La storia della «Airflow» -...

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La Chrysler Airflow del 1934, che appare in questa fotografia, è di proprietà dell'autore. Il modello Airflow venne commercializzato dalla Chrysler Corporation con i nomi Chrysler e De Solo dal 1934 al 1936 e come Chrysler soltanto nel 1937. La forma aerodinamicamente profilata della vettura rappresentava una netta rottura con le forme delle vetture tradizionali che erano sostanzialmente «a scatola». La Airflow dell'autore, ancora funzionante dopo 43 anni, monta il secondo dei due tipi di mascherina offerti nel 1934. Questa modifica venne apportata per venire incontro alle critiche mosse nei confron- ti del tipo originale, che aveva gli elementi più alti, più sottili e più numerosi e con la curvatura più accentuata. Il tipo originale di mascherina adottato è illustrato nella figura in alto a pagina 119. L 'evoluzione dell'automobile dal tem- po della «carrozza senza cavalli» a oggi ha proceduto secondo una se- rie di passi graduali e prevedibili, con la grossa eccezione del modello «Airflow» che fu concepito dall'ingegnere automo- bilistico Carl Breer e dai suoi collabora- tori e che venne messo in commercio dalla Chrysler Corporation negli anni dal 1934 al 1937. La Chrysler Airflow e la sua vettura sorella la De Soto Airflow risultarono un completo fallimento com- merciale ma l'impatto del loro stile sulle vetture moderne è stato profondo. L'Airflow fu un tentativo di Breer di raggiungere in campo automobilistico i risultati ottenuti in quel periodo in cam- po aeronautico con i modelli DC-3 e China Clipper, e per quanto riguarda i trasporti ferroviari con la locomotiva M-10 000 della Pullman Company e col treno a vapore ideato da Henry Dreyfuss che viaggiava per la 20th-Century Li- mited. In ciascuno dei casi citati l'orien- tamento del progettista fu quello di rac- cogliere nozioni e impostazioni di pro- getto di varia origine, non per il puro motivo estetico di lanciare un nuovo sti- le, ma fondamentalmente per ridurre la resistenza che l'aria oppone all'avanza- mento di un veicolo. Dal 1927, quando Breer e i suoi colla- boratori iniziarono i loro esperimenti con l'aerodinamica, si erano raggiunti parec- chi traguardi in campo automobilistico. Uno di questi, l'avviamento elettrico, permise l'adozione di grossi motori a otto e più cilindri. Con l'adozione di motori di simile mole, le vetture diven- nero più pesanti, ma dal momento che l'aumento di peso conferiva una marcia più gradevole, lo si preferì nonostante gli svantaggi costituiti da più alti costi di esercizio e dalla guida più faticosa per il conducente. Ottenere un aspetto impo- nente venne considerato un traguardo di progetto, e questa tendenza venne adot- tata anche nella prima Chrysler proget- tata da Breer. Fu il modello del 1924, * caratterizzato da un profilo basso, larghi pneumatici a bassa pressione (tipo bal- lon), ruote con grossi raggi, parafanghi bombati e spigoli arrotondati. Con l'ado- zione poi dei freni idraulici la velocità potenziale della Chrysler con motore ad alto rapporto di compressione potè essere sfruttata in tutta sicurezza. Alla forma esterna della vettura originale, comunque, furono necessarie profonde modifiche. Essa aveva una configurazione squadrata e le varie parti non formavano tra loro un insieme organico. Inoltre il suo comporta- mento su strada ricordava quello di un cavallo a dondolo. Fu a questi problemi che Breer si applicò nel 1927. Il problema principale era comunque quello di trova- re la forma con minima resistenza all'a- vanzamento e adattarla all'automobile. C onferire un profilo aerodinamico a un corpo in fase di progetto ha le sue radici nell'idrodinamica e nell'aerodina- mica. Nel XIX secolo il fisico scozze- se William J. Rankine stabilì che il mo- to dei fluidi può essere di due tipi: flus- so laminare e flusso turbolento. Il flus- so laminare può essere visualizzato co- me una serie di strati paralleli che si muovono ognuno con una propria velo- cità e direzione senza interazioni o di- sturbi tra strato e strato. Il flusso turbo- lento è caratterizzato dalla presenza di vortici e può essere visualizzato come una «capriola» del fluido causata dall'in- contro con un corpo solido. La turbo- lenza crea una depressione a valle del corpo che l'ha generata la quale, a sua volta, si traduce in una resistenza che si oppone all'avanzamento del corpo stes- so. Quando un corpo immerso in un flusso non provoca turbolenza, si dice che è dotato di un profilo aerodinamico. Nel 1804 Sir George Cayley propose per il dirigibile «una forma che si avvici- ni a quella di uno sferoide molto allun- gato». Studiando le forme della natura, esaminò le proporzioni delle trote e dei delfini e ne concluse che la forma affu- solata di questi animali non solo poteva essere applicata ai dirigibili, ma, divisa nel senso della lunghezza, poteva rappre- sentare anche due scafi ideali di navi. Francis Wenham perfezionò queste idee con studi in galleria del vento. Ludwig Mach esaminò i flussi laminari e turbo- lenti relativi a oggetti diversi per mezzo di fili di seta, fumo di sigaretta e parti- celle di ferro, rilevandone fotografica- mente il comportamento. Etienne iules Marey infine analizzò l'aerodinamica