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Atti del Convegno internazionale di studi, Cimitile-Santa Maria Capua Vetere, 16-17 giugno 2011.Indice Contenuti:Umberto Roberto, Il terzo sacco di Roma e il destino dell’Occidente (luglio 472). - Ekaterina Nechaeva, Gli Sciti delle grandi migrazioni. - Nicoletta Francovich Onesti, Discontinuità e integrazione nel sistema onomastico dell’Italia tardoantica: l’incontro coi nomi germanici. - Philipp von Rummel, L’aquila gotica. Sull’interpretazione di un simbolo. - Claudio Azzara, Le leggi dei Barbari nella storiografia giuridica italiana tra Otto e Novecento. Percorsi di lettura. - Alfonso Vigil-Escalera Guirado, El papel de las comunidades rurales (entre Barbaros y campesinos). - Carlo Citter - Andrea Patacchini - Giada Valdambrini, Necropoli, insediamenti e viabilità nell’Europa tardo e post-romana (AD 400-800): l’area franco-alamanna e l’area anglosassone a confronto. - Paolo de Vingo, Formes d’intégration et d’installation des populations germaniques dans les Alpes occidentales entre l’Antiquité tardive et le haut Moyen Âge. - Vasco La Salvia - Marco Valenti, Insediamenti, strumenti e culturealtre fra Mediterraneo e Barbaricum. Alcuni esempi. - Elisa Possenti, Movimenti migratori in età tardo antica: riscontri archeologici negli insediamenti rurali della Venetia?. - Federico Cantini, La Tuscia settentrionale tra IV e VII secolo: nuovi dati archeologici sulla transizione. - Maria Carla Somma, Rileggendo alcuni contesti dell’Italia centrale. Per un contributo alla conoscenza delle presenze alloctone in area medioadriatica. - Fabio Redi - Alessia De Iure - Enrico Siena, L’Abruzzo tra Goti e Bizantini. Aggiornamenti della ricerca archeologica. - Valeria Ceglia - Isabella Marchetta, Nuovi dati dalla necropoli di Vicenne a Campochiaro. - Giuliano Volpe - Maria Turchiano - Giovanni De Venuto - Roberto Goffredo, L’insediamento altomedievale di Faragola: dinamiche insediative, assetti economici e cultura materiale tra VII e IX secolo. - Alfonsina Russo - Antonio Pellegrino - Maria Pina Gargano, Il territorio dell’Alta Val d’Agri fra tardo antico e alto medioevo. - Ermanno A. Arslan, Emissione e circolazione della moneta nei ducati longobardi di Spoleto e Benevento. - Carlo Ebanista, Napoli tardoantica: vecchi scavi e nuovi approcci per lo studio delle catacombe. - Marcello Rotili, Riflessi italiani delle grandi migrazioni: nuovi sviluppi interpretativi

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    GIORNATE SULLA TARDA ANTICHIT E IL MEDIOEVOa cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili

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    LA TRASFORMAZIONE DEL MONDO ROMANO

    E LE GRANDI MIGRAZIONINUOVI POPOLI DALLEUROPA SETTENTRIONALEE CENTRO-ORIENTALE ALLE COSTE DEL MEDITERRANEO

    Atti del Convegno internazionale di studiCimitile-Santa Maria Capua Vetere, 16-17 giugno 2011

    TAVOLARIO EDIZIONI

    2012

    COMUNE DI CIMITILE

    FONDAZIONE PREMIO CIMITILE

    SECONDA UNIVERSIT DI NAPOLIDIPARTIMENTO DI STUDIO DELLE COMPONENTICULTURALI DEL TERRITORIO

    UNIVERSIT DEGLI STUDI DEL MOLISEDIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE, STORICHE E SOCIALI

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    Enti promotori

    Comune di Cimitile

    Fondazione Premio Cimitile

    Seconda Universit di NapoliDipartimento di studio delle componenti culturali del territorio

    Universit degli Studi del Molise

    Dipartimento di scienze umane, storiche e sociali

    ImpaginazioneGraction.it

    In copertina: Fibbia di cintura da Barete (LAquila).A pagina 1: Fibula dalla tomba sulla via Flaminia, Roma.

    2012 by Tavolario EdizioniVia Tanzillo, 23 - 80030 Cimitile (NA)tel. 081.8232160 - ax 081.5100361 e-mail: [email protected]

    ISBN 978-88-904323-5-4

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    PRESENTAZIONE

    Secondo la prassi ormai consolidata, in concomitanza con lo svolgimento delPremio Cimitile, vengono pubblicati gliAtti del Convegno Internazionale di StudiLatrasormazione del mondo romano e le grandi migrazioni: nuovi popoli dallEuropasettentrionale e centro-orientale alle coste del Mediterraneo, tenutosi il 16 giugno2011 nel complesso basilicale di Cimitile e il giorno seguente nella sede della Facolt

    di Lettere e Filosoa della Seconda Universit di Napoli a Santa Maria Capua Vetere.Lincontro di studio, rutto della pluriennale collaborazione tra il Comune di Cimitile,la Fondazione Premio Cimitile, la Seconda Universit di Napoli e lUniversit del Molise,ha suscitato un orte interesse tra gli studiosi, ma anche tra la cittadinanza che mostrauna crescente attenzione per larcheologia della tarda antichit e del medioevo, inrelazione allo straordinario ascino esercitato dal santuario martiriale di S. Felice,reso celebre dalla poliedrica gura di Paolino di Nola.

    La programmazione di un Convegno internazionale di studi, in collaborazionecon le Universit e con gli Enti che operano sul territorio, il modo migliore per

    promuovere la valorizzazione di questo straordinario sito-monumento, al qualelAmministrazione comunale dedica da sempre particolare attenzione.

    La tempestiva pubblicazione degliAtti, nella collana Giornate sulla TardaAntichit e il Medioevo, una prova evidente del comune impegno a rilanciare ilsantuariodi Cimitile nel panorama scientico nazionale e internazionale e a avorirela promozione turistica dellarea nolana, come stabilisce ilProtocollo dintesa siglatodai quattro Enti il 30 novembre 2010.

    A nome dellAmministrazione Comunale esprimo un vivo ringraziamento aicuratori degliAtti, pro. Carlo Ebanista e Marcello Rotili, alla Fondazione PremioCimitile, alla Seconda Universit di Napoli, allUniversit del Molise, alla Curiavescovile di Nola, alle Soprintendenze e a quanti hanno contribuito alla realizzazionedellopera. Nel contempo esprimo lauspicio che nelle uture edizioni delPremio Cimitileuna kermesse che ha acquisito una signicativa visibilit nellambito del panorama

    culturale nazionale,si possa sempre organizzare incontri di studio sullarcheologiadella tarda antichit e del medioevo, periodo nel quale intorno al santuario di S. Felicesi svilupp il nucleo originario dellodierna Cimitile.

    NUNzIO PROVVISIEROSindaco di Cimitile

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    In occasione della XVI edizione del Premio Cimitile, svoltasi dall11 al 18giugno 2011 sotto lalto patronato del Presidente della Repubblica nellambito dellemaniestazioni per il 150 anniversario dellUnit dItalia, si tenuto il Convegnointernazionale di studi sul tema La trasormazione del mondo romano e le grandimigrazioni: nuovi popoli dallEuropa settentrionale e centro-orientale alle coste delMediterraneo. Con grande piacere e soddisazione accolgo la pubblicazione degliAttidellincontro nella collana Giornate sulla tarda antichit e il medioevo diretta dai

    pro. Carlo Ebanista e Marcello Rotili.I Convegni sullarcheologia della tarda antichit e del medioevo, nati nel 2008 con

    una Giornata di studio su La Campania ra tarda antichit e alto medioevo: ricerche diarcheologia del territorio e poi proseguiti negli anni successivi allargando lorizzontetematico allItalia e allEuropa, rappresentano un appuntamento importante e ormaiirrinunciabile nellambito delle maniestazioni culturali delPremio Cimitile. Promossiin collaborazione con il Comune di Cimitile, la Seconda Universit di Napoli e lUniversitdel Molise, i Convegni sono un segno tangibile dellinteresse della Fondazione perlarcheologia e la cultura artistica in et paleocristiana e altomedievale, tematiche cui,

    com noto, dedicata unimportante sezione delPremio. Il successo degli incontri distudio un motivo di grande soddisazione perch siamo convinti che il patrimonioculturale rappresenta una straordinaria opportunit economica e occupazionale

    per il territorio nolano e per Cimitile in particolare. Protagonista di questo processodevessere un ecace sistema di sinergia tra gli enti pubblici e le associazioni locali,

    nalizzato alla valorizzazione delle risorse disponibili. Non a caso la FondazionePremio Cimitile stata istituita, in qualit di soci ondatori, dalla Regione Campania,dalla Provincia di Napoli, dal Comune di Cimitile e dallAssociazione Obiettivo III

    Millennio che opera in Cimitile da quasi un ventennio.Con lauspicio che il tradizionale appuntamento con le Giornate di studio

    sullarcheologia possa proseguire in occasione delle prossime edizioni con un

    accresciuto consenso di pubblico, desidero ringraziare quanti hanno contribuitoin varia misura alla riuscita dei Convegni: in primo luogo i pro. Ebanista e Rotili,che con impegno e passione organizzano gli incontri e curano la pubblicazione deirelativiAtti; la Seconda Universit di Napoli, lUniversit del Molise, il Comune diCimitile, la Regione Campania, la Provincia di Napoli e lAssociazione Obiettivo III

    Millennio per la piena adesione al nostro progetto culturale e il contributo alla riuscitadelliniziativa; le Soprintendenze e la Curia vescovile di Nola.

    FELICE NAPOLITANOPresidente della Fondazione Premio Cimitile

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    PREFAZIONE

    Grazie alla consolidata collaborazione tra la Fondazione Premio Cimitile, ilComune di Cimitile, la Seconda Universit di Napoli e lUniversit del Molise, il 16 e 17

    giugno 2011, nellambito della XVI edizione delPremio Cimitile, si svolto il Convegnointernazionale di studiLa trasormazione del mondo romano e le grandi migrazioni:nuovi popoli dallEuropa settentrionale e centro-orientale alle coste del Mediterraneo .

    Per il quarto anno di seguito stato possibile organizzare un incontro tra studiosi didiverse discipline, dalla linguistica alla storia, allarcheologia, sul tema delletnogenesie dellintegrazione delle popolazioni allogene nel territorio italiano durante latrasormazione del mondo antico. Se, inatti, nel 2008 lincontro di studio aveva avutocome tema La Campania tra tarda antichit e alto medioevo: ricerche di archeologiadel territorio, nel 2009, con il convegno Ipsam Nolam barbari vastaverunt: lItalia e ilMediterraneo occidentale tra V secolo e la met del VI e nel 2010 con il convegno su

    Archeologia e storia delle migrazioni: Europa, Italia, Mediterraneo ra tarda et romanae alto medioevo, lorizzonte di ricerca si era ampliato allintera penisola e al bacino del

    Mediterraneo, evidenziando i processi di trasormazione determinati dallarrivo dellepopolazioni alloctone. Per estendere ulteriormente le indagini su queste tematiche, ilConvegno internazionale di studi che si terr in concomitanza con la XVII edizionedelPremio Cimitile sar dedicato adAristocrazie e societ ra transizione romano-germanica e alto medioevo.

