Settentrionale Sicula N°5 Marzo/Aprile 2012

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SettentrionaleSicula bimestrale _ anno 1 _ numero 5 _ Marzo/Aprile 2012 free press _mattatoio torregrotta _eternit killer _mafia e antipolitica SANTO SFAMENI: IN MEMORIA DI UN BOSS

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SANTO SFAMENI: IN MEMORIA DI UN BOSS

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SettentrionaleSicula b i m e s t r a l e _ a n n o 1 _ n u m e r o 5 _ M a r z o / Ap r i l e 2 0 1 2 f r e e p r e s s

_mattatoio torregrotta

_eternit killer

_mafia e antipolitica

SANTO SFAMENI:I N M E M O R I A D I U N B O S S

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A . A . A . C E R C A S I S P O N S O Rcollaboratori, inviati, giornalisti, grafici, fotografi, per il progetto

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Responsabile: Domenico Portaro

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Mauro Mondello

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Isidora Scaglione Rita Lorena Paone

Santo Gringeri Igor Cosimo Mento

Cettina Casella Giuseppe Cassone

Progetto Grafico Nunzio Gringeri

Editore e Stampa

Ass. Centopassi ArciVia XXI Ottobre 419

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“Registrazione n. 11 del 05/12/2011 presso il Tribunale di Messina”.

Marzo/Aprile 2012 B i m e s t r a l e n ° 5

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

Paolo Borsellino

SommarioIn memoria di un Boss pag. 4

di Mauro Mondello Sai ballare? pag. 10

di Isidora Scaglione Un passo verso L’Europa pag. 11

a cura della redazioneNiente di nuovo sul fronte meridionale pag. 13

a cura della redazioneLazzi, sollazzi e svolazzi pag. 15

di Antonio GiorgianniPost-it pag. 16

Fotodrome pag. 18

L’editorialedi Mauro Mondello

Cosa significa vivere in un paese civile? Cosa significa esserlo, civili? Operando un ragionamento a partire dalla parola stessa è facile asserire che la civiltà si diffe-renzia dall’inciviltà per l’educazione di quanti ve ne fanno parte, uomini e donne le cui condizioni di nascita ed esistenza sono legate al concetto di cittadinanza, dunque diritti, doveri, soprattutto regole da rispettare e di cui garantire il rispet-to, nel disegno di funzionamento complessivo del rapporto tra cittadino e Stato.Condiviso questo sistema di regole, diritti e doveri, si pone dunque un’al-tra domanda, ben più complessa: di chi deve avere paura un individuo? Quanti possono giudicare ed eventualmente punire le sue azioni? Beh, in un paese civile un cittadino non dovrebbe mai avere paura, ma fiducia nel-la giustizia, nel diritto, nella saldezza di norme che vengono applicate nel solo ed unico interesse generale della conservazione dell’ordine sociale. Se dunque, per portare un esempio qualsiasi, una rivista decidesse di pubblicare un articolo in cui si racconta la vita di un noto boss della zona da poco scompar-so, il redattore di quell’articolo ed i componenti della rivista da cui quell’articolo verrebbe pubblicato non dovrebbero avere alcuna preoccupazione, nessuna paura, ma soltanto la coscienza della buona fede e la certezza della legge, assio-mi che tutti i cittadini di una civiltà dovrebbero condividere, senza distinzioni.Si arriva quindi all’ultimo interrogativo, quello più difficile e spinoso: viviamo, noi tutti, in un paese civile? Lo scopriremo molto presto.

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Villafranca Tirrena

4per un incontenibile senso di decenza sociale, ci appare importante ricostruire al-cuni passaggi chiave dell’esistenza di Santo Sfameni, fatti che ognuno dei lettori potrà

valutare nella serenità della sua coscienza, ma che non possono essere dimenticati, che vanno piuttosto ricordati, amplificati, scolpiti nella memoria di ognuno di noi.

LA COMMISSIONE ANTIMAFIASanto Sfameni nasce a Saponara Ma-rittima l’1 agosto del 1928. Lavora come infermiere all’ospedale Regina Margherita di Messina, almeno sino al 1974, momento in cui qualcosa nella vita di Don Santo cambia. Come scrive nel 2006 la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Fenomeno della Crimi-nalità Organizzata Mafiosa o Similare, «il vecchio don Paolino Bontade (uno dei più autorevoli capimafia degli anni ‘60, padre dei tristemente noti Stefano e Giovanni ndr ) trascorse gli ultimi sei mesi di vita come riverito degente presso il re-parto di neurologia dell’ospedale Regina Margherita di Messina, dove morì il 25 febbraio 1974. E non sarà certo un caso che proprio in quel periodo lavorasse come infermiere presso quello stesso re-parto quel tale Santo Sfameni che subito dopo la morte di Bontade senior divenne un facoltosissimo imprenditore edile.»No, non sarà certo un caso. Basta leg-gere alcuni passaggi della sentenza, datata 10 gennaio 2008, del Tribunale di Catania sul Caso Messina, il processo che in primo grado ha visto condanna-to, fra gli altri, a sette anni di reclusio-

ne, l’ex capo dei Gip di Messina Marcello Mondello, grande amico di Santo Sfameni: «la figura di Santo Sfameni appare definita in modo chiaro, con tratti che ne connotano

Lasciate riposare in pace i morti, recita un vecchio adagio. E certo lo faremmo volentieri pure nel caso di Santo Sfa-meni, morto il 22 gennaio del 2012, perchè se Dio esiste allora saprà senza dubbio giudicarlo molto meglio di noi. Per tutti quelli che però restano qui, su questa terra, è forse il caso di puntualizzare alcuni aspetti, special-mente dopo aver assistito ad una ce-rimonia funebre, tenutasi nella chiesa Santa Maria di Lourdes a Villafranca lo scorso 23 gennaio, durante la quale invece che un uomo pareva si stesse celebrando la scomparsa di un santo, di nome e di fatto. Un riverente stuo-lo di uomini e donne, notabili politici provenienti da tutta la regione, vigili urbani in divisa, il vicesindaco di Villa-franca, Matteo De Marco, numerosi fra assessori e consiglieri dello stesso co-mune, hanno infatti ritenuto di dover presenziare al funerale di don Santo, durante il quale Padre Antonio Pelle-riti, officiante le esequie, sorvolando sui numerosi fatti di sangue per i quali Sfameni è stato negli anni ritenuto complice o responsabile, ha addirittu-ra dichiarato: « in pochi lo sanno, ma quando negli anni ‘90 le ditte lavorava-no per la realizzazione della gradinata prospiciente il campetto di calcio attiguo alla parrocchia, il nostro fratello ha voluto dare un suo contributo». Per amore della giustizia e dell’informazione, soprattutto

