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Dipartimento di Economia Aziendale Università degli Studi di Brescia Paolo Francesco BERTUZZI LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO NEI RAPPORTI COMMERCIALI Paper numero 20 Aprile 2002

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Dipartimento diEconomia Aziendale

Università degli Studi di Brescia

Paolo Francesco BERTUZZI

LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO NEI RAPPORTI COMMERCIALI

Paper numero 20

Aprile 2002

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LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO NEI RAPPORTI COMMERCIALI

di Paolo Francesco BERTUZZI

Professore a contratto nell'Università degli Studi di Brescia

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Indice

1. Introduzione ............................................................................................... 1

2. Le politiche di credito commerciale quali fattori di marketing.................. 3

3. Le perdite su crediti e la gestione del rischio d’insolvenza ....................... 7

4. La gestione del rischio d’insolvenza ........................................................ 12

5. Il trasferimento del rischio e l’assicurazione dei crediti .......................... 17

5.1. Scelta tra trasferimento e ritenzione del rischio di credito.............. 17

5.2. L’assicurazione del credito a breve termine: presupposti di base, fasi del rapporto, aspetti evolutivi e differenti logiche di fondo .................................................................................................. 20

5.3. L’assicurazione del credito a medio termine: il ricorso a strutture di supplier credit assistite da garanzia assicurativa .......... 29

5.4. Il rischio Paese e l’assicurazione del rischio politico: cenni ........... 36

6. Politiche di credito in fasi congiunturali negative: le possibili risposte delle imprese esportatrici .......................................................... 46

Conclusioni .................................................................................................. 54

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

1. Introduzione

Ogni impresa, nel dinamico comporsi del proprio ciclo operativo e monetario, si trova a dover assumere importanti decisioni in merito alla politica di credito commerciale: se e quando concedere dilazioni di pagamento, sulla base di quale supporto informativo, con quale orizzonte temporale medio/massimo, con quali garanzie accessorie, con quali modalità/forme di pagamento, con quale livello di coercizione nel recupero di eventuali mancati pagamenti e così via. Come si evidenzierà nelle prossime pagine, quanto minore è la familiarità dell’impresa esportatrice con il mercato dove risiede il cliente tanto maggiore risulta per essa la criticità di definire adeguate politiche di credito alla clientela.

Poter offrire un piano di pagamento personalizzato e adeguato alle attese del cliente costituisce uno strumento di marketing molto efficace; vale ovviamente anche il ragionamento opposto: non essere in grado di assecondare le esigenze della propria clientela in merito alle dilazioni di pagamento preclude, non di rado, la possibilità di cogliere pienamente le opportunità offerte dal mercato, specie quando altri fornitori si dimostrino in ciò più competitivi1 - vuoi perché assistiti da un sistema pubblico di supporto alle esportazioni più “aggressivo”, vuoi perché residenti in paesi caratterizzati da un sistema finanziario più efficiente e innovativo.

Di contro, pare ovvio che una politica di credito commerciale improntata su ampie dilazioni, se non sostenuta da un’adeguata cultura aziendale e dal ricorso ad appropriati strumenti di gestione del rischio, oltre a rilevanti conseguenze sull'equilibrio finanziario dell'impresa, può portare a significativi effetti negativi sulla situazione economica; ciò a seguito di ritardi nei pagamenti e di maggiori perdite su crediti.

I contributi teorici al riguardo disponibili non sempre risultano adeguati alle necessità delle imprese. È pur vero che numerose sono le pubblicazioni e le guide pratiche inerenti agli strumenti e alle forme del supporto pubblico all'esportazione (peraltro in continua evoluzione) ovvero volte a introdurre

1 Tale situazione si verifica spesso allorquando i fornitori concorrenti appartengono a diversi paesi e le politiche di sostegno alle esportazione differiscono da paese a paese. Gli esportatori che risiedono in paesi dove più forte è il sostegno alle esportazioni (assicurazione pubblica del credito, garanzia del rischio politico, contributo in conto capitale per interessi agevolati ecc.) vengono a trovarsi in una situazione di netto vantaggio. A meno di una evidente prevalenza tecnica nelle caratteristiche del bene o di un prezzo assai più contenuto, l'esportatore residente nel paese con un minor supporto alle eportazioni dovrà adeguarsi, a suo rischio, alle condizioni del proprio concorrente più competitivo, pena l'insuccesso della propria trattativa.

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alcuni servizi privati a questa alternativi o complementari (assicurazioni private, leasing internazionale, factoring, forfaiting, counter-trade). Non vi sono, tuttavia, contributi organici, capaci di delineare il problema nella sua unitarietà, volti non tanto a presentare un dato strumento bensì a offrire al management aziendale un approccio metodologico d'analisi e di gestione del rischio d'insolvenza (individuazione, misurazione e selezione delle possibili alternative di gestione).

Spesso, inoltre, le decisioni in tema di politica di credito commerciale (durata media e massima delle dilazioni, modalità di raccolta/selezione delle informazioni economico-finanziarie sulla clientela, definizione degli standard di affidamento della clientela, forme tecniche e modalità di pagamento, incisività nel recupero dei crediti in contenzioso ecc.) non costituiscono una scelta autonoma dell’impresa, bensì sono dettate da abitudini del mercato (o meglio dalle diverse abitudini nei differenti mercati geografici e settoriali), da mosse dei concorrenti e dalla situazione economico-congiunturale.

A ciò si aggiunga che, come sottolineato da autorevoli fonti2, la capacità competitiva di un’impresa industriale è, oggi, sempre più connessa alla capacità di offrire un pacchetto integrato di beni-servizi, dove alla componente tangibile dei propri prodotti si aggiunge un insieme di servizi (pre e post-vendita) capaci di accrescere la soddisfazione e il valore percepito da parte del cliente, aumentando – conseguentemente - il livello di fidelizzazione della clientela stessa. Come si avrà occasione di sottolineare in seguito (cfr. § 2), tra questi servizi figura sempre più anche il “servizio finanziario”, inteso come lo sforzo compiuto dal fornitore per stabilire, unitamente al cliente, le modalità e dilazioni di pagamento più consone alle esigenze di quest’ultimo. La crescente importanza dei servizi finanziari connessi alle modalità di pagamento trova evidenza sia con riguardo ad acquirenti industriali sia con riguardo ad acquirenti consumatori (credito al consumo); aspetto, quest’ultimo, non considerato nel presente lavoro.

Nei paragrafi che seguono si cercherà di tratteggiare una breve analisi relativa alle problematiche attinenti la gestione del rischio di credito alla clientela estera per poi concentrarsi sulle caratteristiche e sulle diverse “filosofie” alla base dei contratti di assicurazione dei crediti, principale forma di trasferimento del rischio, distinguendo al riguardo tra le possibili garanzie offerte dal mercato assicurativo per la copertura del rischio di 2 Si vedano al riguardo A. Marcati, Relazioni tra imprese e marketing industriale, Giappichelli, Torino, 1992; E. Valdani, B. Busacca, M. Costabile, La soddisfazione del cliente, Egea, Milano, 1994; R. Varaldo e A. Fiorentino, l’integrazione prodotto-servizio nella prospettiva del marketing neo-industriale, “Micro & Macro Marketing”, agosto 1996; G. Guido, Il ruolo dei servizi nel nuovo orientamento al consumatore, “Finanza marketing e produzione”, n 1, 1999.

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credito a breve termine da quelle per la copertura del rischio di credito a medio termine. Quest’ultimo tema riguarda principalmente le esportazioni di impianti e macchinari e, in considerazione dello stretto legame che viene a crearsi tra banche e assicurazioni, richiede un accenno anche alle possibili forme di finanziamento delle esportazioni (cfr. § 5.3). Si farà inoltre menzione delle garanzia assicurative disponibili per la copertura del rischio politico.

2 Le politiche di credito commerciale quali fattori di marketing.

Gli studiosi di marketing non hanno mai dedicato particolare attenzione al tema del «credito alla clientela» e più in generale dei servizi finanziari concessi dal fornitore all’acquirente. Ciò non significa, tuttavia, che non ne venga fatta menzione: pressoché tutti i manuali di marketing, - in particolare quelli che trattano il tema dei beni industriali - annoverano le politiche di credito commerciale tra i fattori di marketing in due diverse accezioni: la prima - riscontrabile già nella letteratura degli anni settanta - quale componente della più generale politica di prezzo; la seconda - emersa nella letteratura degli ultimi anni - quale fattore di servizio nei confronti della clientela. È verso questa seconda impostazione che ci si concentrerà nel prosieguo del presente contributo.

In particolare, nell'ottica del marketing relazionale e della nuova visione neo-industriale dei servizi e del marketing3, riconosciuto il ruolo centrale della soddisfazione della clientela ai fini di una progressiva fidelizzazione della stessa e ribadita la necessità per l 'impresa di massimizzare il valore per il proprio acquirente, si sottolinea l'importanza di concepire l'offerta non solo con riferimento agli elementi tangibili bensì anche con riferimento alle componenti di servizio, ritenute non più come fattori puramente accessori bensì come attributi determinanti dell'offerta di ogni impresa. Accanto ai più noti servizi di assistenza pre-vendita e post-vendita, viene spesso accennato al ruolo delle politiche di credito/dilazione alla clientela, specie con riferimento al processo di acquisito di beni industriali durevoli (impianti e macchinari). Arena4, al riguardo, evidenziando l'importanza del credito commerciale quale strumento di marketing nelle diverse aree d'affari, mette in stretta relazione le decisioni riguardanti la politica di credito con gli obiettivi dell'impresa circa la propria quota di mercato. L’Autore in parola introduce, inoltre, il concetto di elasticità della domanda alle diverse forme

3 Cfr nota 2 4 P. Arena, Sulle politiche concorrenziali e sulle connesse manovre del credito di regolamento, Giappichelli, Torino 1991.

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di pagamento e di dilazione concesse. Del pari, Bertoli, nell’analizzare gli aspetti gestionali delle politiche di prezzo nelle transazioni internazionali5 e nel trattare il tema del finanziamento del credito all’esportazione6, sottolinea l’importanza di concedere alla propria clientela un adeguato servizio finanziario mediante dilazioni e condizioni di pagamento personalizzate.

Il tema delle politiche di credito commerciale ha da sempre rappresentato un importante filone d’indagine per gli autori che, all’interno del più vasta disciplina della finanza aziendale, si interessano delle tematiche attinenti il capitale circolante. Anche detti autori, pur partendo da diverse finalità, mettono in risalto il notevole impatto che alternative politiche di credito commerciale hanno sul potenziale commerciale dell’impresa e sulla qualità delle relazioni che si instaurano tra fornitore e cliente. Così Brunetti7

sottolinea come il credito di regolamento non debba essere considerato un investimento da comprimere ma un importante strumento del marketing mix volto ad influenzare il comportamento della clientela e quindi a sviluppare le vendite e i profitti e a favorire la penetrazione dell'azienda sul mercato. Trattando dell'aspetto strategico della gestione degli elementi del capitale circolante netto, di cui i crediti fanno parte, l'Autore sottolinea come, nell'ambito dei vincoli derivanti dalla prassi in uso nel mercato e tenendo conto delle limitazioni connesse alle disponibilità di mezzi finanziari, per un impresa 1'investimento concesso alla clientela costituisca uno strumento, spesso decisivo, per il conseguimento di importanti vantaggi competitivi sul mercato.

Eminente8 evidenzia 1'importanza del credito commerciale quale strumento di marketing sia quale elemento attinente il fattore prezzo, elemento fondamentale del marketing mix, sia quale fattore capace di incidere sul livello di servizio percepito dall’acquirente. Considerare il credito commerciale quale fattore del marketing mix comporta la necessità, a parere dell’Autore, di promuovere un coordinamento decisionale tra le politiche di regolamento e le altre variabili che regolano il rapporto tra 1'impresa e i propri clienti. Al tempo stesso, considerare il credito commerciale quale parte del più ampio servizio post-vendita, implica il riconoscimento del contributo delle politiche di credito alla costruzione di un rapporto duraturo e collaborativo con il cliente. In entrambe le accezioni

5 G. Bertoli, La politica dei prezzi: gli aspetti gestionali, in E.Valdani, C. Guerini e G. Bertoli, Marketing Globale, Egea, Milano, 2000 6 G. Bertoli, Il finanziamento del credito all’esportazione: un importante strumento di marketing internazionale, working paper 1998. 7 G. Brunetti, Sulle dimensioni di analisi del capitale circolante netto, in AA.VV., Finanza aziendale e mercato finanziario, Scritti in onere di G. Pivato, vol 1, Giuffré, Milano, 1982. 8 G. Eminente, La gestione dei crediti: aspetti finanziari, commerciali e organizzativi, in AA. VV., Finanza aziendale e mercato finanziario, op. cit, 1982.

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(credito quale parte di una più generale politica di prezzo o quale fattore di servizio), il punto di partenza per un'adeguata politica di credito commerciale deve essere l'analisi del comportamento d'acquisto della propria clientela: risulta infatti evidente come, per 1'impresa, sia tanto più opportuno investire in una politica di credito accondiscendente (ampie dilazioni e forme di pagamento scarsamente coercitive) quanto più la domanda si dimostri elastica e sensibile proprio rispetto alle condizioni e alle modalità di pagamento.

Cattaneo9, del pari, oltre a compiere una puntuale disamina delle decisioni attinenti l'area del credito commerciale, mette in evidenza un aspetto che assume particolare importanza con specifico riferimento alle vendite che prevedono/possono prevedere un pagamento a medio-lungo termine (forma tipica del comparto degli impianti e dei macchinari): la possibilità di ottenere un effetto positivo sul prezzo di vendita godendo, in determinate situazioni, del diverso valore finanziario del tempo tra le controparti. La situazione è proficua per entrambi quando il costo dei mezzi finanziari per lo sconto di effetti in capo al fornitore è inferiore rispetto al costo del denaro in capo all'acquirente (cfr. § 5.3).

Brunetti e Olivotto10 sottolineano come il credito commerciale rappresenti un investimento la cui dimensione, in estrema sintesi, dipende da tre variabili: i ricavi di vendita, la proporzione delle vendite a credito e i termini di dilazione. Sempre secondo gli Autori in parola, la politica di credito commerciale ha una portata molto ampia riguardando «l'esplicita definizione delle linee di condotta che l'impresa persegue al fine di concorrere ad influenzare la continuità di reddito della sua combinazione aziendale». Essa si pone molteplici obiettivi i quali possono essere tra loro contrastanti. I più comuni sono: 1'incremento delle vendite, la riduzione delle perdite per inesigibilità, la riduzione dei costi di gestione del credito e la riduzione del costo di investimento in credito commerciale.

Dallocchio11, nel primo capitolo del suo lavoro riguardante specificatamente il credit management, oltre a sottolineare come spesso molte delle decisioni in tema di politiche di credito commerciali sono «imposte» dalle abitudine e dalle logiche del mercato, mette in evidenzia il notevole impatto delle decisioni in materia sui risultati commerciali delle imprese. Nei capitoli successivi, pur riportando l'enfasi su aspetti più squisitamente finanziari, approfondisce argomenti quali i criteri per la

9 M. Cattaneo, Il capitale circolante netto, Utet, Torino, 1988 e 1999. 10 G. Brunetti e L. Olivotto, Il controllo del capitale circolante, Utet, Torino, 1992. 11 M. Dallocchio, Credit Management. Economia e .fìnanza delle politiche commerciali, Milano, Etaslibri, 1993. Di tale opinione W. Rovatti, La gestione dei crediti, Scuola di Palo Alto, Milano, 1996

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selezione della clientela, le tecniche aziendali di affidamento della propria clientela, le modalità di monitoraggio dell'esposizione, l'analisi dello scaduto e le possibili tecniche di recupero crediti. Le decisioni in parola, oltre a necessitare la messa a punto di apposite procedure operative, portano spesso ad interferenze e conflitti tra la funzione commerciale, che tende a privilegiare scelte accondiscendenti in tema di politiche di credito, la funzione amministrazione-controllo, che – viceversa – privilegia una politica di credito che minimizzi i costi ad essa connessi, e la funzione finanziaria che – del pari – tende a valutare l’investimento in crediti commerciali in termini di ritorno finanziario, al pari degli altri investimenti aziendali. L’Autore, richiamando l’esperienza anglosassone prevede, al riguardo, una apposita figura organizzativa, il credit manager appunto, al quale assegnare il compito operativo di attuare le politiche di gestione del credito definite a livello strategico e di relazionarsi con le altre funzioni aziendali.

È inoltre importante chiedersi quale sia l’impatto che un’attenta gestione del rischio di credito eserciti sul valore del capitale economico di un’impresa. Come per ogni rischio aziendale, un’attenta gestione e l’eventuale trasferimento a terzi comporta dei costi ma, al tempo stesso, garantisce una maggior tranquillità di gestione, che si traduce nella possibilità di cogliere un maggior numero di opportunità offerte dal mercato, e in una minor volatilità dei flussi economici, impattando quindi sul rischio che il mercato associa all’impresa e, conseguentemente, sul valore del capitale economico12.

Si ritiene opportuno, infine, rinviare ad alcuni contributi di autori stranieri, principalmente statunitensi, che rappresentano - di fatto - dei manuali operativi per il management avente responsabilità nella gestione dei crediti, con numerose esemplificazioni e riferimenti a diverse tecniche operative in differenti settori13.

12 P. Bertuzzi, La gestione del rischio di credito: impatto sul valore del capitale economico, in La valutazione delle aziende, Finanza e Valore, Milano n. 19, dicembre 2000. 13 R. Bartels, Marketing managers and credit administraction, in Handbook of Modern Marketing, Mcgraw-Hill Book Company, New York, 1986; L. Tylczak, The winning team: credit and sale, NACM Pubblication, Mariland, 1994; F. Scherr, Making Sound Credit Policy Decision, NACM Pubblication, Mariland, 1996; B.P. Mavrovitis, You make the Credit Call, NACM Pubblication, Mariland, 1997.