    Le quattro sessioni del Convegno del 2011 si sono tenute, come di consueto, nelcomplesso basilicale di Cimitile (le prime due) e nella sede della Facolt di Letteree Filosoa del Secondo Ateneo napoletano a Santa Maria Capua Vetere. La prima

    sessione, aperta dai saluti del dr. Felice Napolitano, presidente della FondazionePremio Cimitile, del dr. Saverio Romano, assessore allo Sport e Spettacolo del Comunedi Cimitile, del dr. Domenico De Siano, presidente della Commissione Urbanistica della

    Regione Campania, e del pro. Giorgio Patrizi, direttore del Dipartimento di ScienzeUmane, Storiche e Sociali dellUniversit del Molise, si tenuta la mattina del 16 giugno,

    sotto la presidenza del pro. Patrizi e del dr. Philip von Rummel (Istituto ArcheologicoGermanico, Roma), mentre quella pomeridiana stata presieduta dal pro. PaoloDelogu (Universit di Roma La Sapienza). La terza sessione, svoltasi la mattina del 17giugno sotto la presidenza del pro. Ermanno A. Arslan (Accademia dei Lincei), si aperta con i saluti rivolti dalla pro.ssa Rosanna Cio, preside della Facolt di Letteree Filosoa della Seconda Universit di Napoli, e dalla pro.ssa Steania Gigli Quilici,direttore del Dipartimento di Studio delle componenti culturali del territorio. La quarta

    sessione, tenuta nel pomeriggio dello stesso giorno, stata presieduta dal pro. UmbertoRoberto (Universit Europea di Roma).

    La pubblicazione degliAtti del Convegno del 2011, resa possibile dal contributodel Dipartimento di Studio delle componenti culturali del territorio della Seconda

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    Universit di Napoli, una prova tangibile dellimpegno a rilanciare il santuariodiCimitile nel panorama scientico nazionale e internazionale e a avorire la promozioneturistica dellarea nolana, come stabilisce ilProtocollo dintesa siglato il 30 novembre

    2010 dalla Fondazione Premio Cimitile, dal Comune di Cimitile, dal Dipartimento diStudio delle componenti culturali del territorio della Seconda Universit di Napoli e dal

    Dipartimento di Scienze umane storiche e sociali dellUniversit del Molise.Per queste ragioni esprimiamo la pi sentita gratitudine alla Fondazione Premio

    Cimitile e al suo presidente, dr. Felice Napolitano, nonch allAmministrazionecomunale di Cimitile presieduta dal sindaco, Nunzio Provvisiero. Un particolareringraziamento va, altres, alle istituzioni e alle persone che, a vario titolo, hannocontribuito alla realizzazione del Convegno e alla pubblicazione degliAtti: a S.E.mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola; alla Soprintendenza Speciale per i Beniarcheologici di Napoli e Pompei; alla Soprintendenza per i Beni architettonici, per il

    paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico di Napoli; alla

    Facolt di Lettere e Filosoa della Seconda Universit di Napoli, presieduta dalla pro.ssa Rosanna Cio; al Dipartimento di Studio delle Componenti Culturali del Territoriodello stesso Ateneo, diretto dalla pro.ssa Steania Gigli Quilici; alla Facolt di ScienzeUmane e Sociali dellUniversit del Molise, gi presieduta dal pro. Paolo Mauriello(attuale direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche sociali e della ormazione);al Dipartimento di Scienze umane storiche e sociali dellAteno molisano, gi diretto dal

    pro. Giorgio Patrizi; alla dott.ssa Angela Venditti.

    CARLO EbANISTA - MARCELLO ROTILI

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    UMBERTO ROBERTO

    IL TERZO SACCO DI ROMAE IL DESTINO DELLOCCIDENTE (LUGLIO 472)

    Si molto discusso sulla ne dellImpero dOccidente nel 476 e sulle sueconseguenze nella storia del Mediterraneo tardoantico. A giudicare dalla reticenza delle

    onti, si ritenuto che tale caduta sia avvenuta senza rumore. Del resto, nellagosto del476 la preettura gallica non esisteva quasi pi, smembrata dagli insediamenti dei regnibarbarici; lArica era da tempo occupata dai Vandali; e lOriente romano era appenauscito da una guerra civile tra il legittimo imperatore, Zenone, e lusurpatore Basilisco.Ma in Italia e a Roma, le cose andarono diversamente. E gli storici contemporaneipi accorti seppero cogliere nel regno dellimperatore Antemio (467-472), e nel suosventurato epilogo, il prodromo pi signicativo della ne incombente. Antemio uucciso nel luglio 472, mentre Roma, la citt dove aveva trascorso lintero periodo delsuo regno, subiva un terzo disastroso sacco. Fu lultima scossa al vacillante imperodOccidente. Per comprenderne il valore simbolico necessario are una premessa.Occorre inatti rifettere sullimpatto delle invasioni barbariche di V secolo nel rapportotra la citt di Roma e il governo imperiale1.

    Nellassetto dellimpero tardoantico, Roma rappresenta una gigantesca anomalia.Ancora alla vigilia del sacco di Alarico, la citt una grande metropoli, che nel astoe nello splendore dei monumenti simboleggia la potenza dellImpero. Dal tempo deiTetrarchi Roma non pi capitale, il luogo dove limperatore e la sua corte risiedonostabilmente. E tuttavia, con i suoi spazi, con il suo tempo scandito da este e cerimonie,la citt luogo di celebrazione della memoria di un glorioso passato e simboleggialauspicio di un radioso uturo per lImpero. Lenorme popolazione della metropoliconcorre al rituale di celebrazione. La ricchissima aristocrazia senatoria della citt necondivide, con il populus Romanus, i privilegi e gli oneri. Ma Roma tardoantica

    una citt a pi dimensioni. Accanto ai asti della citt dei Cesari, cresce anche la cittcristiana di Pietro e di Paolo. Attraverso le memorie degli Apostoli e degli altri martiri,Roma cristiana conquista rapidamente una posizione di primato nellecumene. Unacitt, dunque, sospesa tra passato e uturo, unica per il suo prestigio. E unica, anche peril governo e lamministrazione. Nel sistema tardoantico, ortemente centralizzato, gliimperatori di IV secolo rinunciano presto a governare direttamente la citt. Le cause sonomolteplici: lenormit delle dimensioni, le complesse esigenze di approvvigionamento,

    1 Sulla caduta senza rumore dellImpero dOccidente cr. MOMIGLIANO 1973 e i saggi in La nedellImpero. Sul terzo sacco di Roma cr. RObERTOc.s., cap. 5.

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    10 UMBERTO ROBERTO

    i delicati equilibri nel multiorme tessuto sociale, religioso, culturale della citt. Roma un luogo che gli imperatori tardoantichi visitano, ma non amministrano. Il compito invece demandato alla potente aristocrazia senatoria, che nello splendore delle sue

    domuscariche di storia domina da secoli la vita cittadina. il senato tardoantico che,per conto dellimperatore, governa la citt e garantisce, per quanto possibile, lordinee la pace sociale2.

    Le invasioni barbariche di V secolo dimostrarono ben presto che Roma era ancheuna citt vulnerabile e non diendibile. Se ne era gi reso conto Aureliano, quandoaveva deciso di cingere lo spazio urbano con imponenti mura. E dopo le incursionidi Alarico nel Nord Italia (401-402), le mura vennero rinorzate per ordine di Onorio eStilicone. Gli eventi che seguirono svelarono il signicato proondo di questa iniziativa.Dopo la morte di Stilicone (agosto 408), Alarico, pur cresciuto nella Pars Orientis, simostr ben consapevole degli equilibri di potere in Occidente e coinvolse laristocraziasenatoria nella sua contesa con limperatore Onorio. Ne seguirono due assedi della

    citt e il sacco del 410. Al riparo delle mura, i Romani cercarono di resistere per quantopossibile. Ma quando i viveri terminarono e le epidemie iniziarono a diondersi, lacitt u costretta ad aprire le porte. Dal punto di vista militare, Roma era sola. Onorionon aveva n soldati, n risorse per diendere la grande metropoli; e questa impresanon rientrava nelle priorit del governo imperiale. In occasione del sacco del 410, leonti orientali, sovente pi consapevoli delle cause politiche dei atti, testimoniano ildisinteresse di Onorio per Roma richiamandosi a suoi presunti attriti con laristocraziasenatoria o alla sua inettitudine3. La realt dei atti che Onorio non aveva mezzi a suadisposizione per salvare la citt4.

    Forse per rimorso, orse per sincera resipiscenza, Onorio si pent di averabbandonato Roma alla merc dei Goti; si impegn quindi, insieme allaristocraziasenatoria, per la ripresa della citt. Gi nel maggio del 416, Onorio venne a Romaper celebrare il triono sullusurpatore Attalo5. Un segno ancor pi concreto di questoimpegno u la decisione del suo successore Valentiniano III di tornare a vivere incitt. Valentiniano vi pass lunghi periodi, dimorando nelle residenze imperiali6. Nei

    penetralia del palazzo limperatore in persona uccise a tradimento Aezio, durante unconcistoro. E mentre cavalcava nel luogo Ad duas Lauros, u a sua volta assassinatodagli uciali rimasti edeli alla memoria del magister. Le trame per la sua successionesi svolsero a Roma, e divenne imperatore un anicio, Petronio Massimo7. Dopo la nedello sventurato Massimo, e il sistematico sacco dei Vandali nel 455, lImpero passad un nobile gallo-romano sostenuto dai Visigoti, Avito, che pure sent la necessitdi venire a Roma per consolidare il suo regime. Dopo la parentesi di Maioriano(457-461), anche Libio Severo (461-465) govern da Roma. La citt era nuovamenteil centro del potere di quanto sopravviveva dellImpero dOccidente. Severo era un

    2 Cr. FRASCHETTI1999 e HARRIS(a cura di) 1999.3 Da qui la celebre acezia sulla gallina di nome Roma, rierita gi da PROCOPIO, Bellum Vandalicum

    I, 2, 25-26.4 Sulla diesa di Roma cr. DEy2011; pi in generaleVANNESSE 2010.5PROSPERODAqUITANIA, Chronicon 1263; FILOSTORGIO XII 5.6 Sulla decisione di Valentiniano cr. GILLETT2001.7 Cr. GIOVANNIDI ANTIOCHIA r. 293.1. Per i rammenti dellAntiocheno cr.Ioannis Antiocheni Fragmenta

    2005.

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    11IL TERZO SACCO DI ROMA

    imperatore antoccio, proclamato per volere di Ricimero, generale barbaro, per metsvevo e per met visigoto, che manovrava il principe per governare a sua discrezione.

    Anche Ricimero risiedeva a Roma, insieme ai suoi uomini, alle loro amiglie, e alla

    sua numerosa guardia personale. possibile seguirne le tracce nel quartiere militareche, durante il V secolo, presente nellarea tra Esquilino e Celio. In quella zona sonoattestate tra V e VI secolo, tre chiese ariane. La pi importante, S. Agata in Subura (oggiS. Agata dei Goti) u abbellita da splendidi mosaici con Cristo Salvatore e gli Apostoli aspese di Ricimero. Liscrizione8, ancora visibile nel XVI secolo e registrata da pi onti,ricordava la generosa iniziativa di Ricimero, che intendeva sciogliere un voto. Il lavorodei mosaici venne compiuto tra il 459 e il 4709.