de- gli uccelli in volo. Nel suo classico trattato del 1917 sul- l'accrescimento e la forma, D'Arcy Went- worth Thompson impiegò il termine «for- ma o linea aerodinamica» per descrivere quegli organismi che presentano la mini- ma resistenza quando sono in moto. Per spiegare perché tali forme esistano, egli analizzò matematicamente la forma di un uovo di uccello applicando il principio della minima azione, che stabilisce che un mezzo fluido tende a imprimere le sue «linee di corrente» su un corpo de- formabile fino a che il corpo si deforma e offre la minima resistenza. Esempi a- naloghi sono i profili dei cumuli di neve modellati dal vento, delle dune e delle fiamme. Lo stesso principio, concluse Thompson, deve aver governato l'evolu- zione della forma corporea dei pesci e degli uccelli. B reer fu uno dei primi «cervelli» del- l" l'automobile e divenne uno dei primi grandi tecnici dell'industria. Nel 1901, ad appena 17 anni, realizzò nella nativa California una vettura a vapore perfetta- mente funzionante. Uscito dalla Stanford University con la laurea in ingegneria, lavorò per alcune ditte automobilistiche fino al 1921, quando costituì una società di consulenze ingegneristiche con Fred M. Zeder e Owen R. Skelton. Due anni dopo la società trasferì le proprie attività alla Maxwell Motor Car Corporation, dove Breer divenne executive engineer. Nel 1925, quando Walter P. Chrysler rilevò la Maxwell, Breer venne nominato direttore delle ricerche della Chrysler Corporation, posizione che tenne fino al suo ritiro dalla vita attiva nel 1949. Breer considerò ogni problema dell'au- tomobile dal punto di vista ingegneristi- co, ma tenendo sempre presente lo scopo fondamentale della vettura come mezzo al servizio dell'uomo. Per esempio, allo scopo di migliorare il comportamento del veicolo su strada, egli prese in con- siderazione le sospensioni e per primo analizzò l'andatura che è giudicata più confortevole per il corpo umano. Egli constatò che la camminata meno stan- cante per l'uomo era quella compresa tra gli 80 e 100 passi al minuto, cioè una velocità di circa 4-5 chilometri al- l'ora. Applicando questa scoperta alla progettazione delle sospensioni dell'auto- mobile, Breer concluse che, per raggiun- gere il massimo comfort per il passegge- ro, la frequenza delle oscillazioni delle sospensioni doveva essere dello stesso ordine di grandezza. Le sospensioni mol- to rigide delle vetture degli anni ven- ti assoggettavano i viaggiatori a fasti- diosi scrolloni e beccheggi. Breer capì che uno degli scopi principali del proget- tista era il miglioramento del comfort di marcia. Per realizzarlo, era comunque necessario proporzionare in modo nuovo il peso sui due assali: era pertanto neces- sario adottare una nuova impostazione di progetto. L'idea di Breer di creare un nuovo tipo di vettura fu influenzato anche dalla nuova tendenza del design industriale, che aveva assimilato una accresciuta sen- sibilità al fatto che oggetti funzionali come automobili o frigoriferi dovessero anche essere di aspetto piacevole ed ele- gante. Il lavoro di progettisti quali Nor- man Bel Geddes, Raymond Loewy, Rus- sel Wright e parecchi altri si concretizzò negli oggetti più disparati, dalle macchi- ne fotografiche ai transatlantici. R. Bu- ckminster Fuller spinse questa tendenza ancora più avanti col suo concetto «Dy- maxion» in cui l'efficienza strutturale veniva esaltata e venne realizzata nella nota cupola geodesica. La vettura speri- mentale Dymaxion a tre ruote di Fuller - leggera e di forma ovoidale, con la ruota sterzante posteriore - aveva notevoli ras- somiglianze con le fusoliere degli aerei. Fu seguendo questa tendenza che Bre- er cominciò a pensare seriamente a una nuova impostazione dell'automobile. A quel tempo la forma goffa delle vetture era il risultato di poco più di una serie di compromessi tra di loro slegati e consi- steva essenzialmente di una «scatola» grande per i passeggeri, p osta dietro un'altra «scatola», più piccola, per il motore. Breer, convinto che la velocità sviluppabile grazie all'impiego dei mo- tori ad alto rapporto di compressione messi a punto dalla Chrysler non po- tesse essere raggiunta dai progetti allora in corso, chiese a William Earnshaw, un ingegnere esterno, di determinare in che misura le forme a scatola delle vettu- re del tempo ne ostacolassero il mo- to nell'aria. Earnshaw scoprì che tale resistenza era elevata nella direzione del senso di marcia ed era minore se la vettura procedeva in senso opposto. Earn- shaw andò allora da Orville Wright, che gli consigliò di costruire una piccola gal- leria del vento per studiare la resistenza aerodinamica di piccoli modelli in legno di diverse forme. Affascinato dai risulta- ti, Walter Chrysler volle costruire una galleria del vento più grande e così Breer, Zeder e Skelton poterono approfondire i loro studi. Breer cercava di trovare una forma che potesse sfruttare il fenomeno della deportanza e quindi assicurare una maggiore aderenza a velocità elevate. La storia della «Airflow» Come prima vettura dalla forma aerodinamica, la Chrysler Airflow è stata una pietra miliare nella storia automobilistica per la profonda influenza che la sua linea ha esercitato sullo stile dell'automobile di Howard S. Irwin 112 113

