LA TRINITÀ DI PARZANICA -...

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Con questa pubblicazione il Comune di Parzanica prosegue un’espe- rienza editoriale, quella dei “Quaderni di cultura e di storia locale”, con la quale intende perseguire due obbiettivi, tra di loro complemen- tari: far conoscere Parzanica fuori dai confini del Comune, per valo- rizzarne le molte risorse ambientali e culturali e far conoscere ai Parzé (questo il nome originario dei suoi abitanti) le loro radici. Radici antichissime, che risalgono nei secoli fino a quando si perde la memoria, per mancanza di documenti. Radici la cui memoria va rin- saldata, per non perdere, come direbbe d. Aldo Cristinelli, un’identità che è la base sulla quale costruire il dialogo con tutti. Questo numero di Parzé tenta di ricostruire la storia della chiesa del- la Santissima Trinità, che domina l’abitato di Parzanica e che si pro- pone, sin dalle prime indagini, come un antico luogo di culto precri- stiano sul quale, in epoca successiva sono sorti un oratorium, un romitorio e una prima chiesa, successivamente ampliata fino alla di- mensione attuale. Grazie al ritrovamento di un nodo di Salomone, graffito sulla parete a sinistra dell’entrata (nella parte più antica dell’e- dificio) è stato possibile datare la prima costruzione al 1.100. Il nodo di Salomone rappresenta una rarità, in quanto, allo stato attuale, è l’uni- co esempio di questo simbolo graffito sulla parete di una chiesa. La S.S. Trinità ha al suo interno, nella parte absidale, pregevoli affre- schi che, recentemente, grazie ad opere di consolidamento, hanno re- cuperato nuovo splendore. Il luogo dove la S.S.Trinità sorge offre un panorama straordinario del lago d’Iseo, permettendone una vista d’insieme assolutamente eccezio- nale. Nel suo complesso, dunque, la S.S.Trinità si presenta come luogo privilegiato della memoria della comunità di Parzanica, come simbolo, religioso e civile, come tappa obbligata per chi volesse percorrere i sen- tieri delle montagne che circondano Parzanica alla ricerca di sugge- stioni paesaggistiche e poetiche incomparabili. Il Sindaco Battista Cristinelli L’Assessore delegato alla Biblioteca Stefania Cadei Quaderni di cultura e di storia locale a cura del Comune di Parzanica

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Con questa pubblicazione il Comune di Parzanica prosegue un’espe-rienza editoriale, quella dei “Quaderni di cultura e di storia locale”,con la quale intende perseguire due obbiettivi, tra di loro complemen-tari: far conoscere Parzanica fuori dai confini del Comune, per valo-rizzarne le molte risorse ambientali e culturali e far conoscere ai Parzé(questo il nome originario dei suoi abitanti) le loro radici.

Radici antichissime, che risalgono nei secoli fino a quando si perde lamemoria, per mancanza di documenti. Radici la cui memoria va rin-saldata, per non perdere, come direbbe d. Aldo Cristinelli, un’identitàche è la base sulla quale costruire il dialogo con tutti.

Questo numero di Parzé tenta di ricostruire la storia della chiesa del-la Santissima Trinità, che domina l’abitato di Parzanica e che si pro-pone, sin dalle prime indagini, come un antico luogo di culto precri-stiano sul quale, in epoca successiva sono sorti un oratorium, unromitorio e una prima chiesa, successivamente ampliata fino alla di-mensione attuale. Grazie al ritrovamento di un nodo di Salomone,graffito sulla parete a sinistra dell’entrata (nella parte più antica dell’e-dificio) è stato possibile datare la prima costruzione al 1.100. Il nodo diSalomone rappresenta una rarità, in quanto, allo stato attuale, è l’uni-co esempio di questo simbolo graffito sulla parete di una chiesa.

La S.S. Trinità ha al suo interno, nella parte absidale, pregevoli affre-schi che, recentemente, grazie ad opere di consolidamento, hanno re-cuperato nuovo splendore.

Il luogo dove la S.S.Trinità sorge offre un panorama straordinario dellago d’Iseo, permettendone una vista d’insieme assolutamente eccezio-nale. Nel suo complesso, dunque, la S.S.Trinità si presenta come luogoprivilegiato della memoria della comunità di Parzanica, come simbolo,religioso e civile, come tappa obbligata per chi volesse percorrere i sen-tieri delle montagne che circondano Parzanica alla ricerca di sugge-stioni paesaggistiche e poetiche incomparabili.

Il Sindaco Battista Cristinelli

L’Assessore delegato alla BibliotecaStefania Cadei

Quaderni di cultura e di storia localea cura del

Comune di Parzanica

Nella parte più antica della chiesadella Santissima Trinità di Parzani-ca, ossia quella eretta sul romitoriosottostante, nella parete a sinistradell’attuale entrata, ho avuto laventura di scoprire, ossia di recu-perare alla luce, togliendo la cro-sta che lo ricopriva, un graffito cheritengo significativo per ciò cherappresenta e per la sua facitura. Proprio in virtù di questo suo valo-re, lo vorrei dedicare a mia mo-glie, Donatella Salvetti, che viveora nei “Campi verdi dell’eterni-tà”. Il graffito, in corso di analisi,rappresenta due persone, un uo-mo e una donna, inginocchiati difronte ad un nodo di Salomone.

Su un cartiglio, posto davanti allatesta del personaggio maschile, silegge AS f MC. Se quanto leggia-mo corrisponde a quanto è scritto,siamo di fronte alla datazione delmanufatto. A.S., infatti, secondo ildizionario delle abbreviazioni delCappelli, potrebbe ragionevol-mente significare annos, mentre laf factum e MC 1.100. Se così fosse, ci troveremmo difronte ad un graffito su muro ese-guito nel 1.100: una data, proba-bilmente, assai prossima a quelladell’edificazione, su un preesisten-te oratorium, della parte più anticadella chiesa.Del nodo di Salomone troviamo

ampia e dettagliata documentazio-ne negli studi del professor Um-berto Sansoni, il quale ne indica ilsignificato di “senso di perfezione,di legame con Dio, di sapienza e digiustizia assoluta, di realizzazionecon risvolti magici e taumaturgi-ci”.

