LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA A H CAESAREA MARITIMA · la composizione fantastica degli elementi,...

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ANTONIO FROVA LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA A H CAESAREA MARITIMA tt L A STA TUA che qui pubblichiamo (figg· 1-2) è stata scoperta nel 1961, nella III campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana a Cesarea, nell'area settentrionale del teatro romano, nel terreno petroso presso la grande cisterna; nella suc- cessiva campagna di scavo del 1962 fu ritrovata poco lontano nel terreno di ri- porto anche la base della stessa statua. I) la rosetta) (figg. 4-5). La superficie della scultura ha sofferto per sbrecciatura, specialmente nella scena figu- rata a rilievo sul petto sopra la ghirlanda e sul fianco si- nistro, oltre che per numerose abrasioni minori, ma tutta la superficie della scul- tura è come degradata per un logoramento delle parti plastiche che appaiono co- me velate avendo perduto il contorno preciso, special- mente nelle figure anima- lesche e nelle figure fem- minili dell' ependytes, che dovevano essere a rilievo più alto, mentre più nitide sono rimaste le parti orna- mentali, cioè rosette e api, che erano a rilievo più bas- so. Questa degradazione delle parti scolpite dipende dall'azione corrosiva del terreno nel quale la statua rimase sepolta e probabil- mente anche da una lunga esposizione all'aria aperta. La rottura con scheggia- mento irregolare al collo e sulle spalle lascia vedere sulla spalla destra traccia dell'attacco del largo nimbus che incorniciava la testa, mentre il collo è spezzato La statua in marmo greco (pario?) ha le braccia spez- zate poco oltre il gomito e inoltre è tagliata netta alla cornice della inquadratura inferiore dell' ependytes (al- tezza conservata m. lal) . La base con i piedi (destro sbrecciato) e il lembo del lungo chitone che si ade- gua al piano di posa,a parte una maggiore spezza tura anteriore, si ricongiunge esattamente con il tronco della statua; l'altezza della base al punto più alto con- servato del panneggio è di cm. 27,5 per cui l'altezza totale della statua, acefala, è di m. 1,585. Sull'angolo destro della base è un troncone cilindrico squa - mato, malamente spezzato; sull' angolo sinistro, ora mutilato, si deve supporne un altro simmetrico (fig· 3). Da notare inoltre che sui fianchi -della statua sono tracce di adesione di ele- menti esterni laterali, a de - stra, in corrispond F: nza del terzo riquadro (con l'ape) dell' ependytes dal basso, a sinistra in corrispondenza del secondo riquadro (con FIG. l - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA DI CESAREA . poco sopra la base e scheg- giati sono l'orlo circolare della veste, quasi collana attorno al collo, ed anche parte della figura destra e della centrale della scena a rilievo sul pettorale (fig. 6) . Sul quale sono rappresen- tate due figure femminili alate (Nikai) che indossano un fluttuante chitone con lungo apoptygma fermato da una cintura sotto ai se- ni, il corpo di tre quarti, il ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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ANTONIO FROVA

LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA A H CAESAREA MARITIMA tt

L A STA TUA che qui pubblichiamo (figg· 1-2) è stata scoperta nel 1961, nella III campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana a

Cesarea, nell'area settentrionale del teatro romano, nel terreno petroso presso la grande cisterna; nella suc­cessiva campagna di scavo del 1962 fu ritrovata poco lontano nel terreno di ri ­porto anche la base della stessa statua. I)

la rosetta) (figg. 4-5). La superficie della scultura ha sofferto per sbrecciatura, specialmente nella scena figu­rata a rilievo sul petto sopra la ghirlanda e sul fianco si­nistro, oltre che per numerose abrasioni minori, ma tutta

la superficie della scul­tura è come degradata per un logoramento delle parti plastiche che appaiono co­me velate avendo perduto il contorno preciso, special­mente nelle figure anima­lesche e nelle figure fem­minili dell' ependytes, che dovevano essere a rilievo più alto, mentre più nitide sono rimaste le parti orna­mentali, cioè rosette e api, che erano a rilievo più bas­so. Questa degradazione delle parti scolpite dipende dall'azione corrosiva del terreno nel quale la statua rimase sepolta e probabil­mente anche da una lunga esposizione all'aria aperta.

La rottura con scheggia­mento irregolare al collo e sulle spalle lascia vedere sulla spalla destra traccia dell'attacco del largo nimbus che incorniciava la testa, mentre il collo è spezzato

La statua in marmo greco (pario?) ha le braccia spez­zate poco oltre il gomito e inoltre è tagliata netta alla cornice della inquadratura inferiore dell' ependytes (al­tezza conservata m. lal) .

La base con i piedi (destro sbrecciato) e il lembo del lungo chitone che si ade­gua al piano di posa, a parte una maggiore spezza tura anteriore, si ricongiunge esattamente con il tronco della statua ; l'altezza della base al punto più alto con­servato del panneggio è di cm. 27,5 per cui l'altezza totale della statua, acefala, è di m. 1,585. Sull'angolo destro della base è un troncone cilindrico squa­mato, malamente spezzato; sull' angolo sinistro, ora mutilato, si deve supporne un altro simmetrico (fig· 3). Da notare inoltre che sui fianchi -della statua sono tracce di adesione di ele­menti esterni laterali, a de­stra, in corrispondF: nza del terzo riquadro (con l'ape) dell ' ependytes dal basso, a sinistra in corrispondenza del secondo riquadro (con

FIG. l - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA DI CESAREA

. poco sopra la base e scheg­giati sono l'orlo circolare della veste, quasi collana attorno al collo, ed anche parte della figura destra e della centrale della scena a rilievo sul pettorale (fig. 6) . Sul quale sono rappresen­tate due figure femminili alate (Nikai) che indossano un fluttuante chitone con lungo apoptygma fermato da una cintura sotto ai se­ni, il corpo di tre quarti, il

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FIG. 2 - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA

DI ARTEMIDE EFESIA

capo di profilo con i capelli leggermente rigonfi ai lati e raccolti dietro in una crocchia. Le due figure sono disposte in posizione simmetrica in atto di levare una corona (qui mancante) sopra il capo di una figura

centrale, mentre con l'altra mano tengono al fianco (nella rappresentazione risulta dietro) un ramo di palma. La figura centrale così incorniciata è in realtà una mezza figura femminile ignuda e alata che con le braccia abbassate tiene i lembi del calice dal quale esce.