In memoria di un bossdi Mauro Mondello

Santo Sfameni

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con evidenza e precisione la collocazione e lo spessore nella realtà degli ambienti criminali messinesi - segnatamente della criminalità or-ganizzata di stampo mafioso operante nella zona, anche in collegamento con le “famiglie” palermitane di “Cosa Nostra” - e che valgono ad individuarne lo specifico ruolo, di assoluta valenza strategica, ricoperto in siffatta realtà.Il personaggio, invero, con le sue specifiche connotazioni e dotazioni personali che lo han-no reso un soggetto centrale e per certi versi insostituibile nelle dinamiche criminali della zona, risulta pressoché universalmente noto a tutti i soggetti che – in posizione apicale o, co-munque di un qualche rilievo – hanno operato sino alla fine degli anni novanta, ora in siner-gia ora contendendosi il campo, nell’ambito della malavita organizzata messinese, come risulta dalle molteplici e sostanzialmente convergenti dichiarazioni dei numerosi colla-boratori di giustizia esaminati nel processo.Il primo tratto che emerge in modo univoco è quello di una persona “rispettata” nella sua zona, dotata di carisma ed autorevolezza, non solo presso gli appartenenti alle varie cosche operanti in Messina e nella limitrofa fascia tirrenica dell’Isola, ma anche presso semplici appartenenti alla società civile, ivi compresi taluni rappresentanti delle locali istituzioni, “uno della vecchia guardia” che, forte dei suoi legami, risalenti nel tempo, sia con esponenti di vertice di “Cosa Nostra” che con soggetti delle istituzioni (in parti-colare con alcuni magistrati), esplica il suo potere reale sul territorio, al riparo del ruolo “civile” di imprenditore edile con il quale è conosciuto nella comunità in cui opera.»Un boss incontrastato insomma, l’uomo di fiducia della mafia nella provincia di Messina, il personaggio cui fare riferimen-

to per qualsiasi necessità: che si tratti di nascondere un latitante, di aggiustare un processo o di vendicare un torto, Don San-to Sfameni risponde sempre “presente”.

I PENTITIA tal riguardo, Gaetano Costa, boss messine-se che ha diretto un clan di stampo ‘ndran-ghetista fino al 1986-87, che venne affiliato

in maniera “riservata” a Cosa Nostra durante una detenzione a Livorno con Giovanni Pulla-rà, facente capo al gruppo dei “corleonesi” di Riina, Bagarella, Brusca e Nando Greco e che decise di collaborare con lo Stato nel 1994, dichiara che Santo Sfameni «era uno dei più grossi personaggi nella provincia di Messina, uno degli uomini di rispetto conosciutissimi, una persona alla quale si dava il rispetto che lui meritava perchè nella sua zona era uno che gestiva lui, aveva un’autonomia praticamente personale ed era molto vicino ai barcello-nesi, praticamente l’uomo locale, l’uomo di rispetto e referente per quella zona era lui”.» Dello stesso tenore le dichiarazioni di Mario

Marchese, capomafia messinese pluripre-giudicato, cui è possibile risalire rileggendo una sentenza del Tribunale di Catania del 10/01/2008: «Sfameni, costruttore edile della provincia di Messina, pur non disponendo di un suo “gruppo di fuoco”, era una persona ri-spettata da quasi tutto l’ambiente malavitoso messinese degli anni ‘70 - ‘80, favoriva i lati-tanti e, avendo rapporti personali con alcuni giudici, interveniva per risolvere i problemi processuali che di volta in volta insorgevano, sicché, essendo ciò a conoscenza di tutti i mes-sinesi, “ognuno andava da lui ad aggiustare dei processi” con seria aspettativa di esito positivo perché “insomma bastava rivolgersi a lui che lui alla fine se non conosceva quello arrivava tramite un altro…insomma a lui si ri-volgevano tutti i capi clan diciamo messinesi, andavano tutti da lui quando succedeva qual-cosa o arrestavano qualcuno. Era una persona che ha dimostrato che poteva arrivare benis-simo a risolvere quello che si poteva risolvere, non certo che ci risolveva tutto, ma tante cose le poteva risolvere lui. Questa è la persona Sfa-meni diciamo, rispettabile da tutti”. Ricorda il Marchese che Sfameni aveva rapporti con importanti esponenti della ‘ndrangheta cala-brese quali Mommo Piromalli (ed ha precisato al riguardo di aver conosciuto lo Sfameni nel 1977, presso l’ospedale “Piemonte” di Messina, proprio in una circostanza in cui si era li recato insieme ad altri malavitosi messinesi per fare visita al Piromalli, all’epoca “capo indiscusso delle Calabrie”, ivi ricoverato), aveva legami con ambienti e personaggi di “Cosa Nostra” sia palermitani che catanesi, quali Gerlando Alberti junior e Nitto Santapaola e che lo stes-so Sfameni gli “aveva confermato che lui era a disposizione di tutti, quando andavano lì si sentivano sicuri e questo era vero perchè la sua

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Villafranca Tirrenazona la manteneva tranquilla, non succedeva mai niente, per cui i latitanti andavano...”» Ancora su Santo Sfameni, ecco le parole di Sebastiano Ferrara, capocosca peloritano divenuto collaboratore di giustizia dopo la sua cattura da latitante avvenuta nel 1994 e condannato, fra le altre cose, per associa-zione di stampo mafioso, rapina, omicidio ed estorsione: «si sapeva che era un grosso personaggio, una persona di rispetto nell’ambito mafioso, si sapeva che ci stava un certo… un paler-mitano, non mi ricor-do come si chiama… Gerlando Alberti junior, che è stato latitante da lui”» I rapporti di Sfame-ni con la malavita organizzata siciliana erano insomma strettissimi, come dimostrano le te-stimonianze rese ai giudici da decine di collaboratori di giustizia. Fra loro c’è anche Luigi Spa-racio, a capo di un potentissimo clan mafioso a Messina sin dall’inizio degli anni ‘80; scrivono i giudici: «Sparacio Luigi, sottopostosi ad esame in dibattimento, ha ampiamente riferito su Santo Sfameni, da lui conosciuto all’inizio degli anni ’80 e suc-cessivamente ripetutamente frequentato; ha precisato che sin da allora esercitava l’attività

di imprenditore edile ed era “uomo d’onore” in rapporti con esponenti di “Cosa Nostra” (ha ri-cordato in particolare la conoscenza con Luigi Ilardo, cugino di Piddu Madonia, che era stato latitante a Barcellona P.G.); in particolare ha detto di essere a conoscenza, per averlo appre-so da Tommaso Cannella e da Nino Mangano, noti esponenti dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”, che Sfameni aveva rapporti con

i palermitani, che aveva dato ospitali-tà a Gerlando Alber-ti junior durante la latitanza di questo e, per conoscenza diretta, che si cono-sceva e frequenta-va, intrattenendo rapporti di amicizia, con Michelangelo Alfano (con il qua-le, peraltro, non sa se intercorressero anche rapporti economici); ha ag-giunto che essendo stato sempre noto che Sfameni aveva rapporti con diversi magistrati, vari gruppi criminali gli chiedevano di intercedere presso costoro per ottenere

favori e cortesie giudiziarie, cosa che più volte anch’egli Sparacio aveva fatto per sé ed i suoi affiliati. Ha poi ricordato Sparacio che più vol-te Sfameni aveva dato assistenza e ricovero a latitanti di vari gruppi, che nascondeva nella zona in varie case di cui disponeva e che talvol-

