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LA TESI LAVORINO SU COGNE, UNICA ALTERNATIVA VALIDA E LOGICA ALLA TESI FRANZONI COLPEVOLE SOMMARIO - 1 – PREMESSA SUI DODICI PRESUPPOSTI DELLA TESI - 2 - I DODICI DATI DI PRESUPPOSTO DELLA TESI LAVORINO - 3 - IL MODELLO DECISIONALE DEL CRIMINE E IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI COGNE - 3.1 - LE SEI FASI DEL MODELLO DECISIONALE CRIMINALE - 3.2 - QUAL ERA IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO? - 3.3 - IL MODUS OPERANDI DELL’INTRUSO - 4 - IL PROGETTO DELL’ASSASSINO - 5 - L’ASSASSINO NON VOLEVA FARSI VEDERE E PERCEPIRE DA SAMUELE - 6 - L’ORGANIZZAZIONE DELL’ASSASSINO - 7 - LA SPIRALE DELLA FOLLIA E DELL’OMICIDIO - 8 - COME HA FATTO L’ASSASSINO A PROCURARSI LE CHIAVI? - 9 - NON VI SONO ALTERNATIVE ALLA CIRCOSTANZA CHE L’ASSASSINO AVESSE IL DOPPIONE DELLA CHIAVE - 10 - IL PROFILO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI SAMUELE 1 – PREMESSA SUI DODICI PRESUPPOSTI DELLA TESI Vediamo quale possa essere l’alternativa alla sentenza che vede Annamaria Franzoni colpevole ed alle accuse contro la Franzoni, fermo restando che detta alternativa deve presentare le caratteristiche di serietà, scientificità, logicità, verosimiglianza, plausibilità, coerenza, con elementi verificabili e non falsati, pertinenti e controllabili. Nell’ipotesi “madre innocente” dobbiamo considerare i dati fornitici dalla Franzoni come veridici e degni di fede, che fungono da veri e propri vincoli, limiti e condizioni. Se poi la Franzoni ha fornito dati falsi o non veridici, il problema è suo. Di fatto la Franzoni ha fornito sette presupposti, a questi dobbiamo aggiungere cinque ulteriori dati: la dichiarazione di Daniela Ferrod dove la stessa afferma che alle 9:20 la porta d’entrata della casa Lorenzi era chiusa ma non a chiave; il risultato investigativo che, durante le operazioni di soccorso, nessuno degli undici soccorritori ha mai aperto quella porta chiusa a chiave dalla Franzoni alle 8:24; alcune osservazioni e valutazioni investigative, contenute nei dati numero 10, 11, 12. Abbiamo così dodici dati certi e dodici conclusioni certe che determinano la “tesi Lavorino”, l’unica tesi alternativa alla tesi “madre colpevole”. 2 - I DODICI DATI DI PRESUPPOSTO DELLA TESI LAVORINO - Dato 1- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Alle 8:15 mentre stavo uscendo ho sentito Samuele chiamarmi. Sono scesa e l’ho trovato sul terzo gradino. L’ho portato nella camera matrimoniale, ho lasciato aperta la porta della sua cameretta che, quando sono tornata, ho trovato accostata”. Deduzione. Samuele alle 8:15 è vivo, la sua cameretta resta al buio con la porta aperta, che poi è accostata dall’assassino. 1

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LA TESI LAVORINO SU COGNE, UNICA ALTERNATIVA VALIDA E LOGICA ALLA TESI FRANZONI COLPEVOLE

SOMMARIO

- 1 – PREMESSA SUI DODICI PRESUPPOSTI DELLA TESI

- 2 - I DODICI DATI DI PRESUPPOSTO DELLA TESI LAVORINO

- 3 - IL MODELLO DECISIONALE DEL CRIMINE E IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI COGNE - 3.1 - LE SEI FASI DEL MODELLO DECISIONALE CRIMINALE

- 3.2 - QUAL ERA IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO? - 3.3 - IL MODUS OPERANDI DELL’INTRUSO - 4 - IL PROGETTO DELL’ASSASSINO - 5 - L’ASSASSINO NON VOLEVA FARSI VEDERE E PERCEPIRE DA SAMUELE

- 6 - L’ORGANIZZAZIONE DELL’ASSASSINO - 7 - LA SPIRALE DELLA FOLLIA E DELL’OMICIDIO - 8 - COME HA FATTO L’ASSASSINO A PROCURARSI LE CHIAVI? - 9 - NON VI SONO ALTERNATIVE ALLA CIRCOSTANZA CHE L’ASSASSINO AVESSE IL DOPPIONE DELLA CHIAVE - 10 - IL PROFILO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI SAMUELE

1 – PREMESSA SUI DODICI PRESUPPOSTI DELLA TESI

Vediamo quale possa essere l’alternativa alla sentenza che vede Annamaria Franzoni colpevole ed alle accuse contro la Franzoni, fermo restando che detta alternativa deve presentare le caratteristiche di serietà, scientificità, logicità, verosimiglianza, plausibilità, coerenza, con elementi verificabili e non falsati, pertinenti e controllabili.

Nell’ipotesi “madre innocente” dobbiamo considerare i dati fornitici dalla Franzoni come veridici e degni di fede, che fungono da veri e propri vincoli, limiti e condizioni. Se poi la Franzoni ha fornito dati falsi o non veridici, il problema è suo.

Di fatto la Franzoni ha fornito sette presupposti, a questi dobbiamo aggiungere cinque ulteriori dati: la dichiarazione di Daniela Ferrod dove la stessa afferma che alle 9:20 la porta d’entrata della casa Lorenzi era chiusa ma non a chiave; il risultato investigativo che, durante le operazioni di soccorso, nessuno degli undici soccorritori ha mai aperto quella porta chiusa a chiave dalla Franzoni alle 8:24; alcune osservazioni e valutazioni investigative, contenute nei dati numero 10, 11, 12.

Abbiamo così dodici dati certi e dodici conclusioni certe che determinano la “tesi Lavorino”, l’unica tesi alternativa alla tesi “madre colpevole”.