1Da Umberto Sansoni e dal

suo testo: “Il nodo di Salomone”(Electa) prendiamo alcuni riferi-menti essenziali. Il simbolo, dallevalenze “magico cultuali” e dalleprobabili origini celtiche (ripropo-ne la forma degli intrecci), è moltodiffuso in vari ambiti religiosi e, inambito romano, ne troviamo pri-me testimonianze fra l’età giulio-claudia e la flavia (1° secolo avantiCristo). Troviamo il nodo di Salo-mone nei corredi barbarici (Fran-chi, Burgundi, Alemanni, Avari,Longobardi) e, successivamente,nei decori lapidei. “Con i primiesempi già nell’ultima fase longo-barda per chiudere verso l’iniziodel x secolo, esso compare neiplutei, nei capitelli, negli archi,nelle mensole e nei pilastrini di ab-bazie, pievi e chiede urbane. Il fe-nomeno si manifesta principal-mente in quell’area focale che vadalla Lombardia al nuovo statopontificio, un’area dove si svolgo-no molti fra gli atti principali del-l’epoca e dove già si incuba la ri-nascita del romanico”.2

Non aggiungiamo altro, rinviandoal Sansoni chi volesse approfondi-re l’argomento, se non la notazio-ne che se volessimo trovare le ra-

dici del segno dovremmo riferircial serpente (forza vitale, energiadella terra) e a simbologie paralle-le, come quella della croce, dellosvastica, dell’anello. Torniamo, in-vece, al nostro nodo della Santissi-ma Trinità di Parzanica, indugian-do ancora un solo momento perdire, su suggerimento di LilianaFratti, che un esempio interessan-te di nodo è visibile nella chiesaparrocchiale di Viadanica, localitàassai prossima a quella in esame. L’aspetto interessante della sco-perta sta nella sua singolarità, rap-presentata dall’essere il nodo graf-fito su un muro intonacato, inun’epoca che ci pare di poteridentificare, come s’è detto, nel1.100.Vediamo, ora, di capire come po-tesse essere la chiesa della Santis-sima Trinità a quel tempo, premet-tendo che a Parzanica registriamouna significativa presenza longo-barda, con la conseguente presen-za dell’arianesimo e franca, dopola conquista del luogo da parte del-le truppe di Carlo Magno (i Dane-si) e con l’imposizione della conce-zione trinitaria.

Gabriele Rosa, nel suo saggio “Lastoria sul bacino del lago d’Iseo(Milano - 1892 - Tipografia Ca-priolo & Massimino) scrive: “Fra lefamiglie popolari guelfe sorgonoda Vigolo i Fenaroli arricchiti pelcommercio del fieno per le caval-lerie medievali. La loro prima

LA TRINITÀ DI PARZANICA:GLI ANTICHI CULTI PRECRISTIANI E IL NODO DI SALOMONEdi Silvano Danesi

Il nodo di Salomone, scoperto da Silvano Danesi, è dedicato alla memoria di Donatella Salvetti Danesi

menzione risale al 1047. Possede-vano anche nella vicina Parzanica,la cui prima menzione si trova inuna carta del 1051, ma è assai piùantica, perché alla di lei chiesa del-la Trinità si trovano ruderi dettiCastei dei Pagà”.

Da questa testimonianza sappia-mo che nel luogo dove oggi esistela chiesa della Trinità, in tempi piùantichi del 1051, esistevano i ca-stei dei Pagà.

Siamo, dunque, in presenza di unluogo fortificato di resistenza degliariani o di un castelliere, successi-vamente utilizzato in varie epoche,per vari scopi vari e, infine, tra-sformato nella chiesetta della Tri-nità? Luoghi fortificati dell’Età del bron-zo e del ferro, i castellieri, infatti,furono utilizzati anche successiva-mente. Dapprima furono trasfor-mati in oppida romani e nel MedioEvo ospitarono torri e anche ca-stelli feudali. I castellieri si sviluppavano su unasuperificie che poteva variare, mageneralmente racchiudevano unospazio compreso tra i 200 ed i1000 mq. Questi abitati fortificati vennerorealizzati innanzitutto per difen-dersi da eventuali attacchi. La configurazione del terreno det-tava la forma del castelliere. Neesistevano numerosi, di dimensio-ni piuttoste ridotte, adibiti a posti

di osservazione e difesa. Accantoa questi c’erano poi quelli maggio-ri che ospitavano la popolazionedi un intero villaggio.I muraglioni di difesa erano co-struiti a secco con grandi blocchidi pietra di varia grandezza. Aglialbori, invece, gli stessi venivanocostruiti da terriccio e da blocchiirregolari di pietra tra loro collega-ti. La base delle mura era costitui-ta da grossi blocchi di pietra chedovevano sostenere muri che su-peravano anche i 10 metri d’altez-za. Le mura, comunque, normal-mente raggiungevano un’altezzadi 6-7 metri e una larghezza di 2-3metri. Esistevano anche delle ec-cezioni, come ad esempio il castel-liere di Cunzi presso Albona, ovele mura raggiungeva i 10 metri dispessore.L’Oratorium della SS.Trinità sorgesul culmine di una roccia denomi-nato Mut dèi Pagà: un promonto-rio che si propone come possibileantico luogo di culto e di osserva-zione astronomica, nei pressi delquale probabilmente esisteva uncastelliere, divenuto nei secoli suc-cessivi luogo di resistenza dei pa-gani alla cristianizzazione. Qui ci sovviene un’altra testimo-nianza di Gabriele Rosa, il qualescrive (op.cit.): “I montanari intor-no al Sebino - scrive ancora Rosa- continuarono sino al dominio deiFranchi il culto antichissimo di Sa-turno nei culmini detti poscia daicristiani Pagà”.