    Geta vestito di pelli e eroce assassino dei suoi avversari, quasi un serial-killerdi imperatori scomodi: come noto, il magisterepatriciusRicimero non gode di buonaama n presso i contemporanei, n presso i posteri. Nella lunga stagione del suo potere(456-472) vi urono sicuramente degli eccessi, dovuti alla capacit di controllare quanto

    rimaneva dellesercito romano dOccidente, ormai quasi completamente barbarizzato.E tuttavia, non bisogna dimenticare che, per quasi venti anni, Ricimero tent di saldareil suo potere personale alla salvaguardia dellistituzione imperiale in Occidente. Fuper questa ragione, e per il timore dei Vandali, che nel 467, dopo aver eliminatoLibio Severo, Ricimero accolse il candidato al trono dOccidente inviato dallimperatoreLeone, il nobile Antemio.

    La vicenda di Ricimero e Antemio rappresenta lestremo tentativo di restaurareil potere imperiale in Occidente, trovando unintesa tra Romani e Barbari al serviziodellImpero contro le orze centriughe delle province e lespansionismo aggressivo deiregni romanobarbarici, di Vandali e Visigoti in particolare. Daltra parte, Antemio venivacon limpegno di preservare lunit politica del mondo mediterraneo sotto il dominiodellImpero romano. molto importante che al centro di questo progetto vi osse dinuovo Roma. Dal 467 al 472 Antemio pose la sua residenza in citt, vi ospit la suacorte, ne condivise gli spazi con il magisterRicimero. Fu una scelta politica. LImperodOccidente andava rilanciato dalla citt che simboleggiava il prestigio e la grandezzadel mondo romano10.

    Laccordo personale tra i due personaggi era un presupposto necessario perquesto obiettivo. Ricimero aveva accettato suo malgrado la sottomissione ad Antemio,in cambio dellaiuto dellimperatore dOriente, Leone, contro i Vandali. Per consolidareil rapporto, Antemio e Ricimero ricorsero allo strumento della adnitas, lalleanzamatrimoniale. Si tratta di uno strumento antropologico e culturale ondamentale percomprendere le dinamiche non violente di trasormazione della societ occidentalenel V secolo. Un opportuno contrappeso ad eccessi catastrostici sulla ne dellacivilt antica. Ladnitas agisce come solida base per il rinnovamento del tessutosociale in Occidente. Attraverso il matrimonio i due gruppi di parentela entravano inun sistema di alleanza e solidariet che era riconosciuto tanto dai Romani, quanto dalle

    8ICUR, II, p. 438 n. 127 =ILS1294 =ILCV21637.9 Su Ricimero cr. KRAUTSCHICK1994;ANDERS 2010; sulliscrizione nella chiesa di S. Agata dei Goti cr.

    ORLANDI 2009. Un altro potente militare di stirpe germanica al servizio di Ricimero, ma di ede cattolica, Fl.Valila: cr. CASTRITIUS1972, ma la sua vicenda merita un approondimento.

    10 Su Antemio cr. OFLyNN 1991; HENNING 1999, pp. 42-45.

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    12 UMBERTO ROBERTO

    popolazioni germaniche. Antemio e Ricimero, del resto, conoscevano bene lecaciadelladnitas per accrescere il proprio prestigio. Antemio, inatti, aveva sposato unaglia dellimperatore Marciano e suo glio Marciano, a sua volta, aveva sposato una

    delle glie dellimperatore Leone. Anche Ricimero ondava il suo potere su unacomplessa rete di relazioni di parentela, soprattutto con le amiglie al potere nei nuoviregni romanobarbarici11.

    Attraverso il matrimonio tra la glia di Antemio, Alypia, e il patrizio Ricimerosi riproponeva ai livelli pi alti della societ il processo di ormazione di una nuovaaristocrazia del potere che caratterizza la storia dellOccidente romano durante il Vsecolo. Matrimoni misti tra aristocrazia romana e Barbari al servizio dellImpero veranogi stati nel IV secolo. Dopo la ase violenta delle conquiste, le aristocrazie barbarichecercavano lintegrazione per consolidare la propria posizione e accrescere il proprioprestigio. La ormula pi durevole era appunto lunione con le grandi amiglie romaneattraverso il matrimonio o altri strumenti, come ladozione, che meriterebbe maggior

    approondimento. La storia del V secolo dunque costellata da matrimoni eccellenti:da quello di Ataulo e Galla Placidia (414), a quello di Unerico e Eudocia (455-456),alle tentate nozze tra Attila e Onoria, sorella di Valentiniano III (450-451). Il matrimoniodel 467 tra la glia di Antemio, Alypia, e Ricimero persegue lo stesso obiettivo diconsolidare la pace e lalleanza tra Romani e Barbari; in particolare, tra un imperatoreromano venuto dOriente e il capo del suo esercito, il pi potente dei Barbari al serviziodellImpero. E inatti, il matrimonio venne celebrato a Roma come speranza di salvezzadello Stato e della pace12.

    Anche la scelta di condividere Roma come capitale dOccidente ha unenormevalenza simbolica. Non si trattava solamente di ribadire la centralit di Roma come sededel potere imperiale. Antemio intendeva riprendere il controllo della citt e della suaricca e potente aristocrazia. Inoltre, la condivisione degli spazi tra Antemio e Ricimerodoveva indicare la concordia e lunit di intenti dei due personaggi. E ancora: la sceltadi risiedere a Roma indicava la necessit di intervenire rapidamente sul problema pigrave per lImpero: la supremazia vandalica sul Mediterraneo centrale. Roma e lAricaerano da secoli un sistema connesso: la perdita dellArica metteva in grave pericololesistenza stessa dellImpero dOccidente. Occorreva reagire, e Roma era la sede piidonea per coordinare la guerra ai Vandali13.

    Adnitase centralit di Roma come capitale nellaPars Occidentis: il terzo sacco diRoma nel luglio 472 rappresenta la conseguenza pi drammatica del allimento di questedue premesse scelte nel 467 per rilanciare listituzione imperiale e garantire la pace traRomani e Barbari nellImpero dOccidente. Tutte le onti concordano al riguardo: uRicimero a ar saltare lintesa, a rompere ogni accordo. E, come sempre, seppe sruttareloccasione pi opportuna. Antemio era venuto in Occidente per eliminare i Vandali. Ilconsenso al suo impero si ondava su questo impegno. Arontando anche uningente

    11 Sulle strategie di parentela della amiglia di Ricimero cr. GILLETT 1995; sullalleanza matrimonialetra Antemio e limperatore Marciano cr. GIROTTI2008. Anche Genserico, re dei Vandali, mostra grandeattenzione al ruolo della adnitasnella lotta politica dellepoca, cr. RObERTO 2006.

    12 Cr. SIDONIO APOLLINARE,EpistulaeI 5, 10; 9, 1.13 Sullimportanza di Roma nei complessi scenari da Valentiniano III al 476 oltre a GILLETT2001, cr.

    HUMPHREyS 2003 e RObERTO c.s., cap. 4 e 5; sulla minaccia vandalica cr. MAzzA 1997-98.

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    13IL TERZO SACCO DI ROMA

    spesa personale un terzo delle spese vennero pagate con sue personali entrate edaccordo con lOriente, Antemio organizz una ormidabile spedizione che dovevanalmente annientare la potenza vandalica. La preparazione u meticolosa. Le operazioni

    iniziarono nel 468 ma si rivelarono ben presto un allimento. Il prestigio di Antemione usc pregiudicato. A questo punto Ricimero ne apprott per cambiare alleanza.Ma la sua posizione pi complessa di quanto possa sembrare supercialmente.Nel ricostruire questi eventi convulsi di V secolo, un errore interpretare le azionidi personaggi come Alarico, Genserico, Attila o lo stesso Ricimero, considerandolisecondo i clichsdel Barbaro perdo e brutale, secondo una polarit uorviante trabarbarie e civilt. Come tutti gli aristocratici barbarici al servizio di Roma tra IV e Vsecolo, Ricimero soprattutto un mediatore. E nel suo caso, il livello della mediazioneera quello pi alto: come gi Stilicone, o Aspar in Oriente, Ricimero non era il capo diuna trib, o di un popolo; oltre ad essere la suprema autorit nella gerarchia militare,Ricimero rappresentava tutti i Barbari al servizio dellImpero. La sua mediazione

    riguardava, inoltre, i rapporti tra Impero romano dOccidente e regni romanobarbarici.A dierenza di Antemio, che si muoveva nel solco della pi antica tradizione, Ricimeroagiva trovandosi ad un bivio epocale. Aveva, da una parte, la possibilit di perseverarenel sostegno ad Antemio, imperatore e suocero; in questo modo avrebbe collaborato asalvaguardare listituzione imperiale dOccidente contro i suoi nemici in una prospettivadi unit mediterranea. Ma nel 468 i Vandali avevano vinto ancora una volta contro Roma.E questo era un segno concreto dei tempi che non andava ignorato. Ricimero avevadunque unaltra possibilit. Daccordo con Genserico, e gli altri sovrani, poteva avorireil consolidamento di un sistema di stati romanobarbarici che, rendendo marginale ilruolo dellimperatore, si spartissero il dominio dellEuropa occidentale. Lo scacco di

    Antemio contro i Vandali convinse Ricimero a percorrere questa seconda via. E u unascelta che segn la strada, dopo la parentesi di Odoacre, per la grande costruzionepolitica di Teoderico il Grande.

    Presa la decisione, Ricimero doveva agire. Nel 470, con il pretesto della condannaa morte di un suo edele collaboratore, Romano ex magister ociorum,Ricimero ruppecon Antemio. Lasci Roma con 6000 guerrieri e i suoi bucellariie si ritir a Milano14.LItalia si spezz in due parti, tra loro contrapposte. Abbandonando Roma, Ricimerodiede un segnale inequivocabile della ne della concordia tra il magistere limperatore.Ma lattuazione del suo progetto costringeva ad azioni terribili: per eliminare Antemiooccorreva oltraggiare lalleanza matrimoniale e riprendere con la orza Roma.

    La guerra, lassedio, il sacco di Roma del luglio 472 rappresentano eventi dalgrande valore simbolico. Nella loro drammaticit preludono inatti alla ne dellImperonellagosto 476. E tuttavia, linterpretazione corale del destino di una citt si ondaanche sulle poche vicende personali che le onti, purtroppo scarse, hanno conservato.La guerra ebbe cause diverse, ma tutte le onti condannano la scelta del patriciusRicimero di aggredire il suocero. Evidentemente, contro ogni consuetudine romana ebarbarica, Ricimero viol il vincolo di adnitas, che doveva rappresentare un limitecondiviso alle ostilit; un invito costante alla moderazione e alla riconciliazione. Dopoquesto gesto, non vera pi spazio per illusioni. Nulla sappiamo della sorte della

    14GIOVANNIDI ANTIOCHIA r. 299; CASSIODORO, Chronicon 1289; PAOLO DIACONO,Historia Romana XV 2.

