La Stampa - Presentazione di Guido Davico Bonino

1
LA STAMPA DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 . 27 Ogni giorno ha la sua poesia d’amore In una raccolta curata da Davico Bonino, 365 componimenti di autori celebri e sconosciuti di tutto il mondo L’ amore di tutto il mondo per ognuno dei 365 gior- ni dell’anno. L’amore di tutto il mondo nelle pa- role della poesia, in un’antologia curata da Guido Davico Bonino, bella e sorprendente. Parole d’amore (Interlinea, pp. 290, 14) è un libro fuori del comune e, appunto, sorprendente, non certo per il tema, quanto perché comprende testi di tutte le letterature, testi di autori ce- lebri e testi di autori anonimi, canti popolari e versi di poeti grandi e me- no grandi di tutti i secoli e di tutti i continenti. Basti dire che si apre, per il 1° gennaio, con la poesia di un anonimo groenlandese («Che la tua gola sia soffice / come la neve da po- co cosparsa / a suolo») e si conclude con i versi di uno dei mostri sacri della poesia mondiale di tutti i tem- pi, Charles Baudelaire, per il 31 di- cembre: «Avremo letti pervasi da profumi leggeri / e divani profondi come tombe, / e, su mensole poggia- ti, fiori strani, / per noi sbocciati sot- to ridenti cieli». Dunque: esattamente 365 poesie, scelte da Davico, e una per ogni gior- no dell’anno. Oggi, per esempio, 25 novembre, sarebbe giorno segnato da un componimento di un grande autore tedesco, Stefan George. Il ti- tolo è Anniversario d’amore, un testo delicato, tenero, legato al concreto ricordo della nascita di un amore, e dunque legato a un ricorrenza da non dimenticare. Altre volte, certo, la poesia d’amore è invece prodotta da momenti di dolore e perdita, di rimpianto o rinuncia, di incertezza e tormento, momenti spesso conditi dall’inevitabile enfasi legata alla for- za pervasiva del sentimento. Ma è un sentimento, come possiamo ben trovare qui confermato nelle sue espressioni poetiche, che natural- mente attraversa tutte le culture e tutte le epoche, a dimostrazione che, in fondo, in materia d’amore, certe differenze divengono appena sfuma- ture e a volte si dissolvono, scompaio- no completamente. In questo senso il libro è davvero istruttivo ed esempla- re, proprio perché esprime e docu- menta l’universalità di una passione che riesce a mettere d’accordo, come appare dalla parola poetica, cantori anonimi della Nuova Zelanda, della Somalia, del Burundi, della Birmania o dell’Afghanistan, poeti cinesi, viet- namiti, svizzeri, arabi, sloveni, illustri firme immortali come Pascoli, Ibsen, Goethe, Whitman, Byron, Rilke, Un- garetti, Verlaine, D’Annunzio, Dickin- son - e mi fermo per non sottrarre cu- riosità al lettore - come nomi validis- simi eppure meno ovvi - per esempio, tra gli italiani, Contessa Lara, Pom- peo Bettini, Severino Ferrari, Iacopo Vittorelli, Giovanni Marradi o Annie Vivanti. Un lavoro, quello condotto da Davi- co Bonino, già esperto autore di altre antologie, davvero programmatica- mente senza confini, davvero enorme e anche molto divertente. Il curatore non nasconde di essersi fatto aiutare da esperti delle varie letterature (che correttamente ringrazia in nota), e parte anche da un presupposto da non trascurare. Dice infatti nella sua pre- messa: «Sento dire spesso da persone di buona cultura: “Ah, la poesia ... ! Mi piace molto, ma è così difficile”. Certo, ci sono stati, ci sono e saranno sempre poeti difficili, ma non diversamente da tanti loro colleghi narratori. […] In compenso, la vera, grande poesia è sempre stata facile». Su quest’ultima considerazione, lo ammetto, avrei qualche dubbio, ma non importa. In effetti, penso che si tratterebbe più che altro di capire il senso autentico di parole come «facile» o «difficile». Resta sicuro che la poesia d’amore è al tempo stesso il genere forse, e da sempre, più praticato e in apparenza più abbordabile, quanto in realtà il più carico di possibili equivoci, di tranelli. Parlando d’amore, è facilissimo cadere nel canzonettistico o nell’ovvio, re- stringersi al banale. Un problema, in- somma, di qualità dell’arte, di capacità di gestire i materiali nell’emozione del sentire, nella forza del sentimento, co- sì sempre uguale e così, al tempo stes- so, mirabilmente sempre diverso. Co- me dimostrano le 365 poesie di questo libro, che è anche un’ottima introdu- zione al gusto vero per la poesia, al pia- cere per la lettura del testo poetico, d’oggi o di ieri, della nostra cultura o di culture a noi lontanissime. MAURIZIO CUCCHI In mostra a Caraglio la storia d’arte e vita di Miche Berra C’è una frase autobiografica, all’ingresso della mostra «Miche Berra. Una storia di arte e vita», allestita dai ieri al Filatoio Rosso di Caraglio (Cuneo), che ne riassume lo spirito: «I miei libri sono piccoli libri, che sfiorano talvolta un po’ di storia. Ma quella nostra, delle piccole patrie». Miche Berra, nato a Moretta, a pochi chilometri da Cuneo, nel 1920 e morto a Città del Guatemala l’anno scorso, ha fatto due cose: ha scritto e collezionato quadri. Comperando, spesso per poche migliaia di lire, opere che oggi non hanno prezzo. La rassegna è quasi un racconto in 150 dipinti per spiegare quell’habitus mentale che è la cuneesità, e quindi la piemontesità del ’900, che si può riassumere in tre parole: genio, modestia, tenacia. In mostra opere (alcune mai esposte) da Renato Guttuso a Bernard Damiano, da Berzoini a Giulio Boetto, da Spazzapan a Casorati, Marco Lattes, Ligabue e molti altri. Oltre alla sede principale, a Caraglio , la rassegna ha altri tre punti espositivi, al Museo Mallé di Dronero, nella Casa museo Galimberti e nella redazione cuneese della Stampa dove è stato montato un presidio per ricordare l’attività pubblicistica di Berra. (Nell’immagine, Nudino dipinto di Felice Casorati). [V. P.] Elzeviro ALESSANDRA I ADICICCO C on gli occhi «chiusi e spalancati» lo scrit- tore viennese Ar- thur Schnitzler (1962-1931), figlio di un medico ebreo e medico a sua volta, colse con sguardo più profondo gli abissi dell’anima, gli oscuri recessi della co- scienza, le inquietudini ser- peggianti nella società eu- ropea fin de siècle di cui, ne- gli stessi anni, Sigmund Freud stava diagnostican- do le patologie. Con gli Eyes Wide Shut , come si espres- se genialmente Stanley Ku- brick, che dalla novella Doppio sogno di Schnitzler trasse il suo ultimo film, l’autore austriaco concepì la forma e la sostanza di tante commedie e narra- zioni. Leggendo le sue ope- re, il padre della psicanalisi credette di trovare una fon- dazione letteraria delle proprie teorie e, con estre- mo disagio, ammise di rico- noscere nel loro autore il proprio sosia. La conferma di questa straordinaria somiglianza, dell’incredibile coincidenza per cui, contemporanea- mente e indipendentemen- te l’uno dall’altro, il letterato e lo scienziato giunsero a identiche conclusioni sulla natura della psiche, è offer- ta oggi, dalla pubblicazione dei Traumtagebücher, i Diari dei sogni di Schnitzler. Fino- ra inediti, conservati tra i dieci volumi dei diari della sua vita «diurna» nell’Archi- vio letterario di Marbach, vedono la luce in Germania, da Wallenstein, a 150 anni dalla nascita dell’autore. Se L’interpretazione dei sogni di Freud uscì nel 1899, di oltre vent’anni lo prece- dette lo scrittore che, già nel 1875, appena tredicenne annotò il racconto della sua prima visitazione notturna. «Ero alla finestra e lei arri- vò planando. Io