Nella iconografia abituale della scena a rilievo sul pettorale dell'Artemide Efesia 2) appaiono le Vittorie o le Ore reggenti la corona sopra uno dei segni dello zodiaco, il granchio, o impugnanti fasci di palme nello spazio vuoto o con archi (?), spighe o palme sopra altro segno dello zodiaco (i Gemelli). Nell'esemplare di Cesarea l'elemento centrale è invece rappresentato dalla ninfa alata che solitamente appare nell' ependytes, ninfa marina per Amelung e Thiersch, impropriamente da qualcuno chiamata Scilla. Tutta la scena è rappresen­tata sull'ampia superficie liscia del pettorale incorni­ciato dal giro di una collana ad elementi fusiformi dalla quale pendono 16 ghiande affusolate, collana che le due figure alate sopravvanzano uscendone fuori con il passo, sempre però sulla omogenea superficie liscia. Domina nella rappresentazione un netto verticalismo per lo stesso campo ad arco ristretto, per le proporzioni allungate delle figure, per lo slancio verso l'alto accen­tuato dalla posizione delle ali strette e rivolte all'insù ed anche per i lunghi rami di palma. Il motivo delle Vittorie, di lunga tradizione e largamente diffuso dalle monete agli stucchi, ai rilievi, alle terracotte (in Pale­stina stessa ad es. nei rilievi di Ascalon), compare con un impiego analogo a quello del pettorale dell' Arte­mide, sulle statue loricate : è la stessa tipologia delle Vittorie dal lungo chitone con apoptygma che pongono corone su un trofeo o che fiancheggiano un thymiate­rion o un palladio (anche figure con chitoni sco e lace­demoni danzanti), elementi elaborati dall'arte neoat­tica e divenuti repertorio comune di questo genere di decorazione, da una statua di generale del 40 a. C. al compatto gruppo adrianeo che mostra maggiori punti di contatto con le figure del pettorale dell' Artemide. 3)

Segue un'ampia ghirlanda, sempre semicircolare, con ingrossamento al centro, di fiori-bacche, come piccole sfere ordinatamente infilate con interspazi fo ­rellati dal trapano. La ghirlanda dei fiori immortali è agganciata alle estremità con una specie di fiocchetto a due punte che partiva dal nimbus. Oltre la ghirlanda, con più ampio giro sulla superficie liscia, segue un'altra collana di 14 ghiande affusolate, più grandi delle pre­cedenti, che pendono fra i primi" seni". Da notare la stretta simmetria della disposizione nelle due collane (ma più evidente nella prima) e l'astratta collocazione delle ghiande le quali, anzichè pendere anche ai lati per l'ovvia legge di gravità, sono disposte orizzontal­mente a raggera, modo di rappresentazione comune agli altri esemplari di Artemide.

Le braccia piegate e aderenti al corpo fino al gomito, poco oltre il quale sono spezzate, erano protese in

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avanti obliquamente come mostrano numerosi esem­plari del tipo. Non c'è traccia che gli avambracci fos ­sero di riporto. Sulle braccia è scolpito un leone ram­pante rivolto verso il lato anteriore della statua. Anche nella distribuzione dei " seni 11 vige una stretta simme­tria con uno centralizzato, leggermente uscente dalla fila inferiore, e l'intervallata disposizione a squame su tre file al centro e via via su quattro e cinque lateral­mente. In tutti gli esemplari invece vige l'allineamento della fila inferiore, se si eccettua l'esemplare di Atene (n. 2 del Thiersch) con la sua disposizione a triangolo, ma si tratta di un caso particolare che esula dalla tipo­logia abituale. Nell 'esemplare di Cesarea i " seni " sono 41. Non è stato tenuto conto del numero dei " se­ni 11 rappresentati nei vari esemplari se non in qualche caso (ad es. nella statua del Laterano n. 21 dove sono 18); in base alle fotografie si possono notare evidenti differenze, ma non sarebbe forse inutile cercare di ap­purare se c'è qualche precisa norma di tradizione ma­gico-religiosa che ne fissasse la quantità .

L 'ependytes è scompartito in sei zone sovrapposte con cinque quadretti per ogni fila che si vengono via via rimpicciolendo con il rastremarsi del corpo verso il basso, mentre i motivi interni restano delle stesse pro­porzioni, campeggiando quindi in uno spazio sempre più ristretto. La fascia verticale centrale mostra la abituale successione dei rilievi più importanti qui però ad elementi accoppiati e non trini come avviene di solito. La degradazione del marmo non permette un' identificazione sicura. Il primo, il terzo e l'ultimo (cioè il sesto) quadretto della fascia verticale centrale rappresentano le protomi di due animali visti frontal ­mente, tarchiati e con massiccia testa trapezoidale senza indicazione di corna ; o forse le corte punte angolari vanno intese come corna, potrebbe quindi trattarsi di torelli ; sopra ciascuno dei due animali, nel primo e nell'ultimo quadretto, è una rosetta quadrilobata (cfr. la statua di Villa Albani n. 23 per le prime tre protomi) . Il secondo e il quinto quadretto presentano le protomi di animali più snelli a muso allungato con piccole corna, probabilmente caprioli ; specie negli animali del quinto quadretto sono riconoscibili le orecchie per la conca­vità del padiglione auricolare. Nel quarto quadretto vedrei piuttosto la rappresentazione delle protomi di cervi, riconoscibili alle lunghe corna divaricate. L 'iden­tificazione di questi animali è sempre problematica per una certa stilizzazione decorativa e spesso anche per la composizione fantastica degli elementi, come ad es. leoni-grifi-arieti, e per la schematizzazione delle forme animali, evidente qui anche nel modo semplici­stico con cui sono rese le ginocchia (con l'effetto di minuscole zampette) degli animali inginocchiati e pro­tesi in avanti.