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La Chrysler Airflow del 1934, che appare in questa fotografia, è diproprietà dell'autore. Il modello Airflow venne commercializzatodalla Chrysler Corporation con i nomi Chrysler e De Solo dal 1934 al1936 e come Chrysler soltanto nel 1937. La forma aerodinamicamenteprofilata della vettura rappresentava una netta rottura con le formedelle vetture tradizionali che erano sostanzialmente «a scatola». La

Airflow dell'autore, ancora funzionante dopo 43 anni, monta ilsecondo dei due tipi di mascherina offerti nel 1934. Questa modificavenne apportata per venire incontro alle critiche mosse nei confron-ti del tipo originale, che aveva gli elementi più alti, più sottili epiù numerosi e con la curvatura più accentuata. Il tipo originale dimascherina adottato è illustrato nella figura in alto a pagina 119.

L

'evoluzione dell'automobile dal tem-po della «carrozza senza cavalli» aoggi ha proceduto secondo una se-

rie di passi graduali e prevedibili, con lagrossa eccezione del modello «Airflow»che fu concepito dall'ingegnere automo-bilistico Carl Breer e dai suoi collabora-tori e che venne messo in commerciodalla Chrysler Corporation negli anni dal1934 al 1937. La Chrysler Airflow e lasua vettura sorella la De Soto Airflowrisultarono un completo fallimento com-merciale ma l'impatto del loro stile sullevetture moderne è stato profondo.

L'Airflow fu un tentativo di Breer diraggiungere in campo automobilistico irisultati ottenuti in quel periodo in cam-po aeronautico con i modelli DC-3 eChina Clipper, e per quanto riguarda itrasporti ferroviari con la locomotivaM-10 000 della Pullman Company e coltreno a vapore ideato da Henry Dreyfussche viaggiava per la 20th-Century Li-mited. In ciascuno dei casi citati l'orien-tamento del progettista fu quello di rac-cogliere nozioni e impostazioni di pro-getto di varia origine, non per il puromotivo estetico di lanciare un nuovo sti-le, ma fondamentalmente per ridurre laresistenza che l'aria oppone all'avanza-mento di un veicolo.

Dal 1927, quando Breer e i suoi colla-boratori iniziarono i loro esperimenti conl'aerodinamica, si erano raggiunti parec-chi traguardi in campo automobilistico.Uno di questi, l'avviamento elettrico,permise l'adozione di grossi motori aotto e più cilindri. Con l'adozione dimotori di simile mole, le vetture diven-nero più pesanti, ma dal momento chel'aumento di peso conferiva una marciapiù gradevole, lo si preferì nonostante glisvantaggi costituiti da più alti costi diesercizio e dalla guida più faticosa per ilconducente. Ottenere un aspetto impo-nente venne considerato un traguardo diprogetto, e questa tendenza venne adot-tata anche nella prima Chrysler proget-tata da Breer. Fu il modello del 1924,*caratterizzato da un profilo basso, larghipneumatici a bassa pressione (tipo bal-lon), ruote con grossi raggi, parafanghibombati e spigoli arrotondati. Con l'ado-

zione poi dei freni idraulici la velocitàpotenziale della Chrysler con motore adalto rapporto di compressione potè esseresfruttata in tutta sicurezza. Alla formaesterna della vettura originale, comunque,furono necessarie profonde modifiche.Essa aveva una configurazione squadratae le varie parti non formavano tra loro uninsieme organico. Inoltre il suo comporta-mento su strada ricordava quello di uncavallo a dondolo. Fu a questi problemiche Breer si applicò nel 1927. Il problemaprincipale era comunque quello di trova-re la forma con minima resistenza all'a-vanzamento e adattarla all'automobile.

Conferire un profilo aerodinamico a un

corpo in fase di progetto ha le sueradici nell'idrodinamica e nell'aerodina-mica. Nel XIX secolo il fisico scozze-se William J. Rankine stabilì che il mo-to dei fluidi può essere di due tipi: flus-so laminare e flusso turbolento. Il flus-so laminare può essere visualizzato co-me una serie di strati paralleli che simuovono ognuno con una propria velo-cità e direzione senza interazioni o di-sturbi tra strato e strato. Il flusso turbo-lento è caratterizzato dalla presenza divortici e può essere visualizzato comeuna «capriola» del fluido causata dall'in-contro con un corpo solido. La turbo-lenza crea una depressione a valle delcorpo che l'ha generata la quale, a suavolta, si traduce in una resistenza che sioppone all'avanzamento del corpo stes-so. Quando un corpo immerso in unflusso non provoca turbolenza, si diceche è dotato di un profilo aerodinamico.

Nel 1804 Sir George Cayley proposeper il dirigibile «una forma che si avvici-ni a quella di uno sferoide molto allun-gato». Studiando le forme della natura,esaminò le proporzioni delle trote e deidelfini e ne concluse che la forma affu-solata di questi animali non solo potevaessere applicata ai dirigibili, ma, divisanel senso della lunghezza, poteva rappre-sentare anche due scafi ideali di navi.Francis Wenham perfezionò queste ideecon studi in galleria del vento. LudwigMach esaminò i flussi laminari e turbo-lenti relativi a oggetti diversi per mezzo

di fili di seta, fumo di sigaretta e parti-celle di ferro, rilevandone fotografica-mente il comportamento. Etienne iulesMarey infine analizzò l'aerodinamica de-gli uccelli in volo.

Nel suo classico trattato del 1917 sul-l'accrescimento e la forma, D'Arcy Went-worth Thompson impiegò il termine «for-ma o linea aerodinamica» per descriverequegli organismi che presentano la mini-ma resistenza quando sono in moto. Perspiegare perché tali forme esistano, eglianalizzò matematicamente la forma diun uovo di uccello applicando il principiodella minima azione, che stabilisce cheun mezzo fluido tende a imprimere lesue «linee di corrente» su un corpo de-formabile fino a che il corpo si deformae offre la minima resistenza. Esempi a-naloghi sono i profili dei cumuli di nevemodellati dal vento, delle dune e dellefiamme. Lo stesso principio, concluseThompson, deve aver governato l'evolu-zione della forma corporea dei pesci edegli uccelli.

