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1 La termodinamica del secondo principio 1. Il motore termico Come possiamo riassumere quanto detto sinora sul calore e sul lavoro? Calore e lavoro sono due processi tramite i quali avviene trasferimento di energia fra un sistema e l’ambiente. Il lavoro L rappresenta l’energia scambiata attraverso dei mezzi meccanici, vale a dire per effetto dello spostamento del punto di applicazione delle forze con cui il sistema interagisce con l’ambiente. Il calore Q rappresenta l’energia scambiata a causa della differenza di temperatura fra il sistema e l’ambiente. Mai si dirà che un sistema possiede del lavoro oppure che un sistema possiede del calore. Q e L non sono proprietà dei sistemi ma piuttosto quantità in trasferimento: il loro valore descrive il processo di scambio di energia, e varia a seconda delle modalità del trasferimento. Cosa s’ intende con il termine motore termico? Con il termine macchina termica o motore termico intendiamo un dispositivo che riceve energia sotto forma di calore e ne restituisce una parte sotto forma di lavoro. Capitolo 5

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La termodinamica

del secondo principio

1. Il motore termico

Come possiamo riassumere quanto detto sinora sul calore e sul lavoro? Calore e lavoro sono due processi tramite i quali avviene trasferimento di energia fra un sistema e l’ambiente. Il lavoro L rappresenta l’energia scambiata attraverso dei mezzi meccanici, vale a dire per effetto dello spostamento del punto di applicazione delle forze con cui il sistema interagisce con l’ambiente. Il calore Q rappresenta l’energia scambiata a causa della differenza di temperatura fra il sistema e l’ambiente. Mai si dirà che un sistema possiede del lavoro oppure che un sistema possiede del calore. Q e L non sono proprietà dei sistemi ma piuttosto quantità in trasferimento: il loro valore descrive il processo di scambio di energia, e varia a seconda delle modalità del trasferimento. Cosa s’ intende con il termine motore termico? Con il termine macchina termica o motore termico intendiamo un dispositivo che riceve energia sotto forma di calore e ne restituisce una parte sotto forma di lavoro.

Capitolo

5

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Il calore può essere ricevuto dal motore sia attraverso il contatto con una sorgente termica a temperatura maggiore della sua, sia a spese dell’energia interna di qualche sostanza, come avviene durante una reazione chimica. Un esempio di questo secondo caso è la combustione della benzina. Come possiamo trasformare calore in lavoro? La risposta a questa fondamentale domanda venne dallo studioso francese Sadi Carnot, nel suo lavoro Réflexions sur la puissance motrice du feu […], del 1824 e può essere così riassunta: L’energia ricevuta per calore può essere restituita tramite lavoro, e quindi essere in grado di spostare il punto di applicazione di una forza, unicamente per effetto dei mutamenti che il calore può indurre nel volume e nella forma delle sostanze a causa della dilatazione termica. Per tale motivo trasferire energia attraverso il lavoro dopo averla ricevuta per calore, è più facile se si sfruttano le sostanze aeriformi, per le quali il fenomeno della dilatazione termica è in genere semplice da ottenere, ed è più consistente che non nei liquidi o nei solidi. Si può dire che per produrre lavoro il motore consuma del calore? La generazione di lavoro non è riconducibile al “consumo" di calore, che in quanto forma di energia non può in alcun caso essere distrutta. A produrre lavoro è il passaggio di energia per calore da un corpo caldo ad uno freddo, allo scopo di provocarne la dilatazione. E poiché si ha trasferimento per calore solo in presenza di una differenza di temperatura, si può concludere che: Per costruire un motore non è sufficiente trovare una sorgente da cui attingere energia, ma occorre una differenza di temperatura

La produzione di lavoro può essere l’unico effetto del funzionamento di un motore? Dato che il lavoro termodinamico di cui stiamo parlando, ottenuto dal trasferimento di calore, è il risultato delle dilatazioni termiche, appare evidente che una volta prodotto del lavoro il sistema che lo ha generato ha variato il suo volume. Questo può essere enunciato formalmente dicendo che la produzione di lavoro non è mai l’unico effetto della trasformazione di calore in lavoro. Conseguentemente, se si vuole costruire un motore, si dovrà tenere anche conto di tali effetti di variazione di volume. Altrimenti si avrà un motore che funzione una sola volta, produce del lavoro ma poi non può essere sfruttato di nuovo, dato che alla fine del processo esso non si trova più nelle condizioni di partenza. Si pensi, ad esempio, al lavoro che si può produrre riscaldando un cilindro contenente gas: il riscaldamento fa sollevare il pistone che produce così del lavoro. Non è però pensabile di dilatare il gas illimitatamente, perché praticamente si dovrebbe disporre di un cilindro di altezza infinita. In termini pratici, quindi, di cosa ha bisogno un motore che sia efficiente? Occorrerà che alla fine del processo di produzione del lavoro si riporti nelle condizioni iniziali il sistema che si è dilatato. Tuttavia rimediare alle dilatazioni a cui la trasformazione di calore in lavoro ha dato luogo significa compiere del

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lavoro dall’esterno sul sistema, per comprimerlo nuovamente. Un altro modo per dire la stessa cosa è che il motore termico, per funzionare, deve compiere una trasformazione ciclica. Con il termine di ciclica si intende una trasformazione a conclusione della quale lo stato di arrivo coincide con quello iniziale. A questo punto il motore può ripartire e generare nuovo lavoro. Allora dobbiamo far compiere al sistema esattamente gli stessi passi a ritroso? Non è pensabile portare indietro il sistema ripercorrendo esattamente gli stessi passi che esso ha fatto per produrre lavoro. Difatti, nel caso ideale di assenza di dissipazioni, l’esatto percorso inverso richiederebbe da parte dell’ambiente lo stesso lavoro che il sistema ha fornito nel dilatarsi. Si pensi alla espansione isoterma reversibile di un gas perfetto che produce un

lavoro ln fin

in

V

VL nRT

. Ricomprimere lo stesso gas isotermicamente, alla

medesima temperatura richiede che dall’esterno venga compiuto di nuovo sul

sistema un lavoro ln in

fin

VV

nRT L

.

Questo è l’ esempio di un motore davvero pessimo, il quale riassorbe tutto ciò che produce. La soluzione è piuttosto quella di riportare il sistema allo stato di partenza seguendo un percorso differente dall’andata. Come si sceglie il percorso per tornare allo stato iniziale? Il criterio da usare è quello di rendere minimo il lavoro necessario, dato che nel bilancio complessivo questo andrà sottratto al lavoro prodotto durante l’espansione. Per appoggiare le idee, supponiamo che il sistema che fa da motore sia un certo quantitativo di gas perfetto che segue trasformazioni reversibili e quindi rappresentabili da curve sul piano di Clapeyron. Come sappiamo, più bassa è la temperatura, più la linea che rappresenta la trasformazione si trova in basso verso l’asse dei volumi, e quindi minore sarà il lavoro, cioè l’area sottesa1 fra due volumi qualunque. Se quindi il gas che in figura si sposta dallo stato 1 allo stato 2 producendo il lavoro AL , viene poi raffreddato fino allo stato 3 , il

processo di ritorno al volume iniziale richiede un lavoro RL minore di quello da lui prodotto all’ andata. Come si deduce dal disegno, il ciclo sarà completo solo se dopo si riporta anche la pressione al valore di partenza, riscaldando il gas. Questo raffreddamento del motore può avvenire adiabaticamente, senza cedere calore? Nell’esempio in figura il gas cede calore in due momenti, quando si raffredda da 2 a 3 e quando viene riportato al volume iniziale da 3 a 4 . Si può tentare di ottenere lo stesso risultato immaginando che la prima delle due trasformazioni sia adiabatica: possiamo raffreddare il gas senza che ceda calore, semplicemente lasciandolo espandere ancora di più. Ma nella seconda, quando lo si vuole riportare al volume iniziale, l’ambiente deve compiere lavoro sul gas, ed in questa fase non possiamo evitare fuoriuscite di calore.

1 Si noti che questa identificazione del lavoro con l’area sottesa nel piano di Clapeyron perde di significato nel caso di trasformazioni irreversibili

300 K

400 K

500 K

600 K

inV

P

finV

AL

RL

V

1 2

34

4

Qualunque motore deve essere raffreddato? La necessità di raffreddare i motori è del tutto generale e non riguarda solamente l’espansione di un recipiente cilindrico ideale che contenga del gas perfetto. Questo comporta il doversi sempre procurare una sorgente fredda alla quale cedere calore. Si pensi al radiatore delle automobili, oppure ai grandi bacini idrici in prossimità dei quali sono costruite le centrali termonucleari. Il raffreddamento è indispensabile se vogliamo che il motore sia di utilità pratica: Al termine del ciclo di un motore, il bilancio del lavoro deve essere positivo, deve cioè essere prodotto più lavoro in espansione di quanto ne sia poi richiesto durante la compressione.