Sulla fascia superiore, ai due lati del quadretto cen­trale con la coppia di animali, si hanno due quadretti

per ogni fianco, ciascuno con la donna nuda sorgente dal calice di cui tiene i lembi con le braccia abbassate, ma la donna non è qui alata come quella del pettorale e la stessa proporzione del corpo è diversa, meno slan­ciata, e diverso pure il trattamento del nudo. Negli altri quadretti, a partire dalla seconda fascia dall ' alto fino alla quinta, a fianco del fascione verticale cen­trale con le coppie animali, si alternano l'ape e la ro ­setta, che si vengono quindi a trovare sempre alternate sia sulle file verticali che orizzontali. Soltanto nell ' ulti ­ma fascia inferiore si trovano due rosette affiancate per lato accanto al quadretto centrale con coppia di animali.

Mentre le api sono sostanzialmente identiche in tutti gli esemplari qui rappresentati con le ali bipartite, il corpo a sette segmenti con l'ingrossamento del capo e le antenne a più tratti arcuati, le rosette variano per la forma, per il numero (4 o 5) e la specie delle foglie: a petalo curvilineo o pseudoquadrangolare, a superficie incavata o rigonfia o appena segnata da un solco, a bocciolo centrale rilevato nella concavità o a forellino , un solo esempio a foglia nervata e articolata a profilo spezzato, ma sono tutte piuttosto semplificate a massa unitaria. Non si notano rispondenze simmetriche nella distribuzione dei vari tipi di rosette se non generica­mente nella parte centrale, ma nella stessa fascia ter­minale inferiore c'è varietà di rosette. 4)

L'ependytes, perfettamente incorniciato dai suoi listelli rettilinei sui quattro lati, confina superiormente con la superficie liscia sulla quale emergono poco sopra i "seni ", mentre ai lati è a contatto diretto con un panneggio mosso da pieghe oblique che convergono dietro al centro. Ma qui aderente al panneggio c'è un pilastrino quadrangolare che dalla base si eleva con leggera rastremazione fino a poco sotto i glutei fasciati dal panneggio a larghe pieghe. Il pilastrino è insolito e senza necessità statica, la sua funzione era forse sol ­tanto di appoggio al fondale di una nicchia sulla tan­genza del semicerchio di base, ma in un certo senso bilancia l'eccessivo assottigliamento della parte bassa della figura in confronto al carico della parte superiore.

FIG. 3 - GERUSALEMME, MUSEO - LA BASE DELLA STATUA

DI ARTEMIDE EFESIA

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FIG. 4 - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA : FIANCO DESTRO

La vita è cinta da una larga cintura liscia listata, il cui livello è leggermente superiore a quello dell'incorni­ciatura superiore dell' ependytes; gli estremi della cin­tura spariscono sui fianchi adeguandosi alla superficie liscia. Il dorso è fasciato dal panneggio con un'ampia caduta di pieghe divergenti che avvolge anche le braccia. Al centro delle spalle scende, evidentemente dal sommo del nimbus, una benda rettangolare listata con tre sferette terminali che si arresta poco sopra la cintura (fig· 7).

Sulla base semicircolare con fronte rettilinea (altez­za cm. 9,5) sagomata ad ampia gola fra due listelli, ricadono a ventaglio i lembi del chitone che riappare sotto l'ependytes; il panneggio a larghe pieghe è rialzato ad arco sui piedi calzati di sandali e strettamente avvi­cinati. Il sandalo ad alta suola è tenuto da due corregge intrecciate all'alluce. I piedi nudi sono dunque lasciati in vista secondo l'abituale costume dell' Artemide Efesia.

Colpisce il contrasto, comune nelle rappresentazioni dell' Artemide Efesia, fra la scioltezza naturalisti ca di alcuni elementi come la parte inferiore del panneggio assai bello e i piedi, il trattamento abbastanza libero del panneggio sul dorso, rivelante, sia pure sommaria­mente, le forme anatomiche, e la rigida squadratura architettonico-decorativa dell' ependytes così gremita di elementi simbolici. Anche il mostruoso corsetto straccarico di elementi globulari annulla l'aspetto umano della figura tutta risolta in immobile simulacro. Mancano qui la testa e le mani che sono solitamente naturalistiche, ma il fatto che i piedi siano scolpiti nello stesso blocco di marmo della statua fa ritenere che la testa e le mani non fossero lavorate a parte in materiale diverso; abbiamo dunque una statua unitaria e mono­croma. La figura della dea con le mani protese non è più un'apparizione di un dio che scende fra gli uomini, una theophania, ma un simulacro sovraccarico di com­plicate personificazioni animalesche e di esuberanti attributi di fertilità, quali pesanti gioielli, un feticcio immobile da adorare. Certo l'immagine dell'Efesia risponde più ad esigenze cultuali che a preoccupazioni estetiche e la statua che ne risulta non è un'opera armonica di scultura, anzi è la negazione della struttura plastica.

La tipologia e il significato dell' Artemide Efesia sono stati più volte discussi, 5) basti richiamarne soltanto alcuni elementi.