l’abbrac- ciai, la baciai con ardore, e lei ricambiò il mio bacio. Restammo per qualche at- timo così, baciandoci anco- ra e ancora. Esultavo». L’esultanza si sciolse in la- crime quando, al risveglio, vide svanire l’oggetto delle sue fantasie. Innumerevoli amanti avrebbe poi incon- trato nel sonno (e anche da sveglio). Avrebbe suonato il pianoforte con Alma Mah- ler, o con Beethoven. Rifug- gito il padre autoritario, o certi soldati antisemiti in uniforme ornata di svasti- ca. Assistito al proprio fu- nerale badando bene a regi- strare i nomi dei donatori di corone. Aspettato nella sala d’attesa «un po’ teatra- le» del dottor Freud, «chie- dendomi come poter de- scrivergli le sofferenze del- la mia anima senza scop- piare a piangere». Schnitzler e Freud fratelli di sogno Domani a Torino n Nuovo realismo sì, nuovo realismo no: sull’indirizzo filosofico che si ripropone di mandare in pensione il post-moderno ha aperto le ostilità Gianni Vattimo, sulla Stampa di giovedì. Gli ha risposto il giorno dopo Mario De Caro, coautore con Maurizio Ferraris di Bentornata realtà (Einaudi). Oggi la controreplica di Vattimo. Botta e risposta sulla «Stampa» Polemica: Vattimo risponde a De Caro Il “nuovo” realismo? Operazione di marketing I l mio articolo sul «(nuovo?) reali- smo» pubblicato il 22 novembre scorso è apparso erroneamente co- me una recensione alla raccolta Bentor- nata realtà curata da Ferraris e De Caro. L’avevo scritto prima di vedere il libro, e al puro scopo di «attualizzarlo», ho ag- giunto imprudentemente una parentesi richiamando il titolo del volume, per cui De Caro si è sentito legittimato a discu- terlo appunto come una recensione. Non intendevo né intendo recensire l’antologia di Ferraris-De Caro perché non vedo nulla di nuovo negli scritti in essa riuniti. Alcuni degli autori (penso a Eco per esempio, ma anche a Putnam) dicono esplicitamente che le posizioni espresse nei loro testi sono già note da anni attraverso altre opere. Il «realismo negativo» di Eco mi risulta formulato per la prima volta in pubblico in occasione di una serie di lezioni da me tenute, proprio su suo invito, all’Università di Bologna alla fine degli Anni 90, e poi in un dibattito a cui partecipò Gadamer. Il «nuovo» realismo non è tanto nuovo, e il volume non spiega perché lo dovremmo considerare tale. Così , «l’immensa discussione interna- zionale sul realismo» a cui De Caro im- modestamente si annette, non è una di- scussione sul «neo» realismo che «ritor- na»; è una discussione che risale ai Greci, tanto che non si vede perché Ferraris e De Caro non abbiano incluso anche qual- che testo dello Stagirita o di San Tomma- so. Il «nuovo» realismo appare qui solo per quel che è: una riuscita operazione di marketing, a cui viene fatta servire anche la mia pseudo recensione; e che ha certo la sua legittimità e utilità, ma non aggiun- ge nulla al dibattito filosofico. Quanto al diritto naturale e ai semafo- ri, De Caro svela molto ingenuamente la sua fede assolutista: se non c’è un fonda- mento assoluto (divino? scientifico?) e c’è «solo» convenzione (signora mia, caro Arbasino!), allora si potrebbe giustificare l’uxoricidio. Già, ma il rosso del semaforo è appunto convenzione, e non si vede per- ché De Caro lo rispetti. Attenzione, non salire in auto con lui, nemmeno nel cam- pus della sua Tufts University! La raccolta di Guido Davico Bonino Parole d’amore (Interlinea) sarà presentata domani a Torino (ore 21, Circolo dei lettori). Con il curatore partecipano la scrittrice Paola Mastrocola e il critico Giovanni Tesio. Letture di Irene Ivaldi. NELL’ANTOLOGIA Da Pascoli a Ibsen, da Goethe a Byron, Rilke, Verlaine, Whitman, ma anche Contessa Lara GIANNI VATTIMO