Come si rappresenta un motore a gas perfetto nel piano P, V? Durante il ciclo vi saranno in generale delle sorgenti dalle quali il motore assorbe calore e sorgenti verso le quali lo cede. Se indichiamo con maxT la temperatura

della più calda delle sorgenti e con minT la più fredda di esse, i cicli operanti fra tali temperature estreme saranno compresi tra le isoterme reversibili di gas perfetto corrispondenti. Se poi il motore a gas perfetto segue solo trasformazioni reversibili possiamo anche raffigurare il suo percorso: trattandosi di un ciclo, esso sarà costituito da una linea chiusa. A cosa corrisponde nel piano P,V il lavoro di un ciclo di un motore reversibile? Come sappiamo, il lavoro termodinamico compiuto durante le trasformazioni reversibili è espresso dall’area sottesa dalle curve. Essa andrà presa con il segno positivo oppure negativo a seconda del fatto che il volume aumenti o diminuisca, cioè a seconda del fatto che la trasformazione proceda da sinistra verso destra nel piano ( 0L ) oppure da destra verso sinistra ( 0L ). Poiché in qualunque ciclo vi sarà una parte della trasformazione durante la quale il sistema si espande, ed una parte in cui si ricontrae, il lavoro complessivo è alla fine dato solo dall’area racchiusa entro il ciclo stesso. Il segno di L sarà positivo se il gas si espande (reversibilmente) a temperature maggiori di quelle a cui si ricontrae (il ciclo è percorso in verso orario), viceversa sarà negativo. Come possiamo calcolare il lavoro compiuto durante un qualunque ciclo? Si fa uso del primo principio della termodinamica. Dato che lo stato finale è uguale a quello iniziale la variazione di energia interna in un ciclo deve essere zero perché l’energia interna è una funzione di stato. Se quindi int 0E avremo che alla fine del ciclo risulterà Q L . Il calore Q complessivamente scambiato dal sistema sarà dato dalla somma di quello entrante, CQ , ricevuto dalle sorgenti calde, e di quello uscente, FQ , ceduto alle sorgenti fredde. Ne risulta che:

| |C F C FL Q Q Q Q Q

avendo esplicitato il segno del calore ceduto FQ , sicuramente negativo.

minTmaxT

P

V

ESPANSIONE L > 0

V

P

CONTRAZIONE L < 0

P

V

LAVORO DEL CICLO

L > 0 P

V

5

Come si interpreta questo risultato? La formula | |C FL Q Q può essere letta così: poiché devo raffreddare il

sistema prima di poterlo riportare allo stato iniziale, non tutto il calore CQ assorbito viene trasformato in lavoro. Una parte di esso, FQ , esprime l’energia spesa per raffreddare e ricomprimere il sistema, e va necessariamente ceduto alle sorgenti a temperatura fredda con le quali il motore deve essere in contatto, e quindi non viene convertito. Questo dà informazioni anche sull’efficienza del motore? Quel che si può concludere è che il motore sarà tanto migliore quanto più FQ

risulta piccolo. Infatti quanto più FQ è piccolo tanto più grande è la porzione di

CQ che viene trasformata in lavoro. Per quantificare la bontà di un motore si introduce un parametro, detto rendimento, che si indica solitamente con la lettera greca eta: . Il rendimento esprime numericamente quanto si è appena detto, cioè quale frazione del calore assorbito viene trasformata in lavoro. L’espressione matematica di è quindi il rapporto fra ciò che si è ricevuto dal motore, cioè il lavoro L , e quello che si è dato al motore, cioè il calore CQ :

| | | |1C F F

C C C

Q Q QL

Q Q Q

lavoro prodottocalore assorbito

Come si vede risulta sempre 0 1 . Leggendo la frazione come quantitativo del numeratore associato ad un’unità del denominatore, diremo che per ogni Joule ricevuto in forma di calore, il rendimento esprime la frazione di esso che il motore è in grado di restituire in forma di lavoro.

E’ possibile costruire un motore perfetto? Un motore ideale trasformerebbe tutto il calore assorbito in lavoro. Il suo rendimento sarebbe 1 . Ma abbiamo visto che non possiamo fare a meno di cedere calore alla sorgente fredda. Quindi nessun motore può essere ideale. Ci sono quindi due possibilità per un dispositivo che produca lavoro a partire dal calore, sfruttando la dilatazione di un fluido. Se esso trasforma tutto il calore in lavoro, non si tratta di un motore, perché ne risulterebbe uno stato finale diverso da quello iniziale. Se invece lo stato finale coincide con quello iniziale allora il dispositivo è un motore, perché ha compiuto un ciclo, tuttavia una parte del calore risulta non utilizzata ai fini della trasformazione in lavoro, in quanto ceduto alla sorgente fredda. Se ne può concludere che:

Per i motori reali risulta sempre un rendimento 1

ESPANSIONE

QC

QF

CONTRAZIONE V

P

CICLO MOTORE

Sorgenti calde

MMQF

QC

L= QC-!QF!

Sorgenti fredde

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2. Il secondo principio della termodinamica

La conclusione cui si è giunti sulle caratteristiche dei motori, venne espressa in forma di principio fondamentale da parte del fisico britannico William Thomson (poi divenuto Lord Kelvin, 1824 –1907): Secondo Principio della termodinamica nella forma di Kelvin Non esiste la macchina termica ideale, quella cioè che trasforma tutto il calore assorbito da una sola sorgente in lavoro. Trattandosi appunto di un principio, quanto esposto nel paragrafo precedente non è la sua dimostrazione, ma solo una serie di ragionamenti (circoscritti fra l’altro ai soli motori che seguono trasformazioni reversibili), volti a facilitarne la comprensione. Il fatto che il motore ideale non esista è una legge della fisica, e come tale frutto della sperimentazione ripetuta secondo il metodo galileiano. E come per tutte le leggi della fisica, basterebbe anche un solo caso in cui essa non valesse per falsificarla. Quali legami ha il secondo principio con i fenomeni naturali del quotidiano? Esiste una formulazione alternativa del secondo principio della termodinamica, dovuta al fisico prussiano Rudolph Clausius (1822 -1888). Invece dei problemi connessi con la realizzazione di una macchina termica, Clausius prese in considerazione un fenomeno naturale apparentemente senza alcuna relazione con quanto esposto fino ad ora: il verso di scorrimento del calore. Come si osserva quotidianamente, il rilascio spontaneo di energia per effetto della differenza di temperatura ha una sola direzione: procede, infatti, da corpi a temperatura superiore verso corpi a temperatura inferiore. Il punto sul quale riflettere è che, sebbene sarebbe perfettamente compatibile con il primo principio, un flusso spontaneo di calore da bassa verso alta temperatura non ha mai luogo: Il calore fluisce spontaneamente solo da corpi a temperatura superiore verso corpi a temperatura inferiore

Si può realizzare uno spostamento di calore contro la direzione naturale? Certamente si può, ma occorre una macchina frigorifera, una macchina, cioè, che consumando energia trasferisce calore da oggetti freddi verso oggetti caldi. Proprio come il frigorifero di casa: trasferisce calore dal cibo freddo (a bassa temperatura) all’ambiente (a temperatura più alta) rendendo il cibo ancora più freddo. Tutto questo, beninteso, consumando energia. Infatti i frigoriferi hanno un spina connessa alla rete elettrica e se questa si stacca il trasferimento di calore dal freddo al caldo cessa.

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Come si rappresenta un frigorifero reversibile nel piano P, V? Il principio di funzionamento del frigorifero è inverso a quello del motore: riceve lavoro per sottrarre calore ad una o più sorgenti fredde e cederlo ad una o più sorgenti calde. Anche la macchina frigorifera, per funzionare con continuità, deve seguire una trasformazione ciclica che, nel caso in cui sia reversibile, può essere raffigurata da una linea chiusa nel piano P,V. Come possiamo esprimere l’efficacia di una macchina frigorifera? Un frigorifero funziona tanto meglio quanto più calore fQ riesce a prelevare

dalle sorgenti fredde a parità di lavoro L ricevuto. Trattandosi di un ciclo avremo anche in questo caso 0Q L , da cui C FL Q Q Q . Il lavoro è subito dal frigorifero, quindi di segno negativo, così come è negativo il calore uscente CQ , mentre è positivo quello entrante FQ . Esplicitando i segni si

ha 0C FL Q Q cioè C FL Q Q .