Breer fu uno dei primi «cervelli» del-

l" l'automobile e divenne uno dei primigrandi tecnici dell'industria. Nel 1901,ad appena 17 anni, realizzò nella nativaCalifornia una vettura a vapore perfetta-mente funzionante. Uscito dalla StanfordUniversity con la laurea in ingegneria,lavorò per alcune ditte automobilistichefino al 1921, quando costituì una societàdi consulenze ingegneristiche con FredM. Zeder e Owen R. Skelton. Due annidopo la società trasferì le proprie attivitàalla Maxwell Motor Car Corporation,dove Breer divenne executive engineer.Nel 1925, quando Walter P. Chryslerrilevò la Maxwell, Breer venne nominatodirettore delle ricerche della ChryslerCorporation, posizione che tenne finoal suo ritiro dalla vita attiva nel 1949.

Breer considerò ogni problema dell'au-tomobile dal punto di vista ingegneristi-co, ma tenendo sempre presente lo scopofondamentale della vettura come mezzoal servizio dell'uomo. Per esempio, alloscopo di migliorare il comportamentodel veicolo su strada, egli prese in con-siderazione le sospensioni e per primo

analizzò l'andatura che è giudicata piùconfortevole per il corpo umano. Egliconstatò che la camminata meno stan-cante per l'uomo era quella compresatra gli 80 e 100 passi al minuto, cioèuna velocità di circa 4-5 chilometri al-l'ora. Applicando questa scoperta allaprogettazione delle sospensioni dell'auto-mobile, Breer concluse che, per raggiun-gere il massimo comfort per il passegge-ro, la frequenza delle oscillazioni dellesospensioni doveva essere dello stessoordine di grandezza. Le sospensioni mol-to rigide delle vetture degli anni ven-ti assoggettavano i viaggiatori a fasti-diosi scrolloni e beccheggi. Breer capìche uno degli scopi principali del proget-tista era il miglioramento del comfort dimarcia. Per realizzarlo, era comunquenecessario proporzionare in modo nuovoil peso sui due assali: era pertanto neces-sario adottare una nuova impostazionedi progetto.

L'idea di Breer di creare un nuovotipo di vettura fu influenzato anche dallanuova tendenza del design industriale,

che aveva assimilato una accresciuta sen-sibilità al fatto che oggetti funzionalicome automobili o frigoriferi dovesseroanche essere di aspetto piacevole ed ele-gante. Il lavoro di progettisti quali Nor-man Bel Geddes, Raymond Loewy, Rus-sel Wright e parecchi altri si concretizzònegli oggetti più disparati, dalle macchi-ne fotografiche ai transatlantici. R. Bu-ckminster Fuller spinse questa tendenzaancora più avanti col suo concetto «Dy-maxion» in cui l'efficienza strutturaleveniva esaltata e venne realizzata nellanota cupola geodesica. La vettura speri-mentale Dymaxion a tre ruote di Fuller -leggera e di forma ovoidale, con la ruotasterzante posteriore - aveva notevoli ras-somiglianze con le fusoliere degli aerei.

Fu seguendo questa tendenza che Bre-er cominciò a pensare seriamente a unanuova impostazione dell'automobile. Aquel tempo la forma goffa delle vettureera il risultato di poco più di una serie dicompromessi tra di loro slegati e consi-steva essenzialmente di una «scatola»grande per i passeggeri, posta dietro

un'altra «scatola», più piccola, per ilmotore. Breer, convinto che la velocitàsviluppabile grazie all'impiego dei mo-tori ad alto rapporto di compressionemessi a punto dalla Chrysler non po-tesse essere raggiunta dai progetti allorain corso, chiese a William Earnshaw, uningegnere esterno, di determinare in chemisura le forme a scatola delle vettu-re del tempo ne ostacolassero il mo-to nell'aria. Earnshaw scoprì che taleresistenza era elevata nella direzione delsenso di marcia ed era minore se lavettura procedeva in senso opposto. Earn-shaw andò allora da Orville Wright, chegli consigliò di costruire una piccola gal-leria del vento per studiare la resistenzaaerodinamica di piccoli modelli in legnodi diverse forme. Affascinato dai risulta-ti, Walter Chrysler volle costruire unagalleria del vento più grande e così Breer,Zeder e Skelton poterono approfondire iloro studi. Breer cercava di trovare unaforma che potesse sfruttare il fenomenodella deportanza e quindi assicurare unamaggiore aderenza a velocità elevate.

La storia della «Airflow»Come prima vettura dalla forma aerodinamica, la Chrysler Airflow èstata una pietra miliare nella storia automobilistica per la profondainfluenza che la sua linea ha esercitato sullo stile dell'automobile

di Howard S. Irwin

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Gli esperimenti in galleria del ventocontinuarono nel 1931. A quel tempo laReo Royale del 1931 e la Graham Eightdel 1932, entrambe con innovazioni diimpostazione, ottennero grande successo.Avendo scoperto che la forma a gocciapresentava la minima resistenza, Breerdecise che questa sarebbe stata la formaideale per una nuova vettura. Per primacosa avrebbe dovuto studiare una nuovasistemazione dei passeggeri e del motoreentro quel tipo di forma. Fu deluso nelloscoprire che quando qualsiasi motore al-lora disponibile veniva montato nellaparte posteriore di un modello sperimen-tale, la vettura risultava troppo pesantein coda e difficile da guidare. Inoltre, lalunga e vulnerabile appendice posterioreostacolava inevitabilmente le manovre.La forma a goccia doveva quindi esseremodificata.

Dopo svariati tentativi con modelli diprova in legno, i tre ingegneri costruiro-no nel dicembre 1932 un prototipo inacciaio che chiamarono «Trifon Special».Si trattava di una berlina con cofanocorto, largo, e arrotondato, fari incor-porati nella carrozzeria, parabrezza conaccentuata inclinazione e parte posterioreraccordata con gradualità al paraurti. AWalter Chrysler piacque, ma Breer nonera ancora soddisfatto.