Il carattere di xoanon, mantenuto anche nelle ripro­duzioni rielaborate dei periodi più tardi, riporta l'ori­ginale della Artemide Efesia agli idoli primitivi. Si diceva caduto dal cielo l'idolo antichissimo di Arte­mide Efesia TIoÀufL(X(J't"oC; o multimammia, più che simulacro antropomorfico, un cilindro di legno nero con parti aggiunte d'avorio e d'oro, rastremato in basso e differenziato in forma umana soltanto nella metà su­periore del corpo; divinità della natura, della fecondità di animali e piante, naturalizzava concetti più asiatici che ellenici ed era adorna di elementi simbolici, anima­leschi e mostruosi. Ma non abbiamo nessun elemento per giudicare l'antico idolo (generiche sono le statuette trovate nell' Artemision con i diversi tipi arcaici della dea) nè la statua che si attribuiva ad Endoios. Le tarde repliche statuarie imitano la poli cromia dell' originale criso-elefantino nell'uso di materiali diversi ma alte­rano il tipo primitivo con accessori naturalistici. Però

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il simbolismo decorativo ammassato sulla statua indica piuttosto una creazione ellenistica nel senso di un ri ­torno ad una concezione preclassica e l'immagine della statua di culto non compare sulle monete anteriormente alla prima metà del II sec. a. C. divenendo più fre ­quente sulle monete imperiali. L 'immagine di Arte­mide appare regolarmente sulle monete di Efeso da Augusto a Gallieno e sui medaglioni della provincia d'Asia di Claudio e di Adriano. La più celebre delle dee asiatiche che vantava grande antichità e prestigio di culto fu accolta in celebri santuari romani e vene­rata sotto immutata specie come Diana Nemorense e sull ' Aventino.

Assai discusso è l'aspetto più caratteristico della dea di Efeso: la polymastia, il fenomeno che più colpì la fantasia degli scrittori cristiani in cerca di mostruosità dell 'immaginazione pagana da riprovare. Già il Meu­rer 6) aveva dimostrato che i " seni " multipli della dea sono posticci, portati su un torso vestito ; sarebbero dunque ornamenti sacri, derivati dal pettorale egiziano e dal plastron a ornamenti aggettanti delle divinità ba­bilonesi ; un caso limite è offerto dallo Zeus Labran­deus che pure reca sul torso vestito i falsi seni. Lo stesso aspetto oviforme innaturale dei " seni " ne conferma la natura artificiale ed ha anzi portato alla loro interpretazione come uova di struzzo decoranti la veste. Le uova di struzzo sono note come simbolo di fertilità e si trovano ancor oggi nelle chiese dei villaggi greci . 7) Qualunque sia il significato primitivo di questi singolari ornamenti, essi simbolizzano la inesauribile fecondità della dea, mentre le Ore e i segni dello zo­diaco mostrano che a lei spetta di regolare il corso degli astri e di presiedere al ritorno delle stagioni. Gli attri ­buti simbolici dell ' ependytes, che nella sua struttura ricorda un po' la fasciatura della mummia, richiamano l'idea della potenza della Terra-Madre divenuta Arte­mide conservando attorno ad essa il corteggio di ani­mali delle rappresentazioni sincretistiche primitive, l'ape si alterna al fiore ; il leone di tradizione hittita è qui rappresentato sul braccio.

La questione della base è collegata a quella dei soste­gni. È caratteristica dell ' Artemide Efesia la posizione della braccia aderenti al corpo sino al gomito, poi al ­lontanantesi ad angolo retto secondo figurazioni di origine hittita (nelle quali si è voluto vedere il precor­rimento del gesto di benedizione della Vergine) . Specie nelle monete si vedono dei supporti in forma di ba­stoni nodosi che sembrano abbassarsi dalle mani della dea (talvolta obliqui, non verticali) fino alla base della statua fiancheggiata dai cervi . Si sono spiegati questi supporti come piccole bende o come reali supporti di offerte; in qualche caso essi terminano con resti di or­namenti, nei quali si crede di riconoscere un trepiedi o un' urna, talvolta essi continuano al disopra del piano degli avambracci, in qualche caso come scettro o torica.

FIG. 5 - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA

DI ARTEMIDE EFESIA : FIANCO SINISTRO

Questi sostegni starebbero in luogo di attributi di ­menticati e di cui si sarebbe perduto il senso. Si spie­gherebbero gli ornamenti pendenti dalle mani del ­l'Efesia come il resto di antiche figurazioni di animali domati, araldicamente contrapposti. Tipi recenti ancora associano all'occasione la dea con gli animali, ma non si tratta più di satelliti ~enuti in pugno, l'idea della lotta primitiva è scomparsa, divenuti inoffensivi, gli animali della 7t6TV~<x, generalmente cervidi, sono dive­nuti familiari della cacciatrice, sono stati posti come

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giro del panneggio, che i tronconi cilindrici squamati.

FIG. 6 - GERUSALEMME, MUSEO - LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA: IL PETTORALE

