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E T A E T A La TERZA pagina Periodico a diffusione interna dell’Università della Terza Età di Santeramo in Colle (BA) - Anno XIII n. 20 - Maggio 2016 NEL 15º ANNO ACCADEMICO L’UTE CONTINUA A RINNOVARSI SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA! L’Università della Terza Età di Sante- ramo ancora una volta è incline ad aprirsi ai temi più coinvolgenti dell’at- tualità come l’acco- glienza, intesa nella sua accezione a 360° e affrontata nella cerimonia di inau- gurazione del 15° anno accademico con la prolusione dal titolo “Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere” a cura del prof. Tribuzio cooadiuvato dalla nostra docente Francesca Cecca del Laboratorio del pensiero. Durante la cerimonia avve- nuta nel gremito teatro Il Saltimbanco alla presenza delle autorità e allietata da un piacevole intermezzo musicale del nostro Maestro Francesco Tritto, sono stati presentati tutti i corsi con i relativi docenti comprese le new entry: Mauri- zio Piraino per Diritto, Enza Marsico per Lingua italiana, Rosangela Silletti per Scrittura creativa, Adriana Massaro per Lettura di classici, Valentina Dimarino per Educazione alla salute, Simona Baldassarre per Tedesco, Letizia Sette per Idee per creare, Antonella Quaranta per Inglese, Annamaria Perrone per Ricamo e il ritorno di Anna Lanzolla per il Burraco. Cambiata la location della rinomata Festa della matri- cola. Il Direttivo ha scelto con la solita cura “La Vallonea” a Cassa- no Murge dove in una splendida atmosfera ci si è scambiati convi- vialmente anche gli auguri di Natale. E a proposito di Natale quest’anno il nostro Presepe artistico in terracotta, dopo l’espe- rienza umbra di Presepi d’Italia, è stato allestito dagli instancabili esponenti del Direttivo Mimmo Bertini, Maria Latrofa, Nicola Stasolla insieme ad Andrea Laba- rile in un piccolo trullo ed esposto nella rassegna di Alberobello per tutte le festi- vità natalizie riscontrando un meritato successo. Nei mercoledì tematici a cura di Pierpaolo Benedettini con la collabo- razione tecnica di Mimmo Bertini, oltre ad incontri con esperti, hanno trovato spazio le attività di cineforum con la 12 ottobre 2015, ore 18. Dopo mesi di pausa e di vacanza eccomi pronta a varcare nuovamente la soglia del- l’aula di Giornalismo ed ecco i miei corsisti, altrettanto pronti a rimettersi in gioco e all’opera: tutti i banchi occu- pati, un fragoroso e accogliente applauso, la felicità di ritrovarsi dipin- ti sui volti degli alunni “veterani”, qualche volto nuovo su cui campeggia l’espressione timida e un po’ disorien- tata tipica di chi sa di essere l’“alunno nuovo” in una classe già formata. Pochi preamboli quest’anno! Le penne già fremono nelle mani dei corsisti, pronti a rivestire i panni dei giornali- sti tenuti appesi nell’armadio per ormai troppo tempo, e anzi ecco spun- tare qualche veterano che, foglio alla mano, già mi consegna i suoi mano- scritti: «Ho scritto qualcosa in questi mesi, professoressa, lo accettate lo stesso?». «Nessun Voi e nessun Lei in quest’aula, siamo una squadra! E a quanto pare siamo già in moto!». Da quel giorno, la macchina della nostra redazione non si è mai spenta! In continua lotta contro il tempo («Quanti minuti abbiamo ancora?»), abbiamo cercato di sfruttare al meglio i 60 minuti settimanali a nostra dispo- sizione destreggiandoci tra gli infiniti spunti di discussione e riflessione che emergevano spontaneamente lungo il nostro cammino. Tanti i temi affronta- ti, passando ogni volta attraverso la molteplicità di sensibilità e di stile che è cifra distintiva del nostro team ormai collaudato: dai problemi che assillano la realtà cittadina a quelli che valicano i confini tra nazioni e ci fanno sentire tutti parte di uno stesso universo, dai ricordi d’infanzia ai sogni della giovinezza, dal rimpianto del passato alla speranza nel futuro, senza dimenticare il presente e anche la stessa esperienza U.T.E. in tutte le sue variopinte sfaccettature. Il presente periodico, con le sue belle otto pagine, si prefigge di essere un saggio e insieme il coronamento di questa esperienza; queste mie parole, dal canto loro, vogliono rendere omaggio a tutto ciò che c’è dietro: l’entusiasmo, l’impegno, la partecipa- zione, il confronto, la consapevolezza di essere parte attiva e fondamentale di un tutto. Ed è in questi nobili princi- pi che risiede, a mio avviso, la chiave del successo della nostra Università della Terza Età! Chiara Visceglia Docente di Giornalismo visione di film del repertorio classico che ha stimolato la platea di corsisti a interessanti riflessioni. Tra le attività complementari, da sempre promosse dall’UTE, non sono mancate le gite cultu- rali iniziate alla grande con la visita all’Expo di Milano e ad altre città limitro- fe. Dopo si sono susseguite quelle di un giorno a Galatina e Nardò, a Pompei e alle luminarie di Salerno, alla scoperta della modernissima metropolitana di Napoli e dei tesori di Capodimonte. Il viaggio di più giorni è stato dedicato alla visita di una zona piuttosto sconosciuta: la Tuscia. E’stata una vera rivelazione! Abbiamo ammirato, grazie ad una guida turistica eccezionale, dei borghi medie- vali come Civita di Bagnoregio, la città che muore, Bolsena protesa sul lago omo- nimo di origina vulcanica, Bomarzo che con il suo Sacro bosco dei mostri ci ha immersi in un meraviglioso viaggio fatto di un assortito miscuglio di storia, miti e leggende, Caprarola con il suo Palazzo Farnese dalle numerose stanze decorate e circondato da un esteso giardino all’italiana in cui fontane di vario stile gorgheggiavano fra le siepi a labirinto! E ancora Tarquinia con la sua famosa Necropoli e Tuscania, un gioiellino inca- stonato nelle alte mura medievali e pervaso dal tipico profumo di lavanda. Infine Viterbo, la città dei Papi e della patrona Santa Rosa il cui corpo incorrot- to è custodito in una teca nella chiesa delle clarisse di S. Chiara. A maggio, poi, una giornata con il classico pic-nic alla Madonna di Picciano e un week-end nelle Marche e Abruzzo. Il coro dell’UTE, guidato dal M.tro Francesco Tritto, dopo essersi esibito a Mola nella Chiesa del S. Cuore in canti natalizi, si è ripresentato nella stessa location per la rassegna dei cori di Puglia in una veste veramente originale: i coristi hanno accompagnato i due canti con il suono ritmico dello strumentario Orff, diretti magistralmen- te dalla do- cente Rossella Ca- raccia del corso Ritmo a suon di musica. L’esibizione ha ri- scontrato un note- vole successo, co- ronata anche dalla consegna della coppa “itinerante” che resterà al coro di Santeramo fino alla rassegna del prossimo anno. Per l’Allegra Compagnia teatrale, diretta da Nicola Stasolla, anche quest’anno l’appun- tamento è doppio: con la commedia brillante “Madama Sangenella” saliran- no sul palco del Saltimbanco il 13 e il 15 maggio con un tutto esaurito e un diver- timento assicurato! Ma molti altri corsi- sti potranno “rendicontare” sui risultati raggiunti nel corso del 15° A.A. esiben- dosi l’11 maggio nel consueto saggio di fine anno, sempre nel teatro dei Salesia- ni. E per gli “alunni” dei laboratori? Avranno anche loro la giusta occasione! In prossimità della festa patronale di S.Erasmo in due salette del Palazzo Mar- chesale sarà allestita una mostra dei lavori realizzati nei laboratori di Cerami- ca del docente Andrea Labarile, di Chiac- chierino guidato da Maria Latrofa, di Idee per creare a cura di Letizia Sette, di Pittura delle docenti Maria Caponio e Domenica Natuzzi, di Ricamo e Ricamo pittorico rispettivamente insegnati da Annamaria Perrone e Tonia Volpe. Nell’organizzazione e gestione di tutte queste iniziative non può passare inosservato il costante e lodevole opera- to della nostra segretaria Angela Rosini e della nostra tesoriera Mariagrazia Poli le quali insieme al resto del Direttivo rendono efficace ed efficiente questa splendida realtà della nostra UTE. Il 15° A.A. avrà così l’epilogo nella festa finale organizzata dal Direttivo alla sala Alfia per consegnare gli attestati di frequenza ai corsisti e per ringraziare tutti i docenti della loro costante dispo- nibilità ad offrire la propria competenza professionale e del tempo prezioso all’Università della Terza Età di Santera- mo, importante punto di riferimento nel paese e nel territorio circostante. Elena Cardinale Presidente UTE

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ETA’ETA’La TERZA paginaPeriodico a diffusione interna dell’Università della Terza Età di Santeramo in Colle (BA) - Anno XIII n. 20 - Maggio 2016

NEL 15º ANNO ACCADEMICO L’UTE CONTINUA A RINNOVARSI SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA!