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    sventurata moglie di Ricimero, Alypia. Ma Ennodio, raccontando la vita del vescovoEpianio, che tent una mediazione tra limperatore e il magister, ricorda lamarezzadi Antemio: quamvis inexplicabilis mihi, sancte antistes, adversus Ricemerem causa

    doloris sit et nihil prouerit maximis eum a nobis donatum uisse beneciis, quemetiam, quod non sine pudore et regni et sanguinis nostri dicendum est, in amiliaestemma copulavimus, dum indulsimus amori reipublicae quod videretur ad nostrorumodium pertinere. Quis hoc namque veterum retro principum ecit umquam, ut intermunera, quae pellito Getae dari necesse erat, pro quiete communi lia poneretur?Nescivimus parcere sanguini nostro, dum servamus alienum15. Questa condanna condivisa dalle altre onti che ricordano il sacco. Cassiodoro, che nel Chronicon 1293parla di oesa al ius adnitatis; Giovanni di Antiochia (r. 301, 1-3), storico orientaledellet di Eraclio; Paolo Diacono (Historia RomanaXV 2). Il gesto di Ricimero carico di valore simbolico: non si limita alla sera dei rapporti personali, e neppure alle

    vicende occidentali. Nel disprezzo del vincolo di parentela con limperatore venuto

    da Costantinopoli, Ricimero aerma pure un divario ormai insanabile tra Occidente eOriente. Attraverso la rottura dellalleanza matrimoniale nauraga il sogno di unit tra ledue parti dellImpero. Nauraga lidea teodosiana dellunit indissolubile e carismaticadi un impero diviso solo amministrativamente, dove Romani e Barbari potessero vivereinsieme e in pace. Ricimero il consapevole artece di questo allimento. Barbaro e diede ariana, egli rappresenta una nuova mentalit che privilegia ormai lalleanza conle nationes romanobarbariche e di ede ariana rispetto allidea universale di impero,cattolico e romano, esteso da Occidente a Oriente.

    E u inatti una coalizione di genti barbariche a sostenere lo sorzo di Ricimero.I Burgundi gli inviarono un contingente al comando di Gundobado. In questo caso,il meccanismo della adnitas unzion perettamente, dal momento che Gundobadoera nipote di Ricimero, glio della sorella. Daltra parte, Ricimero pot contare anchesullappoggio dei Vandali. Secondo le linee che abbiamo sopra indicato, lalleanza coni Vandali si ond su un patto per sostituire Antemio. Ricimero accett la propostadi Genserico di ar salire sul trono dOccidente Anicio Olibrio. Il pretendente dellastirpe anicia raggiunse il campo di Ricimero presso il Pons Anicionise u proclamato

    Augusto nellaprile 472, mentre Antemio ancora si batteva in citt. Lascesa di Olibrioera una signicativa trasormazione degli strumenti di legittimazione del potereimperiale. Olibrio, esponente di una potentissima amiglia romana, gli Anicii, apertaallintegrazione barbarica, diventava Augusto grazie ad una coalizione tra Ricimero, i

    Vandali e i Burgundi. Era un imperatore che esprimeva lequilibrio di potere tra statiromanobarbarici; ma la scontta irreversibile dellistituzione imperiale in Occidente eraevidente. Solo laccordo tra barbari sovrani di regni indipendenti garantiva lautoritdel nuovo imperatore. Pochi anni dopo, come noto, Odoacre consider superfuo

    15Vita Epianic. 67-68, traduzione, a cura di CESA 1988, pp. 91-92: Santo vescovo, i motivi della miaamarezza verso Ricimero non si possono esprimere a parole, e a nulla valso averlo onorato con i pigrandi beneci. Addirittura (e questo non pu dirsi senza vergogna del mio regno e del mio sangue) loabbiamo accolto nella nostra amiglia, concedendo allamore per lo Stato ci che sembrava compiuto inodio ai nostri: chi mai degli imperatori precedenti, per amor della pace comune, pose la propria glia ra idoni che bisognava dare ad un Geta coperto di pelli? Nel salvare il sangue altrui, non abbiamo voluto averpiet del nostro; cr. altres pp. 158-159.

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    15IL TERZO SACCO DI ROMA

    mantenere la nzione di un potere inesistente e ormai anacronistico16. importante sottolineare il coinvolgimento degliAnicii. Per comprendere la storia

    di Roma e dellItalia in et tardoantica - nel V secolo in particolare - ondamentale

    non trascurare il peso delle grandi amiglie romane. Negli anni Cinquanta, Ricimeroaveva consolidato il suo potere grazie alla salda alleanza con gli avversari pi ortidegliAnicii, la amiglia deiDecii, ostile ai Barbari e avorevole allintesa con lOriente.Furono iDeciiche accolsero con grande avore lascesa di Antemio in Occidente; e glirimasero edeli anche durante lassedio. Ricimero mosse contro Roma, dove Antemioancora risiedeva, con la parte di esercito che lo aveva seguito a Milano, e con i suoibucellarii. Venne inoltre raggiunto dallarmata dei Burgundi. Antemio, da parte sua,non aveva truppe per diendersi. Un esercito inviato in Gallia nel 471 contro i Visigotiera stato distrutto. Chi diendeva Roma insieme ad Antemio? Giovanni di Antiochia, r.301, 3-4, ricorda che limperatore ebbe il sostegno della popolazione romana (demos)e dei magistrati (oi en telei). A giudicare da questa preziosa testimonianza, urono

    soprattutto le amiglie aristocratiche e le loro clientele che si schierarono a diesa dellacitt contro i Barbari di Ricimero e Gundobado. In particolare, Antemio pot contaresullappoggio deiDecii, avversari storici degliAniciie di Ricimero, che li aveva traditi17.

    La notizia di grande importanza. Allinizio del suo regno, nel 467, Antemioebbe dicolt a conquistare il consenso della citt. Veniva da Oriente, era grecodi cultura, pensiero, stile di vita. Come spiegare questo diverso atteggiamento daparte dellaristocrazia e del popolo romano nel 472? possibile individuare alcuneragioni. Proseguendo nella scelta degli imperatori dalla met del V secolo, Antemiosi era insediato a Roma. Sotto il suo regno la citt era tornata al prestigio di capitale,ospitando una corte ricca e culturalmente vivace, rinnovando anche lo splendore dellecerimonie pi legate allantica tradizione romana. Anche la tolleranza nei conrontidei pagani, tanto biasimata dalla Chiesa romana, rientrava in questa generale politicadi rinnovamento dello splendore urbano. Antemio non era un simpatizzante delpaganesimo e non voleva rimediare allavvenuta cristianizzazione della citt. Ma avevatuttavia compreso lo spirito pi proondo di Roma tardoantica. Lattaccamento ad unpatrimonio di tradizioni e valori che costituivano lidentit stessa della citt e i caratteridistintivi che ne acevano un luogo unico nellecumene. Daltra parte, il desideriodi unazione di governo che mediasse tra opposte azioni evitando lacerazioni estemperando le tensioni era in piena sintonia con un modello politico auspicato nellacolta aristocrazia dOriente. Salendo al potere, Antemio cerc di realizzare questomodello di tolleranza e convivenza. Nella conquista del consenso pesavano poi lescelte di politica estera. Antemio aveva avviato una seria politica di reazione allostrapotere dei Vandali dArica e dei Goti. Le onti indicano che in occasione dellaspedizione antivandalica del 468, Antemio vers nelle depauperate casse imperiali unaparte dei proventi che provenivano dalla res privata, dunque dai beni della corona.Un terzo della cira sborsata apparteneva al tesoro personale di Antemio. Era un gestoche indicava la sincera volont di eliminare i Vandali per restituire sollievo allItalia e

    16 Di grandissimo rilievo al riguardo MALCODI FILADELFIA, r. 10 MLLER: laristocrazia senatoria appoggila richiesta di Odoacre. Cr. CRESCI1982, pp. 191-194. Su Olibrio cr. CLOVER1978; HENNING 1999, pp. 169-170,202-203.

    17 Sulle onti per il sacco del 472 cr. RObERTO2000, pp. 146-159.

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    allOccidente18. E non pass inosservato. Lannientamento dei Vandali non era solo unamisura ondamentale per garantire la libera navigazione nel Mediterraneo centrale,e lapprovvigionamento senza problemi della citt anno dopo anno. Dal punto di

    vista politico, era anche la scelta necessaria per restituire unit allImpero romano,annullando la distanza tra Oriente e Occidente. Antemio, imperatore greco a Roma,legato alla dinastia regnante in Oriente attraverso il matrimonio tra suo glio Marcianoe la glia di Leone, rappresentava nella sua amiglia questa speranza di unit. E la suaazione si contrapponeva agli intrighi romanobarbarici dellariano Ricimero.

    Lappoggio dei Romani ad Antemio testimoniato dalla durata dellassedio.Nonostante laccerchiamento, la citt resistette per cinque mesi, lunghi e terribili. Daebbraio a luglio 472 Roma divenne inatti un campo di battaglia, divisa tra i duecontendenti. Antemio aveva il controllo del palazzo imperiale sul Palatino, dove siera arroccato. Dallaltra parte del Tevere, le milizie di Ricimero avevano occupatocon ogni probabilit Trastevere, Gianicolo e Vaticano, quartieri tradizionalmente legati

    agliAnicii. Il patricius, inoltre, controllava i ponti della citt. Oltre al Pons Hadriani,davanti al mausoleo di Adriano, Paolo Diacono ricorda che laccampamento principaledegli assedianti si trovava apud Anicionis pontem, orse il Ponte Milvio. SicuramenteRicimero era riuscito a bloccare il Tevere, impedendo i riornimenti agli avversari.Come gi al tempo di Alarico, la massa della popolazione u presto preda della amee delle epidemie.

    Senza riornimenti e senza aiuti, Antemio e i suoi sostenitori erano destinati asoccombere. Alla ne della primavera 472, un contingente di Ostrogoti, chiamati insoccorso da Antemio, cerc di orzare il blocco. Ne nacque una uriosa battaglia, chesi svolse davanti al mausoleo di Adriano. Il capo degli Ostrogoti u ucciso in battaglia,come pure gran parte degli uomini di Antemio. In breve, gli Ostrogoti accettaronodi unirsi a Ricimero. Allora, gli ultimi diensori di Roma si arresero. La citt u allamerc dei guerrieri di Ricimero, dei Burgundi e degli Ostrogoti. Le schiere barbarichesi lanciarono sui quartieri che avevano sopportato lassedio, devastandoli. Fu il terzosacco di Roma che si svolse nei primi giorni di luglio 472 al cospetto del nuovoimperatore Olibrio, testimone inerte del dramma. Anche se non abbiamo notizie certeal riguardo, neppure sul versante archeologico, possibile pensare che devastazionie soerenze urono signicative. interessante sottolineare che una onte vicina aglieventi, la lettera contro Andromaco sui Lupercalia attribuita a papa Gelasio, accosti ilsacco di Ricimero a quello di Alarico, senza menzionare quello di Genserico del 455.Dalle onti letterarie, sappiamo che il sacco vandalico del 455 u sistematico e devastil patrimonio monumentale della citt. Ma u gestito con un accordo tra il re dei Vandalie papa Leone. Pur svolgendo un grande lavoro di rapina, i Vandali non urono costrettia incendi e massacri. Violenza e distruzioni accomunano invece i due eventi del 410e del 472. Secondo Paolo Diacono, solo le regioni urbane occupate gi in precedenzadagli uomini di Ricimero vennero risparmiate19. inoltre probabile che, per richiestadi Olibrio, anche i luoghi di culto cristiani ossero, per quanto possibile, esclusi dalla

    18 Sulla partecipazione di Antemio alle spese per la spedizione del 468 cr. CANDIDO ISAURICOr. 2 MLLERe COSENTINO 2010, pp. 22-24.

    19 Sul passo della lettera Adversus Andromachum, 115,attribuita a Gelasio I, cr. POMARS 1959, pp.162-189. Sulle dinamiche del sacco vandalico del 455 cr. RObERTO c.s., cap. 4.