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3. Le perdite su crediti e la gestione del rischio d’insolvenza

Come si è detto, le decisioni attinenti la politica di credito commerciale (se e quando concedere dilazioni di pagamento, con quale dilazione massima, sulla base di quali informazioni economico-finanziarie, con quali garanzie accessorie, con quale modalità di pagamento, con quale livello di coercizione nel recupero di eventuali mancati pagamenti ecc.) costituiscono, a livello aziendale, un aspetto assai delicato da numerosi punti di vista:

- finanziario: a motivo del significativo immobilizzo di capitale circolante in crediti commerciali14 (l’investimento in crediti rappresenta una delle principali voci dell’attivo, con percentuali che variano da settore a settore e che possono raggiungere punte del 40%);

- economico: a causa dei costi di gestione del credito (costi di affidamento e monitoraggio della clientela, oneri finanziari figurativi, costi di incasso dei crediti e di gestione del contenzioso);

- d’accrescimento del profilo di rischio: in quanto voce fondamentale degli attivi aziendali, i crediti costituiscono uno dei principali fattori di rischio a livello aziendale. Non rari sono i casi in cui errate politiche di credito e le conseguenti perdite su crediti, specie se l’impresa non si è dotata di adeguati princìpi di gestione e trasferimento del rischio, sono alla base di fenomeni di declino-crisi dell’impresa15.

Ogni impresa, nel corso della propria esistenza, presenta un determinato

andamento storico delle perdite su crediti, trend di norma influenzato dalle fasi cicliche dell’economia e dall’andamento del settore d’appartenenza. In generale, le perdite sui crediti relativi alle vendite all’estero possono ricondursi ai seguenti accadimenti16:

a) errata valutazione del debitore: viene concessa una linea di fido ad un cliente che presenta una situazione economico-finanziaria tale da lasciar presupporre come improbabile la sua capacità di far fronte al pagamento del credito alla scadenza;

14 Per un maggiore approfondimento dell’incidenza dell’investimento in crediti commerciali nei diversi settori si veda, M. Dallocchio, Credit Management, Economia e finanza delle politiche commerciali, Etaslibri, Milano, 1993, cap 1; 15 L. Guatri, Turnoround. Declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995 16 P. Bertuzzi, Il rischio d’insolvenza nel commercio internazionale di beni durevoli, in “Finanza marketing e produzione”, n. 2, 1998.

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b) sopraggiunta incapacità di adempiere: un cliente, positivamente valutato al momento della concessione del fido, diviene insolvente nel periodo che intercorre tra la vendita e la scadenza del credito (o, in caso di forniture periodiche, nel periodo che intercorre tra due valutazioni periodiche) a motivo di fattori contingenti (ad esempio: cali repentini della domanda, sconvolgimenti nella struttura societaria dell’impresa debitrice, abbandono dell’azienda da parte di persone-chiave, calamità naturali ecc.);

c) fattori di natura politica17: l’insolvenza, in questo caso, prescinde dalla situazione economico-finanziaria dello specifico debitore, essendo riconducibile all’adozione di misure di diritto o di fatto da parte dello stato di appartenenza del debitore stesso (nazionalizzazioni, confische, inconvertibilità della valuta, divieto di trasferimenti valutari all’estero ecc.) ovvero ad eventi socio-politici tali da ripercuotersi negativamente su interi sistemi finanziari (guerre, risoluzioni di embargo a carico del Paese del debitore ecc) (cfr. § 5.4);

d) omesso pagamento a seguito di mancata performance dell’impresa fornitrice: il mancato pagamento discende dalla volontà del debitore di non adempiere a motivo di una effettiva o pretestuosa contestazione sulla qualità del prodotto fornito, di ritardi nelle consegne e così via18. Questo rischio si pone in tutti quei casi nei quali il mezzo di pagamento non è costituito da un titolo astratto, ovvero da un titolo di credito/forma di pagamento, la cui validità è indipendente dall’obbligazione sottostante.

La probabilità che si verifichi un mancato pagamento muta al ricorrere di

determinate variabili:

a) connesse alla tipologia dell'acquirente. Il rischio del manifestarsi di mancati pagamenti è tanto maggiore quanto più l'acquirente presenta già all'atto della fornitura un contenuto grado di solvibilità, opera in

17 Per approfondimenti si veda: Coface, Guida al rischio Paese, Il Sole 24 Ore, 1999 e 2001. 18 In questo caso non si è in presenza di una situazione di insolvenza (impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni), bensì di una decisione di non adempiere a motivo di contestazioni sul rispetto, da parte del fornitore, delle obbligazioni contrattualmente assunte. Mentre in alcuni casi la contestazione del cliente è fondata, in altri casi la contestazione può definirsi come “meramente pretestuosa”; in questi ultimi casi, il confine tra le due situazioni (insolvenza e contestazione della fornitura) diviene labile. Si consideri, in tal senso, che spesso un soggetto in difficoltà finanziaria aumenta la propria propensione a contestare le forniture.

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un settore che versa in una fase congiunturale negativa o comunque caratterizzato da frequenti andamenti ciclici, risiede e/o opera in paesi caratterizzati da elevata instabilità politica ed economica, denota una struttura organizzativo-gestionale non idonea a garantire un "normale" svolgimento della propria attività (ad esempio le decisioni sono concentrate in una/poche persone chiave);

b) connesse alle modalità e ai termini di pagamento accordati alla clientela. Il rischio di mancati pagamenti è tanto maggiore quanto più la forma tecnica di pagamento è priva di idonee garanzie, la dilazione di pagamento è protratta nel tempo (infatti, la possibilità che un debitore, positivamente valutato all'atto della fornitura/acquisizione dell'ordine, si trovi, all'atto del pagamento, nell'impossibilità di far fronte alle proprie obbligazioni cresce all'aumentare del periodo di dilazione concesso);

c) connesse alla natura del bene venduto. Il rischio del manifestarsi di mancati pagamenti è tanto maggiore quanto più il bene venduto è tecnicamente complesso (le contestazioni possono infatti riguardare numerosi fattori), quanto più è specifico e quindi difficilmente esisterà un mercato dell'usato che faciliti il disinvestimento da parte dell'acquirente ovvero da parte del venditore in caso di successivo rientro in possesso del bene, quanto più è facilmente reperibile sul mercato (la forza contrattuale del fornitore sarà in tal caso modesta).

Un quesito da porsi è “quando nasca il rischio d’insolvenza/rischio di

credito”. Civilisticamente, il rischio in questione nasce unitamente al credito stesso, ovvero con la spedizione del prodotto e l’emissione della relativa fattura. Di fatto, tuttavia, è necessario distinguere due diverse situazioni.

La prima situazione è relativa alla produzione “di serie/a catalogo”: in tale caso, l’acquirente ordina un prodotto di serie, ovvero non specificatamente realizzato per le sue esigenze. Pur con distinzione a seconda dell’organizzazione della pianificazione aziendale (produzione per il magazzino o tecniche just in time), si può asserire che il rischio di credito nasca effettivamente con la spedizione del bene (distinguendo poi a seconda che si tratti di vendite con consegna franco propria sede, CIF oppure presso la sede dell’acquirente). Un caso particolare può verificarsi in presenza di ordinativi di dimensione particolarmente rilevante rispetto alla capacità produttiva del produttore; se per evadere tale ordine, l’impresa deve potenziare la propria capacità produttiva, l’eventuale annullamento della commessa piuttosto che la sopraggiunta insolvenza del cliente durante il periodo di approntamento della stessa porta l’impresa a sostenere una perdita che si manifesta anche prima della spedizione della fornitura.

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La seconda situazione riguarda, invece, produzione su commessa / prodotto personalizzato: in questo caso fin dal momento della ricezione dell’ordine – se non addirittura sin dallo studio delle specifiche del bene - l’impresa produttrice sostiene costi specificatamente rivolti alla realizzazione di un prodotto che, in caso di annullamento della commessa e della sopraggiunta insolvenza dell’acquirente prima della spedizione, solo in parte potrebbero essere recuperati destinando ad altro acquirente il bene realizzato. Quanto più elevati sono il livello di personalizzazione della commessa e il peso relativo della stessa tanto maggiore dovrà essere, già nella fase antecedente l’acquisizione dell’ordine, l’attenzione dell’impresa fornitrice sulla serietà commerciale e sulla capacità futura di adempiere da parte dell’acquirente. Di norma, proprio per proteggersi verso il rischio di revoca della commessa o di mancato ritiro della merce, in presenza di produzioni speciali, si suole ricorrere a impegni di pagamento irrevocabili (principalmente, lettere di credito irrevocabili o fidejussioni bancarie) ovvero prevedere un pagamento anticipato al momento dell’ordine di una quota all’incirca corrispondente al costo della personalizzazione, ovvero alla perdita che si presume di dover sostenere nel caso ci si trovasse costretti a destinare quel prodotto ad altro cliente.19

Una classificazione delle perdite su crediti, valida a fini operativi è schematizzata nella figura 1. In riferimento a tale figura, è possibile evidenziare:

a) le perdite strutturali su crediti, le quali rappresentano quella percentuale di perdite (normalmente espressa con rispetto al fatturato aziendale) che strutturalmente un’impresa presenta a motivo dell’appartenenza a un dato settore e in relazione alle caratteristiche e alla distribuzione geografica della propria clientela. Dall’analisi delle perdite su credito storicamente sostenute da un’impresa, è possibile desumere quale sia la componente strutturale, componente abituale, che si presenta in pressoché in tutti gli esercizi (“zoccolo di base”). Di norma, la componente strutturale si compone di un numero abbastanza alto (elevata frequenza) di perdite di ridotto ammontare (ridotta intensità); così, ad esempio, per l’impresa le cui perdite sono schematizzate nella figura 1 le insolvenze strutturali possono essere assunte nella misura dello 0,2% del fatturato;

19 In realtà, pur in presenza di prodotti altamente personalizzati e salvo ottenere un pagamento mediante lettera di credito irrevocabile, difficilmente si riesce a ottenere un anticipo all’ordine che superi il 20/25%. Anche in tali casi al fornitore è inoltre di norma richiesto il rilascio di una fidejussione (advance payment bond), che può essere bancaria o assicurativa, a garanzia delle obbligazioni assunte (consegna del bene).

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b) le perdite congiunturali su crediti, ossia quelle che si presentano ogniqualvolta il/i settore/i a valle, o i principali paesi di sbocco, attraversano una situazione congiunturale negativa. Le perdite in parola sono tanto più evidenti nei settori altamente ciclici; anche in questo caso, di norma, si tratta di un numero elevato di perdite di limitato importo unitario, anche se non sono da escludersi insolvenze unitarie di dimensioni più rilevanti. Così, ad esempio, per l’impresa le cui perdite sono schematizzate nella figura 1 le perdite cicliche su crediti raggiungono un livello dello 0,15% del fatturato (ciò significa che, nei cicli negativi del settore/paesi a valle, l’abituale livello di perdita su crediti pari allo 0,2% accresce fino allo 0,35%);

c) le perdite imprevedibili su crediti: sono perdite d’intensità ben superiore alla media, dovute al dissesto di clienti importanti (singole perdite d’intensità molto elevata), oppure a periodi di grave crisi del settore a valle o delle economie dei paesi di sbocco. Tale rischio è maggiore per quelle imprese che presentano un portafoglio clienti/crediti concentrato (un limitato numero di acquirenti assorbe un’elevata percentuale del fatturato aziendale, con conseguente esposizione creditizia elevata in capo ad ognuno di tali clienti). Tornando alla nostra ipotetica impresa, una perdita imprevedibile si manifesta nel sesto anno, dove, a motivo di una significativa perdita, l’ammontare totale delle perdite su credito raggiunge lo 0,55% del fatturato.

Figura 1. Classificazione delle perdite su crediti per natura

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Anno

0,1

0,2

0,3

0,4

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4. La gestione del rischio d’insolvenza

Il processo di gestione del rischio ha l'obiettivo d’individuare le politiche più opportune per affrontare le problematiche emerse durante la fase d’identificazione del rischio e, valutati i diversi impatti in termini di costi e di benefici, indicare la soluzione economicamente più vantaggiosa per l'impresa. Rinviando per approfondimenti alla letteratura specializzata in tema di risk management20, di seguito si sintetizzano alcune delle possibili tecniche di gestione del rischio di insolvenza commerciale (cfr. tab. 1).

Come emerge dalla tabella 1, la completa eliminazione del rischio d’insolvenza si ottiene unicamente non servendo quelle categorie di clienti ritenute a elevato rischio, ovvero evitando tout cour la nascita del credito (richiedendo cioè pagamenti all’ordine o alla consegna) oppure, ancora, prevedendo forme di pagamento ritenute certe/sicure dall'impresa (es. lettere di credito confermate da primaria banca italiana o internazionale e assenza di riserve). Salvo limitati casi, è pressoché impossibile attuare unicamente tecniche di eliminazione: si giungerebbe, infatti, al risultato di mettere in dubbio la stessa sopravvivenza dell'impresa, limitandosi a cogliere solo una ristretta parte delle opportunità offerte dal mercato. Spesso si è portati a ritenere che, non essendo possibile eliminare il rischio, le uniche alternative siano trasferirlo su terzi (accendendo appositi contratti di assicurazione, di factoring prosoluto o di forfaiting) oppure tenersi il rischio in proprio. È invece necessario considerare come sia le tecniche di prevenzione sia quelle di protezione risultino assai importanti per la gestione del rischio d'insolvenza commerciale; ciò a prescindere dal fatto che, successivamente, si opti per trasferire o ritenere in proprio il rischio residuo.

20Cfr, ad es., Forestieri G. (a cura di), Risk Management: strumenti e politiche per la gestione dei rischi puri dell’impresa, Milano, Egea, 1996.

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Tabella 1 Tecniche di gestione del rischio di insolvenza commerciale.

Tecnica di gestione Applicazione al rischio di insolvenza commerciale e politico 1) eliminazione - non servire clienti ad elevato rischio;

- richiedere unicamente pagamenti in contanti / forme certe di pagamento (es. Lettere di credito confermate da primaria banca italiana)

2) prevenzione (riduzione della probabilità del verificarsi di un evento; riduzione della frequenza)

- messa a punto di un efficiente processo di raccolta informazioni/affidamento/monitoraggio della propria clientela;

- messa a punto di un efficiente processo di controllo del credito;

- messa a punto di un efficiente processo di gestione della qualità del proprio prodotto al fine di ridurre possibili reclami;

- elevata attenzione in fase precontrattualistica (es. non assumere obbligazioni che non si è in grado di rispettare; prevedere un adeguato sistema di garanzie/controgaranzie)

3) protezione (riduzione dei danni conseguenti al manifestarsi dell’evento; riduzione della gravità)

- ricorso a garanzie accessorie quali elevati anticipi, garanzie reali su altri beni o sul bene oggetto di vendita;

- richiesta di garanzie accessorie personali/finanziarie (avalli cambiari, fidejussioni ecc.);

- messa a punto di un efficiente sistema di sollecito/recupero stragiudiziale o giudiziale dei crediti (rete di legali internazionali, conoscenza delle procedure concorsuali estere ecc.)

4) trasferimento dell’alea ad altro soggetto economico contro corrispettivo di un premio

- stipula di contratti assicurativi (con Compagnie d’Assicurazione private e/o pubbliche);

- sconto pro soluto di effetti / factoring pro-soluto / forfaiting;

- cartolarizzazione dei crediti. 5) ritenzione / autofinanziamento

a) scelta autonoma/consapevole: - creazione di appositi accantonamenti; - apertura di linee di fido contingenti; - costituzione di Compagnie captive / finite risk

b) scelta residuale:

- impossibilità di adottare le tecniche sopra citate; - mancata conoscenza delle tecniche sopra citate; - quota di scoperto obbligatorio a carico fornitore

Fonte: ns elaborazione.

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Prevenire il rischio d'insolvenza significa dotarsi di una filosofia aziendale e di un atteggiamento organizzativo volti a porre in essere tutte quelle procedure finalizzate a ridurre la probabilità del verificarsi di mancati pagamenti. Tra queste, fondamentale è la capacità di mettere a punto un efficiente processo di raccolta delle informazioni economiche e finanziarie sulla propria clientela nonché di affidamento e di monitoraggio dell’esposizione su ogni singola posizione; ciò può avvenire basandosi sia su informazioni interne all'impresa (dati storici, informazioni raccolte dalla propria rete di vendita21) sia su informazioni esterne alla stessa (società specializzate in informazioni commerciali, informazioni bancarie, società di informazioni collegate a compagni d'assicurazione, banche dati ecc.). Del pari, una volta affidato il cliente e sorto il credito, è importante dotarsi di un sistema di controllo capace di segnalare velocemente eventuali anomalie/sconfinamenti al fine di intervenire prontamente con le decisioni più opportune (ad es. bloccare le nuove forniture, chiedere un piano di rientro, richiedere nuove garanzie, agire legalmente per il recupero del credito).

Un ulteriore punto sul quale occorre porre attenzione è la prevenzione, da parte del fornitore, di possibili controversie/contestazioni elevate dall'acquirente; queste, infatti, potrebbero indurre lo stesso, a ragione o meno, a sospendere il proprio piano di pagamento; la prevenzione di controversie può avvenire, innanzitutto, instaurando un clima collaborativo con il cliente, inoltre mettendo a punto un efficiente sistema di gestione della qualità e dei reclami, nonché stabilendo con precisione, in fase precontrattuale, le responsabilità delle parti e le caratteristiche/prestazioni del bene venduto22, evitando – in particolare – di assumersi impegni (es.