L’Università della Terza Età di Sante-ramo ancora una volta è incline ad aprirsi ai temi più coinvolgenti dell’at-tualità come l’acco-glienza, intesa nella sua accezione a 360° e affrontata nella cerimonia di inau-gurazione del 15° anno accademico con la prolusione dal titolo “Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere” a cura del prof. Tribuzio cooadiuvato dalla nostra docente Francesca Cecca del Laboratorio del pensiero. Durante la cerimonia avve-nuta nel gremito teatro Il Saltimbanco alla presenza delle autorità e allietata da un piacevole intermezzo musicale del nostro Maestro Francesco Tritto, sono stati presentati tutti i corsi con i relativi docenti comprese le new entry: Mauri-zio Piraino per Diritto, Enza Marsico per

Lingua italiana, Rosangela Silletti per Scrittura creativa, Adriana Massaro per Lettura di classici, Valentina Dimarino per Educazione alla salute, Simona Baldassarre per Tedesco, Letizia Sette per Idee per creare,Antonella Quaranta per Inglese, Annamaria Perrone per Ricamo e il ritorno di Anna Lanzolla per il Burraco. Cambiata la location della rinomata Festa della matri-cola. Il Direttivo ha scelto con la solita cura “La Vallonea” a Cassa-no Murge dove in una splendida atmosfera ci si è scambiati convi-vialmente anche gli auguri di Natale. E a proposito di Natale quest’anno il nostro Presepe artistico in terracotta, dopo l’espe-rienza umbra di Presepi d’Italia, è stato allestito dagli instancabili esponenti del Direttivo Mimmo Bertini, Maria Latrofa, Nicola Stasolla insieme ad Andrea Laba-rile in un piccolo trullo ed esposto nella rassegna di Alberobello per tutte le festi-vità natalizie riscontrando un meritato successo. Nei mercoledì tematici a cura di Pierpaolo Benedettini con la collabo-razione tecnica di Mimmo Bertini, oltre ad incontri con esperti, hanno trovato spazio le attività di cineforum con la

12 ottobre 2015, ore 18. Dopo mesi di pausa e di vacanza eccomi pronta a varcare nuovamente la soglia del-l’aula di Giornalismo ed ecco i miei corsisti, altrettanto pronti a rimettersi in gioco e all’opera: tutti i banchi occu-pati, un fragoroso e accogliente applauso, la felicità di ritrovarsi dipin-ti sui volti degli alunni “veterani”, qualche volto nuovo su cui campeggia l’espressione timida e un po’ disorien-tata tipica di chi sa di essere l’“alunno nuovo” in una classe già formata. Pochi preamboli quest’anno! Le penne già fremono nelle mani dei corsisti, pronti a rivestire i panni dei giornali-

sti tenuti appesi nell’armadio per ormai troppo tempo, e anzi ecco spun-tare qualche veterano che, foglio alla mano, già mi consegna i suoi mano-scritti: «Ho scritto qualcosa in questi mesi, professoressa, lo accettate lo stesso?». «Nessun Voi e nessun Lei in quest’aula, siamo una squadra! E a quanto pare siamo già in moto!».Da quel giorno, la macchina della nostra redazione non si è mai spenta! In continua lotta contro il tempo («Quanti minuti abbiamo ancora?»), abbiamo cercato di sfruttare al meglio i 60 minuti settimanali a nostra dispo-sizione destreggiandoci tra gli infiniti spunti di discussione e riflessione che emergevano spontaneamente lungo il nostro cammino. Tanti i temi affronta-ti, passando ogni volta attraverso la molteplicità di sensibilità e di stile che è cifra distintiva del nostro team ormai collaudato: dai problemi che assillano la realtà cittadina a quelli che valicano i confini tra nazioni e ci fanno sentire tutti parte di uno stesso universo, dai ricordi d’infanzia ai sogni della giovinezza, dal rimpianto del passato alla speranza nel futuro, senza dimenticare il presente e anche la stessa esperienza U.T.E. in tutte le sue variopinte sfaccettature.Il presente periodico, con le sue belle otto pagine, si prefigge di essere un saggio e insieme il coronamento di questa esperienza; queste mie parole, dal canto loro, vogliono rendere omaggio a tutto ciò che c’è dietro: l’entusiasmo, l’impegno, la partecipa-zione, il confronto, la consapevolezza di essere parte attiva e fondamentale di un tutto. Ed è in questi nobili princi-pi che risiede, a mio avviso, la chiave del successo della nostra Università della Terza Età!

Chiara ViscegliaDocente di Giornalismo

visione di film del repertorio classico che ha stimolato la platea di corsisti a interessanti riflessioni. Tra le attività complementari, da sempre promosse dall’UTE, non sono mancate le gite cultu-rali iniziate alla grande con la visita all’Expo di Milano e ad altre città limitro-fe. Dopo si sono susseguite quelle di un giorno a Galatina e Nardò, a Pompei e alle luminarie di Salerno, alla scoperta della modernissima metropolitana di Napoli e dei tesori di Capodimonte. Il viaggio di più giorni è stato dedicato alla visita di una zona piuttosto sconosciuta: la Tuscia. E’stata una vera rivelazione! Abbiamo ammirato, grazie ad una guida turistica eccezionale, dei borghi medie-vali come Civita di Bagnoregio, la città che muore, Bolsena protesa sul lago omo-nimo di origina vulcanica, Bomarzo che con il suo Sacro bosco dei mostri ci ha immersi in un meraviglioso viaggio fatto di un assortito miscuglio di storia, miti e leggende, Caprarola con il suo Palazzo Farnese dalle numerose stanze decorate e circondato da un esteso giardino all’italiana in cui fontane di vario stile gorgheggiavano fra le siepi a labirinto! E ancora Tarquinia con la sua famosa Necropoli e Tuscania, un gioiellino inca-stonato nelle alte mura medievali e pervaso dal tipico profumo di lavanda. Infine Viterbo, la città dei Papi e della patrona Santa Rosa il cui corpo incorrot-

to è custodito in una teca nella chiesa delle clarisse di S. Chiara. A maggio, poi, una giornata con il classico pic-nic alla Madonna di Picciano e un week-end nelle Marche e Abruzzo. Il coro dell’UTE, guidato dal M.tro Francesco Tritto, dopo essersi esibito a Mola nella Chiesa del S. Cuore in canti natalizi, si è ripresentato nella stessa location per la rassegna dei cori di Puglia in una veste veramente originale: i coristi hanno accompagnato i due canti con il suono ritmico dello strumentario Orff, diretti magistralmen-

te dalla do-cente Rossella Ca-raccia del corso Ritmo a suon dimusica.L’esibizione ha ri-scontrato un note-vole successo, co-ronata anche dalla consegna della coppa “itinerante”

che resterà al coro di Santeramo fino alla rassegna del prossimo anno. Per l’Allegra Compagnia teatrale, diretta da Nicola Stasolla, anche quest’anno l’appun-tamento è doppio: con la commedia brillante “Madama Sangenella” saliran-no sul palco del Saltimbanco il 13 e il 15 maggio con un tutto esaurito e un diver-timento assicurato! Ma molti altri corsi-sti potranno “rendicontare” sui risultati raggiunti nel corso del 15° A.A. esiben-dosi l’11 maggio nel consueto saggio di fine anno, sempre nel teatro dei Salesia-ni. E per gli “alunni” dei laboratori? Avranno anche loro la giusta occasione! In prossimità della festa patronale di S.Erasmo in due salette del Palazzo Mar-chesale sarà allestita una mostra dei lavori realizzati nei laboratori di Cerami-ca del docente Andrea Labarile, di Chiac-chierino guidato da Maria Latrofa, di Idee per creare a cura di Letizia Sette, di Pittura delle docenti Maria Caponio e Domenica Natuzzi, di Ricamo e Ricamo pittorico rispettivamente insegnati da Annamaria Perrone e Tonia Volpe. Nell’organizzazione e gestione di tutte queste iniziative non può passare inosservato il costante e lodevole opera-to della nostra segretaria Angela Rosini e della nostra tesoriera Mariagrazia Poli le quali insieme al resto del Direttivo rendono efficace ed efficiente questa splendida realtà della nostra UTE.

Il 15° A.A. avrà così l’epilogo nella festa finale organizzata dal Direttivo alla sala Alfia per consegnare gli attestati di frequenza ai corsisti e per ringraziare tutti i docenti della loro costante dispo-nibilità ad offrire la propria competenza professionale e del tempo prezioso all’Università della Terza Età di Santera-mo, importante punto di riferimento nel paese e nel territorio circostante.

Elena CardinalePresidente UTE

ETA’ETA’La TERZA paginaCuriositá e TradizioniRICORDANDO il Prof. PONTRANDOLFO

Quest’anno il “Carnevale dei Ragazzi”, manifestazione nata grazie ai Salesia-ni, ha festeggiato ormai la sua 49esima edizione e conserva intatta tutta la freschezza di uno spettacolo

animato dai piccoli ma destinato ad un pubblico più vasto e che nonconosce limiti di età.I lavori di preparazione iniziano subito dopo la parentesi natalizia, festosa attività che si svolge nei labo-ratori, nelle case, nelle scuole, nelle comunità: si disegna, si modella, si

Il giornale santermano Il mio paese dell’ormai lontano 5 ottobre 1969 annota: «Congratulazioni al prof. Giovanni Pontrandolfo per aver vinto L. 250.000 alla trasmissione radiofo-nica di quiz alla rovescia Il gambero,presentata da Enzo Tortora».Per ricordare questo episodio, pur lontano nel tempo, e per omaggiare questa figura così cara al nostro paese ho composto i versi che seguono:

Geuanne, maèstre de scòle,n’anne o «Gambere» s’appresendò,

e quäse tutte i paròlee quizze addevenò.

Cude bbèlle epesòdje romänefu nu vande pi Sandermäne.