Le condizioni di trovamento della statua non offrono alcun dato per ubicare e identificare il luogo di culto dell' Artemide a Cesarea. La statua fu trovata infatti presso la cisterna a Nord del teatro in terreno di riem­pimento, entro la cinta della fortezza bizantino-araba messa poi in luce dalla campagna di scavi del 1962. È molto probabile che la statua, già da tempo strappata al suo originale sacello, fosse destinata alle fosse da calce installate dagli Arabi nell'ipo­scenio, dove appunto si sono trovati molti marmi calcinati. Essa non ha alcun rapporto con il teatro e la sua presenza in loco è senz' altro tarda e probabilmente determinata dal mo­tivo sopra accennato. L'ultima statua di Artemide Efesia scoperta ad Efeso era stata ben nascosta e perciò giunse quasi intatta, mentre a Cesarea la statua dovette essere stata traspor­tata al teatro già spezzata e detur­pata come è il caso di molte statue e rilievi trovati nel teatro. Il teatro di Cesarea del resto utilizzò nel tempo materiali architettonici più antichi:

accessori ai lati dei sostegni o bende, le quali potreb­bero essere allora i lacci con i quali la dea teneva gli animali o anche legami primitivi che legavano lo xoanon al tempio (si vedano le due stele di Leida e le gemme dove appare la dea con le bende pendenti o fiaccole nelle mani). Nell' esemplare di Tripoli vi sono le tracce delle zampe di cervi che fiancheggiavano la dea e due piccoli blocchi quadrati dove si appoggiavano i sup­porti; nell'ultimo esemplare di Efeso, che reca tracce di doratura, sono pure gli zoccoli dei cervi e delle basi a forma di cesto sulle quali dovevano posare i sup­porti. Nelle monete la statua occupa sola il campo ma da Adriano in poi è spesso posta fra due cervi disposti simmetricamente che alzano la testa verso la dea. Nella statua di Cesarea non appare traccia di cervi sulla base ma il troncone cilindrico squamato, malamente spezzato e perciò non ben definibile (diametro alla base cm. 16, ma esso si va rastremando verso l'alto), che ne presuppone altro analogo sul lato anteriore sinistro, mancante, della base, fa pensare piuttosto ad elemento vegetale di appoggio. Le sbozzatÌlre notate sui fianchi dell' ependytes, poco sopra la base, fanno però supporre elementi addossati alla statua, animali (?), ma per essi non vi sarebbe altro appoggio sulla base semicircolare, già tutta occupata dall'ampio

3IO

nelle sostruzioni della cavea basi ed altri elementi archi­tettonici erodiani in pietra stuccata, negli sbarramenti degli aditi per la colimbètra rilievi con scene di sacrificio, e ormai famosa è l'iscrizione di Ponzio Pilato menzio­nante il Tiberieum, rimpiegata come gradino di una sca­letta a~giunta all'estremità inferiore della cavea presso l'aditus settentrionale. 8) Le fonti letterarie e le iscri­zioni di Cesarea, purtroppo nella stragrande maggio­ranza molto frammentarie (inoltre circa 1'80 % delle 400 iscrizioni trovate a Cesarea e riunite nel museo locale sono bizantine) non forniscono alcun dato sui culti. Le statue rare e frammentate non presentano precisi soggetti religiosi; la Tyche, la Vittoria ed altre personificazioni a carattere guerriero compaiono su una base, alcune statue frammentarie, non identifica­bili, ostentano cornucopie traboccanti di frutta e spi­ghe, indice della prosperità. Le statue, fra le quali un Dioniso, e i rilievi esposti al Museo di Haifa come provenienti da Cesarea, non offrono garanzie sicure sulla loro asserita provenienza, si tratta ad ogni modo di opere non di soggetto religioso se non indirettamente. Il culto di Roma e di Augusto è testimoniato da Giu­seppe Flavio (Bell. Jud., I, 414) per l'età di Erode.

I maggiori documenti sui culti di Cesarea rimangono le monete. 9) È noto che Cesarea coniò monete dal

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14° anno di Nerone alla morte di Treboniano Gallo (67-254 d. C.) ; più del 53 % fu coniato negli ultimi IO anni contro il 47 % coniato nei precedenti 177 anni, ma esistono monete preneroniane in discussione. Pe­culiare di Cesarea è la triade che rappresenta la com­binazione di Demetra e Dioniso con Tyche-Astarte (come dea di potenza universale, non come Tyche 7t6Àe:c.ùç). Demetra è insieme la Gran

stava con il piede destro su una prua, si deve inten­dere che essa esercitasse la sua protezione anche sulla pesca e sulla navigazione.

Ventidue dei ventiquattro imperatori che batterono moneta a Cesarea hanno tipi di Tyche nelle loro mo­nete; talvolta la Tyche tiene in mano un busto che è stato variamente interpretato ma che probabilmente

è la rappresentazione dell'impera­Madre degli Dei, la dea della ferti ­lità del grano e la dea dei misteri ; l'unione di tutti questi poteri e di­vinità deve avere avuto un forte significato simbolico per la gente di questa civiltà sincretistica, al centro del cui sviluppo religioso è Sarapis, rappresentato in 26 tipi sulle monete di Cesarea, con 15 di­versi imperatori, ma il culto di Sara­pis è largamente diffuso in altre città palestinesi e con Adriano è sempre più connesso con il culto imperiale, quale sintesi delle altre divinità. Nelle monete dell'Oriente, a parte Alessandria, la rappresen­tazione di Sarapis incomincia con Adriano in molte città e in Cesarea stessa. Recentemente Kadman ha po­tuto confutare l'affermazione dello Hill e dello Schiirer che le divinità elleniche siano ben rappresentate sulle monete di Cesarea, mostrando come la tavola della frequenza di apparizione di queste divinità sulle monete riveli prima di Traiano De­cio solo Apollo e Poseidon (tre volte il primo ed una il secondo), mentre le altre divinità olimpiche (Zeus, Poseidon, Apollo, Ares, Helios e Hygieia) sono rappresentate soltanto sulla serie di Traiano Decio e di