Chi era Saturno?Saturno è Cronos, che possiamoriferire al lemma greco Chronos, iltempo; è, infatti il tempo che tra-scorre, ma la radice Kron-Korn ciconduce al greco Koron, cornac-chia, che include anche il corvo(Korax). In latino abbiamo cornix,la cornacchia e corvus, il corvo. Ilcorvo è associato a molte divinità:Apollo, Saturno, Asclepio, Crono,Bran. Per i Celti, dunque, possia-mo pensare, come suggerisce Ro-bert Graves (La Dea Bianca, Adel-phi), al dio del corvo Bran, a cui èassociato l’ontano.Il corvo è animale totemico del dio

Lug (dei Tuatha de Danann, il Po-polo della Dea Dana, che dopoaver conquistato l’Irlanda, si è riti-rato nel Sid, il mondo parallelo acui si accede dai tumuli, dai dol-men, dai moggi. Ricordo per inci-so, che il popolo dei Danesi si ri-tiene figlio della Dea Dana). Indialetto bretone lugos è il corvo.Lug, il Samildanach, “colui chetutto può” è associato alla lancia,al cane (fu infatti Cuchulain, il ca-ne di Culin). Molte sono le sueepiclesi, ma soprattutto Lug, il lu-minoso, è associato al cervo (ilKernunnos camuno ne è un tardoesempio) e il cervo è associato al

Foto Corini

sole, alla sua rinascita. Come si raccorda Saturno conLug? Secondo Margarete Ri-emschneider (La religione dei Cel-ti, Società editrice Il Falco, Milano,1979) “sono la stessa persona,poiché.... sono le stesse anche lefeste a loro consacrate”. Il dio vec-chio (Saturno) è l’altra faccia deldio giovane, il sole che rinasce, ildio bambino. Margarete Riemsch-neider stabilisce un parallelo tra lafesta celtica di Samuin (31 otto-bre/1novembre, inizio del capo-danno) e i Saturnali romani, cheavvenivano un mese e mezzo piùtardi. “Tutte e due le feste hannoin comune la tavola da gioco. ARoma durante la festa del Samuini bambini celtici giocavano con la

tavola da gioco, i romani invece inoccasione dei Saturnali. ... La ta-vola del gioco è attributo di Lug edi Saturno”. “Lug - scrive ancoraMargarete Riemschneider - è unadivinità dall’aspetto giovanile, maspesso appare anche come unvecchio. ...... Lug e Saturno han-no in comune anche un altro attri-buto: il cervo. Ovunque il cervo èl’animale della resurrezione. Pres-so i Germani appare al solstiziod’inverno”. Possiamo, dunque, pensare, ra-gionevolmente, che l’antichissimoculto di Saturno al quale si riferisceGabriele Rosa, fosse legato a Sa-muin e al solstizio d’inverno (Yule). Non riesce pertanto difficile ipotiz-zare che questo antichissimo rito,

risalente quantomeno all’età delbronzo (tornerebbero, a questopunto, i conti con i castellieri), nelV secolo, in presenza di Goti, Ale-manni, Vandali che serbavano iculti di Odino, Thor, Irminsul, Iul,si sia perfettamente integrato conquesti. Irminsul è la sacra quercia e, alcontempo, il frassino Asse delmondo. Nel 772 Carlo, poi Magno, re deiFranchi, attaccò i Sassoni, conqui-stò la loro fortezza di Eresburg eall’Externsteine e distrusse il lorosimbolo sacro, la quercia, l’Irmin-sul nella foresta di Teutoburgo,luogo sacro e magico da millenni,custodito dai Druidi.Nella cultura nordica, nella mitolo-gia Asatru, esso è i l frassinoYggdrasil, l’Asse del Mondo, a cuifu appeso lo stesso Odino per no-ve giorni e nove notti e le cui radi-ci affondano negli inferi e i cui ra-mi reggono la volta celeste. L’albero di Natale è la trasposizio-ne cristiana (come il Natale stesso)di questo simbolo della tradizioneprimordiale europea. Yule è il Sol-stizio d’Inverno ( per i Romani Sa-turnalia, da Saturno e per i CeltiAlban Arthan ) celebrato attornoal 21 Dicembre.La parola moderna, derivante dal-l’Anglo-Sassone “Iul” o dal Ger-manico “Yula”, significa “ruota”,alla base il concetto che l’anno gi-ri come una ruota, la Grande Ruo-ta dello Zodiaco, la Ruota della Vi-

ta o del Sole. L’ora più buia è se-guita dall’alba e Yule celebra la ri-nascita del sole. Ad “Alban Arthan” i Druidi coglie-vano il vischio sacro dalla quercia,una tradizione che ha mantenuto illegame con l’usanza delle decora-zioni natalizie con la medesimapianta. Yule è la festa dedicata allanascita del Dio Sole, figlio del diomorto l’anno precedente. Gianobifronte (da ianua, porta, come ia-nuarius, gennaio, portale) ne è unaltro simbolo: la stessa divinità èl’anno che muore e l’anno che ri-nasce, in una concezione circolaree sacra del tempo.Per le popolazioni germaniche,Yule è la più importante festivitàdell’anno e in questo periodo le di-vinità, chiamate anche “esseri diYule”, erano più vicine al Midgar(il mondo di mezzo, dove vivonogli umani). Gli spiriti dei morti era-no liberi di tornare tra i vivi (cosìcome per i Celti nella notte di Sa-muin) ed esseri come Elfi e Trollsmanifestavano la loro presenza. Thor è una delle principali divinitàdei Vichinghi, noto come il dio deltuono e del fulmine. Figlio di Odi-no, re degli dèi, e di Jördr, dea del-la terra, era il più forte degli Asene dunque la sua dimora era adAsgard. La sua forza, già leggen-daria, era aumentata da tre ogget-ti che non abbandonava mai e chelo rendevano quasi invincibile: unacintura che raddoppiava la forza dichi la indossava, un paio di guanti

di ferro ed il leggendario martelloMjölnir. Il suo mezzo di sposta-mento era un carro trainato dadue capre (Tanngnjóstr e Tanngri-snir). Anche questi animali aveva-no proprietà portentose: spessoThor quando era in viaggio li man-giava per cena visto che, conser-vando la pelle e le ossa, il mattinodopo sarebbero stati di nuovo vivi.Nelle sue soventi scorrerie eraspesso accompagnato da Loki.Thor sarà trasformato, in epocacristiana, in S.Michele.Odino-Wotan è la divinità princi-pale del pantheon nordico. Egli èconsiderato il primo degli Asen edè, nel culto vichingo, il Padre ditutti gli Dèi. La parola “Wotan”ha la sua radice in “Wat” e sta ad