21 Non di rado il personale commerciale è reticente al raccogliere informazioni/documentazioni di natura economico-finanziaria (es. richiedere bilanci e budget alla propria clientela). È tuttavia necessario convincere sia la rete di vendita sia la propria clientela del fatto che quanto migliori sono la qualità e il livello di aggiornamento delle informazioni economico-finanziarie, tanto maggiore sarà la possibilità per la nostra impresa di concedere adeguati affidamenti: la mancanza di un’informazione può portare, infatti, secondo corretti principi di prudenza, ad assumere decisioni eccessivamente restrittive. È quindi opportuno che la direzione aziendale predisponga un “manuale delle procedure” che fornisca la traccia sulle informazioni da raccogliere presso la clientela piuttosto che presso società in ciò specializzate nonché sulla gestione che delle stesse deve esserne fatta all’interno dell’impresa. 22 A tale proposito è possibile prevedere nel contratto di vendita il rilascio, da parte del fornitore, di garanzie fidejussorie, bancarie o assicurative, a fronte della buona esecuzione del contratto (performance bond). In questo caso, nasce in capo all'impresa fornitrice un nuovo rischio (di escussione della garanzia) di entità definita, il quale non interferisce sulla esigibilità dell’intero credito, salvo sia diversamente stabilito.

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prestazioni tecniche del prodotto, tempi di consegna ecc.) che difficilmente si sarà in grado di mantenere.

Le politiche di protezione dal rischio d'insolvenza sono, al contrario, finalizzate a ridurre l'entità dei danni conseguenti al mancato pagamento da parte di un cliente (riduzione della gravità dell’evento). In aggiunta a quanto già affermato per ordini di prodotti su commessa (supra,. § 3), principalmente, si attuano richiedendo all'acquirente garanzie collaterali, di natura finanziaria (garanzie personali, fidejussioni di terzi garanti, avalli su cambiali, lettere di patronage della società capogruppo ecc.) o di natura reale (riserva di proprietà sul bene venduto, ipoteche su beni immobili). È inoltre di fondamentale importanza mettere a punto un efficiente sistema di sollecito/recupero dei crediti in sofferenza, bloccando – se del caso – l’esecuzione di nuove forniture. A tale fine, è necessario ottenere la piena collaborazione della rete di vendita aziendale, coinvolgendola – unitamente con il credit manager - nel discutere con il cliente al fine di determinare la soluzione più opportuna per permettere allo stesso23 un “pronto rientro”. Nel caso non risulti possibile risolvere la questione in via concordata/stragiudiziale, l’impresa dovrà attivarsi prontamente per il recupero giudiziale dei crediti; a tale fine, è essenziale che l’impresa, direttamente o tramite i propri agenti in loco, sia in contatto con studi legali residenti nei diversi paesi in cui opera, imparando a conoscere il grado di successo (nonché relativa tempistica e costi) delle diverse procedure (specie quelle concorsuali) nei differenti ambiti geografici.

Definite le proprie politiche in tema di prevenzione e protezione del rischio d’insolvenza, prima di affrontare le scelte attinenti le politiche trasferimento/ritenzione del rischio, è opportuno che, a livello aziendale, si proceda ad articolare il proprio parco clienti/crediti in diverse categorie, tenendo conto sia della sensibilità del cliente alle politiche di credito (è infatti necessario concentrare i propri sforzi/investimenti su quelle categorie di clienti che maggiormente valorizzano tale servizio; per i restanti clienti, ad esempio, sarà più opportuno puntare su una politica di marketing maggiormente orientata al fattore prezzo), sia del diverso grado di

23 L’esperienza insegna che spesso, specie quando l’azienda rappresenta uno dei fornitore principali del cliente in crisi, perseguire soluzioni concordate permette, oltre a maggiori possibilità di recupero del credito, di legarsi ulteriormente il cliente, accrescendone il livello di fidelizzazione (rimarrà sempre la memoria di averlo aiutato in un momento difficile). Ciò è possibile, tuttavia, solo se vi è la ragionevole certezza sul fatto che il cliente in parola riuscirà effettivamente a far fronte alle proprie obbligazioni.

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rischiosità. In quest’ottica24, può essere utile ripartire il portafoglio clienti nelle seguenti categorie25:

- clienti/crediti con rischio d'insolvenza pressoché nullo26, in quanto vantati verso acquirenti con standing/rating molto elevato e/o in quanto crediti assistiti da valide garanzie (es. lettere di credito confermate da primario istituto bancario italiano/internazionale, cambiali avallate da primarie banche, crediti assistiti da capienti garanzie ipotecarie su beni immobili e così via);

- clienti/crediti con rischio d'insolvenza lieve. Trattasi ad esempio di crediti, non assistiti da garanzia bancaria ma vantati verso clienti di buona solvibilità e verso i quali l'impresa può contare su precedenti transazioni conclusesi positivamente, ovvero di crediti verso clienti esteri assistiti da garanzie di banche locali27 ecc.;

- clienti/crediti ad elevato rischio d'insolvenza. Tipicamente si tratta di crediti non assistiti da garanzie di terzi e vantati verso imprese che - vuoi per una insufficiente capitalizzazione, vuoi per lo sbilanciamento tra attività e passività a breve, vuoi per l'incertezza del settore o del paese di appartenenza, vuoi per la recente costituzione - lasciano intravedere una maggior alea circa la capacità di far fronte ad obbligazioni future.

Il passo successivo consiste nell'assegnare ad ognuna delle categorie

individuate una percentuale espressiva del livello di insolvenza attesa. Ripartito il fatturato annuo atteso nelle diverse categorie di rischio ed assegnata ad ogni categoria la percentuale d’insolvenza attesa, si ottiene la quantificazione del rischio d’insolvenza (infra. § 6), base informativa essenziale per la successiva fase, attinente la decisione se trasferire, in tutto o in parte, detto rischio al mercato oppure tenerlo in proprio.

24 Nel § 6 si riporta un esempio incentrato proprio su una simile ripartizione e applicato ad un’impresa che esporta beni industriali durevoli. 25 La classificazione che segue rappresenta unicamente un possibile schema di riferimento. L'analisi può essere differentemente articolata e approfondita in relazione alle specifiche esigenza dell'impresa oggetto d'analisi. 26 Le diverse tipologie di garanzie citate possono considerarsi ugualmente valide solo con riferimento al profilo del rischio. Può essere che, in base a differenti valutazioni (es. puntualità dell'esecuzione) siano tra loro profondamente differenti. 27 Come si avrà occasione di sottolineare in seguito può rientrare in tale categoria anche la percentuale di scoperto obbligatorio a carico dell'impresa su crediti assicurati (di norma per crediti export il 20-25%).

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5. Il trasferimento del rischio e l’assicurazione dei crediti

5.1. Scelta tra trasferimento e ritenzione del rischio di credito

Accennato alle politiche di prevenzione e di protezione, per le quali ogni impresa deve adottare al proprio interno valide procedure, ci si sofferma ora sulle tecniche di trasferimento del rischio d'insolvenza. A tale riguardo, il quesito che l'impresa deve porsi è se, una volta poste in essere adeguate misure di prevenzione e protezione, convenga trasferire su terzi il rischio residuo ovvero tenerlo in proprio. Le variabili che maggiormente influiscono sulla scelta in parola sono le seguenti:

a) possibilità di trasferire il rischio di credito: non tutti i crediti sono assicurabili e/o trasferibili, vuoi per la collocazione geografica dell'acquirente (ad esempio, paesi ad alto rischio ed in quanto tali esclusi dagli elenchi dei paesi assicurabili), vuoi per la scarsa capacità patrimoniale-finanziaria propria dell'acquirente, vuoi per le caratteristiche tecniche del credito (ad esempio, crediti di durata superiore ai 60 mesi);

b) conoscenza da parte dell'impresa esportatrice delle possibilità offerte dal mercato: non è sufficiente che vi sia un soggetto terzo all'impresa (compagnia di assicurazione, privata o pubblica, società di factoring, forfaiter ecc.) disponibile ad assumere un dato rischio, è anche necessario che l'impresa ne sia a conoscenza. In tal senso, questa deve sforzarsi di rimanere informata sulle tendenze e sulle nuove opportunità offerte dal mercato. Si pensi, al riguardo, alle nuove possibilità offerte dalla cartolarizzazione dei crediti28;

c) costo e condizioni di garanzia: sia il costo, normalmente espresso da un tasso percentuale o da una commissione, sia le condizioni contrattuali influenzano notevolmente la scelta in questione (cfr 5.2). A ciò si aggiunga la necessità di valutare attentamente la serietà commerciale della controparte e il rating del soggetto garante;

d) capacità patrimoniale-finanziaria dell’esportatore e grado di propensione/avversione al rischio: la decisione circa il trasferimento o il mantenimento di un rischio non può in alcun modo prescindere dalla capacità patrimoniale dell'impresa esportatrice e dal grado di propensione/avversione al rischio della proprietà della stessa. Il primo fattore è indice della capacità aziendale di sopportare un

28 Si veda al riguardo C. Porzio, La securitization, Newfin Ricerche, 2001 e M. Da Milano, La securitisation dei crediti, Giappichelli, 2000 .

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determinato danno senza che lo stesso provochi gravi scompensi sull’equilibrio economico-finanziario aziendale; il secondo indica la volontà o meno di correre un certo rischio, una volta verificato che lo stesso sia sopportabile29.

È da tali considerazioni che, normalmente, si desume la combinazione

ottimale tra la quota di rischio da tenere in proprio e quella da trasferire. Fondamentale al riguardo è che la decisione di ritenere in proprio un determinato rischio, specie se di portata elevata quale normalmente il rischio di credito, sia frutto di una scelta consapevole. Ciò pone le basi per definire le più opportune politiche di finanziamento del rischio: creazione di appositi accantonamenti, apertura di linee di fido contingenti da utilizzarsi in caso di danno, adozione di tecniche di autoassicurazione, costituzione di compagnie captive30, ricorso a tecniche di finite risk, e così via.

Nei paragrafi successivi ci si concentrerà sulla modalità di trasferimento del rischio di più frequente impiego: l’assicurazione dei crediti, rinviando ad altri contributi per la trattazione di altre forme di trasferimento del rischio (forfating, factoring ecc.).

Mediante il contratto di assicurazione dei crediti, l’assicuratore s’impegna, a determinate condizioni contrattuali e contro il versamento di un premio annuo commisurato al fatturato assoggettabile (ovvero a quella parte del fatturato che rientra nelle casistiche assicurabili), a tenere indenne l’assicurato delle perdite su crediti che questi dovesse subire in un determinato arco di tempo. I contratti d’assicurazione del credito possono riguardare solo il fatturato a credito realizzato nel proprio paese di residenza (nel nostro caso fatturato Italia), solo il fatturato export a credito, oppure sia il fatturato a credito domestico sia quello destinato all’esportazione.

In Italia, l’assicurazione dei crediti presenta una minor diffusione rispetto ad altri paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna) dove un’elevata percentuale di imprese, già nei primi anni di vita, ricorre a tale strumento e dove il costo dell’assicurazione sui crediti viene considerato non tanto come una voce rientrante nelle “spese generali” bensì come una componente del “costo del venduto”. Negli ultimi anni, tuttavia, anche nel nostro Paese si è assistito a una significativa crescita del mercato dell’assicurazione crediti, sia in termini di premi raccolti sia in termini di operatori presenti (grazie anche alla sopravvenuta presenza delle maggiori compagnie europee del

29 In tal senso, è possibile notare come, di norma, sia maggiore la propensione al rischio delle imprese nelle quali vi è coincidenza tra management e proprietà, mentre maggiore è l’attitudine al trasferimento del rischio nelle realtà aziendali guidate da manager esterni. 30 R. Pisani, Il processo di gestione: le politiche di finanziamento del rischio, in G. Forestieri, op. cit.

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settore) sia in termini di maggior articolazione di soluzioni proposte. In particolare, negli ultimi anni, il mercato dell’assicurazione del credito, dal lato dell’offerta, ha vissuto in Europa un periodo contraddistinto da notevoli evoluzioni:

- fino agli inizi degli anni novanta, in ogni Paese, vi erano almeno due/tre compagnie private d’assicurazione del credito; queste operavano in modo diretto sul proprio mercato (ovvero procedendo esse stesse a determinare le linee di credito nei confronti degli acquirenti nazionali) e mediante accordi tecnico-commerciali con compagnie di altri Paesi per le procedure di affidamento degli acquirenti esteri (fidi export). A queste, in ogni paese, si aggiunge una compagnia d’assicurazione dei crediti pubblica che, per conto dei rispettivi governi, svolgeva il ruolo di supporto all’esportazione (Export Credit Agency) e di unico soggetto preposto ad offrire garanzie del rischio politico;

- nel corso dell’ultimo decennio, viceversa, a livello di compagnie private si è assistito a un rapido processo di integrazione (mediante acquisizioni/fusioni) che ha portato, di fatto, a concentrare gli operatori europei (e più in generale mondiali) in tre gruppi31, presenti con proprie società in pressoché ogni paese. Le motivazioni di ciò vanno principalmente ricercate nella progressiva integrazione dei mercati, nella necessità di seguire le esigenze di clienti che essi stessi vivono un processo di progressiva internazionalizzazione, nelle possibilità offerte dalle nuove tecnologie che, di fatto, hanno incentivato la messa in comune delle informazioni e delle banche dati gestite dai singoli operatori;

- sempre nel corso dell’ultimo decennio, inoltre, pur con differenze da Paese a Paese e in attesa che il supporto alle esportazioni e conseguentemente l’assicurazione del rischio politico verso paesi terzi alla Ue venga gestito a livello Comunitario, vi sono state importanti evoluzioni anche con riferimento alle ECA (export credit agencies dei singoli paesi). La tendenza di fondo è quella di far sì che, a livello governativo, vengano definiti i plafond di rischio Paese, demandandone poi la gestione a compagnie private. Ciò

31 Ci si riferisce, in particolare, al gruppo Euler-Hermes, appartenente ad Alliance-Agf e che in Italia, da alcuni anni, ha acquistato la SIAC (ora divenuta Euler-Siac); al gruppo Gerling-Ncm (aggregazione oggi in attesa di via libera da parte delle autorità untitrust Ue), supportata dal riassicuratore Swiss Re e che in Italia opera tramite SIC (recentemente acquistata), Ncm e Gerling; al Gruppo francese Coface, che da anni in Italia opera mediante la controllata Viscontea.

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avviene direttamente, da anni, in Germania (con Hermes) e in Francia (con Coface). In altri Paesi, tra i quali l’Italia, pur mantenendo la struttura delle Eca pubbliche (nel nostro caso SACE32, ovvero Sezione Speciale per l’Assicurazione del credito all’esportazione), se ne è indirizzata l’operatività verso il rischio politico e verso quei rischi di credito commerciale difficilmente garantibili da parte delle compagnie private (per classe di rischio del Paese d’appartenenza o per struttura tecnica e durata dell’operazione) incentivando, inoltre, un ruolo di riassicurazione di alcuni rischi assunti in prima battuta dalle stesse compagnie private. In quest’ottica vanno letti alcuni accordi di riassicurazione automatica del rischio politico siglati in Italia tra SACE e le compagnie private (Siac, Viscontea ed altre), piuttosto che tra Sace e alcune banche.

Di seguito, si ritiene opportuno, in considerazione del differente

approccio e delle diverse opportunità offerte dal mercato assicurativo, ripartire l’analisi sull’assicurazione del credito export in tre distinte sezioni:

- l’assicurazione del credito commerciale a breve termine (dilazioni di norma inferiori a 180 giorni e comunque mai oltre 360 giorni);

- l’assicurazione del credito commerciale a medio termine (dilazioni comprese tra i 12 e i 60 mesi, mediante piani cambiari predefiniti);

- l’assicurazione del rischio politico. 5.2 L’assicurazione del credito a breve termine: presupposti di base, fasi

del rapporto, aspetti evolutivi e differenti logiche di fondo Tralasciando la possibilità di garantire i rischi singoli (singole vendite o

contratti), peraltro riservata unicamente a transazioni di notevole entità e a contratti con pagamenti a medio termine (cfr. infra § 5.3), di seguito si cercherà di riportare, in estrema sintesi, le principali caratteristiche di un contratto d’assicurazione del credito a breve termine, di evidenziare il processo alla base della fase di trattativa che porta alla nascita del contratto e di schematizzare l’operatività che ne caratterizza il periodo di validità (richiesta affidamenti, gestione sinistri ecc.).