description

Articolo per l'uscita del volume di poesie.

Transcript of La Stampa - Presentazione di Guido Davico Bonino

Page 1: La Stampa - Presentazione di Guido Davico Bonino

LA STAMPADOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 .27

Ogni giorno ha la suapoesia d’amore

In una raccolta curata da Davico Bonino, 365 componimentidi autori celebri e sconosciuti di tutto il mondo

L’amore di tutto il mondoper ognuno dei 365 gior-ni dell’anno. L’amore ditutto il mondo nelle pa-role della poesia, in

un’antologia curata da Guido DavicoBonino, bella e sorprendente. Paroled’amore (Interlinea, pp. 290, € 14) èun libro fuori del comune e, appunto,sorprendente, non certo per il tema,quanto perché comprende testi ditutte le letterature, testi di autori ce-lebri e testi di autori anonimi, cantipopolari e versi di poeti grandi e me-no grandi di tutti i secoli e di tutti icontinenti. Basti dire che si apre,per il 1° gennaio, con la poesia di unanonimo groenlandese («Che la tuagola sia soffice / come la neve da po-co cosparsa / a suolo») e si concludecon i versi di uno dei mostri sacridella poesia mondiale di tutti i tem-pi, Charles Baudelaire, per il 31 di-cembre: «Avremo letti pervasi daprofumi leggeri / e divani profondicome tombe, / e, su mensole poggia-ti, fiori strani, / per noi sbocciati sot-to ridenti cieli».

Dunque: esattamente 365 poesie,scelte da Davico, e una per ogni gior-no dell’anno. Oggi, per esempio, 25novembre, sarebbe giorno segnatoda un componimento di un grandeautore tedesco, Stefan George. Il ti-tolo è Anniversario d’amore, un testodelicato, tenero, legato al concretoricordo della nascita di un amore, edunque legato a un ricorrenza danon dimenticare. Altre volte, certo,la poesia d’amore è invece prodottada momenti di dolore e perdita, dirimpianto o rinuncia, di incertezza etormento, momenti spesso conditidall’inevitabile enfasi legata alla for-za pervasiva del sentimento. Ma èun sentimento, come possiamo ben

trovare qui confermato nelle sueespressioni poetiche, che natural-mente attraversa tutte le culture etutte le epoche, a dimostrazione che,in fondo, in materia d’amore, certedifferenze divengono appena sfuma-ture e a volte si dissolvono, scompaio-no completamente. In questo senso illibro è davvero istruttivo ed esempla-re, proprio perché esprime e docu-menta l’universalità di una passioneche riesce a mettere d’accordo, come

appare dalla parola poetica, cantorianonimi della Nuova Zelanda, dellaSomalia, del Burundi, della Birmaniao dell’Afghanistan, poeti cinesi, viet-namiti, svizzeri, arabi, sloveni, illustrifirme immortali come Pascoli, Ibsen,Goethe, Whitman, Byron, Rilke, Un-garetti, Verlaine, D’Annunzio, Dickin-son - e mi fermo per non sottrarre cu-riosità al lettore - come nomi validis-simi eppure meno ovvi - per esempio,tra gli italiani, Contessa Lara, Pom-peo Bettini, Severino Ferrari, IacopoVittorelli, Giovanni Marradi o AnnieVivanti.

Un lavoro, quello condotto da Davi-co Bonino, già esperto autore di altreantologie, davvero programmatica-mente senza confini, davvero enormee anche molto divertente. Il curatorenon nasconde di essersi fatto aiutareda esperti delle varie letterature (checorrettamente ringrazia in nota), eparte anche da un presupposto da nontrascurare. Dice infatti nella sua pre-messa: «Sento dire spesso da personedi buona cultura: “Ah, la poesia ... ! Mipiace molto, ma è così difficile”. Certo,ci sono stati, ci sono e saranno semprepoeti difficili, ma non diversamente

da tanti loro colleghi narratori. […] Incompenso, la vera, grande poesia èsempre stata facile». Su quest’ultimaconsiderazione, lo ammetto, avreiqualche dubbio, ma non importa. Ineffetti, penso che si tratterebbe piùche altro di capire il senso autentico diparole come «facile» o «difficile».