La prestazione di un frigorifero viene allora espressa bene dal seguente rapporto fra il calore prelevato ed il lavoro ricevuto:

F F

C F

Q Qk

L Q Q

calore prelevatolavoro ricevuto

Il rapporto k si dice efficienza, e rappresenta il numero di joule di calore che il frigorifero può sottrarre alle sorgenti fredde per ognuno dei joule di lavoro ricevuti. Più grande è k , meno lavoro richiede la macchina per funzionare. Un frigorifero ideale sottrarrebbe tutto il calore prelevato (cioè C FQ Q ) senza richiedere

lavoro esterno: per esso si avrebbe efficienza infinita. Ne concludiamo che 0 k . Cosa mostrano le osservazioni riguardo al funzionamento del frigorifero ideale? Il fatto che il trasferimento di calore da bassa ad alta temperatura non avvenga spontaneamente, ma solo se si compie lavoro dall’esterno, ha delle conseguenze sui limiti di funzionamento delle macchine frigorifere, riassunte da Clausius nel modo che segue: Secondo Principio della termodinamica formulato da Clausius: Non esiste la macchina frigorifera ideale, cioè non è possibile effettuare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da una sorgente a temperatura inferiore ad una sorgente a temperatura più alta. Come si interpreta per Clausius il funzionamento del frigorifero reale ? L’enunciato di Clausius del secondo principio sostiene semplicemente che un frigorifero non funziona senza attaccare la spina. Ovviamente ogni frigorifero reale trasferisce calore da bassa ad alta temperatura, ma non è questo l’unico effetto della sua azione. Il lavoro compiuto dall’esterno sul sistema comporta tutta una serie di modificazioni ambientali, ad esempio quelle che ha prodotto la centrale elettrica che ci fornisce l’energia necessaria affinché il frigo funzioni.

ESPANSIONE

QC

QF

CONTRAZIONE

V

P

CICLO FRIGORIFERO

Sorgenti calde

FMQF

QC

L= -!QC!+!QF!

Sorgenti fredde

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Il principio di Clausius esprime la stessa legge fisica di quello formulato da Kelvin? La formulazione di Clausius è perfettamente equivalente a quella di Kelvin e viceversa. Dimostriamo dapprima che se si può violare l’enunciato di Clausius (tecnicamente diremo “se si può costruire una macchina anti-Clausius”), allora si viola anche quello di Kelvin. In figura è schematizzato un motore termico A che assorbe calore CQ da una sorgente a temperatura calda CT e cede calore FQ ad

una sorgente a temperatura fredda FT . Esso produrrà un lavoro L che, come si è dedotto dal primo principio, sarà pari alla differenza fra il calore ricevuto e quello ceduto: C FL Q Q . Se ora disponessimo di una macchina B che

violasse il postulato di Clausius potremmo usarla per riportare FQ dalla sorgente fredda a quella calda senza che sia necessario alcun apporto di lavoro dall’esterno. La sorgente fredda sarebbe allora inutile: essa riceverebbe FQ e poi

cederebbe di nuovo FQ , ed è come se non avesse preso parte al processo. In conclusione la macchina combinata A+B assorbirebbe calore solo dalla sorgente a CT e produrrebbe il lavoro C FL Q Q , violando così il postulato di Kelvin.

E se si violasse il postulato di Kelvin, violeremmo Clausius ? Se, viceversa disponessimo all’inizio di una macchina che violasse il postulato di Kelvin (tecnicamente diremo “se si può costruire una macchina anti-Kelvin”), indicata con la lettera B nella figura a lato, la potremmo utilizzare per estrarre calore Q da una sorgente a temperatura FT e convertirlo integralmente in lavoro L . Dato che non esistono limiti alla conversione di lavoro in calore (ad esempio per attrito), potremmo prendere una macchina qualunque A che ritrasformi il lavoro L in un calore avente caratteristiche di tali da poterlo agevolmente trasferire ad una sorgente a temperatura C FT T . Per esempio potremmo prendere come macchina A un dispositivo simile a quello di Joule che metta in agitazione delle pale dentro ad un certo quantitativo di acqua ad una opportuna temperatura. In conclusione la macchina combinata A+B assorbirebbe calore da una sorgente fredda FT e lo trasferirebbe ad una sorgente calda CT senza nessun altro effetto, violando così il postulato di Clausius. Si è dimostrato quindi che se non esiste il motore ideale non esiste nemmeno il frigorifero senza spina, e, viceversa, che se non esiste il frigorifero ideale non esiste nemmeno il motore ideale. Quali conseguenze ha avuto il secondo principio nello sviluppo della civiltà? Il secondo principio della termodinamica costituisce un formidabile ostacolo con il quale la civiltà umana ha dovuto confrontarsi. Mentre il calore è un processo di facile realizzazione, in quanto è l’effetto del movimento caotico delle molecole stesse, solo uno spostamento ordinato su scala macroscopica di miliardi di molecole produce lavoro meccanico. La trasformazione di calore in lavoro è essenziale per il progredire dell’intelligenza e delle strutture organizzate socialmente. Qualche studioso sostiene che l’invenzione del motore a vapore, avvenuta verso al fine del XVIII secolo, rappresentò il passo in avanti più importante in assoluto della civiltà: grazie ad esso l’uomo si affrancò dalla

TC

B A

TF Q

Q

L

da anti-Kelvin ad anti-Clausius

QF

TC

B A

TF QF

QC

QF

da anti-Clausius ad anti-Kelvin

C FL = Q - Q

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schiavitù dell’utilizzare la propria forza muscolare o quella animale e dalle bizzarrie della natura. Ma il fatto che vi siano dei vincoli a tale conversione, in particolare la necessità di utilizzare almeno due sorgenti a temperatura differente, rende tutto il processo complicato. Sarebbe semplice produrre energia elettrica (e quindi lavoro meccanico) se ad esempio si potesse estrarre calore dal terreno. Riscalderemmo le nostre case diminuendo la temperatura dell’enorme massa della crosta terrestre di così poco che nemmeno se ne potrebbe rivelare l’effetto. Oppure se si potesse alimentare una nave risucchiando calore dal mare e trasformandolo in lavoro. O ancora far correre un’auto o far volare un aereo assorbendo calore dall’aria. Ma in tutti queste ipotesi fantasiose, il terreno, il mare e l’aria rappresentano quella che nella nostra schematizzazione sarebbe la sorgente calda. Nella pratica comune, invece, questi enormi bacini di calore si utilizzano come sorgenti refrigeranti: ad essi i motori – anche quello delle auto - cedono calore per raffreddarsi. Per estrarre calore dall’oceano necessiteremmo di un altro oceano a temperatura più bassa: per ottenere da sorgenti termiche energia in forma di lavoro, occorre disporre di una differenza di temperatura. Può eseguire del lavoro un motore al quale non si fornisca energia? Un motore deve compiere dei cicli, e ad ogni ciclo deve risultare int 0E . In conseguenza avremo che L Q , e quindi se 0Q non possiamo sperare di ricavare del lavoro da un simile meccanismo. Nel corso dei secoli molti sono stati i tentativi di realizzare un motore che lavorasse senza somministrazione di energia (ad esempio tramite un combustibile). I fallimenti puntualmente registrati indicano chiaramente che l’energia non può essere creata, ma solo convertita da una forma ad un’altra. Poiché una macchina capace di creare energia potrebbe seguire dei cicli per un tempo indefinito, questa via di conferma della validità del primo principio della termodinamica va sotto il nome di impossibilità del moto perpetuo di prima specie. Può eseguire del lavoro un motore che scambi calore con un’unica sorgente? No, in quanto un simile dispositivo violerebbe il secondo principio della termodinamica. Un ciclo che potesse alimentarsi traendo calore dall’ambiente circostante, come ad esempio quello del motore di una nave che estrae la sua energia dal solo oceano, avrebbe a disposizione una sorgente di calore praticamente inesauribile, dando così vita ad un moto per un tempo indefinito. Questo tipo di violazione del secondo principio è detta impossibilità del moto perpetuo di seconda specie.

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3. Il lavoro irreversibile Come influiscono le irreversibilità sul rendimento di un motore? Tutte le irreversibilità riducono il rendimento. Considerando ad esempio il sistema semplificato costituito da un quantitativo di gas racchiuso entro un cilindro dotato di stantuffo mobile, abbiamo che: (1) Una trasformazione reversibile, allo scopo di evitare turbolenze, prevede

la situazione irreale in cui è possibile uno scambio di calore senza che vi sia differenza di temperatura (o meglio in presenza di un T infinitesimo) fra il sistema e la sorgente di calore. Se ipotizziamo che vi siano irreversibilità dovute alla presenza di differenze di temperatura fra sorgenti e sistema, poiché il calore scambiato aumenta proprio con

T , il rendimento C

L

Q diminuisce perché è cresciuto il calore

ricevuto CQ senza che a ciò corrisponda un maggiore esecuzione di lavoro L sull’esterno.

(2) Se è la presenza di attrito a causare irreversibilità, questo impedisce che

tutto il lavoro eseguibile dal motore reale sia applicato all’ambiente: una frazione di esso serve per vincere l’attrito, con la conseguente riduzione del rendimento. Inoltre le parti meccaniche che subiscono attrito si riscaldano e ne seguono rilasci irreversibili di calore verso l’esterno.

(3) Se avvengono altri processi rapidi e turbolenti, durante i quali non sono

definibili le variabili di stato, ed in particolare non lo è la pressione interna, come vedremo nel seguito è sempre possibile trovare un processo reversibile che, compatibilmente con lo stato del gas, svolga un lavoro maggiore.