FIG. 7 - GERUSALEMME, MUSEO LA STATUA DI ARTEMIDE EFESIA :

tore regnante, ed è accompagnata dalla personificazione dei fiumi di Cesarea. Si è notato nella Tyche, connessa con il tipo amazzonio di Roma, un carattere arcaico primi­tivo di dea fiera e selvaggia che contrasta con il carattere •• civiliz­zato " delle nuove città romane che avevano statue di Augusto come Zeus Olympios e di Roma come l'Hera di Argos (Giuseppe Flavio, loc . cit.), cioè tipi fidiaci e policle­tei. Si è voluto riconoscere anche nel nome antico della città" Torre di Stratone " la presenza di Astarte a testimonianza delle antiche radici del culto di Astarte in loeo. Questo è il clima cultuale che può in certo modo sorprendere a Cesarea, la città fondata da Erode con l'ordinato im­pianto urbanistico, la grandiosità, il fasto e il gusto di un principe elle­nistico nella scia delle aspirazioni imperiali di Roma. Ma il fenomeno si spiega nell'ambiente sincretistico fenicio-palestinese che in fondo non era mai stato compenetrato profon­damente dall'ellenismo. Malgrado qualche manifestazione della avver­sione ebraica alle immagini (il noto episodio delle immagini sugli sten­dardi), la città, abitata da ebrei e

VEDUTA POSTERIORE

Treboniano Gallo. Hera, Athena, Afrodite, Hermes, Asklepios, Artemis e Nemesis non appaiono mai sulla monetazione di Cesarea. In tutto abbiamo nei primi 180 anni di monetazione 4 tipi di due dèi olim­pici negli ultimi quattro anni, e nove tipi di sei di­vinità. La comparsa di alcune divinità olimpiche non implica che esse avessero speciali culti o importanti funzioni a Cesarea. Al contrario le monete mostrano che le divinità olimpiche, forse con l'eccezione di Apollo, non hanno importanza nei culti di Cesarea, in contrasto con la posizione che hanno Tyche, Astarte, Dionysos, Sarapis e Demetra. È strano che una città costiera come Cesarea, la cui importanza dipendeva dalla fiorente navigazione, non abbia sviluppato il culto del dio del mare Poseidone. Ma poichè Tyche-Astarte

da gentili, doveva seguire usi e costumi greco-romani e nello stesso tempo culti e tradizioni orientali. IO)

Il culto di Artemide Efesia non appare documentato dalle monete, nè da altre testimonianze a Cesarea, ma tale culto appare in Palestina-Fenicia a Tolemaide (Acco) e a Neapolis (Naplusa). L'immagine della dea appare ad Acco in una moneta di età precoloniale (era cesariana) entro una corona di alloro mentre al recto c'è una testa di Tyche; in una moneta di Salonina l'immagine di A. E. appare invece entro un tempio tetrastilo. Il ) A Neapolis in moneta del periodo anto­nino A. E. è rappresentata con i cervi e colombe­scettri sulle mani, ancora con i cervi in moneta di Fau­stina e anche con Asclepio e Igea. 12) La precoce appa­rizione di Artemide Efesia sulle monete di T olemaide si

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può forse spiegare con il fatto che Efeso fu a lungo sotto il dominio tolemaico e che lo stesso si estese ad Acco. 13)

Del resto culti analoghi, anche iconograficamente, come quello di ]upiter Heliopolitanus, si irraggiarono largamente da Heliopolis (Baalbeck), specialmente nel secondo secolo dopo il completamento degli immen­si templi di Baalbeck al tempo di Antonino Pio, e l'im­magine del dio compare nelle monete di Tolemaide, Neapolis, Eleutheropolis (Beit Guvrin) e Nicopolis (Emmaus) negli anni I58-2I8. 14) Con lo ]upiter Heliopolitanus fu identificato il dio del Carmelo di antichissima origine, noto a Tacito per il suo culto aniconico in occasione di una consultazione dell' ora­colo locale da parte di Vespasiano, e ancora a Svetonio e ad altri storici. Interessante a completare il quadro cultuale di Cesarea è a questo proposfto il frammento di plinto con piede di una statua colossale dello Zeus heliopolitano del Carmelo dedicato da un C. Julius Eutychas, greco o palestinese o fenicio ellenizzato di una famiglia di cittadini romani di Cesarea fra la fine del II e l'inizio del III sec. d. C. 15) Il Carmelo, non lontano da Cesarea, era nel territorio della città fenicia di Tole­maide e anche la Torre di Stratone era in origine una fondazione fenicia; con la dinastia siriana il dio siriano, identificato con la antica divinità locale, già dai Greci assimilata a Zeus fin dall'età persiana, ebbe grande fortuna e questa ultima grande ondata di pagana reli­giosità mosse un ricco patrizio di Cesarea ad erigere una statua colossale a questo dio ancestrale.

Non si sa quando iniziasse a Cesarea il culto di Arte­mide Efesia, e certo esso non ebbe l'importanza di quello di Tyche-Astarte, poichè non ne abbiamo alcuna testimonianza. Per quanto riguarda i culti pagani in Pa­lestina si è notato come già Erode dimostrasse grande spregiudicatezza con l'esibizione di gusti semi pagani e con l'affermazione del culto di Augusto. Ma, mentre Pilato e Caligola sfidarono il sentimento ebraico con l'imposizione di immagini pagane, la prudente poli­tica dei Flavi non volle urtare oltre il sentimento ebraico introducendo nella cinta in rovina del Tempio la statua dell' imperatore o delle divinità dell'Impero. Sotto Traiano un distaccamento della III Cirenaica pone a Gerusalemme una dedica a Sarapis il cui culto avrà subito favore, e Quietus erige nel sacro recinto una statua a Traiano. Con Adriano, ostile ad ebrei e a cristiani, la provincia ripudia il nome di Giudea per il titolo ufficiale di Syria e Palestina che dava soddisfa­zione alla massa non ebraica del paese (e la nuova Geru­salemme sarà Aelia Capitolina; e dopo la rivolta Adriano fece erigere una statua di cinghiale sulla porta sud). Adriano favorì la pagana Neapolis dove erano rappre­sentate tutte le scuole filosofiche del tempo, sul Gari­zim fece costruire un tempio a Zeus Hypsistos (poi rappresentato sulle monete antoniniane) e indulse alle immagini pagane presso il Tempio, al Campidoglio