2 - I DODICI DATI DI PRESUPPOSTO DELLA TESI LAVORINO

- Dato 1- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Alle 8:15 mentre stavo uscendo ho sentito Samuele chiamarmi. Sono scesa e l’ho trovato sul terzo gradino. L’ho portato nella camera matrimoniale, ho lasciato aperta la porta della sua cameretta che, quando sono tornata, ho trovato accostata”. Deduzione. Samuele alle 8:15 è vivo, la sua cameretta resta al buio con la porta aperta, che poi è accostata dall’assassino.

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- Dato 2- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Ho deciso solo all’ultimo momento di non chiudere a chiave la porta di casa al piano superiore, il rumore dello scrocco nella serratura avrebbe allarmato Samuele”. Deduzione. L’intruso non poteva prevedere che la porta d’entrata fosse superabile, perché lasciata non chiusa a chiave dalla Franzoni. - Dato 3- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Avevo lasciato Samuele solo in casa due-tre volte soltanto nell’ultimo mese. Era la prima volta che lo lasciavo solo con la porta non chiusa a chiave”. Deduzione. L’intruso non poteva prevedere di entrare attraverso la porta lasciata non chiusa a chiave all’ultimo momento dalla Franzoni, nemmeno di poter avere Samuele, quel giorno a quell’ora, a sua completa mercé. - Dato 4- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Quando sono tornata, sono arrivata sull’uscio alle 8,24, sono entrata, ho chiuso con la chiave a doppia mandata ed ho lasciato la chiave nella toppa”. Deduzione. L’assassino, se non era già uscito, era ancora in casa. Se fosse uscito prima, avrebbe dovuto farlo entro le 8:22, altrimenti sarebbe rimasto in casa, avrebbe dovuto attendere l’arrivo della Franzoni, dopo di che avrebbe dovuto aprire la porta chiusa a chiave dalla stessa, uscire e non chiudere a chiave perché questa era infilata nella toppa all’interno. - Dato 5- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Quando sono tornata ho notato che la porta della cameretta dei bambini, lasciata aperta da Samuele alle 8:15, era accostata”. Deduzione. La porta è stata accostata dall’intruso il quale, vedendo la camera al buio, aveva la certezza che Samuele stesse dormendo all’interno. La porta è stata accostata dall’intruso prima del delitto e non dopo, in quanto sulla stessa non sono state repertate tracce di sangue. L’intruso non aveva come obbiettivo Samuele, pertanto non voleva essere percepito e non voleva avere contatti con Samuele, bensì il suo obbiettivo era la camera da letto dei Lorenzi. Dato 6- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Samuele aveva il volto coperto dal piumone, l’ho scoperto, era supino, aveva la manina sulla fronte”. Deduzione. La composizione della scena e della vittima è stata effettuata dall’assassino dopo la serie di colpi al cranio. Trattasi di negazione a se stesso del crimine commesso, di un atto istintivo e compulsivo; trattasi di atto di chiusura dopo una serie di colpi che può essere stata solo d’impeto, spontanea e non programmata. Trattasi di “negazione o cancellazione psichica”. Dato 7- Dichiarazione di Annamaria Franzoni: “Quando sono salita per cambiarmi e per prendere la giacca ho sfilato le chiavi dalla toppa.” Deduzione. La Franzoni non ha aperto la porta che aveva chiuso a chiave alle 8:24, non avrebbe avuto motivo di farlo, perché doveva scendere giù in camera da letto dove c’erano Samuele e la dottoressa Satragni. Dato 8- Dichiarazione di Daniela Ferrod: “Quando si è allontanato l’elicottero siamo saliti lungo le scale esterne e la dottoressa Satragni mi ha detto di andare a prendere un bicchiere d’acqua per Annamaria. Allora io sono entrata nell’abitazione: la porta era chiusa, ma non a chiave e quindi girando la maniglia sono entrata. (…)”. Deduzione. Dal combinato disposto delle dichiarazioni della Franzoni e della Ferrod si deduce senza dubbio alcuno che qualcuno, dopo le 8:24 e prima delle 9:20, abbia aperto dall’interno la porta chiusa a chiave dalla Franzoni alle 8:24. Se questo “qualcuno” non è fra gli undici soccorritori, deve essere l’assassino. Dato 9- Dato investigativo: “Nessuno degli undici soccorritori entrati in casa dopo l’assassino è salito per le scale interne, è passato per la porta centrale della casa, tanto meno l’ha aperta”. Deduzione. Per esclusione la porta chiusa a chiave dalla Franzoni alle 8:24 è stata aperta dall’interno, dopo le 8:24 e prima delle 9:20 dall’unica persona che aveva motivo, necessità e opportunità di farlo: l’assassino. Dato 10- Dato investigativo: “La Franzoni, in cammino sulla strada Lorenzi, sino alle ore 8:17:30 avrebbe potuto percepire la presenza di movimenti alle sue spalle”. Deduzione. L’intruso è scattato dopo le 8:17:30 da un distanza di almeno 40 metri, per almeno 30 secondi, dall’uscio dei Lorenzi”.

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Dato 11- Dato investigativo: “La Franzoni, dalle ore 8:22:30, essendo sulla via del ritorno ed avendo di fronte la visuale della propria casa, aveva la possibilità di vedere l’assassino uscire se questi fosse uscito”. Deduzione. La Franzoni non ha visto nessuno. Due i casi: 1) l’assassino era ancora in casa, 2) era già uscito. È possibile solo il caso numero 2: l’assassino è uscito solo dopo l’arrivo della Franzoni per il combinato disposto dei dati 7, 8, 9. Dato 12- Dato investigativo: “Dal combinato disposto dei dati 10 e 11 si ricava che l’assassino è scattato dopo le 8.17:30 per essere sull’uscio dei Lorenzi alle 8:18 e che, se fosse uscito prima dell’arrivo della Franzoni, questo doveva accadere entro le ore 8:22”. Deduzione. L’assassino ha avuto un percorso critico interno alla casa con la durata massima di quattro minuti, però, si è attardato in casa per uscire solo dopo il ritorno della Franzoni. 3 - IL MODELLO DECISIONALE DEL CRIMINE E IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI COGNE

Quando ci si imbatte in un delitto infernale come quello di Cogne, dove il contesto appare del tipo “omicidio inspiegabile, del tipo misto o senza movente apparente”, dove non si comprende se la combinazione criminale sia formata da una o più persone, dove l’omicidio può essere del tipo domestico ma commesso da un soggetto extrafamiliare che non si riesce a definire, dove i tempi sono strettissimi e ci portano al delitto della camera chiusa con la soluzione aperta, dove ogni elemento può essere interpretato in chiave innocentista o colpevolista, si devono analizzare e comprendere le due formidabili unità ed entità note come “modello decisionale del crimine” e “progetto criminale”, due elementi in intima connessione, sinergici e interattivi.