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    17IL TERZO SACCO DI ROMA

    distruzione. Era del resto gi accaduto ai tempi di Alarico.Si spiega orse in questo modo una importante notizia rierita da Giovanni di

    Antiochia (r. 301, 10-15). Mentre i Barbari saccheggiavano la citt, Antemio cerc di

    mettersi in salvo. Deposta la veste imperiale e il diadema, disarmato, limperatore presele sembianze di un mendicante, scese dal Palatino, attravers il Tevere e si nascosenei grandi spazi intorno alla chiesa del martire Crisogono, in Travestere. Nel caosdel saccheggio, la chiesa era evidentemente un luogo di riugio per la popolazionedisperata. La chiesa di Crisogono, daltra parte, era luogo di culto di un martire collegatoallagens Anicia. Probabilmente Antemio sperava di conondersi tra la massa spaventatache aollava la chiesa, in attesa che il sacco terminasse e i Barbari di Ricimero siritirassero. Ma qualcuno lo riconobbe. Fu Gundobado in persona che, avvisato, si reccon la sua scorta armata alla Chiesa di Crisogono. Si mise a cercare tra la gente, trov

    Antemio, estrasse la spada e senza piet lo decapit. Si compiva cos, lundici luglio472, il destino sventurato dellimperatore Antemio, massacrato in veste di mendicante

    da un principe burgundo. Nella rappresentazione di Giovanni dAntiochia, lassassiniodi Antemio non solo un gesto emblematico della erocia barbarica, che viola pernoil diritto di asilo oerto nel mondo antico dai luoghi sacri; anche il simbolo dellane dellOccidente romano. Limperatore Antemio muore nella sua citt, Roma, dopoaver tentato una strenua diesa contro le schiere barbariche di Ricimero. la vittimapi illustre in un saccheggio terribile che devasta lantica capitale dellImpero. Ma soprattutto la vittima dei tempi che cambiano preannunciando il tramonto dellImperodOccidente. La morte di Antemio una metaora di grande suggestione, che trovaopportuna collocazione nella storia di Giovanni di Antiochia, e della sua onte, Priscodi Panio20.

    Di grande rilievo anche unaltra notizia conservata da Giovanni (r. 301, 16-17).Quando il cadavere di Antemio venne consegnato a Ricimero, questi gli ece avereuna sepoltura degna di un imperatore. Lesiguit delle notizie non consente di entrarenel dettaglio di questa scelta inaspettata. Ma levento suggerisce uninterpretazionedi carattere generale. Nel tentativo di riportare pace nella citt sconvolta dalla guerracivile, Ricimero pens che osse opportuno tributare onori convenienti alluomo cheaveva dieso con coraggio Roma e lImpero, pagando di persona con il sangue suoe dei suoi amigliari. Forse Ricimero compativa Antemio; orse aveva perno rimorsodaverlo sacricato ai suoi calcoli politici. Ma il suo era pure un gesto di distensione

    verso coloro che per Antemio si erano battuti e avevano sopportato lassedio. SperavaRicimero che tutti accettassero la nuova situazione. I Decii, laristocrazia senatoria,i unzionari palatini, il popolo romano. Partiti i contingenti barbarici, occorrevaricostruire un clima di pace intorno al nuovo imperatore. Subito dopo la sepolturadi Antemio, Anicio Olibrio prese possesso del palazzo imperiale. Lonorata sepolturadi Antemio anche il segno postumo di un consenso che limperatore aveva saputoconquistare attraverso la sua politica. La sua ne era davvero il segno premonitorepi evidente, per i contemporanei, come per i posteri, del crollo ormai inesorabiledellImpero dOccidente.

    20 Cr. RObERTOc.s., cap. 5; sulla tradizione di Prisco come onte di Giovanni Antiocheno cr. RObERTO2000.

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    EKATERINA NECHAEVA

    GLI SCITIDELLE GRANDI MIGRAZIONI*1. Premessa

    Spesso gli autori tardoantichi utilizzano la parola Scitiper denire i Barbari del

    Nord. In generale, il enomeno dellapplicazione di questo termine ai popoli chi nellevarie epoche abitavano nei territori scitipu certamente essere legato allinfuenzadella cultura classica e alla volont degli autori di seguire antichi esempi e imitarelo stile2, quello di Erodoto soprattutto. Questa tendenza a parte di un enomenopi ampio: i popoli, non esistenti ormai da secoli, continuavano a popolare inumerosissimi testi tardoantichi e bizantini3. Abbastanza presto nella letteratura grecasi ormato un toposdi Sciti e di Etiopi per descrivere le estremit antropologiche,etniche e geograche, gli Scitiper il Nord e gli Etiopiper il Sud4. La tradizione dichiamare in questo modo (o in altro modo arcaico 5) i popoli che vivevano al norddelle rontiere dellImpero ha avuto una lunga durata; , inatti, sopravvissuta alla nedel mondo classico ed continuata nella letteratura bizantina6. Il caso degli Sciti a

    parte della generale tendenza romana di conservazione dei popoli: nessun popolospariva7 e cos nessun nuovo popolo sembrava pi pericoloso di quelli precedenti8.Dietro a questa tendenza, secondo Shukurov, stava la logica basilare del metodobizantino di classicazione, uno strumento di gnoseologia: la sistematizzazione binariadi modelli universali nei quali si univano le moltitudini particolari9. Altra linea quelladi identicare i nuovi venuti barbari con i biblici Gog e Magog10.

    Lo scopo di questo articolo di analizzare i modelli della percezione dellusodelletnico Scitinelle onti storiche dellImpero romano dOriente di lingua greca. Inparticolare sar studiato il testo di Prisco di Panion che usa la parola Sciti in modopeculiarmente complesso.

    * Questa ricerca (Perception o Scythians in East-Roman Sources, 4th - 6th centuries) stata nanziatadal FWF (Fonds zur Frderung der wissenschatlichen Forschung in sterreich) e dal SFB-project Visionso Community. Ringrazio Massimo Picchianti per il suo valido ausilio nella redazione italiana dellarticolo.

    1 Cr., ad esempio,AHRWELER1998, pp. 4-5; GOLDENbERG 1998, pp. 91-92, note 12-13.2MORAVCSIK 1966, p. 372.3GOLDENbERG 1998, pp. 92-93.4 Ad esempio, STRAb. I.2.27.5 Cr., ad esempio, i Franchi come Sicambri, gli Unni comeMassagetae(GOFFART 1981, p. 277).6MORAVCSIK 1966, p. 372; bIbIKOV1980; bIbIKOV1982; NIKOLOV2000; SHUKUROV2010, pp. 132-138.7GEARy1999;AMORy1997, p.21.8GOFFART 1981, p. 277;WOLFRAM 1988, p. 11; POHL 1988, p. 4.9SHUKUROV2010, pp. 135-138.10HUMPHRIES 2010; MAENCHEN HELFEN 1973, pp. 3-4

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    20 EKATERINA NECHAEVA

    2. Contesto storiograco

    Nella tarda antichit letnico Scitipoteva essere applicato ai vari popoli. Nel IIIe IV secolo, durante le cos dette guerre scitichee dopo, era usato soprattutto peri Goti11. Lo storico greco del III secolo Dexippo un classico esempio di tale usoterminologico. Lautore delle opere storiche tra le quali la tradizione nomina anchela Scythica12, descrivendo linvasione dei Goti, chiama questo popolo esclusivamentegli Sciti (passim)13. La stessa linea segue anche Eunapio, lo storico e losoo dellane del IV, inizio del V secolo, che continua nella sua Storia Universale14 la Cronacadi Dexippo15. Eunapio sembra usare il termine Sciti specicamente per i Goti. GliUnni, che appaiono nella descrizione degli eventi dopo lanno 375, sono chiamatiOu\nnoi16. Zosimus, pi probabilmente seguendo Eunapio17, applica il nome Scitiper

    i Goti (passim). In un caso, comunque, letnico applicato dallo storico anche agliUnni. Zosimo racconta la storia dellapparizione di un nuovo popolo che attaccagli Sciti-Visigoti, chiamandoli Unni, ma precisando che bisognerebbe chiamarli Scitireali18. Questo rierimento di Zosimo o, pi precisamente di Eunapio (la onte diZosimo19), rimanda al testo classico di Erodoto, dove gli Sciti reali sono caratterizzaticome i pi valorosi e pi numerosi, quelli che ritengono che gli altri Sciti siano loroschiavi20. Caratteristica che orse era importante anche per la descrizione dellarrivodegli Unni che sterminano e sottomettono una parte dei Goti e altri popoli21. Comenota Shukurov, nella classicazione di Zosimo, gli Unni sono una variante della idealenozione tribale -Sciti22.

    Gli storici ecclesiastici spesso seguono la tradizione della storiograa laica,utilizzano letnico Sciti per i Barbari del Nord nel senso lato, ma soprattutto per iGoti. Per Eusebio un sinonimo di Goti23 oppure diBarbariin genere24. I tre storicisinottici della prima met del V secolo - Socrate, Sozomeno (molto dipendente da

    11WOLFRAM 1988, p. 28.12 Su Dexippo e le sue opere cr. MILLAR1969; PASCHOUD 1991, pp. 217-269.13 Sembra importante notare che lo storico aveva anche una esperienza personale della guerra contro

    i Barbari: nel 269 durante la invasione degli Eruli in Grecia, Dexippo ha mostrato un grande coraggio e haguidato i cittadini di Atene contro i nemici; per quella impresa eroica venne eretta una statua in suo onore(MILLAR1969, pp. 20-21).

    14 Su Eunapio e la tradizione della sua Storia cr. bLOCKLEy1981, I, pp. 1-26;LIEbSCHUETz 2003, pp. 177-

    201.15 Ad esempio, r. 27.1; 37; 41; 42; per la numerazione dei rammenti cr. bLOCKLEy1981, II.16 Fr. 41; 42.17 Per le onti di Zosimo e la discussione sulla dipendenza del suo testo da quello di Eunapio cr.

    PASCHOUD1971, p. XXIV; bALDINI1984; LIEbSCHUETz 2003, pp. 206-217; PASCHOUD 2006, pp. 63-75; 481.18zOS. 4.20.3: Ou[nnou" de; touvtou" ejkavloqn, ei[te basileivou" aujtou" ojnomavzein proshvkei Skuvqa".19PASCHOUD 1979, pp. 373-375, nota 142.20HEROD. 4.20; MORAVCSIK 1966, p. 372.21 Anche se nel testo di Zosimo/Eunapio leggiamo di altri motivi che giusticano il paragone: laspetto

    sico degli Unni e la loro posizione geograca (tutti due paralleli molto imprecisi); cr. PASCHOUD1971, p.374, nota 142.

    22SHUKUROV2010, p. 137.23EUS., Const. 1.8.2.24EUS.,H.E. 8.14.3.

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    21GLI SCITI DELLE GRANDI MIGRAZIONI

    Socrate25) e Teodoreto26, come anche Filostorgio - non utilizzano moltissimo il termineSciti, sovente preerendo letnico Gotidi cui moltissimo sinonimo nella maggioranzadei casi27. Non sembra che ci sia un sistema nelluso degli etnici, probabilmente il

    concreto termine applicato dipendeva anche della onte usata dallo storico. La StoriaEcclesiastica di Teodoreto contiene due casi dellutilizzo insolito delletnico Sciti.Parlando dellattivit missionaria di Giovanni Crisostomo, che inviava i vescovi e imissionari nella Scizia per salvare i Barbari (evidentemente i Goti) dalleresia ariana28,Teodoreto menziona gli Sciti-nomadi che avevano sete di salvezza29. Come harilevato Thompson, questo termine utilizzato dallautore ancora una volta, dovovvio che si tratta degli Unni30: nella descrizione del passaggio del Danubio di Rua31(Roilas da Teodoreto), capo degli Sciti nomadi, e della devastazione della Tracia32.Probabilmente anche questuso rimanda direttamente al testo di Erodoto, che descrivei vari tipi delle trib scitiche33: gli Sciti nomadi34, gli Sciti aratori35 e gli Sciti agricoltori36.