Tradizionalmente, il contratto d’assicurazione del credito offerto da compagnie private poggia su alcuni principi fondamentali:

32 Si veda al riguardo, F.Lecce Ricioppo, L’assicurazione dei crediti all’esportazione, Ipsoa, 1998.

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a) lo scoperto obbligatorio: la percentuale di copertura (differentemente da quanto può avvenire in alcuni contratti di factoring con garanzia) non è mai del 100%. Di norma, la percentuale in parola è compresa tra il 75% e l’85% per il rischio commerciale e può giungere fino al 95% per il rischio politico. La ratio di tale principio è duplice: coinvolgere l’assicurato nel rischio (prevedere una compartecipazione dell’assicurato al rischio comporta un maggiore “attenzione” dello stesso); garantire i costi e non il mancato guadagno, giacché si ritiene che l’assicurazione debba limitarsi a coprire il danno subìto (dato dal costo del prodotto venduto) e non il mancato guadagno;

b) la globalità: l’assicurato deve sottoporre all’Assicuratore la globalità dei propri crediti, ovvero non deve poter scegliere, all’interno del proprio “ventaglio” di clienti, quali trasferire alla compagnia e quali no. Ciò, infatti, porterebbe a sottoporre proprio e solo quegli affari ritenuti, già in partenza, a maggior rischio. Di fatto, pur salvaguardando il principio di base, è possibile, in taluni casi, circoscrivere l’ambito di copertura solo a talune categorie di acquirenti33, spostandosi cioè da una logica di globalità assoluta ad una logica di globalità relativa. Ciò che conta è, comunque, che all’interno della categoria delineata come “ambito di copertura” l’impresa assicurata sottoponga alla compagnia la totalità dei propri contratti/clienti;

c) determinazione del limite di credito (affidamento clienti) compiuta dalla compagnia d’assicurazione: risultano, di fatto, assicurati solamente quei clienti ai quali l’Assicuratore, a seguito di una propria “istruttoria fido interna”, abbia concesso una linea di affidamento comunicata all’assicurato. Anche in questo caso, è possibile prevedere che gli affidamenti di quei clienti verso i quali non si preveda un’esposizione superiore a un certo livello (ad esempio, 20.000 euro) possano essere concessi in proprio34

33 Si può così decidere di assicurare tutti e soli quei crediti verso una determinato canale di vendita (es. assicurare i crediti verso grossisti e dettaglianti escludendo i crediti verso la grande distribuzione) piuttosto che tutti e soli quei crediti verso una determinata area geografica (per es. solo Francia e Germania, oppure solo Lombardia e Veneto) piuttosto che tutti e soli quei crediti verso una determinata area d’affari (per esempio solo crediti nati da lavorazioni conto terzi e no i crediti nati dalla commercializzazione di prodotti propri) piuttosto che tutti e soli i crediti di una certa dimensione (ad esempio solo crediti verso clienti per i quali si prevede un’esposizione superiore ad un certo importo). 34 Di norma, questa facoltà è destinata solo a limiti di credito verso acquirenti appartenenti all’Unione Europea.

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dall’Assicurato35 (facoltà definita latitudine o autoaffidamento), verificando l’esistenza di alcuni presupposti (ad esempio: precedenti esperienze positive, informazioni commerciali di tenore favorevole ecc.);

d) perdita definitiva/surroga: la polizza credito nasce per garantire la sopraggiunta insolvenza di un acquirente, costituita dall’incapacità/impossibilità di quest’ultimo di far fronte alle proprie obbligazioni; non s’intende, quindi, garantire né la volontà del debitore di non adempiere (per motivi diversi dall’insolvenza) né, tantomeno, il ritardato pagamento. Il concetto di “perdita definitiva” si manifesta con il definitivo accertamento dell’insolvenza: la cosiddetta insolvenza di diritto (ammissione del debitore a una procedura concorsuale ovvero azione esecutiva infruttuosa). Sia in Italia sia all’estero, per giungere alla dimostrazione dell’insolvenza di diritto sono necessari lunghi periodi di tempo ed elevati costi di procedura; conseguentemente, pressoché tutte le principali compagnie d’assicurazione prevedono quale momento costitutivo del sinistro (e quindi come momento che rende possibile ottenere la liquidazione del danno) anche la “insolvenza di fatto”. L’insolvenza di fatto si manifesta allorquando, trascorso un determinato periodo (di norma sei mesi dalla scadenza originaria o prorogata del credito), periodo entro il quale l’assicurato (o la stessa compagnia ove sia previsto che l’azione di recupero venga svolta da quest’ultima) deve compiere tutte gli atti ragionevolmente possibili per ottenere il pagamento del credito scaduto, il credito risulti non ancora onorato. Successivamente alla liquidazione, la compagnia si surroga all’assicurato nelle procedure per il recupero del credito; nel caso, peraltro raro, in cui si addivenga a un recupero (sia esso totale o parziale) la somma rinvenuta verrà ripartita tra la compagnia e l’assicurato in relazione alla percentuale di copertura.

Veniamo ora alle fasi che caratterizzano il rapporto assicurato-

assicuratore. La prima fase, quella della trattativa, precede la sottoscrizione del contratto d’assicurazione; trattasi di fase assai delicata poiché, nella stessa, si definiscono le condizioni contrattuali che regoleranno poi la gestione del rapporto tra assicurato e compagnia. Un primo aspetto riguarda la determinazione del tasso da applicarsi sul fatturato imponibile (ovvero sul

35 A fronte di tale “facoltà” concessa all’Assicurato, venendo meno il contenuto informativo e il controllo della Compagnia, risulta – di norma - ridotta la percentuale di copertura (ovvero aumenta la quota di scoperto a carico dell’Assicurato).

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fatturato export a credito verso clienti affidati); questo, di norma, deriva dalla considerazione dei seguenti fattori:

- sinistrosità media del settore d’appartenenza (esistono settori, quali l’abbigliamento e l’edilizia che presentano, tradizionalmente, un livello di sinistrosità sui crediti superiore rispetto ad altri, per esempio la meccanica e l’energia);

- ripartizione del fatturato estero tra i diversi paesi: il livello di insolvenza medio varia da paese a paese, così come la possibilità di ottenere recuperi. Ne deriva che la tassazione media risulta influenzata da ciò. Per esempio, il tasso praticato ad un’impresa che esporta solo in paese dell’Unione Europea è, ceteris paribus, più basso rispetto a quello richiesto a un’impresa che esporta prevalentemente verso paesi di recente industrializzazione o verso paesi in via di sviluppo; ciò a prescindere dal fatto che, poi, sarà comunque la compagnia a pronunciarsi sull’affidabilità di ogni singolo acquirente36 (singola unità di rischio);

- esperienza storica dell’impresa/sinistrosità storica: la tassazione risente notevolmente dell’esperienza storica dell’impresa assicuranda, ovvero del livello d’insolvenza riportato negli anni precedenti. Un’impresa con una radicata e storica presenza sui mercati esteri e che possa vantare statistiche d’insolvenza contenute denota, infatti, un’acquisita capacità di selezione della propria clientela e merita, quindi, di corrispondere un tasso contenuto, espressivo di un basso livello di rischio;

- tipologia di prodotto fornito: con riferimento alla natura del prodotto venduto (fascia del mercato a valle alla quale si rivolge), alla qualità del prodotto fornito (grado di conformità alle specifiche contrattuali in ottica di prevenzione di contestazioni sulla fornitura) e alla fungibilità del bene. In relazione a questo ultimo fattore, di norma, risulta maggiore la tassazione delle imprese che producono beni su commessa, realizzando quindi prodotti destinati specificatamente a un determinato cliente; in tali casi, venendo meno la fungibilità del bene si riduce la possibilità di ricollocare lo stesso bene ad altro

36 La scarsa patrimonializzazione dei clienti ubicati in paesi di recente industrializzazione (NIC) o in via di sviluppo (PSV), unita alla difficoltà di reperire attendibili informazioni economico-finanziarie, porta – di norma – ad avere una minore percentuale di affidamenti positivi verso la clientela ubicata in tali aree. È spesso essenziale che il fornitore, con la propria rete commerciale, si attivi affinché il cliente stesso fornisca tutti quei documenti/dati (bilanci ufficiali, situazioni di periodo, business plan ecc.) che possano supportare la concessione del limite di fido richiesto dalla transazione.

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acquirente nel caso di sopraggiunta insolvenza del cliente originario (sia durante il periodo di approntamento37 sia durante il successivo periodo di dilazione);

- durata delle dilazione concessa (media e massima) e modalità di pagamento accordate alla clientela: al crescere delle dilazioni medio/massime concesse cresce il rischio d’insolvenza e quindi il tasso richiesto; di contro, la presenza di modalità di pagamento coercitive (es. titoli di credito) o di garanzie accessorie (quali la riserva di proprietà sul bene fornito) riducono il livello di rischio e impattano positivamente sul tasso richiesto;

- potere contrattuale tra le parti: come in ogni fase negoziale, il potere contrattuale dell’assicurato (di norma proporzionale al fatturato e positivamente influenzato anche dalla possibilità d’accesso per l’assicuratore in un gruppo/network d’imprese più vasto), l’abilità e il “peso” del consulente/intermediario (sempre più diffuso è il ricorso a primarie società di brokeraggio assicurativo dotate di network mondiali), incidono notevolmente sulla determinazione finale del tasso38;

- situazione congiunturale dell’offerta: notevole è l’influenza sui tassi delle politiche di penetrazione poste in essere dalle compagnie d’assicurazione operanti nel ramo credito. In particolare, a momenti caratterizzati dalla volontà di incrementare rapidamente il volume dei premi (per raggiungere dimensioni critiche in vista, ad esempio, di operazioni di finanza straordinaria), seguono – di norma – periodi di consolidamento delle posizioni raggiunte, durante i quali le compagnie pongono maggiore attenzione a un recupero di redditività del proprio portafoglio clienti.

37 In tali casi sarà necessario prevedere, in polizza, una clausola che faccia decorrere la validità del rischio dal ricevimento dell’ordine e che la Compagnia – entro tale limite – tenga indenne l’assicurato, nel caso di insolvenza del cliente/revoca del fido durante il periodo di approntamento della commessa, relativamente ai costi di produzione sostenuti fino a tale data. 38 La tassazione di partenza, ovvero la tassazione del primo anno d’assicurazione, rappresenterà poi la base per rivedere ogni anno le condizioni economiche contrattuali. L’assicurazione del credito presuppone, di norma, un rapporto di medio periodo tra assicurato e Compagnia d’Assicurazione. È quindi importante che il rapporto risulti equilibrato nel tempo. In pratica, nel caso in cui la sinistrosità dell’impresa si dimostri superiore a quella stimata in fase di trattativa (e quindi che il rapporto premi/sinistri venga giudicato non soddisfacente da parte della Compagnia) ciò porterà alla richiesta di un incremento del premio di polizza ovvero alla richiesta di introduzione/elevazione dei franchigie contrattuali. Nel caso opposto sarà l’assicurato a richiedere una riduzione del tasso ovvero l’eliminazione/riduzione delle franchigie stabilite a livello contrattuale.

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

Quanto sopra riportato spiega l’elevata forbice che può trovarsi, tra i

diversi assicurati, in termini di tassazioni praticate (di norma da 0,2% a 1,5%). Ovviamente il tasso è fortemente influenzato anche dalla percentuale di copertura e dalle franchigie concordate tra l’assicuratore e l’impresa assicurata.

Preme inoltre sottolineare come, nella fase della trattativa, vi sia spesso la tendenza a focalizzare l’attenzione prevalentemente sul fattore prezzo (rappresentato dal tasso di polizza). Risulta viceversa essenziale verificare con attenzione tutte le condizioni contrattuali; in particolare la percentuale di copertura assicurativa, gli obblighi/adempimenti in capo all'assicurato39, l'onere di seguire l'azione di recupero40, le esclusioni dalla garanzia, le franchigie contrattuali41 i termini di costituzione del sinistro42, le modalità di calcolo della perdita e di imputazione degli eventuali recuperi, i tempi e le modalità dell'indennizzo.

Durante la fase della trattativa, è essenziale sottoporre alle compagnie messe a confronto un campione della propria clientela indicando, per ciascuno di essi, il limite di fido richiesto (dato dall’esposizione massima attesa), il fatturato annuo previsto e indicando, altresì, le dilazioni/modalità di pagamento accordate. Per poter valutare le capacità di affidamento delle diverse compagnie, è consigliabile richiedere affidamenti su clienti – meglio se ubicati in paesi differenti - in relazione ai quali l’impresa abbia già un chiaro apprezzamento del rischio. È inoltre opportuno sottoporre clienti caratterizzati da capacità economico-finanziarie differenti (ad esempio:

39 Al riguardo è importante caratterizzare il rapporto con un contenuto livello di “burocratizzazione”. Benché il mercato si stia indirizzando verso tale strada (grazie anche al ricorso di segnalazioni via internet), molte polizze prevedono – tutt’ota - una moltitudine di segnalazioni (con tempi spesso stringenti) e di adempimenti a carico dell’Assicurato. Ciò si traduce in elevati costi amministrativi e, soprattutto, nel rischio di vedersi precluso l’indennizzo a motivo della mancata osservanza di adempimenti previsti in polizza. 40 È sempre più diffusa la tendenza da parte delle Compagnie d’offrire il servizio di recupero del credito sia a livello stragiudiziale (mediante i propri uffici internazionali) sia giudiziale (grazie alla propria rete di legali presente in tutti i principali paesi). Specie per i crediti esteri, detto servizio costituisce per l’assicurato un notevole valore aggiunto: rare sono le imprese ben organizzate al proprio interno per seguire direttamente il recupero dei crediti all’estero. Al tempo stesso le maggiori possibilità di recupero a seguito del maggior potere contrattuale della Compagnia (specie nelle azioni stragiudiziali) e di un pronto intervento legale, si riverberano anche sulla minor sinistrosità a carico della Compagnia stessa. 41 A tale riguardo è opportuno che le franchigie, siano esse per singolo sinistro siano esse globali, evitino di trasferire sulla Compagnia la sinistrosità marginale e strutturale/ripetitiva (cfr § 3). 42 A tale proposito il contratto assicurativo può prevedere la costituzione del sinistro solo al manifestarsi di un'insolvenza di diritto, ovvero anche in presenza di insolvenze di fatto.

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alcuni finanziariamente solidi, altri in crescita, altri sull’equilibrio economico-finanziario dei quali si nutrano seri dubbi ecc.). Verrà premiata quella Compagnia che saprà offrire le risposte attese, concedendo affidamenti verso i clienti finanziariamente solidi e commercialmente corretti e che, viceversa, saprà mettere in guardia (diniegando il fido o richiedendo garanzie aggiuntive) verso i clienti a maggior rischio e/o commercialmente non corretti.

La fase della trattativa si conclude, in caso di esito favorevole, con la nascita del contratto d’assicurazione dei crediti. Da questo momento l’impresa assicurata può procedere a richiedere le linee d’affidamento per ciascuno dei propri clienti, attuali e/o potenziali43 (operazione oggigiorno resa più agevole dalla possibilità di utilizzare sistemi internet o intranet che velocizzano sia la fase di richiesta sia i tempi di concessione44) e ad avvalersi dei servizi aggiuntivi offerti dalla Compagnia (servizio informativo, recupero dei crediti ecc.). Periodicamente (talvolta mensilmente, più spesso annualmente), si procede poi alla regolazione del premio e a ridefinire le condizioni di tasso e di garanzia per la prosecuzione del rapporto per il periodo assicurativo seguente. Al riguardo si consideri che, nella maggioranza dei casi, il rapporto di assicurazione dei crediti è un rapporto destinato a durare nel tempo.

******************

Negli ultimi anni, nei paesi anglosassoni prima e nel resto dei paesi

dell’Unione Europea poi, è andata affermandosi una nuova logica di garanzia assicurativa sui crediti riservata alle imprese di una certa dimensione (fatturato a credito assoggettabile superiore a quaranta/cinquanta milioni di Euro), di radicata presenza sui mercati di sbocco, che possano qualificarsi come leader all’interno del proprio settore/segmento di mercato e che sappiano dimostrare di aver elaborato al 43 A tale riguardo si consideri che ogni richiesta di fido comporta un costo di affidamento (a prescindere poi dal tasso che si applicherà al volume di vendita verso dato cliente) quantificabile in circa 20/40 Euro a seconda delle Compagnie, del Paese e dell’importo dell’affidamento richiesto. Per un’impresa che vuole utilizzare appieno il potenziale commerciale offerto da una polizza credito può esser utile sottoporre ad affidamento anche clienti potenziali (prospects) sui quali si intende approfondire gli sforzi commerciali (ad esempio sui nominativi dimostratisi interessati in una fiera all’estero ecc.); ricevute le risposte della Compagnia si concentreranno i propri sforzi su quei nominativi indicati quali meritevoli di fido. 44 Mediamente sono richiesti 7/10 giorni per clienti non già noti e per i quali si richiede quindi una specifica istruttoria. Viceversa la richiesta di fido verso un acquirente che già la Compagnia ha affidato nella propria banca dati porta spesso alla concessione del fido in automatico e in tempo reale.

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proprio interno un valido sistema di credit management (comprovato da statistiche di sinostrsità minori rispetto alla media del settore d’appartenenza). Questa nuova filosofia di garanzia, definibile excess of loss, parte dal presupposto che un’impresa che è riuscita a imporsi nel proprio mercato, dotata di un’approfondita e radicata conoscenza della propria clientela e di comprovata capacità in tema di credit management non necessita tanto di un sistema informativo esterno quanto di un “paracadute” nel caso in cui le condizioni generali del settore a valle o dell’economia pregiudichino un sistema che è andato consolidandosi nel tempo. In questo caso, la compagnia d’assicurazione più che un Assicuratore del credito svolge il ruolo di riassicuratore delle politiche di credito impostate dall’impresa: dopo un’attenta due diligence delle procedure di credit management adottate dall’impresa esportatrice (politiche di affidamento, informazioni raccolte, frequenza della revisione dei fidi concessi, modalità di sollecito degli scaduti e di recupero del credito ecc.)45 e dopo aver definito il livello di insolvenza fisiologica che è opportuno lasciare in carico all’impresa stessa mediante l’uso di apposite franchigie, l’assicuratore “vende” all’impresa un massimale da utilizzarsi per perdite ulteriori (ovvero in eccesso alla franchigia annua stabilita) che dovessero manifestarsi in un dato orizzonte temporale (di norma due/tre anni). Il tutto senza poi interferire nelle politiche di affidamento dell’impresa, che dovrà limitarsi ad attenersi alle procedure definite in fase d’istruttoria e a dimostrare, in caso di eventuale sinistro, il rispetto delle stesse.