indicare la “furia divina”. Essa in-dica infatti l’essere sì fuori di sé,ma in una dimensione sovrumana,nella quale si è in grado di trasfor-marsi (elemento sciamanico) attin-gendo così ai doni della saggezza,della virtù profetica e poetica (Odi-no è anche definito il PossentePoeta).Odino-Wotan appare nella “Snor-ra Edda” come Grande Triade:Har, Iafhnar e Thridhi cioè l’Alto,l’Altissimo e il Terzo. Altro appel-lativo di Odino è “Veratyr” la cuitraduzione è Dio degli uomini.Odino è il Padre di tutti gli Dèi (ri-mane il capo supremo anchequando Asen e Vanen stabilisconola tregua alla loro Guerra) e i suoiquarantadue soprannomi svelano

spesso aspetti importanti della suanatura sciamanica: Dio delle Ru-ne, degli Impiccati (che ricordanoil sacrificio sull’Yggdrasil), Masche-rato, Assai sapiente, Mutevole,Colui che ha l’occhio fiammeg-giante, Incappucciato. Egli è inol-tre il Dio della Parola, della Poe-sia, della Magia nelle sue formepiù complesse e della Guerra. È ilDio del Fardello, colui cioè che tut-to conosce sopportando così i do-lori del mondo. È il dio che insegna agli uomini eallo stesso momento è il loro mo-dello soprattutto per i re e i con-dottieri.Come dio della parola egli gover-na i “ljòdh”, i canti poetici che so-no il frutto dell’ispirazione da luidonata e i “gladrar”, i canti magiciai quali ogni sciamano fa ricorsospesso per dare al suo essere uncambiamento di forma animale(Hamrammr) o solo per far perce-pire ad altri una forma diversa dal-la propria, sia essa animale, vege-tale o minerale (Bridga sèr).“Ma l’opera più grande fu la crea-zione dell’uomo cui egli diede il re-spiro affinché viva e non periscaquantunque il corpo decada in pol-vere o bruci fino alla cenere”.(Snorra Edda)Wotan è il demiurgo, colui checrea l’universo e l’uomo attraversoil proprio potere. Per dare vita aquest’ultima creazione, Odino usail respiro, cioè il soffio vitale.La parola “spiritus” in latino vuole

dire soffio vitale, cioè l’emissioneprimaria di alito connessa con labocca (Runa Ansuz, Runa dellaParola creatrice), con il Verbo econ la Voce. Uno dei tanti nomi diOdino è appunto Omì (colui la cuivoce risuona), facoltà che usa inbattaglia per paralizzare i nemici.Importante dunque la funzione delsuono e, all’origine, dell’alito vita-le. La figura di Odino viene ac-compagnata dai corvi Huggin eMunnin, Pensiero e Memoria e dailupi Geri e Freki, l’Affamato e ilDivoratore. Mentre i primi due so-no dei messaggeri che sussurranoall’orecchio del dio tutto ciò chehanno visto e sentito in giro per ilmondo, i secondi rappresentanoun aspetto iniziatico di forza e po-tenza animale connesso in questocaso all’elemento Fuoco.Oltre ai due lupi e ai due corvi,Odino possiede un cavallo ad ottozampe: Sleipnir.In tutte le culture sciamaniche,compresa quella vichinga, ricorreil mito del cavallo come mezzo ditrasporto per accedere ai varimondi dell’esistente.Sleipnir è un cavallo ottipiede e ilnumero otto rappresenta non solola sua doppia velocità di percor-renza, ma anche il numero cheprecede il completamento eviden-ziato dal numero nove. Il suo colorgrigio rappresenta una premoni-zione funerea ed infatti esso, oltread essere considerato un simbolodi fertilità, è il veicolo, insieme alla

barca, per i riti funebri. Ma al disopra di tutto spicca il fatto che loSleipnir ha incise sui denti le SacreRune, il che evidenzia ancora dipiù l’importanza sciamanica delcavallo di Odino.Tra i simboli legati all’importantefigura sciamanica di Odino, trovia-mo la birra o l’idromele.Queste bevande assumono nellamitologia scandinava un caratteresacro. Il loro inebriarsi rituale per-mette di attingere a quella dimen-sione sovrumana, furia, propriadegli sciamani.Per i vichinghi divenire ubriachiequivaleva ad essere afferrati dallospirito del dio e sulla coppa ricol-ma. Sono questi i riti, i culti, le di-vinità con le quali si trova a fare i

conti il cristianesimo, diffuso sullesponde del lago d’Iseo dal vescovodi Brescia Vigilio (504), non senzaresistenza da parte degli abitanti. Imontanari, infatti, sostiene Ga-briele Rosa, “resistettero ai ritinuovi sino a che le armi dei Fran-chi ligii alla Chiesa di Roma li co-strinsero a cessare dai culti paga-ni”. ... “Il cristianesimo al quintosecolo consolidandosi sulle rive dellago d’Iseo nei centri più commer-ciali, ordinossi per plebi, occupan-do sacelli gentili purificati con ac-qua santa, come ordina papaGregorio Magno”. ...“Poscia si eressero anche fuorioratorii di legno e di frondi, chedopo il mille, diventarono paro-chie secondarie ...”.

Ora c’è da pensare che, contraria-mente ad altre situazioni, l’Orato-rio denominato della SS Trinità, inconsiderazione della resistenza deimontanari e, in particolare dellegenti di Parzanica e Fraine, chesembrano essere stati gli ultimi ba-luardi del paganesimo a cedere,sia stato eretto dopo la conquistafranca. Va considerato che sulla presenzapagana alla quale abbiamo diffusa-mente accennato si è poi innesta-to l’ariansimo (dogma ariano: Cri-sto deriva dal Padre eterno) e nondobbiamo dimenticare, infine, chei Danesi, ossia coloro che venneroinviati da Carlo Magno a presidia-re i possedimenti di Tour sul Sebi-no e in Val Camonica (e Parzanica

era una sede significativa di questapresenza, in quanto luogo di resi-denza del Barigildo - vedi Parzè2005), erano vikinghi e, dunque,per quanto al servizio dei Franchie della loro volontà di imporre laTrinità, rimanevano uomini pro-fondamente legati alle loro antichetradizioni e, dunque, a Odino,Thor, Irminsul, Iol. “Onde nessuna meraviglia - scrivea proposito Gabriele Rosa - se ipastori sui monti, a zone, a Parza-nica, a Fraine, continuarono sinoal decimo secolo a praticare ritipagani”. E probabilmente sono andati ol-tre, sia pure di nascosto, perché,come scrive Rosa: “Pel favore deiFranchi vennero sopite le ultime