ta sosteneva anche con aiuti economici, cosa che aveva fatto, oltre che per l’Alberti, anche su sua richiesta per i suoi affiliati Giorgianni e Tri-schitta e per Cisco su richiesta di Cavò Dome-nico; ha quindi precisato che, pur non avendo-gli mai chiesto personalmente di commettere reati per suo conto, si era in una circostanza direttamente rivolto a due appartenenti del suo gruppo, Arnone Marcello e La Torre Gui-do, per commissionare loro l’incendio di una pizzeria. Si è poi soffermato sui rapporti con i magistrati, precisando di essere a conoscenza, per aver avuto occasione di constatarlo di per-sona, che Sfameni aveva ottimi rapporti con il G.I.P. Dott. Recupero, al quale metteva a dispo-sizione una casa a Torregrotta per trascorrere le ferie e che aveva aiutato quando il figlio si era presentato alle elezioni, con il cugino del predetto anch’egli a nome Recupero, che operava in Corte di Appello a Messina e con il Dott. Mondello, al quale aveva costruito una casa: questi rapporti a Sparacio risultavano personalmente per avere talvolta incontrato sia Mondello che il G.I.P. Recupero presso la masseria dello Sfameni (un luogo tranquillo ed alberato, dove questo teneva una stalla ed una sorta di maneggio), in cui tutti talvolta si intrattenevano facendo anche delle “man-giate”; a questi giudici Sfameni aveva chiesto numerosi favori, interessandosi, in partico-lare, per Gerlando Alberti Junior, imputato dell’omicidio di Graziella Campagna, per Mi-chelangelo Alfano, coinvolto nel ferimento del giornalista Licordari, per Michele Greco, pro-cessato dalla Corte di Appello di Messina per l’attentato in cui era morto il giudice Chinnici (episodi, questi, sui quali si ritornerà dopo)».Dichiarazioni di questo tenore, rilasciate dai boss più sanguinari della mafia siciliana, po-trebbero riempire decine e decine di pagine,

Gerlando Alberti Jr.

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il quadro però è già sufficientemente chiaro da permetterci di passare oltre: il “nostro fratello”, come lo ha definito padre Pelleriti durante l’omelia del suo funerale, era un punto di riferimento cardinale del sistema mafioso nella provincia di Messina, un uomo di rispetto cui tutti chiedevano, ottenendo, favori di ogni genere, un imprenditore edile legato alla mafia palermitana più potente, come risulta anche dai collegamenti di don Santo e di suo figlio Antonino Sfame-ni (“prestanome del padre nella gestione di attività imprenditoriali”, come recita la relazione di minoranza della già citata Com-missione d’inchiesta sulla mafia del 2006) con Vincenzo Vinciullo, rappresentante di prodotti siderurgici e costruttore di presti-giosi complessi immobiliari a Messina che secondo un’informativa del Ros dei Carabi-nieri datata 1996 veniva addirittura citato in uno scambio di pizzini fra il boss Bernardo Provenzano e il capoclan Luigi Ilardo, quello stesso Ilardo che nel 1994, infiltrato in Cosa Nostra, svelerà agli investigatori il nascondi-glio dell’allora latitante Santo Sfameni, fa-cendolo arrestare, e che verrà poi ucciso nel 1996 poco prima di diventare ufficialmente un collaboratore di giustizia e dopo aver for-nito al colonnello dei carabinieri Riccio infor-mazioni importantissime sul funzionamento dell’organizzazione mafiosa e sul luogo nel quale si nascondeva Bernardo Provenzano, la cui mancata cattura nel 1995 aprì poi la trattativa fra Mafia e Stato su cui la Procu-ra di Palermo sta ancora oggi indagando.

L’AGGUATO AL PROFESSOR PERNICEGli intrecci criminali si moltiplicano intorno alla figura di Sfameni, che rimane nell’ano-nimato sino all’inizio degli anni’90, quan-

do sono i criminali, finalmente pentiti, a scardinare il meccanismo dietro al quale si nasconde l’ ”eminenza grigia” di Cosa Nostra a Messina (così lo hanno definito gli investi-gatori) sino ad allora protetta da una società civile che fa finta di non vedere, che si accuc-cia, che accetta uno stato di cose per cui fra Villafranca e Milazzo tutto è possibile, basta chiedere a Don Santo. Intorno alla famosa masseria di Villafranca ruotano tutti gli affari criminali più importanti della provincia, fra questi l’unico caso risoltosi con una con-danna in giudicato per Sfameni, relativo alla gambizzazione di un docente universitario, colpevole di aver bocciato per due volte un amico degli amici. E’ il 6 settembre 1990

quando il professor Pernice, docente di ge-netica all’Università di Messina, viene ferito alle gambe con cinque colpi di pistola cali-bro 6 e 35. Di quella mattinata ha un ricordo molto chiaro Rosario Rizzo, soggetto di spic-co della criminalità messinese e collaborato-re di giustizia dal 1994:«Con Sfameni ormai si era instaurata un’amicizia bellissima ed abbiamo fatto qualche reato assieme, come sanno tutti; lui è stato condannato, quando lui aveva dato l’incarico di fare gambizzare il dottore Pernice, che quel processo si è fatto a Reggio Calabria. Ci ha mandato lo Sfameni Santo. Lui era professore di università a Messi-na, insegnava medicina, queste cose. Succede questo, che praticamente lui faceva degli

Il funerale di Santo Sfameni (Foto di E. Di Giacomo)

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Villafranca Tirrenaesami e sopra a cento lui ne faceva promossi due, tre. Ora, siccome c’era un amico suo, che si chiamava dottor Mellina, Mellia o Mellina, si lamentava di questa cosa qua, se era pos-sibile di dare una lezione a questo professore, perché ogni volta boccia questa persona qua. E noi ci siamo messi a disposizione, io, mio fra-tello, c’era anche Di Napoli, Marcello D’Arrigo. Insomma, io mi sono riunito con lui, c’era mio fratello Letterio e Di Napoli. E così abbiamo fatto questa cosa per lui. Quella mattina ci siamo organizzati. E’ andato il figlioccio di mio fratello, Calabrò Salvatore, e c’ero io e Di Napoli che l’aspettavamo con la macchina, e mio fratello Letterio. L’hanno gambizzato e ce ne siamo andati a casa». Sull’organizzazione dell’agguato aggiunge Salvatore Giorgianni (pluriomicida e trafficante di droga cui San-to Sfameni, su indicazione del boss Luigi Sparacio, offrì ospitalità, insieme agli altri tre criminali Umberto Arnone, Pietro Trischit-ta e Stellario Lentini, in una mansarda di sua proprietà a Scala Torregrotta, situata al piano superiore del bar allora denominato “Ritrovo della Trappola”, i cui locali erano anch’essi nella disponibilità di don Santo): «lo Sfameni mi aveva detto di gambizzare un docente universitario, non di fargli male, solo gambizzare perchè doveva saltare gli esami. Mi ha detto di gambizzare un docente universitario perchè questo qua bocciava gli studenti e erano figli di persone che interessa-vano». Sull’attentato a Pernice ha qualcosa da dire anche Pietro Di Napoli, collaboratore di giustizia, già appartenente al gruppo malavitoso facente capo ai messinesi Rizzo Letterio e Rizzo Rosario: «ci siamo portati con Sfameni a Villaggio Aldisio, da un pregiu-dicato che si trovava agli arresti domiciliari. Egli era Marcello D’Arrigo che ci ha dato piena