Uadagnò na còse de sòldema sémbe leggére stäve la pòlte.Quanne pu paìse l’acchjavene

tutte ‘nge’ addumannàvene:

«Geuànne, a radje t’ime sendùte,ne puète disce accòm’è sciùte?».«Me penzäve arrecchesciute…ma a scòle arréte so ffernùte!».

Mi piace far notare la modestia e il senso di humor del prof. Pontrandolfo. In particolare, quando il presentatore gli chiese: «Lei, a Santeramo, cosa fa?», anziché dire il vero e presentarsi come insegnante egli risposte: «Mi faccio delle lunghe passeggiate sotto la villa!». E ancora: «Come si chiamano gli abitan-ti del suo paese?», e lui anziché direSantermani disse Santeramesi.Io in verità mi domando: possibile che una persona di cultura come lui potesse sbagliarsi? Sicuramente gli piaceva ironizzare e rendere piùcolorite le sue risposte!

Maria Valentino

All’inizio della creazio-ne della Terra il nostro Signore creò i mari, i monti, la terra e anche gli animali. Tra questi, la merla aveva in princi-pio un piumaggio tutto bianco, utile per mime-tizzarsi con l’ambiente e sfuggire ai predatori. Erano gli ultimi giorni di gennaio e mamma merla dovette abbandonare il nido per andare in cerca di cibo per i suoi piccoli. Spiccò il volo e fece un giro di perlustra-zione, pensando che a breve sarebbe arrivato febbraio e la neve si sarebbe sciolta. Ma gennaio, dispettoso com’era, fece cadere tanta neve e la poverina fu costretta a trovare riparo in un comi-gnolo.

Fino ad alcuni anni fa, la terza pagina dei giornali ospitava, in carattere elze-viro, articoli di argomento letterario e a volte con contenuti lunghi, la cui lettura richiedeva tempo, attenzione e un certo bagaglio culturale. Ora, invece, tutti i giornali hanno rinun-ciato alla vecchia consueta terza pagina preferendo ad essa la cronaca di avvenimenti clamorosi o la pubbli-cazione di corrispondenza e di articoli che fungono da accompagnamento eda integrazione all’informazione.Questo tipo di articolo non è riservato solo alle notizie relative alla politica ma anche a fatti e problemi sociali, tecnici ed economici ritenuti impor-tanti o interessanti per i lettori, con

Non tutti i Santermani sanno perché si festeggia sant’Erasmo il 10 dicembre (sand’Araseme vernine).Io vorrei raccontarvelo così come l’hanno raccontato a me qualche anno fa qui all’U.T.E. durante una lezione del corso di Storia delle tradizioni, tenuto all’epoca dal prof. Raffaele Bon-gallino.Nel 1860, anno dell’Unità d’Italia, il famoso Garibaldi cacciò Francesco II di Borbone (Frangeschille) al cui posto salì al trono Vittorio Emanuele II, primo re dell’Italia unita.Il dieci di dicembre dello stesso anno Santeramo fece la sua rivolta e tutti gridavano «Abbasso Vittorio Emanuele, evviva Frangeschille che verrà a liberarci!».Questi facinorosi, armati di fucili e falcioni e capeggiati da Giuseppe Perniola, ex sergente del Borbone, andarono al comune, cacciarono dall’ufficio le “coppole rosse” (le guardie nazionali che sostituivano la gendarmeria borbonica, così chiamate per il loro berretto rosso alla garibaldina), fecero a brandelli la ban-diera tricolore e issarono al suo posto una bandiera bianca con l’immagine di santa Maria Cristina.Pensando che Francesco II di Borbone sarebbe ritornato, in segno di ringra-

Nevicò per altri giorni e quando la merlapoté finalmente ab-bandonare il suo riparo… era ormai diventata nera! Il suo primo pensiero fu di ritornare dai piccoli, che però la scacciaro-no perché non riconobbero in quella merla nera la loro

mamma che ricordavano bianca. Delusa, la merla volò via e non fece più ritorno al nido: da quel momento il Signore decise che i merli avrebbero avuto le piume nere.Perciò gli ultimi giorni di gennaio, i più freddi, sono comunemente conosciuti come “i giorni della merla”!

Vita Maria Giampetruzzi

NON TUTTI SANNO CHE...: I “GIORNI DELLA MERLA”

LA TERZA PAGINA: PERCHÈ?

l’intenzione di fare della terza pagina un uso più giornalistico e quindi di legarla maggiormente all’attualità. Un’altra constatazione è la notevole “contrazione” del racconto.Attualmente, dunque, in terza pagina figurano argomenti molteplici e diversi e di questo stesso spirito sarà permeato il nostro periodico che, come ha propo-sto la nostra brava docente Chiara Visceglia, non conterrà articoli per élites, per gruppi ristretti di lettori di alta cultura con linguaggio e contenuto che scoraggiano o persino escludono ampi strati di lettori, e anzi cercherà di risultare appetibile al numeroso e variegato pubblico dell’U.T.E.

Vincenzo Porfido

IL “CARNEVALE DEI RAGAZZI”ritaglia, si confeziona il vestito adot-tato per ciascun gruppo mascherato. Ci si diverte infatti a scegliere il tema, bellezza d’immagine e armonia dicolori.

Si crea così un’atmosfera colorata e spumeggiante: i nostri fanciulli come per incanto riescono a coinvolgere un paese intero con le loro esibizioni, attirando l’attenzione di tutti e trasmettendo un’esplosione di gioia achiunque partecipi o assista.

Camilla Molinari

SANT’ERASMO VERNINEziamento e devozione portarono sant’Erasmo in processione, ma fu a quel punto che ebbe luogo qualcosa di inatteso: arri-vati in zona Sava (ora via Ladislao) dai tetti di De Laurentis (Laurenze) partì un colpo di fucile. Il panico la fece da padro-ne: alcuni correvano, altri gridavano, si spargeva la voce che da Gioia del Colle stessero arrivando le “coppole rosse”, i cara-binieri e i soldati di Vittorio Emanuele. Il sergente Perniola gridò: «Tutti a combattere!» e i suoi uomini si appostarono nei pressi del cimitero pronti a far fuoco, ma in quel frangente arrivò il giudice regio di pace Luigi Dell’Uva che disse: «Fer-matevi! Non sparate, siamo tutti fratelli!». Ma come costui si girò fu sparato a tradimento alle spalle e morì all’istante.Gli autori della sommossa furono incarcerati e pagarono a caro prezzo quell’impresa e la loro “guida”, il sergente Pernio-la, morì nelle patrie galere.

Da allora è rimasta radicata nella devozione santermana la festa di sant’Erasmo vernine e, come scrisse il nostro poeta Di Leone nella sua poesia La storje de sant’Araseme vernine: «Festa sì, ma senza preggessione e ssenza battarì».

Maria Nocco

NOI DEGLI ANNI QUARANTAETA’ETA’La TERZA paginaRicordando... raccontando...

Ji jére nu uagnòne de fóre ma fóre nan ge vuläve stä, pecciä a ppasce i pèchere o a zzappä jind’e chjangune na nn’ére fatte pè mmä, proprje nan ge vuläve scì.Ca pure de stä de cäse ò pajse me vuläve mbarä nu mestìre, pecciä tanne a cchite de fóre tutte l’artîre i nggiuriàvene; o condrarje, di uagnùne artìre i uagnédde s’annammuràvene. Acchessì nge descîbbe a’ttàneme:«A Sanderme vògghje stä, vògghje sc’ o falegnäme pè mbararme a fä i mobbîglje». Ma a cchite timbe fetinde i falegnäme faciàvene chjù tavùte, pè ffange a’ttäne na degna sepelture; di mòbbele se putäve fä d’alméne, avastäve sckitte nu trestidde pè mmètte nu matarazze de pagghje! Uagnune! Vu forse nan ge credite, ma la prima jòpere ca facibbe fu nu bbèlle bbavùglje recamäte,viste ca a fä nu mòbbele jère deffìcele; ma ji, ca tanne

DOLCE TURBINE DI VENTODolce turbine di vento che

accarezzi le onde,che sollevi le foglie in un girotondo infinito.

Dolce turbine di vento,con quel soffio, caldo, leggero, mi entri dentro.

Mi hai portato i ricordi, come un dolce sussurro, ma non riesci a spazzarli via dalla vita mia,

come invece fai con la polvereche giace sull’asfalto.Vita Maria Giampetruzzi

Vorrei condividere con voi alcuni ricordi legati alla mia infanzia e alla seguente giovinezza negli anni della seconda guerra mondiale, che toccò anche la nostra Santeramo. Ricordo, anche se piuttosto vaga-mente, quando i Tedeschi, servendosi di una macchi-na scoperta chiamata campagnola, giravano per le strade non ancora asfaltate e mettevano in fuga le galline che zampettavano libere nonostante fosse vietato. E’ vero, all’epoca c’era molta crisi, molta mise-ria, eppure si andava avanti come meglio si poteva.La guerra volse finalmente al suo termine e arrivaro-no per noi gli anni Cinquanta, quando lo Stato offriva agli agricoltori contributi per ampliare case e stalle e creava qualche opportunità di lavoro per i giovani; certo, si lavorava troppo e si guadagnava poco ma i tempi erano quelli, e perlomeno si apprendeva un mestiere! Di recente mi è capitato di vedere al telegior-nale un immigrato che, ai microfoni di un giornalista, lamentava il troppo lavoro e la paga troppo bassa: ecco,

ho pensato, così eravamo noi sessant’anni fa.Si arrivò poi al famoso ’57: la Francia aveva bisogno di manodopera sia nell’agricoltura che nell’artigianato e così anche molti Santermani iniziarono ad emigrare, prima in Francia, poi in Svizzera e in Germania. Negli anni Settanta lo Stato dava ulteriori contributi all’artigianato e nel frattempo, anche grazie ai soldi che gli emigrati mandavano alle famiglie rimaste in patria (quelle che i libri di storia sono soliti chiamare “rimesse degli emigranti”), la crisi si avviava verso la fine; su questa scia di prosperità si presero a costruire case, laboratori, sartorie, maglifici, e così anche la nostra Santeramo, che negli anni Quaranta era rima-sta indietro rispetto ai paesi limitrofi, a poco a poco riuscì a raggiungerli e a superarli. E’ vero, da allora molto è cambiato, la crisi dilaga, eppure io sento in cuor mio che siamo ben lontani dalle crisi di un tempo e che il peggio sia passato.