reliquie del paganesimo anche neimonti cingenti il lago d’Iseo, spe-cialmente a Su, a Parzanica, aFraine”. Come abbiamo detto la diffusionedel cristianesimo avviene con il ve-scovo di Brescia Vigilio (504).Non è improbabile, ma da accerta-re, la presenza sul territorio di mo-naci irlandesi legati a S.Colomba-no. L’arianesimo, adottato daiLongobardi, ha fatto sicuramentela sua parte. Tuttavia è dopo la conquista fran-ca che la chiesetta viene dedicataalla SS.Trinità.Gli affreschi dell’abside, anche semolto più tardi, sono emblematicidi questo deciso cambiamento. LaTrinità (Padre, Figlio, Spirito San-to in forma di colomba) campeg-gia al centro, circondata da coriangelici e dai dottori della Chiesa.Nell’insieme l’affresco indica chela dottrina ufficiale della Chiesacattolica è trinitaria e che l’ariane-simo è pertanto sconfitto. L’arianesimo sì, ma quanto invecedi antichi riti, di antiche usanze so-no rimasti a covare sotto la ceneredopo il fuoco delle dominazionefranca? “La caratteristica di questa chie-setta - scrive Albino Bordogna, nelsuo Parzanica, edito dal Comune -è stata quella di essere non sololuogo di culto, ma anche di assi-stenza ad opera di religiosi “romi-ti” che offrivano ospitalità ai biso-gnosi, viandanti o meno, davano

consigli ed aiuti agli abitanti, cura-vano, con i mezzi e i metodi deitempi, i malati”. Non è un segretoche molte delle antiche usanze so-no rimaste vive attraverso curatorie curatrici, ma a dare forza a que-sto nostro assunto c’è la leggendadelle tre sorelle: la SS. Trinità, lachiesa che si erge sul culmine diMontisola e quella che si vede, indistanza, a S.Maria del Giogo. I romiti delle tre chiese, ancora neiprimi anni della seconda metà delsecolo scorso, si salutavano la seracon segnalazioni ottenute con ilfuoco. Questa usanza (che trovia-mo anche nella leggenda di Gli-sente in Val Camonica) è antica erisale ai movimenti delle genti delneolitico. Nei periodi successivil’usanza si è tramandata e raffina-ta, con postazioni che rappresen-tavano, a circa una giornata dicammino l’una dall’altra, una sortadi rete viaria in altura che servivaanche da rete di comunicazione. Ilmetodo è poi stato adottato daiRomani ed è giunto sino a noi co-me retaggio di tempi antichi. I ro-miti, dunque, sono gli ultimi eredidei custodi di luoghi già antica-mente dedicati al culto, all’osser-vazione stellare, all’ospitalità deiviandanti. Ad ulteriore prova del carattere diantico punto di riferimento dellalocalità che ospita la Trinità, c’è latestimonianza di d.G.G. che ricor-da come anche in tempi recenti,ossia agli inizi del secolo scorso, la

Trinità e il colle di San Fermo fos-sero luogo di raduni per confronti,anche armati, dove i clan famiglia-ri del luogo (Parzanica, Fonteno,Vigolo) risolvevano dispute, con-troversie, litigi di vario genere e divaria causa. “Ci troveremo allaTrinità”, era il modo per dire chela questione andava risolta con unconfronto in un luogo ritenutoadatto a dirimere definitivamentela contesa. Secondo Bordogna la parte piùantica della chiesetta sarebbe quel-la costruita sopra e a ridosso delromitorio, quindi quella più a ovested era più bassa e più piccola del-l’attuale. Un ampliamento sarebbeavvenuto verso est, a lago, in tem-

pi successivi, anche con la costru-zione del campanile. Non è impro-babile che gli affreschi siano coevia tale ampliamento e che i riferi-menti che si trovano nell’archivioparrocchiale (e che a dire il veronon ci aiutano molto) collocanonel 1.400.Pare di poter concludere, provvi-soriamente, che la SS. Trinità, nel-la sua forma primitiva sia dell’XIsecolo, mentre il romitorio risale atempi ben più antichi e si collegadirettamente ai ruderi del castellodei Pagà, ovvero del castelliere. Isuccessivi ampliamenti possonoessere ragionevolmente collocatiun un periodo coevo agli affreschidell’abside.

1 - Umberto Sansoni, “Il nodo di Salomone”, Electa, Milano, 1998.2 - ibidem

18 dicembre 1858Relazione in occasione della visitadi Petrus Aloysius Speranza, Epi-scopus Ecclesiae BergomensisPro Orat° Trinitatis - Mensule alta-ris tabula lignea superimposiaturut supra Petra sacrata tegatur no-va tela cerata -

1 8 8 1 Relazione della visita di GaetanoCamillo Guindani - Vecovo di Ber-gamo - Oratorio della SS Trinità - Dichia-riamo sospesa la Pietra Sacra del-l’altare Maggiore; se ne provvedatosto un’altra. - Si accomodino iCandelieri dello stesso Altare Mag-giore. - Agli Altari si metta il vaset-to da gittarvi l’acqua usata dal Sa-cerdote al “Lavabo” della Messa. -Si faccia accomodare il Pulpito,sicchè non vi sia pericolo per ilPredicatore, che vi ascende. - So-spendiamo l’Immagine del Croce-fisso, che si ha sul Pulpito, se neprovveda un’altra.- Si portino viadalla Chiesa due quadri sì smarri-ti, che non si riconosce il soggetto,che rappresentano. - La Pianetabianca si usi pel solo color bianco.O si provvedano altre Pianete di

altri coloro, od all’uopo si portinodalla Parrocchia. - In Sacrestia simetta un inginocchiatoio e la Ta-bella per la preparazione allaS.Messa; e nel luogo, ove il Sacer-dote si para, si metta la Tabelladelle Orazioni, che dee dire nel ve-stire i Paramenti Sacerdotali.