disponibilità dandoci una persona di fiducia, suo figliozzo, il Calabrò, che noi, poi, abbiamo utilizzato per far sparare il dottor Pernice».Per la gambizzazione del professor Pernice il Tribunale di Reggio Calabria condannerà Santo Sfameni, Pietro Di Napoli, Giovanni Paratore, Salvatore Calabrò, Rosario Rizzo e Marcello D’Arrigo, mentre verrà assolto il giudice Giuseppe Recupero, all’epocapresidente della Corte d’Assise del Tribuna-le di Messina e riconosciuto frequentatore della masseria di Sfameni, inizialmente indi-cato come mandante dell’agguato a seguito dei rilievi investigativi e citato in tal senso da testimonianze rese da parte di alcuni collaboratori di giustizia. Nella memoria difensiva presentata durante il processo, Re-cupero non nega il suo rapporto d’amicizia con Sfameni, ma indirettamente chiama in causa prestigiosi nomi della società messi-nese frequentatori, come lui, della famosa masseria di don Santo: «il luogo era meta delle visite di noti e stimati professionisti: no-tai, medici ed anche magistrati miei colleghi. Presso detta campagna io e i miei familiari abbiamo conosciuto esclusivamente, ed era-no abituali frequentatori: il prof. Antonino Bonfiglio di Villafranca Tirrena, ordinario di matematica alle scuole medie-superiori; il dott. Bonomo, neurologo-assistente all’Ospe-dale ‘Regina Margherita’ di Messina, dove fra l’altro lo Sfameni aveva lavorato (primario detto prof. Vitetta), prima che iniziasse a fare l’appaltatore; il prof. Avv. Domenico Tomeucci, dell’Università di Messina; l’avv. Candeloro Olivo, maestro di mio figlio e legale dello Sfa-meni; il signor Iannelli, direttore dell’agenzia del Banco di Sicilia di Torregrotta Scala; signor Giunta Paolo, all’epoca assessore in carica del Comune di Torregrotta (socio d’affari storico

ed amico fraterno di Santo Sfameni ndr); il signor Velo Francesco, grosso industriale caseario di Torregrotta; la dott.ssa Lucrezia Vitetta (figlia del prof. Vitetta, cattedratico di Psichiatria e di Igiene Mentale, già assistente e poi aiuto di neurologia all’Ospedale Regina Margherita di Messina, che secondo le dichia-razioni di Antonino Cisco, appartenente dal 1983 alla famiglia malavitosa di Costa Gaeta-no, organizzata sul modello della ndrangheta, nell’ambito della quale, con il ruolo di “sgarri-sta”, era dedito ad estorsioni, rapine, spaccio di droga ed altro, su ordine di Sfameni falsò una perizia psichiatrica per far ottenere a Cisco l’infermità mentale dopo essere stato arresta-to nel 1983 per l’omicidio di Luigi Mazzitelli ndr) ed il di lei marito dott. Pandolfo, figlio di un primario radiologo; il sig. Emidio Ambrosi, agente di polizia penitenziaria; un agente del-la P.S. e famiglia, abitante a Rometta Marea; il signor Mangano Carmelo (lo conoscevo da tempo) appaltatore residente a Messina; il signor Pasquale Mangano, gestore di un asilo-nido a Messina; il signor Bosurgi Alfre-do, pensionato di Valdina Marina; il signor Andrea Lo Presti, titolare di una macelleria a Torregrotta-Scala: la figlia ed il genero del Lo Presti avevano in gestione un bar-pizzeria dello Sfameni a Torregrotta; il dott. Russo Antonino, commercialista del luogo; il geom. Fagnani e moglie di Villafranca; tale Capillo, cognato di una impiegata del mio ufficio; il signor La Fauci Antonino e famiglia, titolare di una piccola industria per infissi di Giammoro».

GRAZIELLA CAMPAGNA, VITTIMA DI MAFIADell’omicidio di Graziella Campagna si sa oggi praticamente ogni cosa. Si sa ad esem-pio che Gerlando Alberti Junior, l’omicida

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della povera Graziella, esponente di spicco della mafia palermitana, considerato dalla Criminalpol“uno dei maggiori elementi del-la mafia internazionale orbitante nel mondo della droga”, trascorreva la sua latitanza scor-razzando a destra e a manca fra Santo Saba e Tor-regrotta, protetto ed accudito da don Santo Sfame-ni, pubblicizzando la sua amicizia con il maresciallo dei Carabinieri Giardina. Insom-ma un’incredibile rete di connivenze che a conti fatti ha visto implicati, consciamente od inconsciamente, nella protezione di due pericolosi latitanti, le più alte istituzioni del no-stro paese, a livel-lo locale: giudici, marescialli dei ca-rabinieri, politici, tutti in silenzio di fronte al volere mafioso. Più di tante suppo-sizioni, vale la pena riportare un passaggio della sentenza del Tribunale di Catania, da-tata 10 gennaio 2008, relativa al processo a carico del giudice Marcello Mondello, un estratto che ben chiarisce le circostanze ed il coinvolgimento di Santo Sfameni nel caso di Graziella Campagna: «Nel delineare il personaggio di Santo Sfameni, sulla base dei

dati processuali acquisiti, si è già visto come siano risultati ampiamente provati il ricovero e l’assistenza che egli prestò a Gerlando Alber-ti junior ed a Sutera Giovanni, membri di una importante famiglia palermitana di “Cosa

Nostra”, durante la latitanza di que-sti, protrattasi per diversi anni in Vil-lafranca Tirrena. Co-stituisce altresì dato processuale certo che costoro, proprio nel periodo di tale latitanza, rimasero implicati nell’omi-cidio di Graziella Campagna, perpe-trato nel dicembre 1985, indiziati di esserne gli autori per impedire che la ragazza, che aveva o ccasionalmente scoperto la vera identità dell’Alberti (che in Villafranca si celava sotto falso nome), potesse rive-larla, così mettendo in pericolo il di lui

stato di libertà. Da varie fonti processuali è emerso ancora che lo Sfameni, che già curava la latitanza dei due palermitani, si adoperò in loro soccorso anche nella fase iniziale delle indagini e del processo a loro carico, espli-cando anche in questo caso un suo illecito intervento in sede giudiziaria. Secondo la tesi accusatoria destinatario di siffatto intervento fu l’odierno imputato Marcello Mondello, che,

aderendo alle sollecitazioni mossegli in tal senso, in quella prima fase adottò il provve-dimento di proscioglimento degli imputati. Per quanto attiene all’ “interessamento” di Santo Sfameni in favore dell’Alberti e del Sutera sono state raccolte in dibattimento le dichiarazioni di Marchese Mario, di Sparacio Luigi e di Timpani Santi, i quali tutti, sia pure con gradi diversi di precisione e di approfon-dimento, hanno concordemente riferito di essere a conoscenza che lo Sfameni si adoperò per ottenere in quella prima fase la “sistema-zione” del processo in favore dei predetti».