Il cofano arrotondato della Trifon co-stituiva un problema, in quanto si sco-stava decisamente dalla caratteristica for-ma lunga, squadrata e gradualmente di-vergente dietro il radiatore fortementestilizzato, che costituiva, per le vetturedell'epoca, gran parte della loro caratte-ristica estetica. Breer e collaboratori di-segnarono allora dei cofani un po' piùconvenzionali, fino al maggio 1933, maalla fine decisero che se il nuovo proget-to doveva soddisfare ai principi aerodi-namici che stavano alla base del lorolavoro, condizione essenziale era mante-nere il cofano arrotondato.

Dopo circa 50 progetti sperimentali,nel 1934 si installarono i macchinari

e le linee per la produzione dell'Airflow.Venne prodotta in 5 versioni, per cuivennero approntate moltissime parti in-tercambiabili. Le scocche venivano adat-tate a telai di lunghezze variabili da 293a 372 centimetri.

La versione più piccola, equipaggiatacon un motore a 6 cilindri, venne com-mercializzata sotto il nome De Soto. Lealtre quattro versioni avevano tutte ilmarchio Chrysler e montavano motori aotto cilindri. Il modello più grande erauna enorme limousine, con il parabrezzaricurvo in un sol pezzo. Sia la Chryslersia la De Soto offrivano la Airflow comeberlina a due o a quattro porte e comecoupé a due porte. Il coupé risultò in-

Cinque modelli di auto del 1934 sono qui raf-figurati per eNidenziare le differenze tra laAirflow e gli standard stilistici dell'epoca. Dal-l'alto in basso: Chrysler Airflo%, Ford, Pa-ckard, Buick e Lincoln. Tutti e cinque i mo-delli di auto sono riprodotti nella stessa scala.

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dubbiamente la più pura espressione delprogetto Airflow.

L'Airflow fu di gran lunga la vetturapiù aerodinamica che fosse comparsa sulmercato fino a quel tempo. Era di aspet-to così rivoluzionario che un giornalistaal salone automobilistico di New Yorknel 1934 scrisse che gli ci vollero due otre giorni per abituarcisi. Raramente unagrande ditta costruttrice giunse alla rea-lizzazione di un progetto così avanzato efuori dagli schemi tradizionali. Il rischiofinanziario era altissimo, anche conside-rando che le vendite della Chrysler eranocrollate nei due anni precedenti.

Le proporzioni dell'Airflow si scosta-vano da quelle di tutti gli altri modelliallora costruiti. I passeggeri si trovavanoavanzati di 50 centimetri rispetto all'as-sale posteriore e di conseguenza il moto-re venne spinto su quello anteriore con ilradiatore addirittura a sbalzo, oltre l'as-sale. I passeggeri si trovavano pertantoin una posizione più vicina al baricentrodella vettura e ne guadagnava il comfortdi marcia. D'altro canto furono questistessi cambiamenti che conferirono allavettura la caratteristica di vettura daldavanti «pesante». Peraltro nella Air-flow il 55 per cento del peso era soppor-tato dall'assale anteriore, mentre nellamaggior parte dei casi solo il 40 per centodel peso gravava su quest'assale. Lo spo-

stamento del peso significò un migliora-mento nelle caratteristiche di guida, cheBreer perseguiva cercando di rendere pos-sibile l'installazione di sospensioni di ca-ratteristiche il più possibile eguali sui dueassali. Le molle a balestra anteriori, piùcorte, avevano un numero maggiore difoglie, e la loro flessibilità fu regolata inmodo da avere oscillazioni comprese tra80 e 100 cicli al minuto, frequenza che se-condo Breer era la più confortevole peril passeggero. La guida dell'Airflow co-stituì un grosso miglioramento, in nettocontrasto con gli scuotimenti e i beccheg-gi tipici di tutte le vetture dell'epocatranne quelle più pesanti.

Gli occupanti della vettura non si era-no solo spostati in avanti ma avevanoanche a disposizione più spazio lateral-mente. L'abitacolo e il parabrezza del-l'Airflow erano 25 centimetri più larghidi quelli dei precedenti modelli Chrysler.Questo risultato fu ottenuto ampliandol'abitacolo verso i bordi dei parafanghi,rendendo così possibile per la prima vol-ta il trasporto di un totale di 5 o 6passeggeri sui due sedili.

Una innovazione strutturale d'avan-guardia dell'Airflow fu la realizzazionedella scocca: invece di una serie di distin-ti pannelli di lamiera fissati a una leggeraintelaiatura di legno, che costituiva lanormale prassi, l'intera scocca, a ecce-

zione dei parafanghi, delle portiere e delcofano, era costituita da un sol pezzo dilamiera stampata che, unito a un telaiodi estrema leggerezza, possedeva una ri-gidezza torsionale 40 volte superiore aquella delle scocche dei precedenti mo-delli Chrysler.

Soprattutto la silhouette dell'Airflowricordava la forma di una sezione diun'ala d'aereo: essa si sviluppava secon-do un profilo parabolico a partire dalparaurti anteriore e procedeva con gra-dualità verso la parte posteriore. La for-ma fu sviluppata in modo da accoppiarsicon il parabrezza inclinato e in due pez-zi, che poteva essere aperto in avanti. Ifari e i parafanghi erano incorporati nel-lo sviluppo del profilo della parte ante-riore della vettura. Le linee ricurve eprofilate dei bordi d'uscita dei parafan-ghi accentuavano poi la linea a goccia.