Cosa succede al pistone durante un’espansione irreversibile? Poniamo che all’interno del gas vi sia una pressione iP maggiore di quella

eP che grava dall’esterno sul pistone (includendo in essa anche l’effetto del suo peso), e che a mantenere fissa la parte mobile provveda un meccanismo di blocco. Se si libera il blocco, poiché l’intensità della forza gasF che il gas esercita sul pistone verso l’alto supera l’intensità eP A della forza che lo spinge in basso il pistone si mette in moto con accelerazione verso l’alto data da:

gas ema F P A . Quando la salita è molto brusca, gli strati di gas vicini al pistone divengono più rarefatti rispetto a quelli prossimi al fondo. La pressione che esiste all’interno è ora differente da quella che il gas esercita sulla superficie del

eP

inP

a

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contenitore: per far coincidere i due valori lo stantuffo dovrebbe alzarsi con velocità piccola rispetto a quella con cui la rarefazione si propaga nel gas (cioè la velocità del suono). A meno che ciò non avvenga, durante l’espansione non è più possibile definire un valore unico iP per tutto il gas. Se quindi la trasformazione non è reversibile siamo costretti ad usare le “coordinate termodinamiche” dell’ambiente (in particolare il valore eP della pressione esterna) perché quelle del sistema non sono definite. Quanto lavoro può complessivamente compiere il gas durante un’espansione? Per ogni tratto di spostamento s , così piccolo da considerare la forza costante, il lavoro elementare svolto sul pistone dalle due forze gasF s e

eP A s che agiscono su di esso è pari alla variazione della sua energia cinetica cE :

gas e cF P A s E

ed introducendo la variazione di volume V A s , ricaviamo che il lavoro elementare gas gasL F s svolto dal gas sull’esterno vale:

gas e cL P V E

In assenza del pistone, ad esempio per una razione chimica fra liquidi che avviene alla pressione atmosferica, il ragionamento fatto si applica allo strato di molecole d’aria immediatamente a contatto con le sostanze. Come possiamo sfruttare al massimo questo lavoro? Dobbiamo osservare che la parte utile di lavoro è solo eP V , cioè quella che il gas esegue per contrastare la pressione esterna. E’ grazie ad essa che si sollevano pesi e si muovono bielle, e quanto più è grande tanto meglio stiamo facendo fruttare l’espansione. Viceversa il lavoro svolto per incrementare l’energia cinetica del pistone è chiaramente sprecato ai fini pratici. Per massimizzare il primo effetto e minimizzare il secondo, non serve diminuire la massa del pistone, perché in tale caso esso andrà semplicemente più veloce mantenendo invariata l’energia cinetica finale. La soluzione è quella di ridurre la sua accelerazione aumentando la forza di contrasto esterna eP A fino al valore massimo consentito. Come si vede l’accelerazione diverrebbe nulla se, aggiungendo pesi sul pistone si arrivasse a e gasP A F , tuttavia non possiamo richiedere l’uguaglianza esatta fra le due forze perché così si impedirebbe all’espansione di iniziare. Quando però la pressione esterna diviene tale per cui eP A è solo di pochissimo inferiore a gasF siamo vicini ad ottenere il massimo lavoro utile. Ora il pistone si solleva con velocità molto bassa e praticamente costante. Se queste condizioni sono verificate in ogni istante, la trasformazione è reversibile ed il sistema rimane sempre in equilibrio termodinamico. E’

quindi definibile anche la pressione interna, ed il suo valore è gasi

FP

A .

eP

finPs

inP

e iP P

finPs

e iP P

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Possiamo immaginare di realizzare il processo asportando di volta in volta dei granelli di sabbia posti sopra al coperchio in modo da mantenere sempre verificata la condizione di reversibilità e iP P . Come distinguiamo nel piano P-V il lavoro irreversibile da quello reversibile? Quando il gas si espande bruscamente contro un valore costante di pressione esterna eP , partendo da un volume inV fino ad uno finV , il lavoro

irreversibile è l’area del rettangolo in verde in figura ( )irr e fin inL P V V . In

condizioni di reversibilità, invece, noti in ogni istante i valori della temperatura e del volume del gas dobbiamo imporre alla pressione esterna di assumere i valori forniti per la pressione interna dall’equazione di stato, descritti dall’andamento della curva blu. Se pazientemente si segue questo profilo, attraverso l’aggiunta o la rimozione dei granellini sabbia dal coperchio, al lavoro irreversibile si aggiunge l’area in giallo, ed in queste condizioni stiamo sfruttando al massimo il lavoro che il gas può compiere sull’ambiente, compatibilmente con i suoi valori istantanei di temperatura e di volume. Ci sono anche svantaggi nell’eseguire lavoro in condizioni di reversibilità? A mano a mano che ci si avvicina alla condizione e iP P diminuisce la velocità di espansione e, nel caso limite di perfetta reversibilità, il tempo richiesto per l’espansione sarebbe infinito. Ad un processo così lento corrisponde la minima potenza (cioè il minor quantitativo di lavoro svolto nell’unità di tempo). Il lavoro reversibile è quindi un espediente per sondare le massime possibilità teoriche delle macchine, ma non presenta vantaggi pratici.

in eP P

eP

fin eP P

inV finV

fin inirr eV VPL

utilizzabile solo

se è reversibile

LA CONTROFISICA Si faccia attenzione che quando sono assegnati due stati termodinamici A e B, non è detto che una trasformazione reversibile fra A e B compia il lavoro massimo: lo fa solo se il lavoro ha sempre lo stesso segno durante la trasformazione, cioè se il pistone si sposta sempre nello stesso verso. A B

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4. Il motore di Carnot Il rendimento di un motore non è mai 1 a causa delle irreversibilità? Non è questa una formulazione soddisfacente del punto fondamentale. Dire che i motori disperdono per irreversibilità (attriti, salti di temperatura, turbolenza) significa che essi cedono calore alle sorgenti fredde che li circondano: aria, acqua, od energia cinetica alle strutture dello stesso motore. I primissimi motori termici, proprio a causa delle dispersioni, avevano un bassissimo rendimento. Ad esempio la macchina a vapore dell’ingegnere inglese T. Newcomen (1705) aveva 0.005 , così che il 99.95 % dell’energia andava sprecato. Un poco più

efficiente era quella dello scozzese J.Watt (1763), il quale, portando il meccanismo di raffreddamento fuori dal motore, riuscì a far salire fino a 0.04 . Le macchine attuali sono decisamente migliori, tuttavia anche una moderna centrale nucleare non supera di molto 0.35 . Che è come dire che il 65 %

calore sprigionato dalle reazioni nucleari se ne va a riscaldare i pesci del lago. Quanto è ampio il margine di miglioramento nel rendimento di un motore? Si potrebbe pensare che con idee ingegnose che eliminassero tutti gli attriti, le turbolenze e le irreversibilità in genere, insieme al raffinamento dei meccanismi, potremmo sperare di costruire la macchina perfetta, che restituisca integralmente in forma di lavoro l’energia ricevuta come calore. Ma questa possibilità è nella pratica negata, poiché fra le cause che abbassano il rendimento di un motore vi è quella intrinseca, ineliminabile, legata alle inesorabili conseguenze del secondo principio della termodinamica, che prevede in ogni caso la cessione di un certo quantitativo di calore ad una sorgente fredda. Per indagare in questa direzione lo scienziato francese Sadi Carnot (1796 –1832), nella sua opera Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco, (1824) fece uso di alcune astrazioni per isolare il problema principale. Il suo punto di arrivo fu di ricavare il rendimento del miglior motore che si possa immaginare: quello che oggi viene denominato il “ciclo di Carnot”. Quali sono le caratteristiche di un motore ideale secondo Carnot? Come si è visto, il fatto che durante una trasformazione reale un aeriforme non attraversi solo stati di equilibrio, ma, in generale, in un punto esso avrà una temperatura e un poco più a destra una temperatura diversa, in una zona una certa pressione e più a sinistra una pressione differente, comporta un’esecuzione di lavoro inferiore a quello massimo ottenibile in quelle condizioni. Il primo dei miglioramenti di Carnot rispetto ai processi reali fu di limitarsi alle trasformazioni reversibili, cioè successioni di stati di equilibrio e con l’assenza di qualunque attrito. Tuttavia questa non è l’unica semplificazione possibile, perché se vogliamo un motore che funzioni rispettando il secondo principio della termodinamica, non si può fare a meno di cedere calore, oltre che riceverlo. In particolare la formulazione di Kelvin stabilisce che il motore che scambia calore con una sorgente sola non può funzionare. Carnot pensò allora alla cosa più semplice dopo il motore – impossibile - ad una sola sorgente: il motore che

CICLO DI CARNOT

DUE SOLE SORGENTI

TRASFORMAZIONI

REVERSIBILI

14

scambia calore con due sole sorgenti. Due ma non più di due: una calda ed una fredda. Ma in linea di principio quante sorgenti può avere un motore reversibile? Supponiamo di avere un gas perfetto che compie un ciclo reversibile compreso fra due isoterme, una alla temperatura di K300 e l’altra a K400 . Chiedersi

qual è il numero di sorgenti con cui il gas scambia calore durante il ciclo è come domandarsi quante isoterme sono comprese fra quella a temperatura massima e quella a temperatura minima. In effetti sono possibili un numero infinito di tali trasformazioni, proprio come infiniti sono i numeri reali compresi fra 300 e 400 . E dato che le trasformazioni seguite non sono adiabatiche, il sistema deve scambiare calore durante tutto il tragitto e deve scambiarlo mentre varia la sua temperatura. E se vogliamo che gli scambi di calore siano reversibili anche la temperatura della sorgente deve variare, perché, lo si è visto, uno scambio di calore fra oggetti a temperatura diversa comporta irreversibilità. Il sistema deve quindi necessariamente interagire con infinite sorgenti a temperatura diversa. Anche nella realtà le sorgenti di calore sono infinite? Con il termine sorgente intendiamo un’astrazione, un sistema immaginario la cui temperatura si mantiene uniforme e costante nonostante gli scambi di calore. In molte applicazioni, il terreno, l’aria atmosferica, l’acqua di un fiume o del mare possono essere assimilati a sorgenti. Nella realtà si hanno motori che scambiano calore con tre, quattro sorgenti. Ma per uno scambio reversibile di calore è indispensabile che non vi siano differenze di temperatura tra sistema e sorgenti: se quindi sono infinite le temperature che il sistema attraversa, infinite debbono di necessità essere anche le sorgenti di scambio. Nel caso irreversibile è indifferente parlare di temperatura del sistema o di temperatura della sorgente.