    Evagrio, che scrive alla ne del VI secolo, un esempio delluso misto delletnico

    Sciti: per i Goti37, gli Unni38 e gli Avari39. Nello stesso tempo lautore usa anche itermini contemporanei40. probabile che almeno in certi casi questa diversit sia statacausata dalle onti che seguiva lautore. Cos, il testo di Prisco (usato direttamente oattraverso una onte intermediaria41) era utilizzato per linormazione sugli Unni e gliScitiderivano orse dal testo di Prisco.

    Cameron e Long, pur costatando che in generale il termine Scitiera un equivalentearcaizzante standard per i Goti nellalto linguaggio del V secolo 42, nella loro analisidel De regno notano che dicile credere che Sinesio non conoscesse la dierenteprovenienza, zona dabitazione e costumi di vari gruppi dei Goti43. Lo scopo dellautoreera probabilmente piuttosto didattico: rilevare che i Goti, come anche gli Sciti antichi,non erano adabili e, nella loro ingratitudine, desideravano la ne dellImpero e

    25LEPPIN 2003, p. 224; URbAINCzyK1997.26 Sulle loro onti comuni e dierenti cr. LEPPIN 2003, p. 226.27 Nel testo di Teodoreto gli Scitisembrano un po pi presenti, ma i Gotisono utilizzati comunque

    pi spesso.28TEOD. H.E.5.30. Sul contesto della evangelizzazione cattolica delle zone della rontiera danubiana

    nel V secolo cr. zEILLER1918, pp. 545-547; THOMPSON 1946; MAENCHEN HELFEN1973, p. 260.29TEOD. H.E.5.31.1: Maqw;n dev tina" twn nomavdwn Skuqwn para; to;n Istron ejskhnhmevnou" diyhn

    me;n th`" swthriva".30THOMPSON 1948, p. 38, p. 73; MAENCHEN HELFEN1973, p. 265.31MARTINDALE (a cura di) 1980, s.v.Rua, p. 951.32TEOD.H.E. 5.37.4-5: kai; ga;r hJnivka Rwi?la", Skuqwn twn nomavdwn hJgouvmeno".33 Sulla divisione delle trib scite nel testo di Erodoto e luso semantico dei verbi di abitazione cr.

    GINDIN 1980.34HEROD. 4.2.2 (nomavde": qui, inatti, lo storico dice che tutti gli Sciti sono nomadi, ma poi menziona

    anche altri regimi economici dei popoli che lui unisce sotto il termine Sciti), 4.19.35HEROD. 4.17.2: ajrothre".36HEROD. 4.18.1: gewrgoiv.37EVAGR.,H.E. 3.25; 5.20.38EVAGR.,H.E. 1.17; 2.14.39EVAGR.,H.E. 5.1.40 Ad esempio, Goti (EVAGR.,H.E. 3,27) e Avari (EVAGR.,H.E. 6.10); cr.WHITby(a cura di) 2000, p. LIX.41 Su Eustazio e Prisco come e le altre onti di Evagrio cr.WHITby(a cura di) 2000, p. XXVI.42CAMERON-LONG 1993, p. 298.43CAMERON-LONG 1993, p. 116.

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    22 EKATERINA NECHAEVA

    quindi erano pericolosi44. Sembra importante notare che, almeno in certi casi e percerti autori, letnico Scitipu avere un signicato pi complesso che semplicementeun toposarcaizzante.

    Alcuni storici non utilizzano il termine Sciti, chiamando i popoli direttamente coni loro nomi contemporanei45.

    Procopio usa il termine Sciti pochissime volte, anche se un etnico analogo,quello di Massagetiper gli Unni utilizzato abbastanza spesso (per meno spessoche Unni). Una volta gli Sciti sono ovviamente gli Ostrogoti46. In questo caso luso evidentemente retorico, perch gli Sciti sono menzionati insieme ai Persiani e ai

    Vandali nel discorso che Belisario a davanti al suo esercito. Ancor pi retorico lespressione skuqwn ejrhmiva47, al quale i vari Barbari, secondo la Storia Segreta,hanno ridotto lImpero, che Giustiniano non era capace di proteggere48. Tre altremenzioni degli Scitisi trovano nella descrizione delle terre pontiche: gli Scitiabitanooltre Tanais e insieme ai Tauri49; i Goti-Teraxiti50 che stanno oltre la Palude di

    Meotida erano chiamati Sciti; nei tempi antichi tutti i popoli di questa regione eranochiamati Sciti51, mentre certi di loro avevano anche soprannomi, come Sauromatio

    Melancleni52. un passo abbastanza dicile da interpretare perch Procopio mescolavarie onti e tradizioni. Il brano a parte del racconto sullinvasione degli Unni inCrimea, che, nelle orme un po diverse stato interpretato da Giordane/Cassiodoro(che seguiva Prisco)53, Sozomeno54, e Agazia55. Probabilmente il testo di Prisco era allabase del racconto sugli Unni56. Tuttavia i popoli che menziona Procopio (Sauromati57e Melancleni) portano alla tradizione erodotea58. Notiamo comunque, perch sarimportante anche per lanalisi del testo di Prisco, che due volte sottolineato che tuttii popoli di quella regione erano chiamati Sciti59.

    Agazia, acendo la premessa al suo racconto sul passaggio degli Unni attraversola Meotida, dice che gli Unni abitavano nella regione a oriente della Palude di Meotida

    44HEATHER1988, p. 152-172, 154; cr. anche HUMPHRIES 2010, p. 45; CAMERON-LONG 1993, p. 116.45 Ad esempio, Olimpiodoro, almeno nei rammenti conservati. Solo una volta nel rammento 4

    (numerazione di bLOCKLEy1981) troviamo laggettivoscita, ma utilizzato per il mare e probabilmente nonda Olimpiodoro stesso; si tratta della prima riga del rammento piccolo, avvenuto nel testo di Sozomeo(SOz. 1.6.5).

    46PROCOP.,B.V1.19.7.47 Cr. per luso della espressione: HEROD.4.17;AESCH. Prom.2;ARISTOPH. Ach. 704; MORAVCSIK 1966, p.

    369.48PROCOP.,H.A. 18.21.49PROCOP.,B.G. 4.5.23.50 Su questo passo e interpretazione cr. SHCHUKIN 2005, p. 451.51PROCOP.,B.G. 4.5.6, 24.52PROCOP.,B.G. 4.5.6.53IORD., Get. 123-124.54SOz.,H.E. 6.37.55AGATH. 5.11; per lanalisi di questa tradizione cr.VASILIEV1936, p. 23.56bLOCKLEy1981, II, p. 379, nota 2.57 Anche Zosimo (zOS. 2.21) e Costantino Porrogenito (CONST. PORPH. DAI 53) legano i Sarmati o

    Sauromaticon la zona di Crimea e Bosoro ai tempi di Costantino il Grande. Interpretazioni:VASILIEV1936,p. 22; SCHMIDT1904, p. 81.

    58 Ad esempio, HEROD. 4.100; RUbIN 1957, col. 506.59ejpei; pavnta ta; e[qnh a{per ta; ejkeivnh/ cwriva ei[con, Skuqika; me;n ejpi; koinh`" ojnomavzetai, e[nioi de;

    aujtwn Sauromavtai h] Melavgclainoi, h] a[llo ti ejpikalou`nto (PROCOP., B.G. 4.5.6); Skuvqa" te thnikavdexuvmpanta" kaleisqai tou;" ejntauqa ajnqrwvpou" (PROCOP., B.G. 4.5.24).

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    23GLI SCITI DELLE GRANDI MIGRAZIONI

    e al nord del ume Tanais, come anche altri popoli barbari stabiliti nellAsia. E tuttiquesti popoli, secondo Agazia, erano chiamati Sciti o Unni, mentre individualmentele trib si chiamavano Kotriguri o Utiguri, Ultizuri, Burugundi e cos via 60. Anche

    questo passo di Agazia rappresenta, come pare, una combinazione di vari dati.Linfuenza di Procopio61 sembra visibile anche nelluso del lessico e nella costruzionedella rase: ou|toi de; a|pante" koinh/` me;n Skuvqai kai; Ou\nnoi ejpwnomavzonto: ijdiva/de;...62 e ejpei; pavnta ta; e[qnh a{per ta; ejkeivnh/ cwriva ei[con, Skuqika; me;n ejpi; koinh"ojnomavzetai, e[nioi de;63. Lelenco dei popoli che a Agazia si dierenzia, invece, dagliarcaizzanti Sauromati e Melancleni di Procopio. E mentre i Kotriguri con gli Utiguripi probabilmente derivano dal testo di Procopio, gli Ultizuri64 portano alla versione diGiordane/Cassiodoro che, a sua volta, con tutta probabilit, seguiva il testo di Prisco(non conservato nella versione originale)65. Probabilmente Agazia ha unito i dati didiversa provinienza e ha atto un elenco-sintesi dei popoli menzionati nelle varie onti66.Prima di passare allanalisi del testo di Prisco, poniamo laccento ancora una volta sul

    atto che Procopio e Agazia, che parlano degli Scitinella storia dellattraversamentodi Meotida da parte degli Unni, utilizzano questo etnico per descrivere linsieme deipopoli barbari, ciascuno dei quali ha anche il proprio nome. dicile dire se questuso dovuto alla onte comune o, piuttosto, allutilizzo di pi di una onte. comunquemolto signicativo che il concetto di Sciti come etnico collettivo sia presente neitesti di questi due storici del VI secolo. Sembra verosimile che, anche se gli autorihanno combinato diverse onti dinormazione, tale uso lessicale poteva essere dovutoallinfuenza del testo di Prisco di Panion, probabilmente la nostra migliore onte diinormazione sugli Unni di Attila.

    Lo stesso senso generico-collettivo nelluso del termine Sciti sembra esserepresente anche nel testo di Menandro Protettore67. Blockley nota, a proposito del passosullinadabilit scita che ha stornato lo scia persiano dallalleanza con i Turchi68,che here Scythians is not used as a synonym or Turks, but reers in general toall the nomadic inhabitants o Scythia69. Incerto anche il signicato degli uomini

    60AGATH. 5 11.2: ou|toi de; a|pante" koinh/` me;n Skuvqai kai; Ou\nnoi ejpwnomavzonto: ijdiva/ de; kata; gevnhto; mevn ti aujtwn Kotrivgouroi, to; de; Oujtigouroi, a]lloi de; Oujltivzouroi kai; a]lloi Bourouvgoqndoi.