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con la triade sul Golgota e alla dedica ad Adone nella grotta di Betlemme. A Gaza consacrò un tempio ro­tondo al dio ancestrale Marnas, identificato con Zeus Cretagene. Sono discussi gli itinerari dei due viaggi di Adriano in Palestina nel I I7 (da taluno posto in dubbio) e nel I29-I30. 16) Le tappe del secondo sono specialmente segnate dalla iscrizione di Palmira, dalla monetazione di Gaza, dall 'iscrizione dell'arco trionfale di Gerasa. Nel I29 Adriano era venuto per mare da Atene ad Efeso dove colmò Artemide di doni incom­parabili, si ricordano poi sacrifici a Baal ed altri episodi di culto durante il viaggio. Templi ad Adriano sono ricordati a Cesarea e a Tiberiade.

Il periodo adrianeo sembra dunque il più probabile per la diffusione del culto di Artemide Efesia, anche se naturalmente non è imputabile personalmente ad Adriano l'introduzione diretta del culto che del resto è testimoniato molto precedentemente ad Acco. Se per Neapolis abbiamo testimonianza del culto dell' Arte­mide Efesia in monete antoniniane, nessun documento abbiamo a Cesarea fuori della statua ora ritrovata. Incerta è la datazione delle statue di Artemide Efesia per lo stesso tradizionalismo della rappresentazione; anche nel catalogo del Thiersch i tentativi di datazione sono assai incerti. Per quanto deboli siano gli elementi stilistici data la degradazione della superficie della statua cesarense, essi non contrastano con il periodo adrianeo, al quale pure corrisponde l'iconografia delle figure del pettorale che trovano confronti nelle analoghe rap­presentazioni di Vittorie sulle corazze; l'impiego del trapano nella collana floreale (comune a molti esem­plari) non contraddice. Scarsi indizi di datazione of­frono invece le rappresentazioni dell' ependytes con le loro variazioni.

L'uso del marmo per statue a Cesarea dovette essere sviluppato specialmente a partire dal periodo flavio­traianeo, come si può supporre dai relitti architetto­nico-decorativi rimasti nella secolare spoliazione della città che Erode aveva costruita tutta di " pietra bianca" secondo la testimonianza di Giuseppe: cioè di pietra stuccata, come dimostrano i relitti architettonici ero­diani; la pietra con la quale è costruita Cesarea, pro­veniente dalla cava della Kabbara, è infatti tutt'altro che bianca. L'afflusso di marmi diversi, specialmente per rivestimento, è poi largamente documentato a Cesarea dove però prevale la sienite rosa (dal vicino Egitto) per le numerosissime colonne. Non si può dire se la statua dell' Artemide Efesia in marmo greco sia stata importata o sia stata scolpita a Cesarea stessa; in questo caso da artista straniero. Non vi sono infatti in quest'opera elementi locali che rivelino tradizioni indigene; d'altra parte nè le variazioni iconografiche, nè i caratteri stilistici possono -suggerire un centro di produzione che andrà probabilmente cercato nel mondo greco-asiatico.

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I ) La Missione Archeologica Italiana a Cesarea, istituita per iniziativa milanese, promotori la Cassa di Risparmio delle Pro­vincie Lombarde presieduta dal prof. Giordano Dell'Amore e l'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere presieduto dal prof. Aristide Calderini, con il concorso di Enti e privati, ha iniziato la sua attività a Cesarea nel 1959 ed ha continuato ad effettuare annualmente campagne di scavo di qualche mese nel 1960, 1961 e 1962. Vedi Caesarea Maritima (Israele) . Rapporto preliminare della I campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana, a cura di A. FROVA, Milano, Istituto Lombardo, 1959. Si aggiunga ora un breve rapporto a cura dello stesso in Oriens Antiquus, I , 1962, pp. 140-141 e le note in Israel Exploration journal, 1962, XI, 4 e Revue Biblique, 1962, LXIX, pp. 415-418. Un rapporto preliminare sulle campagne di scavo 1959-62 è in corso di stampa nell'Annuario della Scuola Archeologica Italiana di Atene e delle Missioni Italiane in Oriente; una comunicazione sugli scavi è s tata data al congresso tenuto all ' Istituto Lombardo" La Lom­bardia e l'Oriente " , Milano, giugno 1962 (Atti in c. di s.). Un capitolo sul teatro romano di Cesarea, sempre a cura di A. F ., apparirà in un volume storico-archeologico a collaborazione internazionale su Cesarea, edito dall'Università di Princeton. Per l'orchestra dipinta del teatro vedi in questo stesso Bollettino d'Arte l'articolo di ANNA ALBRICCI. Lo scavo della statua nel luglio 1961 è avvenuto sotto l'assistenza del prof. Virginio Bor­roni della Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia che ha partecipato attivamente alle campagne di scavo 1959-1961 e al quale si devono i rilievi del teatro. Le fotografie gentilmente fornitemi dal dotto A. Biran, Direttore delle Antichità di Israele, sono state eseguite da Alfred Bernheim di Gerusalemme. Le foto della veduta posteriore della statua e della base sono della Missione Italiana (V. Borroni e G. Runcio) . L'amico A. Wegman del kibbutz di Sdot Yam mi ha gentilmente fornito foto di dettagli della base, utili allo studio, ed ha effettuato per mio conto qualche controllo. A tutti i più vivi ringraziamenti.