27 maggio 1916Relazione in occasione della visitadel Vescovo di Bergamo Luigi Ma-ria MarelliOratorio SS Trinità - Rimane sospe-sa la stola bianca usuale che vi sitrova - La biancheria tutta di que-sto Oratorio deve essere riordinatae pulita - Si levi la figura d’angeloche si trova attaccata alla cordadella lampada.

1 9 3 0Relazione del Parroco Sac. Giacin-to FoiadelliOratorio SS Trinità - Trovasi sulculmine della montagna domi-nante il lago, a un mezzo di di-stanza ascendente, dove il popoloconserva devozione speciale. - L’o-ratorio della SS Trinità pare cherisalga al 1.400. Nessun pregio. - omissis. -

1 9 3 6Visita Pastorale - Avvertenze e que-stionario -Esistono: l’Oratorio della SS Trinitàsul culmine della montagna domi-nante il lato est a 1/2 di distanzaascendente, dove il popolo conservadevozione speciale. Nell’anno testèpassato il N. Rev. Parroco fece delleriparazioni, mettendo a nuovo il tet-to della Chiesa, il pavimento, unen-dovi alle altra due stanzette, che ser-vono da dimora al Romito, altredue. Da chi venisse eretta, non sihanno in Archivio notizie riguar-danti la erezione di detta Chiesa,per la distruzione dello stesso, enemmeno la data, quando venissebenedetta, sembra che risalga al1.400.

1 9 5 0Elenco suppletivo degli Oggetti d’Ar-te Sacra della Parrocchia di Parza-nica, compilato in occasione dellavisita pastorale del Vescovo AdrianoBernareggi. Oratorio della Trinità -Crocifisso: affresco del ‘500, nell’ab-side. - Madonna con bambino, Pa-dre Eterno in alto, e Spirito Santo:sotto S.Domenico e S.Giuseppe: paladell’altare -sec. XVIII?

SchedaDall’archivio parrocchiale di Parzanica

Il cancello che dà sulla corte delsantuario, nel sospingerlo, cigolae fa un rumore quasi sinistro, mail sole sorride al volo degli insettie fa arroventare i tavoli e le pan-che di legno. Le lucertole schizza-no via e il cortile si anima di millesensazioni.La salita per la Santissima Trinità,su per il sentiero romano, ti spez-

za subito il fiato e quando sei inprossimità dell’acquedotto ti daiforza, arrancando verso la meta. La Santissima ti accoglie con lasua quiete, i profumi del boscoche la circondano e i suoi rivoli divento a guardia di tanta sacralità epace. Alessandra è già lì, dentro allachiesa, che armeggia con i suoi ar-

nesi da lavoro: un’enorme siringapiena di un liquido color latte,martello, scalpello, bisturi, secchie cazzuole. Il lavoro di restauratrice ha sem-pre avuto un fascino particolaresu di me, ho sempre invidiatoquella pazienza e quell’incedereflemmatico attorno ad ogni mini-mo particolare, ad ogni angolodelle cose, quasi a carpine l’aura.Qui a Parzanica il compito inizialeè quello di consolidare l’affrescodell’abside della chiesetta, lavoroche si traduce in iniezioni di mate-riali atti al consolidamento. Alessandra però è curiosa e quasifosse guidata dall’energia che inquell’eremo si respira, inizia a tas-sellare una parete d’angolo, ac-canto all’ingresso secondario, làdove è posto il battesimale.Piccoli colpi di martello, sicuri edelicati, staccano l’intonaco dipin-to di giallo, il bisturi fa leva espezza lo scialbo ed ecco, comeper incanto, trasparire una sorta dicornice affrescata sotto il livellovisibile e poi una scritta e poi an-cora una chioma bionda.“Ecce agnus dei”...É un san Gio-vanni Battista della stessa epocadegli affreschi dell’abside. Alessandra era esile e delicata, avederla non avresti mai pensatoche potesse muoversi con tantaagilità tra quegli arnesi da cantieree tra i ponteggi portati su a brac-cia, ti veniva voglia di proteggerlae di gridare: - Eih, stai attenta con

quel martello tra le mani!- Alessandra amava il suo lavoro elo faceva con scrupolo e tenaciateutonici, come amava tutte le co-se che la circondavano, sorridevaincurante, con fare leggero e unpo’ distaccato. Quel giorno era fe-lice della sua scoperta, era orgo-gliosa di aver ridato luce a quelpiccolo affresco nella SantissimaTrinità di Parzanica.Pochi mesi dopo, Alessandra sco-prirà che dentro al suo corpo esi-le, sotto il livello della sua bellez-za delicata, si è instaurato un maletremendo, che non si può restau-rare e che non ti dà scampo. Continuerà a sorridere, continueràa lottare, continuerà a sperare ditornare a respirare la quiete dell’e-remo di Parzanica, che avevaamato dal primo giorno che salim-mo con Silvano, Battista e altri.Non potrà più specchiare i suoiocchi azzurri in quel lago, appicci-cato ai dirupi, e talmente càlmo,quando lo vedi da lassù, d’appa-rirti irridente. Alessandra, non cel’ha fatta. Il 31 luglio del 2004, asoli 39 anni, se n’è andata. Perquesto tutti noi e Annalisa, suaamica e collega dello “Studio peril Restauro”, di Brescia, gli dedi-chiamo l’affresco di questo picco-lo Santo, che regge tra le braccial’agnello di Dio. In quell’agnello,nel suo sacrificio, continuiamo arespirare la sua dolcezza.

Giuseppe Romano

Ecce agnus dei...In ricordo di Alessandra Boldorini riprende “vita” l’affresco

del San Giovanni Battista nella Santissima Trinità

Chiesa della SS. TrinitàComune di Parzanica Relazione tecnica sullo stato di conservazione

Descrizione.La chiesa sorge su una roccia a piccosul Lago d’Iseo ed è raggiungibile sol-tanto a piedi, attraverso una mulattie-ra che parte dal paese di Parzanica.Datata da Albino Bordogna all’800-900 d.C., essa sorge probabilmentesulle rovine di un antico luogo, deno-minato “Castel dei Pagà”. GabrieleRosa, a tale proposito, cita un docu-mento del 1050 che ricorda come sul“Mut dei Pagà” si ritirassero gli ultimiariani che contestavano l’invasione daparte delle autorità cattoliche, che conla conquista dell’Italia ad opera di Car-lo Magno, s’imposero sulle popolazio-ni locali, trasformando i centri religio-si “pagani” in chiese.