Così facendo entreremo nella logica esecutiva comportamentale dell’assassino, naturalmente non nella sua mente, perché “pensare come pensa l’assassino, immedesimarsi nell’assassino, entrare nella sua mente, ecc.” è una favoletta che può andare bene per i film, per organizzare seminari di studio all’americana e “fare scena”, per farsi pubblicità e scimmiottare i protagonisti dei piacevoli film Il silenzio degli innocenti, Seven, Copycat, Il collezionista e similari.

MODELLO DECISIONALE

DEL CRIMINE Per modello decisionale del crimine si intende quella serie di fasi e di scelte che il criminale deve ideare, valutare, calibrare, organizzare ed effettuare

per l’esecuzione del progetto criminale.

Non esiste modello decisionale del crimine senza progetto criminale.

PROGETTO CRIMINALE

Per progetto criminale si intende un insieme di attività criminali per

arrivare ad obbiettivi intermedi e a uno scopo finale.

Un progetto criminale ideato, calcolato e organizzato, qualunque

esso sia, deve avere un modello decisionale ben preciso.

3.1 - LE SEI FASI DEL MODELLO DECISIONALE CRIMINALE Le fasi delle scelte decisionali del crimine, di qualunque tipo esso sia, sono sempre e comunque

sei. Queste variano per qualità, modalità e caratteristiche speciali in funzione dell’obbiettivo, per il movente, per il contesto, per la logistica a disposizione, per lo stato dei fatti, per lo stato psicofisico del soggetto esecutore, per la sua attitudine a delinquere. Prima fase - Individuazione dell’obbiettivo in seguito all’ideazione del crimine, oppure, ideare il crimine e individuare di conseguenza l’obbiettivo.

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L’obbiettivo è dentro la casa dei Lorenzi, è protetto e custodito dalla casa e dalla presenza degli stessi, è la camera da letto dei coniugi. Seconda fase - Decisione di commettere il crimine in seguito a una motivazione ben precisa, oppure in seguito alla scelta di un obbiettivo principale, oppure in seguito a una o più circostanze che in quel momento spingono a commettere il crimine. La persona ha deciso di introdursi in casa Lorenzi quella mattina e non in altri momenti, per una serie di motivi che sono da collegare al vero obbiettivo finale, alle proprie possibilità e opportunità correlate a quelle dei Lorenzi, ad eventuali impegni personali, familiari, professionali o sociali. L’azione da compiere può essere un quid sconosciuto, oppure l’uccisione di Samuele. Sicuramente deve fare il “tutto” in otto minuti, dove “tutto” significa “autotutelarsi per non farsi scoprire, per non rischiare, per uscire prima che la Franzoni possa scorgerlo”. Un “tutto” che, in effetti, si riduce a soli quattro minuti interni alla casa, compresi i tempi di entrare, scendere, eseguire il QUID, risalire e uscire! Terza fase - Analisi situazionale, cioè, valutazione delle possibilità di commettere il crimine con tutti i pro e i contro, verifica delle opportunità, delle risorse, della logistica. Vi è la possibilità di attuare l’intrusione? Sì! L’assenza della Franzoni di otto minuti lo permette! Basta fare quello che è stato calcolato: scatta, esegui e fuggi! Quarta fase - Punto della situazione in funzione delle possibilità, delle opportunità, delle convenienze e del proprio stato psichico, fisico e logistico. Alle 8:16 del 30 gennaio 2002 la persona è sul posto, può farlo, non ha problemi di sorta: la Franzoni sta uscendo, la situazione è favorevole. La Franzoni riavrà il contatto visivo alle 8:22:30, la persona potrà uscire alle 8:22, prima del suo ritorno. Quinta fase - Scelta finale se commettere o non commettere il crimine. La persona non si pone problemi, decide di scattare e di introdursi in casa Lorenzi, come da progetto. Sesta fase - Attuazione del progetto, oppure, con eventuale ritorno alla prima fase: ulteriore attesa, cambio obbiettivo o ritirata. La persona decide di attuare il progetto di intrusione, scatta e si introduce in casa: deve fare tutto in pochissimi secondi, perché alle 8:22:30 il custode (Annamaria Franzoni) del bene aggredito (casa Lorenzi) sarà sulla curva del ritorno, accanto alla casa di Ottino Guichardaz, e potrà notarlo.

Dobbiamo ora comprendere il progetto criminale dell’assassino, quello che voleva fare e per cui si era organizzato, cosa aveva calcolato. “Per capire l’albero devi studiarne il frutto, per capire l’uomo devi studiare quello che ha fatto!”

3.2 - QUAL ERA IL PROGETTO CRIMINALE DELL’ASSASSINO? Come effetto del progetto criminale abbiamo le ferite inferte a Samuele durante l’aggressione,

scatenatasi dopo la reciprocità letale che è avvenuta in seguito all’intrusione nella camera matrimoniale.

L’intrusione è la prima grossa fase del progetto. È avvenuta tramite la porta principale lasciata accessibile dalla Franzoni dopo che la stessa è uscita, è terminata con l’uscita dalla casa dei Lorenzi dopo che la Franzoni è tornata alle 8:24. In questi otto minuti l’intruso, fra l’altro, ha ucciso Samuele.

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L’assassino non aveva previsto di uscire dopo le 8:24, non poteva immaginare che la Franzoni, appena rientrata in casa avrebbe lasciato la porta chiusa con le chiavi infilate nella toppa, nemmeno poteva prevedere il contrario. L’assassino non poteva prevedere nulla.

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L’assassino doveva uscire dalla porta non oltre le 8:22, altrimenti sarebbe stato scoperto proprio da chi voleva evitare per non essere riconosciuto: Annamaria Franzoni. Invece alle 8:22:30 stava colpendo il bambino, oppure aveva terminato di ucciderlo solo allora.