    61 Constatata da Cameron in tutto il racconto di Agazia sul passaggio di Meotida (CAMERON1970, p. 63).62AGATH. 5 11.2.63PROCOP.,B.G. 4.5.6.64MORAVCSIK 1958, p. 278.65bLOCKLEy1981, II, p. 379, nota 2.66 Giordane/Cassiodoro-Prisco elenca tra i popoli che abitavano in quella parte della Scizia (oltre la

    Meotida): gli Alpizuri, gli Alcilzuri, gli Itimari, i Tuncarsi e i Boisci (Get. 126) (per gli Ultizurie gliAlpizuricr. MAENCHENHELFEN1973, p. 402, p. 438, p. 453; MORAVCSIK 1958, p. 278; bLOCKLEy1981, II, p. 379, nota 2). possibile anche che i Burugundi di Agazia rimandano al testo di Zosimo, che menziona i Borani, i Goti, iCarpi e gli Urugondi come popoli che abitano vicino allIstro (zOS. 1.31.1 e 1.27.1); per lidenticazione deiBurugundicon gli Onogunduricr. MAENCHEN HELFEN1973, pp. 452-453; MORAVCSIK 1958, p. 107. Paschoudornisce unaltra interpretazione; identicando anche lui quelli di Zosimo con quelli di Agazia, vede in loroi Burgundi orientali (PASCHOUD 1971, p. 150, nota 53). Nel rammento conservato di Prisco stesso gli Amilzuri(su Amilzuri di Prisco e Alpizuri di Giordane cr. MAENCHEN HELFEN1973, p. 402.), gli Itimari, i Tounsoursi e iBoisci abitavano vicino al Danubio (PRISC. 1.1-5); su questi popoli cr. MAENCHEN HELFEN1973, p. 438.

    67 Su Menandro in generale cr. HUNGER1978, I, pp. 309-312; bALDWIN1978; LEVINSKAIA-TOKHTASEV1994;UDALTSOVA 1974, pp.243-274; GRECU1941.

    68MEN. 10.1.32-33; per la numerazione dei rammenti cr. bLOCKLEy1981.69bLOCKLEy1985, p. 262, nota 116.

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    sciti che erano ammassati a Constantinopoli dopo varie ambascerie venuti l daiTurchi, potrebbe essere un termine che univa vari popoli, oppure era usato come unsinonimo dei Turchi70.

    Due volte laggettivo scita usato per denire la lingua71. Nel primo caso sitratta di una lettera mandata dai Sogdiani. Limperatore ha letto to; gravmma to;Skuqiko;n (unespressione che sembra avere un carattere un po astratto72) attraversoun interprete73. Il secondo caso, pi probabilmente, denisce la lingua turca74.

    Un piccolo rammento proveniente da Excerpta de Sententiis menziona unmessaggero Avaro che chiede ai Romani, perch hanno rischiato la battaglia, sapendodi essere molto meno numerosi di Avari e Sciti e a una domanda retorica, se iRomani non avevano i vecchi testi per sapere che le trib scite erano imbattibilie inconquistabili75. La combinazione Avari e Sciti, orse, potrebbe essere spiegatameglio se si accetta lipotesi di Stein-Blockley che il rammento parla della sconttadi Tiberio da parte degli Avari e del conseguente accordo del 571, che avvenuto

    non nel teatro principale del confitto (nel nord-ovest dei Balcani), ma in Tracia, dovelavversario di Tiberio era non il amoso Khagan Baian, ma un generale che guidava leorze miste degli Avari e delle trib a loro sottomesse76. Il rierimento allimbattibilitdegli Sciti potrebbe essere unallusione al toposerodoteo sullinvincibilit degli Sciti77.Probabilmente lo stesso signicato collettivo ha anche laccenno agli ostaggi glidei leader degli Sciti che, secondo il generale Tiberio, dovevano garantire la paceconclusa dagli Avari con i Romani78. Forse gli a[rconte" erano i leader delle tribche acevano parte del Khaganato avaro79. Quella poteva essere la ragione strategicaperch il generale, nella discussione con limperatore Giustino II, che voleva prenderecome ostaggi proprio i gli del Khagan, insisteva che era pi ecace prendere glidei diversi a[rconte" perch avrebbero esercitato in miglior modo una pressione sulKhagan.

    Teolatto Simocatta sembra usare letnico Scitiper i nomadi: per gli Avari80 e peri Turchi (deniti come Sciti orientali81). Interessante il passo che dice che tra tuttii popoli sciti quello degli Avari nominato per essere il pi abile82. In questo caso

    70MEN. 19.1.6-16.71MEN. 10.1.68; 10.3.13.72 Secondo Blockley, anche qui il termine poteva essere usato nel senso generico per descrivere

    qualche lingua dellAsia Centrale (orse, Sogdiana) che lo stesso Menandro non poteva sapere quale osseesattamente (bLOCKLEy1985, p. 263, nota 199).

    73MEN. 10.1.68.74MEN. 10.3.13. Lintegrit del testo e, quindi, la provenienza della rase esatta del testo di Menando

    per dubbia, perch stata aggiunta da Suda (s.v. fortiva); cr. MLLER(a cura di) 1851, p. 227; bLOCKLEy1985, p. 118.

    75MEN. 15.3: ajkatagwvnistav te kai; ajmacwvtata ta; fula ta; Skuqikav.76bLOCKLEy1985, p. 270, nota 176; STEIN 1919, p. 12.77HEROD. 4.46. Cr. anche, sulla numerosit dei Barbari a proposito degli Avari, THEOPH. SIM.Hist. 6.10.3

    (twn barbavrwn plhvqh ajkatagwvnista).78MEN. 15.1.13.79 Per il signicato del termine a[rconte" in questo rammento cr. POHL1988, p. 186.80 Ad esempio, THEOPH. SIM.Hist. 1.8.2-3.81THEOPH. SIM.Hist. 4.10.1; 5.9.15.82 THEOPH. SIM.Hist. 7.8.4: levgetai ga;r ejn toi`" e]qnesi Skuqikoi`" to; twn Abavrwn uJpeinai

    ejntrecevstaton fulon.

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    25GLI SCITI DELLE GRANDI MIGRAZIONI

    il signicato collettivo delletnico evidente, tra vari popoli che appartengono allacategoria Sciti, lautore rimarca gli Avari, mentre negli altri casi, i Turchi a loro voltaanno parte della stessa categoria, con la precisione Sciti dOriente.

    Si pu, dunque, costatare che per molti autori tardoantichi letnico Scitiha unadimensione collettiva, che sottintende la diversit reale dentro questa categoriaideale83.

    3. La testimonianza di Prisco di Panion

    Un esempio delluso complesso del termine Sciti il testo dellautorecostantinopolitano del V secolo, Prisco di Panion. Egli non solo aveva accesso ai dati,come unzionario dellucio del magister ociorum, ma aveva anche unesperienzaunica e drammatica di partecipare alla missione presso la corte di Attila. Prisco,

    probabilmente aveva un posto di scriniarium, che gli ha permesso di conoscereMassimino, allora orse comes et magister scrinii memoriae84, che il nostro autoreaccompagnava nella amosa ambasceria. Prisco ha scritto una Storia in otto libri,che probabilmente era divisa in due parti: la Storia di Attila e la Storia dei Goticheracchiudono il periodo dal 433/343 al 471. Oltre a servirsi orse del diario personaledei tempi della missione, molto probabilmente aveva accesso anche ai documentiuciali della cancelleria e degli archivi85. Di conseguenza, si pu aspettare che il

    vocabolario e il lessico di Prisco non seguivano ciecamente la tradizione classica,ma erano abbastanza precisi e corrispondevano alla realt storica e politica. Il attoche il linguaggio dellautore sia infuenzato da quello di Tucidide, come anche dellatradizione erodotea, non nega il realismo e la verosimiglianza degli eventi descritti,anche nei casi dove Prisco sembra usare i topoiche derivano dallepoca classica86.

    Per analizzare lusanza dei termini certamente importante tener presenteil atto che i rammenti del suo testo provengono dalle Excerpta Constantiniana,una crestomazia composta al tempo di Costantino Porrogenito. Gli editori del

    De legationibushanno trasmesso loriginale di Prisco in un modo molto preciso87.Comunque, anche se la maggior parte dei rammenti segue correttamente il testooriginale, per uno studio della terminologia ho preso in considerazione che le partiiniziali e nali dei rammenti possono essere meno adabili, contenendo abbreviazionie riassunti tardivi.Per lo stesso motivo, ho usato anche i rammenti brevi che derivanoal testo di Prisco, ma si trovano allinterno dei testi di altre onti.

    Prisco utilizza il termine Sciti per due popoli: gli Unni e i Goti. In certi casilautore li chiama Ou[nnoi oppure Govtqoi. Sembra che si pu distinguere una serie

    83 Lidea di Dagron di interpretare la presenza degli etnici antichi nei testi bizantini, come i modelliideali che univano la variet delle singolarit reali (DAGRON 1987, pp. 214-215), sviluppata nello studio diShukurov sulla classicazione bizantina dei Turchi (SHUKUROV2010, pp. 135-138).

    84 Se identico al Maximinus 6: MARTINDALE (a cura di) 1980, p. 742; LIDDLE-SCOTT (a cura di) 1996, s.v.ejrhmiva, p. 686; DEWING(a cura di) 1935, p. 219, nota 1; SKRzHINSKAIA2001, p. 153.

    85bLOCKLEy1981, I, p. 68.86 Una breve analisi di topoiclassici nel testo di Prisco: MORAVCSIK1966, pp. 374; cr. anche HUNGER

    1978, I, p. 283.87 Cr., ad esempio, zUCKERMAN 1994, p. 180.

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    di principi di usanza degli etnici: 1) la denizione dei popoli come Sciti legata allapercezione del territorio della Scizia che nel V secolo era occupata dagli Unni e daiGoti; 2) per Prisco gli Scitinon sono un gruppo etnico, ma lunione di vari popoli; 3)

    lunione di questi popoli era condizionata dalla loro appartenenza allimpero di Attila.

    3.1. La Scizia come territorio

    Nei rammenti di Prisco il territorio occupato dallimpero di Attila di solitochiamato Scizia (Skuqikav). Sotto Attila questa terra includeva non solo le regioni vicineal Mar Nero (lo storico nucleo della Scizia), ma anche le zone di Danubio medio. Leterre vicine al Mar Nero erano denite come la Scizia Pontica88. Probabilmente, la SciziaUnnica era suddivisa nei distretti amministrativi corrispondenti agli insediamenti deipopoli che costituivano limpero di Attila. Cos gli Akatziri, un popolo scita (Skuqiko;ne[qno") (8.58), come anche atri popoli, governati dal glio maggiore di Attila, abitavano

    nella Scizia litorale Pontica (8.129). La rontiera tra la Scizia e lImpero romano era ilDanubio. Nel 449 un ambasciatore di Attila insiste tuttavia che il conne doveva esserespostato dalla riva verso Naisso-Nis, citt mandata in rovina dagli Unni, perch Attilaha designato questa zona come nuova rontiera (7.3-4). Eppure sembra che la verarontiera/linea di conne non stata spostata e dopo nel testo di Prisco il passaggiodel Danubio sempre descritto come lattraversamento della rontiera della Scizia; adesempio: nch rimanevamo nel territorio della Scizia, Berichus andava con noi, e lo

    vedevamo gentile e amichevole. Per, appena abbiamo passato il Danubio [] il suoatteggiamento diventato ostile (8.191; cr. anche: 14.1).

    interessante che i Romani, almeno al livello retorico, anno rierimento allanozione del territorio, non alle genti barbari che lhanno popolato in varie epoche.Cos Romolo, ambasciatore dellImpero occidentale, nota, parlando con i suoi colleghiorientali, che nessun altro re della Scizia, o di qualsiasi altra terra, non ha ottenutocos tanto in cos poco tempo, come Attila (8.138). Massimino, capo della missionediplomatica costantinopolitana, respinge le esigenze di Attila chi vuole trattare congli ambasciatori di livello altissimo, rispondendogli, secondo le istruzioni, che cosnon si aceva n con gli antenati di Attila n con gli altri re della Scizia (8.3). Inquesto esempio vediamo che le tradizionali relazioni e le norme diplomatiche sonopercepite e diventano un argomento della discussione nel contesto del territorio, nondel popolo con il quale si svolge il dialogo diplomatico o del suo leader.