Pasquale Difonzo

Erano i primi anni ’60, avevo sì e no tredici-quattordici anni, un’età di ingenuità e spensieratezza, ero ancora una bambina ma ero già alta come un’adulta.I miei genitori, sebbene fossero cresciuti quando tutto era tabù, mi avevano sempre messa in guardia dai vari pericoli che la vita avrebbe potuto porre sul mio cammino, e in particolare mi esortavano a non dare confidenza agli sconosciuti per nessuna ragione.Vicino casa mia vi era l’officina meccanica di mastro Peppe Tritto detto “Ceccelluzze”, una brava persona presso cui molti giovani andavano ad imparare il mestiere. Un giorno lungo la via di casa sento bisbi-gliare (psss-psss), mi guardo intorno e non vedo nessu-no, e ancora pssss-psssss; mi spavento e cammino più spedita quando, all’improvviso, mi si para davanti uno di quei giovanotti che mi dice con una certa deci-sione: «Signorina, permette una parola?».Mi spaventai così tanto che corsi subito a casa senza dire una parola, riferii l’accaduto a mia padre che reagì con veemenza («Iiiii, stu sorte de…!») e si precipi-tò all’officina, dove aggredì verbalmente il giovane:

«Uagliò, nan de permette cchiù de nvastedì la uagnèd-de, ci se non te ffä prevä i mäne!».Il ragazzo rimase impietrito e quando l’indomani passai nuovamente davanti all’officina mi disse come un cane bastonato: «Ca ciä t’era accite? Te vuläve schitte disce ca tu me pejäsce!». E anche quella volta passai oltre senza aprir bocca!Adesso tutto è più facile e immediato, l’approccio con l’altro sesso è cosa normale e spontanea e i genitori non ne fanno un dramma.Quando di tanto in tanto incontro per strada il ragaz-zo protagonista di quell’episodio, adesso signore attempato, non vi nascondo che, al di là di un certo imbarazzo, mi viene da ridere e penso istintivamente al film degli anni ’60 di Lina Wertmüller I basilischi e alla famosa scena in cui una ragazza, alla domanda del corteggiatore «Signorina, permette una parola?», risponde con fermezza: «La risposta fra tre giorni!». Altri tempi!

Maria Nocco

La mia fanciullezza è per me una miniera di bei ricor-di: ho avuto un’infanzia felice e serena, ero una bambi-na curiosa e vivace e così penso di essere rimasta nella mia vita.Avevo sei-sette anni quando un giorno, mentre gioca-vo spensierata nel giardino del nonno Donato, mi sentii chiamare da lui con queste parole: «Marì! U vite cudd’arve de fiche? L’anne passäte nge facibbe u ‘nneste, jè näte schitte na fiche, angore t’azzarde a mangiaratille! Prime e vedä ci jè reggine. L’angevéne, ci ne porte chiù de june, te le fä assaggiä pure a ttä».Se non me lo avesse detto non l’avrei neppure notato, ma a quel punto la curiosità era troppo forte e io, come vi ho detto, ero una bambina molto curiosa! Non appena il nonno uscì dal giardino non ci pensai due volte, afferrai il fico e mmu frechibbe in un baleno. Se chiudo gli occhi lo rivedo ancora e sento in bocca il suo sapore, così dolce e asprigno al tempo stesso. Quando il nonno scoprì che la fiche reggine era sparita, montò su tutte le furie, chiamò mia madre e tuonò: «Cassanäse (mia madre è infatti originaria di Cassano Murge), dinge a ccheda jatte damaggevele de figghjete ca ci l’angappje nge ffä na cäpa mardejäte!». Mia madre,

mortificata per l’accaduto, gli rispose: «Papà, è una bambina, non l’ha fatto con l’intento di rubare! E poi, ssegnerì, ciä fatte? Si raccumannäte la pecre o lupe?».Passò un anno intero e all’albero del fico c’erano due frutti. Io, memore dei rimproveri del nonno e dei miei genitori, pe despitte me frechibbe l’une e l’alte! Mio nonno si infuriò più dell’anno precedente, sembrava un toro inferocito, mentre mio padre si mise a ridere e disse al padre: «Tatä, nan te si ngarecanne, l’angevene m’è mette de pechette e l’assaggiä pure tu. Ciä ma fä, Marì je angore crijature!».Così il nonno, seppur adirato, con la pazienza che contraddistingue le persone più anziane, assaggiò la fiche reggine dopo tre anni, con la benedizione del Signore e di tutta la famiglia.

Maria Nocco

Quando ero solo una ragazza di tredici anni vivevo ad Acquaviva ed ero la grande di cinque figli. Io e le mie cugine ci divertivamo ad andare in bicicletta fino a Santeramo, dove viveva il nostro nonno materno in una grande masseria piena di animali. Quanti cavalli aveva, mio nonno! E mi piace ricordarlo così: sempre fiero in sella al suo cavallo. Arrivate a Santeramo ci intrattenevamo in campagna e nessuno turbava la nostra serenità né durante il percorso né durante quelle piacevoli soste. Un giorno, però, un incon-tro inaspettato gettò un’ombra sulla nostra spensieratez-za: un uomo mai visto prima comparve all’orizzonte e rivolse qualche parola a noi ragazze mentre eravamo in

SIGNORINA, PERMETTEUNA PAROLA?

LA FICHE REGGINE

EHH... QUELLE RAGAZZE IN BICICLETTAbici; ma ecco che il nonno intervenne in difesa delle nipotine e lo scacciò con poche parole tonanti. Fu, per fortuna, un episodio isolato e non ci lasciammo scoraggiare né rinunciammo a quelle gite a noi così care. Le immagini di quei tempi mi tornano spesso in mente, soprattutto quando penso a ciò che accade al giorno d’oggi: i tempi sono

cambiati, la paura di aggressioni e di spiacevoli incontri è sempre più spesso un’ombra che accompagna le donne(e non soltanto le ragazze più giovani) e non si può mai avere la certezza di un “angelo custode” pronto ad inter-venire come fece il nonno con noi decine di anni fa.

Francesca Mastrorocco

JI VULIBBE FÄ L’ARTIREjére furbe e n d e l e g g é n d e , sùbbete memba-rìbbe a fä u chemó. U pume-scibbe e u luce-dìbbe, e ppò nge dîbbe l’ùltema puletùre, pè ffallu jassì lùcede lùcede, e mèstre me facì i cumblemînde. Devendîbbe nu uagnòne mbortande e quanne jassäve abbasce a ville tanda uagnédde me tremendavene pecciä jére devendäte nu mèstre fine! Acchessì canuscìbbe na bella uagnédde, me nnamuribbe e po’ ne fedanzamme, e angore jósce, ca so passäte cenquand’anne, chèta fèmeneje la megghjéra mä.

Vincenzo Giampetruzzi

IL SENSO DELLA VITAETA’ETA’La TERZA paginaA t t u a l i t á

Durante la lettura di un giornale ho appreso le ultime parole di Steve Jobs, noto imprenditore di fama internazio-nale.Quando ha raggiunto l’apice del succes-so si è trovato sdraiato su un letto d’ospedale a combattere la sua grave malattia. In quel momento ricordava la sua vita piena di ricchezze di cui andava fiero: solo allora ha capito che la ricchez-za accumulata in vita non serviva anulla dinanzi alla morte.Secondo il signor Jobs non bisogna fermarsi alla ricchezza ma perseguire cose più importanti come l’amore, l’arte, i sogni che si hanno sin da bambini.I soldi che ha guadagnato non li porterà con sé, anche se con essi si potrebbero fare cose molto belle per l’umanità.Il letto d’ospedale è la cosa più costosa: non puoi dare la tua malattia ad un’altra persona e c’è una cosa che non puoi

Negli ultimi decenni, come ben sappia-mo, la famiglia che abbiamo conosciuto quando eravamo bambini viene sempre più a mancare, è quasi distrutta.Molti disguidi, incomprensioni, intrighi, omicidi, divisioni nelle coppie: cosa sta succedendo?La famiglia sta andando a rotoli, i veri valori sono sempre più in estinzione. Quale esempio diamo ai nostri figli, ai nostri nipoti? Colpa della società in cui viviamo? Oppure stiamo troppo dietro a ciò che la televisione ci fa vedere?Papa Francesco sta sottolineando in più occasioni l’importanza del valore della famiglia facendo molti esempi che noi forse abbiamo dimenticato.Maria e Giuseppe con Gesù formavano una famiglia laboriosa, povera, umile

…di molti corsisti dell’U.T.E. che in gran numero hanno partecipato alla manife-stazione organizzata, come ogni anno, dalla PRO LOCO il 25 gennaio nella sala