Nella dinamica dell’intrusione esiste una contraddizione fortissima, che può essere sanata solo dal fatto che l’aggressore non riteneva di trovare Samuele in camera da letto e sul letto, tanto meno aveva previsto la sua uccisione.

La presenza di Samuele “dove non doveva essere” ha creato la contraddizione, la causa del fallimento del progetto e del blitz esecutivo accurato e pianificato.

L’assassino ha dovuto basare il suo piano d’intrusione su cinque elementi: 1) i movimenti della Franzoni che usciva alle 8:16 come ogni mattina; 2) la certezza che la stessa alle 8:20 doveva stare alla fermata dello scuolabus a 330 metri di distanza; 3) che il tempo minimo di percorrenza “uscio di casa / fermata dello scuolabus” è di tre minuti; 4) che la Franzoni alle 8:24 era di ritorno, a pochi metri dalla porta di casa; 5) la certezza che almeno un minuto e mezzo prima – ore 8:22:30 – la Franzoni avrebbe potuto intercettare visivamente chiunque usciva da casa sua.

L’intruso assassino ha dovuto escogitare un piano cronometrato, sapendo che entro le

ore 8:22 doveva già essere fuori.

L’assassino ha dovuto coordinare i propri movimenti e i propri tempi intrusivi ed esecutivi in

relazione a quelli della Franzoni, tempi che necessariamente doveva conoscere, altrimenti non poteva

ideare il piano di intrusione con la tempistica necessaria. Anche i bambini quando giocano a nascondino o altro tipo di giochi, come prima valutazione di un proprio scatto calcolano mentalmente i tempi e le probabilità di riuscire ad effettuarlo, immaginiamoci un adulto che si infila in casa e in camera da letto altrui per combinare qualcosa, qualunque essa sia, non per forza l’uccisione di un bambino! Qualunque tipo di reato, di marachella o di scherzo prevede, in ogni caso, il calcolo dei tempi esecutivi in funzione dell’assenza della “vittima”, del suo ritorno, del momento propizio e delle opportunità, in funzione del non farsi avvistare.

L’assassino ha calcolato che Annamaria Franzoni, uscendo alle 8:16, sarebbe arrivata alla curva non prima di un minuto e mezzo, cioè, non prima delle 8:17:30. Sapeva che poteva/doveva essere di fronte la porta della casa dei Lorenzi se non alle 8:18. Ricordo ancora che anche i bambini quando combinano qualunque marachella, dal chiudere il libro che stanno fingendo di leggere e aprire il giornaletto, al copiare quello che sta scrivendo il compagno di banco, attendono il momento propizio dell’azione e valutano i movimenti del “nemico” (genitore, maestra, ecc.).

L’assassino non poteva prevedere che la Franzoni lasciasse la porta non chiusa a chiave, quindi, questa persona che aveva organizzato, stabilito e premeditato l’intrusione, giocoforza aveva i sistemi, gli strumenti e i mezzi per entrare in casa nonostante la porta fosse chiusa a chiave come ogni giorno.

Certamente non poteva conoscere e prevedere quello che la Franzoni avrebbe deciso all’ultimo momento e che, soprattutto, la stessa non aveva previsto di fare.

Certamente, non si era basato sul fatto non previsto e imprevedibile della porta lasciata non chiusa, quindi aveva lo strumento per entrare: una copia della chiave di casa dei Lorenzi.

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3.3 - IL MODUS OPERANDI DELL’INTRUSO All’azione dell’intrusione sono seguite le seguenti azioni da parte dell’assassino: la discesa al piano inferiore, zona notte (azione volontaria e prevista) la chiusura/accostamento della porta della cameretta di Davide e Samuele perché notata aperta

(azione volontaria e prevista) l’intrusione nella camera matrimoniale dei Lorenzi (azione volontaria e prevista) inizio della criminodinamica omicidiaria (azione non prevista) la serie assassina dei colpi sulla testa del bambino, dopo essere salito sul letto in un rito di morte

e di movimenti che non conosciamo, sicuramente istintivi e compulsati, e senza chiudere la porta della camera (azione non prevista)

la copertura del volto del bambino tramite la manina sinistra sulla ferita a breccia di dentifricio e poi con il piumone (azione istintiva di cancellazione psichica e negazione)

la risalita al piano superiore (azione prevista per il piano originale, attuata lo stesso come piano di emergenza)

nascondersi e attendere il ritorno della Franzoni (azione non prevista, ma obbligatoria per la propria tutela)

sopportare la presenza della Franzoni tornata in casa e, senza farsi vedere e sentire, attendere che scendesse giù al piano notte (azione non prevista, ma obbligatoria per la propria tutela)

l’apertura della porta chiusa a chiave dalla Franzoni e l’uscita felina (la prima, azione non prevista, ma obbligatoria per la propria tutela; la seconda, azione prevista)

la chiusura della porta e l’eclissamento senza farsi notare dalla Franzoni (azioni previste, ma per altre circostanze).

4 - IL PROGETTO DELL’ASSASSINO L’assassino sapeva che poteva arrivare nella camera da letto dei Lorenzi soltanto un minuto

dopo essere entrato, quindi, non prima delle 8:19 - 8:20, anche perché doveva procedere con circospezione.

L’assassino scattando, correndo, muovendosi con destrezza e padronanza, dando il massimo di sé, alle ore 8:20 sarebbe stato nel “punto obbiettivo” (la camera da letto) per fare quel qualcosa di premeditato che non era l’omicidio di Samuele.

L’assassino sapeva che entro le 8:22 doveva stare fuori la porta d’entrata e che entro le 8:21 doveva “fare tutto”. In questo “tutto” non rientrava l’omicidio, altrimenti avrebbe previsto almeno due minuti in più, cosa che non poteva permettersi, perché sarebbe stato colto in flagranza dalla “nemica” Franzoni.