P

V

300K

400K

Compressione isoterma: il gas subisce lavoro e cede

calore alla temperatura FT

3 4V V

FT

1 2V V

CT

Espansione isoterma: il gas riceve calore alla temperatura

CT e compie lavoro

2 3V V

Raffreddamento adiabatico: il gas compie lavoro a spese della

propria energia interna

4 1V V

Riscaldamento adiabatico: il gas subisce lavoro a vantaggio della propria energia interna

15

Come possiamo schematizzare la prima fase di questo semplice motore ideale? Assumiamo quindi due sole sorgenti di scambio, una calda ed una fredda. Vi sarà una fase iniziale durante la quale il motore produce lavoro ricevendo calore dalla sorgente calda a temperatura CT . La sostanza che compie il ciclo all’interno del motore dovrà dilatarsi ma, al tempo stesso, rimanere a temperatura costante. Se infatti la sua temperatura variasse, dovendo essere il sistema in equilibrio con la sorgente per avere uno scambio reversibile di calore, sarebbe necessario mutare anche la temperatura di quest’ultima. Come risultato comparirebbero nuove sorgenti con cui interagire, una per ogni salto di temperatura. La fase di assorbimento di calore e generazione di lavoro deve pertanto essere un’espansione isoterma. Cosa succede dopo che il motore ha compiuto lavoro? Il sistema va ora raffreddato fino alla temperatura FT della sorgente fredda. L’unico modo per passare da CT a FT senza che avvengano scambi di calore, (che richiederebbero ulteriori sorgenti a temperature intermedie), è attraverso un’espansione adiabatica. Nella fase successiva è l’ambiente a compiere lavoro sul sistema? Adesso che il sistema è alla temperatura FT devo ricomprimerlo per riportarlo al volume iniziale, quindi dobbiamo lavorare su di esso dall’esterno. Valgono ancora le considerazioni fatte sopra: per avere scambi reversibili di calore il lavoro necessario a ridurre il volume deve essere eseguito mantenendo il sistema a temperatura costante: la trasformazione è ancora un’isoterma ma questa volta in compressione. Affinché il sistema si ritrovi nelle condizioni di partenza ora va riscaldato? Sì, per chiudere il ciclo è necessario riportare il fluido alla temperatura CT , ma questo senza ulteriori scambi di calore, altrimenti occorrerebbero ancora delle sorgenti intermedie ulteriori. L’unica via percorribile è quella di una compressione adiabatica. Il ciclo di Carnot è dunque un ciclo motore reversibile a due sole sorgenti, costituito da due isoterme e due adiabatiche Qual è il fluido che compie il ciclo? Non vi sono indicazioni circa la natura del fluido impiegato: qualunque sostanza che svolga reversibilmente un ciclo di due isoterme e due adiabatiche sta seguendo un ciclo di Carnot. Solo allo scopo di calcolare il rendimento, possiamo supporre che si tratti di un gas perfetto. In questo caso è anche nota la rappresentazione del motore sul piano di Clapeyron, che rappresentiamo nella figura successiva. Resterà poi da capire cosa accade variando la natura della sostanza.

16

Quanto Q ed L scambia un motore a gas perfetto che compie un ciclo di Carnot? Nel piano di Clapeyron il gas si trova inizialmente nello stato di equilibrio 1, e da qui si espande reversibilmente, in una prima fase mantenendo costante la sua temperatura fino a che non raggiunge lo stato 2, in una seconda fase senza scambiare calore, lungo l’adiabatica che lo conduce allo stato 3. Successivamente viene compresso, sempre reversibilmente, prima di nuovo a temperatura costante fino allo stato 4, poi ancora in modo adiabatico fino a ritornare nello stato iniziale 1. Una sorgente calda a temperatura CT deve fornire al gas il calore necessario a mantenere isoterma l’espansione 12. Ricordiamo che in un gas perfetto, durante ogni isotema anche l’energia interna rimane costante, cioè int 0E . Allora possiamo applicare il primo principio, ottenendo che tutto il calore CQ assorbito dal gas viene sfruttato per l’esecuzione di lavoro nella fase 12 :

21 2

1

lnC C

VQ L nRT

V

Poiché lungo l’adiabatica 23 non avviene scambio di calore, al lavoro 2 3L che viene compiuto dal gas sull’ambiente deve corrispondere un calo nel serbatoio dell’energia interna, al quale il gas attinge per espandersi, e quindi abbiamo una diminuzione della temperatura. Durante l’isoterma 34 viene compiuto lavoro sul gas, e se vogliamo che questo non vada ad incrementare il livello del serbatoio di energia interna elevando così la temperatura, deve esserci una sorgente fredda FT ad impedire il riscaldamento.

Il calore FQ che esce dal gas è, in valore assoluto, uguale al lavoro 3 4L negativo che il gas esegue:

4 33 4

3 4

ln ln .F F F

V VQ L nRT nRT

V V

essendo infatti 4

3

1VV

risulta 4

3

ln 0VV

, da cui:

4 4 3

3 3 4

ln ln lnV V VV V V

.

I L M O T O R E D I C A R N O T A G A S P E R F E T T O

V

1

2

3

4

CT

FT

17

LA CONTROFISICA Potrei mettere nella mia auto un motore di Carnot? Sarebbe del tutto sconsigliabile: si tratta di un dispositivo ideale, privo di qualsiasi utilità pratica. Non potremmo mai realizzare isoterme ed adiabatiche reversibili, ma anche se ci riuscissimo il processo di ingresso ed uscita del calore sarebbero così lenti che otterremmo macchina certamente molto economica, ma che non supererebbe la velocità di una lumaca. Detto diversamente, sarebbe bassissima la potenza erogata, visto che il lavoro prodotto, pur essendo il massimo possibile, viene reso disponibile in un tempo molto lungo.

L’ultima fase 41 prevede che il gas, che diminuisce in volume senza scambiare calore, si riscaldi di nuovo fino alla temperatura iniziale. A questo processo il primo principio fa corrispondere un aumento di energia interna uguale, in valore assoluto, al lavoro negativo compiuto dal gas.

Al termine del ciclo , il gas avrà dunque assorbito calore 2

1

lnV

C C VQ nRT ad

alta temperatura e ne avrà ceduto una parte 3

4

lnV

F F VQ nRT a bassa

temperatura. In base al primo principio il lavoro compiuto sarà pari alla differenza fra i due calori: C FL Q Q . Quanto vale il rendimento di un motore di Carnot a gas perfetto? Il rendimento di un motore dipende dal rapporto fra i calori scambiati:

1 F

C

Q

Q . In base a quanto detto, per un ciclo di Carnot si trova:

3 4

1 2

| | | |F

C

nRQ L

Q L

3

4

lnF

VT

V

nR 2

1

lnC

VT

V

.

Ora abbiamo che lungo la trasformazione adiabatica 23 risulta

1 12 3C FT V T V , e durante l’adiabatica 41 è invece 1 1

1 4C FT V T V . Se queste due relazioni vengono divise membro a membro, si ha:

CT 12

C

V

T

11

FT

V 1

3

F

V

T

2 3

11 44

V VV VV .

Sostituendo questa relazione in quella che dà il rapporto fra i calori scambiati si semplificano i due logaritmi a numeratore e denominatore:

| |F F

C C

Q TQ T

.