Esterno.

La chiesa della SS. Trinità ha piantarettangolare, culminante a Nord in unabside semicircolare.Ha due ingressi, uno opposto all’absi-de, l’altro, più piccolo situato ad Est.Entrambi gli ingressi sono sopraeleva-ti rispetto al terreno circostante e vi siaccede attraverso una scalinata. L’unica finestra esistente si apre sul-l’abside, in direzione Nord-Est e è leg-germente strombata e chiusa da ante avetro. Il tetto è a capanna con copertu-ra in tegole. Ad una prima osservazio-ne la struttura appare divisa in due

corpi: il primo, più antico, comprendel’abside e le pareti laterali fino alla me-tà circa della struttura; il secondo -probabilmente aggiunto nel ‘700 - ècostituito dall’altra parte delle paretiattuali e dall’ingresso principale. Que-sto secondo corpo è sopraelevato ri-spetto alla pendenza del terreno e al di-sotto di esso si trova una struttura cheveniva utilizzata come “Romitorio”,con relativo accesso, ora murato, all’in-terno della chiesa stessa. Del secondocorpo fanno parte anche il campanile el’adiacente piccola sacrestia.

Interno.

Abside.A quanto è dato di sapere l’esistenzadell’abside è stata scoperta una quindi-cina di anni fa con la rimozione di unatramezza, sulla quale poggiava la paladell’altare, purtroppo rubata. Al disotto di uno scialbo sono stati trovati idipinti attualmente visibili. Sebbene largamente ridipinti, nel cor-so di un intervento di restauro, piutto-sto dubbio, essi sembrano eseguiti adaffresco e databili intorno al 1400.L’abside, come detto, di pianta semi-circolare, è separata dall’unica navatada un arco trionfale, leggermente ri-bassato rispetto al catino absidale, chepoggia su due pilastri quadrati con re-lativi capitelli. Questa struttura deco-rativo-architettonica è in malta ce-mentizia e attualmente tinteggiata digiallo. All’interno dell’abside si trova-no: un semplicissimo coro ligneo, fis-sato alla muratura; due nicchie di pic-

cola dimensione rettangolari; una fi-nestra, leggermente strombata e chiu-sa da vetrata.Al centro è dipinta una grande raffigu-razione della SS. Trinità, secondo untipico schema iconografico. Dio Pa-dre, descritto come un vecchio patriar-ca con la barba, tiene le braccia apertee regge, con entrambe le mani, la tra-versa della croce, su cui è inchiodato ilRedentore. Lo Spirito Santo, in formadi colomba, è posto sopra la Croce. Larappresentazione è inscritta in unagrande cornice a forma di Mandorla,composta, nella parte più interna, daun coro angelico di Cherubini e nellaparte esterna da foglie di alloro.All’esterno della Mandorla, stanno tregrandi figure maschili, due di questeindossano la mitra. Ciò fa supporre cheessi siano i Dottori della Chiesa e chein origine sia stato presente una quartaraffigurazione, poi andata perduta con

la costruzione e l’ampliamento della fi-nestra. Simmetricamente disposte, ri-spetto alla Mandorla, vi sono due figu-re alate, una delle quali priva del capo.In prossimità dell’arco trionfale si tro-va una fascia decorativa che prosegueal di sotto di esso, mentre in basso ildipinto si conclude con un panneggiodrappeggiato nei toni del rosso e delgiallo oro, interrotto all’altezza dellastruttura lignea del coro.La strombatura della finestra è decora-ta a finto marmo e su un lato di essacampeggia uno stemma, molto pocoleggibile. Sotto e a lato della finestra sitrovano due riquadri contornati dacornici geometriche. Nel primo riquadro è raffigurata SantaCaterina d’Alessandria, riccamente ve-stita, che regge in una mano un libro ela “palma del martirio”; nel secondo èdipinta una figura maschile, inginoc-chiata, identificabile in San Rocco.

NavataL’unica navata ha il pavimento ad unlivello leggermente più basso di quellodell’abside ed è più larga rispetto aquest’ultima, la navata è inoltre sepa-rata dall’abside da un gradino e dall’ar-co trionfale. Divisa a metà da due spal-le in muratura, che sorreggono ungrande arco ogivale, è molto semplicee priva di decorazioni. Attualmente è tinteggiata di un coloregiallo uniforme.

Stato di conservazione

AbsideGli affresci hanno subito, nel 1993, unintervento di discialbo e di “presenta-zione estetica”. Lo strato di intonaco ele scialbature che li ricoprivano sonostati malamente rimossi.Numerosissi-mi ed evidenti su tutta la superficie so-no i residui di uno scialbo chiaro, ridi-pinti ad imitazione dell’originale.Si notano, inoltre, alcune grosse stuc-cature, eseguite sopra livello rispettoall’intonaco, intonate a neutro e altremalamente ridipinte. Particolarmenteevidente il rifacimento della testa delPadreterno e di parte della Mandorla.Tutta la superficie pittorica appare lar-gamente velata e ridipinta. Le ampie fessure tra i pilastri, il ribas-samento dell’arco e l’intonaco origina-le, lasciano intravedere la prosecuzionedella decorazione al disotto di questestrutture. Sono diffusi e abbastanzaestesi, i distacchi d’intonaco dal sup-porto murario.

NavataLa tinteggiatura gialla della navata èstesa in modo uniforme sopra uno stra-to di intonaco color grigio.Questo intonaco, pur resistente, è pocoadeso rispetto a quello sottostante, cheè molto liscio. Si notano alcune picco-le cadute di malta e alcune stuccature.In prossimità del campanile e dellavolta si notano alcune macchie di umi-dità, dovute ad infiltrazioni di acquaattraverso i coppi. Questo problema è però già stato par-zialmente risolto con un interventoesterno sulla copertura. TasselliOsservando l’interno della chiesa ed inparticolare la zona in prossimità del-l’abside, si poteva supporre la presenzadi altri dipinti al di sotto dell’ultimostrato d’intonaco. Quest’ultimo è con evidenza uno stra-to di manutenzione, probabilmente abase di cemento, steso sopra ad altristrati d’intonaco liscio e ben più anticoe ad essi poco aderente.Inoltre, osservando i molti punti didistacco tra il ribassamento dell’arcotrionfale, i pilastri ed il catino absida-le, si notava immediatamente la prose-cuzione dei dipinti quattrocenteschi,al di sotto di quest’apparato decorati-vo- architettonico.Di conseguenza sono stati eseguiti tas-selli in profondità, in varie parti dellastruttura, che hanno confermato lapresenza di altre zone affrescate.