Molti particolari ornamentali, come iparaurti in tre elementi, le tre feritoieorizzontali su ciascuna fiancata del cofa-no e le modanature lungo le fiancate ri-flettevano i motivi cari all'«Art deco»dell'epoca. All'interno della vettura ven-nero impiegati anche materiali poco con-venzionali: rivestimento del padiglionestampato e lavabile, telai dei sedili intubi d'acciaio cromati e tappetini in gom-ma variegati.

Da tutto questo ne uscì una bella vet-

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La Chrysler convenzionale del 1934 era un modello a 6 cilindri che laChrysler offriva contemporaneamente alla Airflow. La risposta delmercato alla Airflow fu così sfavorevole che la società mantenne le

sue posizioni di mercato solo grazie alle vendite del modello conven-zionale. Le quattro versioni Chrysler della Airflow del 1934 mon-tavano motori a 8 cilindri, quella De Solo un motore a 6 cilindri.

tura? La forma raccordata della coda fuoggetto di grande ammirazione, special-mente nel modello coupé, in cui la ruotadi scorta era posta all'interno della vet-tura, così che niente disturbava la lineapulita e filante della coda. La formasfuggente del parabrezza a Ve i para-fanghi posteriori completamente avvol-genti furono aggiunti con successo sugliultimi modelli. Il goffo e arrotondatofrontale rimase invece un problema inso-luto. Il cofano tozzo, con i fari, la ma-scherina del radiatore e i parafanghi in-corporati in un insieme massiccio, con-trastava troppo violentemente con le gri-glie eleganti e aquiline a forma di prora,i fari isolati e separati e i caratteristiciparafanghi anteriori slanciati verso l'e-sterno di vetture come la rinomatissimaLaSalle. L'Airflow suscitò violente rea-zioni: fu un'automobile molto amata omolto detestata.

Alla fine i detrattori ebbero il soprav-vento. Benché la società avesse ricevutoun buon numero di prenotazioni già neiprimi mesi del 1934, le vendite estivemisero in luce una deludente realtà: levendite De Soto erano del 47 per centoinferiori a quelle dell'anno precedente, ela posizione di mercato delle Chrysler(decima) era tenuta solo grazie al fattoche la casa offriva contemporaneamenteuna gamma di modelli convenzionali a 6cilindri. La forma arrotondata del fron-tale dell'Airflow secondo i critici ricor-dava ora un occhio strabuzzato, ora l'a-spetto goffo di un rinoceronte ora unvolto coperto da una calza. In breve lavettura divenne oggetto di scherno.

Nulla si potè fare per modificarne laforma di base. W. Chrysler non era co-munque disposto a rinunciarvi. Vennerosollecitati gli stilisti in primo luogo arafforzare l'aspetto dell'Airflow, model-lo 1934, sostituendo la insolita mascheri-na del radiatore a cascata con un minornumero di elementi verticali più larghi erobusti e, per i tre modelli successivi,con l'adattamento di una griglia del ra-

diatore dalla più tradizionale forma aprora, semplificando contemporanea-mente alcuni motivi decorativi del fronta-le. L'inclinazione del volante venne ridot-ta, i fari vennero ridisegnati, le anacroni-stiche luci posteriori, staccate dal corpodella vettura, vennero incorporate nei pa-rafanghi, e robusti paraurti rimpiazzaro-no quelli esili e vulnerabili originali in trepezzi, la ruota di scorta venne sistemata,sui modelli berlina, in un apposito por-ta-ruota all'interno della vettura. Rive-stimenti in panno sostituirono o ricopri-rono i tappeti in gomma, i rivestimentistampati sul padiglione e i tubi cromatiall'interno della vettura.

Malgrado questi e altri profondi rifa-cimenti estetici, le vendite della Airflowdiminuirono anno dopo anno. Dopo annidi lavoro e spese di milioni di dollari,l'andamento delle vendite riservò una a-mara delusione che gettò nella costerna-zione Breer, Zeder e Skelton, e soprat-tutto Walter Chrysler. Benché la societàfosse andata in passivo solo nel 1934, vifurono imbarazzo e frustrazione per que-sto cocente fallimento.

Le sorti della Airflow smorzarono gli entusiasmi dei propugnatori delle li-

nee aerodinamiche. La Reo e la Graham,pochi anni prima, erano apparse sorpren-denti a prima vista, ma nessuna di esseaveva intaccato i precedenti standard sti-listici. La Airflow, comunque, non soloandava più in là dei suoi precedessori,ma presentava un insieme di così grandicaratteristiche innovatrici, che l'acquiren-te ne fu spaventato più che attratto. Ineffetti la Airflow pose un problema: unbuon disegno funzionale dell'automobileè bello, anche quando rompe completa-mente con la tradizione stilistica? Nel-l'estate del 1934, la risposta fu assulu-tamente negativa.

A ogni modo l'impatto della Airflowsullo stile fu presto evidente, anche sel'evoluzione stilistica fu realizzata, conpiù successo, da altri costruttori. La Lin-

coln Zephyr, lanciata nel 1936, era larisposta evidente della Ford alla Airflow.Nell'architettura generale, i due modelliavevano molto in comune: il cofano cor-to, la coda raccordata al corpo vettura, iposti per i passeggeri collocati nella zonacentrale. Il corpo della Zephyr era persinopiù largo di quello della Airflow e illavoro di armonizzazione dell'insiemevenne sviluppato in misura anche mag-giore. Aveva inoltre un aspetto piacevo-le. Il cofano era piatto, dietro a unagriglia a forma di prora sagomata a V,ed era fiancheggiato da parafanghi sepa-rati dal corpo della vettura, che soppor-tavano i fari parzialmente incorporatinella loro forma, evitando nell'insieme lepesantezze stilistiche che non erano pia-ciute nella Airflow. Nonostante le scarsequalità riguardanti il motore, la guida ele sospensioni, la Zephyr, al contrariodella Airflow, venne lodata dalla stampaautomobilistica. Tuttavia, agli inizi, levendite rimasero basse.