Ne deriva che, nel caso di un gas perfetto, il rendimento di un ciclo di Carnot risulta:

1 FC

C

TT

Cosa dice questo risultato sulle proprietà del rendimento di un ciclo di Carnot? Abbiamo dimostrato che quando un gas perfetto esegue un ciclo di Carnot il rendimento dipende solo dalla temperatura delle due sorgenti. La posizione che hanno, sulle isoterme nel piano di Clapeyron, i vertici del ciclo, indica solamente

18

quanto grande stiamo costruendo il motore, cioè quanto lavoro C FL Q Q il

ciclo può fornirci, ma non dà informazioni sulla sua efficacia, cioè sulla relazione fra L ed il calore assorbito CQ . Inoltre quanto più la temperatura FT della sorgente fredda diventa piccola rispetto alla temperatura CT della sorgente calda, tanto più il rendimento cresce. Se FT fosse zero Kelvin, il rendimento assumerebbe il suo valore ideale pari ad 1 e tutto il calore assorbito dalla sorgente calda verrebbe restituito in forma in lavoro. Quel è invece l’efficienza di un ciclo frigorifero di Carnot? Per un ciclo frigorifero di Carnot, cioè una macchina ideale che, tramite trasformazioni reversibili, sottrae calore ad un’unica sorgente fredda per cederlo

ad un’unica sorgente calda, si trova, facendo uso della relazione | |

F F

C C

Q T

Q T :

11

F F

C C

FF

CC

Q T

Q TF FC TQ

C FC F TQ

Q Tk

T TQ Q

CICLI DI CARNOT A GAS PERFETTO

CHE FANNO USO DI DIFFERENTI QUANTITÀ DI GAS

MA HANNO UGUALE

RENDIMENTO

V

CT

FT

P

19

5. Un “supercarburante” per il motore di Carnot

Se a compiere il ciclo di Carnot non è un gas perfetto, il rendimento cambia ? Abbiamo calcolato il rendimento del motore di Carnot nel caso specifico in cui a compiere il ciclo di due isoterme e due adiabatiche sia un gas perfetto, ottenendo

1 FC

C

T

T , un risultato indipendente dalle posizioni dei vertici del ciclo (dove

si incontrano adiabatiche ed isoterme), cioè indipendente dalle quantità di calore scambiate. Vogliamo ora dimostrare che se a compiere il ciclo di Carnot è una qualunque altra sostanza, ad esempio un gas reale, oppure una miscela di più gas, come l’aria, un insieme di gas e vapori, o altro ancora, il rendimento rimane lo stesso: Tutti i cicli reversibile che scambiano calore solo con due sorgenti, una a

CT ed una a FT , sono detti cicli di Carnot, ed il loro rendimento è sempre

1 F

C

T

T qualunque sia il sistema fisico che compie il ciclo.

Ma fissate CT e FT , cosa può ancora variare nel motore di Carnot a gas perfetto?

Supponiamo di avere un motore di Carnot a gas perfetto, AC , che operi fra due sorgenti a CT ed a FT , ed il suo rendimento, fissato dalle temperature,

sia, ad esempio, 15A . Osserviamo che si può ottenere A costruendo un

motore della dimensione che vogliamo: quello in figura preleva 100CQ J e

produce J20L cedendo 80FQ J : risultato 80 11

100 5A . Ma il

rendimento sarebbe lo stesso se il motore fosse più grande (e lavorasse quindi con un maggior quantitativo di gas), ad esempio prelevando

150CQ J , producendo J30L e cedendo 120FQ J . Anche in questo

caso avremmo 120 11

150 5A .

Cosa rispondere a qualcuno che sostenesse di poter superare il nostro motore? Poniamo che qualcuno si presenti sostenendo di aver scoperto un super carburante. Utilizzandolo per alimentare il suo motore di Carnot BC , egli è convinto di poter battere il rendimento del nostro a gas perfetto, pur lavorando fra le stesse temperature. In formule dovremmo dire che per assurdo si sta ipotizzando l’esistenza di un BC con B A . Assumiamo dunque che il motore BC faccia fruttare molto meglio del nostro il calore

100CQ J prelevato dalla sorgente calda, trasformandone in lavoro una

parte più consistente, diciamo J40L e che di conseguenza sia più piccola

l’energia rimanente che viene ceduta alla sorgente fredda sotto forma di

100 J

CA

80 J

20 J

TC

TF

100 J

CB

60 J

40 J

TC

TF

20

calore, cioè 100 40 60FQ J . Il rendimento sarebbe in questo caso

esattamente il doppio: 60 21

100 5B . Ma come si è visto, anche se il

rendimento è fissato, possiamo fare il nostro AC grande come vogliamo. Tariamolo allora in modo che produca anche lui gli stessi J40 di lavoro. Per fare

questo, siccome è per ipotesi meno efficiente, pretenderà di ricevere maggior calore dalla sorgente calda rispetto a BC , nello specifico servono

200CQ J , e ne cederà di più alla sorgente fredda: 160FQ J . In questo

modo infatti si ha J200 160 40C FL Q Q .

E facendo questo si mette in difficoltà il motore sfidante? Per porre in difficoltà BC sfruttiamo la reversibilità del motore di Carnot e facciamo funzionare il nostro AC al contrario. AC diventa una macchina frigorifera che, ricevendo J40 di lavoro, è in grado di prelevare 160 J dalla

sorgente fredda e di spostarli in quella calda. Ora chiediamo al padrone di BC di fornirci lui i J40 di lavoro necessari per far funzionare il frigorifero.

Possiamo stare certi di aver smascherato l’impostore perché se davvero fosse possibile alimentare AC in questo modo avremmo costruito un frigorifero senza spina. Guardiamo infatti l’azione combinata delle due macchine racchiuse entro la linea tratteggiata A BC C . Dalla sorgente fredda esce un calore che complessivamente vale 160 60 100J J J , e lo stesso

quantitativo entra nella sorgente calda: 200 100 100J J J . Il dispositivo

combinato A BC C sarebbe allora una macchina che, senza ricevere lavoro dall’esterno, può spostare calore da una temperatura bassa ad una più elevata, in piena violazione del postulato di Clausius. Ma questa dimostrazione numerica ha una validità generale? Quanto detto non è limitato dal fatto che si sono scelti particolari valori. Quali che siano il rendimento ed il lavoro prodotto, è sempre possibile ripetere il ragionamento contro chiunque sostenesse di poter fare meglio di un motore di Carnot fra due temperature fissate: è sufficiente ingrandire il nostro motore finché non arriva a fornire lo stesso lavoro del suo, quindi trasformarlo in un frigorifero e poi chiedere a lui di alimentarlo. Possiamo concludere che i due rendimenti sono uguali? Dai ragionamenti sopra si conclude soltanto che non può essere vera l’ipotesi che

B A . Deve allora valere per forza la relazione ad essa complementare, e cioè che: B A . A questo punto potremmo ripetere l’intero ragionamento scambiando i ruoli di AC e di BC : partendo dall’ipotesi A B e facendo adesso funzionare a rovescio BC si ottiene che non può essere nemmeno vero che A B e che quindi varrà la sua complementare, cioè A B . Dovendo essere vero sia B A sia A B , l’unico modo in cui ciò può avvenire è che:

200 J

TC

TF

CB CA

160 J

40 J

100 J

60 J

21

LA CONTROFISICA Tutti i motori reversibili hanno lo stesso rendimento di quello di Carnot? No, per uguagliare il ciclo di Carnot un motore, anche se reversibile, deve scambiare calore con due sole sorgenti, altrimenti ne esce inesorabilmente sconfitto.

A B

e quindi abbiamo dimostrato tutti i cicli di Carnot che lavorano fra le medesime temperature hanno lo stesso rendimento, indipendentemente dalla sostanza che adoperano. E se la macchina B non fosse reversibile? Se poi la macchina B non è una macchina di Carnot, ma una qualunque macchina irreversibile a due sorgenti allora varrà solo la prima metà della dimostrazione, non essendo ora più possibile invertire il funzionamento di una macchina irreversibile semplicemente cambiando di segno alle quantità di calore. Pertanto risulta dimostrato anche che per una macchina qualunque, che scambia calore con due sole sorgenti, il rendimento è Carnot e se la seconda macchina è anch’essa di Carnot vale il segno di uguaglianza. Esempio 1 Nelle centrali nucleari si produce la scissione dei nuclei atomici, che sprigiona frammenti dei nuclei di Uranio dotati di grande energia cinetica. Questi frammenti veloci sono usati per riscaldare acqua, formando vapore che raggiunge una temperatura di K533 . Si consideri dunque un impianto che ha

un rendimento 0.330 , ed è costruito nelle prossimità di un fiume, che per la sua temperatura media K286 è sfruttato per il raffreddamento. Dovremmo

incolpare gli ingegneri di aver progettato un macchinario altamente inefficiente? In questa centrale solo un terzo dell’energia della fissione dell’uranio viene convertita in energia elettrica, tuttavia un impianto di Carnot che lavorasse fra le stesse due temperature avrebbe un rendimento:

2861 1 0.463

533F

CC

T

T

Questo valore rappresenta un limite superiore per il rendimento di qualsiasi centrale nucleare a fissione si voglia costruire nei pressi di quel fiume. E considerati gli inevitabili attriti che riducono il rendimento ideale, ci pare che ottenendo 0.330 gli ingegneri abbiano svolto un lavoro egregio. Esempio 2 Una macchina termica produce in ogni ciclo un lavoro J100L scambiando

calore con due sole sorgenti a K500CT e K300FT . Sapendo che il suo

rendimento è 0.250 si dica se la macchina è reversibile, e si trovino i calori scambiati con ciascuna sorgente. Se la macchina fosse reversibile, avendo due sole sorgenti di scambio il suo rendimento sarebbe quello di un motore di Carnot che opera fra le stesse due temperature:

22

300 21 1 0.400

500 5F

CC

T

T

La macchina è quindi irreversibile essendo 0.250 0.400 . Per il calcolo dei calori scambiati dalla formula per il rendimento si ha:

J100 1000.250 400

0.250CC C

LQ

Q Q

E dal primo principio:

J J J400 100 300C F FL Q Q Q

Esempio 3 Stimare la minima quantità di lavoro necessaria ad un frigorifero per trasformare in gelato a °C4.00 un chilogrammo di latte che si trova alla temperatura ambiente di °C35.0 . Si assumano per il latte tutte le caratteristiche dell’acqua, in particolare il calore specifico J Kg K4186 /c ed il calore latente di

fusione/solidificazione J/K53.34 10

Calcoliamo il calore da sottrarre al latte per ottenere il gelato: esso si compone di tre contributi. Innanzitutto abbiamo il calore 1Q da sottrarre per portare il latte alla temperatura di solidificazione K273

J41 (0 35 ) 1.00 4186 35 1.47 10Q mc

poi c’è il calore 2Q da sottrarre per solidificare il latte:

J5 42 3.34 10 1.00 33.4 10Q m

ed infine il calore 3Q per portare la temperatura a C4 :

J43 ( 4 0 ) 1.00 4186 4 0.167 10Q mc

per un totale di: J J J J4 4 4 41.47 10 33.4 10 0.167 10 35.0 10Q

Il minimo lavoro necessario per sottrarre al latte questo calore è quello svolto da un ciclo frigorifero di Carnot che lavori fra le due temperature :

K4 273 268FT e K35 273 308CT .

La sua efficienza vale:

29.8F

C F

Tk

T T

che è pari anche al rapporto FQ

L , cioè il frigorifero di Carnot può sottrarre al

latte J29.8 di calore con ogni Joule di lavoro ricevuto. Da questo risulta che il

lavoro minimo per fare il gelato vale: J

J4

435.0 10

1.17 1029.8

L

23

50 J

10 J

40 J A

600 K

300 K

50 J

10 J

40 J B

600 K

300 K

40 J

20 J

60 J C

600 K

300 K

Esempio 4 Sulla base dei principi della termodinamica, si dica se le macchine illustrate a lato sono dei dispositivi che possono realmente funzionare. Il dispositivo A è un motore che non può esistere perché, pur rispettando il primo principio:

J J J50 10 40C FL Q Q

viola apertamente il secondo, dato che il suo rendimento supera quello di una macchina di Carnot che lavori fra le stesse temperature.

40 4

50 5C

L

Q 400 1

1 1600 3

FC

C

T

T

Il dispositivo B è un frigorifero possibile, che rispetta sia il primo principio: J J J50 10 40C FL Q Q

sia il secondo, essendo la sua efficienza inferiore a quella di una macchina frigorifera di Carnot che lavori fra le stesse temperature:

10 1

40 4FQ

kL

300 3

600 200 4F

CC F

Tk

T T

Il dispositivo C non è né un motore né un frigorifero: preleva calore da due sorgenti a temperatura diversa e lo converte in lavoro. Questo apparecchio rispetta il primo principio, poiché il calore entrante equivale al lavoro prodotto:

J J J20 40 60L

ma non può esistere perché così tutto il calore prelevato dalla sorgente a K600

sarebbe trasformato in lavoro, ed analogamente diverrebbe lavoro tutto il calore prelevato dalla sorgente a K300 , in aperta violazione della formulazione di

Kelvin del secondo principio. Esempio 5 Un condizionatore da W750 è in grado di raffreddare al ritmo di BTU5000

( BTU J1 1055 ) all’ora. Si valuti la sua efficienza in relazione a quella di un

frigorifero ideale che debba mantenere una temperatura interna di °C20.0

quando all’esterno si hanno °C30.0 .

In un’ora viene sottratto alla stanza il calore J65000 1055 5.275 10FQ ,

e questo grazie al lavoro Wh750L , che, trasformato in Joule

risulta W 3600 s/h J6750 2.700 10L .

L’efficienza del condizionatore vale: J

J

6

6

5.275 101.954

2.700 10

FQk

L

, mentre

per un frigorifero ideale che lavori fra K293FT e K303CT si avrebbe:

293

29.3303 293

F

C F

Tk

T T

24

6. La temperatura termodinamica Possiamo usare il ciclo di Carnot come termometro? Come sappiamo, i termometri a mercurio, o che in genere fanno uso di liquidi, presentano disaccordo a causa dei differenti coefficienti di dilatazione. Quelli a gas (perfetto) mostrano maggiore omogeneità, però non sono più utilizzabili alle bassissime temperature, quando il gas reale condensa. Un ciclo di Carnot, invece, può essere svolto da una qualunque sostanza, anche in fase condensata. Poiché il suo rendimento è indipendente dal fluido utilizzato, e legato solo alle temperature, possiamo allora trasformare il ciclo di Carnot in un termometro . Si sceglie una temperatura di riferimento, quella del punto triplo dell’acqua, e si assegna ad essa il valore misurato con la scala termometrica a gas perfetto:

K273.16triploT . Fatto questo possiamo stabilire qual è la temperatura di un

corpo semplicemente misurando il rapporto fra i calori scambiati da una qualunque sostanza che svolga un ciclo di Carnot fra la temperatura di riferimento K273.16triploT , e la temperatura T dell’oggetto:

273.16triplo triplo triplo

T Q QT

T Q Q

La temperatura così introdotta, che è in sostanza una misura di calore, si dice temperatura termodinamica del corpo. I suoi valori coincidono con quelli della scala Kelvin già introdotta tramite il gas perfetto, ovviamente solo nella regione in cui questa si può materialmente misurare. Perché esiste uno zero per la temperatura termodinamica? Supponiamo di avere una sorgente a temperatura T da cui venga prelevato calore 1Q ad opera del primo di una serie di cicli di Carnot, posti in modo che il calore ogni volta uscente venga immesso nel ciclo successivo. Se ognuno dei cicli esegue lo stesso lavoro L , a ciascun passo deve corrispondere un calore in uscita sempre minore, e nel contempo il quantitativo complessivo 1Q va progressivamente ad esaurirsi. Prima o poi dovremo giungere ad un ultimo passo in cui, per produrre lo stesso lavoro L , tutto il calore entrante viene utilizzato e niente è ceduto. La temperatura così prodotta dai motori è ritenuta di zero assoluto: scendere al di sotto richiederebbe un rendimento maggiore di 1 cioè più lavoro in uscita che non calore in ingresso, violando il primo principio. E’ possibile raggiungere lo zero della scala della temperatura termodinamica? Il secondo principio della termodinamica vieta espressamente la possibilità

1 in quanto implicherebbe 0FQ , ossia potremmo fare a meno della

sorgente fredda. Ora, nel motore di Carnot si ha 1 quando K0FT , e

dunque dobbiamo concludere che non è mai possibile non solo scendere sotto a K0 , ma nemmeno raffreddare la materia fino ad un tale valore di temperatura.

Q1

L C

T

C

Q2

Q3 L

C L

QN

25

7. Il teorema di Clausius Consideriamo un sistema A che compia una trasformazione ciclica. Durante la trasformazione, in generale A scambierà calore, reversibilmente od irreversibilmente, con un certo numero di sorgenti, 1 2, , nT T T .

Consideriamo il rapporto i

i

QT

fra il calore iQ scambiato con ciascuna di esse

e la temperatura della sorgente stessa. Vogliamo valutare il segno della

somma di questo rapporti, cioè il segno di: i

i

QT . Non conoscendo né il

valore dei calori né il loro verso di scambio, e neanche le temperature delle sorgenti, non appare evidente se una tale quantità debba essere positiva, negativa oppure nulla. Tuttavia un risultato dovuto a Clausius mostra che: in una trasformazione ciclica, cioè che alla fine del processo riporta tutte le

funzioni di stato al valore iniziale, la somma dei rapporti i

i

Q

T non può mai

essere positiva. Come si può giungere ad una tale conclusione ? Immaginiamo delle macchine di Carnot 1C , 2, nC C , che lavorino fra le temperature iT e la temperatura di una sorgente esterna 0T . Supporremo che durante ogni ciclo, ciascuna di esse scambi con le 1T , 2, nT T gli stessi calori (ma in verso opposto), che queste sorgenti scambiano con A . Questo è possibile sebbene il rendimento di Carnot sia fissato dalle temperature? Sebbene il rendimento della macchina sia fisso, la dimensione può essere scelta a piacimento. Possiamo costruirla grande in modo da farle produrre il lavoro che vogliamo, ma anche della dimensione giusta per farle scambiare il quantitativo di calore che desideriamo. Se quindi iQ è uscito dalla sorgente iT per entrare in A , costruiremo la macchina iC della dimensione necessaria affinché ceda a iT la stessa quantità iQ . Se viceversa è iT ad aver acquistato calore da A , faremo iC abbastanza grande affinché glielo sottragga nuovamente tutto. In un ciclo quanto calore viene complessivamente scambiato con la sorgente T0 ? Consideriamo un ciclo del nuovo sistema composto dall’unione di A con

1C , 2, nC C : esso scambia calore unicamente con la sorgente 0T . Ovviamente non sappiamo se nel complesso il calore sia entrato od uscito da 0T . Chiamiamo 0Q il suo valore e diciamo 0L il lavoro prodotto dalle macchine. Come accade al termine di un ciclo, anche qui non sarà mutato il contenuto energetico interno: int 0E , e dal primo principio segue che

0 0 0Q L . Quindi tutto il calore scambiato deve uguagliare il lavoro

prodotto: 0 0Q L .

