO PER PERSONALE DOMESTICO; PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI INDIFFERENZIATI PER USO PROPRIO DA PARTE DI FAMIGLIE E CONVIVENZE

U ORGANIZZAZIONI ED ORGANISMI EXTRATERRITORIALI