Nonostante decine di testimonianze di pentiti, la confisca di beni per 15 milioni di euro nel 2004 da parte dello Stato, una lun-ga latitanza, il periodo in carcere, gli arresti domiciliari, le custodie cautelari, nessun giudice ha mai condannato Santo Sfameni per associazione di stampo mafioso, così se n’è andato tranquillo e sereno, fra le mura amiche della sua casa a Villafranca, riverito e rispettato dai suoi concittadini. Certo la sua masseria era frequentata dai boss più potenti e sanguinari di tutta la Si-cilia, da Bontade ad Inzerillo, da Santapaola a Sparacio; certo dava rifugio a latitanti di ogni calibro e provenienza; certo aggiu-stava i processi, anche quelli per omicidio, come se fosse la cosa più semplice e natu-rale del mondo; certo se gli passava per la testa praticava estorsioni e faceva gambiz-zare professori universitari, il tutto mentre il suo patrimonio economico e sociale cresceva e cresceva, a dismisura. Però ma-fioso no, mafioso mai. Forse perchè, come dicevano i criminali di un tempo, la mafia è un’invenzione, la mafia è una fantasia. Forse perché, si sa, la mafia non esiste...

la povera Graziella Campagna

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Torregrotta

Sai ballare, cantare, suonare, recitare, mimare…? Credi di possedere doti arti-stiche, uno spiccato talento o una innata predisposizione per entrare a far parte del mondo dello spettacolo? Perfetto! Sei proprio la persona che stiamo cercando! Invia subito la tua candidatura e partecipa alle prove di selezione per poter frequentare i nostri ambitissimi corsi di recitazione, canto e ballo!Per ulteriori informazioni puoi rivolgerti alla Scuola di Belle Arti “Il macello”, chiamando allo 0901234567, visitando il sito www.ilmacello.it o recandoti direttamente presso la segreteria della scuola sita in Torregrot-ta via Crocieri ex mattatoio comunale.

Ebbene sì cari concittadini, quello che avete letto potrebbe essere l’annuncio che presto potrebbe circolare a Torregrotta e dintorni non appena sarà inaugurato il nuovo “centro di aggregazione e di pro-duzione artistica all’interno dell’edificio dismesso ex mattatoio”. Il nostro paese si av-via a vivere una svolta epocale e a cambiare completamente la sua fisionomia. Se fino a questo momento la prevalente vocazione di Torregrotta era quella agricolo – artigia-nale, presto il paese potrebbe diventare un immenso palcoscenico per chiunque avesse una qualsivoglia velleità artistica.In data 27.09.2011, infatti, l’Assessorato ai Lavori Pubblici del Comune di Torregrotta presentava la proposta n.98 riguardante il progetto definitivo del sopracitato centro

di aggregazione. Il progetto preliminare, redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale e favorevolmente sottoposto a processo di verifica (nonché corredato da tutti i pa-reri, autorizzazioni e nulla osta ricorrenti per il livello definitivo di progettazione), era già stato approvato in linea tecnica dall’ing. Pietro Anastasi, nominato Re-sponsabile Unico del Procedimento dalla determina sindacale n.35 del 15.07.2011. La determina sindacale n.37 dello stesso giorno, invece, aveva per oggetto la mani-festazione d’interesse a svolgere il servizio di elaborazione e digitazione dei dati grafici e analitici relativi al progetto in questione e, meno di un mese dopo, in data 09.08.2011,

con determina n.38, dall’ufficio del sindaco veniva conferito l’incarico per il servizio ingegneristico alla Teknografics Service di Barcellona Pozzo di Gotto. L’importo della prestazione professionale, ammontante ad € 15.000,00 oltre oneri fiscali e previdenziali, troverà copertura con le somme spettanti al Comune dal PIT 22 “La Via dell’Argilla”, in base al DRS n.2703/S7 del 26.10.2009.Il 28.09.2011 la Giunta Comunale con de-libera n.162 approvava anche il progetto definitivo e lo dichiarava immediatamente esecutivo. Tale progetto prevede, al fine di

ristrutturare internamente ed esternamente l’edificio che ospitava l’ex mattatoio, una spesa che ammonterebbe a € 800.000,00, di cui € 540.131,04 per l’esecuzione dei lavori ed € 259.868,96 per somme a disposizione dell’amministrazione. L’intervento do-vrebbe essere finanziato dal PIST 20,20,20 “una politica per l’eccellenza”, nell’ambito dell’Asse VI POR Sicilia 2007/2013, ma attual-mente si è ancora in attesa di approvazione.La ristrutturazione dell’edificio, adesso in gran parte inagibile, sarà volta a far mutare completamente l’aspetto del vecchio matta-toio. Al suo interno, infatti, saranno spazzati via tutti i rozzi arnesi da macello per far spazio a tutù, chitarre e trucco scenico. Non più am-

bienti bui, ma ampi spazi illuminati dai ri-flettori. Insomma, tutta un’altra storia…! Come spiegatoci dall’Assessore Gio-vanni Polito, firmatario della proposta, il centro di aggregazione e produzione artistica, infatti, ospiterà al suo interno due aule didattiche, un laboratorio artistico, un laboratorio teatrale e una sala prove. Esternamente, invece, previe alcune demolizioni, verrà allestita un’a-rea parcheggi, ma molto esigua vista la

scarsa disponibilità di spazio. Al problema si dovrà ovviare probabilmente con qualche esproprio, seppur anche questo sarà limi-tato vista l’adiacenza con l’area cimiteriale. La predisposizione dei parcheggi, a quanto sembra, è un problema ricorrente a Torre-grotta e pare proprio che passi sempre in secondo piano (vedi struttura geodetica...).Che dire, finalmente gli aspiranti attori tor-resi avranno a disposizione una sede più consona per mettere in atto le attitudini artistico – teatrali di cui spesso danno testi-monianza in luoghi molto meno adeguati.

Sai Ballare?di Isidora Scaglione

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Valle del MelaU n p a s s o v e r s o l ’ E u r o p aa cura della Redazione

È il 6 aprile 2009 quando, presso il Tribunale di Torino, ha inizio il processo indetto dal magistrato Raffaele Guarinello contro uno dei fratelli Schmidheiny  (ex presidenti del consiglio di amministrazione dell’Eternit AG) ed il barone belga Jean Louis De Car-tier de Marchienne. L’accusa è quella di essere i respon-sabili delle morti per mesotelioma registratesi tra gli ex operai delle fab-briche Eternit a con-tatto con l’ amianto.Il 13 febbraio 2012 il tribunale di Tori-no condanna gli imputati a 16 anni di reclusione e li costringe all’ inden-nizzo di circa 3000 parti civili oltre al pagamento delle spese giudiziarie.Per la prima volta dei vertici aziendali vengono condan-nati per disastro ambientale aggravato.Una sentenza storica, dunque, per le lotte dei lavoratori, per una città, Casale Monfer-rato, che ha dignitosamente rifiutato 18,3 milioni di euro offerti da uno degli imputati.Ma chi è questo “killer” che arriva ad uccidere circa quattromila persone ogni anno in Italia?L’amianto, detto anche asbesto, è un insie-

me di minerali del gruppo dei silicati (mine-rali  composti prevalentemente da  ossige-no e silicio). La sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa lo rendono un materia-le a prova di fuoco, ma le polveri contenenti

fibre d’amianto, respirate, possono causare gravi patologie, l’asbestosi,  tumori  del-la  pleura  (ovvero il  mesotelioma  pleurico), ed il  carcinoma polmonare, che rientrano nel campo delle  malattie professionali e può manifestarsi anche dopo parecchi anni (fino a quaranta) dall’esposizione. L’impiego dell’amianto è illegale in  Ita-lia dal 1992.