    3.2. GliSciti come unione di popoli

    Un altro aspetto dellutilizzo del termine Scitinel testo di Prisco che per lui un termine generalizzante, collettivo, che signica un miscuglio di vari popoli,soprattutto di Unni e Goti, uniti politicamente nellimpero di Attila. Alcune volte lostorico lo ormula esplicitamente.

    Quando Prisco incontra alla corte di Attila un greco che era stato atto prigionieroe poi viveva tra i Barbari, molto contento dalla sua sorte, allinizio lo cononde con

    88PRISC. 8.129; per la numerazione cr. CAROLLA (a cura di) 2008.

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    27GLI SCITI DELLE GRANDI MIGRAZIONI

    un barbaro. Prisco scrive, che era sorpreso che un Scita parlava Greco. Essendo unmiscuglio dei popoli, a parte la propria lingua barbarica, emulano (=parlano) quelledegli Unni o dei Goti o anche quella degli Ausoni, quelli che hanno rapporti con i

    Romani89 (8.94-95). Per nessuno di loro parla il Greco, eccetto quelli che hanno attoprigionieri in Tracia e in Illiria (8.94-95). Qui vediamo che i Barbari sono chiamatimisti, messi insieme (xuvgklude") e come tali Sciti. Nello stesso tempo Prisco notache in quellunione appartengono a varie nazioni e parlano diverse lingue. Il nostroautore ritorna allo stesso tema in un altro passo, dove descrive il banchetto oertoda Attila. Un Moro Zercon divertiva il pubblico con il suo aspetto, il suo costume,la sua voce e con le parole che pronunciava in modo conuso (perch mescolava lelingue degli Ausoni, degli Unni e dei Goti) (8.170-171). Prisco mette in evidenza ilatto che la corte di Attila (come anche il suo impero) era composta da genti di varieetnie che vivevano in un ambiente di multilinguismo quotidiano; per queste ragioni, igiochi di parole di Zercon erano capiti e apprezzati. interessante anche notare che

    nel dizionario di Suda c un rammento che probabilmente deriva dal testo di Prisco,con un dettagliato racconto su questo Zercon. descritto come uno scita, ma morodi origine90 . Secondo il commento di Blockley, si tratta di un errore nel testo91. Forsenon necessario vedere una contraddizione cos acuta, ma possibile che la rasesignica che lui era scita come suddito, ma moro di nascita.

    Per Prisco, dunque, gli Sciti sono un popolo misto. E questa miscela, comedimostra il testo, composta da Unni e Goti. Prisco non parla della linguascita e nonchiama in questo modo le lingue di questi popoli. La parola Scitinon , quindi, deltutto sinonima per lui del termine Barbari. Come unanalogia si pu ricordare chegli abitanti della multietnica Unione Sovietica nonostante la loro cittadinanza comuneparlavano varie lingue92.

    Un altro aspetto molto importante per capire il principio delluso degli etnicinel testo di Prisco un rammento che descrive la battaglia del 467 di Unni e i Goticontro i Romani. La prima rase del rammento non molto chiara: Prisco dice chei generali romani hanno intrappolato i Goti e li hanno assediati. Gli Scitisorivanola ame (39.10). Qua la parola Sciti sembra essere usata come sinonimo di Goti,ma potrebbe anche signicare tutte due i popoli, perch combattono (e sorono)insieme. Pi avanti nel testo, nch i Barbari agiscono insieme sono chiamati Sciti(39.3). Poi i Romani hanno mandato un agente-provocatore, Chelcal, di origine unna,che era un uciale del quartier generale di Aspar. Lui venuto dai leader dei Goti ed riuscito a volgerli contro gli Unni e a provocare uno scontro tra i due popoli (39.3-6). In questo caso Prisco nomina i popoli Unnio Gotie il termine Scitinon vieneapplicato a nessuno dei due. Poi i Barbari si accorgono dellintenzione dinganno e diprovocazione, uniscono di nuovo le loro orze e ricominciano a combattere contro i

    89xuvgklude" ga;r o[nte" pro" th/` sfetevra/ barbavrw/ glwvssh/ zhlou`sin h] th;n Ou[nnwn h] th;n Govtqwnh] kai; th;n Aujsonivwn, o{soi" auJtwn pro" Rwmaivou" ejpimixiva.

    90Zevrkwn, Skuvqh" ou{tw kalouvmeno" Maurouvsio" to; gevno" s.v. Zevrkwn.91bLOCKLEy1981, II, p. 388, nota 81.92 In quella loro doppia identit erano unite dal terminesovietici, ma nello stesso tempo appartenevano

    alle varie nazioni, repubbliche, unit territoriali, culture ecc. In modo simile Prisco usa il termine sciti,diendendo cos una comunit politica, non etnica.

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    Romani (39.6). Allora i Barbari uniti sono chiamati Sciti, ma solo quando e nch sonouniti. Allorch lunione si spacca, il nome comune non pi usato e rimangono i nomipropri dei popoli. Una volta restaurata lunione, ritorna la denominazione comune.

    Si pu, dunque, dire che la parola Scitiper Prisco non esattamente sinonimica alleparoleBarbari, Unnio Goti. Il termine sottintende una certa unione, un conglomeratopolietnico, composto dagli Unni, dai Goti e dagli altri popoli minori.

    3.3. Gli Sciti come sudditi di Attila

    Lunit degli Unni e dei Goti nel territorio della Scizia era determinata dalla lorosottomissione ad Attila. Limpero che lui ha creato, a parte gli stessi Unni e Goti,includeva anche molte altre etnie e genti, conquistate da Attila e dai suoi predecessori.Nella descrizione degli eventi che seguono la morte di Attila e la successiva dissoluzionedel suo impero, gli Sciti sembrano quasi sparire dal testo di Prisco. Il calcolo della

    requenza dellutilizzo degli etnici conerma questa impressione. Osservando lericorrenze statistiche, essenziale rilevare che nei rammenti disponibili la quantitdel testo che riguarda gli eventi prima della morte di Attila 3,5 volte maggiore diquella che descrive gli eventi successivi (approssimativamente 1225 righe di edizioneTeubneriana contro circa 335 righe). singolare che nella parte che descrive il periododi Attila e dei suoi predecessori, la parola Scizia usata nel testo 18 volte e nellaseconda parte, cio dopo la morte di Attila, mai. Un ragionamento di questo tipo non del tutto corretto, sempre per lineguale quantit del testo e anche perch in questaseconda parte Prisco non cos concentrato sui rapporti con gli Unni come nellaprima. Comunque, il cambiamento del lessico sembra notevole.

    Il sostantivo Sciti e laggettivo scita nella descrizione degli eventi prima dellamorte di Attila sono menzionati 59 volte e solo 5 volte nella parte dove si descrive ciche avvenuto dopo; per di pi 3 di questi 5 casi riguardano le circostanze della gimenzionata battaglia, in cui Unni e Goti agivano insieme (39.3-6); lOstrogoto Valamer chiamato scita (28.1), per nella meno adabile prima rase di un rammentomolto piccolo; e una volta i seguaci di Ricimero sono chiamati in questo modo (28.1)(non chiaro se sono intesi gli Unni o gli Ostrogoti93). Allora, anche prendendoin considerazione lineguale quantit dei testi che riguardano gli eventi anteriori eposteriori alla morte di Attila, la proporzione comunque rimane eloquente. La parolaUnni usata 21 volte per gli eventi del tempo di Attila, dopo la sua morte usata 6

    volte; ci di per s stesso non proverebbe niente, vista la proporzione dei rammenti.La parola Goti, che presente nella prima parte del testo solo 4 volte, nella seconda,talmente pi piccola, per usata 8 volte; considerando la proporzione, si tratta di unacrescita marcata. Certo, prima i Goti, non avendo indipendenza sotto gli Unni, nonagivano tanto, quanto dopo ed piuttosto la crescita della loro infuenza internazionaleche spiega il atto che Prisco li menziona pi spesso. Importante per noi che sonochiamati Goti, non Sciti; questa circostanza dimostra di nuovo che Prisco distinguevaquesti due termini.

    A parte gli Unni e i Goti, certi altri popoli sono menzionati nel testo: sono chiamati

    93bLOCKLEy1981, II, pp. 394-395, nota 147.

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    con i loro nomi nei primi rammenti di testo, quando, inatti, non erano ancorasottomessi dai reggenti degli Unni, Rua e poi Attila: gli Amilzuri, Itimari, Tounsouri,Boisci ed altri popoli che abitano vicino al Danubio, passavano (katauggavnousin) per

    combattere dalla parte dei Romani (1.1); Attila, Bleda e le loro orze, che marciavanoattraverso la Scizia, sottomettendo i popoli, hanno atto la guerra contro i Sorosghi(1.1.6). Gli Akatziri sono menzionati con il loro nome etnico, anche se vengono denitiun popolo scita (8.56; 8.128-129). In questo caso orse conservano il nome etnicoperch non acevano del tutto parte dellimpero unno e Prisco racconta la storia dellaloro sottomissione (8.61). Questusanza dei termini sembra conermare il presuppostosignicato collettivo della parola Sciti per Prisco, che la usa descrivendo limperounno nel territorio della Scizia. Dopo il crollo di questa unione, soprattutto dopo ildistacco degli Ostrogoti, il termine Scitinon pi conveniente. A parte gli Unni e iGoti, menzionati pi spesso degli altri, nel testo compaiono anche altri popoli unni(ad esempio, Saraguri, Sabiri, Onoguri) che prima probabilmente acevano parte del

    pi grande stato unno. Il rammento che descrive la battaglia tra i Romani e iBarbari,avvenuta nel 467, cio pi di 10 anni dopo la morte di Attila e della disintegrazionedel suo impero, dimostra che se i Goti e gli Unni di nuovo agivano insieme, Priscoritornava al termine Sciti.

    Dallanalisi del testo del nostro autore, si possono trarre le seguenti conclusioni.Per Prisco, un autore molto preciso nelluso della terminologia, il termine Scitinon un sinonimo del vocaboloBarbari. Gli Scitisono una comunit di popoli, Unni e Gotiin primo luogo. Lunione di queste genti determinata da due attori maggiori: quelloterritoriale (essi occupano la terra della Scizia) e quello politico (sono uniti sotto ilpotere di Attila).

    Il territorio della Scizia nella met del V secolo era estesa dal Mar Nero, dove nelIII e IV secolo dominavano i Goti, alle regioni del Danubio, dove gli Unni appaiono

    verso la ne del IV-inizio del V. I re degli Unni assoggettano i Goti e numerose altregenti, creando un vasto impero nelle distese della Scizia. Prisco denisce con questaparola tutto linsieme di popoli di quellimpero. importante che n Unni n Gotiseparatamente vengono chiamati Sciti, questo nome valido solo per la circostanzanella quale i due popoli sono uniti. La divisione avvenuta dopo la morte di Attila portaalla ne di questunione e dunque nella descrizione degli eventi posteriori Prisco nonritorna quasi mai al termine Sciti. Tuttavia singolare che la parola rimane utilizzabileper quei rari casi, quando la grande unione si ricostituisce.

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