Resta sicuro che la poesia d’amore èal tempo stesso il genere forse, e dasempre, più praticato e in apparenzapiù abbordabile, quanto in realtà il piùcarico di possibili equivoci, di tranelli.Parlando d’amore, è facilissimo caderenel canzonettistico o nell’ovvio, re-stringersi al banale. Un problema, in-somma, di qualità dell’arte, di capacitàdi gestire i materiali nell’emozione delsentire, nella forza del sentimento, co-sì sempre uguale e così, al tempo stes-so, mirabilmente sempre diverso. Co-me dimostrano le 365 poesie di questolibro, che è anche un’ottima introdu-zione al gusto vero per la poesia, al pia-cere per la lettura del testo poetico,d’oggi o di ieri, della nostra cultura o diculture a noi lontanissime.

MAURIZIO CUCCHI

InmostraaCaragliolastoriad’arteevitadiMicheBerraC’è una frase autobiografica, all’ingresso della mostra «Miche Berra. Unastoria di arte e vita», allestita dai ieri al Filatoio Rosso di Caraglio (Cuneo), chene riassume lo spirito: «I miei libri sono piccoli libri, che sfiorano talvolta unpo’ di storia. Ma quella nostra, delle piccole patrie». Miche Berra, nato aMoretta, a pochi chilometri da Cuneo, nel 1920 e morto a Città del Guatemalal’anno scorso, ha fatto due cose: ha scritto e collezionato quadri.

Comperando, spesso per poche migliaia di lire, opere che oggi non hannoprezzo. La rassegna è quasi un racconto in 150 dipinti per spiegarequell’habitus mentale che è la cuneesità, e quindi la piemontesità del ’900,che si può riassumere in tre parole: genio, modestia, tenacia. In mostra opere(alcune mai esposte) da Renato Guttuso a Bernard Damiano, da Berzoini aGiulio Boetto, da Spazzapan a Casorati, Marco Lattes, Ligabue e molti altri.Oltre alla sede principale, a Caraglio , la rassegna ha altri tre punti espositivi, alMuseo Mallé di Dronero, nella Casa museo Galimberti e nella redazionecuneese della Stampa dove è stato montato un presidio per ricordare l’attivitàpubblicistica di Berra. (Nell’immagine, Nudino dipinto di Felice Casorati). [V. P.]

ElzeviroALESSANDRA

IADICICCO

Con gli occhi «chiusi espalancati» lo scrit-tore viennese Ar-

thur Schnitzler (1962-1931),figlio di un medico ebreo emedico a sua volta, colsecon sguardo più profondogli abissi dell’anima, glioscuri recessi della co-scienza, le inquietudini ser-peggianti nella società eu-ropea fin de siècle di cui, ne-gli stessi anni, SigmundFreud stava diagnostican-do le patologie. Con gli EyesWide Shut , come si espres-se genialmente Stanley Ku-brick, che dalla novellaDoppio sogno di Schnitzlertrasse il suo ultimo film,l’autore austriaco concepìla forma e la sostanza ditante commedie e narra-zioni. Leggendo le sue ope-re, il padre della psicanalisicredette di trovare una fon-dazione letteraria delleproprie teorie e, con estre-mo disagio, ammise di rico-noscere nel loro autore ilproprio sosia.

La conferma di questastraordinaria somiglianza,dell’incredibile coincidenzaper cui, contemporanea-mente e indipendentemen-te l’uno dall’altro, il letteratoe lo scienziato giunsero aidentiche conclusioni sullanatura della psiche, è offer-ta oggi, dalla pubblicazionedeiTraumtagebücher, i Diaridei sogni di Schnitzler. Fino-ra inediti, conservati tra idieci volumi dei diari dellasua vita «diurna» nell’Archi-vio letterario di Marbach,vedono la luce in Germania,da Wallenstein, a 150 annidalla nascita dell’autore.