L’assassino sapeva che alle 8:22,30 la Franzoni sarebbe apparsa nella visuale ed avrebbe avuto lei stessa la visuale della casa e delle pertinenze, quindi, entro le 8:22 – al massimo, se non prima – doveva essere fuori la porta. Per essere sulla porta alle 8:22 doveva uscire dalla camera da letto alle 8:21:30, meglio alle 8:21. Invece alle 8:22:30 era ancora in camera da letto e stava terminando di colpire il bambino. Questa contraddizione è l’ulteriore prova che il progetto criminale non prevedeva l’uccisione di Samuele.

Non si organizza un progetto basato su una tempistica limitata e su un’esecuzione di 30-60 secondi, per poi, quando lo si attua, andare oltre di 120 secondi, cioè, dal 200 al 400%!

L’assassino aveva previsto di fare in 30 secondi, al massimo un minuto, un qualcosa di speciale nella camera da letto dei Lorenzi, luogo dove si è diretto, dove è entrato, dove doveva restare per qualche decina di secondi e non di più, dove invece c’è stato il patatrac. Doveva colpire in maniera simbolica e non fisica, perché la Franzoni al suo ritorno non avrebbe dovuto avvedersi immediatamente di quello che era accaduto!

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Inizio del segmento temporale del progetto di intrusione. Il cerchietto indica la Franzoni, il rettangolino indica l’assassino.

La Franzoni esce. L’assassino è appostato fuori, su uno dei luoghi indicati dai tre rettangolini: dietro la casa; spiazzo Guichardaz; lato casa Guichardaz.

Inizio del momento propizio utile per scattare ed avvicinarsi all’obbiettivo.

La Franzoni è arrivata sul punto della curva, ultimo contatto visivo e di visuale fra lei e le finestre. L’assassino dopo qualche secondo potrà scattare verso la porta del piano giorno.

Flusso dell’azione esecutiva con i due soggetti (la minaccia e il protettore del bene) molto distanti fra di loro.

La Franzoni è all’altezza del terrazzo della casa Satragni/Savin. Saluta Marco Savin. L’assassino sta entrando in casa.

Momento e punti di massima distanza fra il killer e la Franzoni.

La Franzoni è con Davide alla fermata dello scuolabus. Il pulmino arriva, Davide sale. La Franzoni torna a casa. L’assassino sta entrando in camera da letto.

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Sono passati due minuti e mezzo:

inizia il segmento di pericolo di avvistamento per il killer.

La Franzoni è arrivata sul punto della curva utile al controllo visivo delle finestre e delle circostanze. L’assassino ha terminato di colpire, dal vetro scorge la Franzoni, decide di salire al piano superiore.

Momento e punto di massima contiguità fra il killer e la Franzoni

La Franzoni entra, chiude la porta a doppia mandata, lascia la chiave nella toppa, calza le ciabatte, scende. L’assassino apre la porta e scompare.

La persona avrebbe assaporato l’amaro e crudele frutto dell’intrusione in seguito, sicura che nessuno avrebbe mai potuto intuire e individuare il momento dell’intrusione. Era oltremodo fiduciosa nel fatto che nessuno avrebbe collegato il possesso del doppione della chiave all’effetto della sua intrusione. Inoltre, gli effetti del blitz si sarebbero dovuti palesare il pomeriggio, proprio per mandare a monte la festicciola e “screditare” in qualche modo i Lorenzi. E poi, anche se fosse stato sospettato dai Lorenzi, tutto sarebbe finito lì: sarebbero state solo illazioni senza prove!

Ma il progetto “inoffensivo” è andato a monte e il destino ha voluto che la presenza di Samuele facesse scattare la scintilla della morte: l’intruso diviene il carnefice di Cogne!

Figura in alto. Il tragitto mortale dell’assassino sulla scena: entra, si dirige verso l’armadio grande e il comodino di Stefano Lorenzi, si accorgedella presenza di Samuele sul letto, scatta, sale sul letto, inizia a colpire, scende, colpisce ancora, compone la scena e va via! È probabile che sia rimasto in piedi sul letto, facendo così gocciolare il sangue verso il basso, sul pigiama.

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Cosa voleva e doveva fare l’assassino in camera da letto? Qualcosa nell’armadio accanto alla finestra o nel comodino di Stefano Lorenzi.

Perché si ritiene che stesse vicino la finestra? Perché l’assassino è salito sul letto dalla parte lato finestra e non da quella lato porta, ciò significa che era passato oltre il comodino della Franzoni, oltre il comò, oltre il primo armadio senza aprirli. Dalla posizione che ha assunto sopra il letto per colpire, elemento che si deduce dal disegno del sangue sulla parete e sul soffitto e dalla direzione delle macchie “leggermente verso l’armadio lato finestra”, l’assassino era posizionato sopra Samuele, alla sua sinistra, sulla zona che indico con un cerchio nella figura alla pagina precedente. Ha solo scelto la via più breve, in caso contrario si sarebbe posizionato altrove.

Come si fa a dire senza aprire armadio e comò? Perché i cassetti e gli sportelli sarebbero rimasti aperti, in quanto la sorpresa, lo scatto e l’aggressione sono stati repentini, compulsivi, in rapidissima successione. Inoltre, se avesse aperto i cassetti dell’armadio avrebbe dovuto aprire anche gli sportelli, con ulteriore perdita di tempo.

5 - L’ASSASSINO NON VOLEVA FARSI VEDERE E PERCEPIRE DA SAMUELE La circostanza “porta della cameretta di Samuele lasciata aperta dalla Franzoni e trovata socchiusa al

suo ritorno” conduce alle seguenti osservazioni e considerazioni: 1. l’assassino ha toccato la maniglia della porta prima di uccidere il bambino e non dopo, perché la

maniglia non presentava tracce di sangue; 2. la stanza di Samuele era al buio, l’assassino ha ritenuto che Samuele stesse dormendo lì dentro,

quindi, non voleva svegliarlo; per tale motivo, non volendo essere sorpreso o visto dal bambino, ha accostato la porta;

3. l’assassino conosceva abitudini della famiglia Lorenzi e ubicazione delle stanze, aveva la “territorialità”;

4. il fatto che l’assassino abbia accostato la porta della cameretta ritenendo che Samuele vi stesse dormendo, per poi passare nella camera matrimoniale, unito alle tre precedenti considerazioni, fa ritenere che non voleva avere alcun contatto con il bambino, quindi e soprattutto, nemmeno quello omicidiario;