Uno degli aspetti fondamentali della legge è il fatto che sia stata la prima della norma-tiva statale ad occuparsi anche dei lavora-tori esposti all’amianto. Essa ha introdotto, infatti, una rivalutazione contributiva del

50% ai fini  pensio-nistici  dei periodi lavorativi. In assenza di una CONTARP (Consulenza Tecnica di Accertamento dei Rischi Professionali), il singolo lavoratore può però incontrare serie difficoltà nel documentare la propria esposizione all’amianto, doven-do pertanto ricorrere spesso ad un accer-tamento giudiziale. Esistono inoltre numerosi dati sto-rici, politici e sociali che non possono non essere citati.Nel 1927 il Regola-

mento generale per l’igiene del lavoro detta-va norme di prevenzione e protezione dalle polveri; nel 1933 veniva ratificata la Con-venzione n.18 del 1925, che estendeva l’as-sicurazione sociale anche alle malattie pro-fessionali, che così venivano indennizzate.Secondo un importante arresto giurispru-denzale, l’integrità personale dell’uomo e la sua salute sono protette non soltanto dal

Foto di Paolo Margari su flickr.com (Creative Commons License)

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contratto, ma anche da determinate leggi di pulizia sanitaria e dal Codice penale. Le forme assicurative non dispensano i datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la diligen-za necessaria per evitare danni ai lavoratori.Nel 1943 il Ministro delle Corporazioni presentava presso la Camera il disegno di legge che estendeva l’assicurazione obbli-gatoria contro le malattie professionali alla silicosi (un’affezione dei polmoni provocata dall’inalazione  di polvere) e all’asbestosi.Paradossalmente, se fino ad allora era stato adoperato in maniera molto marginale, l’a-mianto andò diventando di uso comune, fino ad essere utilizzato in circa 3000 siti lavorativi.Soltanto con le Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto del 1991 e 1992 si aveva la svolta legislativa, tanto che il Pretore di Torino riconosceva il nesso causale tra la violazione delle norme di prevenzione e il mesote-lioma pleurico nato dopo l’inalazione di fibre di amianto.Nonostante tutto, oggi, in Italia, alcuni scienziati e magi-strati negano codesto nesso.Il killer silenzioso si aggira, come nel resto d’Italia, anche nella nostra Sicilia e le vittime finora registrate sono 521. A tal proposito, non può non parlarsi della tristemente nota Valle del Mela.Purtroppo il pericolo che quotidiana-mente corre il Circondario del Mela, sede della raffineria, della Centrale Edipower S.p.A, della Cometra S.p.A e dell’acciaieria, è stato finora ignorato .Urge, dunque, l’adozione di un censimen-to e di una mappatura amianto di tutte le

industrie e, naturalmente, gli strumenti necessari per le tanto bramate bonifiche.Prima di tutto ciò, molti si domandano però dove siano finiti tutti i fondi destinati alla bonifica e al risanamento di siti contami-nati che erano stati dati alla regione Sicilia.Nei prossimi giorni l’ONA (Osservatorio Na-zionale sull’Amianto), nato per sostenere i la-voratori esposti all’amianto e le loro famiglie, presenterà una petizione all’Unione EuropeaCiò che viene chiesto al Parlamento euro-peo è l’approvazione di una mozione di condanna dello stato italiano e una diffida perchè vengano rispettati i diritti della no-stra regione Sicilia. Contenuto della petizio-

ne saranno anche le misure di prevenzione e il risarcimento dei danni che finora si sono abbattuti sul nostro territo-rio, i piani di risanamento e bonifica e una continua sorveglianza sanitaria.L’ ONA sarà legalmente rap-presentato dall’avvocato Ezio Bonanni, con il coor-dinamento dell’avvocato Maria Calderone, che ci ha delineato i punti fon-damentali della petizione.

Ad essa hanno aderito diverse associa-zioni del comprensorio della Valle del Mela (DUDIRDAI, Cittadini pacesi per la vita, ADASC, Il sorriso, I love Milazzo, TSC) e diverse associazioni di Gela e Priolo. La società civile si avvale di valori etico giuridici ,degli artt. 4,11, 114, 151 e 153 del trattato sul funzionamento europeo e degli artt. 32, 41, 117 della nostra costituzione. L’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Am-biente), l’ISPRA(Istituto Superiore per la Pro-

tezione e la Ricerca Ambientale) e numero-sissimi studi preliminari dichiarano i comuni di Milazzo, San Filippo del Mela, Santa Lucia del Mela, Pace del Mela, Condrò, Gualtieri e San Pier Niceto territori ad alto rischio am-bientale. Si chiede, pertanto, il rispetto delle direttive comunitarie europee, dell’articolo 6 del Trattato di Lisbona e soprattutto delle normative CEE, come la 30 del 1999, che vuole degli studi preliminari della qualità dell’aria. Ciò a cui si mira è un vero e proprio sviluppo sostenibile, ma fino ad oggi è mancato tutto, a partire dagli atti di indirizzo di coordina-mento e di attuazione di una normativa am-bientale che, se ci sono stati, non sono stati adeguati, visti i casi di malattie,morti e supe-ramenti dei valori soglia, attestati dalle nu-merose auto denunce delle aziende dell’ASI e da studi scientifici che hanno rilevato il nesso con la causalità ambientale, la cosid-detta “probabilità qualificata di eziologia”. È mancata un’informazione ambien-tale adeguata su quelli che sono gli inquinanti per una corretta parte-cipazione alle decisioni pubbliche.Perfettamente consapevoli, però, dei doveri da contratto sociale che li legano allo Stato, venti avvocati si batteranno attraverso que-sta petizione, che l’avvocato Calderone defi-nisce “la prima forma di rispetto e di volontà attuativa del principio: chi inquina, paga!”. Davanti ad un territorio martoriato e abban-donato dalla Provincia e da supporti come la V.I.A (Valutazione d’Impatto Ambientale) o la VAS (Valutazione Ambientale Strategi-ca), lasciato nella mani di un’ARPA che pos-siede soltanto due centraline di rilevamento in Sicilia, i firmatari chiedono che l’Unione Europea riesca ad ovviare a queste man-canze per il bene delle generazioni future.

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L’OpinioneNiente di nuovo sul fronte meridionaleA cura della Redazione

Spesso sono costretta dagli eventi ad analiz-zare, antropologicamente, quella categoria di persone che impone la propria volontà con mezzi molte volte illeciti, per conseguire inte-ressi privati, anche a danno di quelli pubblici.

Abitando in una terra così ricca di contrad-dizioni come la Sicilia, in modo – purtroppo – quasi naturale, all’aggettivo “illecito” asso-

cio il termine “mafia”, di conseguenza provo profondo imbarazzo nel non capire in molte circostanze la differenza tra atteggiamento mafioso e comportamento pseudo politico.Il nostro territorio è tempestato da indi-vidui democraticamente eletti che dietro un’ipocrita diplomazia mediatica nascon-dono egoistici interessi, grossa dose di ignoranza, incompetenze che si volga-

rizzano in comportamenti degni di quegli uomini in giacca, coppola e lupara cano-nizzati dalla filmografia contemporanea.