Ironia della sorte, esattamente setteanni dopo l'insuccesso delle prime Air-flow la General Motors Corporation lan-ciò il suo stile «fastback» con un profilopraticamente identico a quello della Air-flow coupé a eccezione della griglia ver-ticale e del cofano lungo e diritto. Que-sta impostazione venne seguita da tuttele case automobilistiche fin negli annicinquanta e si manteneva anche a queitempi ancora competitiva.

Ugualmente ironico fu il grande suc-cesso della Volkswagen «Maggiolino». Ilsuo ideatore Ferdinand Porsche fu cosìentusiasta della logica razionalità dellaAirflow che iniziò immediatamente a la-vorare a un modello simile ma di dimen-sioni più ridotte che avrebbe adottato lasoluzione del motore posteriore, abban-donata da Breer. La vettura venne messasul mercato nel 1936 e per lungo tempoottenne largo successo in molti paesi.

Quindi non si può definire la Airflowun insuccesso anche se non riuscì a im-porsi sul mercato. In questo modello

Le modifiche alla mascherina costituirono il maggior tentativo dellaChrysler Corporation per rendere la Airflow più gradevole al pubbli-co. Il frontale arrotondato della vettura era l'oggetto delle maggiori

Il telaio dell'Airflow conteneva parecchie innovazioni. Era leggero erealizzato in acciaio, mentre nella maggior parte dei casi, fino a queltempo, i telai erano realizzati in legno. La scocca fissata al telaio della

critiche. Qui sono riportati in alto a sinistra la mascherina origi-nale del 1934, che venne ridisegnata nel corso dell'anno, e, proce-dendo da sinistra a destra, le versioni del 1935, del 1936 e del 1937.

Airflow era costituita, a eccezione dei parafanghi, delle portiere e delcofano, da un unico pezzo di lamiera stampata, mentre nelle altrevetture essa era costituita da singoli pannelli fissati al telaio di legno.

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1935

39

41

12

1936

45

20

40

DE SOTO "SEI CILINDRI»PASSO: 293,3 cm

CHRYSLER «OTTO CILINDRI»PASSO: 312 cm

CHRYSLER IMPERIALROTTO CILINDRI»PASSO: 325,1 cm

CHRYSLER CUSTOMIMPERIAL «OTTO CILINDRI»PASSO: 349,2 cm

CHRYSLER CUSTOM IMPERIAL«OTTO CILINDRI» LIMOUSINEPASSO: 372,1 cm

39

19

1937

INTERROTTE

INTERROTTE

68

INTERROTTE

MODELLO 1934

5 10 15 0 5 10 15 0 5

10

15 0

5

10

15VENDITE (MIGLIAIA)

Vendite e esemplari ancora funzionanti delle Chrysler e De Solo Air-flow. Per ciascun modello le barre rappresentano il numero di esem-

plari costruiti e il valore finale indica quante ancora sono in condizio-ni di funzionare, secondo i dati forniti dall'Airflow Club of America.

Il cruscotto simmetrico della Chrysler Airflo», fotografato sull'esem-plare di proprietà dell'autore. La strumentazione comprende il tachi-metro e due contamiglia (quello inferiore, il parziale, arriva fino a99,9 miglia). Sulla parte destra sono sistemati, in senso orario: l'indi-

calore del liNello del carburante, il termometro dell'acqua, l'ampero-metro e l'indicatore della pressione dell'olio. La le‘etta in alto a de-stra comanda l'apertura e la chiusura della metà destra del parabrez-za; l'altra lesa corrispondente non è visibile nella fotografia.

Vino e Scacchi, insieme diregole precise, affinate daantiche esperienze.Brolio Chianti Classico, sin-tesi di una tradizione enolo-gica ininterrotta dal 1141.

I SEGRETIDI UN BUON VINO

Nel Castello di Brolio, arroccato traboschi rocce e vigneti, nella regionedell'Alto Chianti, la Famiglia Ricasoliproduce vino da più di 8 secoli. A Bet-tino Ricasoli (1809-1880), «il barone diferro», Primo Ministro del Regno d'Ita-lia dopo Cavour, si deve la definizionedelle proporzioni di uve per ottene-re il miglior vino del Chianti: sangio-vese 70%, malvasia e trebbiano 150/o,canaiolo nero 15%. Oggi questo vino sichiama Chianti Classico; la sua origineè protetta dallo Stato con la leggeDOC = Denominazione di Origine Con-trollata; si differenzia dal vino nel re-sto della Toscana collinare, chiamatosemplicemente Chianti.

Qualità, prestigio, tradizione contrad-distinguono i vini Ricasoli, vanto dellaenologia italiana e mondiale. Ecconeuna scelta ed una piccola guida pergustarli meglio:

Castello di Brolio: famoso ChiantiClassico, invecchiato per non meno ditre anni in fusti di rovere, si accom-pagna al meglio con tutte le carni sa-porite, in particolare arrosti e caccia-gione. Va stappato qualche ora primae servito a 16°48° di temperatura.

Brolio Riserva: frutto di annateparticolarmente felici di Brolio, invec-chiato in rovere per 5 anni ed oltre, èvino da grandi occasioni. Si abbina aipiatti di carne di maggiore impegnoed ai formaggi stagionati. Va apertoe ambientato molte ore prima di es-sere bevuto a non meno di 18°.

Gaiole Chianti Classico: di invecchia-mento in rovere e gradazione minoredel Brolio, prende nome dal comunechiantigiano in cui si trova il Castel-lo di Brolio. Si adatta pienamente al-le carni rosse ed agli arrosti. Va servi-to a temperatura ambiente, cioè a16°48°.