2) Per i vari esemplari statuari di Artemide Efesia si fa riferi­mento al corpus di H. THIERSCH, Artemis Ephesia eine archiiologi­sche Untersuchung: I, Katalog der erhaltenen Denkmiiler, in Abhan­dlungen der Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen, Philol.­histor. Klasse III F, n. 12, Berlin 1935. Si aggiungano poi un esemplare romano, in Not. Se., 1935, p. 84, n. 9, figg. 8-<} (G. AN­NIBALDI), i nuovi esemplari di Efeso; F. MILTNER. in jahresh., XLIV, 1959, Beiblatt, p. 306 s., figg. 147-151, uno di grandi pro­porzioni e bellezza; cfr. M. J. MELLINK, in Am. j . Arch., 62, 1958, p. 100 e A. WOTSCHITZKY, in Archaeology, 14, 1961, p. 207 S. Un frammento dell'ornamento terminale a tempietto di una A. E. da Efeso al Vaticano è pubblicato da F . MAGI, Intorno a due frammenti vaticani di Afrodite d'Afrodisia e di Artemide d'Efeso, in Rend. Pont. Ace. Arch., XII, 1936, pp. 220-230. Cfr. anche F . EICHLER, Karische Aphrodite und ephesische Artemis, in jah­resh., XLII, Beibl., 1955, pp. 1-22. Per i confronti con l'Afrodite di Afrodisia M . FLORIANI SQUARCIAPINO, Afrodite d'Afrodisia, in Boli. d'Arte, 1959, p. 97 S. Il motivo delle due Vittorie affrontate con la corona e la palma appare anche sul velo di una statua del­l'Afrodite di Afrodisia con evidente derivazione dalla scena figu­rata sul petto dell'Artemide Efesia : M . FLORIANI SQUARCIAPINO, Afrodite d'Afrodisia , in Archeologia Classica, XII, 1960, p. 208 S.

3) C. C. VERMEULE, Hellenistic alld Roman Cuirassed Statues, in Berytus, XIII, I, 1959, specie il gruppo nn. 180-191.

4) H . THIERSCH, Ependytes und Ephod, Stuttgart 1937; M . AVI-YONAH, Orientai Art in Roman Palesline, Roma, Studi Semi ­tici , 5, 1961, pp. 20-22, sull'origine e i caratteri della rosetta nel ­l'arte della Pa 'estina, che non mostra però alcun rapporto con questa decorazione della Artemide. Negativo è pure il confronto con le rosette della decorazione architettonica di Cesarea.

5) CH. PICARD, Ephèse et Claros, Paris 1922, pp. XVIII-XIX e da pago 526; L. LACROIX, La reproduction des statues sur les monnaies grecques : la staluarie archai'que et classique, Paris 1949, p. 176 S. (cfr . per le monete JESSEN, in PW. R.E., V, col. 2767-2768); A. LAUMONIER, Les cultes indigènes de la Carie, Bi bI. Ec. Fr. d'Athènes et de Rome, 188, Paris 1958, p. 29 e passim.

6) M . MEURER, Die Mammae der Arlemis Ephesia, in R . M ., XXIX, 1914, pp. 200- 219.

7) WOTSCHITZKY, op. cit. , p. 21 I. 8) A. FROVA, L'iscrizione di Ponzio Pilato a Cesarea, in Rend.

1st. Lomb. Scienze e Lettere, classe Lettere voI. 95, 1961, pp. 419-434·

9) L. KADMAN, The Coins of Caesarea Maritima, Corpus Num­morum Palaestinensium, II, Jerusalem 1957.

IO) GIUSEPPE FLAVIO (Beli. jud., II, 266 ; cfr. Ant. jud., XX, 173), dove si dice che nella città, prima della ricostruzione ero­diana, non abitava alcun giudeo. Raccontando della sommossa dei Giudei contro i Siri al tempo di Nerone dice che i Siri" am­mettevano che il costruttore era stato un giudeo ma affermavano che la città stessa apparteneva ai Greci, perchè egli non vi avreb­be innalzato statue e templi se l'avesse destinata ai Giudei " . Qui i Siri ellenizzati sono esplicitamente designati come .. Gre­ci " e altrove (Beli . jud. , III, 409) Giuseppe scrive che la mag­gioranza degli abitanti di Cesarea erano .. Greci " . Cfr. V. TCHERIKOVER, Hellenistic Civilization and the jews, Philadelphia 1959, p. I I 3.

ll) G . F. HILL, Catalogue of the Greek Coins of Phoenicia, London 1910, p . LXXXV negativo; ma L. KADMAN, The Coins of Akko Ptolemais, Corpus Nummorum Palaestinensium, IV, Jerusalem 1961, pp. 26 e 71 e passim pp. 51, 52, 65, 70.

12 ) G. F . HILL, Catalogue of the Greek Coins of Palestine (Gali/ee, Samaria and judaea), London . 1914; per Neapolis , pp. XXX, 54-7, 62, tav. VI, 5, 65 (con Asclepio). Per i culti della Palestina G. F . HILL, Some Palestinian Cults in the Graeco­Roman Age, in Proceedings of the British Academy, V, 1912: per l'Artemide Efesia p. 7 (dell'estratto) e tav. n. 9.

13) V. TCHERIKOVER, cit., p. 56, per l'ellenizzazione della Palestina p. 71 .

14) G . F . HILL, Catalogue of Greek Coins of Palestine cit., pp. 49-51, 141 s., 170 e tavv. VI, I; XIV, 20; XVIII, 13 ; ID., Some Palestinian Cults, cit. , p. 6 S.

15) M . AVI-YONAN, Mount Carmel and the God of Baalbek, in Israel Expl. journal 2, 2, 1952, pp. II8-124 e tav. 8.

16) F. M. ABEL, Histoire de la Palestine, depuis la conquéte d'Alexandre jusqu'à l'invasion arabe, Paris 1952, voI. II, pp. 60-64, 73; 81 e 102 per Adriano. W. F . STINESPRING, Hadrian in Pale ­stine 129-130 A. D., in journal of Amer. Or. Soc., 59, 1939, p. 360 S.

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