5. Il suo obbiettivo non era l’uccisione di Samuele.

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Schema del percorso dell’assassino Le frecce indicano il tragitto dell’assassino, il quale scende, chiude la porta della cameretta al buio dei bambini, entra nella camera da letto matrimoniale, si dirige verso l’armadio vicino alla finestra o il comodino di Stefano Lorenzi, è allarmato dalla presenza di Samuele sul letto, scatta salendo sul letto, colpisce il bambino alla testa, scende, sferra altri colpi, copre il volto del bambino e sale. A - Cameretta dei bambini, dove dormiva Samuele. K - Stanza del delitto

6 - L’ORGANIZZAZIONE DELL’ASSASSINO Arrivati a questo punto abbiamo la certezza di un’intrusione organizzata e calcolata sui tempi di

assenza della Franzoni, unita alla certezza che il progetto criminale non poteva prevedere che la Franzoni non chiudesse a chiave la porta d’ingresso. La non chiusura a chiave è solo incidentale, ed è l’elemento che sinora ha condizionato e fuorviato il quadro generale dei dati di riferimento e le deduzioni degli inquirenti, compresi il puzzle investigativo e le conclusioni di tutti.

L’assassino voleva introdursi. Aveva organizzato l’intrusione a prescindere dalla porta non chiusa a chiave, situazione che certamente non poteva prevedere.

Non vi era alcun movente omicidiario, vi era solo la volontà dell’intrusione. Il progetto criminale era di introdursi in camera da letto dopo avere superato il sistema a difesa

dell’abitazione, ma non per uccidere il bambino, bensì per agire la parte finale del suo progetto nella zona compresa tra l’armadio accanto alla finestra e il comodino di Stefano Lorenzi.

Vediamo per cosa si era organizzato l’assassino e che cosa aveva organizzato: - Conosceva gli orari, i movimenti e gli spostamenti della Franzoni. - Conosceva le finestre della camera matrimoniale della Franzoni e della cameretta di Davide e

Samuele. Ha ritenuto, guardando dall’esterno, che la Franzoni era sveglia e che Samuele invece dormiva nella sua cameretta.

- Conosceva l’ubicazione delle stanze della casa dei Lorenzi ed alcune loro abitudini familiari, ad esempio, dove dormiva Samuele e che Samuele e davide dormivano nella stessa cameretta.

- Aveva con sé il doppione della chiave, si era organizzato anche per entrare con la porta chiusa a chiave senza lasciare tracce.

- Ha portato con sé un oggetto che poi è divenuto l’arma del delitto. Logicamente questo oggetto ha una fortissima connessione con l’intrusione in camera da letto.

- Sapeva cosa fare, dove andare, dove farlo, quando farlo. - Si era organizzato per scendere le scale e per dirigersi verso la camera matrimoniale. - Si era organizzato per non farsi udire o vedere da Samuele, tanto che, vedendo la cameretta del

bambino con la porta aperta l’ha tirata a sé e l’ha accostata. - Non ha chiuso la porta della cameretta di Samuele (ma l’ha solo accostata) altrimenti avrebbe fatto

rumore con lo scatto della maniglia.

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7 - LA SPIRALE DELLA FOLLIA E DELL’OMICIDIO Samuele è sorpreso e impaurito. Quella persona che è entrata in camera non è la mamma. È una

persona che Samuele non si aspetta di vedere, la conosce, l’ha già vista altre volte, ma ora è lì, nella camera della sua mamma e fa paura. Samuele reagisce come sa: chiama la mamma, strilla, richiama la mamma, non si ferma!

La persona si blocca per un attimo. È sorpresa, irritata e sconvolta per quelle urla e per la presenza del bambino. Cosa deve fare? Prima di pensare scatta e colpisce.

Il primo colpo è partito istintivamente, la presenza del bambino ha frustrato la tattica, le misure di sicurezza e gli espedienti studiati per il progetto d’intrusione: sono saltati gli accorgimenti dello scendere silenziosamente, dell’accostare lentamente la porta della cameretta al buio e, al contrario ed a dispetto di quanto pianificato, il bambino era lì, nell’obbiettivo principale, la camera da letto.

Panico, allarme, ansia che trabocca: via il primo colpo! Selvagge, bestiali, maligne, indisciplinate e caotiche sono state la furia, la violenza e l’aggressività

che si sono impadronite della mente e del corpo dell’assassino! Il primo colpo! Segno indicatore di un soggetto aduso alla violenza sui più deboli, con scarsità di

controllo degli impulsi, abituato alla vendetta, al linguaggio aggressivo ed alle ritorsioni. Aduso alla violenza intrafamiliare.

La persona entra in collera e in panico, va in obnubilamento, è terrorizzato da quello che ha fatto e che sta facendo. Colpisce. È confuso dal dolore di quel piccolo viso, dagli occhi spalancati di Samuele, dal sangue e dalla sofferenza che ha prodotto e che sta producendo.

È overkilling! Entra nel rito appetivo dei colpi seriali, un colpo tira l’altro, entra nel vortice della violenza gratuita e

distruttiva: è andato oltre la morte! Colpisce, colpisce e colpisce! È sopra il letto, è piegato sulla sua vittima, quell’arnese che gli serviva per l’obbiettivo primario lo usa per fracassare la testa del bambino. Colpendo esorcizza la paura di essere scoperto da Annamaria Franzoni; il bambino conosce il suo nome, lo dirà alla madre, saranno guai seri, allora è meglio colpire! È un atto estremo e criminale di autodifesa: non dimentichiamo che chi uccide un bambino è mentalmente disturbato.

È probabile che, dopo avere dato i primi colpi, si sia alzato e sia rimasto in piedi sul letto per qualche secondo – per un dominio della scena – causando il gocciolamento del sangue dall’arma sul pigiama ammonticchiato sul letto.

Poi scende dal letto. È ancora in preda all’ira, colpisce di nuovo. Altri schizzi di sangue, altro effetto pozzanghera.