Brolio Bianco: prodotto con le uvedi Pinot dei vigneti di Brolio, ha de-licatezza e profumo ed è ideale con an-tipasti e crostacei. Si serve semprefresco, a. 8°40°.

Brolio Rosè: morbido e profumato,accompagna tutti i piatti delicati. Sibeve fresco a 10°.

Brolio Vin Santo: di antica origine,di produzione artigianale, occorrono3/4 anni per vinificarlo e altri 3/4 diinvecchiamento in piccole botti per ot-tenerlo. Nobilita tutti i dessert, e vabevuto ghiacciato (6°-8°) in piccoli bic-chieri.

Albia Bianco: vino bianco dal gustodeciso, di sapore pieno, ideale con ipiatti di pesce, è ottimo con gli anti-pasti ed i primi piatti. Va servito sem-pre fresco, a 8°10°.

Chianti Ricasoli: meno impegnativodel Chianti Classico, asciutto, è vino datutto pasto, ideale con i primi piattisaporiti e le carni in genere. Si bevea temperatura ambiente, intorno ai 16°.

Breer aveva introdotto parecchie inno-vazioni tecniche di grande rilievo, dandola ppiorità assoluta al miglioramento delcomfort dei passeggeri e preparando ilpubblico alla assimilazione dei principiche stanno alla base dei profili aerodina-mici, evidenti in tutte le vetture a partiredalla fine di quel decennio.

Recentemente ho acquistato una Air-flow del 1934, la terza Airflow che ho

posseduto. Il primo commento di miafiglia quando l'ha vista è stato: «sembraun grosso Maggiolino». Amici e colleghila guardano come una curiosità d'anti-quariato e un sicuro investimento, e soloi più sensibili vedono in essa la pietramiliare nella storia automobilistica chein realtà rappresenta.

Dopo 43 anni e un numero imprecisa-to ma senz'altro elevato di chilometri

percorsi, la carrozzeria è immune da ru-mori e questo porta silenziosa testimo-nianza alla validità di uno dei credo in-gegneristici di Breer. Benché il profilodella scocca fosse basso rispetto a quellidell'epoca, la vettura è alta ben 174 cen-timetri e quindi per entrare nella vetturabisogna salire sul predellino. I sedili so-no alti per lo standard attuale; ma lavisibilità è limitata, in parte a causa delle

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11 salone automobilistico di New York del 1934 fornì al pubblicol'occasione per accostarsi alla linea Airflow. La fotografia ripresadalla balconata sovrastante gli stand della Ford Motor Corporation e

della General Motors Corporation, mostra le profonde differenze tral'Airflow e le altre vetture esposte nel 1934. Le due automobiliin primo piano sono Lincoln e dietro a esse vi è un gruppo di Buick.

scarse dimensioni dei cristalli (soprattut-to nella parte posteriore) e in parte per ledimensioni dei montanti delle portiere edel parabrezza.

Il motore (112 HP, 8 cilindri in linea,teste piatte e valvole laterali) ha un fun-zionamento molto dolce, come pure latrasmissione. L'accelerazione è modestaper gli standard odierni, ma il consumo(da 6,5 a 8 chilometri per litro con over-drive alle alte velocità) è di tutto rispettoper una vettura di 1750 chilogrammi. Ifreni a tamburo senza servofreno sonoequilibrati e positivi, ma richiedono unforte sforzo sul pedale. Alcuni tra i mo-delli di maggior cilindrata delle Airflowmontavano servofreni a depressione perovviare a questo problema.

La guida si può descrivere nel con-tempo pesante ma pronta. Lo sterzo èleggero con vettura in marcia, ma, senzaservosterzo idraulico, diventa pesantenelle manovre di parcheggio. La marciain curva è eccezionalmente ben regolata

per una vettura così molleggiata, e l'ec-cessivo rollio è corretto da una barrastabilizzatrice sul ponte posteriore (spo-stata nei modelli successivi sulla sospen-sione anteriore).

A causa dell'impianto elettrico a 6 volt,l'avviamento è più scadente di quello deimoderni impianti a 12 volt, e la luce deiproiettori e della fanaleria diventa trop-po fioca quando a bassi giri del motorenon interviene più il generatore. L'illu-minazione non era mai stata soddisfa-cente nella Airflow, neppure a impiantonuovo. L'adozione dell'amperometro edi indicatori separati della pressione del-l'olio, della temperatura dell'acqua e dellivello del carburante furono graditi, mala loro sistemazione in un unico riquadrocircolare collocato sulla destra del cru-scotto distraeva l'attenzione del guidato-re. La griglia e il cofano anteriore siaprono con incernieramento posteriore,ma non offrono sufficiente accessibilità alvoluminoso motore, situato sull'asse an-

tenore in posizione elevata. L'accessolaterale al motore, necessario per la rego-lazione del gioco delle valvole, richiede larimozione della ruota anteriore destranonché di un pannello mobile della scocca.

ggi la Airflow è definitivamente scom-parsa dalla memoria della gente. Ne

sopravvivono alcune centinaia di esem-plari (forse un migliaio se si consideranoanche quelle ridotte a rottame), parec-chie delle quali restaurate e debitamenteregistrate negli elenchi dell'Airflow Clubof America, un valoroso gruppo di ap-passionati la cui attività ha favorito loodierno interesse alla raccolta e al re-stauro delle vecchie automobili. L'impor-tanza della Airflow consiste nel fatto cheil clamore generato dal suo ingresso nelmercato nel 1934 costrinse le case pro-duttrici a compiere un passo avanti, a-dottando principi nuovi, nel campo tec-nico e stilistico. E una volta imboccataquesta strada non si tornò più indietro.

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