Venendo meno sia in servizio informativo sia il servizio di recupero del credito, il vero fine di tale formula è quello di stabilizzare nel tempo l’impatto economico della gestione dei crediti, dato dai costi interni di gestione, dal livello della franchigia e dal costo annuo della polizza. Il contenimento della variabilità connessa a tali voci di costo (che viene quindi a sostituire l’alea del rischio di credito) è particolarmente apprezzata da parte delle imprese quotate su mercati azionari o che a ciò si apprestino.46

Di seguito si riporta una tabella volta a delineare le principali differenze tra la filosofia tradizionale alla base dell’assicurazione dei crediti e la logica excess of loss.

45 In questa fase, La compagnia, talvolta, può richiedere che vengano apportate delle modifiche/migliorie fungendo, quindi, da stimolo per il processo di credit management aziendale. 46 P. Bertuzzi, La gestione del rischio di credito: impatto sul valore del capitale economico, op. cit, 2000.

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Tabella 2 Differenti impostazioni nell’assicurazione crediti: principali fattori distintivi

Polizza credito tradizionale Polizza credito “excess of loss” Finalità Garantire i crediti sorti nei confronti

di clienti affidati dalla Compagnia di assicurazione.

Garantire la gestione del credito effettuata dall’impresa assicurata,

Filosofia di fondo Trasferire alla Compagnia d’assicurazione la gestione degli affidamenti, il recupero crediti e il relativo rischio.

Tenere in proprio la gestione degli affidamenti, il recupero crediti e il rischio di credito strutturale. Trasferire solo il rischio di credito imprevedibile (c.d. “funzione paracadute”).

Funzioni svolte dall’assicuratore

- informativa; - di recupero dei crediti in

contenzioso; - indennitaria; - di tesoreria (nei casi in cui è

previsto il pagamento a data certa)

- indennitaria; - informativa (solo in caso di

specifica richiesta dell’assicurato) .

Presupposto per la garanzia assicurativa

Positivo affidamento della clientela dell’assicurato da parte della Compagnia di assicurazione (contenuto informativo)

Preanalisi, da parte della Compagnia d’assicurazione, delle procedure di affidamento e di gestione del credito adottate dall’impresa assicuranda

Presupposto per la Compagnia

Fiducia nel proprio sistema interno di affidamento e di recupero dei crediti.

Fiducia sulle procedure dell’Assicurato e sul ruolo di leader (co-leader) di cui lo stesso gode nello specifico settore d’appartenenza.

Fatturato assoggettabile Tutto il fatturato (salvo intergruppo ecc.) salvo volontà di garantire solo determinate categorie di crediti

Tutto il fatturato aziendale Italia + export (salvo intergruppo). Di norma limitazione copertura ai soli paesi OCSE (o a gruppo predefinito)

Gestione degli affidamenti e delle procedure di gestione sinistri

Demandata alla Compagnia d’Assicurazione

Lasciata all’assicurato con impegno di attenersi alle procedure concordate.

Indennizzi previsti (massimale di copertura)

75-80% del minore tra credito insoluto e importo dell’affidamento concesso

90% del totale perdite su credito annue al netto di una franchigia globale annua (data dalle c.d. perdite strutturali)

Massimo risarcimento annuo Multiplo dei premi pagati (di norma 30 volte)

Un massimale prestabilito (che può essere annuo o utilizzabile in più esercizi).

Soggetti destinatari - PMI; - Imprese con programmi di

penetrazione commerciale in nuovi settori/mercati;

- Imprese caratterizzate da elevato turnover dei clienti;

- Imprese medio-grandi dotate di valide procedure interne di affidamento e gestione del credito;

- Imprese leader nel proprio settore e con notevole conoscenza del mercato di sbocco;

- Imprese intenzionate ad accedere al mercato borsistico.

Costo Commisurato alla rischiosità media del settore, all’esperienza storica impresa e alla bontà dei clienti.

Come per “tradizionale”, ma inferiore a motivo dei minori servizi offerti e della franchigia globale prevista.

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5.3 L’assicurazione del credito a medio termine: il ricorso a strutture di supplier credit assistite da garanzia assicurativa

Il tema dell’assicurazione del credito a medio termine (dilazioni concesse

alla propria clientela estera con orizzonte temporale superiore ai 12 mesi e pagamento mediante una serie di effetti cambiari) interessa, in particolar modo, le imprese produttrici ed esportatrici di beni industriali durevoli, ovvero di impianti e macchinari. Trattasi di un comparto all’interno del quale la realtà industriale del nostro Paese è particolarmente forte, ponendosi come leader di mercato in numerosi settori della meccanica strumentale (si pensi al comparto delle macchine tessili, degli impianti per la ceramica, dei macchinari per la lavorazione del marmo e del legno, al settore delle presse per metalli e per la lavorazione della plastica, al settore delle macchine utensili e così via).

Poter offrire alla propria clientela adeguate dilazioni di pagamento e, al tempo stesso, godere di sufficienti garanzie, rappresenta un fattore di elevata criticità proprio con riferimento alla maggior parte delle realtà imprenditoriali operanti nel comparto dei beni industriali durevoli; infatti:

- da un lato, la natura industriale47 dell'acquirente presuppone un approccio razionale e analitico alle funzioni del bene oggetto dell'acquisto e alle condizioni contrattuali (caratteristiche tecniche, servizio pre e post-vendita, facilità d'uso, prezzo e modalità di pagamento, responsabilità)48;

- dall'altro, la natura durevole del bene oggetto di scambio induce l'acquirente a richiedere dilazioni commisurate alla prolungata vita

47 In realtà molte delle cosiderazioni che seguono possono valere anche per beni durevoli destinati alla sfera privata; si pensi alla rilevanza che le dilazioni personalizzate di pagamento (credito al consumo) hanno assunto con riferimento a beni quali l'autovettura, il personal computer ad uso personale, il telefono cellulare, elettrodomestici, arredamento in genere e molti altri. 48 Per approfondimenti si rimanda alla copiosa letteratura sul tema del marketing industriale e sul tema del comportamento d’acquisto delle organizzazioni. Si vedano, in particolare, R. Fiocca e A. Marino (a cura di), Il marketing dei beni industriali, Giuffrè, Milano, Vol.I, 1981; S.M. Brondoni, Politiche di mercato dei beni industriali, Giuffrè, Milano, 1983; S.T. Parkinson e M.J. Baker, Organizational buying behaviour purchasing and marketing management implication, Macmillan Press, Londra , 1986 (trad. it., Il comportamento d’acquisto delle organizzazioni, Angeli, Milano, 1988); A. Marcati, Relazioni tra imprese e marketing industriale, Giappichelli, Torino, 1992; I. Lagioni, L. Battaglia e G.T. Savorgnani, Business Marketing: un approccio concettuale e metodologico, Tecniche Nuove, Milano 1998.

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utile dello stesso. Infatti, un bene durevole49 partecipa a più cicli produttivi e genera, per l'acquirente, flussi di reddito e flussi finanziari positivi con un profilo temporale talvolta assai prolungato nel tempo; ne deriva che quanto più il profilo temporale dei flussi in uscita (dato dal piano di pagamento concordato con il fornitore) si avvicina a quello dei flussi in entrata tanto minore sarà lo sbilancio finanziario da coprire con altre fonti (capitale proprio e/o di terzi). Se poi, in aggiunta a ciò, il piano di pagamento concordato prevede un tasso di interesse fisso, l'acquirente si tutela anche nei confronti di possibili fluttuazioni del costo del denaro50.

Per il produttore/esportatore di impianti e macchinari, quindi, poter

offrire alla propria clientela un piano di pagamento personalizzato e adeguato alle attese costituisce uno strumento di marketing molto efficace; vale ovviamente anche il ragionamento opposto: non essere in grado di assecondare le esigenze del cliente in merito alle dilazioni di pagamento preclude, non di rado, la possibilità di cogliere pienamente le opportunità offerte dal mercato, specie quando altri fornitori si dimostrino in ciò più competitivi.

Di contro, pare ovvio che una politica di credito commerciale improntata su ampie dilazioni, se non sostenuta da adeguati strumenti di gestione del rischio, oltre a rilevanti conseguenze sull'equilibrio finanziario dell'impresa, può portare a significativi effetti negativi sulla situazione economica; ciò a seguito di ritardi nei pagamenti e di maggiori perdite su crediti (cfr § 3). Il rischio in parola è tanto maggiore quanto più elevato si dimostra il peso relativo della singola commessa e quanto più la solidità economico-finanziaria dell’impresa è limitata. Si intuisce quindi come la problematica in esame risulti critica proprio con riferimento alle imprese di dimensioni medio-piccole produttrici/esportatrici di beni durevoli di valore unitario elevato.

I contributi teorici al riguardo non risultano adeguati alle necessità delle imprese. È pur vero che numerose sono le pubblicazioni e le guide pratiche inerenti agli strumenti e alle forme del supporto pubblico all'esportazione, principalmente connesse alle strutture di buyer credit e di supplier credit previste dalla citata Legge Ossola e connesse alla descrizione 49 Si pensi, ad esempio, a una pressa, a una macchina tessile, a un impianto d'estrusione e così via. 50 Proprio la necessità di assicurare all'acquirente un tasso d'interesse fisso rappresenta un tema, da anni, assai dibattuto, specie in considerazione delle minori risorse progressivamente destinate al finanziamento della legge Ossola (n. 227/77) la quale, tra l'altro, offre appunto la possibilità alle imprese italiane esportatrici di concedere agli acquirenti esteri dilazioni di pagamento a tassi agevolati e fissi.

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dell’operatività della Sace, ovvero volte ad introdurre alcuni servizi privati a questa alternativi o complementari (assicurazioni private, leasing internazionale, factoring, forfaiting, counter-trade).

Rinviando ai numerosi contributi sull’argomento, preme in questa sede soffermarsi sulle modalità di ricorso allo schema del supplier credit, specie in assenza di garanzie bancarie. Infatti, in presenza di titoli di credito internazionali avallati da banche del paese dell’acquirente, la forma tecnica più usuale e comoda, benché spesso costosa, è il ricorso al mercato del forfating, ovvero dello sconto prosoluto di detti effetti da parte di un soggetto finanziario specializzato (ciò ovviamente purché la banca avallante abbia un rating sufficiente a supportare l’operazione; sarà poi cura del forfaiter trovare adeguate garanzie al rischio politico (ovvero al rischio connesso al Paese dell’acquirente) ed eventualmente riassicurarsi (in tutto o in parte) per il rischio commerciale.

In estrema sintesi, un’operazione di credito fornitore a medio termine si configura come una transazione commerciale regolata, ad eccezione di una percentuale corrisposta in via anticipata, con un piano cambiario di pagamento rateale differito.51 Nel caso in cui i mezzi di pagamento, normalmente promissory note o bill of exchange, non siano avallati da una banca residente nel paese dell’acquirente, il rischio d’insolvenza commerciale e politico rimane a carico del fornitore. Esiste tuttavia la possibilità di trasferire tale rischio52 su una compagnia d’assicurazione, previo positivo affidamento dell’acquirente estero da parte della stessa e contro la corresponsione di un congruo premio assicurativo.

L’ottenimento della copertura assicurativa, oltre ad influire significativamente sul profilo di rischio dell’operazione in capo all’impresa fornitrice, rappresenta una condizione di norma necessaria al fine di ottenere lo smobilizzo finanziario del credito da parte di istituti di credito o di operatori finanziari in ciò specializzati. L’operazione di sconto, con girata

51 Differentemente, in un’operazione buyer credit (credito acquirente) il credito è concesso da una banca che interviene nell’operazione per finanziare all’acquirente il pagamento a pronti dell’esportatore; ne deriva che il rischio di mancato pagamento ricade sulla banca finanziatrice; sarà poi la banca a richiedere all’acquirente o al mercato assicurativo le debite garanzie. L’operatività in parola, certamente più favorevole all’esportatore, è tuttavia subordinata da un lato alla presenza di un contratto di ammontare significativo, dall’altro al fatto che l’acquirente sia di elevato standing o, più di frequente, alla presenza di una garanzia/linea di credito offerta da una banca del paese dell’acquirente 52È comunque sempre prevista una partecipazione del fornitore al rischio per la parte di scoperto obbligatorio, di norma pari al 20%. Nei casi, inoltre, nei quali la valutazione di merito dell’acquirente da parte della compagnia d’assicurazione, benché positiva, sia inferiore rispetto al credito da assicurarsi, è possibile che la percentuale di copertura del rischio risulti decurtata (es. 70%) con conseguente incremento della quota di partecipazione al rischio da parte de fornitore.

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delle relative promissory notes53, è di norma subordinata al riconoscimento, da parte della compagnia di assicurazione, della cessione dei diritti di polizza all’istitutore finanziatore. Di norma, al fine dell’ottenimento della copertura assicurativa è necessario configurare la transazione come “vendita con riserva di proprietà” (retention of title); ciò, infatti, costituisce, oltre che un significativo incentivo per l’acquirente a tenere fede alle proprie obbligazioni, una maggior protezione in caso di mancato pagamento54. Lo schema dell’operazione è sintetizzato nella figura che segue.

53Le condizioni generali di polizza delle compagnie operanti nel ramo credito prevedono, di norma, l’inassicurabilità presso diverso assicuratore della quota di scoperto obbligatorio, pena la perdita del diritto all’indennizzo. Ciò ha spesso indotto gli operatori finanziari a ritenere che, allo stesso modo, fosse preclusa la possibilità di scontare l’operazione pro-soluto (con girata delle promissory notes con la dicitura “without recourse”). In realtà, non addentrandoci nella disquisizione in merito al fatto se l’acquisizione in garanzia della quota di scoperto da parte di una banca si configuri quale assicurazione presso diverso assicuratore, chi scrive ritiene che lo sconto dell’operazione pro-soluto sia compatibile con lo scoperto obbligatorio al ricorrere di due condizioni: a) che benché il piano cambiario venga scontato al cento per cento dall’istituto finanziatore, non venga meno la possibilità per quest’ultimo di rifarsi sull’esportatore per una quota almeno pari allo scoperto obbligatorio. Tecnicamente ciò è fattibile vincolando in un apposito conto la quota corrispondente allo scoperto ovvero erogando il tutto ma contro il rilascio, da parte dell’esportatore, di una fidejussione per tale importo; b) che l’esportatore, si impegni a tutelare al meglio il credito, tenendo fede ai propri impegni durante il periodo di garanzia/manutenzione, intervenendo presso l’acquirente in caso di contestazione del prodotto e rispettando i termini di segnalazione della morosità e i relativi adempimenti previsti nella polizza d’assicurazione e si dichiari disponibile a coadiuvare la banca nell’eventuale recupero e rivendita del bene (ove sia presente la clausola di riserva di proprietà/retention of title). La stessa Sace non preclude la possibilità da parte della banca finanziatrice di effettuare un’operazione di sconto pro-soluto, prevedendo, in tal caso, anziché la cessione dei diritti di polizza la voltura della polizza stessa a favore della banca finanziatrice 54La riserva di proprietà apposta sul bene venduto e validamente pubblicizzata in conformità alle disposizioni vigenti nel paese di destinazione, rappresenta una valida protezione sia per il fornitore, al quale ricordiamo permane una quota di rischio pari allo scoperto obbligatorio, sia, soprattutto, per la compagnia d’assicurazione. Ne deriva che specificare, all’atto della richiesta di garanzia assicurativa, l’esistenza di tale pattuizione comporta una maggiore probabilità di risposta positiva da parte del sottoscrittore.

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Figura 6 Schema tipo di operazione supplier credit con garanzia assicurativa

Esportatoreitaliano

Acquirente estero

Banca /Istituto

finanziatore*

Compagniad'assicurazione

del credito

1. definizione degli aspetti tecnici e delle condizioni di vendita; raccolta documentazione / bilanci su acquirente;

2. richiestadi garanzia

3. concessionedi garanzia

4. sottoscrizione contratto commercialefornitura dei beni ed iscrizione riserva di proprietà

5. rilascio delle promissory notes

6. giratadelle promis-sory notes + impegnoper quota di scopertoe di tutela del credito.

8. sconto dellepromissory notes

7. cessione dei diritti di polizza

* Per semplicità non si è previsto l'intervento agevolativo del Mediocredito (erogazione contributo in conto interessi)

Esportatoreitaliano

Acquirente estero

Banca /Istituto

finanziatore*

Compagniad'assicurazione

del credito

1. definizione degli aspetti tecnici e delle condizioni di vendita; raccolta documentazione / bilanci su acquirente;

2. richiestadi garanzia

3. concessionedi garanzia

4. sottoscrizione contratto commercialefornitura dei beni ed iscrizione riserva di proprietà

5. rilascio delle promissory notes

6. giratadelle promis-sory notes + impegnoper quota di scopertoe di tutela del credito.

8. sconto dellepromissory notes

7. cessione dei diritti di polizza

* Per semplicità non si è previsto l'intervento agevolativo del Mediocredito (erogazione contributo in conto interessi)

Negli ultimi anni, la possibilità di ricorrere ad operazioni di supplier

credit assistite da garanzia assicurativa, per lungo tempo di fatto preclusa agli esportatori italiani, è tornata a divenire ben più reale. Da un lato, infatti, benché permangano non pochi elementi di rigidità nel servizio, si assiste ad una crescente operatività da parte della Sace (principalmente per la copertura del rischio politico e, in misura minore, anche per il rischio commerciale), sia direttamente sia mediante convenzioni nate con banche italiane attive nel finanziamento delle esportazioni55. Dall’altro, pur con grande cautela, si assiste all’apertura, da parte di alcune compagnie d’assicurazione private, all’assicurabilità dei crediti rateali a medio-lungo termine; tale apertura, benché per ora limitata agli esportatori italiani in 55 Emblematica al riguardo è la convenzione nata tra Banca Intesa, La Viscontea Spa (Coface Group) e Sace, dove la banca finanzia l’operazione(pro-solvendo), La Viscontea /Coface Group – previo positivo affidamento dell’acquirente – garantisce il rischio commerciale di mancato pagamento e SACE offre garanzia per il rischio politico. Di fatto l’impossibilità di scontare pro-soluto l’operazione rappresenta tuttavia un limite al diffondersi dell’operatività. Recentemente è stata perfezionata una nuova convenzione tra il Gruppo Unicredito, Euler-Siac e SACE, con caratteristiche analoghe.