L’assassino è andato oltre col tempo, è rimasto più del previsto. Ma sa che ora deve ricomporsi. Ha un attimo di lucidità: davanti a sé ha la finestra dalla quale arrivano la luce del mattino e i rumori del vento, della montagna e delle ante fissate all’esterno con blocchi metallici. Realizza che la Franzoni è sulla via del ritorno.

Non può, non vuole e non deve essere visto dalla Franzoni, altrimenti è la fine di tutto: ha paura di una donna di 33 anni, alta metri 1,60 e non particolarmente robusta; ha paura delle reazioni di quella madre che troverà il figlio in fin di vita.

Ha perso troppo tempo, è andato fuori limite ormai. Recupera il controllo, l’istinto di sopravvivenza vince su tutto. Si sposta e guarda verso l’unico punto reale di pericolo e punto di luce: la finestra.

Sono le 8:22:30, la Franzoni sta tornando, è sulla curva. La scena è incompleta: il bambino è lì, insanguinato, spappolato, massacrato; l’assassino lo guarda ed

avverte che non può essere stato lui a fare quel massacro, lo rifiuta, non è possibile! Vede il sangue, il cervello che esce dalla fronte, la ferita sulla testa. Prende la manina sinistra di

Samuele e la dispone sulla fronte squarciata. Ma è ancora poco! Tira su il piumone, copre il volto del bambino, nasconde a se stesso quello che ha fatto. Quello che non si vede non esiste, l’orrendo massacro è una scena da dimenticare: l’assassino chiude la scena e cala il sipario!

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Sale, ma non si ferma al piano superiore, va oltre, sale sulle scale fino alla mansarda e aspetta. È sicuro che la Franzoni scenderà al piano inferiore dove sono le camere da letto. Così accade.

8 - COME HA FATTO L’ASSASSINO A PROCURARSI LE CHIAVI? L’assassino le ha trafugate a qualcuna delle seguenti persone, per il tempo occorrente a farne copia,

approfittando di frequentazioni, di contatti e di innumerevoli opportunità di tempo, di luogo e di circostanze: - Stefano Lorenzi e/o Annamaria Franzoni in centinaia di situazioni, circostanze, luoghi e momenti. - Mario Lorenzi e la moglie, che hanno un piccolo alloggio accanto alla stanza del delitto, chiunque

poteva avvicinarli sia a Cogne, sia a Bologna. - Giorgio Perratone, fratello di Carlo Perratone, aveva svolto compiti di custodia alla villa. È

probabile che qualcuno, in tempi da individuare, lo abbia avvicinato e trafugato le chiavi per il tempo necessario di farne copia.

- Dante Deysamonet e Loredana Alaimo, due amici dei Lorenzi, hanno avuto possesso delle chiavi per accudire alla casa dei Lorenzi in loro assenza. Valgono le considerazioni espresse per le chiavi di Giorgio Perratone. Addirittura Loredana Alaimo era stata anche ospite della Franzoni assieme ai suoi due bambini, sicuramente molte persone erano a conoscenza di queste circostanze ed avrebbero potuto prenderle la chiave, farne copia e poi rimetterla a posto.

- La famiglia Guichardaz-Ferrod due anni prima, durante le festività natalizie, ha mantenuto le chiavi dei Lorenzi che erano in vacanza per 15 giorni a Monte Acuto Vallese. Valgono le considerazioni espresse per le chiavi di Giorgio Perratone e dei coniugi Deysamonet.

- Altre circostanze di contatto.

9 - NON VI SONO ALTERNATIVE ALLA CIRCOSTANZA CHE L’ASSASSINO AVESSE IL DOPPIONE DELLA CHIAVE In caso di “madre innocente”, l’assassino non può essere entrato con la complicità della Franzoni. Un intruso organizzato non avrebbe deciso di entrare tramite sfondamento della porta con un calcio a

spinta e poi, prima della rincorsa e dell’esecuzione del blitz di sfondamento, per scrupolo o sperando di trovare aperto, avrebbe provato a girare la maniglia. Detto soggetto non avrebbe agito in modo da evitare di essere percepito da Samuele! Certamente l’assassino non si è infilato nel segmento temporale dell’uscita di Davide e quella di

Annamaria, 60 secondi di cui solo 30 utili. Si esclude anche la presenza all’esterno di una persona che passava casualmente e che abbia colto il

“momento propizio per introdursi in casa”: mancano le sincronie, i tempi di percorrenza e le opportunità, oltre che le testimonianze e i riscontri di qualunque tipo.

10 - IL PROFILO CRIMINALE DELL’ASSASSINO DI SAMUELE L’assassino deve possedere le caratteristiche minimali utili al soddisfacimento ed al raggiungimento

dei seguenti obbiettivi: 1) ideare ed eseguire il progetto criminale di intrusione (intento primario) e di omicidio d’impeto

(evento finale diverso dall’evento progettato e prefissato); 2) recuperare il controllo della situazione e delle proprie azioni; 3) decidere cosa fare nel momento del pericolo; 4) fronteggiare l’imprevisto di essere ancora in casa mentre la Franzoni sta tornando; 5) salire, avere la freddezza di attenderla, farla entrare, aprire la porta chiusa a chiave dalla stessa,

uscire, scegliere di non dirigersi verso la scala esterna altrimenti sarebbe stato notato dalla Franzoni all’interno della camera matrimoniale (come si può notare nella foto in basso), bensì di fuggire verso l’altro lato della casa.

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A sinistra. La veduta dall’interno della stanza del delitto. Se l’assassino fosse sceso per le scale la Franzoni lo avrebbe notato dall’interno. A destra. Il probabile tragitto di fuga dell’assassino con due varianti: verso la strada Guichardaz, verso il canalone lato valle.

L’assassino si era organizzato per superare le difese naturali dell’intimità e di sicurezza dei coniugi Lorenzi perché fortemente motivato. La motivazione deve esser rapportata al contesto, all’ambiente sociale, alle relazioni sociali, personali ed emozionali ed al piccolo paese di montagna, non alla magnitudo mostruosa dell’uccisione di Samuele. L’ambiente è una piccola comunità con relazioni sociali incrociate, basate sulla solidarietà, sicuramente intense, a volte persino ossessive. Un ambiente dove ognuno vede quello che fa l’altro, dove c’è una fortissima contiguità per alcuni, dove c’è familiarità e socievolezza, dove si formano gruppi e fazioni, famiglie in socialità.