Giandomenico del Palazzo Marchesale: si tratta della Giornata Nazionale del dialetto, giunta ormai alla sua quarta edizione.Il prof. Onofrio Arpino, presidente della PRO LOCO di Santeramo, ha ribadito che le piccole azioni compiute da ogni singola persona sono fondamentali per la salvezza e la conservazione del patri-monio locale, compreso quello linguisti-

co, ereditato dai nostri padri. Il dialetto santermano, come tanti altri, è infatti a rischio di estinzione perché oggi c’è un numero sempre più esiguo di mediatori che lo tramandano nelle famiglie e nelle comunità.Per questa ragione le associazioni PRO LOCO da sempre si impegnano nelle attività di recupero e tutela di saperi e tradizioni: d’altronde, ogni 14 giorni un dialetto scompare e con esso storie, tradizioni e culture preziose. Il prof. Bongallino ha poi ricordato, accanto al grandissimo Alberto Di Leone, un altro poeta e scrittore vernacolare, Giovanni Laricchia, conosciuto forse più come scultore. La serata ha inoltre dato spazio ai cosiddetti “appassionati e cultori”. Era anche presente il nostro docente di Dialetto, Pino Pontrandolfo, con un gruppo di alunni di scuola elementare che si sono cimentati nella declamazio-ne di versi del maestro Di Leone. Immancabile poi la “rappresentanza” della nostra U.T.E.: Giuseppe Natuzzi, Maria Nocco, Pina Giandomenico, Nunzio Mariano, Camilla Molinari,

ritrovare quando l’hai persa, ovvero la vita; in qualsiasi momento hai paura che possa calare il sipario anche per te.«Amate la vostra famiglia e i vostri amici. Abbiate cura di voi e del prossi-mo». Ecco, queste parole mi hanno fatto capire l’importanza dell’amore e dellaspiritualità per ognuno di noi.

Maria Grazia Bitetti

LA FAMIGLIA DA PROTEGGEREma felice.Oggi invece nella famiglia spesso manca la gioia, l’amore, il dialogo tra coniugi o quello genitori-figli, non ci si compren-de, c’è rottura. E chi ne soffre di più sono i figli, e troppe volte non ci rendiamo conto di quanto danno arrechiamo loro!Mi rendo conto che a volte nella fami-glia manca la buona educazione, che è la più semplice delle virtù ma è anche la più dimenticata, pur essendo la base di tutte le altre.Sorridere all’altro è importante, è il segreto della felicità.Salutare l’altro significa essere felici di incrociarsi dopo un giorno di lavoro.Ringraziare, rispettarsi e ascoltaresono elementi basilari per una famiglia, affinché la gioia possa sopravviverenel tempo nonostante i problemi e le difficoltà.Quante volte ci capita di osservare le foto di famiglia di un tempo? All’epoca c’era tanta povertà ma c’era anche tanto amore.Ora, ormai nel terzo millennio, stiamo vivendo una rottura totale della fami-glia, che invece è luce e ricchezza dell’umanità e andrebbe salvata dalla distruzione nel tempo!

Franca Nuzzi

IL DIALETTO HA PRESO IL CUORE...Maria Grazia Bitetti, Maria Valentino e Mariella Stano. Possiamo ben dire che la cultura del dialetto nella nostra Università va a gonfie vele!

Numerosi anche gli altri santermani cultori del nostro dialetto, tra i quali Vito Sciacovelli, Vito Zeverino, Franco Tritto, Nino Di Filippo: ulterioreconferma di come il dialetto stia ancora profondamente a cuore al nostro paese. Ospite d’eccezione della serata dalla sua Matera Domenico Orlandi, “avvocato-poeta”, con il suo libroC’è un’ora: in un duetto con la sua lettri-

ce ha declamato (lui in italiano, lei in dialetto materano) alcune pregevolicomposizioni poetiche.E’ sempre utile e interessante confron-tarsi con gli altri dialetti, soprattutto delnostro “vicinato”!La giornata è stata dedicata anche al-la riscoperta di un antico mestiere.Quest’anno è stata privilegiata l’attività del calzolaio-ciabattino, anch’esso a rischio di estinzione (a Santeramo della vecchia generazione ne sono rimasti solo tre). Grazie all’impegno e alla ricer-ca della signora Maria Valentino, corsi-sta U.T.E., si sono potuti ammirare attrezzi, accessori e vecchie foto deicalzolai santermani.Un lavoro un tempo molto richiesto nonché necessario, tanto è vero che prima vi era quasi un calzolaio per ogni famiglia: lo si può evincere anche dai versi in dialetto del signor Domenico Morgese, La chiazzòdde… u règne di scarpäre, che ci riporta indietro nel tempo, nella Santeramo degli anniCinquanta.

Pina Giandomenico e Maria Valentino

Dall’anne ’50 angegnibbe a scì a petä du scarpäre pè ‘mbarä nu mestìre.Tanne i scarpäre jèrene pròprie assä o paìse mì. Stavene tutte sestemäte jind’o céndre andiche pecciä l’affìtte jére cchjù mercäte.I scarpäre nà sse chiamavene pè nòme echegnòme ma de cchjù cu sópanòme.Stäve mèste Vite Carle Ripe, ca jére u negózzie cchjù granne e faciäve cäse e petä o quéste du Palazze ‘u Marchäse. ‘Nghianénne da chiazze pè scì a chiazzòdde stäve mèste Giuuanne Steppìdde ca jére sopraffine e serväve de cchjù i uagnédde. Cchjù ‘nzuse, pè scì a chijse du Carmene stäve Còlìne Pisciavunnédde.I trä zampine, jèrene: mamme, attäne e figghje. Temäse de Mäsce chi dùfigghje: Giuanne e Nnecòlìne. Mèste Pitre Buchicchje, Scentìlle eAraseme Calandròne.

Narducce, Curratidde,Puppìne, Petrucce Jómmene, Vettòrie Castegliòne, Ceccille u tufarule, Gaitäne la scimmie. Pèppe u Muscardìne, ditte pure ‘u Cuchelicchje ca jére specialezzäte pì chjanèrre di fèmene anziäne.Quatte de chisse scarpäre jèrene zéppe: Puppìne ‘u zéppe, U ‘ndèndre, Mechéle Cardasce e Ninucce la Cascia.Se póte disce ca stäve mó mó nu scarpäre pè famigghje ci pinze ca i file tanne jèrene minime sé, uétte, désce e pure de cchjù,... evóoogghje a ggiustä i scarpe...!Fin’a chjise de Sant’Alice stäve pure mèste Chetugne, Franchine ‘u Tore e Nunzie ‘u Zappatòre.E mminz’a tutte chisse scarpäre ca jèrene tutte pòveridde ma cortèse e valìnde stäve pure jì...

Domenico Morgese

La chi�zòdde….u règne di scarpäre

IN NOME DI DIOLa Costituzione italiana afferma che ognuno può professare la religione che ha scelto in piena libertà. Detto questo, che è sacrosanto, ognuno deve impe-gnarsi a non prevaricare chi sta di fronte e la pensa diversamente perché la propria libertà inizia dove finisce quella dell’altro. Nell’antichità, così come oggi, in nome di Dio si sono fatte e si fanno guerre e atrocità immani, e non basta chiedere perdono e ricominciare.Perché scrivo questo? Sabato 10 ottobre 2015 ho assistito ad un episodio che mi ha sconcertata: ritornando da alcune commissioni in paese ho visto, in piazza Simone (dinanzi al Municipio), un dispiegamento di forze dell’ordine alquanto nutrito: vigili urbani, carabi-nieri semplici e carabinieri in divisa antisommossa che circondavano la piazza presso la quale un gruppo di persone con un libro in mano e un secondo gruppo seduto a terra in circolo si facevano chiamare “sentinelle in piedi”. Io, curiosa di natura, ho chiesto ad un agente di che manifestazione si trattasse e lui, gentilissimo, mi ha detto che avevo di fronte «un gruppo di preghiera».Sono rimasta perplessa: perché tutta questa mobilitazione per un gruppo di preghiera? Un gruppo di preghiera dovrebbe essere innocuo, eppure…

Più si va avanti con gli anni e più sembra che l’uomo non trovi pace: pare proprio che il tempo a sua dispo-sizione sia sempre più esiguo.Caso strano, mi dico: dovrebbe essere il contrario, dato che negli ultimi cinquant’anni con l’evoluzione delle tecnologie in tutti i settori lavorativi la manodopera si è ridotta drasticamen-te e abbiamo viveri a sufficienza: eppure l’uomo non trova pace, corre veloce a destra e sinistra, in continua lotta, senza mai davvero raggiungere il suo scopo.Andiamo indietro negli anni, a quando si lavorava con la forza delle braccia versando sudore col duro lavoro, la sera si rientrava nelle mode-ste dimore, stanchi ma soddisfatti, si mangiava un piccolo boccone (se c’era!) e si riposava tranquilli e senza sovrappesi di pensieri…Mi salta in mente un particolare raccontatomi da una coppia di amici: circa 25 anni fa, in occasione del-l’anniversario di matrimonio, ricevet-tero in dono dai figli un viaggio a Parigi e nel vedere i parigini restarono sconvolti per come correvano avanti e dietro per prendere i mezzi pubblici, recarsi al lavoro e svolgere faccende quotidiane di ogni tipo.Tutto questo mentre da noi, soprattut-to nel Meridione, si viveva ancora piuttosto rilassati.Oggi invece siamo diventati anche noi come quei parigini frenetici, anche se viviamo tutto sommato tra le delizie.Perché allora ci manca la serenità? Perché ci distinguiamo spesso nella