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grado di dimostrare maggiore esperienza in campo internazionale, rappresenta certamente un elemento di grande importanza e un fattore di stimolo per la crescente competitività per lo stesso assicuratore pubblico.

Non indifferente potrebbe, inoltre, essere il ruolo delle banche estere, già particolarmente attive anche in Italia per operazioni di forfaiter e per operazioni corporate verso acquirenti di primario standing nel rispettivo paese d’origine (di norma organizzate con strutture buyer credit). Le banche straniere, o le loro controllate/collegate italiane, possono intervenire nell’operazione sia su richiesta del fornitore56 sia su segnalazione dell’acquirente (con il quale sono in contatto nel paese d’origine). Nel caso in cui la stessa banca straniera intenda mitigare il rischio sull’acquirente (ad esempio per non “riempire” con una singola operazione a medio termine le proprie linee di fido sull’importatore), la stessa potrà stipulare una copertura assicurativa con una compagnia, offrendo alla stessa tutta la base informativa in proprio possesso sull’acquirente (che nel proprio paese d’origine si qualifica come cliente e, in quanto tale, è attentamente monitorato), tenendo a proprio carico la quota di scoperto assicurativo (scontando quindi prosoluto l’operazione del fornitore italiano) e intervenendo con i propri legali e con il proprio “peso contrattuale” nell’eventualità di mancati pagamenti nel corso del piano cambiario57.

Per l’esportatore, i vantaggi del ricorso al supplier credit assistito da garanzia assicurativa sono riconducibili:

a) al maggior servizio erogato al cliente: si accorda all’acquirente la facoltà di un pagamento dilazionato senza gravare sulle proprie linee di credito presso il mondo bancario; questo vantaggio risulta particolarmente sentito specie con riferimento ad acquirenti residenti in paesi caratterizzati da sistemi finanziari scarsamente liquidi e poco efficienti;

56 Appare infatti logico che un esportatore, allorquando sia in possesso di titoli di credito emessi da un cliente estero si rivolga per lo sconto pro-soluto alle banche dello stesso paese presenti in Italia. In tal caso, se la banca nel proprio paese ha delle linee di credito inutilizzate nei confronti dell’importatore può procedere allo sconto degli effetti notificando la cessione all’importatore. Si consideri inoltre che il rischio paese viene, in tale caso, superato (così ad esempio una banca turca è portata ad assegnare al rischio paese turco un minor peso). 57 In tale ambito si inserisce l’innovativo accordo tra il BSCH (Banco Santander Central Hispano) e la Compagnia Euler-Hermes. Il contratto assicurativo, per ora limitato a garantire esportazioni verso la Spagna e il Portogallo, è prossimo ad essere esteso ad alcuni paesi dell’America Latina, nei quali la banca in parola gode di una forte presenza locale.

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b) al possibile minor costo complessivo dell’operazione: in numerosi casi, il costo sostenuto dall’esportatore58 (trasferito poi sull’acquirente in termini di maggiorazione del prezzo di vendita o, più spesso, di maggiorazione del tasso di interesse) è comunque inferiore rispetto ai costi che l’acquirente dovrebbe sostenere per l’apertura di una lettera di credito presso una banca del proprio paese;

c) al flusso d’informazioni ricevuto dal fornitore in fase di trattativa: per sua natura, il rapporto con la compagnia d’assicurazione prevede una prima fase nella quale l’impresa esportatrice sottopone alla compagnia il nominativo del potenziale acquirente, i termini del contratto in fase di perfezionamento e, ove possibile, documentazione sulla situazione economico-finanziaria dell’acquirente (bilanci, budget dell’iniziativa d’investimento ecc.). La compagnia, sulla base delle informazioni presenti nelle proprie banche, di nuove indagini condotte attraverso proprie sedi locali e delle stesse informazioni fornite dal fornitore si esprime in merito all’assicurabilità della transazione e alla relativa percentuale di copertura. Un rapporto collaborativo e improntato non alla singola operazione bensì al medio termine tra esportatore e compagnia d’assicurazione è, in tal senso, di fondamentale importanza al fine di prevenire possibili insolvenze e di concentrare i propri sforzi su acquirenti solvibili.

Di contro, i principali svantaggi sono riconducibili alla complessità

dell’operazione, che non trova quindi giustificazione per transazioni di importo limitato (inferiori- di norma – a 2/300.000 Euro), alla necessità di essere accreditati presso le compagnie d’assicurazione, aspetto problematico specie per le imprese minori, al costo dell’operazione stessa (limitatamente ai casi in cui non risulti possibile trasferirlo sull’acquirente), alla necessità di seguire l’operazione per tutta la durata del periodo di dilazione (obblighi di segnalazione per eventuali ritardi nei pagamenti ecc.) e al fatto che nel proprio bilancio si avrà evidenza di una massa di crediti in progressivo aumento. 58 Il costo in capo all’esportatore per un’operazione quale quella sintetizzata dalla figura 6 è dato dalla somma delle seguenti componenti: a) il premio corrisposto all’assicuratore; b) la commissione di sconto (rappresentata dallo spread da aggiungersi al costo di raccolta) applicata dalla banca nello sconto delle promissory notes e i relativi “giorni banca”; c) le spese d’istruttoria sostenute sia presso gli assicuratori sia presso gli istituti di credito; d) le spese professionali e legali per la redazione del contratto commerciale, l’iscrizione della riserva di proprietà sui beni venduti e la gestione dell’operazione finanziaria.

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5.4. Il rischio Paese e l’assicurazione del rischio politico: cenni

In precedenza (supra § 3) si è evidenziato come le perdite su credito possano essere connesse al rischio Paese, ovvero a fattori di natura prevalentemente politica59. Il mancato pagamento, in tale caso, prescinde dalla situazione economico-finanziaria dello specifico debitore60, essendo riconducibile a misure di diritto o di fatto da parte dello stato di appartenenza del debitore stesso (nazionalizzazioni, confische, inconvertibilità della valuta, divieto di trasferimenti valutari all’estero ecc.) ovvero ad eventi socio-politici tali da ripercuotersi negativamente su interi sistemi finanziari (guerre, risoluzioni di embargo a carico del Paese del debitore, ecc) ovvero ad eventi naturali/catastrofi tali da portare ad dissesto intere aree industriali61. Così come per il rischio di credito commerciale, anche per il rischio politico è opportuno che ogni impresa adotti adeguate tecniche di prevenzione e di protezione: fissando limiti di esposizione nei confronti dei paesi a maggior rischio e diversificando il proprio portafoglio crediti tra le diverse aree geografiche62. Anche per il rischio politico è inoltre possibile ottenere valide coperture assicurative (di norma con percentuali di copertura comprese tra l’85% e il 95%).

59 Per approfondimenti si vedano: Coface, Guida al rischio Paese, Il Sole 24 Ore, 1999 e 2001; J de la Torre e D.H. Neckar, Forcasting political risk for international operations, in H. Vernon-Wortzel, Global strategic management: the essential, John Willey and Sons, New York, 1990; M.R. Czinkota e L. Ronkainen, International marketing, The Dryden Press, 1998 p. 180 e ss. 60 Non sempre la distinzione tra “la sopraggiunta capacità di adempiere del singolo soggetto” e “fattori di natura politica” è netta. In numerosi casi il manifestarsi di conflitti “striscianti e non dichiarati”, il peggioramento del rapporto diplomatico tra il paese dell’esportatore e quello dell’importatore, piuttosto che una crisi generalizzata nel Paese dell’importatore, porta al manifestarsi di insolvenze che - pur non rientrando, nelle fattispecie “classiche” del rischio politico -, di fatto sono riconducibili ad eventi che prescindono dalla capacità di adempiere del singolo debitore. 61 J de la Torre e D.H. Neckar (op. cit. 1990) presentano un’interessante analisi nella quale “scompongono” il rischio politico in tre dimensioni: l’ambiente politico-legale del Paese di esportazione, quello internazionale e quello del Paese d’importazione. 62 Non è sufficiente procedere ad una ripartizione del rischio a livello di singolo paese; è opportuno allargare l’analisi a livello di intere aree geografiche. Le crescenti connessioni che si pongono in essere tra paesi appartenenti alle medesime aree (ad esempio Sud America piuttosto che Far East ecc) fanno sì che l'eventuale crisi/insolvenza di un paese si propaga rapidamente sui paesi le cui economia sono ad esso maggiormente collegati. A dimostrazione di ciò, le più recenti analisi sul rischio paese partono sempre da una preanalisi dell’area geografica di appartenenza e del livello di interconnessione-dipendenza dalle economie di altri paesi.

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L’assicurazione crediti del rischio politico rappresenta uno dei principali ambiti di intervento delle politiche governative dei paesi industrializzati a supporto delle esportazioni dell’industria nazionale e si esplica mediante l’operatività svolta dalle rispettive ECA (export credit agencies). Specie nell’attuale fase di sostanziale livellamento dei programmi agevolativi dei principali paesi industrializzati sotto il profilo finanziario (stabilizzazione del tasso e contribuzione in conto interesse), la copertura assicurativa pubblica dei rischi del credito (soprattutto del rischio politico e dei non-marketable risk) diviene l’elemento cruciale da cui dipende l’appetibilità di un sistema di sostegno all’esportazione. Per tale motivo, come accennato nel § 5.1, a livello di Unione Europea, - ad oggi - l’assicurazione del rischio politico non è accentrata bensì è “gelosamente presidiata” dai singoli Stati membri. Al riguardo si evidenziano due distinte tendenze: alcuni Paesi (tra i quali Germania e Francia) hanno demandato la gestione del rischio politico a una compagnia d’assicurazione privata che, per conto dello Stato, gestisce il fondo di dotazione annualmente stabilito a livello governativo nell’ambito delle linee di affidamento accordate ai paesi importatori (plafond paese). In altri Paesi, tra i quali l’Italia, la definizione dei plafond paese e la gestione dell’assicurazione del rischio politico è assegnata direttamente a una Compagnia d’Assicurazione di natura pubblica.

Da quanto sopra, pare quindi evidente come l’assicurazione del rischio Paese sia quasi esclusivo appannaggio delle export credit agencies di natura pubblica. Infatti, pur in presenza di un parallelo mercato privato (peraltro dotato di limitata capacità riassicurativa), la quasi totalità dei rischi politici trova copertura (direttamente - in fase assuntiva - piuttosto che indirettamente - in riassicurazione o a valere su accordi con il sistema bancario-) su fondi pubblici. Ciò a motivo del fatto che:

- le condizioni economiche praticate (tassi applicati / analisi dei rischi) tendono a prescindere da analisi di “equilibrio tecnico del ramo”. Infatti, pur in presenza di indennizzi tendenzialmente superiori ai premi incassati, i vantaggi che a livello di sistema-paese derivano dal supporto delle esportazioni (incremento del prodotto interno lordo, equilibrio della bilancio commerciale ecc.) possono compensare tale sbilancio. Ciò non è, ovviamente, ipotizzabile da parte di compagnie private;

- la possibilità di surroga/recupero a seguito di indennizzo è di fatto riservata a soggetti pubblici (o comunque a soggetti che rappresentino il rispettivo paese d’appartenenza). Quando una nazione diviene “insolvente a livello internazionale”, ad esempio congela il proprio debito e/o impedisce alle banche locali di regolare pagamenti internazionali in valute convertibili, si aprono –

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solitamente – lunghi e delicati processi di negoziazione/ridefinizione delle scadenze gestite a livello sovranazionale (in sede di Fondo Monetario Internazionale, Club di Parigi ecc.). Le logiche sottostanti a detti accordi e gli orizzonti temporali di norma considerati non si sposano con le logiche proprie delle compagnie d’assicurazione private.

È in tale ambito che s’inquadra, nel nostro Paese, l’attività svolta

dall’Istituto di diritto pubblico per i servizi assicurativi del commercio estero (Sace63). L’istituto - guidato da un presidente, un consiglio di amministrazione, un comitato esecutivo e uno consultivo - opera in sintonia con le direttive impartite dal CIPE ed è sottoposto alla sorveglianza del ministero del Tesoro ed al controllo della Corte dei Conti. Nell’esplicazione dell’attività di sostegno pubblico alle esportazioni, inoltre, l’ente in parola è tenuto al rispetto dei criteri di armonizzazione stabiliti dall’Unione europea e all’osservanza della normativa internazionale sui crediti all’esportazione nota come Consensus64 (per i crediti a medio-lungo termine) e alle regole dell’Unione di Berna65 .

63 Si vedano al riguardo F.Lecce Ricioppo, L’assicurazione dei crediti all’esportazione, op. cit., 1998; G. Bertoli, La politica dei prezzi: gli aspetti gestionali, in E.Valdani, C. Guerini e G. Bertoli, Marketing Globale, Egea, Milano, 2000. 64 Si riporta di seguito un estratto delle regole del Consensus come da descrizione sito SACE (www. Isace.it). La necessità di contenere il deterioramento delle condizioni di credito, conseguenti alla concorrenza sempre più aspra nella concessione di agevolazioni finanziarie alle proprie esportazioni, portò i maggiori Paesi industrializzati dell'occidente a concludere, nel 1978, un accordo informale (Gentlemen's Agreement) sulle Linee Direttrici in Materia di Credito all'Esportazione, meglio noto con il nome di "Consensus". Dal 1978 l'Accordo Generale (che non si applica ai prodotti agricoli ed alle forniture militari) è stato più volte assoggettato a modifiche, resesi necessarie per effetto delle mutate condizioni del mercato. Si riportano qui di seguito gli elementi salienti della parte commerciale, attualmente in vigore, che sono: - la percentuale minima dei pagamenti anticipati o contestuali alla consegna delle merci (down payment); - le durate dei crediti; - i tassi di interesse. 1.- La quota anticipata o contestuale alla consegna delle merci non può essere inferiore al 15% del valore contrattuale dell'operazione. 2. - Il Consensus è applicabile alle operazioni con dilazione di pagamento da 2 a 10 anni. La durata massima è fissata in base a due fasce di Paesi: Alla 1° categoria appartengono i paesi con reddito pro-capite eccedente $ 5.435 e ad essi sono consentite dilazioni di credito fino a 5 anni e solo eccezionalmente a 8,5 anni; Alla 2° categoria appartengono tutti gli altri paesi per i quali sono previste dilazioni fino a 10 anni.

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Le dilazioni di pagamento devono avere le seguenti caratteristiche: - i rimborsi del credito devono avvenire in rate con cadenza massima semestrale e con quota capitale di pari importo; - la data di scadenza della prima rata non può superare i sei mesi dalla data di accettazione provvisoria degli impianti e per i beni strumentali dalla data delle operazioni doganali o, se previsto contrattualmente, dall'accettazione o dal collaudo. Per le centrali elettriche convenzionali e per i relativi centri di commutazione, linee di trasmissione, sottostazioni e trasformatori, purché diretti allo stesso acquirente della centrale e con un voltaggio minimo di 100KV, è consentita una dilazione di credito massima di 12 anni. Per le operazioni strutturate nello schema di project financing si veda oltre. 3. - I tassi di interesse applicabili sono i cosiddetti CIRR (Tassi di Interesse di Riferimento Commerciale) sia per i Paesi della 1° cat. che per quelli della seconda. Dal mese di gennaio 1999, i CIRR delle valute europee inserite nel Sistema Monetario Europeo (EMU) sono stati sostituiti da quello unico dell'EURO. Tali tassi variano mensilmente e sono comunicati dall'OCSE. Per quanto riguarda il sostegno pubblico in materia di stabilizzazione del tasso d'interesse, lo Stato italiano, come già detto, opera attraverso la SIMEST (per maggiori informazioni vedere sito Internet SIMEST). Un'attenzione particolare va dedicata alla disciplina delle operazioni di "project financing". In effetti le modifiche all'Accordo generale, che hanno introdotto una maggiore flessibilità nel trattamento di questo tipo di progetti, sono entrate in vigore dal 1 settembre 1998, ed inoltre non sono definitive; ci troviamo, infatti, in un periodo di prova (trial period) che terminerà nel settembre del 2003. Vengono previste due opzioni, che permettono una certa elasticità nello stabilire la scadenza della prima rata, la durata massima del credito, il piano di rimborso. Queste due opzioni limitano la vita media del credito a - 5 anni e 3 mesi, oppure - 7 anni e 3 mesi. Quest'ultima ipotesi è applicabile a condizione che il rimborso della prima rata avvenga a 2 anni dal punto di partenza del credito e la dilazione massima non superi i 14 anni. La definizione di vita media del credito viene fornita dall'accordo stesso e si basa sui tempi richiesti per rimborsare la metà del capitale ponderato del credito, dell'assicurazione o della garanzia, escludendo il periodo che precede il punto di partenza del credito stesso. Ai Paesi dell'OCSE, ad eccezione della Corea del Sud, è consentito applicare solo la prima opzione. 65 Si riporta di seguito un estratto sulle ragioni che hanno portato alla nascita dell’Union de Bern come da descrizione sito SACE (www. Isace.it). Per una disamina delle regole in esso contenute si rimanda al sito citato. La prima Export Credit Agency ufficiale, l'Export Credit Guarantee Department, fu costituita nel 1919 dal governo inglese allo scopo di stimolare l'occupazione attraverso lo sviluppo delle esportazioni. Questa strada fu seguita da altri paesi. Nel 1934 ,allo scopo di cooperare nello sviluppo delle tecniche assicurative e di scambiare informazioni sull'esperienza dei pagamenti, fu istituita quella che è oggi la International Union of Credit and Investment Insurers. I soci fondatori provenivano da Francia, Italia, Spagna e Regno Unito. Gli scopi dell'Unione sono:

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La SACE è stata costituita tramite la legge Ossola, ai sensi della quale è autorizzata ad assumere in assicurazione e riassicurazione la garanzia sui “rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, ai quali sono sottoposti gli operatori nazionali nella loro attività con l’estero”.66 Il raggio d’azione della SACE è assai ampio e copre l’impresa italiana dai rischi che possono insorgere nelle diverse manifestazioni possibili della sua attività sui mercati internazionali.