E noi continuiamo a chiamarli Politici. E noi seguitiamo a lamentarci della no-stra condizione sociale ed economica.Come può una regione come la nostra - che per decenni è stata martoriata da asso-

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ciazioni mafiose rette dalla legge dell’omertà - risollevarsi, prendere coscienza delle proprie potenziali-tà, progredire per non costringere le giovani generazioni ad amarla per poi abbandonarla se l’atteggia-mento mafioso riesce ad imposses-sarsi di quella parte della società pagata (e non mi riferisco solo alla classe politica) per contrastarlo? A un noto avvocato messinese, che si occupa di casi di mafia, fu chiesto, durante un convegno organizzato per ricordare Graziella Campagna, se e da chi ricevesse minacce. Ac-compagnata da un sorriso beffardo, la sua risposta fu affermativa, ma non scontata: a intimidirlo, infat-ti, non sarebbero stati i boss da lui più volte nominati e accusati ma giudici. Sono passati anni da quell’evento al quale partecipai insieme con altri giovani studenti liceali ma quella frase rimbomba ancora nella mia testa, riesce ancora a scandalizzarmi, fortunatamente. Oggi, che guardo più da vicino la so-cietà in cui vivo, mi rendo conto che la corruzione prima di tutto morale ed etica trova terreno fertile nella quo-tidianità politica e sociale, lasciando sempre meno attonite le persone che si credono immuni. Ecco allora che la Sicilia mi appare nella morsa dell’illegalità alimentata dal potere.Scrivere in un giornale libero d’inchiesta come Settentrionale Sicula vuol dire rifiu-tare a voce alta qualsiasi tipo di “padrineria”, qualsiasi tipo di condizionamento esterno; significa scontrarsi con la nostra realtà e

poter osservare da vicino le reazioni poco consone di amministratori della cosa pub-blica che, invece di incoraggiare il nostro lavoro (che teoricamente dovrebbe perse-guire i loro stessi obiettivi, denunciare per

migliorare e cambiare), non esitano a minacciarci speran-do di ripristinare il classico silenzio tipico del territorio.

È in questi momenti allora che inizio ad odiare la mia terra, ad indignarmi profon-damente perché tutto pare non poter cambiare: e se forme di volontariato come il nostro sembrano non poter godere di un futuro come possiamo sperare che si sviluppino qui forme one-ste di lavoro e produttività?Il lavoro e il progresso che i nostri politici reclamizzano a gran voce davanti alle tele-camere, viene poi ostacolato in mille modi diversi quando i media voltano le spalle.

Non è il pizzo a scoraggiare le nuove menti che vogliono investire in questi luoghi. La cosa però ancora più raccapricciante è rendersi conto che tutti noi abbiamo contribuito ad alimentare questo degrado: soffochia-mo le nostre consapevolezze quando diamo voti in cam-bio di favori, di promesse spesso non mantenute,

quando eleggiamo personaggi assolu-tamente non preparati solo perché sup-portati da poteri già radicati. Tutti noi ab-biamo collaborato a trasformare la Sicilia in una parodia di esemplarità rovesciate.

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L a z z i , s o l l a z z i e s v o l a z z i

In Italia stiamo prendendo l'abitudine ai ventenni; un ventennio è durato il fascismo, caduto rovinosamente nel 1945 dopo il disa-stro della guerra, un altro ventennio è durata la cosiddetta seconda Repubblica, affondata nei vortici di una crisi economica mondiale.La suddetta, nata per rifondare la democra-zia e la politica dopo il terremoto di Mani Pulite, che aveva scoperchiato un sistema di corruzione minando la credibilità delle istituzioni, ha indotto nella popolazione l'idea che i partiti erano diventati delle vere associazioni a delinquere e che c'e-ra bisogno di un cambiamento radicale.In questo contesto la caduta del Muro di Ber-lino ha avuto un effetto devastante a causa della presenza del P.C.I. che monopolizzava l'opposizione e che con la sua crisi elimi-nava la possibilità di una reale alternanza. E così il lavoro della magistratura, favorito da un clima giustizialista, portò a compimento la destrutturazione del sistema politico met-tendo fine alla prima Repubblica. Dalla crisi di questa nasceva uno pseudorinnovamen-to tutto imperniato sul maggioritario, sul governatorato, sul presidenzialismo, sullo scimmiottamento del sistema americano.Il risultato è stato un populismo mediatico caratterizzato da progetti faraonici e illu-sionistici e da un tran tran di corruzione a tutti i livelli, anche i più alti, visti i numerosi processi in cui era implicato l'ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. L'antipoli-tica è diventata l'ideologia dominante e la televisione con i suoi talk show ha preso il

di Antonio Giorgianni

potere. Bastava parlare contro la prima re-pubblica e la partitocrazia, contro i politici di professione, per aumentare la propria audience e il proprio credito. È stato un fio-rire di demiurghi dal fare decisionista, dalle grandi progettualità visionarie, dal morali-smo gratuito al gradimento degli allocchi, ed il potere veniva delegato venendo meno sempre più il controllo della democrazia dal basso . Al di là della situazione economica estremamente difficile, è sotto gli occhi di tutti e minimamente contestabile lo sta-to di inaffidabilità delle istituzioni a tutti

i livelli e la sfiducia nella rappresentanza politica e nella democrazia in generale.La tesi che tutto sarebbe andato meglio con più decisionismo e meno democrazia è falli-ta miseramente. È semplice: più si allarga la partecipazione alle decisioni e più è facile il controllo dell'o-perato delle stesse essendone aumentata la trasparenza (e non il contrario..) Più parteci-pazione, meno protagonismo, più responsa-bilità, meno demagogia, più discorsi meno spot e forse riusciremo ad uscire dall'esila-rante spettacolo della seconda Repubblica.

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Post-itL’INCIPITNel segno della pecoraHaruki MurakamiPer puro caso, un mio amico venne a sa-pere dal giornale che lei era morta, e mi chiamò per dirmelo. Mi lesse lentamente al telefono il trafiletto uscito sull’edizio-ne del mattino. Niente di eccezionale, come articolo. Doveva averlo scritto un cronista alle prime armi, uno appena laureato che voleva farsi un po’ la mano.Una data, un angolo di strada, qualcuno che guidando un camion investe qualcuno, qualcuno che che viene incaricato di svol-gere un’inchiesta per omicidio colposo…Sembrava una di quelle brevi poesie che vengono pubblicate sul frontespizio di certe riviste.