ETA’ETA’La TERZA paginaA t t u a l i t á

La risposta l’ho ricevuta il giorno dopo: questi gruppi spesso si scontrano con i gruppi dei movimenti sociali perché le cosiddette “sentinelle” sono omofobe e si schierano contro diverse categorie sociali tra cui omosessuali, prostitute, coppie conviventi. Sapete quanta soffe-renza sono costretti a subire questi gruppi di persone? Chi dice di credere in Dio e di fare queste dimostrazioni nel nome di Dio sa cos’è l’amore, la miseri-cordia, la tolleranza? Papa Francesco ce lo insegna in un discorso di qualche tempo fa: «Chi siamo noi per giudicare?».Care “sentinelle”, siamo nel XXI secolo, non negli anni bui del Medioevo. Siate tolleranti, misericordiosi, dispensate amore e non odio. Dio non vuole inte-gralisti ma pecorelle mansuete! Ricor-date che siamo tutti figli di Dio, e chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Maria Nocco

BENESSERE E BENEFICI DELL’ARTEUN PAESE DISINTERESSATO ALL’ARTE

È UN PAESE SENZ’ANIMA

È LOTTA CONTRO IL TEMPOsuperbia contro gli altri?Forse perché molti hanno perso la fede nei valori cristiani?O forse la colpa è del tanto (troppo?) benessere?Io credo che un certo ruolo lo giochi anche la “macchina burocratica”, che talvolta sembra divertirsi a malmena-re la gente fino a strozzarla.Sicuramente anche a voi sarà capitato di avanzare una qualche richiesta che vi spetta di diritto: solo che, per avere un risultato positivo, bisogna avere tanta pazienza e anche fortuna; e intanto anche la buona calma si perde via via, portando quasi alla rinuncia: da uno sportello ti mandano all’altro, come un pacco postale rimandato al mittente, tutti sembrano avere dei ruoli importanti ma alla fine, tra tante scartoffie, pochi impiegati mostrano di meritarsi lo stipendio.Anzi, spesso per vedersi riconosciuto un diritto si fa prima a chiedere in preghiera un miracolo direttamente al Dio che è nei cieli!Questo è l’aumento dei carburanti, quella è l’IVA che cresce senza sosta, non parliamo poi delle bollette!E così l’uomo comune fa di tutto per far quadrare i conti e si vede costretto a grattarsi la testa giorno e notte. Io mi chiedo: come farà l’uomo a trovare pace, in questa condizione assurda? Sono sempre più convinto che, se non avverrà una svolta, anche le generazioni future saranno costret-te, di continuo e forse più di noi, a lottare contro il tempo.

Giuseppe Natuzzi

Se provo a chiedermi chi sono e come sono, mi accorgo che per rispondere a tale interrogativo ho bisogno di pensare non solo alla mia persona, ma anche a quelle che mi circondano, a persone della società della quale faccio parte, al modo di relazionarsi con gli altri. Non sono mai stato una persona isolata e desidero continuare a non esserlo a questa (terza) età. Con questo proposito, quindici anni fa mi iscrissi all’UTEprefiggendomi di apprendere cose nuove ed eventualmente, di dare qual-cosa di mio facendo emergere recondite attitudini. In effetti, frequentando all’UTE un corso di pittura e uno di cera-mica, sono venute fuori, inaspettata-mente, le mie doti artistiche pittoriche, scultoree e di ceramista. Con il desiderio di offrire al mio paese un veicolo di cultura e di bellezza attraverso le vie dell’arte, mi proposi di diventare un vero artista, come dichiarai anche sul nostro periodico La Terza Pagina (n° 2, febbraio 2005) con l’articolo Settantenne Aspirante Artista. Questa aspirazione che è stata da me raggiunta, dovrebbe essere motivo d’orgoglio, non solo mio, ma anche dell’ UTE e del paese, per aver generato un santermano dedito all’arte! Purtroppo però ho motivo di pensare che l’arte realizzata da qualunque santermano per molti compaesani sia da denigrare e non da apprezzare. Un comportamento che conferma il detto latino nemo propheta in patria, “nessuno è profeta in patria” (la frase è tratta dai Vangeli che la attribuiscono, diretta-mente o indirettamente, a Gesù). Ci sono infatti tanti esempi di validi artisti del passato, poco considerati a Santeramo e divenuti famosi altrove. È una sorta di snobismo che porta a non voler ricono-scere il bello altrui che ci è vicino, anche se viene ammirato, apprezzato o premiato in altre città, italiane ed estere. Dal canto suo, questa persona promet-tente, che è consapevole della qualità del proprio operato, che è sensibile, che ama il suo paese, rimane deluso nel non essere accettato come artista, special-mente da quei governanti comunali che si atteggiano a critici competenti. Diceva Benedetto Croce: “Questi avver-si all’arte sono o incompetenti o artisti

mancati che tendono bramosi ad una forma d’arte da essi non potuta raggiungere. Si atteggiano perciò a veggenti, a pedagoghi, a giudici dell’arte, scoraggiando gli artisti anche se dotati di eccellente talento”. La cosa peggiore è che mentono sapendo di mentire nel dire che l’arte non è neces-saria al paese. Invece ha la massima importanza perché è un veicolo di cultura e un paese disinteressato all’arte è un paese senz’anima! D’altra parte le buone opere artistiche, per chi le possiede, non sono solamente opere di piacevole presenza estetica o oggetto d’arredo, ma sono dei veri e propri capitali che col passar del tempo, acqui-stano sempre più valore, fruttano più di qualsiasi altro investimento. Se vien presa in seria considerazione dagli amministratori, perciò, l’arte dà noto-rietà e lustro al paese e, come attrazione turistica, può portare vantaggi econo-mici ai cittadini e alle istituzioni stesse, maggiormente se si crea una Galleria d’Arte permanente di opere degli artisti locali di maggior pregio, dove eventual-mente poter esporre, di tanto in tanto, anche opere di artisti non santermani meritevoli. A questo proposito, carissi-mi governanti, se vorrete, mi metto a vostra disposizione per eventuale plau-sibile collaborazione e suggerimenti. Amministratori, non chiudetevi nel-l’isolamento, relazionate con chi vi circonda, date spazio anche alle perso-ne che potrebbero apportare lustro e vantaggi economici al paese, attivatevi per l’arte e certamente non sbaglierete, perché l’arte è bellezza, incanto, visio-ne, fantasia, figurazione, storia, testi-monianza, perfezione, estetica, gioia, tristezza, nostalgia, armonia, poesia, racconto, romanticismo, attrazione… e, oltretutto, accomuna, ingentilisce gli animi e porta benessere economico alpaese.

Vincenzo Porfido

NON DOBBIAMO DIMENTICARE CHE... L’U.T.E.: UNA SCOPERTA MERAVIGLIOSA

ETA’ETA’La TERZA paginaEsperienze U.T.E.

Giovedì, ore 18:00: comincia la lezione di Storia. La nostra docente entra in aula ed escla-ma: «Buonasera a tutti, scusate il ritardo. Come al solito vi ho portato delle fotoco-pie su cui ho aggiunto del mio (e ti pareva! Vai a capire ciò che ha scritto con la sua grafia illeggibile!).Anche questa sera continuiamo il nostro discorso sulle Rivoluzioni.Ricordate il significato di rivoluzione?».«Siii (certo che lo ricordiamo, non siamo mica rimbambiti!)».Per chi non fosse stato presente alle altre lezioni, riepiloghiamo: rivoluzione significa trasformazione profonda, radi-cale, di uno stato di cose.Rivoluzione neolitica, scientifica, oggi parliamo di quella industriale.Dopo, ragazzi, (che bello essere chiamati ragazzi!) ci divertiamo con il gioco delle

Con l’inizio del nuovo anno accademico presso l’UTE, mi sono proposta, un po’ per mettermi in gioco, un po’ per prova-re una nuova esperienza, di dar vita ad un corso in cui fosse possibile esprimere le mie conoscenze universitarie circa la lettura e la comprensione dei classici. Ed è così che è nato il corso Leggere e rilegge-re i classici, sorto con l’obiettivo di legge-re testi diventati pietre miliari del nostro sapere, e di rileggerli in chiave moderna, tenendo conto del pregresso culturale ed esperienziale dei singoli iscritti. Ovviamente, si è partiti dalla definizione di classico (in maniera sem-plicistica, esso è un testo i cui contenuti sono validi in ogni epoca lo si legga), per poi illustrare, ad un’utenza sempre attenta ed interessata, gli strumenti di scrittura utilizzati a partire dall’anti-chità fino ad arrivare a quelli dei giorni nostri, i metodi di trascrizione e di stampa, gli errori comuni presso le prime tipografie. In seguito, dopo una breve presentazione della vita di Antoi-ne de Saint-Exupéry, si è passati alla lettura de Il piccolo principe. A riguardo, ho avuto modo di notare quanto fosse ancora attuale e veritiera la dedica che l’autore fece al suo amico Leone Werth (A Leone Werth quando era un bambino). I temi enucleati, amore, amicizia, morte (insomma, si tratta dei grandi valori della vita), hanno permesso a ciascun corsista di prendere coscienza dell’uni-cità del singolo essere, poiché, come ha sottolineato uno di loro, tutti siamo im-

Sono Michelina Sirressi e frequento l’U.T.E. da ormai 14 anni.Per me è stata una scoperta meraviglio-sa: quando mi sono iscritta per la prima volta non potevo immaginare che nel corso di questi lunghi e intensi anni l’Università della Terza Età mi avrebbe aiutata a tirar fuori e a conoscere quello che possedevo dentro di me senza saperlo!Ho seguito molti corsi – un anno addirit-tura dieci corsi contemporaneamente! – e su questa scia vado avanti tuttora, senza mai arrendermi.Poesia italiana, Dialetto, Pittura, Inglese,