La delibera n. 93/99 del CIPE (delibera integralmente riportata nel sito internet SACE) regola l’attività assuntiva di SACE e stabilisce i rischi assicurabili67, gli eventi generatori di sinistro e le operazioni assicurabili,

1) l'accettazione da parte dei membri di "sound principles" nel settore del credito all'export e la pratica ed il rispetto delle regole, per quanto riguarda il credito, del commercio internazionale e 2) la reciproca collaborazione nel creare un clima favorevole allo sviluppo del credito all'export ed agli investimenti all'estero. A tale fine i membri dell'Unione si sono impegnati a - scambiarsi informazioni reciprocamente ed all'Unione perché questa possa adempiere alla propria missione; - consultarsi periodicamente e continuamente per studi, iniziative, progetti; - cooperare strettamente e quando necessario prendere iniziative congiunte; -cooperare con le altre organizzazioni internazionali, in particolare con le cosiddette IFIs (FMI, Banca Mondiale, Banche Regionali di Sviluppo). Oggi all'Unione di Berna aderiscono 51 organizzazioni provenienti da 42 paesi. Nel 2000 i membri dell'Unione hanno assicurato operazioni per 504 miliardi di dollari, di cui 420 per crediti a breve termine, 71 per crediti a medio e lungo termine e 13 miliardi per investimenti. 66 G. ROCCO, Manuale di commercio estero, Pirola, Milano, 1996. 67 In particolare l’art. 1 prevede: Rischi Assicurabili 1.1 L'Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE) è autorizzato ad assumere in assicurazione e in riassicurazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, i seguenti rischi: 1. rischio di produzione (rischio di mancato recupero dei costi di produzione); il rischio di produzione si realizza quando l'esecuzione delle obbligazioni contrattuali dell'assicurato, o la produzione dei prodotti ordinati, è interrotta, di norma, per un periodo di sei mesi consecutivi, purché tale interruzione sia causata direttamente ed esclusivamente dal verificarsi di uno o più degli eventi generatori di sinistro (EGS) coperti elencati all'articolo 2; 2. rischio del credito; Il rischio del credito si realizza quando l'assicurato non può ottenere il pagamento, parziale o totale, degli importi o dei corrispettivi dovutigli entro tre mesi dopo la scadenza, a condizione che il mancato pagamento sia causato direttamente ed esclusivamente dal verificarsi di uno o più degli eventi generatori di sinistro (EGS) coperti elencati all'articolo 2; 3. rischio di mancata o ritardata restituzione parziale o totale delle cauzioni, depositi o anticipazioni indicati al punto 3.1.8 dell'articolo 3, in dipendenza degli EGS previsti per il rischio del credito;

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prevedendo – altresì - la facoltà di rilascio, da parte di SACE, di garanzie fidejussorie, e la possibilità, per l’esportatore, di cedere pro-soluto ad istituti bancari i crediti assistiti da garanzie assicurative. Limitando l’analisi all’attività esportativa, i soggetti che possono ricorrere all’assicurazione sono gli esportatori italiani o le banche, italiane ed estere, che curano il finanziamento dell’esportazione. Come si evince dall’art. 3 della citata delibera, la copertura assicurativa si riferisce alle merci di origine italiana; i prodotti di origine estera possono invece essere inclusi nella fornitura purché in percentuale non superiore ai pagamenti anticipati o contestuali alla consegna. Peraltro, quando le merci estere incluse nella commessa sono di origine comunitaria (per un valore compreso fra il 30 e il 40% della fornitura), in base ad una direttiva dell’Unione europea,68 è ammessa la coassicurazione della subfornitura tra i diversi enti assicurativi dei paesi di origine delle merci.

4. rischio di escussione, per cause non dipendenti da inadempienze contrattuali degli operatori nazionali, delle fidejussioni indicate al punto 3.1.7 dell'articolo 3; 5. rischio di distruzione o danneggiamento di beni connessi all'operazione assicurata, in dipendenza dell'EGS previsto alla lettera i) dell'articolo 2; 6. rischio di requisizione, di confisca o di altro comportamento e/o atto autoritativo ed arbitrario da parte di uno Stato estero che impedisca la riesportazione o la libera disponibilità di beni connessi all'operazione assicurata; 7. rischio degli investimenti all'estero dell'operatore o dell'impresa nazionale (anche costituita senza fini di lucro) che costituisca un'impresa all'estero oppure controlli o partecipi -anche indirettamente mediante società costituite all'estero controllate dall'impresa nazionale medesima- a società e imprese all'estero; il rischio si articola in: i. rischio di perdite del capitale investito all'estero a causa di perdite patrimoniali da parte dell'impresa costituita, controllata o partecipata all'estero o di definitiva impossibilità della prosecuzione della sua attività in dipendenza degli EGS di cui alle lettere d) ed i) dell'articolo 2; ii. rischio di perdite da parte dell'operatore o dell'impresa nazionale riguardo a somme a qualsiasi titolo ad essa spettanti - incluso, pertanto, anche il reddito - in relazione all'investimento all'estero (anche per finanziamenti effettuati o garantiti in favore dell'impresa costituita all'estero oppure rinvenienti dalla cessione dell'investimento), in dipendenza del verificarsi degli EGS previsti alle lettere d), e), f), g) ed i) dell'articolo 2; 8. rischio di variazione del corso dei cambi per contratti stipulati in valute estere e per offerte formulate dagli operatori nazionali al fine di partecipare ad aste o appalti indetti da committenti esteri; 9. rischio di variazione dei prezzi internazionali delle merci ottenute a seguito di operazioni di countertrade, limitatamente alle merci che siano quotate nelle borse merci; 10. rischio di mancato rimborso di finanziamenti concessi da banche ad operatori nazionali a fronte di esportazioni di merci o prestazioni di servizi, esecuzioni di lavori, studi e progettazioni, nonché a fronte di acquisti di materie prime o semilavorati necessari all'approntamento di beni destinati all'esportazione. 68 In particolare, tale provvedimento è stato adottato tramite decisione del Consiglio CEE n. 82/854 del 10.12.1982.

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Di seguito si riporta integralmente l’articolo 2 “Eventi generatori di sinistro (EGS)” della sopra menzionata delibera.

Articolo 2 (delibera n. 93/99 del CIPE) Eventi Generatori di Sinistro (EGS) 2.1 Gli eventi generatori di sinistro (EGS) che concorrono alla delimitazione causale dei rischi di cui all'articolo 1 sono: a. insolvenza di diritto o di fatto del debitore privato e, se del caso, del suo garante; b. inadempimento del debitore e, se del caso, del garante intendendosi con tale locuzione non solo il mancato adempimento dell'obbligazione del debitore/garante di pagare il creditore, ma anche il mancato adempimento di tutte le restanti obbligazioni connesse allo svolgimento dell'operazione assicurata, siano esse pecuniarie o meno, compreso il caso di mancato rispetto di impegni contrattuali di enti pubblici o privati che costituiscano garanzie collaterali di finanziamenti strutturati; c. risoluzione o rifiuto arbitrari intendendosi con tale locuzione la decisione dell'acquirente in un'operazione sia di credito fornitore, sia di credito acquirente, di sospendere o revocare il contratto commerciale o di rifiutare l'accettazione delle merci e/o dei servizi, senza averne la facoltà giuridica nell'ambito dell'ordinamento normativo vigente al momento della stipula del contratto stesso; d. decisione di un Paese estero intendendosi con tale locuzione ogni atto, comportamento o decisione del governo di un Paese diverso dal Paese dell'assicuratore, compresi atti comportamenti o decisioni di enti pubblici equiparati ad interventi del governo, che: i. ostacolino l'esecuzione della convenzione di credito acquirente o del contratto commerciale oppure ii. conducano alla nazionalizzazione, espropriazione, senza adeguato indennizzo, confisca, sequestro da parte dell'autorità straniera, all'assunzione di altri comportamenti o provvedimenti lesivi posti in essere dalla stessa autorità a danno dell'impresa italiana o dell'impresa costituita, posseduta o partecipata all'estero oppure iii. incidano sugli investimenti all'estero modificando in modo unilaterale accordi generali o particolari di protezione o realizzazione di detti investimenti oppure iv. modifichino gli impegni contrattuali sottoscritti da Autorità governative nel contesto di finanziamenti strutturati oppure v. determinino cambiamenti del quadro normativo/regolamentare nell'ambito del quale era stato specificamente progettato il finanziamento strutturato; e. moratoria generale disposta dal governo del Paese del debitore; da quello di un eventuale Paese terzo per il cui tramite dovesse essere effettuato il pagamento a norma della convenzione di credito acquirente o del contratto commerciale oppure dal governo del Paese nel quale è stato effettuato l'investimento all'estero o è stata costituita la società o impresa all'estero; f. mancato trasferimento valutario causato da eventi politici o problemi economici sopraggiunti fuori dall'Italia, oppure da disposizioni legislative o amministrative

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adottate all'estero che impediscano o ritardino il trasferimento delle somme versate a titolo della convenzione di credito acquirente, del contratto commerciale o ad altro titolo discendente dall'esecuzione dell'operazione assicurata; g. disposizioni legali adottate nel Paese del debitore o nel Paese nel quale è stato effettuato l'investimento all'estero che conferiscano efficacia liberatoria ai versamenti effettuati dai debitori del Paese stesso anche se tali versamenti, convertiti nella valuta del contratto commerciale, della convenzione di credito acquirente o delle obbligazioni derivanti dall'investimento all'estero, non raggiungono più, a causa delle fluttuazioni dei tassi di cambio, l'importo del debito al momento del trasferimento. h. nel caso di credito fornitore, o di contratto commerciale sottostante un credito acquirente, decisioni dell'Italia o di organismi internazionali (Unione Europea, Organizzazione delle Nazioni Unite etc.), concernenti gli scambi commerciali tra uno Stato membro e Paesi terzi -ad esempio, un divieto di esportazione- sempre che il Governo italiano non si faccia carico dei relativi effetti. i. circostanze di forza maggiore che si verifichino fuori dall'Italia, quali guerra, guerra civile, rivoluzione, sommossa, tumulti civili, terrorismo, sabotaggio, ciclone, inondazione, terremoto, eruzione vulcanica, maremoto o incidente nucleare, purché i relativi effetti non siano altrimenti assicurati.

Il rischio politico (così come espressamente riportato nell’art. 4.2

“comprende l’area dei possibili sinistri causati:

a) per debitori privati, dagli EGS (eventi generatori di sinistro) indicati alle lettere da d) ad i) dell’articolo 2 sopra riportato;

b) per i debitori pubblici, dagli EGS indicati alle lettere da b) ad i) dell’articolo 2 sopra riportato.

Si è detto di come le condizioni di assicurabilità mutino da paese a paese.

Periodicamente SACE rivede le condizioni di assicurabilità per ognuno dei possibili paesi destinatari delle esportazioni italiane69. Per ognuno dei paesi viene riportato:

- la categoria Consensus d’appartenenza (espressiva del livello di rischio associato al paese a livello internazionale);

- la classe SACE d’appartenenza (espressivo dello specifico livello di rischio assegnato da SACE). Dalla classe di appartenenza dipendono poi le condizioni di assicurabilità (a breve e a medio termine) e i tassi70 che l’esportatore deve corrispondere per ottenere la copertura assicurativa;

69 Si veda al riguardo la sezione “Situazione Paesi” nel sito www.isace.it 70 Si veda al riguardo la sezione “Costo Assicurativo” nel sito www.isace.it

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- la percentuale di abbattimento sulla copertura assicurativa standard (ove prevista);

- una descrizione sulle condizioni di assicurabilità71 (sia per il rischio commerciale sia per il rischio politico) dei crediti a breve termine (entro i 12 mesi di dilazione) così come dei crediti a medio-lungo termine (dilazioni superiori a 12 mesi), dei crediti verso acquirenti privati così come dei crediti verso soggetti pubblici;

- l’indicazione del plafond assegnato (in presenza di restrizioni) con l’indicazione della quota disponibile nonché di eventuali limiti massimi per singola operazione.

Di seguito si riporta, a titolo esemplificativo la prima pagina della

Situazione Paesi aggiornata al 10/01/2001.

71 Al riguardo vi sono paesi assicurabili “senza nessuna restrizione”, altri assicurabili “solo in presenza di garanzia sovrana”, altri solo in presenza di “garanzia bancaria” rilasciata da banca giudicabile accettabile da SACE. Possono poi esservi paesi in “sospensiva” o in “pausa di riflessione” nei confronti dei quali l’assicurabilità per nuovi crediti è preclusa.

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Paolo Francesco Bertuzzi

Meritano, inoltre, di essere ricordate le convenzioni assicurative stipulate

tra SACE e alcune delle principali banche italiane; dette convenzioni mirano ad offrire alle imprese esportatrici, tramite il sistema bancario, garanzie sul rischio politico (di fatto è prevista la possibilità, scarsamente utilizzata poiché prevede l’obbligo di ripartire il rischio con il soggetto bancario, di garantire anche il rischio commerciale). Tra le prime banche che hanno aderito a tale programma si ricordano la Banca Commerciale Italiana (Comit- Gruppo Banca Intesa) la Banca Nazionale del Lavoro (BNL) e il Monte dei Paschi di Siena.

6. Politiche di credito in fasi congiunturali negative: le possibili risposte delle imprese esportatrici

Si ritiene opportuno concludere con un breve esempio di come l’adozione di diverse filosofie/politiche in tema di credit management possa impattare, al ricorrere di determinate situazioni, sulla redditività aziendale.

Richiamando quanto scritto nel § 4, definite le proprie politiche in tema di prevenzione e protezione del rischio di insolvenza e prima di affrontare le scelte attinenti le politiche trasferimento/ritenzione del rischio, è opportuno che, a livello aziendale, si proceda a classificare il proprio parco clienti/crediti in diverse categorie (ad esempio: clienti/crediti con rischio d'insolvenza pressoché nullo, clienti/crediti con rischio d'insolvenza lieve, clienti/crediti ad elevato rischio d'insolvenza).

Si è detto anche come il passo successivo consista nell'assegnare ad ognuna delle categorie individuate una percentuale espressiva del livello di insolvenza attesa, per poi ripartire il proprio fatturato annuo atteso nelle diverse categorie di rischio al fine di ottenere ottiene la quantificazione del rischio d’insolvenza, base informativa essenziale per la successiva fase, attinente la decisione se trasferire, in tutto o in parte, detto rischio al mercato oppure tenerlo in proprio.

Si supponga, ad esempio, che per l’impresa Alpha, produttrice di macchinari del valore unitario di Euro 100.000, il valutatore assegni alle tre categorie sopra individuate i seguenti valori72:

72 Sebbene nell'ambito di tecniche discrezionali, le percentuali assegnate a ciascuna categoria non devono basarsi unicamente su sensazioni del valutatore, bensì trovare riscontro nell'esperienza storica dell'impresa e nelle statistiche di settore.

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

Tabella 3 Assegnazione della percentuale di perdite attese alle categorie di rischio

Categoria Tipologia crediti perdite attese percentuali

1 – crediti a rischio

pressochè nullo

- Lic confermate da banca italiana;

- Vendite a clienti con alto rating;

- Crediti cambializzati e avallati da primari istituti;

- Vendite a soc. di leasing/ pagamento a pronti

- Crediti assicurati da primaria Compagnia di Assicurazione

0,1%

2 – crediti a rischio

d'insolvenza lieve

- Crediti vantati verso clienti di standing medio e non assistiti da garanzie;

- Crediti verso clienti a standing basso assistiti da garanzie di banche estere secondarie

- Percentuale dei crediti assicurati a carico del fornitore /scoperto)

1%

3 – crediti ad elevato rischio d'insolvenza

- Crediti non assistiti da garanzia bancaria / o di terzi, vantati verso imprese:

- di recente costituzione;

- di scarsa capitalizzazione;

- con attività a breve minori delle passività a breve;

- operanti in settori altamente instabili;

- ubicate in paesi ad elevato rischio

4%

Non resta ora che ripartire il fatturato dell'impresa Alpha tra le varie

categorie di rischio e ottenere così le perdite annue attese a seguito d'insolvenza (cfr tab. 4); tutto ciò stante l'attuale situazione dell'impresa.

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Paolo Francesco Bertuzzi

Tabella 4

Determinazione delle perdite attese annue a seguito d'insolvenza

Categoria n. macchinari

FatturatoEu/000

perc. Perdite

Perdite attese

Eu/000 1 – Rischio pressochè 0

40 4.000 0,1% (4)

2 – rischio lieve

40 4.000 1% (40)

3 – rischio elevato

20 2.000 4% (80)

Totale

100 10.000 1,24% (124)

Margine di contribuzione

2.500

Margine di contribuzione al netto perdite attese su crediti

2.376

Le perdite attese a seguito d'insolvenza, pur rappresentando

un'indicazione fondamentale, non costituiscono un’informazione sufficiente per assumere le proprie decisioni in tema di gestione del credito alla clientela; è infatti necessario integrare detta informazione con il margine di contribuzione atteso. Ciò a motivo del fatto che il margine di contribuzione atteso non è una variabile esogena alle politiche di credito. Ne deriva che la valutazione delle diverse alternative di politica commerciale e di gestione del rischio d'insolvenza deve avvenire sulla base dell'impatto che le stesse esercitano sia sul livello complessivo di insolvenze attese sia sulla base delle conseguenza che le stesse esercitano sul margine contributivo complessivo dell'impresa in esame.