L’assassino nello scenario “killer esterno e madre innocente” ha avuto l’opportunità di farsi fare il doppione della chiave di casa Lorenzi (anche se il caso ha voluto che quella chiave non sia stata necessaria).

La persona sapeva che la Franzoni usciva di casa per accompagnare Davide a scuola. Conosceva percorso e tempi delle normali attività giornaliere.

La persona aveva buona conoscenza della casa, degli orari e delle abitudini dei Lorenzi, così come aveva territorialità interna della casa, conosceva l’ubicazione dei locali ed aveva padronanza dei movimenti all’interno della casa stessa. È per questi motivi che trattasi di omicidio del tipo domestico, ma solo per le caratteristiche di conoscenza ambientale e dei locali e per la padronanza dei movimenti, non perché facente parte della famiglia Lorenzi Franzoni.

La persona doveva sapere per diretta conoscenza che la Franzoni lasciava il televisore acceso (ipotesi di opportunità tattica) per fare credere a Samuele di essere in casa; sapeva che al massimo in casa poteva esserci Samuele, ma non in salotto a guardare la TV, altrimenti il bambino non sarebbe rimasto solo, senza la presenza della madre. Era certa che Samuele stava ancora dormendo nel suo lettino, per questo ha tirato a sé la porta della cameretta. È altamente probabile che usi lo stesso sistema di controllo e di tenere a bada una propria prole. E magari la prole non ha la tenerissima età di Samuele, altrimenti avrebbe avuto un eventuale freno inibitore alla scarica assassina!

La persona si era organizzata ad hoc per l’intrusione con sistemi e tempi, per cosa fare, per la via di fuga, per l’alibi, per uscire fuori dalla rosa dei sospetti: è dotata di caratteristiche e logistica di conoscenza, di controllo, di possibilità e di capacità del tipo specifico, esclusivo e circostanziale.

La persona invidiava e odiava Annamaria Franzoni. Deve averla frequentata e averne avuto l’amicizia e/o piaceri e cortesie poi degenerate in dissapori. Deve avere vissuto con lei esperienze tali da farle magari prendere in antipatia Davide e Samuele, particolarmente quest’ultimo.

La persona era, pertanto, nota a Samuele che avrebbe potuto facilmente indicarla alla madre. Conosceva gli orari dello scuolabus, i bambini che viaggiavano sullo scuolabus, il traffico Gimillan-

Cogne e viceversa. Conosceva le possibilità di visuali e di controllo, con riferimento alla zona del crimine, delle persone che in macchina procedevano per detti percorsi.

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Il limite esecutivo era il pomeriggio, prima della festicciola. Doveva effettuare il blitz intrusivo solo quella mattina e in quella fascia oraria per quattro motivi: 1) propri impegni, 2) opportunità e possibilità, 3) limite del focus situazionale, 4) l’alibi.

Alle 8:20 doveva stare in un altro posto dove invece non era. Molto probabilmente aveva un impegno dopo le ore 8:40, impegno che, causa “l’inconveniente” – la barbara uccisione del bambino – non ha potuto onorare, almeno non prima di essere ritornata in sé.

Ha dovuto recuperare quelle energie che ha selvaggiamente impiegato per uccidere Samuele. Ma non poteva non aggredirlo. Ha temuto di essere sopraffatta dalla Franzoni, non era pronta a competere fisicamente con lei se indicata da Samuele. Nemmeno era pronta ad affrontarla se sorpresa in casa dopo l’uccisione del bambino. Dopotutto aveva organizzato l'intrusione senza scopo omicidiario, ma ha perso il controllo.

Si è salvata perché è entrata solo marginalmente nelle indagini e il suo falso alibi non è stato riscontrato a dovere, anche perché il suo stile di vita e l'organizzazione personale-familiare glielo hanno permesso.

Ha coperto il volto di Samuele col piumone per tentare di placare la propria coscienza col tentativo inconscio di riparare al male fatto. “Non posso ripararti, ti nascondo”. È un atto di negazione, di “cancellazione psichica” o “riparazione”. È un comportamento non riscontrato fra gli psicotici o i sociopatici, bensì quasi esclusivamente fra le personalità con forti tratti ossessivo-compulsivi.

È una persona torturata dal dubbio, instabile, che pensa in maniera ossessiva, rigida e dogmatica. È una persona programmata, che si trova in difficoltà solo quando si verifica qualcosa che ostacola i

suoi piani premeditati, ha una flessibilità limitata e una chiarissima difficoltà nel cambiamento di ciò che era prestabilito. A tutto ciò bisogna aggiungere la possibilità di una presenza di altri tratti o funzionamenti patologici del tipo borderline o paranoide.

Una persona del genere deve avere scarsissimo autocontrollo, tendenza alla violenza ed alla aggressività, il culto e la sete di vendetta, un carattere ansioso, accumulatore, estremamente narcisistico, bassa tolleranza alle frustrazioni reali o immaginarie, insoddisfazione cronica.

Ha dimostrato crudeltà, violenza, ferocia, perfidia ed egoismo. Ha dimostrato doti di velocità, coordinamento, capacità di recupero e di recitazione.

Dell'omicidio commesso se ne è fatta una ragione, ritiene che sia la giusta continuazione dello sfregio perpetrato con l'intrusione, anche perché ha il culto atavico della vendetta e della violenza.

Non confessa e non crolla, perché reputa di avere ucciso in modo vicario e/o per salvare se stessa. Ha fatto sparire per sempre, tramite la distruzione, l’arma del delitto, unico testimone diretto della sua

azione criminale. Sin dopo il delitto ha coltivato e aumentato il suo odio verso i Lorenzi, odia chiunque si sia schierato

dalla loro parte e/o a difesa della Franzoni, agisce ed ha agito sempre e comunque in tal senso. Se ha avuto qualche complice, tipo un palo, un basista, un accompagnatore, ne ha fagocitato

maggiormente l’amicizia e la fiducia, sino a commettere atti illeciti o enormi e devianti per detto complice, così dimostrandogli di stare dalla sua parte.

Se esiste una persona che si adatta a questo profilo, deve essere attenzionata.