Se L’interpretazione deisogni di Freud uscì nel 1899,di oltre vent’anni lo prece-dette lo scrittore che, giànel 1875, appena tredicenneannotò il racconto della suaprima visitazione notturna.«Ero alla finestra e lei arri-vò planando. Io l’abbrac-ciai, la baciai con ardore, elei ricambiò il mio bacio.Restammo per qualche at-timo così, baciandoci anco-ra e ancora. Esultavo».L’esultanza si sciolse in la-crime quando, al risveglio,vide svanire l’oggetto dellesue fantasie. Innumerevoliamanti avrebbe poi incon-trato nel sonno (e anche dasveglio). Avrebbe suonato ilpianoforte con Alma Mah-ler, o con Beethoven. Rifug-gito il padre autoritario, ocerti soldati antisemiti inuniforme ornata di svasti-ca. Assistito al proprio fu-nerale badando bene a regi-strare i nomi dei donatoridi corone. Aspettato nellasala d’attesa «un po’ teatra-le» del dottor Freud, «chie-dendomi come poter de-scrivergli le sofferenze del-la mia anima senza scop-piare a piangere».

Schnitzlere Freud

fratelli di sogno

DomaniaTorino

nNuovo realismo sì, nuovo realismo no: sull’indirizzo filosofico che si riproponedi mandare in pensione il post-moderno ha aperto le ostilità Gianni Vattimo, sullaStampa di giovedì. Gli ha risposto il giorno dopo Mario De Caro, coautore conMaurizio Ferraris diBentornata realtà (Einaudi). Oggi la controreplica di Vattimo.

Bottaerispostasulla«Stampa»Polemica:VattimorispondeaDeCaro

Il “nuovo”realismo?Operazionedimarketing

I l mio articolo sul «(nuovo?) reali-smo» pubblicato il 22 novembrescorso è apparso erroneamente co-

me una recensione alla raccolta Bentor-nata realtà curata da Ferraris e De Caro.L’avevo scritto prima di vedere il libro, eal puro scopo di «attualizzarlo», ho ag-giunto imprudentemente una parentesirichiamando il titolo del volume, per cuiDe Caro si è sentito legittimato a discu-terlo appunto come una recensione.

Non intendevo né intendo recensirel’antologia di Ferraris-De Caro perchénon vedo nulla di nuovo negli scritti inessa riuniti. Alcuni degli autori (penso a Eco per esempio, ma anche a Putnam)dicono esplicitamente che le posizioniespresse nei loro testi sono già note da

anni attraverso altre opere. Il «realismonegativo» di Eco mi risulta formulato perla prima volta in pubblico in occasione diuna serie di lezioni da me tenute, propriosu suo invito, all’Università di Bologna allafine degli Anni 90, e poi in un dibattito a cuipartecipò Gadamer. Il «nuovo» realismonon è tanto nuovo, e il volume non spiegaperché lo dovremmo considerare tale.

Così , «l’immensa discussione interna-zionale sul realismo» a cui De Caro im-modestamente si annette, non è una di-scussione sul «neo» realismo che «ritor-na»; è una discussione che risale ai Greci,tanto che non si vede perché Ferraris eDe Caro non abbiano incluso anche qual-che testo dello Stagirita o di San Tomma-so. Il «nuovo» realismo appare qui soloper quel che è: una riuscita operazione dimarketing, a cui viene fatta servire anche

la mia pseudo recensione; e che ha certola sua legittimità e utilità, ma non aggiun-ge nulla al dibattito filosofico.

Quanto al diritto naturale e ai semafo-ri, De Caro svela molto ingenuamente lasua fede assolutista: se non c’è un fonda-mento assoluto (divino? scientifico?) e c’è

«solo» convenzione (signora mia, caroArbasino!), allora si potrebbe giustificarel’uxoricidio. Già, ma il rosso del semaforoè appunto convenzione, e non si vede per-ché De Caro lo rispetti. Attenzione, nonsalire in auto con lui, nemmeno nel cam-pus della sua Tufts University!

La raccolta di Guido DavicoBonino Parole d’amore

(Interlinea) sarà presentatadomani a Torino (ore 21, Circolo

dei lettori). Con il curatorepartecipano la scrittrice PaolaMastrocola e il critico GiovanniTesio. Letture di Irene Ivaldi.

NELL’ANTOLOGIADa Pascoli a Ibsen, da Goethe

a Byron, Rilke, Verlaine, Whitman,ma anche Contessa Lara

GIANNI VATTIMO