Tornando all'esempio dell’impresa Alpha, si supponga che il margine di contribuzione unitario (al lordo delle perdite attese su crediti) per ogni singolo macchinario sia pari a 25 mila Euro73. Ne deriva che il margine di contribuzione complessivo, su un fatturato atteso di Euro 10 milioni, ammonta a 2,5 milioni di Euro.

73 Qualora l'impresa adotti una politica di prezzi differenziata in relazione alla diversa rischiosità del cliente / del paese di appartenenza, il margine di contribuzione muta con riferimento alle diverse categorie di rischio. Il calcolo del margine di contribuzione complessivo deve, quindi, tenere conto di ciò.

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

La situazione di partenza per la nostra analisi di gestione del rischio d'insolvenza è quindi quella di un'impresa che, a fronte di un fatturato previsto di Euro 10 milioni (determinato per semplicità da un unico prodotto venduto ad un identico prezzo alle diverse categorie di clienti), presenta un margine di contribuzione complessivo atteso quantificabile in Euro 2,5 milioni e un valore di perdite attese a seguito d'insolvenza pari a Euro 124.000; dati comprovati anche dall'esperienza degli ultimi esercizi e dalla tendenza in atto. Ne deriva che il margine di contribuzione atteso, al netto delle perdite su crediti, è quantificabile in 2,376 milioni di Euro.

Il processo descritto nei precedenti paragrafi diviene critico allorquando le condizioni del settore e dei mercati mutano velocemente. Ciò è avvenuto, e sta tuttora avvenendo, proprio con riferimento a numerosi settori di beni durevoli; infatti, in presenza di cicli economici negativi, che con riferimento al comparto dei beni industriali durevoli assumono -di norma – cali accentuati a motivo della natura derivata della domanda, e in presenza di fenomeni di delocalizzazione produttiva dei settori a valle (fenomeno riscontrabile, ad esempio, nel settore tessile, nella lavorazione del legno, nella pelletteria, nelle calzature ecc.) la domanda, specie quella proveniente dai paesi maggiormente industrializzati, cala sensibilmente. Al fine di offrire alla propria capacità produttiva uno sbocco, le imprese produttrici sono spesso indotte a concentrare i propri sforzi commerciali su clienti di paesi a maggior rischio (paesi di ricente industrializzazione e paesi in via di sviluppo). Ciò comporta, per le imprese esportatrici, l’esposizione ad un maggior livello di rischio d’insolvenza.

Assumendo che tale tendenza riguardi anche l’impresa Alpha qui considerata, le prospettive attese per il prossimo esercizio, anziché essere quelle riepilogate nella tabella 4, in assenza di correttivi, potrebbero mutare in quelle sintetizzate nella tabella 574, registrando quindi un deterioramento della ripartizione del clienti nelle categorie di rischio e un incremento nelle percentuali di perdita attesa per le categorie 2 e 3.

74 Si ipotizza, per semplicità, che il fatturato complessivo nonchè il margine di contribuzione (al netto della variazione delle perdite su crediti) non subiscano conseguenze. In realtà spesso si assiste all'uso di prezzi differenziati in funzione del diverso grado di rischio.

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Tabella 5 Determinazione del margine contributivo al netto delle perdite su crediti attese (nuova situazione)

Categoria

n. macchin.

FatturatoEu/000

Perc. perdite

Perdite attese

Eu/000 1 – Rischio pressoché 0

25 2.500 0,1% (2,5)

2 – rischio lieve

45 4.500 1,5% (67,5)

3 – rischio elevato

35 3.500 6% (210)

Totale

100 10.000 2,8% (280)

Margine di Contribuzione

2.500

Margine di contribuzione al netto delle perdite su crediti attese

2.220

Come si evince, in assenza di correttivi, le perdite su crediti attese

aumentano notevolmente, passando da 124 a 280 mila Euro e ciò si riflette sul margine contributivo al netto di dette perdite (da 2,376 a 2,220 milioni di Euro).

Analizzando l’evoluzione di alcune realtà aziendali interessate dal fenomeno, si possono individuare tre diverse politiche, dettate, principalmente, dal diverso grado di propensione/avversione al rischio e dalla conoscenza degli strumenti di gestione del rischio di credito.

La prima politica è riconducibile alla volontà di mantenere il più possibile inalterato il proprio grado di rischio complessivo. Si tratta del comportamento tipico dell’impresa che presenta un’elevata avversione al rischio. Le opportunità offerte dai nuovi mercati/nuovi clienti vengono prese in considerazione solamente in presenza di ragionevole certezza nei pagamenti (normalmente solo in presenza di una lettera di credito irrevocabile confermata da banca italiana o di cambiali avallate da primaria banca estera e impegno irrevocabile di un istituto italiano allo sconto pro-soluto dell’operazione). Qualora l’impresa Alpha optasse per tale politica, ciò si tradurrà in una diminuzione del fatturato. Le conseguenze sono sintetizzate nella tabella 6. Di fatto, la riduzione di vendite a clienti della fascia 1 non viene reintegrata da un incremento nelle vendite a clienti delle fascie 2 e 3.

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

Tabella 6 Determinazione del margine contributivo al netto delle perdite su crediti attese (nuova situazione per impresa avversa al rischio)

Categoria

n. macchin.

FatturatoEu/000

Perc. perdite

Perdite attese Eu/000

1 – Rischio pressoché 0

25 2.500 0,1% (2,5)

2 – rischio lieve

40 4.000 1,5% (60)

3 – rischio elevato

20 2.000 6% (120)

Totale

85 8.500 2,15% (182,5)

Margine di Contribuzione

2.125

Margine di contribuzione al netto delle perdite su crediti attese

1.942,5

Rispetto alla situazione di partenza (cfr. Tab. 4) il risultato finale mostra

un aumento contenuto delle perdite annue attese su crediti che passano da 124 a 182,5 mila Euro; nel contempo, tuttavia, si assiste a un sensibile calo del fatturato (da 10 milioni a 8,5 milioni di Euro) con conseguente contrazione del margine di contribuzione complessivo (da 2,500 a 2,125 milioni di Euro) e una conseguente sensibile riduzione del margine di contribuzione al netto delle perdite attese su crediti (da 2,376 a 1,9425 milioni di Euro).

a) volontà di cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato accettando un

maggior grado di rischio.

Trattasi dell’atteggiamento tipico dell’impresa propensa al rischio. In questo caso viene assunta la decisione di cogliere tutte le possibilità offerte dal mercato, senza con ciò adottare particolare correttivi e/o strumenti per la gestione del rischio d’insolvenza. La situazione finale sarà quindi quella già vista nella tabella 5. Il fatturato e il margine di contribuzione complessivo (al lordo delle perdite su crediti) non subiranno variazione; di contro, il livello delle perdite attese a seguito di insolvenza subirà un drastico aumento (passando come si è visto da 124 mila Euro a 280 mila Euro), con

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Paolo Francesco Bertuzzi

conseguente sensibile riduzione del margine di contribuzione al netto delle perdite su crediti (da 2,376 milioni di Euro a 2,220 milioni di Euro);

La seconda politica si riconduce, invece, alla volontà di cogliere quante

più opportunità offerte dal mercato ponendo in essere contromisure in grado di limitare il rischio complessivo. Si tratta dell'atteggiamento tipico dell'imprenditore che non vuole rinunciare alle opportunità offerte dal mercato ma, al tempo stesso, si attiva al fine di porre in essere tecniche di prevenzione e protezione del rischio tali da contenere il livello complessivo dello stesso entro limiti accettabili. Principalmente si fa riferimento all’adozione delle tecniche di prevenzione, protezione e trasferimento del rischio d’insolvenza commerciale e politico viste nei paragrafi precedenti, nonché a possibile altre tecniche.75

Il fine del ricorso a tali strumenti è ovviamente quello di ricollocare una maggior percentuale del fatturato in categorie di rischio inferiore e, all'interno di ogni singola categoria, ridurre la percentuale di perdite attese; il tutto sostenendo un costo, connesso al ricorso a detti strumenti, minore rispetto al beneficio economico atteso, come nel caso dell'esempio che segue (cfr. tab. 7).

75 L'analisi delle esperienze aziendali mostra come le tecniche in esame possono essere molte, spesso dotate di elevata "originalità"; a titolo esemplificativo e non esaustivo si riportano le seguenti: - la previsione di elevati anticipi nei pagamenti all'atto dell'acquisizione dell'ordine. Ciò, oltre ad eliminare una frazione del rischio pari alla percentuale dell'anticipo, tutela il fornitore sulla buona volontà dell'acquirente di adempiere alle proprie obbligazioni (ritirare il macchinario ordinato, rispettare le scadenze successive). Si consideri, inoltre, il positivo impatto dell'anticipo sul profilo finanziario ed economico dell'operazione; - la spedizione del macchinario a tranches, in relazione alla tempistica del pagamento; come ulteriore precauzione vengono solitamente spediti per ultimi i pezzi con maggiore contenuto tecnologico, ciò al fine di creare una maggior dipendenza del cliente dal fornitore. Ovviamente, tale tecnica è adottabile solamente in presenza di macchinari e impianti assai complessi e di valore unitario elevato; - l'invio di pacchetti software o programmi operativi necessari per il funzionamento della macchina solamente a pagamento completato; - il ricorso a forme di counter-trade, scambio merci, o altre forme di baratto; - il ricorso a nuovi strumenti finanziari che comportano una riduzione del livello di rischio: leasing internazionale, forfaiting ecc.; - l'acquisizione a titolo di garanzia del pacchetto azionario dell'impresa acquirente; ciò avviene di norma solo nel caso in cui il cliente sia un'impresa di recente costituzione e l'impianto oggetto dell'acquisto rappresenti la principale immobilizzazione tecnica della stessa; - l'apertura di una filiale produttiva in paesi dove il supporto all'esportazione e le garanzia assicurative pubbliche o private sono più efficienti; - il ricorso a forme di garanzie reali sul bene venduto o su altri beni dell'acquirente, sino ad avvenuto completamento del piano di pagamento

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

Tabella 7 Determinazione del margine contributivo al netto delle perdite su crediti attese (situazione per imprenditore che adotta nuove tecniche di protezione e prevenzione)

Categoria

n. macchin.(post

adozione tecniche)

FatturatoEuro /

000

perc. Perdite (post adozione

tecniche)

perdite attese Euro /

000 1 – Rischio pressoché 0

25 2.500 0,1% (2,5)

2 – rischio lieve

70 7.000 1% (70)

3 – rischio elevato

5 500 4% (20)

Totale

100 10.000 4,28% (92,5)

Margine di Contribuzione

2.500

Costi per adozione tecniche di protezione / prevenzione

0,75% cat 2* 1,5% cat 3*

( 86,5)

Margine di contribuzione al netto delle perdite attese su crediti e dei costi di gestione

2.321

* il costo per la gestione del rischio è maggiore per “trattare” il rischio delle categoria 3 rispetto a quello della categoria 2. I crediti sui quali si è calcolato detto costo sono quelli ante “trattamento”, ovvero quelli riportati nella tabella 5 (Euro/000 4.500 per categoria 2 ed Euro/000 3.500 per categoria 3)

Benché l'impresa sostenga costi aggiuntivi, per l'adozione di tecniche di prevenzione e di protezione, stimati in Euro/000 86,5 il risultato finale (margine di contribuzione complessivo al netto delle perdite attese su crediti e dei costi sostenuti pari a 2.264 mila Euro) denota il successo di tale atteggiamento rispetto all’atteggiamento “fatalista” (cfr. tab. 5) e all’attaggiamento “prudente” (cfr. tab. 6); ciò benchè, in nessun caso, ci si avvicini al risultato della situazione iniziale di partenza, ovvero a prima che il mercato registrasse una mutazione nel senso di un maggior rischio.

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Paolo Francesco Bertuzzi

Tabella 8 Confronto tra le diverse “risposte”

Dati in Eu/000 Situazione iniziale

Alternativa “fatalista”

Alternativa “prudente”

Alternativa “ragionata”

Fatturato 10.000 10.000 8.500 10.000 Margine di contribuzione 2.500 2.500 2.125 2.500 Perdite attese su crediti (124) (280) (182,5) (92,5) Costi per adozione tecniche prevenzione/assicurazione

0 0 0 97,5

Margine di contribuzione al netto delle perdite attese su crediti e costi di gestione

2.376 2.220 1.942,5 2,275

Conclusioni

Come si è osservato, la capacità competitiva di un’impresa – specie sui mercati internazionali – è sempre più connessa alla capacità di offrire un pacchetto integrato di beni-servizi capace di soddisfare al meglio le esigenze della propria clientela. All’interno di questo “pacchetto” alla componente tangibile del bene si aggiunge un insieme di servizi (pre e post vendita) capace di accrescere il valore percepito dalla clientela aumentando, conseguentemente il livello di fidelizzazione della stessa. Tra questi servizi figura, sempre più, anche il “servizio finanziario” direttamente erogato dal fornitore di un bene al proprio cliente; detto servizio attiene, di fatto, alla definizione di politiche in tema di credito commerciale (dilazioni e modalità di pagamento) consone alle esigenze del mercato, o meglio alle esigenze dei differenti mercati.

Al tempo stesso, tuttavia, le decisioni attinenti la politica di credito costituiscono un aspetto assai problematico per i rilevanti effetti che comportano sull’equilibrio finanziario, economico e sul profilo di rischio dell’impresa. È quindi di fondamentale importanza che ogni impresa, e la problematica assume risvolti di maggior criticità proprio per le realtà aziendali che esportano su più mercati esteri, senza disilludere le aspettative dei propri clienti si dotino di valide tecniche in materia di prevenzione, protezione e trasferimento che deriva dalle decisioni assunte in tema di politiche di credito alla clientela.

Nelle pagine precedenti si è, in particolare, accennato al ruolo che, sia a livello privatistico sia nell’ambito del sistema di sostegno all’esportazione,

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La gestione del rischio di credito nei rapporti commerciali

riveste l’assicurazione del credito. In particolare, è possibile riassumere i vantaggi garantiti da questo strumento sotto due distinti profili. In primo luogo, l’assicurazione del credito estero comporta un vantaggio diretto sotto il profilo relativo al rischio: la copertura assicurativa consente infatti all’esportatore di accettare, con un discreto grado di tranquillità, anche quegli ordinativi che impegnano una quota consistente delle risorse aziendali. In secondo luogo, l’impresa esportatrice gode di vantaggi indiretti sotto il profilo finanziario: la garanzia assicurativa (sia essa pubblica o privata), infatti, facilita il reperimento dei canali di smobilizzo del credito, giacché sovente gli istituti finanziari richiedono la cessione dei diritti di polizza quale condizione per il loro intervento.

Si ringrazia la Spett.le AON Nikols Srl, per la collaborazione fornita e i preziosi suggerimenti ricevuti

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE

PAPERS PUBBLICATI∗: 1. Arnaldo CANZIANI, La ricerca nelle scienze sociali: note metodologiche e pre-

metodologiche, novembre 1998. 2. Daniela M. SALVIONI, Controllo di gestione e comunicazione nell’azienda pubblica,

aprile 1999. 3. Arnaldo CANZIANI, Giovanni Demaria nei ricordi di un allievo, luglio 1999. 4. Rino FERRATA, Tecnologia e mercato: i criteri di scelta dei metodi di valutazione,

luglio 1999. 5. Giuseppe BERTOLI, Salvatore VICARI, L'impresa diversificata come organizzazione

che apprende, dicembre 1999. 6. Virna FREDDI, Attività economica e impresa nella concezione economicista, febbraio

2000. 7. Virna FREDDI, L'approccio Resource-based alla teoria dell'impresa: fattori interni e

competitività aziendale, febbraio 2000. 8. Maria MARTELLINI, Sviluppo, imprese e società, maggio 2000. 9. Arnaldo CANZIANI, Per la critica della teoresi zappiana, e delle sue forme di

conoscenza, dicembre 2000. 10. Giuseppe BERTOLI, Gabriele TROILO, L'evoluzione degli studi di marketing in

Italia. Dalle origini agli anni settanta, dicembre 2000. 11. Giuseppe BERTOLI, Profili di efficienza delle procedure concorsuali. Il concordato

preventivo nell’esperienza del tribunale di Brescia, dicembre 2000. 12. Daniele RONER, Domanda e offerta di beni economici. Rassegna critica

dall’irrealismo neoclassico alla differenziazione dei prodotti, marzo 2001. 13. Elisabetta CORVI, Le valenze comunicative del bilancio annuale. I risultati di

un'indagine empirica, luglio 2001. 14. Ignazio BASILE, Nicola DONINELLI, Roberto SAVONA, Management Styles of

Italian Equity Mutual Funds, agosto 2001. 15. Arnaldo CANZIANI, I processi competitivi fra economia e diritto, settembre 2001. 16. André Carlo PICHLER, L'Economic Value Added quale metodo di valutazione del

capitale economico e strumento di gestione aziendale, dicembre 2001. 17. Monica VENEZIANI, Economicità aziendale e capacità informativa del bilancio nelle

aziende cooperative agricole, dicembre 2001. 18. Pierpaolo FERRARI, La gestione del capitale nelle principali banche internazionali,

febbraio 2002. 19. Giuseppe BERTOLI, Bruno BUSACCA, Il valore della marca. Modello evolutivo e

metodi di misurazione, marzo 2002.

∗ Serie depositata a norma di legge

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Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030/2988.551-552-553-554 fax 030/295814e-mail: [email protected]