… …

A 1T 2T nT

… …

A 1T

2C

0T

2T nT

1C nC

26

Ma così non si sta violando il secondo principio nella forma di Kelvin? Un sistema come questo, che riceve calore da una sola sorgente, non può avere come unico risultato la sua trasformazione integrale in lavoro. L’unica possibilità di evitare la contraddizione col postulato di Kelvin è che il sistema non stia ricevendo dalla sorgente 0T il calore 0Q per tramutarlo in

lavoro 0L , ma che avvenga piuttosto il viceversa. Dobbiamo cioè concludere

che, grazie al lavoro 0L , il calore 0Q viene ceduto alla sorgente 0T dal sistema composto 1 2 nA C C C . E poiché un calore uscente dal sistema ha segno negativo si ha:

0 0Q . Abbiamo mostrato che Q0 è negativo , ma come possiamo ricavare il suo valore ? Indicando con 0iQ il calore che ciascuna macchina scambia con la sorgente

0T , sfruttando le proprietà dei cicli di Carnot risulta per ognuno

0 0i

i i

Q TQ T

, da cui 0 0i

ii

QQ T

T . Sommando i vari 0iQ si ha 0Q :

0 0 0 0ii

i

QQ Q T

T

e poiché 0T è espressa in Kelvin e non può essere negativa, si conclude che :

0i

i

QT

relazione nota come disuguaglianza di Clausius. E se la trasformazione ciclica di A fosse anche reversibile?

Il sistema A potrebbe seguire lo stesso ciclo al contrario. Chiamando *iQ i

nuovi calori scambiati, il ragionamento fatto per giungere alla disuguaglianza di Clausius continuerebbe a valere, cioè dovrebbe ancora essere 0 0Q per non violare il postulato di Kelvin, da cui, come prima

deduciamo *

0 0 0i

i

Q

TQ T . Ma percorrendo al contrario un ciclo

reversibile, i calori hanno solo mutato il verso di scorrimento, e quindi

risulta *i iQ Q , che inserita nella

*

0i

i

Q

T produce:

*

0i i

i i

Q Q

T T

Ora si deve osservare che le due relazioni 0i

i

QT

e 0i

i

QT

possono

essere contemporaneamente vere solo se:

27

0i

i

QT

risultato che va sotto il nome di teorema di Clausius, e che mostra come il segno di uguale nella precedente disuguaglianza di Clausius si trova solo quando le trasformazioni sono reversibili. Per il teorema di Clausius, al posto della sommatoria si fa di solito uso di un simbolo più compatto, la somma integrale su un percorso chiuso reversibile

rev :

0rev

dQT

dove si considera il caso più generale in cui invece di avere un numero di sole n temperature di scambio, la temperatura T delle sorgente vari con continuità durante il ciclo, assumendo infiniti valori diversi. Il ciclo viene allora ad essere costituito da un numero infinito di scambi di quantitativi microscopici di calore dQ (da leggere de-Q) ciascuno ad una sua T . Quale proprietà corrisponde al teorema di Clausius?

Esso estende la proprietà dei cicli di Carnot, | |F F

C C

Q TQ T

, (e cioè

0C F

C F

Q QT T

) ad ciclo reversibile con più di due sorgenti. Ciò significa

che è sempre possibile una scomposizione di un ciclo reversibile in tanti tratti di isoterma ed adiabatica, cioè è lecita un’approssimazione tramite cicli di Carnot. La figura illustra il caso particolare del ciclo di un gas perfetto, sovrapposto ad un insieme di cicli di Carnot a gas perfetto anch’essi, aventi temperature di poco differenti fra di loro. L’approssimazione può essere resa tanto migliore quanto più fitta si fa la suddivisione. Se il ciclo è reversibile cosa indicano le temperature nella sommatoria ? Uno scambio reversibile di calore deve avvenire senza differenze di temperatura. Quindi nella disuguaglianza di Clausius, oltre a valere il segno di uguale, i valori delle temperature delle sorgenti al denominatore sono in realtà uguali a quelle del sistema. Come possiamo enunciare a parole queste due relazioni dovute a Clausius? Se al termine di un ciclo irreversibile di un sistema che scambia calore con n sorgenti, si fa la somma dei rapporti fra i calori scambiati e le temperature delle sorgenti di scambio, si ottiene sempre un numero negativo. Se il ciclo è invece reversibile, tale somma vale zero, ed inoltre le temperature da riportare nella sommatoria coincidono con quelle assunte dal sistema durante il ciclo.

V

P

28

8. Il teorema di Carnot Si è già visto già per i cicli irreversibili a due sole sorgenti si ha: Carnot . E’ tempo ora che il ciclo di Carnot si misuri con motori a più di due sorgenti, reversibili od irreversibili che siano. In generale, anche se le sorgenti sono in numero infinito, si potrà sempre individuare quella con la più alta temperatura,

maxT , e quella con la temperatura più bassa, minT . Diremo allora che il motore sta operando fra minT e maxT . Un caso particolare è quello di un ciclo reversibile, ad infinite sorgenti, compiuto da un gas perfetto: la sua rappresentazione sul piano di Clapeyron è compresa fra le isoterme corrispondenti alle due temperature estreme. Evidenzieremo ora in modo inequivocabile la schiacciante superiorità del motore di Carnot rispetto a qualunque concorrente, dimostrando che nessun motore può avere un rendimento superiore al suo: Teorema di Carnot: il massimo rendimento fra tutti i cicli termici che operano fra la stessa temperatura minima minT e massima maxT compete ai

cicli reversibili che scambiano calore solo con due sorgenti, una a minT ed

una a maxT . Essi sono detti cicli di Carnot, ed il loro rendimento è sempre

min

max

1T

T qualunque sia la natura del sistema fisico che compie il ciclo.

Quanto vale il rendimento di un ciclo con più di due sorgenti? Durante il ciclo vi saranno momenti durante i quali entra calore nel sistema e momenti in cui ne esce. Indicando i primi con EQ ed i secondi con UQ , in base alla definizione di rendimento avremo:

| |1

| |U

E

Q

Q

Cosa dice la disuguaglianza di Clausius riguardo ad un ciclo a più sorgenti ? La disuguaglianza di Clausius assicura che per i cicli con un numero

qualunque di sorgenti si ha 0i

i

QT

, dove il segno di uguale vale solo nel

particolare caso di ciclo reversibile. Distinguendo i calori entranti ed uscenti, ed introducendo i moduli per esplicitare il segno, riscriviamo la disuguaglianza nella forma:

| | | |0E U

E U

Q QT T

.

P

minT

maxT

V

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Possiamo far figurare le temperature massima e minima in queste sommatorie? Se ora i calori EQ della prima sommatoria, invece che per le temperature delle sorgenti dalle quali entrano, li dividiamo per maxT otteniamo un addendo più piccolo:

max

| | | |E E

E

Q QT T

.

Allo stesso modo, se nella seconda sommatoria dividiamo i calori UQ per

minT , stiamo sottraendo un numero maggiore di prima:

min

| | | |U U

U

Q QT T

.

Il risultato di queste due sostituzioni è di diminuire il valore di tutta l’espressione, che quindi diviene strettamente negativa:

max min

| | | |0E UQ Q

T T

Possiamo portare le temperature massima minima fuori dalla sommatoria? Essendo due valori costanti, possiamo certamente raccogliere minT e maxT

fuori dalla sommatoria, per cui max min

0E UQ Q

T T , e quindi riscrivere:

min

max

| |

| |U

E

Q TTQ

E se inseriamo il risultato trovato nella formula per il rendimento del motore?

Se al posto del rapporto fra i calori sottraiamo la quantità più piccola min

max

TT

otteniamo un numero più grande:

min

max

| |1 1

| |U

CarnotE

Q TTQ

Quest’ultima relazione mostra che il rendimento di un qualunque ciclo reversibile, è minore di quello di un ciclo di Carnot che scambia calore solo con sorgenti alle temperature massima e minima fra cui il ciclo sta lavorando2.

2 Per i cicli irreversibili si può invece mostrate che il rendimento non è mai maggiore di quello di Carnot.