Alla vigilia della fondazione dell’U.T.E. a Santeramo correva voce in paese che sarebbe sorto questo luogo d’incontro rivolto ai cittadini che avessero almeno quarant’anni, ma in verità molti di noi, in preda al dubbio e insieme alla curiosità, si chiedevano cosa fosse esattamente, cosa avrebbe offerto, in che modo gli iscritti avrebbero trascorso queste “ore di intrat-tenimento”. Così io e mia moglie decidem-mo di prenderci un anno di attesa e ci iscrivemmo l’anno successivo: da allora siamo stati iscritti fedelissimi! Col passare degli anni il numero degli iscritti ha conosciuto un aumento sempre maggio-re, superando i 300 nell’anno 2015.

date, liberamente ispirato al programma televisivo L’Eredità».Questo momento ci piace molto, anche perché molti di noi si rivelano partico-larmente preparati, in primis Angelo Dimita che, grazie alla sua solida prepa-razione in storia dell’economia, spesso aggiunge altre notizie, fa approfondi-menti e prima di ogni intervento pronuncia la mitica frase: «Non dobbia-mo dimenticare che…».La «Prof» accoglie i nostri interventi con entusiasmo e soddisfazione per la grande collaborazione che si crea in aula. Le nostre lezioni sono infattidinamiche e interattive consentono a ciascuno di inserirsi all’interno della “grande Storia” con il proprio vissuto: così, accogliendo e ascoltando l’altro, si fa la “Storia”.

I corsisti di Storia

A LEZIONE DEI CLASSICIportanti. A confermare l’importanza di questo classico è stata l’uscita del film omonimo, che è stato visto a scuola durante le ultime ore di lezione. Se l’opera del principino è stata un po’ ostica da comprendere, più semplice è stato l’approccio alla Commedia dante-sca, probabilmente per la sua fama che continua imperterrita nei secoli. Nono-stante la difficoltà conseguente alla diversità della lingua rispetto a quella odierna, si è riusciti nell’intento di fornire un quadro chiaro e il più sempli-ce possibile, in modo da rendere noti i personaggi-cardine di quest’immane capolavoro della letteratura italiana.Infine, si è passati alla lettura del mito delle due metà di Platone e del romanzo pirandelliano Uno, nessuno, centomila.Quando ai miei corsisti ho posto la domanda Cosa vi è piaciuto di più del corso?, tutti hanno risposto in maniera entusiasta e positiva, facendo capire il loro apprezzamento. A titolo esemplifi-cativo riporto l’opinione di uno di loro:«È stato un modo per conoscere profes-sori in gamba; questo corso, come molti altri, sono stati tenuti da docenti giova-ni che sprizzano cultura e che sono stati in grado di farci comprendere di più vari aspetti della cultura.Eppure, ci lamentiamo sempre che i giovani non vogliano fare niente nella vita!E, invece, non sono tutti uguali!».Nel complesso, posso ritenermi soddi-sfatta del lavoro svolto con corsisti

curiosi di tutto, pronti a fare domande per capire anche le minuzie.Tuttavia, devo ammettere che spesso si è letto e discusso di argomenti toccanti, che hanno alimentato discussioni accese in cui era facile notare una scissione della classe tra credenti e miscredenti.In sostanza, più che di un mero corso didattico, si è trattato di un corso che ha cercato di trasmettere, scambiare e confrontare esperienze di vita persona-li, reali, essendo, ognuno di noi, come ha detto una delle mie corsiste, un mondo da scoprire.Di questa bellissima esperienza ringra-zio chi ha permesso fosse tale, ossia la Presidente dell’U.T.E., la dott.ssa Elena Cardinale, e tutto il suo valido Direttivo. Concludendo, se dovessi riassumere il contenuto maggiore che Leggere e rileg-gere i classici ha cercato di trasmettere è il segreto che la volpe confida al piccolo principe: «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».Andate oltre le apparenze. Sempre.

Adriana MassaroDocente UTE

Francese, Tedesco, Spagnolo, Informati-ca, Scrittura creativa, Canto corale, Ballo di gruppo, Fisarmonica, Giornalismo, Cucina: questo è solo una parte della mia esperienza, passata e presente, in questa realtà così variegata e stimolante.Come racconto spesso ai miei cari, un anno andai in ferie a Las Vegas e indo-vinate? Con quel po’ di inglese che avevo imparato all’U.T.E. mi feci capire senza problemi dagli americani, e lo stesso ovunque io vada. Ma non finisce qui! Grazie all’U.T.E. ho avuto la possibilità di mettermi in gioco in tanti altri modi: ho partecipato con

piacere e diletto ai saggi di fine anno e una volta ho persi-no interpretato un ruolo in una com-media!Per tutto questo sono contentissima e così continuerò fino a quando Dio mi darà la vita, fino a quando ne avròla forza, con la gioia e la curiosità di sempre.

Michelina Sirressi

UN LABORATORIODEDICATO AL...

PENSIEROL’aula si anima, i corsisti si dispongo-no seduti in cerchio (cura del setting, “ambiente-contesto”).La docente Francesca Cecca, dotto-ressa in Filosofia, seguendo la meto-dologia della P4C (Philosophy for Community, “Filosofia per la Comu-nità”), dà il via alla lezione con la lettura di una frase o di un testo (testo-pretesto), generalmente di un filosofo da lei scelto, al fine di svilup-pare un pensiero critico. Dopo un po’ di silenzio ogni corsista formula una propria domanda, dando vita così a tanti interrogativi. La docente li annota sulla lavagna e dopo aver fatto l’analisi della agenda invita a ragionare sui punti più salienti. All’inizio l’esercizio non è semplice perché le opinioni dei corsi-sti sono spesso in contrasto ma lei, fornendo quanti più stimoli possibili e aggiungendo altri termini con esempi e sfumature differenti, fa comprendere il significato dei vari concetti emersi.Il corso è molto frequentato, merito della docente che fa trascorrere un’ora piacevolissima ed intrigante: un lavoro con cui si cerca di imparare a riflettere prima di parlare, ad ascol-tare e rispettare gli altri senza giudi-care; con questo percorso, infatti, si scopre “l’altro” dandogli spazio senza invaderlo e si va incontro anche al tema principe di quest’anno accade-mico ovvero l’accoglienza.

Pina Giandomenico

L’U.T.E.: UN LUOGO IN CUI SOCIALIZZAREMa qual è il segreto dell’U.T.E.? Dal mio punto di vista, tutti i corsi erano e sono tuttora molto istruttivi e anche impegna-tivi: stando seduti a quei banchi di scuola facciamo tante scoperte ma allo stesso tempo ricordiamo cose del passato che pensavamo di aver perso. Se all’inizio i docenti erano quasi tutti adulti o avanti negli anni, in tempi più recenti c’è stato un cambiamento e quasi un “ringiovani-mento” dietro le cattedre: alcuni corsi infatti sono stati affidati a docenti più giovani (potrebbero essere nostri figli o persino nipoti!) che ci hanno fatto vivere l’esperienza della scuola in chiave più moderna e innovativa.

Certo, le prime lezioni di questi giovani insegnanti erano un po’ condizionate dal fatto di avere di fronte un’aula piena di “alunni di età avanzata”!Ma ben presto abbiamo preso confidenza reciprocamente e adesso siamo tutti felici, sia noi sia loro.Mi permetto di esprimere dal profondo del mio cuore, e penso anche a nome di tutto il “popolo U.T.E.”, la soddisfazione e la gratitudine verso i docenti, la Presi-dente e il Direttivo: senza di voi e senza il vostro impegno costante, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile!

Vincenzo Giampetruzzi

RASSEGNA CORI A MOLAIl coro dell’UTE diretto da R. Caraccia, docente di “Ritmo a suon di musica”

Ultima tappa: Capodimonte, un tempo residenza borbonica, oggi museo. Con la guida di una leggiadra studiosa di storia dell’arte abbiamo ammirato i capola-vori in essa custoditi: quadri, antichi arredi, armature, porcellane e molto altro. Stanchi ma felici siamo rientrati alla base, portando nel cuore e nella memoria Napoli e le sue vivaci sfumature. Qualcuno un tempo visitò Napoli e disse che poteva ormai morire dopo aver ammirato un simile incanto; io, scongiuri permettendo e con un pizzico di ottimismo in più, direi: «Vedi Napoli e, se puoi, tornaci!».

Maria Nocco

Le scale, poi, un incanto! Decorazioni con donne in stile liberty e, alla fine del percorso, un gigantesco Ercole che ci salutava, simbolo al contempo di forza e di bellezza.Seconda tappa: una saluta-re passeggiata per le strade pittoresche di Napoli, fino al Duomo dedicato a san Gennaro: varcata la porta santa abbiamo acceso un cero al santo Patrono della città, affinché ci proteggesse dalle malvagità cheimperversano nel mondo.E’ stata poi la volta di via Toledo (resa famosa da Renato Carosone con la canzone Tu vvuò ffä l’Americano) con I suoi eleganti palazzi e dellagalleria Umberto I, che ho trovato bella ma anche (ahimé) sporca.Dopo il pranzo gustato nell’evocativa cornice del risto-rante Il pomodorino, di fronte al Maschio Angioino, molti di noi hanno approfittato della “mezz’ora di libertà” per fiondarsi a fare incetta di babbà, ricce e pastarelle da portare “in patria”. Che bontà!

VEDI NAPOLI E POI... TORNACI!