Alessandra Boldorini Studio per il Restauro, anno 2003

San Rocco, particolare

In gita a piedidal Portironealla Trinità

Il Portirone è la riviera di Parzanica, infase di recupero, dopo anni di abban-dono. Dal piazzale adiacente la strada co-stiera, dove sono ancora visibili i vec-chi mulini e la casa del mugnaio, coninteressanti affreschi, si arriva facil-mente all’imbocco della primitiva mu-lattiera, con il fondo in acciottolato,interamente percorribile, che porta inquota, sino a Parzanica. Chi la percor-re si trova immerso nei terrazzamentiche portano ancora le testimonianzedelle antiche colture dell’ulivo, deigelsi e della vigna. La prima tappa, al-l’altezza della cascata, è la chiesa diS.Gottardo, simbolo di una presenzamonastica dei cluniacensi (riforma diCluny in chiave tedesca). Alla frazioneSpìlga (con gelseti che ci riportano al-la coltura del baco da seta), l’anticopercorso incrocia la nuova strada. Ap-pena più avanti, in zona Piasöi, si pos-

sono vedere antichi gradini di pietra,integrati nel muro di sostegno. La mulattiera prosegue verso l’Ac-quaiolo, dove esisteva una sortia (sor-gente) importante e dove sorge CàCristinelli (chiamata simbolicamenteLa Cà). Si arriva alla chiesa di S.Mauro, co-struita sui resti di un’antica santella,già dedicata a S.Mauro, che ricorda lapresenza monastica cluniancenselombarda. Nella piazza, attualmentesepolta, esiste una vecchia pila: pietrausata per la macina delle granaglie. Siprosegue verso Parzanica, attraver-sando il vecchio abitato dell’Acquaio-lo dove si possono vedere i resti del-l’antica torre ghibellina.La strada, appena fuori dall’abitato, sibiforca. A sinistra la via porta a Casa-röla, con l’antico mulino e la segheria,con il tracciato più antico della via dicomunicazione verso Parzanica vec-chia (Vil e Usì). A Vil è possibile ri-storarsi all’agriturismo Freschéra. Sulla destra la strada porta all’abitatodi contrada Gàe, dove è ancora visibi-le una pila e dove, fino a pochi annifa esisteva un affresco attualmentecrollato con il muro che lo ospitava. Siprosegue verso l’alto e, superate lefontane, si arriva a Cà Rossa, anticasede di un’opera pia per le emergen-ze (peste colera ecc.). Qui la mulattiera, dopo una curva agomito, si inerpica sino ad una sortìa,che rappresentava un luogo di sostaper chi, affardellato, dal Portirone sirecava a Parzanica. Appena più soprauna santella e il cimitero, con la “pia-na dei giochi”, antistante l’antica chie-sa parrocchiale del 1512 e l’antico ci-mitero. Nella “piana” si teneva

l’assemblea dei capifamiglia sui pro-blemi della comunità: un’usanza dura-ta sino alla fine del ‘700. La strada fi-nisce sul sagrato della parrocchialeattuale, al fianco della quale c’era la“giasèra” pubblica, ossia un pozzo nelquale veniva custodita la carne.

Variante della Portirone Parzanica.

Partendo dall’Acquaiolo, si segue adestra una strada primitiva e si arrivaalla zona dei Plassì, dove si incontrauna santella dedicata alla Sacra Fami-glia, dietro la quale riprende la vec-chia mulattiera che porta a Parzanica(in via di ristrutturazione, per renderladi nuovo percorribile). La mulattiera sisnoda sulle balze ad est e lungo il per-corso offre la vista del lago. In zona cascina Ranc (ultima grandecurva dell’attuale strada asfaltata) ègodibile una delle panoramiche mi-gliori del lago d’Iseo.

La via verso la Trinità

A Parzanica, ovviamente, si può arri-vare anche in automobile. In questocaso si lascia l’autovettura al parcheg-gio sopra la piazza, dove si trova ilBar Trattoria Alpino. Dal parcheggiosi sale per duecento metri e a sinistrasi vede l’avvio di una strada cementa-ta che sale abbastanza ripidamente.Qui si trovano indicazioni relative alsantuario della Santissima e al segna-via 701 (sentiero indicato dalla Comu-nità Montana). Il sentiero, ottimamen-te conservato, guadagna rapidamentequota tra gli evidenti strati della for-mazione del Calcare del Domaro, che

calpesteremo per tutto il percorso, di-venendo poi una mulattiera ben se-gnalata. Dopo circa 30 minuti si per-viene al santuario, splendido puntopanoramico sul bacino del Sebino.A pochi passi dal santuario della S.S.Trinità c’è una biforcazione. Seguen-do la strada sterrata, si arriva ad unacomoda strada asfaltata, che in breve,superata la selva di ripetitori e anten-ne che ricopre la cima del monteCreò, porta ad un cancello in ferro.Superato il cancello di recinzione, in-stallato per impedire l’accesso agli au-tomezzi, ci si immette, seguendo il se-gnavia 701, su una sterrata chepercorre in piano i crinali erbosi in di-rezione del monte Mandolino, conampia vista sulla valle di Fonteno.

Testi e ricerche a cura di Silvano Danesi e d. Aldo Cristinelli

Ricerche d’archivio di Serafina Cristinelli

Grafica di Giuseppe Romano • Foto di Annalisa Belloni

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Con il contributo dellaProvincia di Bergamo.

Quaderni di cultura e di storia localea cura del

Comune di Parzanica

Numero tre

Edito dal Comune di ParzanicaProvincia di Bergamo

Via Chiesa, 1 - 24060 Parzanica - Tel. 035/917001 Telefax 035 / 917141

Stampato a Brescia dalla Tipolitografia Artigianelli

Finito di stampare nel mese di marzo 2006