IL FUTURISTA

In una località chiamata Città Fran-ca o Villa Gratuita, un anziano signore S.Famelico, muore circondato dal con-forto dei suoi e dopo estrema unzione e benedizione di Santa Romana Chiesa.Il santo uomo ha vissuto una vita intensa e piena dedicandosi massivamente e de-votamente alla sua attività affinché l’Asso-ciazione di Beneficenza di cui faceva parte diventasse sempre più ricca e potente.Sempre si è impegnato con abnegazione e infinitamente si è prodigato con opere me-ritevoli per il bene della sua società, dando prova di saper discernere ciò che era utile da quello che era inutile, di capire se un’azione portava onore o disonore, dando il giusto peso alle persone e soprattutto alle cose.Ha contribuito ad estorcere tanti beni,a distribuire tante ricchezze ai soci più ca-paci e coraggiosi e che avevano in spre-gio la morte degli altri,specie se infami o spioni. Tante sono le imprese a sua futura memoria, e tante vite innocenti salvate, si dice persino di un sindacalista.Una volta però,una brutta Campagna innescata da una stampa-giustizialista e illiberale, a servizio di una banda di sbirri e spioni, ha cercato di macchiare la sua onorabilità, ma non si trattava del bar-baro omicidio di una ragazza ma solo dell’eliminazione di una incauta e inge-nua testimone: il nostro eroe ha superato bene l’ostacolo per Graziella Ricevuta.Per giudicare la vita di un’uomo più o meno giusto o più o meno me-

ritevole parlano i propri funerali.Quello del nostro S.Sfamelico sarà ricorda-to nei secoli a Franca Città o Villa Gratuita.La chiesa era piena e colma, e tan-ti, tantissimi sono rimasti fuori a ri-empirne un’altra e un’altra ancora.Grande è stata la commozione per codesto Benefattore della Società, il popolo tutto si è riversato per dargli l’ultimo saluto per-ché tutti a lui dovevano massimo rispetto, a qualunque categoria appartenessero.Encomiabile è stata la presenza di qualche rappresentante delle istitu-zioni che ha così dimostrato di saper bene interpretare il sentire comune.Molti però restano ancora i suoi detrattori, che lo giudicano addirittura un Fuori Legge, o peggio un Mafioso, o peggio un Assassi-no: ma sono solo degli invidiosi e dei qua-quaraqua.

Per Graziella Ricevuta

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Codice di autoregolamentazione per la campagna elettoraleL’associazione Centopassi, con sede in Torregrotta (ME), nella sua qualità di proprietario ed editore della testata giornalistica Settentrionale Sicula, nell’ambito della propria autonomia ed in esecuzione delle leggi vigenti e degli emanandi regolamenti di attuazione, per la raccolta di propaganda elettorale per le elezioni Amministrative Comunali della Sicilia 2012 e per eventuali tornate di ballottaggio (laddove previsto), porta a conoscenza degli utenti il seguente Codice di Autoregolamentazione1. Nei trenta giorni consentiti dalla legge 10/12/1993 n. 515, l’Editore raccoglierà inserzioni elettorali da pubblicare su Settentrionale Sicula e suoi annessi editoriali,

secondo le regole tutte sottoindicate.2. Le inserzioni di propaganda elettorale dovranno essere relative a:

a) annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze e discorsi, b) pubblicazioni destinate alla presentazione dei programmi, delle liste, dei gruppi di candidati e dei candidati; c) pubblicazioni di confronto tra i candidati. Tutte le inserzioni dovranno recare la seguente dicitura: “Propaganda elettorale”

3. Non saranno accettate inserzioni pubblicitarie elettorali pure e semplici e cioè le pubblicazioni esclusivamente di slogan positivi o negativi, di foto o disegni, di inviti al voto non accompagnati da adeguata, ancorché succinta, presentazione politica dei candidati e/o di programmi e/o di linee, ovvero non accompagnati da una critica motivata nei confronti dei competitori. Per tali inserzioni vi è un espresso divieto legislativo. (art.2 legge 515/93). La richiesta di inserzione elettorale dovrà essere rivolta direttamente a Settentrionale Sicula, contattando il n. 347.7531433 oppure via e-mail all’indirizzo [email protected]

4. Le richieste di inserzioni elettorali, con gli specifici dettagli relativi alla data di pubblicazione e le eventuali posizioni di rigore, etc., dovranno pervenire (anche in formato elettronico e via e-mail) di norma dieci giorni prima della data richiesta per la pubblicazione.

5. Le tariffe, secondo quanto disposto dall’art.3 del Regolamento del Garante, saranno le seguenti:

Banner ½ pagina Pagina Interna – 100 euro Seconda Pagina e Penultima Pagina – 150 euro

Pagina Intera Pagina Interna – 200 euro Seconda Pagina e Penultima Pagina – 250 euro I prezzi sono da intendersi iva compresa Il materiale dovrà essere inviato già pronto per la pubblicazione in formato JPG o GIF. Non si praticano sconti quantità, né altri sconti. Per data fissa, o posizione di rigore, festivo, etc. si applicano le maggiorazioni previste dal listino. Il PAGAMENTO dovrà essere effettuato contestualmente all’accettazione dell’ordine di pubblicazione in contanti.

6. In osservanza delle regole di cui alla legge 10/12/93 n. 515 e degli emanandi regolamenti in attuazione, al fine di GARANTIRE LA POSSIBILITÀ DI ACCESSO IN CONDIZIONI DI PARITA’ e l’equa distribuzione degli spazi tra tutti i soggetti interessati che ne abbiano esigenze informative o precedente carico pubblicitario di altra natura, spazio sufficiente all’esaurimento delle inserzioni regolarmente pagate, verrà attuata la seguente procedura: a) l’Editore comunicherà ai richiedenti l’eventuale mancanza di disponibilità alla pubblicazione per la data o le date indicate. L’Editore concorderà con l’inserzionista i tempi e gli spazi, se diversi da quelli richiesti, per la pubblicazione in altra data; se ciò non fosse possibile l’Editore procederà ad una riduzione proporzionale degli spazi richiesti onde garantire l’accesso a tutte la categorie interessate. b) Analogamente, qualora dovessero verificarsi fenomeni di accaparramento di spazi, l’Editore si riserva, per garantire concretamente la possibilità dell’accesso in condizioni di parità nonché l’equa distribuzione degli spazi tra tutti i soggetti che ne abbiano fatta richiesta, di ristabilire una pari condizione per i richiedenti, procedendo nel modo indicato nel precedente punto a).

7. La vendita sarà effettuata presso l’Editore. Nei testi degli avvisi pubblicitari dovrà apparire il “COMMITTENTE RESPONSABILE SIG. (persona fisica)…”(come da art.3, 2° comma, legge 10/12/93 n. 515). Gli ordini, come da art.3 legge 10/12/93 n.515, dovranno essere effettuati ( e quindi firmati ) da: a) i segretari amministrativi o delegati responsabili della propaganda, previa la loro identificazione ed attestazione della qualifica; b) i candidati o loro mandatari. Qualora il committente della propaganda elettorale a favore di uno o più candidati sia un gruppo, un’organizzazione, un’associazione di categoria, un movimento, un partito, etc., occorre la preventiva autorizzazione (scritta) del candidato o del suo mandatario. La fattura andrà emessa a: a) segretari amministrativi o delegati responsabili della propaganda; b) candidati o loro mandatari; c) organizzazione/associazione di categoria, etc., previa autorizzazione, come sopra indicato.

8. L’Editore dovrà rifiutare richieste di propaganda elettorale da parte di Enti della Pubblica Amministrazione ( come da art. 5 legge 10/12/93 n. 515 ). Per tutto quanto non meglio specificato si farà riferimento alla normativa vigente.

L’Editore Associazione Centopassi

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Fotodrome

Li’l Railway (foto di _Blippo_ su flickr.com)Ras Jdir - Confine Libia - Tunisia (foto di Germano Cucinotta)

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Stromboli (foto di Nicola Pino)

Capo Milazzo e Vulcano (foto di _Blippo_ su flickr.com)

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È partita la campagna tesseramenti ARCI per l’anno 2012. chi fosse interessato

e volesse avere maggiori informazioni:[email protected]