Il 9 ottobre 2015 ha avuto la sua inau-gurazione il nuovo Anno Accademico dell’U.T.E., questa volta sotto il segno dell’accoglienza: è stato infatti questo il tema della prolusione, a cura del prof. Giuseppe Tribuzio e della dott.ssa Francesca Cecca.Non si poteva scegliere un tema più adeguato a distanza di ormai 15 anni dal giorno in cui ha visto la luce a Santeramo un’istituzione culturale che ha nell’accoglienza uno dei suoi punti di forza e che conta ormai più di 300 iscritti. Perché questo fenomeno? Perché l’U.T.E. ci accoglie tra le sue ampie braccia senza dettare condizio-ni, senza dare giudizi, e ci insegna a

Ogni anno l’U.T.E. di Santeramo organizza delle gite culturali e ad esempio lo scorso 6 marzo una nutrita schiera di corsisti è partita alla volta di Napoli, «città del sole, pizza e amore».Malgrado la pioggia battente, il viaggio è stato allietato da musiche amarcord anni ’50-’60 e dall’immancabile “Piccolo fiore”, ormai colonna sonora di tutte lenostre gite.All’arrivo nella città partenopea (Partenope era l’antico nome di Napoli che secondo la leggenda fu fondata dalla sirena Parthenope, fuggita dalla Grecia insieme al suo amante Cimone per poter vivere in serenità e senza ostacoli il loro amore) siamo stati accolti da un timido sole. Prima tappa: la nuova metro-politana, fiore all’occhiello della città, tra le più belle d’Europa. E infatti ha colpito anche noi: scendendo nelle sue viscere abbiamo incontraro, attaccate alle travi d’acciaio, chiocciole e lumache colorate di grandi dimensioni (sembrava di stare in mezzo alla Murgia!); proseguendo ci siamo imbattuti in uno scenario altret-tanto suggestivo: richiami al cielo, alla terra, al mare, pareti colorate, onde marine, un lucernaio aperto che lasciava intravedere uno spicchio di cielo, tonalità di marrone per rendere l’elemento della terra, il tutto realizzato attraverso eleganti mosaici.

ALL’U.T.E. ...NON SOLO CORSI!I zite tésteCenquand’anne sò passäte,

com’a nu lambe so arreväte,

l’amòre vuéste jè nu rejäle de Dije

pe fä cundende nepute e ffile.

Tande amice ve vòlene béne,

chide du giornalisme nan so da méne.

Ve festeggiäme che tande augureje e tarandelle,

ma nan ve site scurdanne d’annusce i castagnelle!

Recurdateve ca l’amòre je nu vande,

vuliteve bbene almene pe nn’alt e cenquande!

Maria Nocco

Quest'anno è ritornata a far parte della famiglia dell’U.T.E. la bravissima prof.ssa Rosa Angela Silletti. La materia che le è stata suggerita dal direttivo è stata la Scrittura Creativa. Il suo impegno è stato quello di proporci nuove idee per stimolare la fantasia di noi corsisti.Ci siamo persino dilettati a creare un profilo Twitter, con il quale abbiamo proposto messaggi in 140 caratteri che sono stati letti in tutto il mondo virtuale. Abbiamo, inoltre, conosciuto alcuni poeti e scrittori creativi, tra tutti Gianni Rodari (1920-1980). Lasciandoci ispirare dal suo libro La grammatica della fantasia e leggendo le sue ironiche e significative storie, noi dilettanti abbiamo provato ad inventare racconti e poesie con l'aiuto della fantasia che abbiamo riscoperto esistere in noi, stuzzicati per esempio dall'anafora, dalle rime, dall'uso esclu-sivo di alcune lettere...La nostra docente si è impegnata molto, dimostrando verso tutti amore e pazienza; per la sua disponibilità la ringraziamo tanto soprattutto perché l'ora di Scrittura Creativa scorreva

non giudicare ciò che non conoscia-mo, come ha brillantemente spiegato il sociologo Tribuzio. Ma che cos’è l’U.T.E. per noi? E’ un’occasione da prendere e comprendere, è stare insie-me, fare conoscenze, intraprendere un percorso, dare spazio all’altro, è aprirsi al confronto e all’amicizia. L’U.T.E. dedica tempo e attenzione ai corsisti senza pretendere nulla in cambio, è come una grande famiglia e come tale ci abbraccia tutti, dal più piccolo al più grande, ci fa sentire tutti uguali, coccolandoci e gratificandoci con gite d’istruzione, seminari, feste… e tanto entusiasmo!

Pina Giandomenico

SOTTO IL SEGNO DELL’ACCOGLIENZA

sempre velocemente per noi, divertiti dalla fantasia che ogni volta la profes-soressa Silletti risvegliava con nume-rosi suggerimenti. Grazie!

Franca Nuzzi

TRA FANTASIA E CREATIVITÀ

ETA’ETA’La TERZA paginaEsperienze U.T.E.

ETA’ETA’La TERZA paginaRicercando... riscoprendo...

Giochi di una volta...

U SCÉCHE DU CIUCCHELE (IL GIOCO DELLA LIPPA) Si formano due squadre. Il gioco consiste nel percuotere con la “mazza” u ciucchele su una delle due estremità appuntite e ricolpirlo a volo con la stessa “mazza” per scagliarlo lontano. Ognuno degli avversari, schierati ad una certa distanza, cerca di prendere al volo u ciucchele con le mani, con un cappello o con la giacca rovesciata sul petto (le ragazze anche con un grembiule o un lembo del vestito); la sequenza è ripetuta finché non lo si prende al volo. Si prosegue allo stesso modo con gli altri membri della squadra e poi si passa alla squadra avversaria con le stesse regole. Vince la squadra che totalizza più metri tra la base di partenza e il punto dell’ultima cattura del ciucchele (la misura è fatta in genere con la “mazza” stessa); i vincitori hanno diritto ad essere portati a cavalcioni sulle spalledei perdenti lungo questo stesso tragitto.

U SCÉCHE DU PERRÉZZELE(IL GIOCO DELLA TROTTOLA)Due o più giocatori antagonisti lanciano contemporaneamente il proprio“perrézzele” (giocattolo di legno o di metallo, a forma di cono rovesciato, che svolgendo rapidamente uno spago avvolto intorno ad esso vien fatto girarevorticosamente attorno a se stesso).Vince ogni ripresa colui che riesce a far girare di più “u perrézzele”.

SQUINGELANNE, SQUINGELANNE(SALTANDO, SALTANDO)Il gioco consiste nel superare, saltando con le gambe divaricate, il giocatore posizionato con la testa all’ingiù e la schiena piegata (può essere d’aiuto poggiare le mani sulla schiena di chi sta piegato). Ogni giocatore, dopo aver saltato l’ultimo, si posiziona allo stesso modo a circa due metri da lui per essere “saltato”a sua volta.Il gioco, ripetuto in continuazione, non ha limite di tempo né vincitori.

U SCÈCHE DI PETRÒRRE(IL GIOCO DELLE PIETRE)Il giocatore fa un ponte con il pollice ed il medio di una mano, davanti a cui lancia sei piccole pietre (petròrre); sceglie una di queste e con l’altra mano la lancia in alto e, prima di riprenderla al volo, con la stessa mano cerca di far passare una delle restanti pietre sotto al ponte senza toccare le altre. La sequenza viene ripetuta fino al passaggio dell’ultima pietra. Dopo di ciò tutte le pietre, tenute nelle due mani a mo’ di coppa, vengono lanciate verso l’alto e si cerca di riprenderle sul dorso delle mani accostate. Vince chi riesce a prendere più pietre sul dorso delle mani.

U SCÉCHE DU CIRCHIJE(IL GIOCO DEL CERCHIO)Il cerchio non è altro che la parte metallica della ruota della bicicletta priva di raggi e di camera d’aria.Il giocatore, per spingere e guidare il cerchio, fa scorrere una mazza nell’incavo del cerchio.Più giocatori fanno la corsa con questo cerchio ed è vincitore il primo arrivato.

U SCÉCHE DI FUNGÈRRE(IL GIOCO DELLE BUCHE)Ogni giocatore fa una buca nel terreno. A turno, dalla distanza di tre metri dalle buche, il giocatore deve cercare di far andare in una di queste una còcle (frutto secco della quercia, rotondo come una pallina). Se riesce ad imbucarla, prende la pallina e la lancia contro il titolare di quella buca che, per evitare di essere colpito, si allontana lestamente dalla buca.Tutti, a turno, ripetono le stesse azioni. Perde chi è colpito dalla còcle.

REDAZIONE

ELENA CARDINALEPresidente UTE

CHIARA VISCEGLIADocente Corso di Giornalismo

Adriana MassaroDocente UTE

Corsisti RedattoriFranca Nuzzi, Pasquale Difonzo,Giuseppina Giandomenico,Maria Nocco, Vincenzo Porfido,Maria Valentino,Michelina Sirressi, Francesca Mastrorocco,Vincenzo Giampetruzzi, Giuseppe Natuzzi,Camilla Molinari, Vita Maria Giampetruzzi,Maria Grazia Bitetti,Domenico Morgese

Coordinamento EditorialeProf. Vito Lella

L’UTE ringrazia:Comune di Santeramo,Ufficio D.S.U. Regione Puglia,Scuola Sec. 1° Grado plesso “ Netti” Sede UTEBanca di Credito Cooperativo di SanteramoTipografia Baldassarre

Sede Sociale UTE:Largo Lazazzara, 16 - Santeramowww.utesanteramo.comemail: [email protected]. 320.0275480

Corso di Giornalismo a cura della docente Chiara Visceglia